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Introduzione alla
conoscenza vedica
primo volume:
Storia dello studio
delle scritture vediche
Parama Karuna Devi
Copyright © 2012 Parama Karuna Devi
All rights reserved.
ISBN-10: 1482598353
ISBN-13: 978-1482598353
pubblicato da Jagannatha Vallabha Research Center
PAVAN House, Siddha Mahavira patana,
Puri 752002 Orissa
http://www.jagannathavallabha.com
http://www.facebook.com/ParamaKarunaDevi
http://jagannathavallabhavedicresearch.wordpress.com/
La percezione della cultura vedica
nella storia occidentale
Questa pubblicazione nasce dalla necessità di
presentare in modo semplice, chiaro, obiettivo ed
esauriente le informazioni di base sulla conoscenza
vedica originaria, che nel corso dei secoli sono spesso
state confuse dalla propaganda colonialista, da
indologisti appartenenti al sistema accademico
eurocentrista cristiano che avevano lo scopo di
confutare e demolire le scritture vediche anziché di
presentarle in modo positivo, e dalla sovrapposizione
culturale alla quale sono stati soggetti gli studenti sinceri
che però avevano a disposizione soltanto materiale
molto indiretto, accuratamente scelto e filtrato da
docenti o commentatori afflitti da pregiudizi negativi.
Fu papa Onorio IV (1286-1287) a inaugurare in
occidente lo studio delle lingue orientali e precisamente
ebraico, greco e arabo; aveva studiato all'Università di
Parigi prima di intraprendere la carriera diplomatica al
servizio del papa Clemente IV (1265-1268), che lo inviò
a celebrare l'investitura di Charles d'Anjou come re di
Sicilia. Divenuto papa, introdusse all'Università di Parigi
il nuovo curriculum (Studia linguarum) inteso a fornire la
Parama Karuna Devi
conoscenza linguistica necessaria per comprendere i
testi originari dell'Antico e Nuovo Testamento e i testi
coranici, che erano le basi teologiche, etiche e
filosofiche degli studiosi che in quei tempi non erano
soggetti alla Chiesa di Roma, cioè ebrei, cristiani
ortodossi e musulmani.
Il Concilio Ecumenico di Vienna (1311-1312) riconobbe
l'importanza della scelta di Onorio e incoraggiò la
creazione di cattedre apposite in tutte le altre Università
europee, allora sotto il completo controllo della Chiesa
di Roma. Tutte le università nacquero infatti come
Scholae monasticae approvate dalla bolla papale
Studia generalia, gestite dalle cattedrali o dai monasteri
e intese ad addestrare preti, funzionari del governo,
avvocati e medici che rimanessero strettamente fedeli
alla chiesa di Roma. Tutti gli studenti si sottoponevano
alla tonsura clericale ed erano soggetti soltanto
all'autorità legale ecclesiastica e non a quella civile o
monarchica.
Il passaggio da Schola monastica a Università
(universitas magistrorum et scholarium, cioè "comunità
universale di docenti e studiosi") fu caratterizzato
appunto dalla creazione di gilde di docenti che
acquisirono una certa autonomia organizzativa rispetto
alle parrocchie dalle quali dipendevano inizialmente. La
prima di queste università fu riconosciuta a Bologna nel
1088, seguita da quelle di Parigi nel 1150, Oxford
(1167), Palencia (1208), Cambridge (1209), Salamanca
(1218), Montpellier (1220) e Padova (1222).
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Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
La lingua ufficiale di tutte le università era il latino,
anche se gli studenti provenienti da ogni parte d'Europa
venivano suddivisi in "nationes" - nel caso
dell'Università di Parigi queste erano Francia,
Normandia, Picardia e Inghilterra-Germania, che
comprendeva anche gli studenti provenienti dalla
Scandinavia e dall'Europa orientale.
Dopo aver frequentato i corsi preliminari (trivium:
grammatica, retorica e dialettica, e quadrivium:
aritmetica, geometria, musica e astronomia) si passava,
in ordine crescente di specializzazione, importanza e
gloria, allo studio di arti, filosofia naturale, medicina,
diritto canonico e teologia.
In quel periodo vennero alla luce alcuni testi antichi
sfuggiti fortunosamente alla devastazione anti-pagana
del cristianesimo durante il millennio precedente; l'unico
autore "approvato" dalle autorità accademiche fu
Aristotele, che cominciò ad essere studiato per adattarlo
a sostenere la teologia cristiana, come fece per
esempio Tommaso d'Aquino, autore della famosa
Summa Theologica. C'erano anche severe limitazioni
sugli argomenti trattati da Aristotele stesso; tra gli studi
proibiti erano elencate fisica e metafisica.
I testi arabi più studiati in quel periodo riguardavano la
matematica, la geometria, la medicina e il commento ai
frammenti di Aristotele; gli autori più famosi erano
Avicenna e Averroè. Avicenna (Abu Ali Abū ‘Alī alḤusayn ibn ‘Abd Allāh ibn Sīnā, 980-1037 d.C.),
considerato il padre della medicina moderna e della
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Parama Karuna Devi
"logica avicenniana", forse il maggiore esponente della
cosiddetta età d'oro dell'Islam, scrisse Il libro della
guarigione e il Canone della Medicina, basandosi su
Sushruta samhita, Charaka samhita, Ippocrate e
Galeno, ed esplorò anche la matematica indiana e la
filosofia aristotelica e neoplatonica.
Averroè (Abū l-Walīd Muhammad ibn Ahmad
Muhammad ibn Rushd, 1126-1198), qadi di Siviglia e
Cordova come il nonno e il padre, divenne famoso per
le sue confutazioni logiche in difesa dalla via filosofica,
che presentava come compatibile e non contraria alla
teologia. In particolare scrisse molte famose traduzioni
con commento delle opere di Aristotele, che in
occidente erano andate completamente dimenticate.
La sua opera più importante, La distruzione della
distruzione (Tahāfut al-tahāfut, che divenne in latino
Destructio destructionis) è una confutazione de La
distruzione dei filosofi (Tahāfut al-falāsifa, in latino
Destructio philosophorum), l'aggressivo testo in cui al
Ghazali presenta la libertà di pensiero come offensiva
nei confronti della teologia islamica. Averroè compose
anche un testo voluminoso centrato sull'analisi delle
dottrine religiose islamiche dei suoi tempi e un trattato di
Medicina generale. Per la sua difesa del valore
intrinseco della cultura e del libero pensiero, Averroè
venne condannato come eretico, esiliato e tenuto sotto
controllo fino alla morte - questa condanna viene
considerata il punto di svolta che mise fine alla breve
epoca d'oro della cultura islamica.
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Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
Le opere di Aristotele vennero tradotte dal greco in
latino anche dai monaci di Saint Michel, tra cui Giacomo
Veneto, a partire dal 1127. Anche nello studio della
filosofia aristotelica, però, lo scopo rimaneva sempre
quello di creare dei leader della Chiesa, che fossero
equipaggiati adeguatamente con le conoscenze
necessarie per proteggerla e farla trionfare a livello
globale. Tra i laureati della Università di Parigi ci furono
anche parecchi papi tra cui Celestino II, Adriano IV,
Innocenzo III e Onorio IV.
Nella sua lotta per l'indipendenza dal papato, anche
Enrico VIII d'Inghilterra stabilì cattedre di "Regius
Professor" per insegnare l'ebraico a Cambridge nel
1540 e a Oxford nel 1546; seguì poi una cattedra di
arabo a Cambridge nel 1643. Nel 1669 Edmund Castell
pubblicò il suo "dizionario delle sette lingue", il Lexicon
Heptaglotton Hebraicum, Chaldaicum, Syriacum,
Samaritanum, Aethiopicum, Arabicum, et Persicum.
Tutta la conoscenza offerta dalle università doveva però
essere subordinata alla dottrina cristiana: soltanto nel
XIX secolo, dopo la rivoluzione francese e l'impero
napoleonico, la teologia smise di essere materia
obbligatoria nelle università, prima a Parigi e poi a
Oxford.
L'indologia vera e propria (cioè lo studio del sanscrito e
dei testi vedici) nacque soltanto dopo che l'accesso alla
via delle Indie venne aperto via mare. Durante il periodo
dell'espansione islamica il commercio con l'India rimase
rigidamente controllato e sfruttato dai governi
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Parama Karuna Devi
musulmani, e i regni europei subirono gravi perdite
economiche a causa dell'aumento vertiginoso del costo
delle spezie - che a quel tempo fungevano da farmaci,
aromatizzanti e conservanti del cibo, nonché come base
di profumi per la persona, per gli abiti e per gli ambienti.
Ricordiamo che a quei tempi non esistevano frigoriferi;
inoltre il puritanesimo cristiano proibiva alla gente di fare
il bagno e i gabinetti erano molto rudimentali.
Le crociate fallirono nel loro intento di togliere il medio
oriente all'islam e il sud dell'Europa si trovò anzi a dover
lottare duramente sul suo stesso territorio - Spagna,
Italia meridionale, Grecia - per respingere le invasioni
dei "sarracini". Solo nel 1491 il re di Spagna riuscì a
togliere Granada dalle mani dei musulmani. Quando
Costantinopoli cadde nelle mani dei turchi, i regnanti
d'Europa cominciarono a cercare urgentemente una
soluzione navale che permettesse loro di raggiungere
"le Indie" senza dover percorrere i territori occupati
dall'islam. Questo era appunto il piano di Cristoforo
Colombo, che partendo nel 1492 non stava affatto
cercando l'America bensì l'India, come pure di Vasco da
Gama (nel viaggio dal 1497 al 1499), di Magellano
(viaggio del 1519-1522) e degli altri grandi navigatori di
quei tempi.
L'ambizione esplicita di tali regnanti era la conquista dei
territori e delle loro risorse da sfruttare per il maggior
potere del cristianesimo, e ogni spedizione era
accompagnata da un ambasciatore della Chiesa di
Roma, che doveva riferire ogni cosa al papa. Francesco
Saverio (Francisco Xavier de Jasso y Azpilicueta, 15068
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
1552) era uno dei laureati di Parigi, insieme a Ignazio
da Loyola e Pierre Favre. Partì nel 1549 per
accompagnare la spedizione portoghese di Vasco da
Gama e organizzare la cristianizzazione dell'India.
Inizialmente Xavier aveva fondato l'ordine dei gesuiti
insieme a Ignazio di Loyola e altri cinque compagni, allo
scopo dichiarato di "convertire tutti i musulmani del
medio oriente", ma poiché la cosa si era dimostrata
impossibile, la Compagnia di Gesù spostò la propria
attenzione sulle favolose Indie. La spedizione
portoghese sbarcò a Goa, sulla costa occidentale
dell'India, prendendo possesso del territorio in nome del
papa e fondando immediatamente (insieme con Michele
Ruggieri) il Collegio di San Paolo, un seminario per
addestrare preti laici che divenne il primo quartier
generale dei gesuiti in Asia, la base dalla quale in
seguito partirono Nobili, Ricci e Beschi per le loro
missioni rispettivamente in India e in estremo oriente.
Roberto de Nobili (1577-1656) sviluppò in India il
metodo dell'inculturazione (accommodatio), che era già
stato adottato in Europa nei primi secoli del
cristianesimo (per esempio con l'albero di natale, le
uova di pasqua, le processioni dei santi eccetera),
adottando e adattando quegli usi indiani che potevano
rendere il cristianesimo più "digeribile" per gli indigeni.
Vestendosi da sannyasi con tanto di testa rasata e
sikha, e adottando termini sanscriti e tamil, per esempio
chiamando "Veda" la Bibbia e "Guru" il prete cristiano,
spiegava il filo sacro dei brahmana come un simbolo
della Trinità cristiana e così via.
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Parama Karuna Devi
In tutta la regione Xavier distrusse i templi, i luoghi sacri
e i testi sacri, che denunciava apertamente come
"opere del diavolo, repellenti e grottesche", usando i
soliti metodi brutali per costringere la popolazione
indigena a convertirsi. Tutti i brahmana vennero uccisi o
cacciati in esilio dall'intero territorio insieme con i loro
libri, e la popolazione in generale era obbligata a
radunarsi regolarmente nelle chiese per ascoltare le
prediche contro la loro religione. Tutti i testi che non
erano scritti in portoghese vennero bruciati, qualsiasi
fosse il loro argomento.
Xavier era particolarmente interessato ai bambini, che
sottraeva alle famiglie per "educarli cristianamente".
Ancora oggi in India si trovano innumerevoli scuole e
soprattutto istituti scolastici superiori - college e
università - dedicati al nome di Francis Xavier, e ancora
oggi è uso comune tra gli induisti chiamare "idoli" le
immagini sacre della propria religione e "mitologia" le
storie sacre contenute nelle Upanishad, nei Purana e
nelle Itihasa - la gente fatica a comprendere perché tali
definizioni siano inadatte per indicare l'oggetto della loro
fede.
Nei suoi diari Xavier scriveva dei bambini educati dai
gesuiti: "Il loro odio per l'idolatria è meraviglioso. Si
rivoltano contro i pagani, e quando vedono i loro stessi
genitori dedicarsi alle pratiche pagane, li rimproverano e
vengono immediatamente a riferirmelo. Appena vengo a
sapere di una di queste situazioni mi reco sul posto con
una banda di questi bambini, che immediatamente
ricoprono il diavolo con una quantità di insulti e danni
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Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
maggiore di quanto fosse stata la quantità di onore e
adorazione che aveva ricevuto dai genitori, dai parenti e
dagli amici. I bambini si precipitano sugli idoli, li gettano
a terra, li fanno a pezzi, vi sputano sopra, li calpestano
con i piedi, li buttano qua e là a calci - in breve, fanno
loro ogni possibile oltraggio. Io ordino di distruggere le
capanne dove venivano tenuti gli idoli, e di frantumare
gli idoli stessi nei pezzetti più piccoli possibile. Non
finirei mai di descrivere la grande consolazione che
riempie la mia anima quando vedo questa distruzione
degli idoli per mano degli idolatri stessi. Non so come
descrivere la gioia che provo allo spettacolo degli idoli
rovesciati e distrutti da quelle stesse persone che un
tempo li adoravano. Se nonostante tutti i buoni consigli
qualcuno persiste nel costruire idoli lo facciamo punire
dal capo del villaggio, che lo condanna all'esilio, e
bruciamo la sua casa come avvertimento per gli altri."
Oltre a portare avanti instancabilmente questo tipo di
predicazione, Xavier insisté molto sia con il papa che
con il re del Portogallo per introdurre in India
l'Inquisizione (che continuò in pieno vigore fino al 1812)
per estirpare qualsiasi traccia non solo di paganesimo
ma anche di eresia o di "tepidezza della fede". Il Codice
Penale dell'Inquisizione locale riempiva 230 pagine con
la lista delle proibizioni, e le punizioni per i ribelli erano
considerate da tutti i contemporani come le più pesanti
mai eseguite dalla Chiesa cattolica portoghese. Ancora
oggi la regione di Goa è fortemente cattolica, e i resti di
Francesco Saverio sono adorati come reliquia nella
basilica principale.
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Parama Karuna Devi
Le due grandi potenze navali-coloniali di quel tempo
erano il Portogallo e la Spagna, alle quali papa Martino
V assegnò in proprietà legale il mondo intero con la
bulla Rex Regnum, con il diritto appunto di "crociata e
conquista" su tutti i territori che avrebbero raggiunto,
ciascuna su uno dei due lati della famosa "linea di
Tordesillas" che divideva il pianeta in due metà. Al
Portogallo toccarono l'Africa e l'Asia, mentre alla
Spagna toccarono i nuovi territori delle Americhe.
I regni d'Inghilterra, Francia e Olanda, che erano
politicamente opposti al papa e quindi "non autorizzati"
a conquistare terre fuori dall'Europa, organizzarono in
un primo momento delle flotte pirata per arraffare il
possibile dalle ricchezze immense trasportate in patria
dalle navi spagnole e portoghesi, ma ben presto si
resero conto che era molto più facile e conveniente
fondare loro stessi delle colonie nel Nuovo Mondo
trattando direttamente con gli indigeni, che dell'autorità
del papa di Roma o del cristianesimo in generale
sembravano non tenere gran conto. Dopo la battaglia di
Gravelines (1588) con la famosa sconfitta della
Invincible Armada spagnola che stava cercando di
invadere le coste inglesi e gli altri due fallimenti spagnoli
del 1596 e 1597, l'Inghilterra divenne il più grande
potere navale e coloniale del suo tempo, sotto la
illuminata guida di Elisabetta I. Già nel 1600 la regina
creò la Compagnia delle Indie (East India Trading
Company), con lo stato di English Royal Charter. La
Compagnia aveva praticamente il monopolio del
commercio di tè, cotone, seta, indigo e oppio, mentre
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Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
aveva una forte concorrenza da parte della Compagnia
Olandese delle Indie Orientali sul commercio di spezie,
cacao, caffè, zucchero ecc. Nei secoli successivi
l'Inghilterra fondò colonie di emigranti nell'America
settentrionale e in Australia e stabilì un forte controllo
commerciale-politico sull'India. Nel 1670 il re Charles II
concesse alla Compagnia il diritto di acquisire territori in
modo autonomo, di batter moneta, comandare fortezze
e truppe militari, formare alleanze, muovere guerra e
concludere trattati di pace, ed esercitare giurisdizione
sia civile che criminale sui territori acquisiti.
William Carey (1761-1834), fondatore della Baptist
Missionary Society, pubblicò nel 1792 il volume
Inchiesta sugli obblighi dei cristiani riguardo alla
conversione dei pagani. Per raggiungere il suo scopo
divenne uno studioso di lingue orientali e con l'aiuto di
un certo Pandit Mrityunjay compilò una serie di dizionari
delle lingue orientali. Dalla sua Serampore Mission
press, vicino a Calcutta, pubblicò oltre 200mila bibbie in
45 lingue indiane e orientali (compresi oriya, hindi, tamil,
sikh, persiano, sindhi, nepali, armeno, afghano, gujarati,
bhutani, giavanese, siamese e singalese) e cominciò ad
addestrare un gruppo di "pandit cristiani" che
studiassero le scritture vediche per confutarle e
combatterle. Iniziò anche la pubblicazione di testi
scolastici per il Fort William College e per la Calcutta
School Book Society, nonché la prima rivista mensile e
poi il primo quotidiano bengali (a partire dal 1818).
L'organizzazione produceva anche la carta su cui
stampare.
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Parama Karuna Devi
Charles Grant (1746-1823), presidente della East India
Company, era un ardente attivista del partito Evangelico
guidato da William Wilberforce (1759-1833). Sotto la
sua protezione, nel 1790 sbarcò a Calcutta Claudius
Bucchanan, convinto che Dio avesse consegnato l'India
nelle mani degli inglesi per l'unico scopo di
cristianizzare gli induisti, liberandoli "dall'inveterata
schiavitù delle oscure, degradanti e assurde
superstizioni della loro fede indigena."
Divenuto vice presidente del Serampore College,
Bucchanan si recò in Orissa nel 1805 e ne riportò
descrizioni profondamente distorte del "Moloch
Jaggernauth" al quale a suo dire venivano offerti
migliaia di sacrifici umani durante il Ratha yatra annuale
a Puri, la "Mecca o Gerusalemme degli induisti, la
Sebastiopoli della loro idolatria".
Nel 1797 Charles Grant scrisse un libello intitolato
Osservazioni sullo stato dei sudditi asiatici della Gran
Bretagna, particolarmente riguardo alla moralità e al
modo di migliorarla, in cui esprimeva chiaramente
l'intenzione di introdurre in India un sistema scolastico
rigidamente cristiano allo scopo di demolire la cultura
vedica. Il suo confratello evangelista A.H. Bowman
scriveva, "l'induismo è una grande filosofia che rimane
tuttora immutata mentre gli altri sistemi (pagani) si sono
estinti, e ha la sua radice nel Vedanta - l'ultimo, il più
sottile e il più potente nemico della cristianità."
Questo approccio ostile era ovviamente ispirato e
sostenuto
dall'accademia
universitaria,
ancora
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Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
pesantemente sotto il controllo del cristianesimo - in
Inghilterra specificamente il protestantesimo di stampo
anglicano, di cui il sovrano (ora imperatore delle
colonie) era la massima autorità religiosa.
Horace Hayman Wilson (1786-1860), laureato in
medicina al St Thomas Hospital, arrivò in India come
assistente chirurgo della East India Company e divenne
segretario (dal 1811 al 1833) e poi direttore (dal 1837 al
1860) della Royal Asiatic Society of Bengal. Tradusse il
Meghaduta di Kalidasa e il Vishnu Purana, pubblicò nel
1819 il primo dizionario inglese-sanscrito e aiutò Mill a
compilare il suo famoso trattato storico. Fu il primo a
ricevere l'incarico di docente alla Cattedra Boden di
sanscrito a Oxford nel 1833 e immediatamente
annunciò un premio di 200 sterline per "la migliore
confutazione del sistema religioso induista".
Dopo di lui, la cattedra Boden andò a Sir MonierWilliams (1819-1899, autore del dizionario sanscritoinglese tuttora più diffuso) che scrisse, "Per quale
motivo dunque questo enorme territorio è stato affidato
all'Inghilterra? Non per il beneficio del nostro commercio
o l'aumento delle nostre ricchezze, ma perché ogni
uomo, donna e bambino, da Capo Comorin alle
montagne himalayane, possano venire elevati e
illuminati alla cristianità... Quando le mura della potente
fortezza del brahmanesimo saranno accerchiate, minate
e spazzate via dai soldati della Croce, la vittoria del
Cristianesimo sarà veramente completa."
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Parama Karuna Devi
Contrariamente a quanto aveva fatto il governo
portoghese a Goa imponendo con la forza l'Inquisizione
cattolica, il Governo coloniale britannico manteneva
rigidamente una facciata di neutralità, necessaria ad
evitare l'indignazione e la ribellione violenta di 50 milioni
di indiani contro i 30mila britannici presenti in India. I
documenti del tempo provano che questa motivazione
veniva talvolta anche affermata apertamente, per
esempio dal signor Twinning, pioniere del commercio
del tè, e dal Colonnello Montgomery, generale di stato
maggiore dell'esercito britannico stanziato in India.
Sotto il Governatorato di Lord Cornwallis (1786-1805) la
posizione ufficiale del governo era di "preservare le
leggi degli Shaster e del Koran, e proteggere gli indigeni
dell'India nel libero esercizio della loro religione", ma i
missionari erano non solo tollerati ma addirittura aiutati,
perché questo conveniva agli scopi coloniali. Il Primo
Ministro britannico, Lord Palmerston (Henry John
Temple, III visconte di Palmerston, in carica dal 1807
alla sua morte nel 1865) dichiarò, "Non è soltanto
nostro dovere, ma nostro interesse promuovere la
diffusione del cristianesimo per quanto possibile in tutto
il territorio indiano."
Anche Lord Halifax (1881-1959) era dello stesso parere:
"Ogni cristiano in più costituisce un ulteriore legame di
unione con questo paese e una forza che si aggiunge al
potere dell'Impero." E' interessante notare the Lord
Halifax, cioè Edward Frederick Lindley Wood, primo
conte di Halifax, rimase in carica come Segretario per
gli Esteri dal 1938 al 1940, e fu nominato vicerè
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Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
dell'India dal 1926 al 1931 con il titolo di barone di Irwin
su raccomandazione diretta di re Giorgio V, anche sulla
base della sua tradizione di famiglia, in quanto il nonno
era stato Segretario di Stato per l'India. In tale
posizione, e sotto la pressione diretta del monarca
inglese, Lord Halifax prese una serie di decisioni
disastrose allo scopo di reprimere severamente il
movimento di indipendenza indiano.
Thomas Babbington Macaulay (1800-1859), primo Lord
Legislatore sotto il Governatore Generale dell'India,
venne dunque incaricato di organizzare il sistema
accademico in India precisamente a questo scopo. In
una lettera del 1836 indirizzata a suo padre, Macauley
scrisse, "Sono convinto che se i nostri piani accademici
vengono applicati, nel giro di 30 anni non rimarrà un
solo idolatra tra le famiglie rispettabili del Bengala. Sono
proprio molto soddisfatto. Nessun induista che riceva
un'istruzione inglese (cioè cristiana) può rimanere
sinceramente attaccato alla sua religione."
Il missionario Alexander Duff (1806-1878) fondò a
Calcutta il famoso Scots College, che considerava "il
quartier generale per una grande campagna contro
l'induismo". Offrendo alle classi agiate della società
indiana e specialmente alle "caste alte" l'opportunità di
imparare la lingua del governo coloniale, modellava le
menti impressionabili dei loro figli indirizzandoli verso la
ferma convinzione della superiorità del cristianesimo e
della civiltà europea, per creare una classe intermedia
di "brown sahib" che controllassero per loro le masse
degli indigeni.
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Parama Karuna Devi
La battaglia culturale contro l'induismo andava ben oltre
l'ambito del governo coloniale britannico: la
cristianizzazione del mondo intero era presentata come
"il fardello dell'uomo bianco" ("the white man's burden")
cioè il dovere e la missione di ogni europeo. Tra molti
altri anche il Barone von Bunsen, ambasciatore di
Prussia in Inghilterra, sognava di convertire il mondo
intero alla cristianità. Il suo protetto Fredrich Max
Mueller (1823-1900), nato a Dessau (Germania), studiò
sanscrito a Leipzig e tradusse l'Hitopadesa prima di
arrivare in Inghilterra nel 1846. Venne presentato a
Macauley e ottenne dalla East India Company l'incarico
di tradurre in inglese il Rig Veda - 4 scellini a pagina.
Stabilitosi a Oxford, Max Mueller tradusse molti altri testi
e scrisse l'enciclopedia The Sacred Books of the East
("I libri sacri dell'Oriente", 50 volumi, iniziati nel 1875).
Scriveva, "questa mia pubblicazione e la mia traduzione
dei Veda avranno sicuramente un grande peso sul
destino dell'India e sulla crescita dei milioni di anime in
quel paese... è l'unico modo per sradicare tutto ciò che
è cresciuto (dalla conoscenza vedica) negli ultimi 3000
anni... e che non vale più delle favole e delle canzoni
delle nazioni selvagge... che tutt'al più possono essere
servite a preparare la via per il Cristo... L'India è molto
più matura per il cristianesimo di quanto lo fossero
Roma o la Grecia ai tempi di San Paolo."
Max Muller era particolarmente irritato da quegli studiosi
che invece di dedicarsi a questa "missione evangelica",
commettevano il peccato mortale di apprezzare
sinceramente la conoscenza vedica: "sappiano che non
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Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
si possono aspettare denaro, anzi, non devono
nemmeno aspettarsi misericordia - non riceveranno
altro che il fuoco della più pesante artiglieria. Tollerare
l'idolatria brahmanica respingendo il cristianesimo è
commettere alto tradimento verso l'umanità e la civiltà."
Uno dei questi "ribelli" era Louis Jacolliot (1837-1890),
studioso francese che ricoprì per un periodo la carica di
giudice supremo della corte di Chandranagar. Nel suo
libro La Bibbia in India Jacolliot scrisse, "O antica terra
dell'India! Salute a te, culla dell'Umanità! Ti rendo
omaggio, onorata Madre Patria che secoli di brutali
invasioni non sono riusciti a seppellire sotto la polvere
dell'oblio. Salute, o patria della fede, dell'amore, della
poesia e della scienza! Che il nostro futuro occidentale
possa salutare il risorgimento del tuo passato... Quanto
è gloriosa l'epoca che si è presentata al mio studio e
alla mia comprensione! Ho consultato monumenti e
rovine, ho interrogato i Veda le cui pagine contano la
propria esistenza in millenni e da cui i giovani studenti
assorbivano la scienza della vita molto prima che Tebe
dalle Cento Porte o Babilonia la Grande avessero posto
le loro fondamenta. L'India mi appare in tutto il potere
vivente della sua originalità. Ho seguito le orme del suo
progresso nell'espansione della sua luce nel mondo l'ho vista dare le sue leggi, i suoi costumi, la sua
moralità, la sua religione all'Egitto, alla Persia, alla
Grecia e a Roma...
Nominate una qualsiasi scoperta moderna, e ci
azzarderemo a dire che basterà una breve ricerca per
trovare la descrizione di quel prototipo nella storia
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Parama Karuna Devi
indiana... leggeremo che Manu disse, forse 10mila anni
prima della nascita di Cristo, che il primo germe della
vita nacque dall'acqua e dal calore, che l'acqua sale al
cielo sotto forma di vapore e poi ridiscende come
pioggia, che sostiene la nascita delle piante,
sostentamento degli animali... L'India dei Veda
insegnava ad avere verso le donne un rispetto che
tocca il livello dell'adorazione, un fatto di cui poco si sa
in Europa, dove l'estremo oriente viene accusato di
negare la dignità della donna e di farne un semplice
strumento di piacere e di obbedienza passiva."
Persino i funzionari del governo britannico rimanevano
spesso colpiti dalla cultura vedica. Nel 1689, John
Ovington (il cappellano del re) scrisse Un viaggio a
Surat, dove affermava: "Di tutte le regioni della Terra
l'India è l'unico pubblico teatro di giustizia e tenerezza
verso tutte le creature viventi. Grazie alla loro dieta
(vegetariana), gli Hindu hanno un corpo proporzionato e
grazioso, e vivono a lungo. I loro cibi semplici, senza
carni, rendono i loro pensieri svelti e agili, la loro
comprensione delle cose più facile, e sviluppano in loro
un senso di libertà dalla paura."
Nel 1690, il diplomatico Sir William Temple scriveva nel
suo Trattato sulla conoscenza antica e moderna:
"Sembra evidente che Pitagora abbia imparato e
trasportato in Grecia e in Italia la maggior parte della
sua filosofia naturale e morale prendendola dagli indiani
piuttosto che dagli egiziani, e che gli egiziani stessi
potrebbero avere attinto alle stesse fonti."
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Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
Lord Warren Hastings (1732-1818), il primo
Governatore Generale dell'India (dal 1773 al 1785),
scriveva, "I compilatori delle filosofie indiane continueranno a sopravvivere molto tempo dopo che il dominio
britannico sull'India sarà scomparso, e le fonti del suo
potere e della sua ricchezza saranno dimenticate."
Sir Thomas Munro (1761-1827), funzionario del governo
britannico e Governatore di Madras (nel 1819), scriveva
nel suo rapporto alla House of Commons, "Se i sintomi
della civiltà di un popolo possono venire giudicati da un
buon sistema di agricoltura, abilità straordinarie
nell'artigianato, la capacità di produrre tutto ciò che può
innalzare il livello della qualità della vita, scuole presenti
in ogni villaggio per insegnare a leggere, scrivere e far
di conto, la pratica generale dell'ospitalità e della
benevolenza reciproca, e soprattutto il trattamento
fiducioso, delicato e rispettoso delle donne, allora gli
Hindu non sono inferiori ad alcuna nazione europea, e
se la civiltà fosse un bene commerciabile tra l'Inghilterra
e l'India, sono convinto che sarebbe l'Inghilterra a
beneficiare maggiormente nelle importazioni."
Il Colonello James Tod (1782-1835) scrisse nel suo
Annali e antichità del Rajasthan, gli Stati Rajput centrali
e occidentali dell'India: "saggi che ebbero come
discepoli Platone, Talete e Pitagora, astronomi la cui
conoscenza dei sistemi planetari è ancora causa di
meraviglia in Europa, architetti e scultori le cui opere
reclamano la nostra ammirazione, e musicisti capaci di
far oscillare la mente dalla gioia alla tristezza, dalle
lacrime al sorriso..."
21
Parama Karuna Devi
Nel 1887 Sir William Wedderburn Bart (1838 - 1918),
magistrato di Pune e Segretario Generale del Governo
di Bombay, scriveva, "I villaggi indiani sono rimasti per
secoli la dimora delle virtù domestiche e sociali e hanno
protetto la gente dai disordini politici."
Sir John Malcolm (1829-1896), Governatore di Bombay,
scriveva, "gli Hindu si distinguono per alcune delle
qualità più sublimi della mente, sono coraggiosi,
generosi e la loro veridicità è notevole quanto il loro
coraggio." Lord Curzon (1859-1925), marchese di
Kedleston, fu vicerè dell'India dal 1899 al 1905. In un
discorso a Delhi nel 1901 affermava, "potenti imperi
fiorirono qui (in India) mentre gli inglesi ancora
vagavano dipinti per i boschi.." Sir Charles Norton
Edgcumbe Eliot (1864-1931) similmente affermava,
"Lasciatemi confessare che non condivido la fiducia
nella superiorità degli europei e dei loro costumi, che
prevale in occidente. L'induismo non è stato creato, ma
è cresciuto (naturalmente), come una giungla rispetto a
un edificio. E' l'esempio vivente di quel grande
paganesimo nazionale che avrebbe potuto esistere in
Europa se il cristianesimo non fosse diventato la
religione di stato dell'impero romano". Citava anche con
ammirazione la Taittirya Upanishad (3.6): "La felicità è il
Brahman, perché dalla felicità tutti questi esseri
nascono, per la felicità vivono, e nella felicità entrano
alla loro morte."
Persino Francis Yeats-Brown (1886-1944), ufficiale
dei Lancieri del Bengala, venne attratto dallo studio
della conoscenza vedica e dello yoga, e finì per
22
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
scrivere un libro su questi argomenti (Che cos'è lo
Yoga).
Il funzionario britannico che fu maggiormente
trasformato dall'esperienza indiana fu però Sir John
Woodroffe, conosciuto anche come Arthur Avalon
(1865-1936), avvocato generale per il Bengala per un
periodo di 18 anni, e magistrato supremo nel 1915. Lo
studio del sanscrito e delle scritture vediche lo
conquistò al punto da fargli adottare personalmente
l'abito tradizionale indiano (dhoti). Il suo interesse
maggiore era verso lo yoga e il tantra, che
considerava la massima fioritura dello spirito religioso
dell'India, con il suo profondo simbolismo e i suoi
aspetti filosofici segreti. Tradusse molti testi originari e
pubblicò vari trattati, tra cui il famoso The Serpent
Power ("Il potere del Serpente") e tenne innumerevoli
conferenze e presentazioni. Scrisse tra l'altro "Sono
convinto che l'oriente e in particolare l'India possieda
ciò che ha un valore supremo. Desidero vedere
questo valore preservato, per il beneficio reciproco di
oriente e occidente... Un esame delle tesi vediche
mostra la loro conformità con il pensiero filosofico e
scientifico più progredito dell'occidente, e dove questa
conformità non è apparente, è lo scienziato che finirà
per andare dal vedantista, e non il vedantista dallo
scienziato... In India c'è stata la libertà intellettuale e
spirituale - quella più preziosa. Come ben dicono in
India, satyan nasti paro dharmah, 'non c'è principio
religioso più alto della verità'. Come dichiarano i Veda,
'la Verità trionferà'."
23
Parama Karuna Devi
Sir William Jones (1746-1794), laureato in legge a
Oxford, venne nominato giudice della corte suprema a
Calcutta; durante il suo soggiorno in India si mise a
studiare il sanscrito e fondò la Royal Asiatic Society of
Bengal. Parlava correntemente 13 lingue e ne
conosceva altre 28 piuttosto bene... questo è
probabilmente il motivo per cui fu il primo a pensare a
una relazione tra sanscrito, greco e latino, e più
lontanamente con il goto e le altre lingue celtiche, e
con il persiano antico. Partendo da queste
osservazioni formulò la famosa teoria di un'antica
civiltà indo-europea e la convinzione che Pitagora e
Platone avessero attinto alla saggezza indiana del
Vedanta per sviluppare i loro sistemi filosofici. Scrisse
poesie dedicate a Narayana, Lakshmi e Ganga, e si
dichiarò "affascinato da Crishen (Krishna), entusiasta
ammiratore di Raama e devoto adoratore di Brihma
(Brahma), Bishen (Vishnu), Mahisher (Maheshwara)”.
Incoraggiò il collega Charles Wilkins a produrre la
prima traduzione della Bhagavad gita in inglese e
ispirò molti altri studiosi successivi, come
Schopenhauer (che lo citò in varie sue opere) e
indirettamente anche i poeti del movimento romantico,
come Lord Byron e Samuel Taylor Coleridge.
Naturalmente Jones venne pesantemente criticato da
James Mill (padre del filosofo John Stuart Mill), che
nel 1818 aveva scritto per il governo la voluminosa
History of British India ("Storia dell'India britannica")
basandosi soprattutto sulle descrizioni del famigerato
missionario francese Abbé Dubois. Il trattato di Mill era
uno dei testi obbligatori all'Haileybury College, dove
24
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
venivano addestrati i funzionari del governo destinati
al servizio in India.
Molti studiosi hanno notato un forte collegamento
soprattutto tra l'antichissima conoscenza vedica e la
cultura greca, considerata tuttora dall'accademia
dominante come l'origine della cultura occidentale. E'
noto che nei tempi antichi la cultura circolava
liberamente sotto forma di libri, insegnanti, religiosi e
studiosi, lungo le fiorenti rotte commerciali sia per via di
mare che per via di terra. I mercanti di ogni nazione
erano soliti stabilire delle piccole colonie nei paesi in cui
avevano interessi commerciali, e vi lasciavano spesso
connazionali ben disposti a emigrare per una varietà di
motivi. Sia le carovane di merci che le navi da carico
accettavano volentieri passeggeri diretti in entrambe le
direzioni, collegando l'India con i paesi mediterranei e
medio-orientali come Grecia, Roma ed Egitto, Fenicia,
Anatolia e Mesopotamia. In questo modo si diffondeva
anche la cultura - la filosofia, la religione e le scienze,
che nel mondo antico erano considerate tutte parti
armoniose di un'unica Conoscenza.
I primi studiosi "stranieri" ad avvicinare la conoscenza
vedica furono probabilmente i filosofi greci, che ancora
prima di Alessandro il Grande si recavano a studiare
nelle famose università di Nalanda e Takshila, che
erano quelle più vicine ai confini occidentali dell'India.
Da parte loro, anche gli indiani viaggiavano spesso e la
presenza di brahmana e di monaci buddhisti in Grecia,
specialmente in Atene, fin da prima di Socrate. Ne
parlano Eusebio e Aristossene, e ci è giunto
25
Parama Karuna Devi
sull'argomento anche un frammento di Aristotele
conservato negli scritti di Diogene Laerzio, e
precisamente nella sua biografia di Pitagora.
