Sgangherato come il mio cervello di Maurizio Ermisino

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Sgangherato come il mio cervello di Maurizio Ermisino
Pensieri e Parole
SGANGHERATO
COME IL MIO CERVELLO
Incontro con il regista Cosimo Damiano Damato sulla poetessa Alda Merini,
che ha passato oltre dieci anni in manicomio
di
Maurizio
Ermisino
n giorno io ho perso una parola, sono venuta qui per dirvelo e non perché voi abbiate
risposta. Non amo i dialoghi o le domande: mi sono accorta che cantavo in una orchestra che non aveva voci. Ho meditato a lungo sul silenzio,al silenzio non c’è risposta. Io le mie poesie le ho buttate non avevo fogli su cui scriverle. Poi mi si sono avvicinati
strani animali come uomini di antenate bestie da manicomio qualcuno mi ha aiutato
a sentirmi unica, mi ha guardato. Pensavo che per loro non c’erano semafori, castelli
e strade. Questo posto sgangherato come il mio cervello che ha trovato solitudini. Poi
è venuto un santo che aveva qualcosa da dare un santo che non aveva le catene, non
era un malfattore, l’unica cosa che avevo avuto in questi anni. L’avrei seguito finché
un giorno non sapevo più innamorarmi. È venuto un santo che mi ha illuminato come
una stella. Un santo mi ha risposto: perché non ti ami? È nata la mia indolenza. Non
vedo più gente che mi picchia e non vedo più i manicomi. Sono morta nell’indolenza.
Sono parole di Alda Merini, dettate al telefono a Cosimo Damiano
Damato, regista del film “Alda Merini. Una donna sul palcoscenico”.
Damato l’ha seguita per tre anni, è stato con lei fino a pochi mesi prima
della sua dipartita. «Alda Merini è il Dante Rock. Dante ha lasciato la
Divina Commedia, lei ha lasciato la Divina Poesia», ci ha raccontato.
«E a questo si aggiunge anche il rock: lei era Beatles e Rolling Stones
insieme. Riusciva a guardare il mondo con occhi vivaci e a cogliere la
poesia. La vedeva in tutto, perché la poesia è in tutto. Può essere lo
sguardo di un barbone, come un cielo. Ai suoi funerali c’erano ragazzi
di quindici anni, intellettuali, ma anche barboni».
La lussuria fa paura alle donne, temono di far vedere la lupa che è in loro. La ragione del mio ricovero poteva essere la lussuria. Essere una donna appassionata.
Mio marito voleva una donna che facesse le tagliatelle.
«Più di cinquant’anni fa era una donna sveglia, di talento, faceva paura»,
racconta Damato. «Non aveva paura di innamorarsi, di essere appassionata. Avrà avuto qualche piccola depressione, ma non meritava
quello che ha subito. Ha pagato il suo essere una donna appassionata.
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Pensieri e Parole
Questo è il vero motivo del ricovero in menicomio».
Eravamo tutti ripudiati, c’erano le sevizie. Noi vivevamo alla giornata, per dirci:
siamo ancora vivi.
«Quando le ho detto che mi sarebbe piaciuto raccontare la sua vita di
poetessa, senza raccontare troppo il manicomio, mi ha dato una fotografia in cui piangeva, pensava al manicomio», continua Damato. «Mi ha
detto: guarda questa foto tutta la notte. Se riesci ad amarla potremo fare
questo film. Ogni tanto aveva incubi del manicomio. Al di là della Merini, che è venuta fuori perché era un genio, ci sono tante storie drammatiche di chi ha subito il manicomio. Magari erano geni anche loro».
Io so parlare d’amore in modo mirabile, ma non è che l’abbia mai avuto.
«Alda Merini è l’ossimoro per eccellenza. Dice una cosa e poi la nega,
perché va a scavare nelle cose, e scavando in qualcosa, come l’amore,
la sessualità, il sacro, viene fuori sempre una contraddizione. Lei riusciva a trovare queste contraddizioni e dare loro armonia. Fa addirittura l’apologia del manicomio, perché fuori il mondo è ancora più
cattivo. È una forzatura: non dimentichiamo la sua grande ironia»
.
Bella ridente e giovane con il tuo ventre scoperto e una medaglia d’oro sull’ombelico, mi dici che fai l’amore ogni giorno e sei felice e io penso al tuo ventre che è vergine mentre il mio è un groviglio di vipere che voi chiamate poesia, ed è soltanto
l’amore che non ho avuto, vedendoti io ho maledetto la sorte di essere un poeta.
Fuori mi hanno mangiata viva, devo proprio dirlo.
«La vita fuori è stata un manicomio in rapporto ai ‘pazzi’ che stanno
fuori», spiega il regista. «Alda non ha vinto il Nobel perché non è stata tradotta all’estero abbastanza. Quando dice “mangiata viva”, vuol dire che
il mondo intorno a lei ha solo preso. E lei era una che donava. E pagava
sempre il fatto che era stata in manicomio: molti del suo condominio
non la salutavano, perché lei era la “pazza”, non la grande poetessa».
Ho avuto tutto dalla vita, la gioia, il dolore, ora voglio la pace.
Una psichiatra ha detto a mia figlia: non devi vedere tua madre.
«Ai funerali l’immagine più bella è stata vedere le sue quattro figlie che
si tenevano mano nella mano vicino a lei», ci ha raccontato Damato.
«Sarebbe stata felicissima di vederle insieme. C’è stato un grande riscatto, la sua famiglia che è tornata a riabbracciarsi».
Ho paura, abbraccio e bacio il mio cuscino come se fosse un amico.
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Prima di venire portami tre rose rosse
Prima di venire
Portami tre rose rosse
Prima di venire
Portami un grosso ditale
Perché devo ricucirmi il cuore
E portami una lunga pazienza
Grande come un telo d’amore
Prima di venire
Dai un calcio al muro di fronte
Perché lì dentro c’è la spia
Che ha guardato in faccia il mio amore
Prima di venire socchiudi piano la porta
E se io sto piangendo
Chiama i violini migliori
Prima di venire dimmi che sei già andato via
Perché io mi spaventerei e prima di andare via
Smetti di salutarmi
Perché a lungo io non vivrei