Giamblico, uno dei biografi di Pitagora (582-506 aC),
afferma chiaramente che il grande filosofo e matematico
visitò l'India durante i suoi viaggi di studio. Sicuramente
durante il suo viaggio ebbe l'occasione di studiare i
Sulba sutra, la sezione delle scritture vediche che tratta
della matematica, in cui viene esposto il teorema che
conosciamo oggi come "teorema di Pitagora" (la
quadratura dell'ipotenusa), oltre al calcolo della radice
quadrata di 2 corretto fino al quinto decimale e varie
altre gemme di conoscenza. La copia più antica dei
Sulba sutra tuttora esistente è una trascrizione di
Baudhayana, la cui antichità è stimata almeno all'VIII
secolo a.C.
Tra i concetti vedici abbracciati dagli studiosi greci ci
sono certamente la matematica e la geometria, la
musica, la cosmologia, l'astronomia, la fisica, la
medicina, la metallurgia e anche la la metafisica o
filosofia, la simbologia religiosa e la consapevolezza
dell'unità della vita. In particolare, la consapevolezza
compassionevole della natura comune di tutti gli esseri
portò allo sviluppo del vegetarianesimo etico, di cui i
pitagorici divennero i principali portavoce, tanto che fino
al XX secolo i vegetariani in Europa erano noti come
"pitagorici".
Nel Fedone, Platone descrive la meditazione silenziosa
come il ritrarre i sensi dai loro oggetti e arrestare il
26
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
flusso dei movimenti mentali. Per comprendere quanto
la religione dell'antica India fosse stata assorbita dagli
antichi greci è sufficiente mettere a confronto
l'immagine dell'Omphalos ("l'ombelico del mondo"),
centro del culto orfico e Delphi e nell'intero bacino del
mediterraneo, con l'immagine di qualunque Shiva linga.
Un altro grande personaggio che sicuramente visitò
l'India fu Apollonio di Tiana, filosofo neopitagorico
originario della Cappadocia paragonato dai cristiani del
IV secolo allo stesso Gesù. Il biografo di Apollonio,
Filostrato, dedica al suo viaggio in India due capitoli e
mezzo del suo libro del 210 dC. Tra l'altro, scrive, "Tutti
desiderano vivere vicini a Dio, ma soltanto gli Hindu ci
riescono."
Allo stesso periodo di Filostrato appartiene Senofonte,
che compilò l'Anabasis Alexandri, la storia delle
campagne di Alessandro il Grande, sulla base degli
scritti di Tolomeo (il più importante generale di
Alessandro), Callistene (nipote di Aristotele, tutore di
Alessandro), Onesicrito, Nearco e Aristobulo, tutti
contemporanei di Alessandro.
Nel suo libro Senofonte, conosciuto anche come Flavio
Arrio (Lucius Flavius Arrianus 'Xenophon' (86 - 160 dC)
descrive così gli indiani: "Sono notevolmente
coraggiosi, e i migliori guerrieri tra tutti gli asiatici.
Danno grandissimo valore all'integrità morale e alla
veridicità, sono così onesti da non usare chiavistelli per
le porte o contratti scritti per i loro accordi. Sono così
ragionevoli che raramente richiedono l'intervento di
27
Parama Karuna Devi
giudici per regolare le loro dispute... E' notevole anche il
fatto che in India tutti gli indiani sono liberi e non esiste
schiavitù. I loro eserciti non hanno mai invaso paesi
stranieri allo scopo di conquista."
Secondo la tradizione infatti molti furono i popoli che
entrando a contatto con la cultura vedica ne rimasero
affascinati e scelsero spontaneamente di entrare a
farne parte pur conservando completamente la propria
indipendenza politica; il Mahabharata per esempio ne
elenca diversi tra gli alleati dei Pandava o dei Kuru che
parteciparono alla battaglia di Kurukshetra.
Dopo la sua breve e fallimentare campagna in India,
Alessandro il Grande riportò in occidente una grande
quantità di testi vedici e un folto gruppo di traduttori e
copisti, che si stabilirono nella nuova capitale
Alessandria in Egitto e formarono la base della
famosissima biblioteca e università di Alessandria, dove
erano custodite molte centinaia di migliaia di testi. La
cultura ellenistica era perfettamente compatibile con la
conoscenza e la religione vedica, eppure ci furono
anche coloro che scelsero di dedicarsi totalmente alla
tradizione ortodossa induista - per esempio al
Vaishnavismo. In India esiste tuttora la famosa colonna
di Heliodoro figlio di Dione, ambasciatore greco del re
Antiakila, della regione della Bactria, che venne inviato
alla corte del re Bhagabhadra di Varanasi nel secondo
secolo aC. Questo Heliodoro fu così conquistato dalla
spiritualità indiana che si convertì ufficialmente
all'induismo diventando devoto di Vishnu, ed eresse
una colonna commemorativa con un'iscrizione in
28
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
sanscrito (brahmi) in gloria di "Vasudeva, il Dio di tutti
gli Dei, che cavalca Garuda".
Ancora nel 662 dC, Severus Sebokht di Nisibis,
vescovo cristiano di Kenneserin in Siria, che pure
condannava gli astrologi di ogni denominazione, parlava
con ammirazione "della conoscenza degli Hindu, delle
loro scoperte sottili e ingegnose superiori a quelle di
greci e babilonesi, del loro razionale sistema di
matematica e il loro metodo di calcolo (il sistema
decimale) che nessuna espressione verbale può lodare
a sufficienza."
Commerci e scambi culturali continuarono per molti
secoli anche tra i porti occidentali dell'India e l'Egitto un esempio per tutti, le cinque navi spedite dalla regina
Hatsheput per acquistare spezie - e con l'antico regno
di Israele ai tempi di Salomone, e proseguirono poi con
l'Alessandria dei Tolomei e con Roma. A Muziris (ora
Cranganore, in Kerala) c'era una guarnigione di 1200
legionari di stanzia alla colonia mercantile romana. A
quel periodo risale anche la fondazione di alcune
colonie di commercianti ebrei, che si stabilirono nella
zona. Dai porti della costa orientale dell'India si sviluppò
invece il commercio e gli scambi culturali con i paesi
dell'estremo oriente. Il più grande fiume cinese, lo
Yang-tze, venne così chiamato in onore del Gange. Hu
Shih, che fu ambasciatore della Cina negli Stati Uniti,
dichiarò, "L'India conquistò e dominò culturalmente la
Cina per 20 secoli senza mai dover mandare un solo
soldato oltre frontiera."
29
Parama Karuna Devi
Gli antichi indiani fondarono molte colonie (chiamate
Svarnabhumi) per tutta l'Indonesia fino a Singapore (il
cui nome era originariamente Sinha Puri, "la città del
leone"). Ancora oggi possiamo ammirare in Cambogia
uno dei più grandi templi induisti nel complesso
religioso di Angkor Vat, ed è superfluo ricordare
l'enorme diffusione nell'estremo oriente del buddhismo,
che costituisce una tradizione derivata senza
interruzioni dalla cultura vedica e con la quale ancora
mantiene moltissime idee in comune.
Dopo la caduta dell'impero romano e con l'avvento
dell'Islam furono i musulmani e specialmente gli arabi a
studiare le scoperte scientifiche dell'India antica e a
farne percolare una parte nelle zone dell'Europa che
avevano conquistato.
Già nel 638 il Khalifa Umar lanciò una spedizione per la
conquista dell'India e in particolare in quello che è oggi
il Beluchistan. Dal 638 al 715 queste incursioni vennero
continuamente respinte dai principi Baluch di Makaran.
Secondo le cronache arabe del tempo tali sconfitte
vennero attribuite alla "magia nera" apparentemente
usata nelle misteriose armi degli Hindu, che da allora
divennero famosi come grandi maghi, dando origine alle
leggende del tipo contenuto in testi come Le mille e una
notte.
Il codice etico degli kshatriya proibiva di perseguitare i
nemici sconfitti, perciò i principi Hindu interrompevano il
combattimento non appena i suoi opponenti si
dichiaravano sconfitti, e dopo la resa dei nemici
30
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
permettevano loro di entrare liberamente nei territori e
avvicinare la popolazione senza restrizioni purché si
astenessero da qualsiasi violenza. Addirittura i visitatori
venivano trattati con grandi onori, in ossequio
all'insegnamento vedico atithi devo bhava, "un ospite
deve essere considerato come Dio stesso". Questo
diede agli arabi invasori l'opportunità di entrare a
contatto con i testi e i maestri della conoscenza vedica.
Il quarto Khalifa ("califfo") Ali bin Abi Talib (656-661 dC)
parlava dell'India come della "terra in cui i libri vennero
scritti per la prima volta e dove nacquero la saggezza e
la conoscenza". Nel IX secolo lo storico Yaqubi
scriveva, "gli Hindu sono superiori a tutte le altre nazioni
per intelligenza e riflessività. Sono i più precisi in
astronomia e astrologia, e i più esperti nella medicina.
Greci e persiani hanno molto guadagnato dalla loro
conoscenza." Un altro storico musulmano del IX secolo,
Al Jahiz, aggiunge, "gli Hindu eccellono nella
matematica e nelle altre scienze, hanno sviluppato alla
perfezione le arti come la scultura, la pittura e
l'architettura, e hanno raccolte di poesia, filosofia,
letteratura e scienze etiche. Sono saggi, coraggiosi, e
possiedono le virtù della pulizia e della purezza."
Dopo aver consolidato la propria conoscenza della
società indiana e del territorio, e temendo la crescente
influenza religiosa e culturale Hindu sui loro stessi
territori (soprattutto nel movimento sufi), gli arabi
tornarono all'attacco e nel 711 Mohammed-ibn-Qasim
s'impadronì di Deval (oggi Debal, nei pressi di Karachi)
ricattando il guardiano delle porte del forte; dopo aver
31
Parama Karuna Devi
rapito i suoi tre bambini ne decapitò uno e minacciò di
uccidere anche gli altri due se non gli fosse stata aperta
un'entrata secondaria segreta che conduceva entro le
mura. Dopo aver occupato il Sindh, gli invasori si
concentrarono sul Rajasthan e sul Gujarat, attaccando
rispettivamente i principi Rajputana e Chalukya
(Solanki), che però difesero con successo i loro territori.
Nel 980 ci fu una seconda ondata di invasioni da parte
dei "nuovi musulmani" delle regioni islamizzate di
Persia, Turchia e Mongolia. L'esercito del persiano
Sabuktgin occupò Kubha (ora Kabul, in Afghanistan)
approfittando del fatto che i principi Hindu non erano
abituati a combattere con metodi contrari al loro codice
etico, che proibiva di attaccare nemici impreparati alla
battaglia.
Il Sultan fece dunque vestire di nero i suoi soldati, fece
fasciare gli zoccoli dei cavalli con stoffe per renderne
silenziosi i passi, e attaccò l'accampamento dell'esercito
Hindu nel cuore della notte, mentre i guerrieri stavano
dormendo fiduciosi. Nella sorpresa e nella confusione,
quasi tutti i guerrieri vennero abbattuti prima che
avessero il tempo di armarsi. I sopravvissuti, tra cui
Anandapala figlio del re Jayapala, si ritirarono a
Ubandapura (attualmente Und in Pakistan) nel regno di
Pakhtunisthan. Anche quella regione venne a sua volta
invasa dai musulmani, che vinsero la battaglia di Lahore
somministrando segretamente un veleno ad effetto
ritardato agli elefanti da guerra dell'esercito Hindu.
Trilochanapala, figlio di Anantapala, salì al trono all'età
di 17 anni e spostò la capitale a Kangra (Himachal
32
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
Pradesh); nel 1020 venne ucciso da un drappello di
musulmani travestiti da sannyasi Hindu, che
sostenevano di avere un messaggio privato da
consegnargli nei suoi appartamenti. I sedicenti sadhu
sgozzarono il principe e lasciarono il tronco decapitato
insieme con un messaggio scritto che affermava che
tutti coloro che si opponevano all'avanzata dei soldati di
Allah avrebbero subito la stessa sorte. L'attacco
successivo al forte di Kangra trovò i difensori ancora
sotto shock, disorientati e privi di guida, e quasi tutti gli
abitanti fuggirono sulle montagne.
La via al subcontinente era dunque aperta; il persiano
Sultan Mahmud Ghazni, figlio di Sabuktgin, iniziò
immediatamente una serie di incursioni annuali contro
Purushapura (Peshawar), Lavakushpura (Lahore),
Mulasthana (Multan), Somanath, Palitana, Staneshvara
(Thanesar), Mathura, Kannauj e Khajuraho, per razziare
tesori e schiavi che venivano inviati attraverso i passi
Himalayani dell'Hindu Kush ("la morte degli Hindu"),
così chiamato perché gli schiavi Hindu erano costretti a
trasportare a piedi i tesori fino ai territori interni dei loro
conquistatori, e durante ogni viaggio morivano a
migliaia a causa della fatica, del freddo e della fame.
Dal 1033 al 1187 ci fu un intervallo di consolidamento
del potere islamico in India, durante il quale i Sultan
approfondirono la conoscenza della cultura indiana, poi
con il nuovo Sultan Mohammed Ghori, appartenente
alla seconda generazione di convertiti indiani (i Gauri
erano stati pastori sudditi dei principi Solanki) la
situazione cambiò radicalmente. Ormai gli invasori non
33
Parama Karuna Devi
avevano più bisogno di raccogliere informazioni dagli
induisti locali, perciò ogni maschera cadde. Nel 1191
Ghori attaccò Prithviraj Chauhan, Maharaja Rajput of
Shaka Ambara, ma venne sconfitto; il suo esercito si
coprì la ritirata opponendo ai guerrieri Hindu una
mandria di mucche incatenate l'una all'altra, che non
poteva essere superata se non abbattendo gli animali
innocenti.
Convinto dalle proteste di pace di Ghori, che lo supplicò
di perdonarlo per la sua aggressione e lo chiamò
"fratello", il Maharaj lo lasciò libero, donandogli anche
500 cavalli e 20 elefanti come scorta. Appena giunto a
distanza di sicurezza Ghori massacrò la scorta che gli
era stata assegnata e ne inviò le teste al Maharaj, per
ricominciare immediatamente le sue incursioni. Riuscì
infine a sconfiggere il Maharaj sfidandolo a "singolar
tenzone" e prendendolo invece prigionero. Il Maharaj
venne imbottito d'oppio, incatenato ed esibito in quello
stato ai guerrieri dell'esercito Rajput, poi gli vennero
cavati gli occhi e fu tenuto come schiavo alla corte di
Ghori.
In tutto il territorio conquistato da Ghori vennero distrutti
i testi vedici, massacrati o convertiti i brahmana, rasi al
suolo i templi (sopra le fondamenta venivano erette
moschee) e imposte nuove leggi, tra cui l'uso
obbligatorio ed esclusivo della lingua persiana (che
divenne poi l'attuale urdu-hindi). Gli "infedeli" potevano
continuare a praticare la loro religione ma in modo
assolutamente privato, e soltanto sottoponendosi a un
regime costante di limitazioni e umiliazioni. Tutti i non34
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
musulmani erano considerati legalmente in perpetua
condizione di schiavitù (zimma), sottoposti a un padrone
musulmano locale (zamindar) al quale dovevano
versare una tassa di sopravvivenza (jaziya), un affitto
per l'occupazione del terreno dove vivevano (kharaj),
più varie altre tasse che fino ad allora erano state del
tutto sconosciute. Nessuno che non fosse musulmano
poteva cavalcare o portare armi, rifiutarsi di obbedire a
un qualsiasi ordine dato da qualsiasi musulmano,
costruire una casa più alta o più grande di quella del
musulmano più povero della regione, costruire nuovi
templi o riparare templi vecchi o danneggiati, insegnare
o studiare testi "contrari all'Islam". Oltre a queste
proibizioni c'era anche una serie di regole per
l'abbigliamento (come la proibizione di indossare
scarpe) e restrizioni sociali e occupazionali intese a
rendere molto difficile la vita di coloro che sceglievano
di non convertirsi all'islam.
L'invasione islamica spazzò via anche il buddhismo,
che essendo fondamentalmente un sistema monastico
non politico e non violento era vissuto sino ad allora
sotto la protezione dei principi Hindu. I musulmani
consideravano i buddhisti ancora più infedeli degli
Hindu, poiché il buddhismo nega l'esistenza di Dio e
dell'anima. I monaci sopravvissuti alla distruzione dei
centri universitari buddhisti fuggirono in Tibet, a Lanka e
nelle regioni ad est dell'India, dove tornarono a
prosperare sotto i monarchi locali.
Nel 1192 gli invasori islamici presero Hastinapura
(Delhi); da là sciamarono nella pianura del Gange fino
35
Parama Karuna Devi
all'attuale
Bangladesh,
imponendo
il
governo
fondamentalista islamico nelle regioni che man mano
riuscivano a conquistare. Il sultanato del Bengala
divenne la controparte orientale del sultanato di Delhi,
con il quale si scontrava spesso per la supremazia sul
subcontinente. Nel 1326 i musulmani arrivarono nel sud
dell'India, impadronendosi di gran parte del territorio; la
città di Madras venne così chiamata dalla madrassa
(scuola religiosa islamica) per la quale andava famosa,
e il nome di Hyderabad, nell'India centro-meridionale, fu
imposto alla città preesistente. Lo stesso accadde con
Allahabad (l'antica Prayaga), Ahmedabad e molte altre
città.
Nella regione rimase per qualche tempo ancora il regno
Hindu di Vijayanagara, che combatté vittoriosamente
dal 1331 al 1565 contro i Sultan Bahamani che si erano
stabiliti nell'attuale Andhra pradesh. In quel periodo
Vijayanagara divenne l'unico rifugio per i brahmana e i
maestri della conoscenza vedica, fino al 1565 quando
anche questa ultima fortezza Hindu venne attaccata,
tutti i suoi abitanti massacrati fino all'ultimo e ogni
edificio demolito nel corso di 6 mesi continui di
saccheggi e distruzione.
Il controllo islamico sui territori dovette in seguito
affrontare alcune sacche di resistenza, per esempio in
Maharashtra da parte di Maharatha Chatrapati Shivaji, e
in Kashmir e Punjab da parte del Sikhismo
originariamente fondato da Guru Nanak, che Guru Tegh
Bahadur e Guru Gobind Singh trasformarono nel
combattivo Khalsa Panth. A parte questi due movimenti
36
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
di insurrezione localizzata (Sikh e Maratha rimasero
indipendenti fino a quando furono sopraffatti
dall'esercito britannico) i fondamentalisti islamici
potevano condurre tranquillamente le persecuzioni
sistematiche contro la tradizione della conoscenza
vedica. Per questo motivo è vano cercare riferimenti a
studi musulmani sulla conoscenza vedica dopo il IX
secolo.
Un'eccezione fu Muhammad Dara Shikoh (1627-1658),
figlio dell'imperatore Moghul Shah Jahan, che però
divenne ben presto sgradito ai mullah per la sua
eterodossia sufi e la sua ammirazione verso la
conoscenza vedica. Muhammad Dara era affascinato
specialmente dalle Upanishad e ne tradusse 50 sotto il
titolo di Sirr i Akbar ("Il Grande Segreto"); nel volume
vennero inserite anche citazioni dalla Bhagavad gita e
dallo Yoga vashista. Per ordine di suo fratello
Aurangzeb, che salì sul trono dopo il padre, Dara venne
giustiziato nel 1659 come eretico poiché aveva
affermato, nel suo libro Majma ul Bahrayn ("L'incontro
dei due oceani", cioè l'induismo e l'islam) che il Corano
si riferiva ai testi vedici quando parlava del Kitab al
Maknun, "Il Libro Nascosto".
Dopo l'oscurantismo culturale del medioevo europeo, gli
illuministi francesi furono tra i primi a riscoprire il fascino
dell'antica saggezza indiana. Voltaire (1694-1774)
scriveva, "I Veda sono il dono più prezioso per il quale
l'occidente è eternamente in debito con l'Oriente... ogni
cosa ci è arrivata dalle rive del Gange - astronomia,
astrologia, metempsicosi, e via dicendo. E' importante
37
Parama Karuna Devi
notare che 2500 anni fa almeno Pitagora viaggiò da
Samo al Gange per imparare la geometria. Certamente
non si sarebbe imbarcato in un tale viaggio se la
reputazione della scienza dei brahmana non fosse già
stata da tempo stabilita in Europa."
Un suo contemporaneo, Pierre Sonnerat (1748-1814),
autore di Viaggio nelle Indie orientali e in Cina, scriveva,
"Tra gli indiani troviamo le vestigia della più remota
antichità... sappiamo che tutti i popoli venivano qui ad
attingere gli elementi della loro conoscenza... è risaputo
che Pitagora si recò in India a studiare sotto i
brahmana, che erano i più illuminati tra gli esseri
umani... Nel suo splendore, l'India diede religione e
legge a tutti gli altri popoli; Egitto e Grecia a lei
dovevano la propria saggezza."
L'astronomo Jean-Claude Bailly (1736–1793), membro
dell'Accademia delle Scienze, scriveva: "il sistema
astronomico hindu è molto più antico di quello dei greci
e persino degli egiziani; i calcoli fatti dagli hindu 4500
anni fa sui movimenti delle stelle sono precisi al
minuto." Un altro astronomo francese, Pierre Simon de
Laplace (1749-1827), che divenne noto per la sua
ipotesi sull'origine del sistema solare da una nebula, per
l'equazione e per l'operatore differenziale matematico
che presero il suo nome, scriveva, "E' l'India che ci ha
dato l'ingegnoso metodo di esprimere tutti i numeri con
dieci simboli, ciascuno con un valore di posizione e un
valore assoluto - un'idea profonda e importante che si
sembra ora così semplice, perché ignoriamo il suo vero
merito. Questa stessa semplicità, questa facilità che ha
38
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
dato a tutti i calcoli, pone la nostra aritmetica sopra a
tutte le altre invenzioni utili, e potremo apprezzare
meglio la grandiosità di questa conquista quando
ricordiamo che sfuggì al genio di Archimede e Apollinio,
due degli uomini più grandi prodotti dall'antichità."
Abraham Hyacinthe Anquetil-Duperron (1731-1805) fu il
primo accademico a studiare specificamente la cultura
indiana. Visse in India per 7 anni e curò la traduzione
francese dello "Zenda" Avesta, il testo principale del
parsismo, e una traduzione delle Upanishad in latino
pubblicata nel 1804, che divenne uno dei libri preferiti di
Arthur Schopenhauer. Duperron scriveva, "Se i
britannici... continuano a trascurare di arricchire la
cultura europea con le scritture sanscrite... porteranno
la vergogna di aver sacrificato onore, onestà e umanità
per il vile amore di oro e denaro, e la conoscenza
umana non trarrà alcuna gloria o vantaggio dalle loro
conquiste."
Un altro pensatore francese dell'epoca, Victor Cousin
(1792-1867), scrisse, "Leggendo con attenzione i
monumenti poetici e filosofici dell'oriente, e soprattutto
dell'India, che stanno cominciando a diffondersi in
Europa, scopriamo tante e tanto profonde verità che
siamo costretti a inginocchiarci di fronte alla filosofia
dell'oriente, e a vedere in questa culla della razza
umana la patria della filosofia più sublime."
Cousin divenne a sua volta fonte di ispirazione per le
generazioni successive, tra cui possiamo citare
Théodore Simon Jouffroy, Jean Philibert Damiron,
39
Parama Karuna Devi
Garnier, Pierre-Joseph Proudhon, Jules Barthelemy
Saint-Hilaire, Felix Ravaisson-Mollien, Charles de
Rémusat, Ralph Waldo Emerson, Jules Simon, Paul
Janet, Adolphe Franck e Patrick Edward Dove.
In Francia l'interesse per lo studio dei Veda continuò
con Jules Michelet (1798-1874), che scriveva, "dall'India
ci viene un torrente di luce, un fiume di Diritto e
Ragione... mentre nel nostro occidente le menti aride e
sterili trattano la Natura con arroganza, il genio indiano,
che è il più ricco e fecondo di tutti, ha abbracciato
generosamente la fraternità universale, che comprende
l'identità di tutte le anime." Un altro grande francese,
Victor Hugo (1802-1885), autore de I miserabili e Notre
Dame de Paris, fece della Kena Upanishad il soggetto
di una sua poesia. Henri Frédéric Amiel (1821- 1881)
affermava, "non è male che nel mondo occidentale ci
siano alcune anime brahminiche". Paul Verlaine (18441896) scrisse un poema intitolato a Savitri e
considerava i testi vedici "molto migliori della Bibbia, del
Vangelo e di tutte le opere dei Padri della Chiesa."
Romain Rolland (1866-1944), premio nobel 1915 per la
letteratura, autore di un libro su La vita di Ramakrishna,
aggiungeva, "se c'è un posto sulla faccia della terra
dove i sogni dell'uomo hanno trovato una casa fin dai
primi giorni della sua esistenza, questo è l'India! Per
oltre 30 secoli l'albero della visione, con tutte le sue
migliaia di rami e milioni di ramoscelli, è cresciuto in
questa torrida terra, il grembo bruciante degli Dei, e si
rinnova instancabilmente... Torniamo al nostro nido
d'aquila sull'Himalaya. Ci aspetta, perché è nostro, e
40
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
noi, aquilotti d'Europa, non abbiamo bisogno di
rinunciare ad alcuna parte della nostra vera natura... Lo
spirito del Vedanta non è mai stato ostacolato da una
classe di preti, ogni uomo è stato completamente libero
di andare dove voleva alla ricerca della spiegazione
spirituale per lo spettacolo dell'universo."
Il francese Edgar Quinet (1803-1875) fu il primo a
introdurre il concetto di "rinascimento orientale"... "una
nuova Riforma del mondo religioso e laico: questo è il
grande tema della filosofia di oggi." Lo seguì Pierre
Loti (1850-1923, nom de plume di Louis-Marie-Julien
Viaud) che scriveva, "Ti rendo omaggio con
venerazione e meraviglia, o India antica, della quale
sono un adepto, India del massimo splendore dell'arte
e della filosofia... Che il tuo risveglio abbagli
l'occidente!"
Edward Gibbon (1734-1794), grande storico inglese
del periodo illuminista, autore del famoso The Decline
and Fall of the Roman Empire ("Declino e caduta
dell'Impero Romano") descrive con ammirazione la
libertà di religione nell'induismo: "gli Hindu hanno
dunque una scelta straordinariamente ampia di
credenze e pratiche tra le quali scegliere - possono
essere monoteisti, panteisti, politeisti, agnostici e
persino atei.... (similmente, nell'antica Roma) le varie
modalità di adorazione erano considerate come
ugualmente valide dal popolo, ugualmente false dal
filosofo e ugualmente utili dal magistrato. La tolleranza
produceva così non soltanto la benevolenza reciproca,
ma persino la concordia religiosa."
41
Parama Karuna Devi
Tra gli altri grandi pensatori britannici del periodo,
possiamo citare Percy Bysshe Shelley (1792-1822), che
a sua volta divenne l'idolo di successive generazioni di
poeti come Robert Browning, Alfred Tennyson, Dante
Gabriel Rossetti, Algernon Charles Swinburne e William
Butler Yeats. Sia Shelley che sua moglie Mary (l'autrice
della famosissima storia di Frankenstein) erano
appassionati lettori della saggezza vedica, che tra l'altro
li convinse a diventare attivisti vegetariani. Shelley
desiderava addirittura trasferirsi in India. Robert
Southey (1774-1843) fu forse il primo poeta inglese a
incorporare riferimenti vedici nelle sue opere - ne La
maledizione di Kehama parla del monte Meru, di
Parvati, di Shiva e del Gange.
Tra i tedeschi ammiratori della conoscenza vedica
ricordiamo in ordine di tempo innanzitutto Immanuel
Kant (1712-1804), che tenne parecchie lezioni
sull'argomento alla Konigberg University nella Prussia
orientale, e Johann Gottfried Herder (1744-1803) che
guidò il famoso movimento Sturn und Drang. Scriveva,
"(l'India è) il paradiso perduto di tutte le religioni e
filosofie, la culla dell'umanità, e la mia eterna casa, il
grande Oriente che attende di essere scoperto dentro
noi stessi. Le origini dell'umanità possono essere fatte
risalire all'India, dove la mente umana ha ottenuto le
prime forme di saggezza e virtù con una semplicità, una
forza e una sublimità che francamente non ha proprio
uguali nel nostro freddo mondo filosofico europeo." Si
esprimeva con parole molto simili Friedrich Creuzer
(1771-1858), filologo e archeologo nel suo Simbologie e
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Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
mitologie di tutti i popoli. Scriveva, "Se c'è sulla terra un
paese che può giustamente reclamare l'onore di essere
stato la culla della razza umana o almeno la scena di
un'antica civiltà, il cui sviluppo successivo ha
influenzato tutte le regioni del mondo antico, la
benedizione della conoscenza che è la seconda vita
dell'uomo, quel paese è certamente l'India."
August Wilhelm von Schlegel (1767-1845) fu fondatore
del movimento romantico insieme a suo fratello
Frederich (1772-1829); produsse 18 conferenze sulla
Bhagavad gita, intitolate Il dialogo tra Krishna e Arjoon.
Nel suo commento scriveva, "persino la filosofia più
nobile degli europei, l'idealismo della ragione presentato
dai pensatori greci, a paragone con l'abbondanza di
luce e vigore dell'idealismo orientale appare come una
debole scintilla prometeica davanti alla piena e gloriosa
radiosità celeste del sole di mezzogiorno - vacillante e
debole, pronta a spegnersi al primo soffio."
Il ministro dell'educazione pubblica prussiano, Wilhelm
von Humboldt (1767-1835) fu così entusiasta
dell'edizione di Schlegel della Bhagavad gita che si
mise a studiare il sanscrito. All'amico statista Frederick
von Gentz (1764-1832) scriveva, "leggendo il poema
indiano per la prima volta, ho provato un senso
travolgente di gratitudine verso Dio per avermi
permesso di vivere tanto a lungo da arrivare a
conoscere quest'opera. Dev'essere la cosa più profonda
e sublime che esista al mondo." Friedrich Majer (17711818) scriveva, "Non si può più dubitare che i sacerdoti
dell'Egitto e i saggi della Grecia abbiamo attinto
43
Parama Karuna Devi
direttamente dal pozzo originario dell'India... è sulle rive
della Ganga e dell'Indo che i nostri cuori vengono
attirati, come da qualche istinto nascosto - è là che tutti
gli oscuri presentimenti della profondità del nostro cuore
puntano... in Oriente, i cieli si sono riversati sulla terra."
Nel suo libro Filosofia della mitologia, F. W. J. Schelling
(1773-1854) dedica all'India più di 100 pagine; in una
conferenza del 1802 glorificò "i sacri testi degli indiani,
che sono superiori alla Bibbia."
Novalis (1772-1801), pseudonimo del barone Friedrich
von Hardenberg, leader del movimento romantico,
scriveva, "il sanscrito mi riporta alla gente originaria che
era stata dimenticata". Friedrich Ruckert (1788-1866),
professore di lingue orientali a Erlangen dal 1827 al
1841, su ispirazione di von Schlegel produsse molte
traduzioni dal sanscrito in tedesco, tra cui la Gita
Govinda.
Henrich Heine (1797-1856), le cui poesie vennero
musicate come Lieder ("sonate") da Robert Schumann
e Franz Schubert, descrive nel suo Libro delle Sonate
"la cara patria, l'azzurro e sacro Gange, l'Himalaya
eternamente risplendente, le gigantesche foreste di
alberi baniani e i silenziosi pellegrini". Sempre
rimanendo nel campo della musica, è interessante
sapere che Ludwig van Beethoven (1770-1827) lasciò
tra i suoi manoscritti parecchi frammenti di traduzioni e
adattamenti delle Upanishad e della Bhagavad gita.
In questo periodo però il più famoso tra gli studiosi dei
Veda fu Arthur Schopenhauer (1788-1860), che scrisse,
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Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
"non esiste religione o filosofia così sublime come il
Vedanta... i Veda sono il testo più soddisfacente che si
possa trovare per la nostra elevazione personale. In
tutto il mondo non esiste uno studio così benefico e
purificatore come quello delle Upanishad - che prima o
poi sono destinate a diventare la religione universale...
sono state la consolazione della mia vita, e saranno la
consolazione della mia morte. Sono il prodotto della più
alta saggezza.". Schopenhauer era deluso dalla
tradizione europea cristiana basata sulla Bibbia e non
faceva nulla per nasconderlo, proclamando invece che
la sua filosofia era in accordo agli insegnamenti dei
Veda.
Un altro grande letterato tedesco, Johann Wolfgang von
Goethe (1749-1832), espresse in varie occasioni la sua
ammirazione per le opere di Kalidasa (Shakuntala e
Meghaduta) e per la Gita Govinda. Heinrich Zimmer
(1890-1943), il massimo studioso germanico di filologia
indiana, al quale è stata dedicata una cattedra
all'Università di Heidelberg (per la filosofia indiana e la
storia intellettuale), scrisse, "con il culto della Grande
Dea nell'induismo, l'eredità arcaica dei riti legati alla
terra sorge travolgente una volta di più verso il suo
zenith".
Friedrich Nietzsche (1844-1900) parlava con disprezzo
di quegli europei che, privi di discernimento intellettuale,
volevano convertire e "civilizzare" i brahmana. Paul
Dessen (1845-1919) conosciuto anche come Deva
Sena, scriveva, "sull'albero della saggezza non c'è fiore
più bello delle Upanishad, o frutto più meraviglioso della
45
Parama Karuna Devi
filosofia del Vedanta". Carl Gustav Jung (1875-1961),
fondatore della Psicologia Analitica, insegnò per alcuni
anni la filosofia yoga e kundalini a Zurigo in corsi estivi.
Scriveva, "Non ci siamo ancora resi conto che mentre
noi stiamo rovesciando il piano materiale dell'oriente
con la nostra abilità tecnologica, l'oriente sta gettando il
nostro piano spirituale occidentale nella confusione con
la sua capacità psichica."
Rudolph Steiner (1861-1925), il famoso fondatore della
Società Antroposofica, scriveva, "Ciò che leggiamo nei
Veda, questi archivi della saggezza hindu, ci dà una
vaga idea delle sublimi dottrine degli antichi maestri."
Herman Hesse (1877-1962), premio Nobel 1946 per la
letteratura, divenne famoso per il suo Siddharta,
romanzo centrato appunto sulla ricerca spirituale
nell'antica India. Scriveva, "L'India non è semplicemente
un paese, qualcosa di geografico, ma è il focolare e la
giovinezza dell'anima, dovunque e in nessun luogo,
l'unità di ogni tempo... La meraviglia della Gita è la
rivelazione veramente splendida della saggezza della
vita, che permette alla filosofia di sbocciare nella
religione."
Albert Einstein (1879-1995), il famoso fisico teorico
autore della rivoluzionaria teoria della relatività e della
legge dell'effetto fotoelettrico (base della fisica
quantistica) e premio Nobel 1921 per la fisica, dichiarò,
"Dobbiamo essere grati agli indiani, che ci hanno
insegnato a contare, cosa senza la quale non sarebbe
stata possibile alcuna altra scoperta scientifica...
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Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
Quando leggo la Bhagavad gita e rifletto su come Dio
ha creato questo universo, tutto il resto mi sembra
superfluo."
Il belga conte Maurice di Maeterlinck (1862-1949),
premio Nobel 1911 per la letteratura, spiega nel suo
libro Sentieri di montagna che la dottrina del Karma "è
l'unica soluzione soddisfacente per le ingiustizie della
vita." Scrive, "Non sappiamo come sia venuta ad
esistere la religione degli hindu... la troviamo già
completa nei suoi principi fondamentali e nel suo
quadro generale, anzi, più si va indietro nel tempo più la
troviamo perfetta e incontaminata...."
Georg Wilhelm Friedrich Hegel (1887-1961), uno dei più
famosi filosofi tedeschi, autore della tesi della "realtà
totale", scriveva, "L'India ha creato un impulso speciale
nella storia del mondo, è il paese che tutti cercano. Pur
essendo poco conosciuta, esiste da millenni
nell'immaginazione degli europei come la terra delle
meraviglie. La sua fama, che è sempre stata collegata
ai suoi tesori, a quelli naturali ma ancora di più a quelli
della sua saggezza, ha sempre attirato gli uomini... tutti
coloro che si avvicinano ai tesori della letteratura
indiana rimangono immediatamente colpiti dalla
ricchezza di prodotti intellettuali, del livello di pensiero
più profondo." Ispirato dalle antiche scuole indiane
descritte dai greci, il conte Hermann Keyserling (18801946) fondò nel 1920 la Scuola della Saggezza a
Darmstadt, Germania, basata sul concetto di una
cultura planetaria, che supera il nazionalismo e
l'etnocentrismo culturale. Scriveva della "assoluta
47
Parama Karuna Devi
superiorità dell'India rispetto all'occidente per quanto
riguarda la filosofia... la Bhagavad gita è l'opera
letteraria più bella del mondo."
Una delle personalità più notevoli di questo periodo fu
Margaret Elizabeth Noble (1867-1911), irlandese di
nascita, famosa in India come Sister Nivedita. Scrisse
vari libri, tra cui Il Maestro come io lo vidi, Kali la Madre,
La rete della vita indiana, Appunti di viaggio con Swami
Vivekananda, Storie per bambini induisti, Studi da una
casa orientale, Ideale civile e nazionalità indiana,
Suggerimenti per l'istruzione nazionale in India,
Carestia e inondazione nel Bengala occidentale.
Incontrò Swami Vivekananda nel 1895 a Londra e
diventò sua discepola, trasferendosi a Calcutta su suo
invito e accettando l'ordine di brahmacharya nel 1989 prima donna occidentale ammessa in un ordine monastico indiano. Qualche settimana dopo arrivarono anche
due altre discepole di Vivekananda, le americane Sara
C. Bull (moglie del famoso violinista e compositore
norvegese Ole Bull) e Josephine MacLeod. Vivekananda le aveva scritto, "Lascia che ti dica francamente
che sono convinto che tu abbia un grande futuro nel
lavoro per l'India. Ciò di cui c'è bisogno non è un uomo,
ma una donna - una vera leonessa - che lavori per gli
indiani, specialmente per le donne. L'India non può
ancora produrre grandi donne, deve prenderle a prestito
da altre nazioni. La tua istruzione, la tua sincerità, la tua
purezza, il tuo immenso amore, la tua determinazione e
soprattutto il tuo sangue celtico fanno di te
precisamente la donna di cui abbiamo bisogno."
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Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
Fu intima di Sarada Devi, la consorte di Ramakrishna,
di Aurobindo Ghosh e di molti intellettuali nella comunità
bengali, come Rabindranath Tagore, Jagadish Chandra
Bose (lo scienziato indiano che inventò la radio
simultaneamente a Marconi) e sua moglie Abala Bose,
e
gli
artisti
Abanindranath
Tagore,
Ananda
Coomaraswami e Nandalal Bose. E' particolarmente
famosa in India perché contribuì attivamente alla causa
dell'indipendenza indiana e allo sviluppo di un sistema
scolastico induista per le ragazze, comprese donne
adulte e vedove. Fu lei a introdurre nelle scuole l'inno
nazionale indiano, Vande Mataram. Scriveva, "La storia
del mondo dimostra che l'intelletto indiano non è
secondo a nessuno... Sarebbero forse i connazionali di
Bhaskaracharya e Shankaracharya inferiori ai compatrioti di Newton e Darwin? Noi non lo crediamo."
Non possiamo dimenticare, in questo breve panorama
degli ammiratori della cultura indiana, i fondatori della
Società Teosofica. Helena Petrova Blavatsky (18311891) attinse ampiamente alla conoscenza vedica,
specialmente alle Upanishad e al Vedanta per scrivere il
suo magnum opus, La Dottrina segreta (pubblicato nel
1885). Fu proprio dai Teosofi che Mohandas
Karamchand Gandhi venne introdotto per la prima volta
alla lettura della Bhagavad gita. Il teosofo Christopher
W. B. Isherwood (1904-1986) lavorò con Swami
Prabhavananda alla traduzione della Gita, delle
Upanishad e degli Yoga sutra di Patanjali, risvegliando
così un movimento di nuovo interesse degli indiani
verso la conoscenza vedica, "che era così apprezzata
49
Parama Karuna Devi
dagli occidentali". Isherwood fu anche autore di
Vedanta per il mondo occidentale e Il mio guru e il suo
discepolo (su Swami Prabhavananda, che fu la sua
guida spirituale per circa 30 anni). Scriveva, "Sono
convinto che la Gita sia uno dei più importanti
documenti religiosi del mondo. Non è semplicemente un
sermone, è un trattato filosofico."
Il colonnello Henry S Olcott (1832-1907), che insieme
alla Blavatsky fu fondatore della Società Teosofica,
affermò in una conferenza in Allahabad (l'antica
Prayaga), "gli antichi hindu erano capaci di navigare
nell'aria e di combattere battaglie aeree. Erano enz'altro
esperti in tutte le arti e le scienze collegate con questa
conoscenza."
Forse il personaggio più famoso di questo gruppo
teosofista fu Annie Wood Besant (1847-1933),
socialista, membro del direttivo della Fabian Society
insieme a G.B. Shaw, attivista del movimento di
indipendenza indiano e fondatrice dell'Indian National
Congress (ancora oggi uno dei due partiti principali sulla
scena politica in India).
Besant scriveva, "Dopo uno studio durato oltre 40 anni
sulle grandi religioni del mondo, non ne trovo alcuna
così perfetta, così scientifica, così filosofica, così
spirituale come la grande religione conosciuta con il
nome di induismo. Non c'è dubbio, senza induismo,
l'India non ha futuro... Questa è l'India di cui parlo,
l'India che è per me la Terra Santa... L'India è la madre
di tutte le religioni, in essa sono combinate in perfetta
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Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
armonia scienza e religione, ed è l'India che tornerà ad
essere la madre spirituale del mondo."
Mirra Alfassa (chiamata anche Morisset o Rochard,
1878-1973), Mother Meera, o Mère come la
chiamavano Aurobindo e i suoi seguaci. Mère arrivò in
India per la prima volta con Alexandra David-Neel
(1868-1969), esploratrice francese, studiosa di sanscrito
e buddhismo alla Sorbona, simpatizzante teosofa, che
fu la prima a viaggiare da sola in India e a organizzare
viaggi per gli amici. Nel 1920 Mère si stabilì a
Pondicherry dove fondò un ashram per Aurobindo, che
aveva deciso di ritirarsi in solitudine. Questo primo
ashram si sviluppò nel grande progetto oggi conosciuto
come Auroville.
Piuttosto famoso, anche se estremamente controverso,
è anche il russo George Ivanovich Gurdjieff (18771949). Sia Gurdjieff che il suo studente "ribelle" Peter D.
Ouspensky (1878-1947) attinsero ampiamente alla
tradizione dello yoga e della danza sacra indiana per
creare la sua personale filosofia, pur senza riconoscere
il loro valore intrinseco originario. In questo, seguivano
la via già tracciata dai Sufi medioevali, dervisci e fachiri,
che erano entrati in contatto con i frammenti
sopravvissuti della conoscenza ellenica e vedica e ne
avevano utilizzato dei concetti per costruire un
"misticismo islamico" che addolcisse l'immagine
pubblica dell'islam della sharia.
In seguito lo stuolo degli ammiratori della conoscenza
vedica crebbe ulteriormente in tutta Europa, tra filosofi,
51
Parama Karuna Devi
letterati, scienziati, musicisti e pensatori in ogni campo.
Eccone alcuni, elencati in ordine cronologico.
Edward Washburn Hopkins (1857-1932), sanscritista
americano laureato a Leipzig, segretario dell'American
Oriental Society e direttore della sua rivista, nonché
autore di numerosi testi, come Religioni dell'India,
Mitologia epica, Storia delle religioni, Origine ed
evoluzione delle religioni.
Goldsworthy Lowes Dickinson (1862-1932), attivista
pacifista durante la prima guerra mondiale, fu il padre
del concetto della Lega delle Nazioni, che in seguito
divenne l'ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite).
Proveniente da una famiglia cristiano-socialista,
Dickinson lasciò il cristianesimo avvicinandosi alla
religione indiana. Nel suo Saggio sulle civiltà di India,
Cina e Giappone, scriveva, "La vera antitesi non è tra
oriente e occidente, ma tra l'India e il resto del mondo.
Solo l'India è differente, solo l'India presenta possibilità
diverse in modo fantastico. Innanzitutto, l'India non ha
mai messo l'Uomo al centro dell'universo.In India, e
ovunque sia penetrata l'influenza indiana, vediamo che
sono le tremende forze della natura, e ciò che si trova
dietro di esse, a formare l'oggetto dell'adorazione e
della speculazione, e d'altra parte sono la Mente e lo
Spirito; non la mente o lo spirito della persona
individuale, ma la Mente o Spirito universale, che è
nell'uomo ma che può essere avvicinato soltanto tramite
la mediazione filosofica e la disciplina... La religione
indiana non è mai stato un sistema di dogmi, e non è
coinvolta in eventi storici discutibili."
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Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
Gustav Holst (1874-1934) compose diverse sinfonie
ispirate alle scritture Hindu: nel 1903 un poema
sinfonico dedicato a Indra, nel 1908 una sinfonia da
camera dedicata a Savitri e ispirata dall'episodio del
Mahabharata e un'opera corale intitolata Il messaggero
delle nuvole ispirata al Meghaduta di Kalidasa; una
sinfonia precedente dedicata a Sita e ispirata dal
Ramayana non venne completata. In seguito si mise a
studiare il sanscrito per produrre una traduzione del Rig
Veda che fosse adattabile alla musica occidentale.
Lady Maria Callcott (1785-1842) conosciuta anche
come signora Graham, scrisse un Diario della mia vita
in India, che venne pubblicato nel 1812 al suo ritorno in
Inghilterra, nel quale afferma, "il mio desiderio è dare
un'immagine della passata grandezza e raffinatezza
dell'India, perché l'India possa riprendere quel posto
nella scala delle nazioni antiche che gli storici europei le
hanno ingiustamente negato... Se anche tutti i
monumenti venissero spazzati via dalla terra dell'Hindustan, se tutti i suoi abitanti fossero distrutti e persino il
suo nome dimenticato, l'esistenza del sanscrito
proverebbe che un tempo questa terra aveva raggiunto
una civiltà estremamente raffinata... al di sopra del caos
della guerra e della conquista, (il sanscrito) rimane un
venerabile monumento allo splendore di altri tempi,
come la solida piramide nei deserti dell'Egitto."
Albert Schweizer (1875-1965) scriveva, "La Bhagavad
gita esercita una profonda influenza sullo spirito umano
attraverso la devozione a Dio che si manifesta nelle
azioni."
53
Parama Karuna Devi
Erwin Schroedinger (1887-1961), fisico austriaco e
rifugiato politico, premio Nobel nel 1933 per la
Meccanica Quantistica, teneva accanto al letto la Gita,
le Upanishad, e vari testi vedici specialmente su Yoga e
Samkhya. Affermava: " Ci vuole una trasfusione di
sangue dall'oriente all'occidente per salvare la scienza
occidentale dall'anemia spirituale... l'unica soluzione... si
trova nell'antica saggezza delle Upanishad."
Schroedinger fu autore di Cos'è la vita? L'aspetto fisico
della cellula vivente, e La mente e la materia, ispirati ai
concetti vedici. Quest'ultimo libro in particolare divenne
molto famoso e secondo Francis Clark, lo scopritore del
codice genetico del DNA, poneva le basi della sua
rivoluzionaria scoperta. Eccone alcuni estratti: "Questa
vostra vita che vivete non è semplicemente un
frammento dell'esistenza, ma in un certo senso è la sua
totalità, solo che l'intero non può essere osservato con
un solo sguardo. Questo è ciò che i Brahmini esprimono
in quella sacra formula mistica che è veramente così
semplice e così chiara, tat tvami asi, 'questo sei tu'...
Dalla grande Upanishad la realizzazione di Atman =
Brahman era considerata non blasfema bensì la
quintessenza dell'introspezione più profonda negli
eventi del mondo. Tutti gli studiosi del Vedanta si
sforzavano, dopo aver imparato a pronunciarlo con le
labbia, di assimilare nella propria mente questo
pensiero così supremamente grandioso."
Secondo il biografo di Schroedinger, Walter Moore,
"l'unità e la continuità del Vedanta viene riflessa
nell'unità e nella continuità della meccanica delle onde.
54
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
Nel 1925 la prospettiva della fisica era un grande
macchinario composto di particelle materiali separate
che interagivano tra loro. Negli anni successivi,
Schroedinger e Heisenberg e i loro seguaci crearono il
modello di un universo basato su onde inseparabile e
sovrapposte. Questa nuova visione è coerente con il
concetto del Vedanta."
Friedrich Heiler (1892-1967), autore de Il misticismo
delle Upanishad, Fede cristiana e pensiero indiano, e
La religione dell'umanità, scriveva, "L'India è la nostra
patria nella filosofia teologica... c'è una linea ininterrotta
dal misticismo Atman-Brahman delle Upanishad
vediche al Vedanta di Sankara alla tecnica mistica del
sistema dello Yoga... Similmente un'altra linea continua
di sviluppo va dal misticismo Orfico-Dionisiaco a
Platone, Filone e alle tradizioni ellenistiche al misticismo
neoplatonico dell'infinito di Plotino, che divenne la
sorgente della teologia mistica di Dioniso l'Areigute.
Probabilmente questa seconda catena costituisce una
ramificazione della prima..."
Amos Bronson Alcott (1799-1888), filosofo e maestro
autodidatta, strettamente vegetariano e fondatore della
comunità Fruitlands, autore di Detti orfici, Le tavole, e I
giorni di Concordia. Fu padre di Louisa e May Alcott,
rispettivamente scrittrice di fama mondiale e artista di
grande fama. Ralph Waldo Emerson rimase talmente
colpito dalla sua potenza intellettuale che lo convinse a
trasferirsi a Concord per unirsi al suo circolo di amici.
Amos scriveva nel suo diario, "La trasmigrazione
dell'anima non è una favola... Sto leggendo la
55
Parama Karuna Devi
Bhagavad gita... questo testo, o almeno alcuni dei suoi
passaggi, dovrebbe essere incluso in una Bibbia per
l'Umanità... Se fossi un predicatore, ne trarrei le
citazioni e la morale per i miei discorsi. Sarebbe molto
sano e rinvigorente, insufflare un po' di questa aria di
montagna nei polmoni della cristianità."
Anche Ralph Waldo Emerson (1803-1882), padre del
movimento del Trascendentalismo americano, scrittore,
filosofo, ministro della Chiesa Unitaria (dell'ottava
generazione), conferenziere e professore di teologia a
Harvard, era un grande ammiratore delle scritture
vediche. Venne a conoscenza dei testi vedici dale opere
di Victor Cousin, e dal suo diario del 1845 apprendiamo
che stava leggendo la Bhagavad gita e i Saggi sui Veda
di Thomas Colebrooke. Sappiamo anche che lesse il
Vishnu Purana, la Katha Upanishad e vari altri testi.
Emerson scriveva, "Sono ossessionato dai Veda. In
essi ho trovato compensazione eterna, potere
incalcolabile, pace ininterrotta... Sono debitore alla
Bhagavad gita di una giornata magnifica. E' come se un
impero ci parlasse, niente di piccolo o poco importante,
ma una voce grande, serena, coerente, la voce di
un'antica intelligenza che in un'altra epoca e in un altro
clima aveva considerato e risolto le stesse domande in
cui noi ci impegnamo... Quando Confucio e le scritture
vediche divennero note, non esisteva il concetto di
monopolio sulla saggezza e sull'etica. Soltanto in
questo secolo l'Inghilterra e l'America hanno scoperto
che le loro fiabe erano vecchie storie della Germania e
della Scandinavia, e ora sembra che siano derivate
56
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
dall'India - sono dunque proprietà di tutte le nazioni... (Il
pensiero vedico) è sublime come la notte, come un
oceano.. Contiene tutti i sentimenti religiosi, tutta l'etica
nobile che ha ispirato ogni mente poetica... Sono ormai
un Brahmino per natura: compensazione eterna, potere
insondabile, silenzio ininterrotto.. Pace, mi sussurra, e
purezza... insegna a dire la verità, ad amare gli altri, ad
abbandonare ciò che ha poca importanza... ogni cosa è
anima, e l'anima è Vishnu... Hari è sempre dolce e
sereno."
Nella sua poesia Brahman, Emerson offre la prospettiva
del Vedantismo americano, e nei suoi Saggi si trovano
vari commenti sulla conoscenza vedica e sulla sua
diffusione in occidente. Tra le altre poesie sulla
conoscenza vedica, possiamo citare Hamatreya e
Maya. Uno degli amici della cerchia di Emerson, John
Greenleaf Whittier (1807-1892), prese in prestito da lui
una copia della Bhagavad gita, e gli scrisse, "E' un libro
meraviglioso, e ha stimolato moltissimo la mia curiosità
di conoscere maggiormente la letteratura religiosa
dell'Oriente". In seguito introdusse molte idee vediche
nelle sue poesie, tra cui La preparazione del Soma, che
descrive l'uso della bevanda sacrificale vedica.
Un altro esponente del Transcendentalismo americano,
Walt Whitman (1813-1892), fu autore del famoso Foglie
d'erba, in cui è inclusa una poesia intitolata Passaggio
in India, e un'altra intitolata Salut au Monde ("salve al
mondo"), dove scriveva, "sento l'Hindu che insegna al
suo studente preferito gli amori, le guerre e gli aforismi
trasmessi con cura fino ai nostri giorni da poeti che ne
57
Parama Karuna Devi
scrissero tremila anni fa". Emerson descrisse Foglie
d'erba come un incrocio tra la Gita e il New York
Tribune Herald. Nel suo saggio del 1889 Uno sguardo
alle strade percorse Whitman afferma di aver letto "gli
antichi poemi vedici".
Anche Henry David Thoreau (1817-1862) faceva parte
della cerchia di Emerson: filosofo, scrittore, critico
sociale e padre dell'ideologia della "disobbedienza
civile". Ministro della Chiesa Unitaria, rifiutava il
cristianesimo organizzato (non andava mai in chiesa) e
scriveva, "Ogni volta che leggo qualche parte dei Veda,
sento una luce sconosciuta, che non appartiene a
questa terra, che mi illumina. Nei grandiosi
insegnamenti dei Veda non c'è traccia di settarismo...
quando li leggo, mi sembra di contemplare l'immenso
cielo di una notte d'estate... La mattina il mio intelletto
dsi bagna nella stupenda filosofia cosmogonica della
Bhagavad gita, al cui paragone il nostro mondo
moderno e la nostra letteratura appaiono meschini e
banali... A coloro che leggono le scritture direi, se
desiderano un buon libro, di leggere la Bhagavad gita...
merita di essere studiata con reverenza persino dagli
Yankee... Ex oriente lux può ancora essere il motto
degli studiosi, perché il mondo occidentale non ha
ancora ottenuto dall'Oriente tutta la luce che è destinato
a riceverne... Una sola frase della Gita vale molte volte
di più dell'intero Stato del Massachusetts." Dal 1849 al
1855 prese a prestito tutti i testi indiani della biblioteca
dell'Università di Harvard, e nel 1855 ricevette
dall'amico Thomas Chilmondeley un dono di 44 libri
58
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
orientali, tra cui Rig Veda Samhita, Mandukya
Upanishad, Vishnu Purana, Manu smriti, Bhagavad
gita, Bhagavad Purana.
Herman Melville (1819-1891), autore del romanzo Moby
Dick, scriveva, "la più antica descrizione di balena si
trova nella famosa caverna pagoda di Elephanta in
India... La balena Hindu alla quale si riferisce viene
raffigurata come incarnazione di Vishnu in forma di
leviatano, conosciuta dagli eruditi come Matse-Avatar."
Lev Nikolaevich Tolstoy (1828-1910), mistico e scrittore
russo, fondatore della prima associazione vegetariana
(chiusa nel 1917 dalla rivoluzione bolscevica), citava in
una lettera del 1909 scritta a Gandhi le Upanishad, la
Bhagavad gita e il Tirukkural tamil, nonché gli scritti di
Vivekananda, incoraggiando gli indiani a "non
abbandonare la loro antica cultura religiosa per il
materialismo dell'occidente". Inserì molte citazioni dai
Veda nelle sue raccolte Antologia di letture e Pensieri di
uomini saggi. Alla chiesa ortodossa che gli annunciava
la scomunica, ripose, "alla mia mente, il sacrilegio più
grande è piuttosto considerare Cristo come Dio e
pregarlo come tale".
Sir Edwin Arnold (1832-1904), scrisse una traduzione
della Bhagavad gita intitolata La canzone celestiale.
Nell'introduzione
scriveva,
"Questo
famoso
e
meraviglioso poema sanscrito... gode di immensa
popolarità e autorità in India, dove è considerato uno dei
'cinque gioielli' o pancharatnani della letteratura
devanagari... fonde le dottrine di Kapila, Patanjali, e dei
59
Parama Karuna Devi
Veda." Nel suo libro India rivisitata descrive con
profonda partecipazione emotiva il rito delle abluzioni
nel fiume Gange.
Mark Twain (1835-1910), nome d'arte di Samuel
Langhorne Clemens, fu uno degli scrittori americani più
famosi, autore de Le avventure di Huckleberry Finn, Le
avventure di Tom Sawyer, Uno Yankee del Connecticut
alla corte del Re Artù, Seguendo l'Equatore e
Travelogue, una specie di diario di viaggio sulle sue
esperienze in Asia. Scriveva, "Terra di religioni, culla
della razza umana, luogo di nascita delle lingue, nonna
delle leggende, bisavola della tradizione... la terra che
tutti gli uomini desiderano vedere, e una volta che ci
siano stati, anche brevemente, non scambierebbero
quella visione per tutti gli spettacoli del resto del globo
messi insieme... Il materiale più prezioso e istruttivo
nella storia dell'uomo costituisce il tesoro dell'India...
L'India è stata l'inizio del mondo, l'inizio di tutte le cose.
Ha avuto la prima civiltà, la prima fioritura di ricchezze
materiali, profondi pensatori dall'intelletto sottile, miniere
e foreste e anime fruttuose... Varanasi o Banaras è più
vecchia della storia, più vecchia della tradizione, più
vecchia persino della leggenda, e appare due volte più
vecchia di tutte queste messe assieme."
Clarence Edward Dutton (1841-1912), poeta-geologo e
capitano dell'esercito statunitense, diede alle vette
innevate del Grand Canyon nomi come "tempio di
Vishnu", "tempio di Shiva", "tempio di Brahma". Georg
Morris Cohen Brandes (1842-1927), critico letterario
danese, ebbe una grandissima influenza sulla
60
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
letteratura scandinava. Scriveva, "la mia casa spirituale
era sulle rive della Ganga".
William James (1842-1910), primo presidente della
American Society for Psychical Research, filosofo e
pioniere della psicologia in America, fratello del
romanziere Henry e della letterata Alice. Fu figlioccio di
Ralph Waldo Emerson e associato di Charles Sanders
Pierce, Bertrand Russell, Mark Twain, Henri Berson e
Sigmund Freud. Scrisse, "dai Veda apprendiamo le arti
di chirurgia, medicina, musica... (i Veda) sono
un'enciclopedia di ogni aspetto della vita, della cultura,
della religione, della scienza, dell'etica, delle leggi, della
cosmologia e della metereologia."
Mihai Eminescu (1850-1889), massimo poeta rumeno,
scoprì la filosofia indiana attraverso Schopenhauer.
Nella sua poesia Tattvamasi parla dell'identità di Atman
e Brahman. In un'altra poesia, Kamadeva, parla del
Deva dell'amore erotico come della scintilla della
creazione. Nello stesso periodo Ella Wheeler Wilcox
(1850-1919), poetessa e giornalista americana, sostenitrice del movimento rosacrociano in America, scriveva, "India - la terra dei Veda, queste opere notevolissime che contengono non soltanto idee religiose per
una vita perfetta, ma anche fatti che sono stati comprovati dalla scienza. Elettricità, radium, elettronica, navigazione aerea, tutto questo era noto ai saggi che fondarono i Veda."
Richard Garbe (1857-1927), professore all'Università di
Tubingen, divenne famoso per il suo lavoro di
61
Parama Karuna Devi
ricostruzione della forma originaria della Bhagavad gita.
Nel 1885 si recò in India su incarico del Ministero della
Cultura del governo prussiano, e in seguito pubblicò il
diario della sua esperienza sotto il titolo Scene di
viaggio. Il libro è particolarmente interessante perché
nel XIX secolo furono pochissimi gli indologi tedeschi
che visitarono effettivamente l'India. Dedicò la massima
parte della sua vita a studiare la filosofia Samkhya.
George Bernard Shaw, (1856-1950), premio Nobel
1925 per la Letteratura, attivista vegetariano, attivista
socialista, fondatore della London School of Economics,
membro del Comitato Esecutivo della Fabian Society,
scrittore e drammaturgo, scriveva, "Il modo di vita
indiano offre una visione del modo di vita vero e
naturale.
William Butler Yeats (1856-1939), anch'egli irlandese e
premio Nobel 1923 per la letteratura, fu amico
personale di Rabindranath Tagore, Mohini Chatterji e
Sri Purohit Swami. Scrisse una poesia intitolata al
Monte Meru, che identifica con l'Everest, e in cui
raffigura gli yogi impegnati nella meditazione. Scriveva,
"E' stato il mio primo incontro con la filosofia indiana a
confermare le mie vaghe speculazioni: mi è sembrata
simultaneamente logica e infinita."
Nicola Tesla (1856-1943), uno degli inventori più geniali
di tutti i tempi, usava termini sanscriti come akasha e
prana per descrivere i fenomeni naturali e descrisse
l'universo come un sistema cinetico pieno di energia
che poteva venire imbrigliata in qualsiasi località.
62
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
Alfred North Whitehead (1861-1947), attivista pacifista,
pioniere della logica matematica e della filosofia
analitica, membro della Royal Society e della British
Academy, presidente della Aristotelian Society dal 1922
al 1923, co-autore insieme a Bertrand Russell del
famoso Principia Mathematica, affermava, "il Vedanta è
la metafisica più alta che la mente umana abbia mai
concepito."
Maurice Winternitz (1863-1937), famoso indologista e
autore di una Storia della letteratura indiana, scriveva,
"Dalle dottrine mistiche delle Upanishad parte una
corrente di pensiero che può essere rintracciata nel
misticismo del Sufismo persiano, nella dottrina mistica e
teosofica del Logos dei neoplatonici e nei mistici
alessandrini cristiani Eckhart e Tauler, e nella filosofia
del grande mistico tedesco del XIX secolo,
Schopenhauer... Garbe, la più grande autorità in Europa
sulla filosofia Samkhya, ha affermato che molto
probabilmente il Samkhya ha avuto una forte influenza
sulle idee filosofiche di Eraclito, Empedocle,
Anassagora, Democrito ed Epicuro... A me sembra
certo che Pitagora fosse influenzato dal Samkhya
indiano. E non ho dubbi nemmeno sul fatto che i filosofi
gnostici e neoplatonici siano stati influenzati dalle idee
filosofiche indiane."
Sylvain Levi (1863-1935), orientalista francese
professore di sanscrito alla Sorbonne, scriveva, "Dalla
Persia al mare della Cina, dalle regioni ghiacciate della
Siberia alle isole di Java e del Borneo, dall'Oceania a
Socotra, l'India ha diffuso la sua civiltà, lasciando
63
Parama Karuna Devi
un'impronta indelebile su un quarto della razza umana
nel corso di molti secoli. Ha il diritto di reclamare nella
storia universale quella posizione che l'ignoranza le ha
negato per tanto tempo."
Rudyard Kipling (1865-1936), premio Nobel 1907 per la
Letteratura, autore del famoso Il libro della giungla,
come anche di Capitani coraggiosi, Kim e di molte brevi
storie, come L'uomo che volle farsi re. Tra le sue poesie
le più famose sono Gunga Din, Mandalaya e The White
Man's Burden ("Il fardello dell'uomo bianco"), in cui
descrive, con un'ironia che può risultare invisibile agli
occhi del fanatico sostenitore dell'imperialismo europeo,
l'atteggiamento del colonizzatore britannico che sente
come proprio dovere la missione di "civilizzare" il resto
del mondo, sacrificando all'esilio sé stesso e i propri figli
nel tentativo. I genitori di Kipling si trasferirono in India
prima della sua nascita, ma come era convenzione
sociale a quei tempi, all'età di 5 anni venne mandato a
studiare in Inghilterra da solo con la sorellina di 3 anni. Il
trauma culturale ed emotivo del passaggio dalla casa
colonica di Bombay con i servitori indigeni alla Lorne
Lodge, il convitto privato nella casa del Capitano
Holloway a Portsmouth, dove Rudyard e sua sorella
Alice - insieme ad altri figli di emigrati inglesi in India venivano maltrattati e trascurati regolarmente, lasciò su
Rudyard un'impronta indelebile. All'età di 16 anni tornò
in India, dove iniziò la sua carriera di scrittore.
Il conte Louis Hamon (1866-1936), nato in Irlanda come
William John Warner e conosciuto anche come Cheiro,
era un celebre chiromante e astrologo. Tra i suoi clienti
64
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
si annoverano Mark Twain, Sarah Bernhardt, Mata Hari,
Oscar Wilde, Grover Cleveland, Thomas Edison, il
principe di Galles, il generale Kitchener, William
Gladstone, Bernard Shaw e Joseph Chamberlain.
Scriveva, "Scrutando indietro, ai giorni più lontani della
storia del mondo conosciuto, troviamo che che le prime
testimonianze linguistiche appartengono alla civiltà
ariana. Non possiamo andare oltre i limiti della storia,
ma i monumenti dell'India indicano secondo la
testimonianza degli archeologi a un'epoca molto
lontana, che va al di là della breve storia che
conosciamo... Molto prima che si sentisse anche solo
parlare di Roma o della Grecia o di Israele, le montagne
dell'India puntano a un'epoca di conoscenza molto più
antica. I calcoli astronomici a cui fanno riferimento le
raffigurazioni nei templi ci mostrano che gli Hindu
comprendevano la precessione degli equinozi molti
secoli prima dell'era cristiana e sapevano che un ciclo
completo richiede 25.870 anni. La capacità di
osservazione e la precisione matematica necessarie per
formulare una tale teoria sono meravigliose per gli
astronomi moderni, che con la loro conoscenza
scientifica e i loro strumenti tecnologici continuano a
litigare per decidere se la precessione, che è l'aspetto
più importante dell'astronomia, avvenga ogni 25.870
oppure ogni 24.500 anni."
Herbert George H. G. Wells (1866-1946), storico e
romanziere, autore de La macchina del tempo, Una
breve storia del mondo e Crux Ansata: la colpevolezza
della Chiesa cattolica romana, scriveva, "Per molti
65
Parama Karuna Devi
secoli la storia dell'India è stata più felice, meno feroce
e più sognante di qualsiasi altra storia nel mondo. In
queste condizioni favorevoli, gli indiani hanno costruito
un carattere meditativo e pacifico e una nazione di
filosofi quale non avrebbe potuto esistere che in India."
A. E. George Russell (1867-1935), nazionalista
irlandese, economista, leader del movimento contadino
irlandese, poeta, saggista, pittore e mistico, scriveva,
"Tra i moderni, Goethe, Wordsworth, Emerson e
Thoreau hanno una certa vitalità e saggezza, ma tutto
ciò che hanno detto, e ancora di più, lo troviamo nei
grandi libri sacri dell'India. La Bhagavad gita e le
Upanishad contengono una tale divina pienezza di
saggezza riguardo a ogni cosa, che io ho l'impressione
che gli autori abbiano osservato con calma
consapevolezza i ricordi di mille vite appassionate..."
W. Somerset Maugham (1874-1965), figlio dell'ambasciatore britannico a Parigi, iniziò precocemente la sua
carriera di scrittore ed è considerato il più grande
romanziere inglese. In India incontrò Ramana Maharshi,
evento che ispirò il suo famoso romanzo Il filo del
rasoio. Il titolo stesso è tratto da un esempio della
Katha Upanishad: "i saggi affermano che la via è come
il filo tagliente del rasoio - stretta e difficile da
percorrere." Il personaggio principale della storia si reca
in India per cercare rifugio dagli orrori della guerra e
trova la pace nella filosofia indiana del Vedanta.
Il professor James Bissett Pratt (1875-1944), scrittore
americano autore di Perché le religioni muoiono e India
66
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
e le sue fedi, era convinto che l'induismo sia l'unica
religione capace di sopravvivere alla crisi moderna della
fede. Scrive, "la Via Vedica è una religione che si
perpetua rinnovandosi. Non muore, ma si sviluppa
spiritualmente, lasciando il vecchio guscio e
abbigliandosi di un'espressione più adatta ai tempi
nuovi, senza interruzione nella continuità della vita
senza nulla perdere in santità e autorevolezza... Se
vuole sopravvivere, una religione deve adattarsi alle
nuove condizioni e al cambiamento; se vuole nutrire la
vita spirituale dei suoi figli, deve avere la sensibilità e
l'inventiva che ler permette di apportare le modifiche
richieste dalle loro esigenze... Grazie alla sua tolleranza
intrinseca, alla sua indifferenza alle divergenze
dottrinali, l'induismo mette in luce l'unità fondamentale
di tutti i Dharma indiani, e dà scarsa importanza alle
differenze... Per la maggior parte degli occidentali la
storia della filosofia comincia con il greci e finisce con gli
americani, e non dà nemmeno il minimo accenno che
qualcuno al di fuori dell'occidente possa mai aver avuto
un'idea
filosofica.
Un'occhiata
al
programma
accademico delle nostre università sembra indicare che
l'unico principio che lo ispira possa venire espresso,
'niente ad est di Suez!'... Per qualcuno che ha gustato
un assaggio delle ricchezze che il pensiero e la
letteratura indiana possono offrire alla nostra vita
intellettuale e alla nostra esperienza spirituale, tale
privazione inflitta da noi occidentali a noi stessi e ai
nostri giovani risulta addirittura patetica. La letteratura
filosofica indiana, sorta molti secoli prima di Talete, ha
sempre mantenuto un punto di vista proprio, ma l'ha
67
Parama Karuna Devi
sviluppato in una grande varietà di forme sempre
fresche. Oggi il pensiero indiano costituisce l'unica
forma di filosofia vivente che sia indipendente dalla
tradizione occidentale... La tendenza di quasi tutte le
scuole di filosofia occidentale porta sempre più
fermamente verso il naturalismo, spesso verso un
naturalismo crudo. Le vittorie della scienza naturale
hanno ipnotizzato la maggior parte dei nostri filosofi. Da
questo mondo offerto dal naturalismo occidentale, la
mente riflessiva che ambisce a qualcosa di più della
struttura scientifica spazio-tempo può felicemente
rifugiarsi nelle introspezioni del regno spirituale, che ci
viene presentato nelle Upanishad, nella Bhagavad gita
e nella filosofia del Vedanta."
Robert Earnest Hume (1877-1948), nato in India da
famiglia americana, insegnò sia in India che a Oxford.
Nel 1921 pubblicò Tredici Upanishad principali, in cui
scriveva, "Nella lunga storia dello sforzo umano diretto
ad afferrare le verità fondamentali dell'essere, i trattati
metafisici conosciuti come Upanishad occupano un
posto d'onore... sono pieni di concetti sublimi e intuizioni
di verità universali. Le Upanishad hanno sicuramente un
grande valore storico e comparativo, ma sono anche
importantissime per la nostra vita attuale... L'onestà
nella ricerca della Verità è uno degli aspetti più deliziosi
e lodevoli nelle Upanishad".
Jacob Wilhelm Hauer (1881-1961), figlio di missionari
protestanti tedeschi, insegnò in una scuola missionaria
in India a partire dal 1907. Venuto a contatto con
l'induismo e lo yoga, studiò il sanscrito e scrisse vari
68
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
libri sull'argomento, tra cui Lo Yoga come via alla
salvezza (dedicato a C.G. Jung). Considerava la
Bhagavad gita come "un'opera di significato imperituro"
che occupava un posto centrale nella sua fede.
Scriveva, "non soltanto ci dà delle introspezioni
profonde che sono valide per tutti i tempi e per ogni tipo
di vita religiosa, ma contiene anche la presentazione
classica di una delle fasi più significative della storia
religiosa indo-germanica... Ci mostra la via verso la
natura essenziale e le caratteristiche fondamentali della
religione indo-germanica."
Satyananda Stokes, nato Samuel Evans Stokes (18821946), abbandonò a 22 anni i suoi studi all'università di
Yale e partì per l'India con l'intenzione di dedicarsi al
servizio dell'umanità. Iniziò a lavorare nel 1905 in un
lebbrosario a Sabathu, poi fu inviato a Kangra per
aiutare la popolazione colpita da un grave terremoto, e
in seguito lavorò alla Christian Mission House a
Kotgarh, in Himachal pradesh. Nel 1910 acquistò una
piantagione di tè abbandonata, si sposò e si stabilì a
Barubagh, Kotgarh. Costruì un tempio per l'Arya Samaj
a Thanedar, che divenne famoso con il nome di
Paramajyoti Mandir, "il tempio della luce eterna". Pur
continuando a considerarsi un "amante di Cristo" studiò
il sanscrito e nel 1932 divenne ufficialmente induista in
una cerimonia celebrata dall'Arya Samaj. Espresse la
propria filosofia di vita in un libro intitolato Satyakam,
spiegando tra l'altro che aveva deciso di convertirsi
all'induismo perché detestava la nozione cristiana di
punizione eterna. Scriveva, "la luce delle scritture
69
Parama Karuna Devi
induiste è penetrata
cristianesimo."
a
riempire
le
lacune
del
Vera Christine Chute Collum (1883-1957), autrice di La
danza di Civa (Shiva) - Unità e ritmo della vita.
Scriveva, "La convinzione che le apparenti diversità
sono semplicemente fasi temporanee e ritmicamente
variabili di una fondamentale unità portò l'Oriente a
simboleggiare la Vita e la Morte come la Danza di Civa,
sempre morbida e fluente, in cui costruzione e
distruzione diventano schemi che pulsano ritmicamente
presentati dal sottile danzatore, che si dissolvono con la
rapidità di una ruota che gira veloce."
Ernest E. Wood (1883-1965) visse in India per 38 anni e
fondò due università, lavorando come preside e
professore di fisica, inglese e sanscrito, allo scopo di
contribuire al rinascimento culturale indiano iniziato da
Rabindranath Tagore e dai suoi contemporanei. Fu
autore di vari libri, tra cui Lo yoga pratico e La presenza
gloriosa. Scriveva, "Shankara non lasciò l'insegnamento
del Vedanta come una forma di credenza religiosa, ma
disse che dobbiamo verificarlo con il nostro pensiero, e
realizzarlo con l'esperienza, come fecero gli illuminati
del passato... Gli antichi pensatori ariani che raccolsero,
compilarono, classificarono e scrissero commenti sulle
tradizioni di pensiero accumulate dai loro antichi
progenitori compirono un servizio razionale ed etico di
grande valore per la posterità... non sarete capaci di
comprendere o realizzare il pieno significato di questi
Aforismi senza riorganizzare la vostra mente attraverso
alcune pratiche o discipline che descriveremo."
70
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
Will Durant (1885-1981), scrittore americano, autore di
Storia della filosofia, Storia della civiltà (opera in 11
volumi per la quale ottenne il premio Pulitzer nel 1967 e
la Medaglia Presidenziale della Libertà da Ford nel
1977) e de L'importanza dell'India, scriveva, "L'India è
stata la patria della nostra razza, il sanscrito la madre
delle lingue europee; è stata la madre della nostra
filosofia, attraverso gli arabi è stata la madre della
maggior parte della nostra matematica, e attraverso le
comunità di villaggio, la madre della democrazia e
dell'autogoverno. In molti modi, Madre India è la madre
di tutti noi... Anche da oltre la barriera dell'Himalaya,
l'India ci ha inviato inconfutabili doni come la
grammatica e la logica, la filosofia e le favole,
l'ipnotismo e gli scacchi, e soprattutto il nostro sistema
decimale. Ma questi non sono che gingilli, paragonati
all'essenza del suo spirito e a ciò che potremmo
imparare da lei nel futuro... La paziente erudizione
dell'India si sta aprendo come un nuovo continente
intellettuale alla mente occidentale, che fino a ieri
pensava che la civiltà fosse una cosa esclusivamente
occidentale."
Il generale George S. Patton (1885-1945), una delle più
grandi figure militari della storia, proveniva da una lunga
tradizione militare familiare, credeva fermamente nella
reincarnazione ed era convinto di aver appreso le
proprie abilità strategiche su antichi campi di battaglia.
Citava spesso la Bhagavad gita a sostegno della sua
convinzione.
71
Parama Karuna Devi
Rene Grousset (1885-1952), storico francese, autore di
La civiltà dell'India e L'impero delle steppe: storia
dell'Asia centrale. Scriveva, "Negli altipiani dell'Iran
orientale, nelle oasi di Serindia, nella desolazione arida
di Tibet, Mongolia e Manchuria, nelle antiche terre civili
di Cina e Giappone, nelle terre primitive di Mon e Khmer
e delle altre tribù dell'Indocina, nelle terre della MalayaPolinesia, Indonesia e Malay, l'India ha lasciato
l'impronta indelebile della sua alta cultura, non soltanto
sulla religione ma anche sull'arte e sulla letteratura - in
breve, su tutte le cose più alte dello spirito... Esiste un
ostinato pregiudizio secondo il quale l'India viene
rappresentata costantemente come se avesse vissuto
rinchiusa ermeticamente nella sua antica civiltà,
separata dal resto dell'Asia. Niente potrebbe essere più
esagerato. Durante i primi secoli della nostra era, per
quanto riguarda la religione e l'arte, l'Asia centrale fu
una specie di colonia indiana. Spesso si dimentica che
all'inizio del medioevo esisteva una 'Grande India', un
vasto impero indiano... e l'oceano indiano ben meritava
il suo nome."
Grousset era particolarmente colpito dall'arte indiana, e
descrisse con emozione le statue delle grotte di
Elephanta e l'immagine di Shiva Nataraja. Al proposito
scriveva, "l'arte universale è riuscita a produrre ben
poche materializzazioni del Divino che siano altrettanto
potenti ed equilibrate... mai la linfa traboccante della
vita, l'orgoglio della forza superiore a qualsiasi cosa, la
segreta ebbrezza del dio interiore delle cose è stata
espressa con altrettanta serenità."
72
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
Niels Bohr (1885-1962), fisico nucleare danese, premio
Nobel 1922 per la fisica, scriveva, "Entro nelle
Upanishad per cercare risposte alle mie domande."
Leonard Bloomfield (1887-1949), linguista americano,
scriveva, "La grammatica Hindu insegnò agli europei ad
analizzare le forme del discorso; paragonando le parti
costituenti, le somiglianze che fino ad allora erano state
riconosciute vagamente, si poté stabilirle con certezza e
precisione... Senza esagerazioni (l'Astadhyayi, la
grammatica sanscrita di Panini è) uno dei più grandi
monumenti dell'intelligenza umana, cosa che chiunque
abbia avuto anche un minimo contatto con questo libro
potrà soltanto confermare. In circa 4000 sutra o
aforismi, alcuni non più lunghi di una sillaba, Panini
riassume la grammatica non soltanto della propria
lingua parlata, ma anche di quella del periodo vedico.
L'opera è ancora più notevole se pensiamo che l'autore
la compose a memoria, e che i suoi discepoli la
imparavano e la trasmettevano nello stesso modo ai
propri discepoli, fino ai giorni nostri. Fu in India che
sorse un corpo di conoscenza destinato a rivoluzionare
le idee europee sul linguaggio."
T.S (Thomas Stearns) Eliot (1888-1965), poeta e
drammaturgo, premio Nobel 1948 per la letteratura,
scriveva, "Due anni passati a studiare il sanscrito sotto
Charles Lanman, e un anno nel labirinto della metafisica
di Patanjali sotto la guida di James Wood, mi hanno
lasciato in uno stato di perplessità illuminata... Le
sottigliezze dei filosofi indiani fanno sembrare scolaretti i
più grandi filosofi europei... La letteratura dell'Asia è
73
Parama Karuna Devi
grande poesia.. e so che la mia stessa poesia mostra
l'influenza del pensiero e della sensibilità indiani."
Arnold Joseph Toynbee (1889-1975), autore di Studio
sulla storia, uno studio enciclopedico di metastoria o
sintesi storica sullo sviluppo e la caduta delle varie
civiltà, con un forte orientamento spirituale, scriveva, "E'
ormai chiaro che un capitolo iniziato in occidente deve
finire in India, o portare all'autodistruzione della razza
umana. In questo momento supremamente pericoloso
per la storia umana, l'unica via di salvezza è l'antica via
Hindu: qui troviamo l'atteggiamento e lo spirito che
rendono possibile alla razza umana il crescere insieme
diventando una sola famiglia... Ci rivolgiamo quindi
all'India. Questo dono spirituale che rende umano
l'uomo è ancora vivo nelle anime indiane... Nient'altro
può essere abbastanza efficace per aiutare l'umanità a
salvarsi dalla distruzione... L'India non è soltanto l'erede
delle proprie tradizioni religiose, è anche l'ultimo
rappresentante delle tradizioni religiose dell'antico
mondo mediterraneo."
Walter Eidlitz (1892-1976), chiamato anche Vaman
dasa, autore di Viaggio nell'India sconosciuta,. Ebreo
tedesco, venne internato in un campo di prigionia in
India durante la seconda guerra mondiale, mentre
viaggiava alla ricerca di Dio. Divenne seguace del
movimento Gaudiya Vaishnava. Scriveva, "Dio stesso
spiega la Bhagavad Gita, il Dio interiore di cui Brahma il
creatore, Vishnu il conservatore e Shiva il distruttore
non sono che aspetti."
74
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
Aldous Huxley (1894-1963), romanziere e saggista
inglese, autore di Nuovo mondo coraggioso, Le porte
della percezione, Paradiso e inferno, e La filosofia
perenne, scriveva, "La Bhagavad gita è l'affermazione
più sistematica di evoluzione spirituale, di valore
permanente per l'umanità. La Gita è uno dei riassunti
del pensiero spirituale più chiari e completi che siano
mai stati composti... La filosofia perenne è espressa nel
modo più succinto nella formula sanscrita tat tvam asi,
('tu sei quello'), l'Atman, il Sé eterno immanente, è uno
con il Brahman, il Principio assoluto di ogni esistenza, e
il fine ultimo di ogni essere umano consiste nello
scoprire questo fatto per sé stesso, rendersi conto di
che cosa è realmente."
Paul Brunton (1898-1981), viaggiatore, mistico, autore
di Un eremita sull'Himalaya, Messaggio dall'Arunachala, L'Oriente: eredità per l'Occidente, e Alla ricerca
dell'India segreta. La sua esperienza in India, in mezzo
a yogi, mistici e guru, culmina nell'incontro con Ramana
Maharshi nel suo ashram di Arunachala. Scriveva,
"Osserviamo in occidente l'apparizione di una corrente
attualmente sottile ma sempre più profonda, di interesse
verso quegli stessi pensieri e quelle idee che i giovani
indiani stanno cercando affannosamente di rifiutare
come inadeguati per i loro bisogno, e che costituiscono
la fede e le tradizioni religiose dei loro antenati... La
Bhagavad gita contiene la quintessenza mentale e la
ben riuscita sintesi dei vari sistemi di religiose e
filosofia, offre un'epitome speciale dell'alta cultura
dell'India preistorica."
75
Parama Karuna Devi
Theos Casimir Bernard (1908-1947), pioniere degli studi
indiani e tibetani alla Columbia University, USA; la sua
tesi di laurea era sull'Hatha Yoga. Nel suo libro La
filosofia induista, scriveva, "Esiste nel cuore umano una
fame metafisica di conoscere e comprendere ciò che si
trova al di là del velo misterioso ed illusorio della
natura... La filosofia Hindu non cerca di addestrarci a
riconoscere le verità metafisiche, ci offre piuttosto un
modo di pensare che ci permette di comprendere
razionalmente la realtà sperimentata dalle persone che
hanno realizzato il sé, e quindi di arrivare alla
realizzazione della Verità. In questa luce, la filosofia è
considerata un'arte delle vita e non una teoria
sull'universo, perché è il mezzo per ottenere le più alte
aspirazioni dell'uomo. Non è per la scoperta, ma per la
comprensione della Verità."
David Bohm (1917-1992), uno dei più grandi fisici della
meccanica dei quanta, allievo di Einstein e
Oppenheimer, fu profondamente influenzato dal suo
contatto con J. Krishnamurti. Scriveva, "Si potrebbe dire
che l'Atman è il significato, ma allora che ciò che è
significato sarebbe il Brahman, l'identità della
consapevolezza e del cosmo..."
Daniel Joseph Boorstin (1914-2004), storico americano
e direttore della Biblioteca del Congresso dal 1975 al
1987, autore di Le scoperte, I creatori e I ricercatori.
Scriveva, "Gli Hindu hanno lasciato una storia
eloquente sui loro sforzi nel risolvere il mistero della
Creazione. I Veda non raffigurano un Creatore
benevolo, ma esprimono la meraviglia dell'uomo davanti
76
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
al Creatore, mentre i cantori dei Veda lodano lo
splendore di questo mondo. Adorano i deva - termine
simile al latino deus, 'dio', derivato dall'antico sanscrito
div, che significa 'splendore'. Gli dei erano i luminosi. Lo
splendore del loro mondo era ciò che ha sempre
impressionato gli Hindu fin dall'inizio... Ciò che santifica
l'adoratore non è un atto di conversione o un
cambiamento di spirito, ma il semplice atto del vedere,
espresso nella parola darshan... un Hindu va al tempio
non per adorare ma per il darshan, per vedere
l'immagine della Divinità... i pellegrini Hindu camminano
per centinaia di miglia semplicemente per un darshan...
Secondo gli Hindu la Divinità 'dà darshan' e la gente
'prende darshan', un concetto che sembra non avere
equivalente in alcuna religione occidentale."
Joseph Campbell (1904-1987), autore di Un eroe dai
mille volti, era amico intimo di J. Krishnamurti, e collaborò alla traduzione del Vangelo di Sri Ramakrishna.
Affermava che la lettura della Mandukya Upanishad
l'aveva colpito più dell'inizio della seconda guerra
mondiale. Scriveva, "Il primo principio del pensiero
indiano è che la realtà suprema è al di là di ogni
descrizione. E' qualcosa che può essere sperimentata
soltanto fermando i processi mentali. E' trascendente,
cioè va oltre, trascende, tutti i discorsi, tutte le immagini,
tutto ciò che può essere espresso. Allo stesso tempo è
anche immanente, all'interno di ogni cosa, e tutto ciò
che esiste in questo mondo va considerato come una
sua manifestazione... nell'induismo non c'è caduta,
l'uomo non viene separato dal divino."
77
Parama Karuna Devi
Ananda Kentish Coomaraswamy (1877-1947), originario di Sri Lanka, autore di La danza di Shiva: Saggi
sull'arte e sulla cultura indiana, scriveva, "Dobbiamo
menzionare in particolare la Bhagavad gita come
l'opera singola forse più importante mai prodotta in
India; questo libro di 18 capitoli non è un'opera settaria
come si dice talvolta, ma un testo studiato universalmente e ripetuto quotidianamente a memoria da milioni
di indiani di ogni fede. Può essere descritta come un
compendio dell'intera dottrina vedica che si trova nei
testi vedici precedenti, i Brahmana e le Upanishad, e
diventa la base di ogni sviluppo successivo: può essere
dunque considerata il centro focale di tutta la religione
indiana. "
Walter Raymond Drake (1913-1989), autore di Dei e
astronauti nell'antico oriente, pubblicato 4 anni prima
del bestseller di Erich Von Daniken I carri degli dei,
scriveva, "La più antica fonte di conoscenza scaturisce
certamente dall'India, i cui iniziati sondavano molto
tempo fa i segreti del cielo, la storia della terra, le
profondità dell'anima dell'uomo, e affermavano quei
pensieri sublimi che illuminarono i Magi di Babilonia,
ispirarono i filosofi della Grecia e influenzarono
sottilmente le religioni dell'occidente... Gli indiani
descrivono astronavi più veloci della luce e missili più
violenti delle bombe all'idrogeno, i loro testi sanscriti
descrivono aereonavi che sembrano avere radar e
telecamere."
André Malraux (1901-1976), l'autore di Anti-memorie,
scriveva, "Il problema di questdo secolo è il problema
78
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
religioso, e la scoperta del pensiero hindu sarà il fattore
fondamentale per la soluzione di questo particolare
problema."
John Archibald Wheeler (1911-2008), fisico teorico
americano, lavorò con Niels Bohr sui principi di base
dietro la fissione nucleare, introdusse la matrice S e
creò le espressioni black hole ("buco nero"), quantum
foam ("schiuma quantica") e wormhole ("tunnel spaziotemporale"). Scrisse, "Mi piace pensare che qualcuno
dimostrerà come il profondo pensiero dell'India si sia
fatto strada in Grecia e da là sia filtrato nella filosofia dei
nostri tempi."
Alun Lewis (1915-1944), che servì come geniere
nell'esercito britannico nella seconda guerra mondiale,
scrisse La terra come sillaba, una storia ispirata alla
Mandukya Upanishad e che contiene anche un
riferimento alla Brihad aranyaka Upanishad. Il romanzo
è la storia di un soldato che, ferito mortalmente nella
giungla, sperimenta i vari stadi della consapevolezza
verso l'illuminazione, e ricorda il primo verso della
Mandukya, "la terra intera è la sillaba Om".
Yehudi Menuhin (1915-1999), uno dei più grandi
violinisti del XX secolo, discendente di ebrei russi
emigrati in America, divenne famoso come discepolo
del maestro di Hatha yoga BKS Iyengar e amico del
sitarista Ravi Shankar. Scriveva, "L'India è la fonte
primaria, la terra madre."
Nancy Wilson Ross (conosciuta anche come signora
Stanley Young, 1901-1986), scrittrice e conferenziera,
79
Parama Karuna Devi
scriveva, "Molte centinaia di anni prima che i grandi
pionieri europei Galileo e Copernico dovettero pagare
duramente le loro ardite teorie affrontando il ridicolo e la
scomunica, una parte dei Veda conosciuta come
Brahmana conteneva questa stupefacente affermazione: 'Il sole non tramonta e non sorge mai. Quando la
gente pensa che stia tramontando, ha semplicemente
raggiunto la fine del giorno e crea la notte di sotto e il
giorno sull'altro lato. E così quando sembra sorgere al
mattino, semplicemente si sposta dopo aver raggiunto
la fine della notte..."
Huston Smith (nato nel 1919), autore di Le religioni del
mondo, La scienza e la responsabilità dell'uomo, e Le
religioni dell'uomo, scriveva, "quando ho letto le
Upanishad, ho trovato una profondità di visione del
mondo che a paragone ha ridotto il mio cristianesimo al
livello di terza elementare... L'India include così tanto
perché la sua anima infinita non esclude nulla."
Alexander Zinoviev (1922-2006), il controverso scrittore
e intellettuale dissidente russo, scriveva, "Sono convinto
che l'induismo sia estremamente prezioso per l'umanità,
e che i libri sacri indiani contengano una conoscenza
speciale, che non può sprofondare nell'oblio. Credo che
i principi della filosofia e della religione indiana siano
molto più compatibili con le esigenze del futuro di
qualsiasi
altra
religione
del
mondo.
Credo
profondamente
che
senza
l'India
il
mondo
sprofonderebbe nella tenebra e nell'ignoranza
spirituale... L'induismo deve dunque accettare anche
persone che non siano di origine induista."
80
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
Carl Sagan (1934-1996), astrofisico e autore di
Cosmos, scriveva, "La religione Hindu è l'unica delle
grandi fedi del mondo che sia dedicata all'idea che il
Cosmo stesso attraversi un numero immenso, anzi
infinito, di morti e rinascite. E' l'unica religione in cui la
scala del tempo corrisponde a quella della cosmologia
scientifica moderna. I suoi cicli vanno dal nostro giorno
e notte normale al giorno e alla notte di Brahma, che
dura 8 miliardi e 640 milioni di anni... e ci sono scale di
tempo ancora maggiori."
Frithjof Schuon (1907-1998), autore de Il linguaggio del
sé, definiva la propria ideologia come Sanatana
Dharma, "la religione eterna", e scriveva, "Tra le dottrine
esplicite, il Vedanta appare come una delle formulazioni
più dirette possibili di ciò che costituisce l'essenza
stessa della nostra realtà spirituale."
Julius Robert Oppenheimer (1904-1967), famoso come
"il padre della bomba atomica", autore dell'approssimazione Born-Oppenheimer, della teoria elettronepositrone, del procedimento Oppenheimer-Phillips e
della prima predizione del tunneling del quantum, e
delle basi della teoria moderna delle stelle neutriniche e
dei buchi neri, della meccanica dei quanta, della teoria
del campo dei quanta, e dell'interazione dei raggi
cosmici. Scriveva, "Ciò che troviamo nella fisica
moderna è un esempio, un incoraggiamento e un
affinamento dell'antica saggezza Hindu... Il contrasto tra
l'invenzione scientifica più terrificante della civiltà
occidentale con la più abbagliante descrizione
dell'esperienza mistica si trova nella Bhagavad gita, il
81
Parama Karuna Devi
più grande monumento letterario dell'India... la più bella
canzone filosofica che esista in qualsiasi lingua...
L'accesso ai Veda è il più grande privilegio che questo
secolo possa affermare di avere su tutti gli altri secoli."
Osservando la prima esplosione atomica al Trinity Test
di New Mexico, il 16 luglio 1945, citò con grande
emozione il verso 11.12 della Gita: "Se migliaia di soli si
trovassero simultaneamente nel cielo, quella luce
sarebbe paragonabile allo splendore di Dio." Citò la
Bhagavad gita anche in un discorso per la morte del
presidente Franklin Roosevelt. Nel 1963, la rivista
Christian Century gli chiese in un'intervista di elencare i
10 libri che avevano esercitato la maggiore influenza
sulla sua ideologia; i primi due furono la Bhagavad gita
(che leggeva nell'originale sanscrito) e il Satakatrayam
di Bhartrihari, e il terzo un'opera di T.S. Eliot nel quale si
parla delle scritture vediche, in particolar modo delle
Upanishad e della Gita.
La Regina Fredricka (1931-1981), studiosa di fisica e
moglie di Re Paolo di Grecia, si recò a Kalahasti a
rendere omaggio al Sankaracharya attirata dal suo libro
sull'Advaita Vedanta. Dichiarò, "La Grecia è il paese
della mia nascita, ma l'India è la nazione della mia
anima."
Savitri Devi (1905-1982), nata Maximiani Portas in
Francia, prese la cittadinanza greca e si dedicò
all'ellenismo, poi viaggiò in India per scoprire le radici
della civiltà ariana, diventando poi famosa nei circoli
nazisti. Era convinta che soltanto l'induismo potesse
opporsi al retaggio giudaico-cristiano. Nel 1939 pubblicò
82
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
Un avvertimento per gli Hindu, in cui segnalava il
pericolo che i musulmani potessero sopraffare gli
induisti in India. Nel 1939 sposò un brahmana bengali,
Asit Krishna Mukherjee; insieme aiutarono Subhash
Chandra Bose a mettersi in contatto con i giapponesi
per sostenere il suo Esercito Nazionale Indiano nella
campagna contro l'occupazione britannica. Scriveva,
"Difendiamo l'induismo perché costituisce l'espressione
stessa dell'India, e amiamo l'India perché è l'India...
L'induismo è veramente superiore alle altre religioni non
per la sua spiritualità ma per una cosa ancora più
preziosa che dà ai suoi seguaci: una visione scientifica
della religione e della vita... Se consideriamo la
conquista dell'Europa pagana da parte del cristianesimo
come decadenza, allora l'intera India induista può
essere paragonata all'ultima fortezza degli antichissimi
ideali, dei primigeni meravigliosi concetti religiosi e
metafisici."
Werner Heisenberg (1901-1976), pioniere della
meccanica quantistica (formulata con Max Born e
Pascual Jordan nel 1925), autore della "teoria
dell'incertezza del principio del quantum", premio Nobel
1932 per il lavoro che divenne la base della scoperta
delle forme allotropiche dell'idrogeno. Alla fine della
guerra venne nominato direttore dell'Istituto Kaiser
Wilhelm per la Fisica e ne curò la riorganizzazione fino
al trasferimento a Monaco nel 1958, quando prese il
nuovo nome di Istituto Max Planck. Fu anche presidente
del
Consiglio
delle
Ricerche
tedesco,
della
Commissione per la Fisica Atomica, del Gruppo di
83
Parama Karuna Devi
Lavoro per la Fisica Nucleare, e della Fondazione
Alexander von Humboldt. Scriveva, "dopo aver parlato
della filosofia indiana, alcune delle idee sulla fisica dei
quanta che erano sembrate così pazze cominciarono
improvvisamente ad avere molto più senso."
Meritano di essere menzionati anche il francese Alain
Danileou, il rumeno Mircea Eliade, e lo spagnolo Juan
Mascarò.
Danielou (1907-1994, conosciuto anche come Shiv
Sharan), autore di molti libri sulla filosofia, religione,
storia e arti dell'India, soprattutto di Virtù, successo,
piacere e liberazione: i quattro scopi della vita nella
tradizione dell'India antica. Visse 15 anni in India per
studiare il sanscrito, venne iniziato a Varanasi da
Karpatraji Maharaja, e fu il primo europeo ad affermare
apertamente di considerarsi induista. Scriveva,
"L'induista vive nell'eternità. E' profondamente
consapevole della relatività dello spazio e del tempo e
della natura illusoria del mondo apparente. L'induismo,
specialmente nella sua forma più antica, quella Shivaita,
non ha mai distrutto il proprio passato... non dogmatico,
permette a ciascuno di trovare la propria strada. I greci
parlavano sempre dell'India come della terra sacra di
Dioniso, e gli storici che lavoravano per Alessandro
parlano chiaramente dei Purana come delle fonti del
mito di Dioniso... Il mito egiziano di Osiride sembra
ispirato direttamente da una storia Shivaita dei Purana,
e in ogni modo gli egiziani del tempo credevano che
Osiride fosse arrivato originariamente dall'India su un
toro (Nandi), il veicolo tradizionale di Shiva."
84
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
Mircea Eliade (1907-1986) nato a Bucarest, poliglotta
(parlava correntemente rumeno, francese, tedesco,
italiano e inglese, e leggeva ebraico, persiano e
sanscrito) e romanziere, si laureò con una lunga tesi
intitolata Yoga: Immortalità e libertà, tradotta e
pubblicata in francese 3 anni dopo. Nel 1928 si recò in
India dove trascorse un lungo periodo di studio
all'università di Calcutta sotto la guida di Surendranath
Dasgupta, autore di una Storia della filosofia indiana, in
5 volumi. Scriveva, "Fin dal tempo delle Upanishad,
l'India si è occupata seriamente di un grande problema la struttura della condizione umana. Con un rigore
sconosciuto altrove, l'India si è applicata all'analisi dei
vari condizionamenti dell'essere umano.
Mascarò (1897-1987) produsse una traduzione della
Bhagavad gita. Scriveva, "La letteratura sanscrita è
grandiosa. Abbiamo le stupende canzoni dei Veda, lo
splendore delle Upanishad, la gloria della Bhagavad
gita, la vastità del Mahabharata, la tenerezza e
l'eroismo del Ramayana, la saggezza delle favole
indiane, la filosofia scientifica del Sankhya, la filosofia
psicologica dello yoga, la filosofia poetica del Vedanta
le leggi di Manu, la grammatica di Panini e gli altri testi
scientifici, la poesia lirica e i drammi di Kalidasa.... La
grandezza della Bhagavad gita è la grandezza
dell'universo, ma proprio come la meraviglia delle stelle
nel cielo si rivela soltanto nel silenzio della notte, le
meraviglia di questo poema si rivela nel silenzio
dell'anima. L'essenza della Bhagavad gita è la visione di
Dio in tutte le cose e di tutte le cose in Dio."
85
Parama Karuna Devi
L'opera di Mascarò costituisce una notevole eccezione
alla profonda ignoranza e cecità intellettuale dimostrata
dai letterati spagnoli, portoghesi e italiani, incapaci di
scrollarsi di dosso i pregiudizi della indologia coloniale come per esempio il crepuscolare Guido Gozzano
(1883-1916) e il fantasioso ma disinformato Emilio
Salgari (1862-1911), che in un certo senso può essere
considerato il nonno della fumettistica. Anche i più
recenti Antonio Tabucchi, Alberto Moravia e P.P.
Pasolini hanno percepito l'India superficialmente e
attraverso densi pregiudizi, dipingendo un quadro triste
di un'India miserabile, priva di cultura e umanità,
condannata a rimanere schiava di un fatalismo
ignorante. Similmente, ai fini della comprensione
dell'autentica tradizione indiana e della saggezza
vedica, rimangono fuorvianti il famoso romanzo
Passaggio in India, di Edward Morgan Forster,
pubblicato per la prima volta in Gran Bretagna nel 1924,
La città della gioia, di Dominique Lapierre (entrambi
adattati per il cinema) e anche il recente film Slumdog
millionaire, diretto da Danny Boyle
Andrew Thomas (1906-2001), fisico e astronomo,
autore di "Non siamo i primi", scriveva, "La struttura
atomica della materia è menzionata nei trattati vedici
chiamati Vaisesika e Nyaya. Lo Yoga Vasistha dice che
ci sono vasti mondi all'interno dell'incavo di ciascun
atomo, numerosi come i puntini in un raggio di sole,
cosa che ora consideriamo vera.... Nei tempi antichi il
giorno era diviso in 60 kala, ciascuno di 24 minuti,
suddiviso in 60 vikala, ciascuno di 24 secondi. Segue
86
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
poi una suddivisione ulteriore di 64 volte in para,
tatpara, vitatpara, ima e infine kashta, che è 1
300milionesimo di secondo. Questo calcolo del tempo è
un ricordo popolare di una civiltà altamente
tecnologica? Senza strumenti sensibili, il kashta non
avrebbe alcun significato. Questo fatto sostiene l'ardita
ipotesi secondo la quale la scienza della fisica nucleare
non è nuova."
Alan Watts (1915-1973), pioniere della popolarizzazione
della conoscenza orientale negli anni 60, autore di La
via dello Zen e Psicoterapia in oriente e in occidente,
scriveva, "Per i filosofi dell'India, la relatività non è una
scoperta nuova, proprio come il concetto di anno luce
non è sorprendente per chi è abituato a pensare in
termini di milioni di kalpa (giorno di Brahma, un periodo
della durata di 4.320.000 anni terrestri).
Fritjof Capra (nato nel 1939), americano di origine
austriaca, fondatore del Center for Ecoliteracy e autore
de Il Tao della fisica, scriveva, "La fisica moderna ha
rivelato che ogni particella subatomica non soltanto
compie una danza di energia, ma è una danza di
energia, un processo pulsante di creazione e
distruzione. La danza di Shiva è l'universo che danza, il
flusso incessante di energia che attraverso una varietà
infinita di schemi, che si fondono l'uno nell'altro. La
scala di questo antico mito è stupefacente; ci sono
voluti più di duemila anni perché la mente umana
arrivasse di nuovo a un concetto simile. Le due basi
della fisica del ventesimo secolo - la fisica dei quanta e
la teoria della relatività - ci costringono a guardare il
87
Parama Karuna Devi
mondo in modo molto simile a come lo vedono un
induista o un buddhista."
Il tedesco Hans Torwesten (nato nel 1944) autore di
Vedanta - il cuore dell'induismo, scrive, "Un gran
numero di famosi fisici e biologi hanno trovato paralleli
tra la scienza e le idee induiste. In America, molti
scrittori come J.D. Salinger, Henry Miller, Aldous
Huxley, Gerald Heard e Christopher Isherwood erano in
contatto con il Vedanta.. dove trovarono una religione
aperta, universale, orientata verso la filosofia, in cui
anche l'intelletto scientifico più acuto può trovare
soddisfazione."
Il canadese Klaus Klostermaier (nato nel 1933),
professore emerito del Dipartimento di Studi Religiosi
all'università di Manitoba in Canada e autore di Breve
introduzione all'induismo. Scrive, "L'induismo si è
dimostrato molto più aperto di qualsiasi altra religione
alle nuove idee, al pensiero scientifico e alla
sperimentazione sociale. Molti suoi concetti sono stati
accettati a livello globale - per esempio la
reincarnazione e la meditazione. Non ci sarebbe da
sorprendersi se diventasse la religione dominante nel
XXI secolo. Sarebbe una religione meno dogmatica del
cristianesimo, meno politicizzata dell'islam, meno eroica
eticamente del buddhismo, ma avrebbe qualcosa da
offrire a tutti... L'induismo non si diffonderà tanto
attraverso i guru e gli swami, ma soprattutto attraverso il
lavoro di intellettuali e scrittori, che hanno trovato
convincenti alcune idee induiste e le hanno abbracciate
come proprie convinzioni personali. L'induismo produrrà
88
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
un numero crescente di scienziati creativi, che
fonderanno consapevolmente o inconsapevolmente le
proprie idee scientifiche e religiose. Tutti noi potremmo
già essere molto più induisti di quanto crediamo."
George Ifrah (nato nel 1947), autore de La storia
universale dei numeri, cita 24 passaggi delle scritture
indiane a sostegno dell'antica conoscenza della
matematica, nota il collegamento tra matematica e
astrazioni metafisiche, ed esalta il carattere scientifico
della lingua sanscrita, sottolineando che samskrita
significa appunto "perfetto, completo, definitivo". Scrive,
"Mille anni prima degli europei, i saggi indiani sapevano
che lo zero e l'infinito sono nozioni reciprocamente
inverse."
Il gallese Brian David Josephson (nato nel 1940),
pioniere della superconduttività e dello studio dei campi
magnetici, sostenitore della possibilità dei fenomeni
parapsicologici, capo del peogetto di Unificazione
Mente-Materia, e premio Nobel 1973 per la fisica, ha
scritto, "il Vedanta e il Sankhya possiedono la chiave
alle leggi della mente e del pensiero che sono collegate
con il campo Quantico, cioè con le funzioni e la
distribuzione delle particelle al livello atomico e
molecolare."
Un altro fisico teorico, il tedesco Bernard Enginger
(1923-2007), aveva preso il nome vedico di Satprem.
Membro della Resistenza francese durante la seconda
guerra mondiale, venne arrestato dalla Gestapo e
passò un anno e mezzo in campo di concentramento,
89
Parama Karuna Devi
poi alla fine della guerra si recò in India dove servì nel
governo coloniale francese a Pondicherry, e dove
scoprì Aurobindo e la Mère. Scriveva, "Quale Dio
sadico ha decretato che dobbiamo avere una sola vita
per realizzarci, e per quale colossale ignoranza l'islam e
il cristianesimo hanno deciso che andremo in paradiso o
all'inferno a seconda delle azioni buone o cattive che
abbiamo compiuto in una singola vita?"
Molti altri occidentali famosi si sono convertiti
ufficialmente all'induismo. Ricordiamo per esempio Ram
Dass (nato Richard Alpert nel 1931) autore di Be Here
Now ("Essere qui e adesso") e discepolo di Neem Karoli
Baba.
Un altro personaggio di primo piano è Satguru Sivaya
Subramuniyaswami (1927-2001), americano di nascita,
editore della rivista Hinduism Today. Scriveva,
"L'induismo è così ampio da avere spazio per i pazzi e
per i santi, per le persone intelligenti e per gli stupidi.
Chiamato la Via Eterna o Sanatana Dharma, non ha
inizio e certamente non avrà fine. Non è mai stato
creato, e quindi non può mai essere distrutto. E' una
religione teocentrica, in cui il centro è Dio, mentre tutte
le altre religione sono centrate sui profeti."
Daya Mata (1914-2010), presidente e sanghamata
("madre dell'associazione") della Self Realization
Fellowship di Los Angeles e della Yogoda Satsanga in
India per 55 anni. Nata Faye Wright in una famiglia di
primo piano nella Chiesa di Gesù Cristo dei Santi
dell'Ultimo Giorno, discendente dai primi pionieri
90
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
mormoni, scrisse Solo amore: vivere la vita spirituale in
un mondo che cambia, Trovare la gioia interiore:
consiglio personale per vivere tenendo Dio al centro, e
Nel cuore silenzioso: creare una relazione d'amore con
Dio.
Swami Kriyananda (nato J. Donald Walters nel 1926),
discepolo di Paramahamsa Yogananda (1893-1952),
ministro della sua chiesa denominata Self Realization
Fellowship, ha scritto oltre 100 libri (tra cui La nuova
Via, Conversazioni con Yogananda e L'essenza della
realizzazione del sé) e composto 400 pezzi musicali.
Parla inglese, italiano, rumeno, greco, francese,
spagnolo, tedesco, hindi, bengali e indonesiano. Nel
1962 lasciò la SRF e fondò Ananda, un movimento
globale di comunità spirituali basate su "vita semplice e
pensiero elevato", dove vivono 1000 residenti a tempo
pieno. Nel 1973 fondò un sistema di istruzione
scolastica chiamato Education for Life ("istruzione per la
vita") basato su un curriculum ecumenico aperto a
studenti di tutte le religioni, e in seguito ha prodotto film
su Francesco d'Assisi e Gesù Cristo.
In contrasto, David Frawley (conosciuto anche come
Pandit Vamadeva Shastri, nome ricevuto da Avadhuta
Shastri), si è concentrato sull'induismo tradizionale,
sull'astrologia vedica, sullo yoga e sull'Ayurveda. E'
stato il primo occidentale a ricevere il titolo di Jyotish
Kovid dal Consiglio Indiano di Scienze Astrologiche nel
1993. Fondatore e direttore dell'American Institute for
Vedic Studies a Santa Fe (New Mexico), è anche
professore alla Hindu University of America a Orlando
91
Parama Karuna Devi
(Florida). Autore di Come sono diventato induista, Alla
ricerca della culla della civiltà, Il mito della teoria
dell'invasione ariana, Induismo: la tradizione eterna,
Yoga e Ayurveda, Yoga tantrico, Guarigione
ayurvedica, Ayurveda e terapia marma, Lo yoga e il
fuoco sacro, Astrologia ayurvedica, L'induismo e lo
scontro delle civiltà, Alzati o Arjuna: l'induismo e il
mondo moderno, Svegliati Bharata: un richiamo per la
rinascita dell'India, auspica lo sviluppo di una nuova
intelligentsia, composta da kshatriya ("guerrieri")
intellettuali addestrati nel dharma vedico ad affrontare le
sfide culturali.
Scrive, "(L'induismo) onora la Terra come la Madre
Divina e ci incoraggia a onorarla e aiutarla a sviluppare
il suo potenziale creativo. Le divinità dell'induismo
pervadono il mondo della natura... non appartengono a
un solo paese o a un libro... Vedo l'induismo come una
religione perfettamente adatta a ogni regione e a ogni
tipo di persona, perché ci chiede di collegarci con la
terra e le sue creature - di allineare il nostro sé
individuale con l'anima di tutti gli esseri attorno a noi."
Vogliamo citare alcuni grandi pensatori tra i nostri
contemporanei che si sono pronunciati apertamente,
con le parole e le azioni, a sostegno dell'enorme valore
della conoscenza vedica, come l'olandese Koenraad
Elst, i francesi Michel Danino e François Gautier.
Michel Danino (nato nel 1956) in Francia da una
famiglia ebrea emigrata dal Marocco, vive in Tamil
Nadu da quasi 30 anni. Autore di L'invasione che non si
92
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
non verificò mai, La mentalità indiana ieri e oggi, La
natura e la tradizione indiana, Sorgete svegliatevi alla
nuova Era dell'India, Kali yuga o l'epoca della
confusione. E' presidente dell'International Forum for
India's Heritage. Scrive, "La cosiddetta New Age degli
anni 60 è debitrice dell'India quanto dell'America, molte
università occidentali offrono oggi ottimi corsi su vari
aspetti della civiltà indiana, e se volete partecipare a un
congresso importante sulla cultura indiana o sulla storia
antica dell'India potreste dover andare negli Stati Uniti,
parecchi fisici non si vergognano di mostrare dei
paralleli tra la meccanica dei quanta e la scienza dello
yoga, gli ambientalisti auspicano il riconoscimento della
nostra profonda relazione con la Natura secondo la
visione indiana del mondo, parecchi psicologi vogliono
imparare dallo studio indiano sulla natura umana, e
l'hatha yoga è diventato molto popolare... La civiltà
occidentale, nemmeno tre secoli dopo la rivoluzione
industriale, sta rimanendo senza fiato. Non ha
direzione, non ha basi sane, non ha valori all'infuori
dell'egoismo e dell'avidità, non ha niente che riempia il
cuore. Soltanto l'India ha conservato qualcosa dei valori
più profondi che fanno umano l'uomo, e il mondo si
rivolgerà certamente ad essi in cerca di un rimedio per
la sua grave malattia... Dall'inizio della tradizione
giudaico-cristiana, l'occidente si è allontanato dalla
Natura e ha cominciato a considerarla come materia
inanimata da sfruttare (un eufemismo per indicare il
saccheggio). Il contrasto con l'antico atteggiamento
indiano è radicale. La tradizione indiana considera la
terra come una dea, Bhumi, e il suo consorte Vishnu, la
93
Parama Karuna Devi
divinità suprema, si incarna di era in era per alleviarla
dal fardello delle forze demoniache... 'Il cielo è mio
padre, mia madre è la vasta terra, la mia famiglia', dice
il Rig Veda (1.164.33)."
Koenraad Elst (nato nel 1959 in Belgio da famiglia
fiamminga), autore di La svastika color zafferano:
decolonizzare la mente induista, Sviluppo ideologico del
risorgimento induista, Negazionismo in India: la storia
nascosta dell'Islam, scrive, "Oggi gli oppositori più
importanti della società induista sono i governanti
dell'India che hanno interiorizzato il colonialismo, l'élite
alienata che ha ricevuto un'istruzione inglese, ha
tendenze di sinistra e proclama sonoramente la propria
'lacità'. Sono queste persone a imporre politiche antiinduiste alla società induista, a mantenere oppresso
l'induismo e a impedirgli di risollevare la testa dopo mille
anni di oppressione...Il più grande tormento per la
società induista di oggi è questa schiavitù mentale,
questo senso di inferiorità che viene inflitto
costantemente allo spirito induista dagli intellettuali di
sinistra attraverso la posizione di potere che occupano
nell'accademia e nei media, e l'influenza diretta in
politica e nella società... La maggior parte degli studiosi
occidentali prende in antipatia l'induismo quando questo
si alza per difendere se stesso. Preferiscono l'induismo
da museo..."
François Gautier (nato nel 1950), analista politico per il
quotidiano francese Le Figaro e difensore del
nazionalismo indiano, autore di Un giornalista
occidentale in India, Riscrivere la storia dell'India,
94
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
Nuova storia dell'India. Scrive, "La spiritualità degli
antichi induisti era assolutamente non settaria.
Settemila anni fa i saggi vedici inventarono il termine
dharma per definire la Legge Universale che avevano
sperimentato dentro di sé su un piano occulto e supraspirituale... L'induismo è probabilmente l'unica religione
al mondo che non ha mai cercato di convertire altri o di
conquistare altre terre per diffondersi come nuova
religione. Non si può dire la stessa cosa di islam e
cristianesimo... O membri dell'intelligentsia indiana! Voi
pensate che leggere l'ultimo bestseller del New York
Times, parlare un inglese raffinato e disprezzare i vostri
connazionali, specialmente chiunque abbia un
collegamento con l'induismo, vi renda intellettuali. In
questo modo non avete soltanto perduto le vostre radici,
avete voltato le spalle a una cultura e a una civiltà che
ha migliaia di anni e ha dato moltissimo al mondo. La
grandezza dell'India è spirituale. Il mondo ha perduto la
verità. Abbiamo perso il Grande Senso, il significato
della nostra evoluzione, il significato di tutta questa
sofferenza, della morte, della nascita... Ma l'India ha
preservato questa verità, attraverso sette millenni di
trappole, genocidi ed errori."
95
Parama Karuna Devi
Lo studio delle scritture vediche
nella storia dell'India
Nel capitolo precedente abbiamo visto come la
conoscenza vedica sia stata sistematicamente
aggredita e indebolita dalle invasioni subite dall'India nel
corso dei secoli, e come ancora oggi quegli effetti
negativi si facciano sentire sull'immagine che gli indiani
hanno dei Veda e della tradizione induista. Il problema
più serio è il complesso di inferiorità culturale della
maggioranza degli indiani in generale e soprattutto degli
induisti.
Un sintomo importante è l'uso ingenuo di definizioni che
contengono un significato negativo, come "idolo",
"mitologia", "leggenda", "storie", che di norma quasi tutti
gli induisti utilizzano correntemente per riferirsi alle
immagini sacre e all'agiografia induista mentre non si
sognerebbero mai di applicarli agli equivalenti cristiani o
musulmani. Altre definizioni che comunicano un
significato distorto, che sminuisce il senso originario,
sono per esempio "veggente" per indicare un rishi e
"incantesimo" o "litania" per indicare un mantra.
Ugualmente sintomatico è l'uso - specialmente da parte
di chi vuole passare per "intellettuale" - di definizioni di
origine tipicamente cristiana per riferirsi a concetti
96
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
induisti che hanno però significati molto diversi: per
esempio "pontefice" per indicare un acharya, un
mahanta o un guru, "monaco" per indicare un
brahmachari o un sannyasi, "prete" per indicare un
brahmana o un pujaka, e "casta" per indicare sia varna
che jati e kula.
In realtà queste parole sanscrite non hanno una
traduzione precisa nelle lingue occidentali, perché si
tratta di concetti molto specifici - come anche le parole
yoga, ashrama, dharma e karma, che richiederebbero
parecchie righe di spiegazione per essere tradotte
adeguatamente, e quindi sono generalmente lasciate
nella forma originaria, tanto che sono entrate
ufficialmente nel vocabolario di altre lingue.
In occidente molti studiosi di induismo e cultura vedica
hanno infatti già adottato i termini originari - come guru,
acharya, brahmana, sannyasi, brahmachari, pujaka,
varna ecc - ma stranamente gli indiani stessi mostrano
un maggiore attaccamento per le cattive traduzioni
inglesi, che ai loro occhi sembrano conferire un'aura di
rispettabilità ai concetti indiani.
Continua a resistere inoltre, anche se in misura minore,
l'obsoleta anglicizzazione della grafia dei termini
originari quando vengono scritti in caratteri occidentali,
come hindoo, pooja, mutt, teertha, sreeman e così via,
e l'uso non necessario di termini ed espressioni inglesi
all'interno di conversazioni in hindi, anche da parte di
persone che non hanno praticamente alcuna
conoscenza della lingua inglese, e persino da parte di
97
Parama Karuna Devi
persone che osteggiano apertamente l'uso dell'inglese
in quanto "retaggio coloniale" e vogliono imporre l'uso
dell'hindi su tutto il territorio indiano e nei contatti con
stranieri allo scopo di sottolineare la loro dedizione alla
causa del nazionalismo indiano.
Ancora più significativo è il riferimento frequente all'idea
secondo cui tutte le religioni sarebbero ugualmente
valide (sarva dharma samabhava) e quindi un induista
che non afferma di apprezzare Bibbia, Vangeli e Corano
viene guardato con sospetto o addirittura apertamente
accusato di fondamentalismo indù, mentre nessuno si
aspetta che cristiani e musulmani affermino di
apprezzare le scritture vediche tanto quanto le proprie
scritture, o anche soltanto di riconoscere l'autenticità e
la legittimità delle scritture vediche o della tradizione
induista.
Si crea così una situazione paradossale in cui insultare
apertamente e pubblicamente le scritture vediche
costituisce un legittimo esercizio della libertà di
religione, mentre difenderle costituisce un crimine e una
dimostrazione di intolleranza, se non addirittura un atto
di incitamento all'odio e alla violenza. La stragrande
maggioranza degli induisti si sente quindi in dovere di
lodare abbondantemente le scritture cristiane e
islamiche, anche senza averne alcuna conoscenza.
Così Shirdi Sai Baba, il Brahmo Samaj, l'Arya Samaj,
Ramana
Maharshi,
Paramahamsa
Yogananda,
Ramakrishna, Vivekananda e molti altri dopo di loro
hanno sentito e sentono tuttora il bisogno di convalidare
98
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
la propria posizione ideologica con frequenti citazioni,
riconoscimenti, apprezzamenti e lodi per l'ideologia
cristiana. Rare eccezioni sono per esempio Swami
Dayananda Sarasvati della Arsha Vidya Gurukulam e
Pejawar Visvesha Tirtha Swami.
Sempre a causa del senso di subordinazione verso
l'ideologia abramica, non solo in India ma a livello
globale si è diffusa l'idea che la forma più
rappresentativa di conoscenza e cultura vedica o
induista sia il monismo, talvolta modificato in modo
drastico verso l'impersonalismo, che riusciva più
digeribile agli iconoclasti islamici e cristiani protestanti, i
quali tuttora trovano addirittura diabolica la tradizione
dell'adorazione delle forme visibili e specialmente
pluralistiche della divinità - una posizione iconoclasta
purtroppo assorbita e portata avanti dall'Arya Samaj.
L'unica forma "personalista" di induismo tollerata da
questa tendenza ideologica di tipo coloniale è il
Vaishnavismo, specialmente presentato come un
monoteismo assoluto concentrato su un Dio di genere
maschile, spesso identificato con il Dio della Bibbia e
del Corano. In questo contesto il Vaishnavismo Gaudiya
presenta Chaitanya come incarnazione divina nei panni
di una figura profetica equivalente alla figura di Gesù
Cristo per il cristianesimo.
E' bene ricordare questo fatto quando si osserva che la
maggior parte delle presentazioni della conoscenza
vedica attualmente disponibili al pubblico sono state
prodotte da colonialisti di fede o comunque di origine
99
Parama Karuna Devi
cristiana, da monisti “impersonalisti” o da vaishnava
monoteisti istituzionalizzati in forma ecclesiale.
Vedremo più avanti nel capitolo in che modo l'attuale
Risorgimento induista si sta sforzando di superare
queste limitazioni, che risultano dannose ai fini della
comprensione dell'autentica e originaria conoscenza
vedica.
Un altro sintomo del complesso di inferiorità culturale
induista è l'accettazione passiva di concetti negativi non
verificati, come l'idea che la tradizione vedica abbia
dato origine ai cosiddetti social evils ("mali sociali")
dell'India, come il maltrattamento delle donne, il
maltrattamento delle "caste basse" e dei "fuoricasta",
generalmente conosciuti come "dalit" (letteralmente
"oppressi,
calpestati") e "paria" (letteralmente
"emarginati") e l'opposizione al progresso scientifico o
culturale. Purtroppo a causa di un'ignoranza molto
diffusa parecchi induisti hanno fatto propri tali concetti
negativi e li vanno propagando e difendendo come se si
trattasse di autentici insegnamenti vedici della
cosiddetta "antica tradizione", senza però mai essere in
grado di citare i passaggi appropriati dalle scritture
originarie - per il semplice fatto che non ne esistono.
Come abbiamo visto, la propaganda dei missionari
cristiani e di una certa letteratura colonialista ha dipinto
l'induismo a tinte fosche, citando per esempio
l'immolazione delle vedove sulla pira funebre del marito;
è famosa la storia descritta da Jules Verne nel suo Il
giro del mondo in 80 giorni, dove l'eroe britannico
Phineas Fogg salva una giovane donna indiana che
100
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
stava appunto per essere uccisa in quel modo. Tale
propaganda attribuisce alla tradizione vedica anche i
matrimoni di convenienza "organizzati" o forzati,
l'infanticidio femminile, il matrimonio di minorenni anche
in età molto giovane, e una sorta di prostituzione
collegata con i templi.
Tutto ciò non è affatto prescritto dalla cultura vedica, né
dai testi originari né dai commentari, e nemmeno
dall'etica generale sulla quale si basa la loro
applicazione pratica. E' vero però che in India sotto la
dominazione musulmana le donne non sposate si
trovavano in una condizione svantaggiata e difficile, in
quanto erano maggiormente esposte al pericolo di
sfruttamento sessuale da parte dei dominatori. Spesso
le vedove dei guerrieri caduti sul campo di battaglia
sceglievano il suicidio di massa (jauhar) piuttosto che
l'inevitabile stupro e in seguito le sofferenze della
schiavitù; per questo stesso motivo i guerrieri di una
roccaforte assediata si preparavano alla battaglia
vestendo i panni color zafferano del sannyasi.
Nella civiltà vedica una donna che alla morte del marito
provava un travolgente senso di perdita, si considerava
priva del sostegno e della protezione di cui aveva
bisogno, e non desiderava più continuare a vivere in
quella condizione, poteva scegliere liberamente di
suicidarsi per riunirsi immediatamente all'anima del
marito e seguirlo nella sua destinazione successiva, sui
pianeti superiori o in una nuova incarnazione terrestre.
Anche nella tradizione occidentale non mancano gli
esempi di tali sentimenti - la loro espressione più
101
Parama Karuna Devi
famosa è quella di Giulietta e Romeo nella bellissima
tragedia di William Shakespeare. Questi sentimenti si
possono osservare persino tra gli animali, che talvolta si
lasciano morire quando perdono il compagno o la
compagna di una vita.
Tale scelta è condannata severamente dall'ideologia
cristiana, che la considera un grave peccato meritevole
dell'inferno eterno a prescindere dalle circostanze che
l'hanno ispirata, ma è considerata legittima nell'etica
vedica secondo la quale la morte non è che un normale
fatto della vita, un semplice passaggio da
un'incarnazione a un'altra lungo un percorso di
evoluzione personale. Nel sistema ideologico vedico
non esiste un inferno eterno e nessuno ha l'autorità per
sindacare ciò che un'altra persona fa del proprio corpo.
In base a queste considerazioni il suicidio (sia di donne
che di uomini) non è condannato, benché non sia
nemmeno incoraggiato e tantomeno prescritto. E
certamente non viene autorizzato il falso suicidio, cioè
l'omicidio fatto passare come suicidio sulla base di
pressioni sociali o culturali o addirittura commesso
usando la forza.
Nella cultura vedica il fattore fondamentale non è la
morte in sé (passaggio comunque inevitabile e spesso
liberatorio) bensì il tipo di consapevolezza che la
persona ha al momento della morte, come è confermato
per esempio nella Bhagavad gita (8.6). L'intera vita
umana è un corso di preparazione al momento della
morte, che deve dunque essere affrontato con il
massimo rispetto e la massima attenzione per
102
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
assicurare una nascita favorevole nell'incarnazione
successiva.
Solo recentemente nei paesi occidentali questo tipo di
prospettiva sta cominciando a venire compresa e
apprezzata, per esempio da coloro che si oppongono
all'accanimento terapeutico su pazienti in condizioni
disperate e irreversibili, specialmente quando il paziente
stesso esprime la volontà di essere lasciato morire in
modo sereno e dignitoso.
In ogni caso, come abbiamo già menzionato, la scelta
dell'abbandono volontario del proprio corpo non viene
mai suggerita o prescritta dalla tradizione vedica, e nei
testi originari ne sono descritti solo pochissimi casi - per
esempio quello di Sati la sposa di Shiva, che decise di
lasciare il proprio corpo come atto di protesta contro il
comportamento offensivo del proprio padre Daksha
contro di lei, motivato dalla sua scelta di sposare Shiva.
Il suicidio di Sati, compiuto suscitando il fuoco interiore
presente nel corpo e utilizzandolo per consumare il
corpo stesso, era dunque un rifiuto del legame con il
corpo fisico di cui Daksha poteva accampare la
paternità, dato che Sati considerava ormai Daksha una
persona indegna, con la quale non voleva avere più
nulla a che fare.
L'ignoranza popolare alimentata dalla propaganda
distorta del colonialismo ha collegato questa scelta
radicale di Sati con l'idea della vedova che si immola o
peggio che viene immolata sulla pira funebre del marito,
identificandola appunto con il nome di sati 103
Parama Karuna Devi
dimenticando che il suicidio di Sati non aveva nulla a
che vedere con la vedovanza, in quanto Shiva non era
affatto morto. Anzi, sappiamo da parecchie descrizioni
puraniche di questo famosissimo episodio che, alla
notizia della morte della sua sposa, Shiva venne preso
da una grande collera e si precipitò sul posto,
prendendo il cadavere della moglie tra le braccia, e
pensò subito a come punire l'offensore che aveva
provocato quel gesto così drastico.
Altri esempi di autoimmolazione sono descritti a
proposito di yogi realizzati (sia maschi che femmine) e
tapasvi (asceti), che abbandonano l'involucro corporeo
esattamente nel modo usato da Sati e in circostanze
scelte in modo consapevole e deliberato, ma mai
dettate dalla disperazione e dalla paura come succede
di solito con i suicidi ordinari. Questo conferiva dignità e
gloria all'azione, che trascendeva l'identificazione con
un particolare corpo materiale e offriva l'opportunità
della liberazione o comunque di una nascita migliore.
Alla luce di queste considerazioni possiamo
comprendere meglio il motivo per cui durante il tardo
medioevo indiano, sotto la dominazione islamica,
alcune donne induiste preferivano togliersi la vita alla
morte del marito, anche perché quest'azione
scoraggiava coloro che potevano pensare all'uccisione
del marito di una donna attraente come a un facile
espediente per costringerla a entrare a far parte del
proprio harem, cosa che era accaduta spesso
inizialmente.
104
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
Seguendo considerazioni di natura simile, i padri di
famiglia si affrettavano a ufficializzare il matrimonio
delle loro figlie ancora molto giovani per garantire loro
una maggiore protezione, poiché secondo la legge
islamica una donna sposata appartiene al marito (anche
se questi è di condizione sociale molto bassa) ed è più
difficile acquisirla per l'harem di un altro uomo.
Mentre dalle descrizioni puraniche vediamo che nella
società vedica le ragazze si sposano dopo aver
raggiunto l'età "da matrimonio", in cui provano il
desiderio di unirsi a un uomo e avere figli, scegliendo
loro stesse il futuro marito, e non si trova neppure un
solo accenno a un matrimonio in età pre-pubescente, il
sistema islamico presenta ancora oggi come
perfettamente morale il matrimonio organizzato o
forzato di una ragazza pre-pubescente, seguendo per
esempio il modello offerto da Maometto stesso, che
all'età di 52 anni sposò Ayesha, una bambina di 6 anni
di età. Nel Tahrirolvasyleh dell'Ayatollah Khomeini
(volume IV, pubblicato nel 1990), troviamo addirittura la
seguente affermazione: "Non è illecito per un maschio
adulto avere una relazione sessuale con una bambina
che è ancora nell'età dello svezzamento."
Poiché secondo la logica musulmana è normale che
una donna sposata sia tenuta nascosta in casa sotto lo
stretto controllo del marito, le famiglie induiste che
facevano sposare le loro figlie in giovanissima età
potevano mantenere le ragazze fuori vista per meglio
proteggerle.
105
Parama Karuna Devi
Le brahma vadini, le devadasi e le ganika, "donne
indipendenti" che erano state molto rispettate nella
società vedica, si trovarono invece più esposte al
pericolo sotto le nuove norme sociali imposte dal
governo islamico, perciò la loro tradizione scomparve,
lasciando il posto alla semplice prostituzione, spesso
forzata.
Il sistema legale della sharia, introdotto in India durante
la dominazione musulmana e solo parzialmente abolito
dal regime britannico, limita fortemente i diritti delle
donne, tra cui il diritto di proprietà e di eredità, nonché il
diritto di testimonianza in tribunale. Per esempio,
secondo la sharia una donna che sia stata stuprata
deve portare a proprio sostegno più di un testimone
maschio in modo da poter avere più peso rispetto alla
parola dello stupratore che nega il fatto, altrimenti viene
sottoposta a crudeli punizioni corporali (compresa la
lapidazione) per il reato di adulterio, come spesso si
sente nelle notizie internazionali. Se poi la donna e i
testimoni a suo favore sono non-musulmani, il numero
necessario sale addirittura a quattro. Questo sistema di
legislazione si può osservare ancora oggi nei paesi che
hanno un governo islamico, come in Arabia saudita, e i
suoi testi di riferimento al riguardo dei diritti delle donne
possono essere consultati su molti siti internet.
Molti, persino tra gli induisti, credono che il purdah, cioè
la segregazione delle donne e l'obbligo per le donne di
rimanere completamente coperte o comunque "il più
coperte possibile" in pubblico, sia una regola morale
caratteristica dell'induismo. E' facile sfatare questo mito
106
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
semplicemente visitando uno dei pochi templi
sopravvissuti tra quelli che erano stati costruiti e
decorati prima delle invasioni musulmane, e leggendo le
narrazioni di Purana e Itihasa. Più antichi sono i templi,
più vi si trovano numerose raffigurazioni di donne
vestite in modo molto scarso: chiunque vi può osservare
l'esaltazione gioiosa e serena della bellezza e della
gloria del corpo umano come un valore religioso in sé
stesso. E non si tratta semplicemente di raffigurazioni di
visitatrici o danzatrici, ma anche di officianti, raffigurate
nell'atto di sventagliare la Divinità o di offrirle vari articoli
di adorazione, e persino delle Divinità femminili stesse,
che si mostrano maestose e splendide nelle loro forme
fisiche. Qualcuno potrebbe obiettare che le Divinità
sono scolpite con pochi vestiti perché il metodo di
adorazione comprende appunto l'offerta di stoffe come
abbigliamento, ma anche una veloce verifica mostrerà
che l'immagine scolpita è già raffigurata non soltanto
con alcuni abiti (che non nascondono molto), ma
addirittura con un'abbondanza di ornamenti, compresa
la corona. Le immagini di Divinità femminili realizzate
dopo la dominazione musulmana e britannica sono
invece modellate come una specie di blocco monolitico
in cui l'abito copre e nasconde completamente la figura.
I termini tecnici che definiscono questi paradigmi sono
laukika sraddha o "credenza popolare" priva di valore
effettivo in quanto opposta a shastra pramana, cioè
"fondamento scritturale" autorevole.
Un'altra di queste sciocche credenze afferma che le
ragazze o donne induiste, specialmente quelle di buona
107
Parama Karuna Devi
famiglia, non debbano ricevere alcuna istruzione
culturale o professionale, così che restino più "fedeli e
obbedienti" al marito e ai suoceri in quanto totalmente
dipendenti da loro, invece di "farsi venire grilli per la
testa" per quanto riguarda la propria posizione in
famiglia e in società, mentre dovrebbero preoccuparsi
soltanto di sfornare un numero sufficiente di figli maschi.
Anche questa idea, decisamente offensiva nei confronti
delle donne, si è infiltrata nella massa di pregiudizi della
gente ignorante senza aver alcun fondamento nella
Tradizione vedica autentica. Anzi, nelle scritture
originarie e specialmente nel tanto misconosciuto Kama
sutra leggiamo che le ragazze, specialmente quelle di
buona famiglia comprese le principesse, venivano
incoraggiate ad apprendere ben 64 arti, grazie alle quali
avrebbero potuto far prosperare la propria casa e
persino procurarsi delle entrate indipendenti in caso di
vedovanza o di difficoltà finanziarie del marito e della
famiglia di adozione - come il testo specifica
esplicitamente.
Tali arti comprendevano lo studio delle lingue straniere,
la gastronomia e l'arte culinaria, la medicina, il
giardinaggio, la preparazione di conserve bevande
profumi olii ed estratti medicinali, l'arte del taglio e
cucito per abiti, la tintura di stoffe e vari altri materiali,
l'oreficeria e la creazione di gioielli, la capacità di
valutare gemme e metalli, la chimica e la mineralogia, la
metallurgia e la conoscenza dei processi minerari, la
creazione di ornamenti floreali sia per la persona che
per gli ambienti, la creazione di turbanti e acconciature
108
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
di vario tipo, l'arte del tatuaggio, l'arte del servizio alla
Divinità, l'arte di confezionare rosari e decorazioni
religiose, le arti magiche (cioè tantriche), gli incantesimi
e le pozioni magiche, i linguaggi e i codici cifrati, l'arte
del travestimento, la decorazione di interni, il mosaico,
la gestione di cisterne per l'acqua e di magazzini, il
canto, la danza, le arti teatrali, la pittura, la scultura e
tutte le arti figurative, la poesia e le varie arti letterarie,
l'addestramento e la cura di animali da compagnia,
l'arte di fabbricare giocattoli, le arti marziali e la strategia
militare, l'architettura, la falegnameria e l'ebanisteria,
l'economia domestica e la contabilità, il gioco d'azzardo,
la psicologia specialmente di coppia, la sociologia,
nonché le varie arti sessuali.
Le scritture originarie chiariscono che le donne esperte
in queste arti e scienze sono immensamente rispettate
nella società anche se vivono da sole in modo
indipendente; grazie alle loro capacità personali
ottengono posti d'onore nelle assemblee cittadine,
vengono lodate dalle persone rispettabili e riescono a
superare qualsiasi crisi personale o familiare.
In aggiunta a queste capacità professionali indipendenti,
le donne sposate possono normalmente partecipare in
modo diretto alle attività professionali del marito.
Famoso è l'esempio della regina Kaikeyi, che
combatteva normalmente su un proprio carro
nell'esercito del regno di Ayodhya e che durante una
battaglia intervenne a respingere i grandi guerrieri che
avevano colpito il re Dasaratha facendolo cadere privo
di coscienza. Dopo aver sconfitto e messo in rotta i
109
Parama Karuna Devi
generali dell'esercito nemico, Kaikeyi raccolse il corpo
esanime del marito, lo caricò sul proprio carro e lo portò
al sicuro salvandogli così la vita: per questa azione
Dasaratha le promise di ripagare il debito
soddisfacendo qualsiasi sua richiesta. Similmente le
spose di brahmana e vaisya erano libere di partecipare
direttamente alle attività professionali di famiglia qualora
lo desiderassero.
La nozione ignorante per cui alle donne deve essere
negata ogni istruzione, anche la più elementare,
specificamente allo scopo di rendere loro impossibile
guadagnarsi da vivere onestamente in modo
indipendente, porta ovviamente le persone degradate a
credere che la nascita di una bambina debba essere
considerata una disgrazia piuttosto che un lieto evento
come nel caso di un bambino (maschio). Nei casi più
estremi tale disapprovazione da parte della famiglia
arriva a gravi forme di trascuratezza nei confronti della
bambina durante tutta l'infanzia, se non addirittura
all'infanticidio o al feticidio qualora l'ecografia riveli che il
nascituro è di sesso femminile.
Queste idee non trovano alcun riscontro nei testi vedici
né in forma teorica né in forma pratica, anzi, gli
insegnamenti dei Veda hanno un orientamento
completamente diverso, e nelle scritture non esistono
assolutamente accenni a casi di infanticidio femminile o
di maltrattamento verso bambine o ragazze, o anche
verso donne adulte. Anzi, secondo le scritture vediche
una donna o un brahmana non possono mai essere
soggetti a punizioni corporali o maltrattamenti di alcun
110
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
genere, anche qualora vengano effettivamente
riconosciuti colpevoli di qualche crimine vero e proprio.
A parte essere rispettate come manifestazioni visibili del
Divino Femminile, nella letteratura vedica le donne sono
descritte come controparti perfettamente equivalenti agli
uomini.
La Saunaka Samhita dell'Atharva Veda (10.8.27)
afferma, tvam stri tvam pumanasi, "tu (cioè
l'incarnazione dell'atman/ brahman) sei donna e anche
uomo", e stri pumsau brahmano jatau striyah brahma
utha bhavana, "sia le donne sia gli uomini sono nati dal
medesimo Brahman - le donne sono manifestazioni
dell'Essere Supremo e tali sono anche gli uomini"
(Atharva Veda Paippalada Samhita 8.9.11). Il
Mahanirvana tantra (8.47) insegna che una figlia
dev'essere allevata ed educata con le stesse
opportunità che vengono offerte ai figli maschi. Nella
civiltà vedica non esiste discriminazione fra figli e figlie:
il Rig Veda (8.31.8) offre la descrizione di una famiglia
benedetta da Indra con figli sia maschi che femmine.
E' vero che le scritture vediche non costringono
nessuno ad impegnarsi al di sopra delle proprie
possibilità e dei propri desideri, e che quindi nella civiltà
vedica una donna può scegliere di occuparsi
semplicemente della famiglia, dei figli, del marito, della
casa e del proprio aspetto fisico senza essere tenuta a
svolgere altre attività, ma queste occupazioni non
costituiscono una limitazione obbligatoria o un dovere
prioritario o assoluto.
111
Parama Karuna Devi
Secondo l'Harita Dharmasutra, appartenente alla scuola
Maitrayaniya dello Yajur Veda, le donne possono
essere classificate in due tipi: (dvi vidha striyah, brahma
vadinyah sadyovadhvas ca, tatra brahmavadini nam
upanayana magnindhanam svaghre bhikshacharyeti).
La prima categoria di donne menzionate in questo
Dharma sutra è quella delle brahma vadini, coloro che
scelgono di dedicare la propria vita allo studio, alla
pratica e all'insegnamento della conoscenza vedica e
della realizzazione del Brahman. A queste donne
trascendentali e spiritualmente potenti non era richiesto
di sposarsi e allevare figli, sebbene non ci fosse
nessuna regola che proibisse loro di farlo, magari anche
in un secondo tempo. La tradizione porta gli esempi di
Visvavara, Ghosha, Sikata, Nivavari, Apala e Visvavara
della famiglia di Atri, Angirasi Sarasvati della famiglia di
Angirasa, Yami Vaivasvati, Sraddha, Ghosha, Surya,
Indrani, Urvasi, Sarama, Juhu e Paulomi Saci, che
sono associate con i mantra del Rig Veda.
Un'altra famosa brahma vadini, Lopamudra, era
rinomata per la sua padronanza del sanscrito e del
tamil. Il significato del suo nome è "persona
completamente assorbita nel Sé" e la troviamo nella
categoria delle Brahmavadhini Rishi-patni, poiché
divenne la sposa di Agastya Rishi. Due mantra del Rig
Veda (1.179.1-2) sono attribuiti a lei. Si dice che alcuni
studiosi Vedici intitolarono le loro opere al nome delle
loro spose o figlie, come nel caso del testo di commento
al Vedanta chiamato Bhamati e del testo matematico
chiamato Lilavati. Non possiamo nemmeno escludere la
112
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
possibilità che tali testi siano stati effettivamente scritti o
composti dalle donne da cui hanno preso il nome, in
quanto non esiste documentazione specifica degli autori
per tali testi.
I Rig Veda sukta 10-134, 10-39,10-40, 10-91, 10-95,10107,10-109,10-154,10-159,10-189 sono esplicitamente
femminili di origine; il libro 14 dell'Atharva Veda e varie
sezioni in numerosi altri libri sono attribuiti alle Rishikas,
o "Rishi femmine". Il Vac sukta (Rig Veda 10.125) che
riguarda nientemeno che la rivelazione stessa dei Veda
è attribuito alla Rishika Vagambhrina. L'intero 14° libro
dell'Atharva Veda, che riguarda i rituali domestici, il
matrimonio ecc. è attribuito a una Rishika. Molte parti
degli altri 19 libri sono attribuite a donne, e i rituali che
descrivono sono denominati in particolare strikarmani,
ovvero rituali celebrati specificamente dalle donne.
I testi rituali dei Veda elencano le Rishika a cui
dev'essere offerto omaggio durante lo studio dei testi
divini - come ad esempio l'Ashvalayana Grhyasutra
(3.4.4) e il Shankhayana Grhyasutra (4.10) che
enumerano guru vedici di genere femminile, come
Sulabha Maitreyi and Vadava Prathiteyi.
Alcuni testi Vedici citano donne come autorità sulle
minuzie dei rituali Vedici; ad esempio l'Aitareya
Brahmana 2.9 cita l'opinione di Kumari Gandharvagrihita sul rituale dell'Agnihotra (la celebrazione
quotidiana del sacrificio del fuoco).
Alcuni testi sono in particolare destinati per la
recitazione da parte di donne, come i mantra del
113
Parama Karuna Devi
Madhyandina Yajurveda (5.17, 3.44-45 ecc), gli
Apastambha dharmasutra (2.2.29.11-15) e gli Srauta
sutra sui riti Vedici. Anche molti mantra dallo Yajur
Veda (per esempio sukla 5.17) sono specificamente
intesi per essere recitati da donne. Anche quando gli
uomini recitavano gli altri sloka, la presenza delle donne
era data per scontata: la recitazione del Sama Veda è
fatta per essere accompagnata dalla musica degli
strumenti suonati da donne. Nella Kena Upanishad,
Uma Brahmavidya appare per dissipare l'ignoranza di
Indra con i suoi insegnamenti: Adi Shankara
evidentemente considerava questo discorso molto
importante, in quanto scrisse ben due commentari
diversi e successivi su questo singolo testo.
Le ragazze dette brahma vadini si sottoponevano
proprio come i ragazzi al voto di brahmacharya e
all'upanayana samskara iniziando l'esecuzione dell'agni
hotra (sacrificio del fuoco quotidiano) e del vedaadhyayana (studio quotidiano delle scritture vediche) a
un'età molto giovane, con l'unica differenza che a causa
della loro costituzione fisica generalmente più delicata,
alle fanciulle non era richiesta l'osservanza delle rigide
regole di austerità previste per i maschi. Perciò era loro
permesso di risiedere durante il periodo del brahma
acharya nella casa del padre o di altri parenti, ricevendo
un'educazione privata e ottenendo la bhiksha (elemosina rituale) dai membri della famiglia piuttosto che da
persone estranee. Ciò è confermato anche da un antico
testo (ora perduto) citato da altri commentatori/ scrittori
con il titolo di Yama-dharmashastra.
114
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
E' importante però sottolineare che ciò non costituiva un
limite o un obbligo, o una regola rigida. Ancora in epoca
post-vedica, Panini scriveva che le donne frequentano
scuole vediche chiamate charana (4.1.63) e che a volte
risiedono anche in ostelli o chhatri-sala (6.2.86) per
proseguire gli studi. Secondo il grammatico Katyayana
(4.1.14, 6.1.92), che visse dopo Panini, una di queste
scuole era molto famosa per l'insegnamento del
sistema grammaticale di Apisali, un insigne grammatico
vissuto prima di Panini. Nel suo Mahabhasya (2.206)
Patanjali menziona una scuola dove le studentesse
imparano la filosofia Mimamsa e fa una distinzione fra
studentesse principianti e studentesse avanzate definite
rispettivamente dai termini adhyetri e manavika (4.193,
2.249).
Quando sceglievano di sposarsi, le brahma vadini
cercavano uomini ugualmente dedicati alla coltivazione
della conoscenza e della pratica spirituale. Alcune
famose Rishi patni, rispettate e famose almeno quanto i
loro sposi, furono Romasa la sposa di Svanya, Anasuya
la sposa di Atri, Maitreyi la sposa di Yajnavalkya,
Arundhati sposa di Vasistha, Vasukra patni, Ghosha e
così via. E proprio come gli uomini, queste brahma
vadini avevano la possibilità di attraversare anche gli
altri ashrama tradizionali nella vita umana, fino al livello
dell'ordine di rinuncia totale o sannyasa.
Si dice che Gargi raggiunse la perfetta realizzazione
nello stadio del brahmacharya, Chudala nel grihastha
ashrama, Maitreyi nello stadio del vanaprastha, e
Sulabha yogini come sannyasini. Questa Sulabha
115
Parama Karuna Devi
bhikshuni ("mendicante sacra") era celebre per la sua
vasta e profonda conoscenza del Mahabharata.
Secondo la tradizione vedica la seconda categoria di
donne, chiamate sadhya vadhu, include le persone
ordinarie che semplicemente aspirano ad essere donne
di casa e madri. Possono essere non particolarmente
erudite o austere, ma ciò nonostante sono molto
rispettate, proprio per il ruolo educativo che hanno sui
figli e per il sostegno e le cure che offrono a tutti i
membri della famiglia e del clan. A differenza del regime
di segregazione islamico, per esempio, le ordinarie
donne sposate nella società vedica hanno totale libertà
di movimento e possono mostrarsi in pubblico sole o
accompagnate per partecipare a varie funzioni sociali,
religiose o culturali, o anche per fare acquisti o visitare
luoghi piacevoli o interessanti. Esistono molte
descrizioni sia scritturali che storiche al proposito.
Rimane però fermo per tutti il concetto di fedeltà al
proprio dovere come base stessa della religione, per cui
le donne vediche dedicate alla famiglia e alla casa
danno la priorità a questi impegni, anche nel caso in cui
la prosperità finanziaria permetta loro di mantenere dei
servitori e delle servitrici, che la signora di casa deve
supervisionare nel loro lavoro. Grazie alla piacevolezza
e alla comodità delle strutture abitative tradizionali
vediche, fornite di ampi giardini e orti, cisterne per
l'acqua, magazzini e laboratori per la produzione
casalinga di vari beni, una madre di famiglia non ha
bisogno di lasciare la casa per adempiere perfettamente
ai propri doveri. Nella società vedica i commercianti e i
116
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
prestatori indipendenti di servizi (come astrologi,
chiromanti, medici, artisti ecc) sono di norma ambulanti
e vanno di casa in casa a presentare le loro mercanzie
e i loro servigi per la comodità degli acquirenti. Non ci
sono regole che impediscano alle donne di interagire
con i commercianti anche maschi, e per questo motivo
le donne di famiglia benestante non hanno bisogno di
esporsi alla scomodità e alla fatica di dover uscire di
casa per sbrigare le loro faccende o per dedicarsi ai
piaceri dello shopping, dell'intrattenimento o della
cultura popolare.
Le madri di famiglia ordinarie, dette sadhya vadhu, sono
incoraggiate a partecipare direttamente a tutti i rituali
religiosi come Guardiane del Dharma, mentre gli uomini
sono esclusi dalla partecipazione ad alcuni specifici
rituali domestici.
Questa posizione di grande importanza della donna
all'interno
del
sistema
religioso
familiare
è
simboleggiata dall'antica tradizione del marito che
cammina dietro la sposa attorno al fuoco sacro durante
la cerimonia del matrimonio, abitudine che è ancora
viva in Orissa, insieme ad una forte tradizione di
devozione alla Dea Madre, nonostante gli invasori
abbiano fatto molti sforzi per demolirla, sia con
legislazioni oppressive verso le donne che con la
distorsione dei concetti vedici o addirittura con la
distruzione fisica dei testi sull'argomento e degli
insegnanti qualificati che sostenevano la versione
originaria e autentica.
117
Parama Karuna Devi
I brahmana noti per la loro erudizione ed esperienza
nello studio delle scritture furono presi particolarmente
di mira durante la conquista islamica dell'India: di norma
venivano massacrati oppure spogliati dei loro simboli
distintivi e costretti a lavorare in occupazioni manuali
estremamente faticose, pericolose e degradanti come la
rimozione degli escrementi e delle immondizie o il
servizio personale ai conquistatori.
Per fare un piccolo esempio, nel breve periodo
dell'anno 1393, un solo governante tra i tanti, Sultan
Sikander But-Shiken, fece sparire circa 80mila
brahmana: il numero delle vittime può essere calcolato
sulla base degli 80 chili di filo sacro da lui raccolti
eliminando coloro che lo indossavano, tenendo conto
che un filo sacro pesa circa 1 grammo. Le cronache di
un altro Sultan islamico in India, Amir Shamasu'd-Din
Iraqi, affermano apertamente che ogni giorno da 1500 a
2000 brahmana venivano condotti al suo palazo, dove
veniva loro tolto il filo sacro, venivano circoncisi a forza
e costretti a mangiare carne di mucca. Se i poveretti
osavano tornare alla loro antica fede venivano
massacrati immediatamente insieme alle loro famiglie e
ai loro seguaci.
Purtroppo in India i testi delle cronache musulmane
sono difficilmente accessibili, perché la loro
consultazione libera da parte del pubblico viene
considerata pericolosa in quanto potrebbe causare
"attriti tra le comunità". E' comunque possibile ottenere
le citazioni in altri paesi, specialmente quelli che hanno
un governo musulmano, dove gli eventi narrati da tali
118
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
cronache sono considerati tuttora motivo di vanto per i
fondamentalisti religiosi islamici.
Lo stesso tipo di persecuzione colpiva i testi delle
scritture vediche, che pur essendo numerosissimi in
origine, vennero decimati o mutilati in modo da non
poter smentire efficacemente la propaganda degli
invasori. Nonostante tutto rimane però materiale
sufficiente per farci capire la vera posizione ideologica
della conoscenza vedica su questi problemi. Il testo dei
Dharma shastra commentato da Kullukabhatta (XV
secolo) ha molti versi mancanti nelle versioni più tarde;
in questi versi è detto che le spose sono responsabili
per la quotidiana celebrazione dell'Agnihotra nella casa.
Addirittura secondo la regola tradizionale un uomo è
considerato avere i requisiti per celebrare i rituali vedici
solo dopo il matrimonio (Madhaviya Shankara digvijaya
2.14) e i samskara (le cerimonie rituali di purificazione)
possono aver successo solo se i due sposi siedono
assieme (Aitareya Brahmana 7.10, Rig Veda 8.31.5-9,
Taittiriya Brahmana 2.2.2.6, commentario di Shabara
Swami sul Purvamimamsa sutra 6.9.17, Siddhanta
kaumudi sull'Ashtadhyayi 4.1.33).
La tradizione vuole che la sposa sostenga la mano del
marito ogni volta che questi versa l'ahuti (l'oblazione
rituale nel fuoco del sacrificio) a significare che il rituale
è celebrato congiuntamente. Non c'è invece una simile
prescrizione per le donne qualora celebrino
direttamente l'homa e versino l'ahuti, cosa che possono
fare in modo indipendente.
119
Parama Karuna Devi
Nel Mahabharata vediamo che Savitri e Amba
celebrano da sole l'Agnihotra, il sacrificio del fuoco,
come loro diritto proprio. Questa tradizione è
confermata nella Gobhila Grihasutra (1.3.15) e nella
Asvalayana Grihasutra (1.9), dove è citata la famosa
insegnante Vadava Pratiteyi (3.4.4). Nel Ramayana
vediamo Kausalya, Sita e Tara (mogli rispettivamente di
Dasaratha, Rama e Sugriva) che celebrano
indipendentemente l'agnihotra; quando invece Rama
celebra l'Asvamedha yajna in assenza della sua sposa
Sita, gli viene raccomandato di installare una statua
d'oro della sua sposa nel sito dello yajna per evitare di
invalidare la procedura.
Secondo le scritture vediche, le donne posseggono
anche i requisiti necessari per celebrare il sandhya.
Tutte le donne nella società Vedica Arya indossavano il
filo sacro (upavita), come brahmacharini (studentesse
celibi) o come donne sposate. Nel Kadambari di Dandin
(VIII secolo) una signora chiamata Mahasveta è
descritta adorna di un filo sacro bianco che brillava
come la pura luce della luna.
Secondo l'Harita smriti, la seconda categoria di donne
(sadyo vadhu) dalle tendenze più ordinarie, che non si
era sottoposta alla fase di brahmacharya e ai rituali ad
essa collegati, riceveva il filo sacro (nella cerimonia
chiamata upanayana) subito prima del matrimonio.
Infatti il Gobhila Grihasutra (2.1.9) afferma che la sposa
deve indossare l'upavita (filo sacro) durante il
matrimonio, stando a significare che si è sottoposta a
120
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
tutti i samskara o rituali purificatori prescritti e che è
un'arya, una "persona civile e colta".
La Manusmriti (2.145) insegna che la madre è 1,000
volte più venerabile del padre e numerose scritture
(Gautama Dharmasutra 2.57, Yajnavalkya Smriti 1.33,
Mahabharata 1.196.16) affermano che la madre
dev'essere considerata il più grande Guru per i suoi figli,
prima del padre e persino prima del brahmana che dà
l'iniziazione. Quando si celebra lo sraddha (il rituale in
onore dei defunti) la madre è ricordata e onorata prima
del padre. Inoltre, speciali cerimonie aggiuntive come il
Chandana dhenu sraddha sono celebrate per la madre
(e non per il padre). Mentre un padre indegno può
essere escluso dalle offerte nello sraddha celebrato dal
figlio (Vasistha Dharmasutra 13.47, Gautama
Dharmasutra 20.1) una madre non deve mai esserlo.
Infatti un figlio è considerato direttamente responsabile
per l'espiazione delle colpe della madre dopo la sua
morte
(Hiranyakeshin
Grihasutra
2.4.10.7,
Shankhyayana Grihasutra 3.13.5).
Un uomo che entra nell'ordine di sannyasa riceve il
pranama (omaggio rituale) dal proprio padre, ma lo offre
alla madre. Secondo la tradizione vedica, al tempo della
diksha o iniziazione (upanayana samskara) lo studente
si avvicina alla madre per chiedere bhiksha (l'elemosina
rituale) e quando lo studente ritorna a casa dopo aver
completato gli studi s'inchina alla madre e le offre
qualsiasi cosa abbia acquisito. La devozione verso la
madre come il primo Guru di ciascuno rimane anche
quando tutte le altre relazioni sono state abbandonate.
121
Parama Karuna Devi
Conosciamo l'esempio di Adi Shankara, che
personalmente eseguì la cremazione della sua defunta
madre nel cortile della propria casa anche se era già
entrato nell'ordine di sannyasa - ancora oggi i
brahmana Namputiri eseguono la cremazione dei loro
parenti nel cortile di casa propria in ossequio ad Adi
Shankara. Anche Chaitanya era famoso per la sua
devozione verso sua madre Saci. Quando prese il voto
di sannyasa si recò da lei porgendole il suo omaggio e
le chiese ordini circa il suo futuro luogo di residenza.
Madre Saci gli chiese di risiedere in Jagannatha Puri, e
così lui fece per il resto della sua vita. In molti casi figli
gloriosi sono associati al nome della loro madre
piuttosto che a quello del padre, come Devakiputra
Krishna (menzionato
anche nella
Chandogya
Upanisad), il Rishi Aitareya (figlio di Itara), Mahidasa
dell' Aitareya Upanishad, Dakshiputra Panini (il grammatico) e Kaunteya Arjuna (come anche i suoi fratelli) e
ovviamente i Deva principali, chiamati Aditya ("figli di
Aditi").
Nella Taittiriya Upanisad (1.11.2) i maestri raccomandano agli studenti della conoscenza vedica di offrire per
prima cosa omaggio alla propria madre come manifestazione della Divinità. Nel celebre canto di dedica del
devoto, il Divino è prima invocato come Madre e solo in
un secondo momento come Padre: tvam eva mata ca
pita tvam eva. Un'istruzione molto ben conosciuta
raccomanda che tutti gli uomini guardino a tutte le
donne come madri, come manifestazioni dell'unica Dea
Madre, colei che dona la vita a ciascuno.
122
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
La Manu smriti afferma, yatra naryastu pujyante,
ramante tatra devata: dove le donne sono venerate gli
Dei sono compiaciuti, ma dove esse non sono onorate,
nessun rito sacro porta frutto. Le case contro cui le
donne, non essendo debitamente onorate, pronunciano
una maledizione, periscono completamente.
Nell'inno matrimoniale del Rig Veda (10.85.26) si
afferma che la sposa "si rivolge all'assemblea come un
comandante si rivolge all'armata". Quindi il Rig Veda
continua (10. 159.2) rappresentando la condizione della
donna sposata con le parole di Sachi Paulomi: "Io sono
la bandiera. Io sono la guida. Io posseggo eccellente
eloquenza; il mio sposo coopera con me e segue la mia
volontà."
Il Rig Veda (1.73.3) descrive la Divina Realtà come
manifesta nella "gloriosa sposa dell'adoratore" che è
formalmente venerata come Griha Lakshmi, la
personificazione della prosperità della casa (Taittirya
Brahmana 2.9.4.7, Manusmriti 9.26), "di buon augurio"
(Rig Veda 3.53.6), "estremamente di buon augurio" (Rig
Veda 10.85.37), "degna di essere venerata"
(Mahabharata 5.38.11), e che dev'essere preziosa per il
marito e più cara della sua stessa vita, venerata come
una madre e rispettata come una sorella maggiore
(Mahabharata 4.3.13). Il marito non deve mai fare
niente che dispiaccia alla sua sposa (Mahabharata
1.74) perché questo renderebbe inefficaci tutti i rituali.
Ancora oggi nell'induismo le più importanti e popolari
festività religiose sono quelle dedicate alla Dea Madre,
123
Parama Karuna Devi
come Navaratri (la novena stagionale di "nove notti"),
Durga puja, Divali e così via.
L'apparizione di Sri Rama e la sua vittoria sono
entrambe celebrate nelle immediate vicinanze delle
festività per la Navaratri, poiché si dice che Rama poté
sconfiggere Ravana e ritornare ad Ayodhya per essere
là incoronato come sovrano attraverso la grazia della
Madre Durga, che Rama devotamente venerava. Prima
di prendere parte alla battaglia di Kurukshetra, Arjuna
venerò Madre Durga seguendo le istruzioni di Krishna.
Il celebre Devi mahatmya dal Markandeya Purana
descrive come la Dea Madre, alla richiesta di tutti i Deva
e allo scopo di proteggerli, uccise i demoni Madhu e
Kaitabha, Sumbha and Nishumbha, Raktabija and
Dhumralochana, e Mahisha con tutto il suo esercito.
In effetti la venerazione della forma femminile del Divino
sembra essere stata la tradizione principale nei tempi
antichi,
seguita
da
un
successivo
sviluppo
dell'iconografia verso la forma maschile soprattutto
dopo l'inizio del Kali yuga - benché spesso l'adorazione
della
forma
maschile
della
Divinità
venga
accompagnata dalla Shakti o persino apertamente
subordinata alla Shakti come negli esempi di Shiva/Kali
e Krishna/Radha.
Madre Kali ("la Nera", identificata con il Tempo e il
Cambiamento) è spesso rappresentata in piedi sopra il
corpo di Shiva, che giace a terra in una posizione
remissiva e passiva. Nella Krishna lila (storia di
Krishna), rappresentata in modo bellissimo dal grande
124
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
poeta Jayadeva, Govinda abbraccia i piedi di Radha e li
venera con amore - l'eco di tale devozione si riscontra
anche nella relazione personale del poeta con la propria
sposa Padmavati.
Anche quando la forma femminile della coppia Divina è
rappresentata come remissiva e devota verso il
Signore, il nome della Shakti è sempre menzionato
prima del nome del Dio - Sita Rama, Radhe Shyama,
Uma Mahesha, Lakshmi Narayana, Sri Vishnu, ecc.
Lakshmi è considerata inseparabile da Vishnu, come è
affermato nel Vishnu Purana (1.8.17-20), dove Parasara
dice: "Sempre compagna di Vishnu e Madre
dell'Universo, Lakshmi Devi è eterna. Lei è il discorso
dove Vishnu è l'oggetto della descrizione. Dove Vishnu
è la legge, lei è la linea politica. Dove Vishnu è la
conoscenza, lei è l'intelligenza. Dove Vishnu è il
creatore, lei è la creazione. Lui è la montagna, lei è la
terra. Lui è l'appagamento, lei è la perfetta
soddisfazione. Vishnu è il desiderio, lei è l'oggetto del
desiderio. Lui è yajna (il rituale del sacrificio), lei è
dakshina (il dono offerto nel sacrificio)."
Le forme femminili di Sri Vidya e Gayatri sono
considerate le personificazioni della conoscenza,
rispettivamente Tantrica e Vedica.
L'Atharva Veda (19.71.1) e numerosi altri testi
affermano che Gayatri è "la Madre di tutti i Veda"
(namaste surya sankaro surya gayatrike amle,
brahmavidye mahavidye vedamata namo 'stu te).
125
Parama Karuna Devi
Nessun studioso o studente potrebbe neanche
immaginare di iniziare qualsiasi studio senza prima
offrire omaggi alla Dea Sarasvati, e l'annuale festività di
Sarasvati puja è ancora considerata fondamentale in
tutte le scuole dell'India. Sarasvati è spesso detta Vag
Devi cioè "la Dea della Parola", padrona e maestra di
tutta la conoscenza, sia spirituale che materiale.
La recitazione dei testi Vedici tradizionalmente inizia
con l'invocazione alla Devi - om shanno devirbhishtiye
apo bhavantu (Atharva veda). In particolare, questo
mantra costituisce l'inizio della versione di Pippalada
dell'Atharva Veda. Ritorna poi come mantra 1.6.1 nella
versione di Shaunaka dell'Atharva Veda, ma anche la
recitazione di questo testo spesso inizia con
l'invocazione alla Devi.
Bhumi puja, l'omaggio rituale alla Madre Terra come
asana dell'adoratore, è una parte integrale di tutte le
cerimonie rituali tradizionali. Il Rig Veda contiene vari
inni dedicati alla Madre Terra, e l'Atharva Veda
(12.1.63) contiene quest'inno bellissimo: "O Terra,
Madre mia! Insediami con sicurezza nella felicità
spirituale e materiale, e in pieno accordo con il Cielo. O
Saggia per eccellenza! Sostienimi in grazia e
splendore!".
Anche i cereali sono considerati sacri come una forma
di Devi Annapurna, e l'acqua è considerata sacra come
forma della Dea (jala rupena samsthita), che dev'essere
presente a tutte le celebrazioni nella forma del sacro
kalasha o vaso per l'acqua, che tradizionalmente "forma
126
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
il corpo" di tutte le Divinità invocate (maschili e
femminili). Il kalasha è presente anche sopra le cupole
del tempio e come immagine di buon auspicio dipinta
all'interno dei templi e delle case, specialmente in
occasione di festival e immancabilmente per i
matrimoni.
Divinità sia maschili che femminili sono lodate negli apri
sukta e nelle preghiere di famiglia di tutte le 10 stirpi dei
Rishi. La Dea primordiale, Aditi o Adi Shakti, la madre di
tutti i Deva, ha in questi canti un posto veramente
centrale, e fra le antiche Divinità vediche troviamo due
fra gli Aditya ("figli di Aditi") in forma femminile (Dhatri e
Savitri). Sono femminili anche i nomi delle Divinità
chiamate Ila, Usha, Yami, Ratri, Prithivi, Kamadhenu,
Aranyani, Urvasi, e così via. Tutte queste Dee sono
menzionate come venerabili di per sé stesse, senza
alcuna associazione con una controparte divina
maschile; altre come Saci e Rati sono menzionate
insieme a un compagno maschile, in questo caso
rispettivamente Indra e Kama.
Per quanto riguarda la supposta oppressione delle
"caste basse" o dei "fuoricasta" e il rigido immobilismo
ereditario delle posizioni sociali, è sufficiente leggere il
testo originario dei Purana e delle Itihasa, per esempio,
per scoprire una realtà ben diversa.
Tanto per
cominciare, nei testi originari non esiste alcun
riferimento a persone o categorie chiamate dalit
("oppressi") o paria ("emarginati") o "fuoricasta" o
"intoccabili" che facciano parte della società induista.
127
Parama Karuna Devi
Le scritture vediche affermano infatti che il genere
umano (manusya jati) può essere suddiviso in due
ampie categorie - arya e anarya, rispettivamente coloro
che seguono le regole vediche della vita civile e coloro
che non le seguono. Entrambe le definizioni possono
venire applicate a livello individuale e a livello collettivo.
Queste regole si basano su principi igienici, etici, sociali
e culturali. L'esempio più importante è la pulizia o
purezza: un arya deve fare il bagno ogni giorno, da 1 a
3 volte al giorno a seconda delle circostanze. Dopo il
bagno in acqua pulita, preferibilmente corrente, si
devono indossare abiti freschi di bucato.
In ogni caso è necessario fare un bagno completo e
indossare vestiti puliti per purificarsi dalle varie
escrezioni, cioè dopo essere andati in bagno o anche in
caso di vomito, secrezioni sessuali, secrezione di muco,
perdita di sangue e così via. La regola generale diventa
ancora più rigida nel caso in cui l'individuo sia
impegnato in attività che richiedono un livello più alto di
igiene, come la preparazione dei cibi, la gestione
dell'acqua (specialmente dell'acqua potabile) e tutte
quelle attività religiose in cui ai fedeli vengono distribuiti
cibo, acqua, fiori, foglie e altre sostanze offerte alla
Divinità, che vengono tradizionalmente mangiate o
bevute con devozione dal pubblico.
La necessità di pulizia e purezza si applica anche
all'alimentazione attraverso il vegetarianesimo come
astensione da sostanze che sono intrinsecamente
impure come i corpi di animali morti, e anche da
sostanze che possono contaminare la mente, come le
128
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
bevande alcoliche o alcune piante con principi attivi che
producono effetti indesiderabili.
Il secondo principio fondamentale della civiltà vedica è
l'evoluzione
della
consapevolezza
dell'individuo
attraverso lo studio e la disciplina personale, la
partecipazione alla prosperità sociale attraverso il
compimento di doveri professionali (a prescindere dal
guadagno che se ne potrebbe ottenere), la
responsabilità verso la famiglia e gli antenati, la
riconoscenza e il rispetto verso i superiori, il distacco
graduale dalle identificazioni temporanee e dagli
attaccamenti
materiali,
e
la
liberazione
dai
condizionamenti in preparazione per la morte.
Queste qualità vengono coltivate attraverso il sistema
degli ashrama, cioè le fasi progressive nella vita di un
individuo, in cui si addestra nella propria evoluzione
personale. In occidente il termine ashrama è conosciuto
soprattutto per il suo significato di “luogo di abitazione di
persone dedite alla vita spirituale”, ma il senso originale
comprende anche il significato di “posizione nella vita”.
Nella prima fase della vita cioè nell’ashrama chiamato
brahmacharya, lo studente impara a osservare le regole
della purezza e della pulizia, studia le scritture e mette
in pratica i loro insegnamenti sviluppando una forte
base di fedeltà al dharma, le regole universali dell'etica
e della vita civile. Nella seconda fase, chiamata
grihastha, l'individuo si dedica allo sviluppo economico
e alla prosperità lavorando per la famiglia e la società
senza alcun senso di egoismo. Il grihastha ("che vive
129
Parama Karuna Devi
nella propria casa") compie scrupolosamente i propri
sacri doveri ripagando il proprio debito verso gli
antenati, la società in generale e i Deva.
Il distacco graduale si raggiunge nella fase di
vanaprastha ("che abita nella foresta") quando si lascia
la casa ai figli ormai adulti e ci si ritira dalle attività
sociali per dedicarsi ai pellegrinaggi e alle austerità,
finché si arriva al livello della rinuncia completa, detta
sannyasa, in cui non si hanno più fissa dimora,
proprietà personali, posizione sociale o identificazioni
materiali di alcun genere.
La società vedica o arya, composta di individui che
accettano di seguire queste regole di purificazione
personale, si suddivide in quattro varna o categorie
occupazionali, costituite rispettivamente da brahmana
(intellettuali), kshatriya (amministratori e guerrieri),
vaisya (imprenditori e commercianti di ogni genere), e
sudra (manovali e artigiani). Queste categorie
costituiscono le divisioni naturali di tutte le società
umane poiché si basano su tendenze e talenti
spontanei che si trovano ovunque; la differenza nella
società vedica è che il sistema dei varna è regolato
dalla descrizione precisa delle qualità, delle attività, dei
doveri e dei diritti caratteristici di ciascuna posizione.
L'appartenenza a una di queste categorie non dipende
semplicemente dalla nascita, anche se questa può
aiutare parecchio, proprio come chi nasce in una
famiglia di medici o avvocati può avvantaggiarsi di un
ambiente favorevole, di un esempio costante e della
130
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
guida esperta dei familiari. Quando il sistema vedico e
le sue regole sono seguiti puntualmente (specialmente
per quanto riguarda le circostanze del concepimento) e
lo stato di consapevolezza della famiglia è solido e
coerente con la posizione che occupa nella società, ci
sono buone probabilità che le anime attratte a nascere
nella famiglia siano sintonizzate positivamente con le
tradizioni familiari.
Per rafforzare le tendenze positive e virtuose dei
bambini, i genitori compiono inoltre una serie di rituali di
purificazione intesi ad elevare costantemente il livello di
consapevolezza; il numero di tali rituali di purificazione
(detti samskara) può arrivare anche a una quarantina
nel caso che si scelga di osservare anche le cerimonie
minori.
Naturalmente è sempre possibile che si verifichino degli
incidenti di percorso, e che l'anima che si incarna nella
famiglia non possieda le qualità necessarie a portare
avanti bene la tradizione familiare. In questo caso al
figlio devono essere offerte delle scelte più adatte al suo
vero potenziale.
E' possibile che in certi casi l'attaccamento affettivo
oscuri il giudizio dei genitori e dei familiari sulle effettive
potenzialità di un figlio; per ovviare a questo
inconveniente nella società vedica tutti i bambini
vengono mandati alla Gurukula, "la famiglia del Guru",
nella casa di un insegnante qualificato, dove verranno
seguiti e addestrati in modo personalizzato per un certo
numero di anni.
131
Parama Karuna Devi
Poiché i bambini (generalmente dall'età di 5 anni in su)
vivono a stretto contatto con il Guru e la sua famiglia
giorno e notte, è facile per l'insegnante osservare il loro
comportamento nelle varie situazioni e valutare quale
occupazione professionale e sociale potranno svolgere
in futuro. Naturalmente il Guru deve essere qualificato
per tale compito, in quanto su di lui ricade totalmente la
responsabilità del successo o del fallimento di ciascuno
studente.
A parte l'educazione fondamentale sui principi etici e
religiosi, che viene impartita a tutti, i ragazzi vengono
impegnati in uno dei quattro campi specifici a seconda
delle loro tendenze naturali e delle loro capacità. Quelli
che amano studiare e apprendono velocemente, e
dimostrano il comportamento etico più esemplare,
vengono istruiti come brahmana, cioè insegnanti,
consulenti e consiglieri. Quelli che hanno tendenze
organizzative (cioè sono capaci di gestire le persone) e
amano l'attività fisica vengono addestrati come
kshatriya, mentre quelli che hanno tendenze
imprenditoriali (cioè sono capaci di organizzare materiali
e risorse) vengono addestrati come vaisya.
Queste tre categorie di studenti ricevono l'iniziazione
religiosa o diksha, con la quale diventano riconosciuti
ufficialmente come "nati due volte", cosa che comporta
dei doveri precisi verso la celebrazione di rituali e il
lavoro per la società. Gli studenti meno dotati
intellettualmente, svogliati, goderecci, un po' egoisti e
privi di talenti specifici, incapaci di prendersi veramente
delle responsabilità, rimangono nella posizione generica
132
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
di sudra e viene loro assegnato soltanto il dovere di
assistere le altre categorie sociali. In cambio i loro datori
di lavoro si impegnano a prendersi cura di loro e delle
loro famiglie in tutto e per tutto.
E' importante comprendere che i sudra non sono
"intoccabili", paria o dalit. Le condizioni di vita di un
sudra dipendono esclusivamente dalla sua relazione
con il datore di lavoro e non hanno niente a che fare
con le convenzioni sociali o eventuali pregiudizi. Sono
considerati arya e i loro datori di lavoro li trattano come
figli. Poiché generalmente i sudra vivono nella casa del
datore di lavoro, i colonialisti britannici che osservavano
dall'esterno la società indiana attraverso le lenti dei
propri pregiudizi sociali hanno erroneamente assimilato
la posizione di sudra con quella degli schiavi in alcune
antiche società europee. Questo equivoco è stato
solidificato anche dalla famigerata teoria dell'invasione
ariana, di cui parleremo più avanti.
La chiave per comprendere correttamente la posizione
dei sudra nella società vedica consiste nell'analisi delle
due definizioni apparentemente simili di dasa
("servitore") e dasyu ("ladro, criminale"). Come abbiamo
visto, le scritture vediche incoraggiano ogni individuo a
evolversi e a migliorare sé stesso. Capita però che
alcune persone facciano la scelta di lasciarsi andare
alle tendenze più basse e degradanti e prendano cattive
abitudini invece di svilupparne di buone.
Per esempio, un sudra può diventare pigro al punto di
trascurare le norme igieniche e di pulizia oppure avido
133
Parama Karuna Devi
al punto di impadronirsi di oggetti di valore senza il
permesso del legittimo proprietario. Oppure può
diventare egoista al punto di manifestare un
comportamento crudele e insensibile verso le persone o
anche solo verso gli animali.
Queste infrazioni alle regole non sono gravissime di per
sé ma mettono in pericolo il buon funzionamento della
società, perciò chi sceglie di continuare a commetterle
viene licenziato ed espulso dalla vita sociale vedica,
diventando così un anarya o chandala, una "persona
non civilizzata". E' importante comprendere che
l'appartenenza alla categoria degli anarya o chandala si
basa sulla libera scelta di non seguire le regole
fondamentali di pulizia, austerità e compassione. Nel
sistema originario l'ereditarietà non c'entra e nessuno
viene costretto.
Naturalmente anche qui si può osservare l'importanza
del fattore ambientale della famiglia nello sviluppo di un
sistema di valori per l'individuo, che nascendo in una
famiglia degradata si trova esposto al cattivo esempio e
ai cattivi insegnamenti dei genitori. Non si tratta però di
un fattore decisivo, perché come tutti sappiamo ci sono
spesso eccezioni sia da una parte che dall'altra. Queste
eccezioni vanno riconosciute e ufficializzate dai leader
della
società,
specificamente
dagli
insegnanti
(brahmana) e dai governanti (kshatriya), i quali hanno
sempre avuto la facoltà di modificare ufficialmente la
posizione sociale di un individuo sulla base delle sue
effettive qualità, del suo livello di consapevolezza e del
suo comportamento.
134
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
Lasciando da parte queste eccezioni, di cui parleremo
più avanti, dobbiamo comprendere che in generale gli
anarya (chiamati anche chandala o mleccha)
costituiscono una causa di disturbo e di pericolo per la
società vedica, e per questo motivo non viene loro
permesso di abitare normalmente nelle zone
urbanizzate dove risiedono le persone civili. Vengono
però lasciati liberi di scegliersi una residenza fissa o
nomade di loro gradimento in qualsiasi zona a una certa
distanza dalle abitazioni urbane. Questo rende
impossibile il quadro di schiavitù e maltrattamento
presentato dalla propaganda anti-vedica, in quanto di
norma non possono esistere sufficienti condizioni di
convivenza e contatto tra membri della società civile e
membri delle società selvagge o tribali.
Nei casi in cui si verifichi un incontro tra un membro
della società civile (arya) e un membro di una società
non civile (anarya), l'arya ha il dovere di comportarsi
sempre in modo gentile e rispettoso, perché ogni essere
umano merita un livello fondamentale di rispetto
semplicemente per il potenziale di sviluppo che il suo
corpo gli consente. Non è consentito alcun
maltrattamento o forzatura.
La Svetasvatara Upanishad (II. 5) chiama gli esseri
umani in generale, senza alcuna distinzione, con il
nome di amritasya putra, "figli dell'Immortale", in quanto
eredi della realizzazione spirituale.
Sia il Rig Veda (5-60-5) che lo Yajur Veda (16.15)
affermano che tutti gli esseri umani sono membri della
135
Parama Karuna Devi
stessa famiglia e hanno tutti diritto all'eguaglianza.
L'Atharva Veda (3-30-1) afferma che tutti gli esseri
umani devono avere l'uno verso l'altro lo stesso affetto e
amore dimostrati da una mucca verso il suo vitello
appena nato, dovrebbero condividere il cibo ed essere
uniti fermamente come i raggi della ruota di un carro. La
tolleranza di modi di vita differenti dal proprio deve
basarsi su queste considerazioni, ma non deve cadere
nell'esagerazione opposta, per cui si dà lo stesso valore
a tutti i comportamenti o addirittura si danno maggiori
facilitazioni e diritti alle persone meno qualificate - cosa
che inevitabilmente finisce per incoraggiare la gente a
comportarsi nel modo peggiore possibile ed evitare
qualsiasi sforzo per migliorare ed evolversi.
La percezione chiara dell'uguaglianza fondamentale di
tutti gli esseri umani non invalida quindi la necessità di
regolare le norme della vita comunitaria in modo che le
libere scelte di un individuo o di un gruppo di individui
non danneggino altri individui o gruppi di individui.
Le regole che proibiscono ai chandala o anarya di
vivere a stretto contatto con gli arya non sono dettate da
razzismo o pregiudizi sociali, ma da considerazioni
puramente igeniche. Potremmo parlare persino di
segregazione, ma è importante comprendere che
questa non è basata su considerazioni di nascita, e
soprattutto che non è permanente o forzata, o causata
da una condizione di povertà finanziaria. Nella civiltà
vedica la mancanza di risorse economiche non
costituisce
mai
motivo
di
segregazione
o
discriminazione sociale, e sicuramente non è causa di
136
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
impurità o contaminazione, in quanto chiunque può
conservare la propria posizione legittima di persona
civile nella società vedica semplicemente accettando di
mantenersi dignitosamente pulito, cosa che si può
ottenere facendo il bagno regolarmente e lavandosi i
panni anche solo in un fiume o in un laghetto, senza
spendere un soldo, e astenendosi da abitudini di vita
sporche e anti-igieniche.
Nemmeno i mendicanti itineranti vengono assimilati ai
chandala, naturalmente a patto che osservino le regole
fondamentali dell'igiene e del comportamento civile.
I chandala possono comunque entrare nelle zone
urbanizzate, se desiderano farlo per svolgere qualche
attività legittima - per esempio per rimuovere i cadaveri
di esseri umani che vengono poi portati al crematorio
fuori città, o i corpi di animali deceduti per cause
naturali, che i chandala usano per ricavarne soprattutto
pellami e carne, in quanto sono caratteristicamente non
vegetariani. Una delle definizioni più frequenti per i
chandala è infatti sva-pacha, "gente che cucina/ mangia
carne di cane". L'abitudine di consumare alimenti impuri
come la carne, il pesce e le uova, che non fanno parte
dell'alimentazione degli arya o persone civili, costituisce
un fattore estremamente importante nella definizione di
anarya e nella necessità di stanziamenti separati
rispetto agli arya, e non soltanto per la comodità degli
arya. Per coloro che sono attaccati al consumo di
alimenti non vegetariani non è conveniente vivere nelle
zone urbane civili perché non vi è permessa la
macellazione di animali. Lo kshatriya ha infatti il dovere
137
Parama Karuna Devi
di proteggere tutti i praja, coloro che sono nati nella sua
zona, e questo comprende anche gli animali innocenti
cioè inoffensivi o addirittura utili per la società civile,
come per esempio le mucche.
Caratteristicamente, gli anarya non si curano di tali
considerazioni e mangiano qualsiasi animale decidano
di uccidere, quindi preferiscono vivere in loro villaggi
propri, nelle foreste e sulle colline, oppure all'estuario
dei fiumi o in riva al mare, dove le condizioni ambientali
presentano ampie occasioni di caccia e di pesca e dove
sono liberi di seguire tutte le abitudini di vita che
vogliono, anche le più disgustose, crudeli e antiigieniche.
Quando entrano nelle zone urbanizzate, i chandala
vengono
però
sempre
trattati
gentilmente,
rispettosamente e generosamente, purché si astengano
da comportamenti che possono creare pericoli igienici
per la comunità civile - come per esempio contaminare
cisterne d'acqua o alimenti cucinati, o imporre un
contatto fisico indesiderato e spiacevole agli abitanti
della città. Questi divieti sono puramente funzionali al
fine di mantenere una rigorosa igiene pubblica e sono
paragonabili alle leggi delle società contemporanee che
regolano per esempio i requisiti sanitari e il
comportamento di coloro che maneggiano il cibo
destinato al pubblico, o quelle regole che impongono ai
visitatori di una piscina pubblica di usare il gabinetto e
farsi una doccia di pulizia prima di entrare in vasca. Le
società contemporanee condannano anche i contatti
fisici indesiderati da parte di persone sporche e
138
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
puzzolenti o probabilmente portatrici di malattie
contagiose, e benché di solito non esistano leggi
specifiche
che
li
perseguano
penalmente,
l'allontanamento di persone simili da luoghi pubblici e
privati da parte degli incaricati della sicurezza viene
considerato all'interno della norma anche nelle società
contemporanee. A questo proposito ricordiamo che tra
le caratteristiche che definiscono l'appartenenza alla
categoria dei chandala c'è anche il consumo sregolato
di bevande alcoliche e altre sostanze inebrianti che
distorcono gli stati di consapevolezza e di percezione
della realtà, cosa che nelle società moderne occidentali
è considerato spesso un crimine vero e proprio
("ubriachezza molesta").
Quando svolgono il servizio di trasporto delle salme al
crematorio, i chandala ricevono sempre dei doni o un
pagamento dai parenti del defunto e viene loro
permesso di conservare gli ornamenti preziosi del
defunto che rimangono tra le ceneri dopo la
cremazione. Spesso un piccolo gruppo di chandala
sceglie questa professione in modo permanente e
stabilisce quindi la propria residenza all'interno del
crematorio stesso o nelle vicinanze, trovando
un'ulteriore fonte di entrate nella raccolta e vendita di
legna per le pire funebri. Spesso i membri di questa
particolare categoria di "imprenditori funerari" sono
finanziariamente molto agiati e si possono permettere
servitori e lussi di vario genere, come si può osservare
tuttora, per esempio tra coloro che lavorano nei ghat
crematori di Varanasi (Benares). E non è uno sviluppo
139
Parama Karuna Devi
recente, perché nella storia puranica dell’imperatore
Harischandra troviamo scritto che il monarca cadde
dalla sua posizione e finì per diventare il servitore di un
chandala del crematorio.
Un'altra nicchia occupazionale possibile per i chandala
consiste nella rimozione e nel trattamento dei rifiuti in
generale, o la pulizia e la manutenzione degli scarichi di
fogna. Benché la civiltà vedica produca una quantità
minima di rifiuti se paragonata alla cultura consumistica
e industriale basata sulla plastica e i prodotti "a perdere"
e "usa e getta", c'è sempre una certa quantità di detriti
che viene prodotta in una zona urbanizzata - per
esempio utensili e recipienti rotti, stoffe logore e
rovinate, suppellettili ormai inservibili e così via. Tutti
questi materiali di scarto devono essere portati fuori
città in un luogo apposito e vengono spesso riciclati,
cosa che crea una ulteriore opportunità di guadagno per
coloro che non hanno abilità o talenti particolari e non si
curano molto delle regole igieniche.
E' importante comprendere che la società vedica non
ha bisogno dei chandala per svolgere questi servizi o
procurarsi questi beni, perché non c'è alcuna regola che
vieti alle quattro categorie sociali civili (sudra, vaisya,
kshatriya e brahmana) di incaricarsi personalmente
anche dei lavori più "sporchi" che li riguardano
direttamente. In altre parole, chiunque può svolgere
qualsiasi lavoro all'interno della propria casa o famiglia,
comprese le attività ordinarie e straordinarie di pulizia, e
la rimozione delle salme.
140
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
Inoltre, i sudra che lavorano come assistenti alle altre
tre categorie occupazionali svolgono normalmente
queste mansioni per la famiglia che li impiega, ma non
vengono considerati o trattati come chandala, per il
semplice motivo che osservano normalmente le regole
di pulizia e igiene. Molte persone confondono la
categoria dei sudra con quella dei chandala, ma si tratta
di due posizioni molto diverse: ricordiamo che i sudra
vivono generalmente nella stessa casa della famiglia
che li impiega e ne sono considerati parte integrante. La
contaminazione associata con lo svolgimento
occasionale di attività impure o sporche - come il
trasporto e la cremazione dei cadaveri o la raccolta di
detriti animali, la rimozione della spazzatura e la pulizia
dei condotti di scarico - è temporanea e può facilmente
essere rimossa con un bel bagno completo, un cambio
d'abito, e nel caso delle tre categorie sociali dei "nati
due volte" viene prescritta semplicemente la
sostituzione del filo sacro con un nuovo filo pulito, e
suggerite alcune semplici cerimonie di purificazione
rituale, specialmente per coloro che svolgono lavori
delicati, come l'adorazione alle Divinità e la
preparazione del cibo da distribuire come prasada.
Tutte le categorie sociali, anche le più alte, attraversano
inoltre un periodo di contaminazione rituale in occasione
di morti o nascite nella propria famiglia; per 10 giorni le
persone interessate non possono celebrare i rituali
soliti, recarsi a visitare templi e luoghi sacri, o toccare
oggetti sacri, perché sono considerati temporaneamente impuri. Al termine del periodo prescritto la
141
Parama Karuna Devi
contaminazione viene rimossa con la purificazione fisica
e rituale a cui si è appena accennato.
Le persone che vivono come chandala scegliendo di
rimanere permanentemente al di fuori delle regole
vediche di purificazione possono entrare nelle zone
urbane abitate dagli arya anche per vendere prodotti
utili che hanno raccolto in precedenza fuori città, come
per esempio conchiglie e perle, avorio, legname, piume
di pavone e di altri uccelli, pelli conciate, miele selvatico,
erbe medicinali e altri prodotti della foresta, terriccio per
i giardini, argilla e così via. Queste mercanzie sono
considerate pure per natura (per esempio il miele è un
antibiotico naturale) o possono facilmente essere
purificate lavandole prima dell'uso.
Quando i chandala o mleccha considerano le loro
abitudini di vita impure come una valida tradizione
etnica o culturale, vengono indicati con un nome tribale
a seconda del particolare gruppo etnico o culturale al
quale appartengono: i nishada sono i membri di tribù
selvagge che vivono di caccia nella foresta o nel
deserto (con un modo di vita tipico delle tribù africane
per esempio), i pulinda sono le popolazioni di cultura
patriarcale greca, gli yavana sono le popolazioni che
vivevano nella regione araba (considerati discendenti di
Maharaja Yayati), i kirata e i khasa sono popolazioni di
cultura mongolica, gli huna sono gli unni, e così via.
Anche in questo caso la condizione di "inciviltà" è
condizionata al rifiuto di osservare le regole dell'igiene e
della vita civile, e viene a cadere quando l'individuo
accetta di seguire le regole civili e a maggior ragione
142
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
quando si impegna nell'evoluzione personale verso un
livello di consapevolezza trascendentale.
Il Bhagavata purana (2.14.18) dichiara senza ambiguità:
kirata hunandhra pulinda pulkasa abhira sumbha
yavanas khasadaya, ye 'nye ca papa yad apasrasrayah
sudhyanti tasmai prabhavisnave namah, "Kirata, Huna,
Andhra, Pulinda, Pulkasa, Abhira, Sumbha, Yavana,
Khasa eccetera, e anche coloro che sono nati in culture
ancora più degradate vengono immediatamente
purificati quando si pongono sotto la guida e la
protezione di coloro che hanno preso rifugio in Vishnu.
Offro dunque il mio omaggio al potentissimo Sri
Vishnu."
Anche le cronache storiche e i reperti archeologici
confermano che spesso persone individuali o intere
popolazioni di origine straniera sceglievano di entrare a
far parte della società vedica, adottando nomi sanscriti
e le regole del varna ashrama, come per esempio i re
sciiti che divennero conosciuti come Satyasimha e
Rudrasena.
Poiché la società vedica non costringe nessuno a
compiere azioni specifiche o a seguire delle regole, gli
anarya o chandala sono persino liberi di scegliere di
darsi al brigantaggio, come faceva per esempio la
famiglia d'origine di Valmiki Rishi, il famoso autore del
Ramayana che dopo l'incontro con Narada Rishi
rinunciò al suo modo incivile di vita e divenne un grande
brahmana. Infatti in qualsiasi momento qualsiasi
membro delle varie categorie di anarya può decidere di
143
Parama Karuna Devi
purificarsi e riformare le proprie abitudini, sotto la guida
dei brahmana arya, ed essere accolto nella comunità
civile, perlomeno nella posizione di sudra o manovale
generico. Da quella posizione gli sarà poi possibile
elevarsi ed evolversi ulteriormente.
In casi eccezionali in cui la persona nata in una famiglia
di anarya già possiede naturalmente il livello di
consapevolezza di un arya o addirittura di un brahmana,
la sua posizione effettiva viene riconosciuta
immediatamente senza bisogno di passaggi intermedi.
Il più grande brahmana, Veda Vyasa, il compilatore
dell'intero corpus della letteratura vedica, è figlio di una
donna della comunità dei pescatori (considerati nella
categoria dei chandala). Sua madre Satyavati era
impegnata a condurre la barca che traghettava i
viaggiatori sul fiume Yamuna, e fu in questo modo che
incontrò il Rishi Parasara. La ragazza era molto attratta
dal Rishi ma si vergognava del cattivo odore di pesce
emanato dal proprio corpo; quando il Rishi se ne
accorse si intenerì e con una benedizione speciale
trasformò la puzza in un profumo soavissimo, poi la
coppia si appartò su un'isoletta nel fiume e così nacque
Vyasadeva, chiamato anche Dvaipayana Vyasa
appunto perché concepito su un'isola. Parasara riprese
immediatamente il suo viaggio senza sposare la
ragazza, e in seguito Satyavati divenne la moglie del re
Santanu, dal quale ebbe altri figli, come narra il
Mahabharata.
144
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
Il Rig Veda (9.63.5) afferma chiaramente che tutti gli
esseri umani devono sforzarsi di diventare civili:
krnvanto visvam aryam - "che tutti diventino arya".
Il mito colonialista secondo cui l'appartenenza alla
classe degli arya sia determinata dal codice genetico, e
che esista una "razza ariana", sarà confutato
ampiamente più avanti quando parleremo della famosa
teoria dell'invasione ariana in India.
Qui ci limiteremo a citare i passaggi delle scritture
tradizionali per dimostrare che chiunque può diventare
un arya, purché accetti di osservare nella propria vita le
regole della vita civile. Secondo le scritture originarie, la
regola fondamentale della vita civile consiste
nell'evoluzione personale, nella purificazione e nella
coltivazione della conoscenza vedica, che portano a
realizzare il Sé a livello spirituale e religioso.
Il Mahabharata (5.88.52) afferma: vrittena hi bhavaty
aryo na dhanena na vidyaya, "Il requisito per cui una
persona diventa arya è il livello di consapevolezza, non
l'erudizione o la ricchezza."
Il Bhagavata Purana (6.16.43) afferma: na vyabhicarati
taveksa hy abhihito bhagavato dharmah, sthira-carasattva-kadambesv yam upasate tv aryah, "Arya sono
coloro che non esitano a seguire il Dharma prescritto da
Dio, e che non hanno pregiudizi verso i vari tipi di esseri
viventi."
La natura religiosa della posizione di arya, che la
identifica con l'induismo originario, è sottolineata da
145
Parama Karuna Devi
molti passaggi delle scritture ed esempi pratici nella vita
di grandi personalità.
Ancora il Bhagavata purana (3.33.7) afferma: aho bata
sva-paco 'to gariyan yaj-jihvagre vartate nama tubhyam,
tepus tapas te juhuvuh sasnur arya brahmanucur nama
grnanti ye te, "E' meraviglioso vedere come coloro che
hanno accettato di invocare il tuo santo nome (la
preghiera si rivolge a Vishnu) vengono immediatamente
glorificati come persone civili (arya) e vengono chiamati
brahmana, anche se erano nati in famiglie incivili. Il fatto
stesso che invocano il tuo nome li qualifica per la
celebrazione di sacrifici e di austerità secondo la
tradizione."
Un famosissimo verso del Garuda purana, regolarmente
usato in tutti i rituali quotidiani di purificazione e
sacrificio, recita, om apavitrah pavitro va sarvavasthan
gato ‘pi va yah smaret pundarikaksam sa
bahyabhyantarah sucih, "Chiunque ricordi il Signore
dagli occhi di loto (Vishnu) viene immediatamente e
completamente
purificato
interiormente
ed
esteriormente, a prescindere dalle condizioni in cui si
sia trovato a passare."
Più avanti nel Bhagavata purana (11.14.21) troviamo un
altro verso rilevante, pronunciato da Krishna:
bhaktyaham ekaya grahyah sraddhayatma priyah
satam, bhaktih punati man-nistha sva-pakan api
sambhavat, "Soltanto la devozione permette di
raggiungermi. I devoti che mi servono con fede e
attaccamento trascendentale sono completamente
146
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
purificati grazie alla loro devozione, anche se fossero
nati in famiglie incivili."
E' importante notare che tutte le categorie di persone
non civilizzate sono libere di praticare le forme di
adorazione e religiosità che preferiscono, incluso il culto
tipicamente brahminico offerto a Vishnu, a Shiva e alla
Dea Madre, e come tali devono essere considerate
"induiste". Le scritture e la tradizione orale ne riportano
molti esempi illustri, a cominciare da Visvavasu, il capo
tribale dei Sabara o Saora dell'Orissa, che adorava
nella foresta la bellissima Divinità di Nila Madhava, una
forma particolare di Vishnu che si manifestò in seguito
come Jagannatha. Ancora oggi i daita, cioè i servitori
più intimi della Divinità di Jagannatha nel tempio
originario di Puri, che hanno il privilegio del contatto
fisico con la Divinità soprattutto durante i festival, sono
considerati i discendenti diretti di Visvavasu.
L'intera regione dell'Orissa (oggi chiamata Odisha) era
in origine popolata da gruppi tribali non civilizzati, di cui
continuano ad esistere molti stanziamenti di
considerevole entità, e venne sottoposta alla
regolamentazione vedica in seguito all'arrivo di alcuni
gruppi di sasana brahmana invitati nella regione dai re
induisti perché insegnassero la conoscenza vedica agli
indigeni. I membri di queste popolazioni tribali
arianizzate vengono generalmente chiamati vratya, in
quanto per ufficializzare la loro purificazione e il loro
voto (vrata) di seguire le regole etiche si celebra un
particolare rituale di sacrificio chiamato vratyastoma.
147
Parama Karuna Devi
Lo stesso concetto di purificazione ed evoluzione si
applica ai criteri di appartenenza a uno dei quattro
varna o categorie sociali che compongono la società
vedica degli arya.
Tra le varie credenze popolari prive di fondamento,
dette laukika sraddha, esiste anche un equivoco
abbastanza diffuso secondo cui la conoscenza delle
scritture vediche sarebbe esclusivo monopolio di una
"casta di brahmini" alla quale si può appartenere
soltanto per nascita: questo crea il doppio disastro per
cui chi a non è nato in una famiglia di brahmini non
viene permesso di studiare le scritture perché non
possiede il DNA intellettuale e religioso per
apprenderne la conoscenza e venirne purificato, mentre
chi è nato in una famiglia di brahmini non ha bisogno di
studiare le scritture perché il suo DNA intellettuale e
religioso lo rende colto, puro e qualificato già per natura.
Finisce così per trionfare l'ignoranza, perché nessuno
più studia o pratica, per un motivo o per l'altro.
Naturalmente chi abbia anche solo un minimo di
conoscenza della biologia e della psicologia sa che il
codice genetico non ha nulla a che fare con le abitudini
di pulizia fisica e mentale, con la conoscenza, la
saggezza, la moralità, l'onestà, la veridicità, la
benevolenza verso il prossimo, la generosità e i talenti
professionali. Queste sono qualità determinate in parte
dall'ambiente e dall'educazione, e in parte dalle
tendenze individuali che l'anima si porta dietro vita dopo
vita secondo il suo particolare percorso evolutivo. Come
abbiamo visto, ogni essere umano (con un codice
148
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
genetico che rientri nella norma, ovviamente) possiede
il potenziale di evoluzione personale che può portarlo
alla realizzazione del Sé e allo sviluppo di qualità
professionali e sociali adeguate, anche se magari non
particolarmente brillanti. Le scritture affermano
chiaramente che il sistema delle categorie professionali
e sociali non si basa sulla nascita (jati) bensì sui talenti
naturali (guna) e le tendenze naturali o attività
effettivamente svolte (karma) da ciascun individuo.
Le scritture vediche attribuiscono al Rishi Atri questa
chiarissima affermazione, universalmente riconosciuta e
accettata come autorevole : janmana jayate sudra,
samskarad bhaved dvijah, veda-pathad bhaved viprah,
brahma janati iti brahmanah, "Per nascita tutti sono
semplicemente sudra, attraverso la purificazione rituale
si diventa un nato due volte, attraverso lo studio della
conoscenza vedica si diventa eruditi, e brahmana è chi
conosce il Brahman".
Secondo la Bhagavad gita (18.42), un brahmana si
riconosce dalle seguenti caratteristiche: samo damas
tapah saucam ksantir arjavam eva ca, jnanam vijnanam
astikyam brahma-karma svabhava-jam, "Carattere
pacifico, autocontrollo, austerità, purezza, tolleranza,
onestà, conoscenza, saggezza e religiosità - queste
sono le qualità naturali che determinano i doveri del
brahmana."
Il Mahabharata conferma: dharmas ca satyam ca
damas tapas ca amatsaryam hris titiksanasuya, yajnas
ca danam ca dhrtih srutam ca vratani vai dvadasa
149
Parama Karuna Devi
brahmanasya, "(Un brahmana) deve comportarsi
sempre in accordo al dharma (i principi etici che
costituiscono il fondamento della religione). Deve
innanzitutto essere veritiero e capace di controllare i
propri sensi. Deve dedicarsi all'austerità, essere
distaccato, umile e tollerante. Non deve invidiare
nessuno. Deve essere esperto nel compimento dei
sacrifici e distribuire in carità ciò che possiede. Deve
essere determinato nello studio delle scritture vediche e
nelle attività religiose: queste sono le dodici qualità
fondamentali del brahmana."
Ancora il Mahabharata (Vana Parva capitolo 180)
ripete: satyam danam ksama-silam anrsyamsam tapo
ghrna, drsyante yatra nagendra sa brahmana iti smrtah,
"Una persona che dimostra veridicità, carità, capacità di
perdonare, sobrietà, gentilezza, austerità e mancanza di
odio viene chiamata brahmana."
Nel Bhagavata purana (7.11.21) Narada Muni afferma:
samo damas tapah saucam santosah ksantir arjavam,
jnanam dayacyutatmatvam satyam ca brahmalaksanam, "Le caratteristiche da cui si riconosce un
brahmana sono il controllo della propria mente e dei
propri sensi, austerità e tolleranza di fronte alle
difficoltà, pulizia, contentezza, tendenza a perdonare,
semplicità, conoscenza, compassione, veridicità, e
sottomissione completa alla Personalità Suprema della
Divinità."
Chi non dimostra di avere queste qualità non può
veramente essere considerato un brahmana. Nel
150
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
Mahabharata (Vana Parva capitolo 180), Maharaja
Yudhisthira afferma: sudre tu yad bhavel-laksma dvije
tac ca na vidyate, na vai sudro bhavec chudro
brahmano na ca brahmanah, "Se queste qualità (quelle
elencate come caratteristiche dei brahmana) si trovano
in un sudra (cioè una persona nata in una famiglia di
sudra), questi non deve mai essere chiamato sudra,
proprio come un brahmana (cioè una persona nata in
una famiglia di brahmana) non è un brahmana se gli
mancano queste caratteristiche."
Sempre il Mahabharata fornisce ulteriori chiarimenti a
proposito (Anusasana Parva 163.8, 26, 46), quando
Shiva dice a Parvati: sthito brahmana-dharmena
brahmanyam upajivati, ksatriyo vatha vaisyo va
brahma-bhuyah sa gacchati, ebhis tu karmabhir devi
subhair acaritais tatha, sudro brahmanatam yati vaisyah
ksatriyatam vrajet etaih karma-phalair devi suddhatma
vijitendriyah, sudro'pi dvija-vat sevya iti brahmabravit
svayam, sarvo'yam brahmano loke vrttena tu vidhiyate,
vrtte sthitas tu sudro'pi brahmanatvam niyacchati. Ecco
la traduzione: "Se kshatriya o vaisya (cioè persone nate
in famiglie kshatriya o vaisya) si comportano da
brahmana e si impegnano nelle occupazioni dei
brahmana, queste persone raggiungono la posizione di
brahmana. Nello stesso modo, un sudra (cioè una
persona nata in una famiglia di sudra) può diventare un
brahmana e un vaisya può diventare uno kshatriya. O
Devi, grazie al compimento di queste attività e
seguendo le istruzioni degli Agama (scritture vediche
che contengono gli insegnamenti per i rituali) anche una
151
Parama Karuna Devi
persona nata in una famiglia di sudra privi di
qualificazioni diventa un brahmana. In questo mondo
una persona nasce in una famiglia di brahmana come
risultato delle proprie tendenze, quindi un sudra che
manifesta tendenze da brahmana e agisce come un
brahmana diventa un brahmana."
Un altro verso del Mahabharata (Anusasana Parva
143.50) spiega ancora più precisamente: na yonir napi
samskaro na srutam na ca santatih, karanani
dvijatvasya vrttam eva tu karanam, "Né la nascita, né le
cerimonie di purificazione, né l'erudizione né la
discendenza costituiscono qualificazioni legittime per la
posizione di brahmana. Solo il comportamento da
brahmana costituisce la base per la posizione di
brahmana."
Lo conferma anche il Bhagavata purana (7.11.35):
yasya
yal
laksanam
proktam
pumso
varnabhivyanjakam, yad anyatrapi drsyeta tat tenaiva
vinirdiset, "Chi dimostra di avere le caratteristiche di
brahmana, kshatriya, vaisya o sudra che sono state già
descritte, dovrebbe essere classificato socialmente
secondo tali caratteristiche."
Anzi, rifiutarsi di riconoscere tali qualificazioni di guna e
karma mantenendo un pregiudizio di nascita e di
identificazione con il corpo grossolano costituisce un
comportamento offensivo e degradante in sé, che
squalifica automaticamente il suo autore. Il Bhagavata
purana (10.84.13) afferma: yasyatma buddhih kunape
tri-dhatuke sva-dhih kalatradisu bhauma ijya-dhih, yat
152
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
tirtha buddhih salile na karhicij janesv abhijnesu sa eva
go-kharah, "Quelle persone che identificano il sé come
il corpo materiale grossolano, che mantengono un
senso di appartenenza rispetto alla famiglia, che
rendono culto alla patria, e che si recano nei luoghi
sacri semplicemente per fare il bagno, non sono migliori
degli animali come le mucche e gli asini, anche se sono
nati come esseri umani."
Il Padma Purana afferma: arcye visnau sila-dhir gurusu
nara-matir vaisnave jati-buddhir, visnor va vaisnavanam
kali-mala-mathane pada-tirthe 'mbu-buddhih, sri visnor
namni mantre sakala-kalusa-he sabda samanya
buddhir, visnau sarvesvarese tad-itara sama-dhir yasya
va naraki sah. Ecco la traduzione: "Solo una persona
che ha una mentalità infernale può pensare che la
Divinità di Vishnu sia una statua, che il Guru sia un
essere umano ordinario, che un Vaishnava possa
venire valutato in base alla sua nascita, che Vishnu e i
Vaishnava possano essere toccati dalla contaminazione
del Kali yuga, che un sacro luogo di pellegrinaggio non
sia altro che un corso d'acqua, che il mantra costituito
dal nome di Vishnu non sia altro che un suono
ordinario, o che il Signore Supremo, Vishnu, sia un
personaggio qualunque."
Nel Padma purana Lomasa Rishi dichiara, sudram va
bhagavad bhaktam nisadam svapacam tatha viksatam
jati samanyat sa yati narakam dhruvam, "Un devoto del
Signore può essere anche nato in una famiglia di sudra,
nishada o sva-paca, ma chi lo valuta considerando la
sua nascita è destinato a cadere in una condizione
153
Parama Karuna Devi
infernale." Sempre nello stesso testo Vishnu stesso
afferma, na me bhaktas caturvedi mad-bhaktah
svapacah priyah, tasmai deyam tato grahyam sa ca
pujyo yatha hy aham, "Il mio devoto, anche se fosse
nato come sva-pacha, mi è più caro di chi è esperto nel
recitare i quattro Veda. Il suo tocco purifica, ed è degno
di adorazione quanto me."
Il Padma Purana afferma, na sudra bhagavad-bhaktas
te tu bhagavata matah sarva-varnesu te sudra ye na
bhakta janardane, "Un devoto di Dio non deve mai
essere considerato un sudra, mentre coloro che sono
privi di devozione vanno considerati sudra, non importa
in quale varna siano nati." E ancora, sva-pacam iva
nekseta loke vipram avaisnavam vaisnavo varno-bahyo
'pi punati bhuvana-trayam, "Se una persona nata come
brahmana manca di devozione a Vishnu, deve essere
evitata proprio come si evita il contatto con uno svapacha. D'altra parte, un devoto di Vishnu ha il potere di
purificare i tre mondi, anche se fosse nato al di fuori del
sistema dei varna."
E' importante capire che il fatto di essere "devoto di
Vishnu" non si limita a una dimostrazione esteriore di
devozione superficiale o fanatica a una particolare
forma di Divinità, ma deve essere sostenuto in pratica
dal livello di consapevolezza e di comportamento
caratteristico del puro sattva.
Uno degli esempi più famosi è costituito da Satyakama
Jabala, famoso Rishi, la cui storia è riportata nella
Chandogya Upanisad (4.4.1-5): "Satyakama, figlio di
154
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
Jabala, disse a sua madre, 'Desidero andare a studiare
come brahmachari nella casa del guru. A quale gotra
(discendenza familiare) appartengo?' Jabala rispose,
'Mio caro bambino, non so a quale discendenza
appartieni, perché durante la mia giovinezza ho lavorato
in molti posti e in quel periodo ti ho generato. Di' al
maestro semplicemente che il tuo nome è Satyakama
Jabala.' Satyakama andò quindi da Haridrumata
Gautama e disse, 'Desidero vivere presso di te come
brahmachari.' Gautama disse, 'A quale discendenza
appartieni?' Satyakama riferì semplicemente ciò che gli
era stato detto da sua madre e Gautama gli disse, 'Caro
ragazzo, soltanto un brahmana potrebbe essere tanto
veritiero, perciò tu sei senz'altro un brahmana e io ti
accetto come tale. Vai pure a prendere la legna per
accendere il fuoco sacro. E non allontanarti mai dalla
verità.'"
Nel suo commento alla Chandogya Upanishad,
Madhvacharya scrive, arjavam brahmane saksat
sudro'narjava- laksanah, gautamas tviti vijnaya
satyakamam upanayat, "Un brahmana si riconosce
dalla qualità della semplicità, mentre un sudra si
riconosce dalla mentalità contorta. Sapendo questo
fatto, Gautama accettò Satyakama come discepolo."
Altri famosi personaggi che diventarono conosciuti
come brahmana a tutti gli effetti nonostante la nascita in
famiglie di bassa origine sono Veda Vyasa e Valmiki
che abbiamo già menzionato. Vyasa ebbe un figlio
brahmana (Sukadeva), due figli kshatriya (Pandu e
Dhritarastra) e un figlio che dimostrò di avere un livello
155
Parama Karuna Devi
di consapevolezza completamente trascendentale al
sistema dei varna (Vidura).
Visvamitra figlio di Maharaja Gadi, e Maharaja
Vitahavya divennero brahmana pur essendo nati in
famiglie kshatriya; vengono citati appunto a questo
proposito nel Mahabharata rispettivamente Adi Parva
capitolo 174 e Anusasana Parva, capitolo 30.
La storia di Visvamitra, che divenne guru di Rama e
Lakshmana, i figli di Dasaratha, è molto famosa in
quanto si trova anche nel Ramayana e in vari Purana.
Vitahavya raggiunse il livello di brahmana grazie alla
benedizione di Bhrigu Muni. Anche il figlio di Vitahavya,
Gritsamada, divenne brahmana, e così anche i suoi
discendenti Suceta, Prakasa, Pramiti (molto esperto in
Veda e Vedanga), Sunaka e suo figlio Saunaka Rishi
(che narrò il Bhagavata purana ai saggi riuniti a
Naimisharanya). L'Hari vamsa (29.7-8) aggiunge che tra
i discendenti di Gritsamada ci furono molti brahmana,
ma anche kshatriya, vaisya e sudra.
Un altro kshatriya che divenne brahmana e generò una
discendenza di brahmana fu Maharaja Dhrista,
menzionato nel Bhagavata purana (9.2.16-17). Sempre
il Bhagavata purana (9.2.22) ricorda per lo stesso
motivo Maharaja Agnivesya, figlio di Devadatta, la cui
discendenza di brahmana divenne famosa come gli
Agnivesyayana. Ricordiamo anche Jahnu Muni nato
come figlio di Hotra della Chandra vamsa (Bhagavata
9.15.1-4), Kanva Rishi nato nella dinastia di Maharaja
Puru e suo figlio Medhatithi che fu il capostipite della
156
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
discendenza dei brahmana Praskanna (Bhagavata
9.20.1-7), Gargya il figlio del re Sini, i tre figli del re
Duritakshaya chiamati Trayyaruni, Kavi e Puskararuni
(Bhagavata 9.21.19); Ajamidha e suo figlio Priyamedha
e i suoi discendenti tra cui il grande Rishi Mudgala
(9.21.21, 9.21.31).
Il Bhagavata ci informa inoltre che tra i 100 figli del re
Rishabhadeva, 81 divennero brahmana (5.4.13) e che i
vaisya Nabhaga e Dista divennero brahmana (8.18.3).
L'Hari vamsa (31.33-35) afferma che Maharaja Bali
ebbe 5 figli kshatriya ma anche altri figli brahmana che
generarono discendenze brahmana.
Un'altra osservazione importante riguarda il concetto di
figlio adottivo o discepolo, che secondo la cultura vedica
è perfettamente equivalente a quello di figlio seminale,
sia a livello sociale che a livello legale sotto tutti gli
effetti.
Chi invece è nato in una famiglia di brahmana ma non
possiede le necessarie capacità e tendenze viene
chiamato brahma bandhu o "parente di brahmana".
Ecco la definizione della Chandogya Upanisad: asmat
kulino 'nanucya brahma-bandhur iva bhavati, "Un
brahma bandhu, un parente di brahmana, è una
persona che appartiene a una famiglia di brahmana ma
non ha studiato i Veda." Nel suo commento a questo
verso, Adi Shankaracharya scrive, he saumya
ananucya anadhitya brahma-bandhur iva bhavatiti,
brahmanan
bandhun
vyapadisati,
na
svayam
brahmana-vrtah, "Chi non ha studiato i Veda (pur
157
Parama Karuna Devi
essendo nato da genitori brahmana) è semplicemente
un parente o amico di brahmana. Può chiamare suoi
cari quei brahmana, ma non possiede il comportamento
necessario per qualificarsi come brahmana lui stesso."
La stessa definizione, brahma bandhu (“parente di
brahmana) o brahma atma-ja (“figlio di brahmana”),
viene usata da Krishna nel Bhagavata purana per
riferirsi ad Asvatthama figlio di Drona (1.7.19, 1.7.35), e
per definire la categoria generale di persone non
qualificate (dvija-bandhu) per cui Vyasa compilò il
Mahabharata (1.4.25). Dvija-bandhu, o "parente di nati
due volte" si applica non soltanto ai figli non qualificati di
genitori brahmana, ma anche ai figli non qualificati di
kshatriya e vaisya, in quanto kshatriya e vaisya ricevono
anch'essi il filo sacro nell'iniziazione religiosa che
costituisce la seconda nascita di un arya. Nelle scritture
vediche si trova talvolta anche la definizione di kshatra
bandhu per indicare un discendente indegno di
kshatriya. La mancanza di qualificazioni particolari nei
figli di vaisya o imprenditori è considerata meno grave e
non pericolosa nell'amministrazione della società, quindi
viene menzionata molto raramente.
Questo vale per i figli di brahmana che per natura
individuale mancano delle qualificazioni personali
caratteristiche del brahmana riguardo a guna (qualità) e
karma (attività). Qual è secondo le scritture vediche la
posizione di una persona che è stata riconosciuta
precedentemente come brahmana ma che per un
motivo o per l'altro cade su un livello di consapevolezza
e di comportamento inferiore?
158
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
La Manu samhita (4.245) afferma, uttamanuttaman
gacchan hinam hinams ca varjayan, brahmanah
sresthatam eti pratyavayena sudratam, "A seconda
delle buone o delle cattive compagnie che frequenta, un
brahmana
può
diventare
rispettivamente
una
personalità straordinariamente elevata oppure un
sudra."
Il Kurma purana spiega: go-raksakan vanijakan tatha
karuka-silinah, presyan vardhusikams caiva vipran
sudra-vad acaret, yo'nyatra kurute yatnam, anadhitya
srutim dvijah sa sammudho na sambhasyo veda-bahyo
dvijatibhih, "Quei brahmana che si guadagnano da
vivere allevando bovini, commerciando, dando
spettacoli artistici, mettendosi al servizio di altri o
prestando denaro a interesse, non sono altro che sudra.
Chi non studia i Veda ma si impegna con cura in altre
imprese è certamente uno sciocco e deve essere
ostracizzato dalla società vedica - i brahmana non
devono neppure rivolgergli la parola."
E' importante comprendere che la tradizione vedica
accetta la validità delle azioni magari improprie ma
dettate da considerazioni di emergenza. Il Bhagavata
purana (11.17.47) afferma che in caso di gravi
ristrettezze
economiche
un
brahmana
può
temporaneamente
impegnarsi
in
occupazioni
caratteristiche dei vaisya o degli kshatriya, ma deve
trattarsi di un espediente di emergenza, e al più presto
bisogna tornare alle attività caratteristiche del
brahmana, altrimenti si perde la posizione sociale di
brahmana e si acquisisce quella delle attività che
159
Parama Karuna Devi
vengono svolte in modo continuato. Particolarmente
grave e degradante è il caso del brahmana che sceglie
di svolgere attività caratteristiche del sudra, come il
servizio di stipendiato anche alle dipendenze del
governo (raja sevakan), insegnante stipendiato
(bhrtakadhyapakan), impiegato di banca o commercio
(vanijakan), tecnico di qualsiasi genere (yantravidyakan), medico o farmacista (cikitisikan) e
naturalmente a maggior ragione quelle attività che si
basano semplicemente sull'uso del corpo come il lavoro
di artista dello spettacolo, danzatore, cantante, attore,
recitatore professionista, pittore, scultore, artigiano e
così via, o il servizio personale ad altri, specialmente a
persone che sono a livello di sudra o peggio ancora di
anarya. Queste professioni non sono negative in sé
stesse, ma poiché richiedono di compiacere i clienti
creano una situazione di dipendenza e rafforzano
l'identificazione con il corpo materiale - perciò non sono
assolutamente compatibili con i doveri del brahmana.
Lo mancanza di applicazione allo studio e di
conoscenza delle scritture vediche (svadhyaya tyaga)
rimane comunque la causa più grave di degradazione
per un figlio di genitori brahmana. Il Vishnu dharma
shastra (93.7) afferma, yaitral-laksyate sarpa vrttam sa
brahmanah smrtah yatraitan na bhavet sarpa tam
sudram iti nirdiset, na vary api prayacchet tu vaidalavratike dvije na baka-vratike vipre naveda vidi dharmavit, "Le persone che osservano gli insegnamenti religiosi
non dovrebbero offrire nemmeno una goccia d'acqua a
un ipocrita che pur essendo figlio di brahmana rimane
160
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
ignorante riguardo alla conoscenza vedica
comporta in modo contrario alle leggi dell'etica."
o
si
La Manu samhita (2.157, 2.172) afferma, yatha kasthamayo hasti yatha carma-mayo mrgah yas ca
vipro'nadhiyanas trayas te nama bibhrati, "Un
brahmana che non studia i Veda è paragonabile a un
elefante o a un cervo fatti di pelle, che sono elefante o
cervo solo di nome ma non possono funzionare come
tali. Bisogna sapere che finché un brahmana non si è
qualificato nella conoscenza dei Veda, rimane sullo
stesso livello di un sudra."
Tradizionalmente, un brahmana viene considerato
caduto dalla sua posizione sociale se commette
infrazioni alla purezza, per esempio a causa del
consumo di alimenti non vegetariani, di bevande
alcoliche, o anche di alimenti vegetariani cucinati da
sudra (sudranna pustam), come conferma il Kurma
purana: nadyac chudrasya vipro'nnam mohad va yadi
kamatah sa sudra-yonim vrajati yas tu bhunkte hyanapadi. Questo è il motivo per cui un brahmana non va
mai a mangiare al ristorante e fa molta attenzione a ciò
che acquista sul mercato.
Il Mahabharata (Santi parva, 189.7) dichiara, himsanrtapriya lubdhah
sarva-karmopjivinah krsna saucaparibhrasthast e dvijah
sudratam gatah sarva-bhaksyaratirn ityam sarvakarmakaro 'sucih tyakta-vedastvanaca rah sa vai sudra
iti smrtah, "Un brahmana che si macchia di violenza
(come per esempio nel consumo di alimenti non
161
Parama Karuna Devi
vegetariani), che mente o imbroglia, o che è avido, che
è impuro o si impegna in qualsiasi attività pur di
guadagnarsi da vivere si degrada alla posizione di
sudra. Proprio perché mangia e beve qualsiasi cosa
senza discriminazione ed è attaccato alle cose materiali
e all'idea di fare soldi, ha abbandonato il dharma vedico
e il comportamento etico, e viene chiamato sudra."
E' detto che a causa delle influenze negative dell'epoca
in cui viviamo, il Kali yuga ("l'epoca nera") c'è da
aspettarsi una degradazione sempre maggiore per tutte
le categorie sociali. Il Padma purana afferma,
brahmanah ksatriya vaisah sudrah papa-parayanah
nijacara-vihinas ca bhavisyanti kalau yuge, vipra vedavihinas ca pratigraha-parayana hatyanta-kaminah krur
bhavisyanti kalau yuge, veda-nindakaras caiva
dyutacaurya karas tatha, vidhva-sanga- lubdhas ca
bhavisyanti kalau dvijah, vrttyartham brahmanah kecit
mahakapata-dharminah raktambara bhavisyanti jatilah
smasrudharinah, kalau yuge bhavisyanti brahmanah
sudra-dharmina. Ecco la traduzione: "In Kali yuga tutte
e quattro le categorie sociali si degradano,
abbandonano il giusto comportamento e cadono in
attività contrarie all'etica. I brahmana non studiano la
conoscenza vedica e non praticano i sacrifici, e
abbandonando i cinque doveri rituali prescritti nei Veda
e il livello di consapevolezza spirituale, si impegnano in
altre attività, pur continuando ad affermare la propria
posizione sociale per raccogliere denaro e chiedere
donazioni che utilizzano per soddisfare il loro desiderio
illimitato di gratificazione dei sensi. I cosiddetti
162
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
brahmana del Kali yuga sono afflitti da lussuria e
crudeltà, malizia e invidia, e diventano ladri di
professione, bestemmiando contro le scritture vediche,
ubriacandosi e sfruttando le donne per il piacere
sessuale. Arrivano persino a vestirsi degli abiti rossi del
sadhu, lasciandosi crescere barba e capelli lunghi, per
meglio ingannare la gente."
Numerosi esempi di brahmana degradati si trovano
nelle scritture e nella tradizione storica più recente - dal
giovane Sringhi, figlio di Samika Rishi, che per
vendicarsi di un semplice scherzo maledisse Maharaja
Parikshit a morire nel giro di sette giorni, alle intere
generazioni di officianti corrotti le cui attività nefaste
nella distorsione dei sacrifici rituali vedici prepararono la
strada alla rivoluzione buddhista e alla decadenza della
società indiana.
Anche tra i seguaci del buddhismo e del jainismo
troviamo molti brahmana che negarono apertamente
l'autorità delle scritture vediche invece di condannarne
la distorsione - tra questi possiamo citare
Boddhidharma, Buddhapalita, Nagarjuna, Asvaghosa,
Asanga,
Kumarajiva,
Dinnaga,
Dharmakirti,
Chandrakirti, Santideva e Ratnakirti per il buddhismo, e
Prabhachandra, Anantavirya, Devasuri, Hemacandra,
Nemichandra, Mallisena, e Siddhasena Divakara per il
jainismo.
Senza contare gli innumerevoli brahmana che scelsero
di convertirsi all'islam durante le invasioni e la
dominazione musulmana, molti brahmana collaborarono
163
Parama Karuna Devi
per avidità con i colonialisti britannici alla distorsione
delle scritture vediche e alla traduzione della
propaganda cristiana nelle lingue indiane.
Addirittura il Varaha purana afferma, raksasah kalim
asritya jayante brahma-yonisu utpanna brahmana-kule
badhante srotriyan krsan, "Alcuni che erano esseri
demoniaci nelle epoche precedenti prenderanno nascita
in Kali yuga in famiglie di brahmana allo scopo di
indebolire e distruggere la tradizione della sruti (delle
scritture vediche)."
Questa situazione venne naturalmente sfruttata il più
possibile dai colonialisti, come abbiamo già osservato
nel primo capitolo. Solo recentemente la società
induista si sta liberando dalle pastoie della mentalità
coloniale e sta riscoprendo la versione autentica delle
scritture vediche. Per esempio il Dr. Raj Pandit Sharma,
del consiglio direttivo dell'Hindu Council of the United
Kingdom (Unione Induista Britannica) ha preparato un
importante rapporto su questo argomento, che è stato
pubblicato dalla sua organizzazione ed è stato
approvato dalla Shiri Guru Valmik Sabha di Southall a
Londra, l'organizzazione ufficiale dei cosiddetti
fuoricasta induisti. Il rapporto afferma, "Sono stati i
britannici a formulare il sistema delle caste che è
attualmente in uso oggi nel governo indiano. Il problema
che si manifesta nella forma attuale del sistema delle
caste non può essere imputato alla religione induista.
L'attuale distorsione del sistema induista del
varnashrama è un risultato diretto di generazioni di
burocrazia coloniale britannica."
164
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
Già Swami Vivekananda scriveva:
"In India il progetto consiste nel far diventare tutti
brahmana, poiché il brahmana è l'essere umano ideale.
Se leggete la storia dell'India troverete che sono
sempre stati fatti tentativi per elevare le classi inferiori.
Molti sono stati elevati e molti altri seguiranno, finché
l'intera umanità sarà diventata brahmana. Questo è il
piano. Il nostro ideale è il brahmana che possiede la
cultura spirituale e la rinuncia. Cosa intendo per ideale
di brahmana? Intendo la brahmanità ideale in cui la
mondanità è del tutto assente e la saggezza è presente
in modo abbondante.
Leggiamo nel Mahabharata che il mondo intero era
inizialmente popolato di brahmana e che man mano che
gli individui cominciarono a degradarsi si divisero in
classi diverse, e che con il nuovo ciclo torneranno tutti
alla medesima origine brahmanica. Il figlio di un
brahmana non è necessariamente un brahmana: anche
se ci sono buone possibilità che lo sia, potrebbe anche
non diventarlo.
Poiché in ogni uomo ci sono sattva, rajas e tamas - uno
o più di questi guna, in misura maggiore o minore, crea
le qualità che fanno un brahmana, kshatriya, vaishya o
sudra e che si trovano in ogni uomo in varia misura. In
un determinato momento l'una o l'altra di queste qualità
predomina in vari gradi e si manifesta di conseguenza.
Lo stesso uomo le può esprimere in diverse iniziative:
quando si impegna a servire un altro per uno stipendio
è nella sudrità, quando si impegna per proprio conto in
165
Parama Karuna Devi
qualche transazione commerciale per profitto agisce
come vaisya, quando combatte per rimediare alle
ingiustizie vengono a galla in lui le qualità dello
kshatriya, e quando medita su Dio o parla di Dio è un
brahmana. Un tempo la caratteristica di chi aveva una
mente nobile era tri bhuvanam upakara shrenibhih
priyamanah, 'compiacere l'intero universo con i propri
numerosi atti di servizio', ma purtroppo ora la
prospettiva è diventata 'Il mondo intero è impuro e solo
io sono puro! Non toccatemi! Non venitemi vicino!'
Noi siamo induisti ortodossi, ma ci rifiutiamo
completamente di identificarci con questo 'nontocchismo'. Non è induismo quello, non c'è in nessuno
dei nostri libri: si tratta soltanto di una superstizione che
ha interferito con l'efficienza nazionale. Il 'nontocchismo' è una forma di malattia mentale.
Forse che l'insegnamento atmavat sarva bhuteshu,
'bisogna considerare tutti gli esseri come il proprio vero
sé' deve essere confinato soltanto alla conoscenza
libresca? Come potranno concedere il dono della
liberazione coloro che non sono capaci di nutrire una
bocca affamata con una crosta di pane? Come
potranno purificare gli altri, coloro che diventano
contaminati semplicemente dal fiato altrui?
Finché tutti coloro che sono poveri, miserabili, disperati
e maltrattati a causa della loro nascita non saranno stati
sollevati, la Madre non si risveglierà. Io dico che ogni
induista è fratello di ogni altro, e che siamo noi che
abbiamo degradato la gente con il nostro 'non toccare,
166
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
non toccare!', con la nostra piccineria e cattiveria,
codardia e ignoranza.
La nostra soluzione al problema delle caste non
consiste nel degradare coloro che sono elevati, non è
abolire ogni discriminazione riguardo a cibi e bevande,
non è spezzare le regole per correre dietro a maggiori
godimenti, ma si ottiene quando ciascuno di noi segue i
veri dettami della nostra religione Vedantica, quando
raggiungiamo la spiritualità e diventiamo brahmana
ideali. Il compito è lo stesso per tutti: dovete progredire
incessantemente, e dall'uomo più elevato al più basso
dei paria, ciascuno in questa nazione deve cercare di
diventare un brahmana ideale. Questo concetto
Vedantico non si applica solo qui, ma in tutto il mondo.
La brahmanità è l'ideale per l'umanità in India, come
viene espresso meravigliosamente da Shankaracharya
all'inizio del suo commento alla Gita, quando parla della
ragione dell'apparizione di Krishna, che discese in
questo mondo allo scopo di predicare la protezione
della brahmanità, del brahmanesimo. Questa era la sua
motivazione importante. E' dunque dovere del
brahmana lavorare per il bene del resto dell'umanità. Se
lo fa, e nella misura in cui lo fa, è un brahmana.
Chiunque dichiari di essere brahmana deve provare tale
affermazione, in primo luogo manifestando questa
spiritualità in sé stesso e poi elevando altri allo stesso
livello.
Sembra purtroppo che la maggior parte dei brahmana
sappiano soltanto nutrire un falso orgoglio di nascita, e
seguire con piacere qualsiasi stratagemma, straniero o
167
Parama Karuna Devi
nostrano, che accarezzi tale vanità e l'inerente pigrizia
che questa comporta."
La diagnosi di Vivekananda è precisa. Le persone nate
in famiglie "tradizionalmente qualificate" che non fanno
lo sforzo di qualificarsi personalmente attraverso lo
studio delle scritture e il giusto comportamento, stile di
vita e pratiche spirituali, finiscono per creare un clima di
cinismo, complessi inconsci di inferiorità/ superiorità,
paura, senso di insoddisfazione, che vengono ricoperti
e nascosti da arroganza e aggressività. Quando queste
persone squilibrate insistono nell’affermare che lo studio
delle scritture vediche è loro diritto esclusivo di nascita e
non può essere intrapreso legittimamente da persone
nate in famiglie di diversa origine, creano nella società
in generale l'impressione che cercare di diventare
qualificati spiritualmente sia un'impresa inutile
perlomeno in questa vita.
Poiché le tendenze degradanti del Kali yuga trascinano
verso il basso tutti coloro che mancano di sforzarsi
sinceramente di progredire ed elevarsi, anche coloro
che avrebbero delle buone tendenze e un buon
potenziale di sviluppo finiscono per ricadere nella
pigrizia e nell'indifferenza, sprecando così la preziosa
opportunità della nascita umana.
Questa situazione non si è creata per caso. L'accusa
dell'Hindu Council è fondata. Come abbiamo visto nel
capitolo precedente, il governo coloniale britannico
aveva tutto l'interesse a indebolire l'ideologia vedica per
168
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
poter meglio dominare il subcontinente indiano, e
sicuramente ci fu della malizia nel modo in cui
introdusse la famigerata teoria dell'invasione ariana e
dell'origine caucasica della cosiddetta razza indoeuropea. L'idea che la cultura vedica fosse stata
introdotta in India dai cosiddetti ariani indoeuropei, di
razza bianca, venne presentata come la giustificazione
della superiorità della civiltà "bianca" su basi razziali.
Per comprendere l'origine di questa teoria e la sua
fallacità è necessario chiarire alcuni importanti concetti
vedici, definiti come varna, kula, gotra, vamsa e jati.
Abbiamo già visto che varna costituisce la posizione
sociale, dotata di diritti e doveri, delle quattro categorie
professionali definite brahmana, kshatriya, vaisya e
sudra, cioè rispettivamente intellettuali, amministratori,
imprenditori e manovali.
Il termine kula definisce la "famiglia" o la "casa" alla
quale si appartiene, per nascita o per scelta, in modo
permanente o temporaneo. Per esempio, la casa del
Guru in cui gli studenti vivono durante la fase di
brahmacharya viene chiamata Guru Kula. Il termine si
applica anche alle associazioni religiose, specialmente
tantriche, di cui i membri iniziati fanno parte
considerandosi appartenenti alla stessa famiglia.
I termini gotra e vamsa indicano la discendenza
seminale, cioè l'origine di una particolare famiglia a
partire da un fondatore della "dinastia", rispettivamente
nel caso dei brahmana (gotra) e nel caso degli
kshatriya (vamsa). I discendenti di brahmana e
kshatriya sono o dovrebbero essere consapevoli delle
169
Parama Karuna Devi
responsabilità che derivano dall'eredità familiare e fare
tutti gli sforzi necessari per coltivare le qualità (guna) e
le attività (karma) che li rendono degni dei loro antenati
e che costituiscono per i loro figli un brillante esempio
per il loro sviluppo personale. Si tratta di un legame di
affetto, riconoscenza e rispetto, di un vero e proprio
debito (rina) che va ripagato, sia onorando ritualmente
la
memoria
degli
antenati
che
educando
adeguatamente i propri discendenti. Come nel caso del
varna, anche l'appartenenza al gotra può essere
modificata nel corso di una stessa vita.
Diversa è la situazione che riguarda jati, la "nascita",
che si riferisce esclusivamente alla condizione genetica,
che rende possibile o impossibile il compimento fisico di
particolari doveri tramite caratteristiche e capacità
fondamentali del corpo e della mente. Le scritture
vediche descrivono tre tipi di jati: manusya jati ("nascita
come essere umano"), pakshi jati ("nascita come
volatile") e mriga jati ("nascita come animale
mammifero"). I propagandisti britannici innestarono
erroneamente il concetto vedico di jati sulle idee
pseudo-scientifiche di antropologia razziale che stavano
fermentando in Europa sin dai tempi di Carlo Linneo
(1707-1778), il famoso medico, botanico e zoologo. Nel
suo Systema Naturae (1767) Linneo scrive di cinque
razze umane: il bianco Europeanus dal carattere gentile
e dalla mente inventiva, il rosso Americanus dal
carattere ostinato e collerico, il nero Africanus rilassato
e negligente, il giallo Asiaticus avido e facilmente
distratto, e il Monstrosus subumano delle tribù native.
170
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
Persino pensatori come Friedrich Hegel, Immanuel Kant
e Auguste Comte credevano che la cultura occidentale
europea fosse l'acme del processo evolutivo lineare
socio-culturale
umano
e
approvavano
la
schiavizzazione delle "razze inferiori". Nel loro Razze
indigene della terra prima dell'origine delle specie
(1850), Josiah Clark Nott e George Robins Gliddon
mettono i "negri" su un gradino della creazione che sta
tra i "greci" (considerati l'inizio della cultura europea
occidentale) e gli scimpanzé. I non-bianchi venivano
tenuti in gabbia in "zoo umani" durante le fiere coloniali
per promuovere i benefici arrecati del colonialismo
bianco alle popolazioni di colore: nel 1906 il pigmeo
africano Ota Benga venne esposto come "l'anello
mancante" nello zoo del Bronx, a New York, accanto
alle grandi scimmie e ad altri animali. Le cronache
riportano parecchi altri esempi del genere.
Spesso Max Müller viene identificato come il primo
scrittore che menzionò l'idea una "razza" ariana, in
quanto nelle sue Conferenze sulla scienza del
linguaggio del 1861 si riferì agli ariani come a una
"razza di persone". Müller elaborava sullo sviluppo
dell'antropologia razziale e sull'influenza del lavoro di
Arthur de Gobineau, secondo il quale l'indoeuropeo
rappresentava un ramo superiore dell'umanità. Parecchi
scrittori successivi, come l'antropologo francese Vacher
de Lapouge nel suo libro L'Ariano, sostennero che
questo ramo superiore poteva venire identificato a
livello biologico usando l'indice cefalico (la misura della
forma della testa) e altri parametri simili. De Lapouge
171
Parama Karuna Devi
affermava che gli europei biondi dal cranio allungato o
"dolicocefali", che si trovano caratteristicamente nel
nord Europa, erano leader naturali, destinati a
governare sui popoli brachiocefali (dal cranio corto).
Nel XVIII secolo uno dei primi antropologi fisici, il
medico americano Samuel George Morton (1799-1851)
mise insieme una collezione di teschi provenienti da
varie parti del mondo per tentare una classificazione.
Influenzato dalla teoria razziale contemporanea, il dott.
Morton affermò che era possibile giudicare la capacità
intellettuale di una razza misurando la capacità cranica
interna - un teschio di grandi dimensioni significava un
cervello grosso e quindi una elevata capacità
intellettuale, mentre un teschio piccolo era la prova di
un cervello piccolo, quindi di minori capacità intellettuali.
Ovviamente nessuno sapeva che la capacità cranica
dei Neanderthal era molto maggiore paragonata a
quella dei Cro Magnon - il tipo moderno di uomo che
generalmente si considera il risultato finale
dell'evoluzione - o che in proporzione al peso totale del
corpo il cervello del topo costituisce il massimo di
capacità cerebrale tra tutte le specie viventi, compresa
quella umana.
Negli Stati Uniti questo razzismo "scientifico" era usato
per giustificare lo schiavismo dei neri americani davanti
alle proteste morali della gente contro il traffico di
schiavi sull'Atlantico. Alexander Thomas e Samuell
Sillen descrivono i neri come particolarmente adatti alla
schiavitù a causa della loro "organizzazione psicologica
primitiva". Nel 1851 in Louisiana prima della guerra
172
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
civile, il medico Samuel A. Cartwright (1793-1863)
diagnosticava i tentativi di fuga degli schiavi come
"drapetomania", una malattia mentale vera e propria,
scrivendo che "con le adeguate prescrizioni mediche,
seguite scrupolosamente, questa fastidiosa tendenza a
fuggire dimostrata da molti negri può essere prevenuta
o curata quasi totalmente."
Dopo la guerra civile i medici della Confederazione del
Sud scrissero libri di testo sul razzismo “scientifico”
basati su ricerche che dimostravano come gli ex schiavi
negri si stessero estinguendo perché non erano adatti
alla vita da uomini liberi - in altre parole, i negri
potevano solo trarre benefici dalla schiavitù.
Allo scopo di ottenere il sostegno dei "livelli
razzialmente superiori" dell'India, i propagandisti
britannici formularono quindi la teoria dell'invasione
ariana, secondo la quale invasori stranieri di razza
"ariana" nomadici o semi-nomadici provenienti dall'Asia
centro-settentrionale (cioè il Caucaso, da cui la
definizione di "razza caucasica") erano discesi in India
verso il 1500 aC e grazie alle loro superiori armi di ferro,
ai carri e ai cavalli avevano sconfitto le popolazioni
primitive e pacifiche degli indigeni di razza dravidica
(nera). Secondo questa teoria gli stranieri ariani erano
più forti, bellicosi e spietati delle pacifiche "tribù primitive
indigene" e ne avevano facilmente fatto strage,
costringendo una parte di quella popolazione alla
schiavitù, mentre i pochi dravidici sopravvissuti erano
fuggiti nel sud dell'India, dove si erano stabiliti.
173
Parama Karuna Devi
In questo modo l'India sarebbe stata "civilizzata" da
questi nomadi tipicamente bianchi, che avevano
introdotto la conoscenza vedica e il sanscrito, e
soprattutto avevano creato la divisione in classi sociali
dove le due classi dominanti più alte (brahmana e
kshatriya) erano di "pura razza ariana", mentre la terza
classe (i vaisya) era un misto di conquistatori e vinti, e
la quarta e più bassa classe (sudra) era composta dagli
schiavi appartenenti alla "razza primitiva e inferiore"
(nera) dei dravidi. La stessa teoria affermava inoltre che
gli stessi popoli ariani avevano invaso anche l'Europa,
dove erano diventati la razza dominante, che secondo
le teorie naziste era caratterizzata da corporatura alta e
robusta con capelli biondi e occhi azzurri.
Questa "teoria dell'invasione ariana" è stata ormai
ampiamente screditata, soprattutto da molte scoperte
archeologiche a partire dal 1922, con il ritrovamento dei
resti delle città di Mohenjo Daro e Harappa, due città
molto evolute e civili che sono state datate come molto
anteriori al 1500 a.C.
Lo stanziamento urbano più antico, Mehrgarh, viene
attualmente fatto risalire al 7000 a.C, mentre quelli più
grandi, Lakhmirwala e Rakhigarhi, coprivano ciascuno
225 ettari, più del doppio di Mohenjo Daro e Harappa.
Mentre è perfettamente possibile che verso il 1500 aC
un'ondata di invasori barbari nomadi sia effettivamente
scesa in India dal Caucaso, come accadde poi ancora
molti secoli dopo con gli unni e altre popolazioni simili, il
risultato di tali scorrerie relativamente marginali non
174
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
poteva certo essere l'introduzione del sanscrito e della
conoscenza vedica o un progresso della civiltà in India.
Perché? Semplicemente perché gli arya, cioè i popoli
della civiltà vedica, insieme con il sanscrito e i Veda,
erano già in India, con una presenza che risale a molte
migliaia di anni prima. Non esiste, in tutte le scritture
vediche o nella tradizione orale, alcun accenno a un
luogo d'origine precedente degli arya rispetto al
subcontinente indiano, dal quale gli arya siano poi
"migrati".
La rivoluzionaria scoperta delle città della valle dell'Indo
o Sindhu e del Sarasvati è la stupefacente
testimonianza di una civiltà autoctona urbana altamente
raffinata, che aveva impianti igienici moderni (ogni casa
disponeva di un bagno collegato a un sistema di
fognature che correva sotto le strade lastricate, con
tombini di ispezione a intervalli regolari), centri
commerciali, granai pubblici, piscine e larghe strade con
angoli arrotondati per favorire il traffico di veicoli di una
certa grandezza.
La gente vestiva abiti di cotone, si adornava di vari
ornamenti e pettinature complesse, usava recipienti di
ceramica vetrosa e aveva sviluppato un fiorente
commercio fluviale. Le case avevano stanze di
adorazione centrate attorno al sistema vedico del
sacrificio del fuoco, con immagini di Shiva, Durga e altre
Divinità vediche. Tra la grande quantità di sigilli scoperti
in queste città, molti raffigurano divinità vediche, il toro,
la sillaba sacra Om e altri simboli classici vedici.
175
Parama Karuna Devi
Oggi si conoscono migliaia di questi siti, sparsi in un
territorio che comprende oltre all'India l'attuale regione
di Pakistan e Afghanistan.
L'antico fiume Sarasvati è particolarmente importante
per questa verifica storica, in quanto si è prosciugato
ben oltre 5000 anni fa, eppure viene ampiamente
descritto nei testi vedici come un fiume molto grande e
importante.
Gli studiosi occidentali consideravano il fiume Sarasvati
come una semplice leggenda o figura simbolica, finché
il suo enorme letto prosciugato é stato localizzato dalle
foto dei satelliti. Il prosciugamento del Sarasvati, che
secondo le valutazioni geologiche avvenne circa nello
stesso periodo del prosciugamento della regione del
Sahara in Africa, sembra essere il motivo più probabile
dell'abbandono
di
queste
zone:
gli
abitanti
semplicemente decisero di emigrare nelle altre
antichissime città che ancora esistono nelle pianure del
Gange, come per esempio Prayaga (l'attuale Allahabad)
e Kasi (conosciuta anche come Varanasi o Benares).
Il lungo successo accademico della teoria dell'invasione
ariana, tuttora insegnata nelle scuole in India e a livello
globale come se fosse un fatto storico accertato e
indiscutibile, appare ancora più sconcertante quando ci
si prende il disturbo di leggere effettivamente i Veda e
gli altri testi vedici, in cui troviamo continue descrizioni
di una società vedica altamente urbanizzata, prospera,
raffinata - decisamente stanziale - che non corrisponde
affatto alle condizioni inevitabilmente limitanti della vita
176
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
nomadica o persino con il territorio arido e montuoso del
Caucaso che avrebbe dovuto essere il "luogo di origine"
della cosiddetta razza ariana.
I nomadi sono persone che si trasferiscono
continuamente proprio come sistema di vivere, perciò
non costruiscono mai città, palazzi o templi. Tendono
piuttosto a vivere molto semplicemente in tende,
preferibilmente fatte di pelli animali che possono essere
impacchettate e trasportate facilmente, come si osserva
ancora oggi nelle popolazioni che continuano a vivere in
questo modo.
Una vita nomade dipende naturalmente dalla caccia e
dal saccheggio piuttosto che dall'agricoltura (che
richiede una vita molto stanziale) ed eventualmente con
l'occasionale
raccolta
di
vegetali
spontanei.
Considerazione ancora più importante, la vita nomade
costringe la gente a mantenere i propri possedimenti
materiali a un minimo di utensili pratici che possono
essere trasportati facilmente: quindi generalmente non
hanno libri o conoscenze complesse. Persino
l'artigianato è ridotto al minimo poiché si tende ad
abbandonare gli utensili non indispensabili durante il
viaggio e a fabbricarne di nuovi quando si stabilisce
l'accampamento successivo. La cultura dei nomadi
viene trasmessa oralmente attorno ai fuochi da campo e
la religione è normalmente di tipo sciamanico.
Nella vita nomadica l'allevamento di bestiame è pratico
soltanto quando gli animali vengono macellati
regolarmente per il consumo di carne, specialmente i
177
Parama Karuna Devi
capi troppo giovani o troppo vecchi per muoversi
velocemente insieme alla tribù quando è il momento di
spostare il campo. Vediamo invece che la civiltà vedica
non ha mai contemplato la possibilità della macellazione
di bestiame, specialmente di vitelli, e anzi considera
anche soltanto il separare il vitello dalla madre come un
crimine di crudeltà, un'azione contraria ai principi della
religione.
Tutte le storie che riguardano la civiltà vedica, incluse
quelle che contengono riferimenti astronomici relativi a
centinaia di migliaia di anni fa, mostrano un grande
sviluppo dell'agricoltura stanziale basata sulla
coltivazione dei cereali, una forte preferenza verso il
vegetarianesimo etico, la nonviolenza e la vita pacifica,
e un sistema di classi sociali basato sulle tendenze
naturali di ciascun singolo individuo a prescindere dal
colore o dalla razza. Gli ariani che vi sono descritti non
sono una razza geneticamente superiore ma una
società civile altamente urbanizzata, raffinata e
organizzata, nella quale chiunque poteva essere
ammesso.
Similmente la cronologia insegnata dalle istituzioni
accademiche e dai libri di testo "accreditati" riguardo la
compilazione delle scritture vediche, basata sulla teoria
dell'invasione ariana, appare estremamente tendenziosa e soprattutto non corrisponde affatto con ciò che
affermano direttamente i Veda stessi. Ancora nel XX
secolo, la datazione delle antiche civiltà era influenzata
dalla credenza di molti studiosi e archeologi, compreso
il famoso Max Muller, secondo cui la creazione del
178
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
mondo sarebbe avvenuta nel 4004 a.C, e il diluvio
universale nel 2500 a.C. Anche quando la versione
biblica venne accantonata a causa delle scoperte dei
fossili e della crescente popolarità della teoria evolutiva
darwiniana, l'accademia globale mantenne la credenza
che fino a poche migliaia di anni avanti Cristo l'umanità
intera fosse vissuta in uno stato estremamente
primitivo, evolvendosi lentamente dall'età della pietra
(durata fino al 3000 a.C) fino all'età del ferro (iniziata
verso il 600 a.C) con le civiltà più antiche conosciute
localizzate in Sumer, nel medio oriente, e in Egitto, tra il
3500 e il 2200 a.C, poi in Grecia e nell'impero romano,
mentre il resto del mondo era rimasto immerso più o
meno nella barbarie fino al periodo coloniale.
Con il tramonto del colonialismo e l'affermarsi dei valori
umanistici e dell'indipendenza della ricerca scientifica
nei campi dell'antropologia e archeologia molti vecchi
miti dell'indologia sono stati giustamente sfatati. La
prospettiva stessa della storia antica è cambiata
profondamente, grazie a molte scoperte rivoluzionarie
avvenute nel corso dell'ultimo secolo, che hanno
spostato indietro l'orologio della "storia del genere
umano" di parecchie migliaia di anni. Purtroppo la
vecchia e fallace visione della storia dell'umanità è
tuttora insegnata nella maggior parte dei testi scolastici,
soprattutti quelli elementari.
In seguito la propaganda nazista
provocato un'associazione di
nell'opinione pubblica globale
"ariano" e al simbolo della
179
sulla razza ariana ha
idee molto infelice
riguardo al termine
svastika (anch'esso
Parama Karuna Devi
arbitrariamente rubato alla cultura vedica) applicandovi i
concetti negativi di razzismo, oppressione e violenza,
che vengono espressi ai nostri tempi con l'eufemismo
"politicamente corretto" di pulizia etnica.
Il risorgimento della cultura vedica in India ha dovuto
lottare contro tutte queste immense difficoltà. In un
primo tempo, sotto il regime coloniale britannico, l'unica
possibilità consisteva nel presentare la conoscenza
vedica in un formato che fosse gradito alla mentalità
britannica vittoriana, e questo ha dato origine al
cosiddetto neo-induismo o induismo "riformato".
Tra i famosi maestri che già durante il regime coloniale
britannico in India hanno cominciato a diffondere il
messaggio spirituale del Sanatana Dharma in lingua
inglese, ricordiamo Ramakrishna (1836-1886) e
soprattutto il suo discepolo Vivekananda (1863-1902),
Bhaktivinoda (1838-1914) e suo figlio Bhaktisiddhanta
(1874-1936), Aurobindo (1872-1950), Ram Tirtha
(1873-1906), Ramana Maharshi (1879-1950), Swami
Ramdas (1884-1963), Swami Sivananda (1887-1963),
Sarvepalli Radhakrishnan (1888-1975), Paramahamsa
Yogananda (1893-1952) e Swami Chinmayananda
(1916-1993).
Questo lavoro di presentazione della tradizione vedica
al mondo occidentale da parte di predicatori indiani
iniziò come reazione ai giudizi denigratori della maggior
parte dei funzionari dell'impero coloniale e degli studiosi
europei che visitavano le colonie britanniche. La prima
fase fu una specie di "riforma dell'induismo" intesa a
180
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
mettere in secondo piano o a eliminare del tutto le idee
che risultavano più indigeste alla sensibilità dei
funzionari, accademici e religiosi (protestanti anglicani)
britannici.
Il primo di questi gruppi, il movimento chiamato Brahmo
samaj (1820) fondato da Ram Mohan Roy (1772-1833),
venne fortemente influenzato dagli insegnamenti della
Chiesa
Unitaria
e
dal
concetto
sincretista
dell'Universalismo Radicale. Roy scrisse un trattato dal
titolo I precetti di Gesù, la guida a pace e felicità, e
imparò l'ebraico e il greco per studiare la Bibbia e
tradurla in bengali, con l'idea di "purificare" e
"modernizzare" la tradizione vedica, fondendovi insieme
cristianesimo, ebraismo, islam e buddhismo.
L'ideologia del Brahmo samaj rifiutava il culto delle
immagini sacre (definite come idoli), la validità delle
storie sacre di Purana e Itihasa (definite come
mitologia), la tradizione dei templi e dei luoghi sacri di
pellegrinaggio (definita come superstizione) e la
molteplicità delle Personalità della Divinità (definite
come semidèi).
Rinnegava anche il sistema dei varna o categorie
sociali, le offerte in memoria dei defunti, e tutto quanto
nella tradizione vedica appariva "pagano" o comunque
inaccettabile per la moralità vittoriana dell'epoca.
Manteneva soltanto quegli aspetti che considerava
"rispettabili", come gli inni altamente simbolici di Rig,
Sama, Yajur e Atharva Veda (tradotti in modo
praticamente incomprensibile e impossibile da tradurre
181
Parama Karuna Devi
in pratica o conoscenza utile) e il concetto di Brahman
come Dio o Spirito Universale o Logos spiegato in
alcune Upanishad.
Un'ideologia simile, anche se meno apertamente servile
verso i missionari britannici e le altre religioni, fu portata
avanti dal Prarthana samaj e dal successivo Arya samaj
(1875), che tuttora sopravvive e prospera, e anzi è
considerato (piuttosto bizzarramente) uno dei portavoce
più autorevoli dell'induismo, persino dal governo
indiano.
Swami Dayananda Sarasvati (1824-1883) fondatore
dell'Arya samaj, condannava fortemente "idolatria,
ritualismo, leggende e superstizione" della tradizione
induista, esaltando invece la speculazione filosofica sui
quattro rami originari di Rig, Sama, Yajur e
AtharvaVeda (Samhita, Aranyaka e Upanishad), il
celibato per gli studiosi di religione, e la meditazione
sulla sacra sillaba Om, considerata "il vero nome di
Dio". Sosteneva anche l'Universalismo, cioè la
diffusione della conoscenza vedica senza limitazioni di
nazionalità o razza, e nemmeno di credenza religiosa.
Brevemente unito alla Società Teosofica, l'Arya samaj
divenne l'ispiratore di molti altri grandi "riformisti indù"
del periodo coloniale, e anche di numerosi filosofi
occidentali attratti dal pensiero orientale in genere.
Ramakrishna, ispiratore della Ramakrishna Mission
fondata dal suo discepolo Swami Vivekananda,
affermava apertamente di voler seguire "tutte le
religioni". Vivekananda scriveva, " Mi recherò alla
182
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
Moschea dei Musulmani; entrerò nella Chiesa dei
Cristiani e mi inginocchierò dinanzi al Crocefisso;
entrerò nel Tempio Buddhista per trovare rifugio in
Buddha e nella sua Legge. Andrò nella foresta e mi
siederò in meditazione con l'Indù che ricerca la Luce
che illumina ogni cuore."
Ancora oggi la Ramakrishna Mission chiama "priori" i
suoi "monaci dirigenti", paragona i suoi "monasteri" alle
comunità essene dei tempi di Gesù Cristo e agli ordini
monastici cattolici, e ha rinunciato apertamente
all'identità induista dichiarandosi "organizzazione non
induista" nella sua registrazione presso il governo
indiano. Celebra liberalmente il natale e la pasqua, ma
non riconosce ai discepoli nati in occidente la capacità
di diventare guru autorizzati a conferire l'iniziazione a
nome della Math, e ha un'organizzazione separata per
le donne, chiamata Sri Sarada Math, poiché la
Ramakrishna Math è riservata solo agli uomini.
L'ideologia della Ramakrishna Mission afferma che Dio
è essenzialmente senza forma, ma assume degli aspetti
personali per il bene dell'umanità, e consiglia di non
costruire templi o altari anche solo privati nella propria
casa.
Dopo che l'India ebbe ottenuto l'indipendenza
dall'impero britannico si iniziò una lenta fase di recupero
dell'induismo, aiutata soprattutto dal lavoro della
seconda generazione di predicatori del Sanatana
Dharma - a cominciare da Bhaktivedanta Swami
Prabhupada (il famoso fondatore del movimento Hare
Krishna), per continuare con Neem Karoli Baba,
183
Parama Karuna Devi
Herakhan Babaji, Meher Baba, Madre Meera, Swami
Muktananda (Siddha Yoga), Anandamayi, Amritananda
Mayi, Osho (Rajneesh), Maharishi Mahesh Yogi, Mataji
Nirmala Srivastava (del Sahajya Yoga), Sant Sri
Asaramji Bapu (fondatore della Sri Yog Vedanta Seva
Samiti), Sri Sri Ravi Shankar (non il musicista, ma il
fondatore della Art of Living Foundation) e un numero
crescente di Swami e Guru che hanno accettato milioni
di discepoli tra gli occidentali.
Gli insegnamenti derivati dalla conoscenza vedica si
sono diffusi enormemente soprattutto nella forma delle
varie discipline yoga con migliaia di maestri tra i quali
possiamo citare per esempio Iyengar, e della medicina
naturale ayurvedica con divulgatori come Deepak
Chopra e molti altri. Ben presto anche gli occidentali
sono passati dalla posizione di discepoli a quella di
maestri, moltiplicando i gruppi, le scuole, i centri e le
organizzazioni che propongono queste discipline.
Negli ultimi decenni infatti è andato continuamente
aumentando l'interesse degli occidentali per la ricerca
spirituale attraverso una quantità di metodi di crescita
personale prodotti dalla cultura New Age ma ispirati alla
saggezza indiana - come per esempio il rebirthing, le
varie forme di meditazione, la visualizzazione creativa, i
sogni lucidi, la pranoterapia, la guarigione spirituale,
eccetera.
Per un ricercatore sincero che desidera studiare la
conoscenza vedica originaria per il proprio progresso
culturale e spirituale, libero da motivazioni politiche,
184
Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
istituzionali o accademiche, la scelta migliore consiste
però nell'andare il più possibile alla sorgente,
rivolgendosi a coloro che della conoscenza vedica
hanno fatto il loro sistema di credenze e il loro modo di
vita per innumerevoli generazioni, nel subcontinente
indiano.
Nonostante la cultura indiana abbia subito nel corso
della storia la sovrapposizione delle influenze culturali
della dominazione islamica ed europea (soprattutto
britannica), le sue radici continuano a sopravvivere
quasi immutate dallo scorrere dei millenni, in quello che
oggi è conosciuto come induismo tradizionale.
"Induismo" è però un termine in qualche modo
controverso, in quanto la parola "hindu" non è mai
menzionata nei testi originari.
Sarvepalli Radhakrishnan scriveva: "La civiltà induista
ha preso questo nome poiché i suoi fondatori originari o
i suoi primi seguaci occupavano quel territorio formato
dal bacino del fiume Sindhu (Indo), che corrisponde alla
provincia di frontiera nord-occidentale e al Punjab... Gli
abitanti della sponda indiana del Sindhu vennero
chiamati Hindu dai persiani e dagli altri invasori
successivi provenienti da ovest."
Molti preferiscono la definizione vedica "Sanatana
Dharma", che può essere tradotto approssimativamente
come "la funzione eterna dell'essere vivente", dove
sanatana significa "eterno, imperituro". Per ottenere una
traduzione più precisa del termine tecnico "Sanatana
Dharma" è necessario analizzare i profondi significati
185
Parama Karuna Devi
dalla parola "Dharma", che contrariamente a quanto
molti credono non corrisponde esattamente al concetto
occidentale di "religione". Elaboreremo più avanti su
questo importantissimo concetto: per il momento diremo
semplicemente che il significato primario di Dharma è
"la legge naturale che sostiene l'universo".
In quanto legge eterna e universale che sostiene il
cosmo, la conoscenza vedica è quindi su un piano che
trascende spazio e tempo, e anzi esiste intrinsecamente
come “progetto originario” di tutto ciò che esiste nel
cosmo. Di volta in volta viene percepita, sperimentata e
rivelata dalle anime realizzate, che la trasmettono sotto
forma di letteratura sacra. Non ha dunque un’origine
storica nel tempo.
Secondo la tradizione, la conoscenza vedica venne
manifestata dal creatore dell'universo Brahma al
momento di cominciare a formare i vari elementi della
creazione. Essendo la consapevolezza naturale della
realtà, il Veda ("conoscenza") originario non ha bisogno
di essere spiegato o insegnato, ma viene realizzato
direttamente
nel cuore, nella consapevolezza
trascendentale del Sé che costituisce la vera natura
spirituale di ogni essere e che è costituita da eternità
(sat), felicità (ananda) e conoscenza (cit). Secondo la
tradizione vedica, il Sé individuale (atman) o
microcosmo non è differente dal Sé universale
(brahman) o macrocosmo. Realizzando quindi la propria
natura di conoscenza, diventa capace di comprendere
la natura di ogni cosa in quanto si ottiene il darshana
della Realtà dalla quale tutto emana.
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Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
Alla creazione dell'universo, tutti gli esseri umani erano
adeguatamente qualificati per realizzare la conoscenza
vedica, e nella sua forma più complessa e concentrata,
trasmessa oralmente in modo infallibile grazie alla
perfetta memoria che costituisce il patrimonio genetico
originario del genere umano. In seguito, con il passare
del tempo, le qualità degli esseri umani si indebolirono e
il Veda originario dovette venire spiegato in modo più
ampio e quindi suddiviso in varie categorie.
Contrariamente alla teoria occidentale del progreso
dell'umanità, che parte da una condizione primitiva di
ignoranza bruta e arriva all'uomo tecnologico
contemporaneo (considerato il risultato finale di una
evoluzione in cui sopravvivono le caratteristiche migliori
di ogni specie), la visione vedica parla di un percorso di
evoluzione inversa o involuzione, in cui il patrimonio
genetico umano decade gradualmente fino a
raggiungere il minimo delle qualità originarie, per poi
venire rinnovato ciclicamente secondo un calendario di
quattro stagioni universali o ere (yuga), chiamate
rispettivamente Satya, Treta, Dvapara e Kali.
In ogni ciclo di creazione di ogni singolo universo si
susseguono mille cicli di quattro ere, che compongono
una "giornata" del creatore o Brahma di quel particolare
universo. Ogni sera il Brahma ritira la maggior parte
della creazione e "mette a dormire" il resto fino alla
mattina successiva. Esiste anche un ciclo più ampio,
che copre l'intera vita del creatore Brahma, costituita da
cento dei suoi anni, ciascuno composto da 365 dei suoi
giorni. Si calcola così che in ogni vita di Brahma si
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Parama Karuna Devi
susseguono 36,5 milioni di cicli completi delle quattro
ere (365x100x1000). In ognuno di questi cicli il genere
umano viene creato secondo il progetto genetico
originario e perfetto, e lo stesso vale per tutte le altre
specie viventi; secondo i Veda esistono 4 milioni e
300mila specie di vita, di cui 400 mila forme di vita
umane o umanoidi. Non tutte queste specie sono
presenti
contemporaneamente,
poiché
hanno
caratteristiche particolari che le rendono adatte a
differenti circostanze di tempo e di luogo. Questo
meccanismo di incompletezza nella diversità delle
specie in un particolare momento storico può dare
l'impressione di una evoluzione di tipo darwiniano, ma
secondo la tradizione vedica si tratta piuttosto di
apparizioni cicliche che possono anche sovrapporsi,
con l’esistenza continuata di forme di vita elementari
(cioè non evolute) che secondo la teoria darwiniana
avrebbero dovuto estinguersi.
A seconda delle possibilità di comprensione e di azione
della gente in ciascun periodo, la conoscenza vedica
viene espressa in modo più o meno esteso e
complesso. E' detto inoltre che l'estensione e la
complessità dei testi vedici sono diverse sui vari pianeti
abitati dalle 400mila specie umane e umanoidi che
esistono nell'universo.
La versione attuale delle scritture vediche, presente su
questo pianeta e in questa particolare epoca (iniziata
circa 5mila anni fa) è la più semplice e ridotta, perché
nell'era di Kali in cui viviamo il potenziale degli esseri
umani tocca il minimo. E' detto infatti che all'inizio del
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Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
Kali yuga l'avatara Vyasa decise di mettere per iscritto
questa particolare compilazione proprio per venire
incontro alle differenti esigenze della gente.
Come abbiamo già accennato, nel Satya yuga, la prima
era del ciclo di quattro, gli esseri umani sono tutti
qualificati al massimo - sani e robusti di corpo e di
mente, dotati di grande intelligenza e di straordinaria
longevità e fortuna, e capaci di comprendere e seguire
naturalmente i principi universali del dharma, cioè
l'austerità, la pulizia, la compassione e la veridicità. Non
c'erano particolari categorie sociali perché tutti erano in
grado di comprendere direttamente e personalmente le
sottigliezze della conoscenza vedica ascoltando la voce
naturale della coscienza e dell'intuito, senza bisogno
dell'aiuto di altri insegnanti o guide. Non c'erano pericoli,
criminalità o guerre, quindi non c'era bisogno di guerrieri
o re, o di qualche forma di governo. Poiché la terra
produceva spontaneamente piante virtuose e le mucche
avevano una sovrabbondanza naturale di latte, la gente
aveva cibo e altri beni a sufficienza senza dover
lavorare nell'agricoltura, nel commercio, nell'imprenditoria e in altre occupazioni simili. E poiché tutti erano
perfettamente in grado di prendersi cura di sé stessi,
non c'era alcun bisogno di servitori e assistenti.
L'intera popolazione era dunque composta da
brahmana, senza bisogno di kshatriya, vaisya o sudra
(e a maggior ragione mancavano i chandala). Per tutti, il
metodo di realizzazione spirituale e religiosa era
costituito dalla pratica dello Yoga e dalla meditazione
sulla Trascendenza, che purifica l'intelligenza da tutte le
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Parama Karuna Devi
identificazioni e attaccamenti materiali. Rinuncia,
equilibrio, senso del dovere e autodisciplina
permettevano a tutti di controllare la mente e i sensi e
impegnarsi nella contemplazione del Divino all'interno
del proprio cuore. A questo antico periodo felice
risalgono lo Yoga, il Sankhya e il Tantra, così come gli
inni altamente simbolici del Veda originario.
Nello yuga successivo l'umanità cominciò a degradarsi
a causa dell'irrequietezza della mente e dei suoi forti
desideri. La prima ad andare perduta fu l'austerità, e la
gente sviluppò lussuria per i piaceri dei pianeti celesti e
per i vantaggi materiali che si possono ottenere su
questa terra: una nascita favorevole, buoni discendenti,
una buona moglie o un buon marito, fama, ricchezze e
opulenza, potere materiale, bellezza, vigore fisico, forza
mentale, conoscenza e così via.
Quindi in Treta yuga lo yuga dharma era costituito dal
compimento rituale di sacrifici, cioè dall'esecuzione
fedele dei nitya karmani, i doveri quotidiani che
includono l'homa o sacrificio del fuoco. La qualificazione
principale, la preoccupazione prioritaria per questo tipo
di pratica religiosa è la pulizia (sauca), perciò la
tradizione dà grandissima importanza alla purificazione
e alla pulizia ad ogni passo - sia esteriormente che
interiormente. Senza la giusta pulizia e purezza, una
persona non ha l’adhikara (diritto) per compiere i rituali
tradizionali, mentre d'altra parte come abbiamo visto
chiunque può diventare qualificato attraverso il giusto
sistema di purificazione e pulizia.
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Introduzione alla conoscenza vedica: volume 1
Nel ciclo delle stagioni universali, il Treta yuga viene
seguito dallo Dvapara yuga, con una diminuzione
proporzionale delle qualità degli esseri umani. La pulizia
diventa difficile da mantenere, sia interiormente che
esteriormente, e perciò l'enfasi delle attività religiose si
sposta verso uno yuga dharma più compassionevole:
l'adorazione delle Divinità. Benché la pulizia e l'austerità
siano sempre raccomandate, l'adorazione della Divinità
nel tempio è resa accessibile a coloro che non
possiedono grandi qualificazioni in quel campo, poiché
la massa della gente può sempre assistere ai rituali,
offrire il proprio omaggio e ricevere il prasadam senza
dover dimostrare di avere alcuna qualificazione
personale.
L'adorazione diretta alle Divinità sull'altare è delegata ai
sacerdoti che possono mantenere alti livelli di pulizia e
austerità perché non viene loro richiesto di compiere
altri lavori, e che agiscono come intermediari nella
relazione tra le persone in generale e le vigraha
installate nel tempio. Perciò in Dvapara yuga i ricchi
kshatriya e vaisya si assumono la responsabilità di
stabilire templi e provvedere al mantenimento regolare
dei brahmana che compiono i rituali in nome del karta
(colui che finanzia e offre l'adorazione) e della società
intera. Naturalmente la pulizia è sempre incoraggiata,
specialmente per i sacerdoti officianti ma anche per i
visitatori in generale anche se in grado minore. Per
esempio, i templi tradizionali hanno sempre almeno una
piscina sacra, chiamata kunda o sarovara, dove i devoti
e i pellegrini possono fare il bagno o almeno purificarsi
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Parama Karuna Devi
un po' prima di entrare nel tempio. L'attività principale
del tempio è però la distribuzione compassionevole del
cibo santificato (prasadam) e di altre offerte consacrate
come acqua, fiori ecc, e lo svolgimento di letture e
discussioni pubbhliche sugli shastra, in modo che la
massa della gente possa ottenere il beneficio della
conoscenza trascendentale senza dover osservare
strettamente le regole della pulizia o dell'austerità.
L'epoca in cui viviamo attualmente, iniziata circa 5mila
anni fa, è l'era di Kali, un periodo di decadimento in cui
si arriva al massimo della degradazione umana,
dopodiché si verifica una situazione di crisi a livello
globale per cui la popolazione del pianeta viene
purificata e piccoli gruppi di persone evolute come
brahmana qualificati inaugurano una nuova età dell'oro
o Satya yuga, tornando alla versione originaria della
conoscenza vedica
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