Onde Anomale
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Onde Anomale
www.solovela.net Articolo pubblicato sulla rivista SoloVela Montagne paurose Alte come montagne, impetuose e devastanti ma anche spettacolari: sono le onde anomale, un fenomeno che incuriosisce e fa tremare il mondo di Mauro Melandri iamo nel 1980. La super petroliera Esso Languedoc è impegnata in una difficile navigazione a est di Durban, importante città sudafricana affacciata sull’Oceano Indiano. Il mare, frustato da raffiche prossime ai sessanta nodi, è decisamente agitato. Il primo Ufficiale Philippe Lijour, di guardia in plancia di comando, osserva gli imponenti marosi, alti tra i cinque e i dieci metri, infrangersi contro lo scafo della nave. D’improvviso un muro d’acqua, alto come un palazzo di otto piani, si materializza a poppa dell’unità. Pochi secondi e quell’onda, subdola e silenziosa come un killer, raggiunge la Languedoc abbattendosi sul ponte e causando danni relativamente contenuti. Nel frattempo, Lijour imbraccia la macchina fotografica e scatta quella che per anni è stata considerata l’unica immagine di un fenomeno noto con il nome di “onda anomala”. Fotografie a parte, ufficiali, marinai o semplici diportisti di ogni angolo del mondo hanno raccontato del loro incontro con questi “mostri” marini. Nel 1995 toccò alla nave da crociera Queen Elizabeth II fronteggiare un maroso alto quasi ventinove metri mentre, navigando nell’Atlantico del Nord lungo la rotta che unisce Cherbourg a New York, si trovava al centro di una depressione causata dall’uragano Luis. Il Comandante Ronald Warwick ricorda così quei lunghi minuti: “era l’11 settembre e da ormai diverse ore stavamo affrontando onde alte fino a diciotto metri. La nave, grazie alle sue dimensioni e a un leggero cambiamento di rotta, avanzava senza troppi problemi. Poco dopo le quattro di notte vedemmo alzarsi davanti a noi una vera e propria montagna d’acqua. Potrà sembrare assurdo, ma ebbi la convinzione di andare a sbattere contro le bianche scogliere di Dover. L’onda ci investì dopo quasi un minuto con una forza tremenda, seguita da due onde gemelle, più piccole della prima, ma decisamente più alte di ogni altra che avevamo incontrato sino a quel momento. Nessuno rimase ferito, ma dalla prua vennero divelte numerose strutture fisse”. Pur ammettendo che in mare aperto è difficile valutare esattamente l’altezza delle onde, il Comandante Warwick e gli altri ufficiali presenti in plancia al momento dell’impatto ricordano che la cresta dell’onda anomala superava abbondantemente le vetrate del teatro Grand Lounge, il cui ponte è situato ventidue metri sopra il livello del mare; inoltre la boa 44141 dell’Istituto Oceanografico canadese, posizionata in quel tratto di oceano, registrò il passaggio di un onda alta poco meno di trenta metri. S Febbraio 2005 47 www.solovela.net Articolo pubblicato sulla rivista SoloVela Ma il record, in fatto di altezza, spetta all’onda incontrata il 7 febbraio del 1933 dalla nave militare statunitense Ramapo. Basandosi sulle dimensioni dell’unità, l’equipaggio stimò in trentaquattro metri la distanza tra la cresta del maroso e il livello del mare. Calcoli approfonditi permisero di quantificare in 14,8 secondi il periodo della stessa e in quasi trecentocinquanta metri la sua lunghezza: un mostro che, viaggiando a una velocità di 23 metri al secondo, era teoricamente in grado di produrre una potenza prossima ai 17.000 kilowatts per ogni metro di lunghezza. La Ramapo uscì illesa dall’esperienza grazie alle sue ridotte dimensioni (146 metri) e grazie al fatto che l’onda, la cui cresta ancora non frangeva, la raggiunse da A lato, il ponte della Esso Languedoc travolto da un’onda gigante. In basso, l’ultima posizione conosciuta della super petroliera inglese Derbyshire. dietro, spingendola in una lunga planata prima di allontanarsi verso l’orizzonte. A questi episodi a lieto fine se ne aggiungono molti altri dall’esito ben diverso. Il più eclatante riguarda la gigantesca porta container Muenchen e il suo equipaggio di ventisette uomini, scomparsi nel nulla il 12 dicembre del 1978 mentre navigavano alla volta degli Stati Uniti. Le ricerche, scattate immediatamente, videro impegnate quasi cento unità, ma l’unica cosa che venne recuperata fu una scialuppa di salvataggio inutilizzata, i cui bracci di fissaggio alla nave risultarono piegati da una forza definita di “eccezionale entità”. Gli inquirenti chiusero le indagini affermando che la Muenchen incontrò sul suo cammino qualcosa di “anomalo”. La stessa conclusione venne raggiunta dalla commissione che, nel 2000, indagò sull’affondamento della super petroliera inglese Derbyshire (294 metri per 169.000 tonnellate di stazza), scomparsa a est dell’isola di Okinawa il 9 settembre del 1980 con i suoi 44 uomini di equipaggio mentre infuriava il tifone Orchidea e i marosi erano alti, in media, “appena” undici metri. UN FENOMENO TUTT’ALTRO CHE RARO In passato l’esistenza delle famigerate onde anomale è stata messa in discussione dagli studiosi. Essi erano soliti catalogare i particolareggiati racconti dei marinai, che narravano il loro incontro con questi “mostri” marini, come semplici mitizzazioni di violente burrasche. Dopo l’affondamento della Derbyshire gli scienziati cominciarono a ricredersi, spinti dal fatto che nello stesso periodo cominciarono a giungere parecchie segnalazioni dalle piattaforme petrolifere disseminate un po’ ovunque. Il 1 gennaio del 1995 la piattaforma Draupner, in servizio nel Mare del Nord, venne investita da un onda la cui altezza (ventisei metri) venne misurata dall’equipaggio con il laser mentre attorno i marosi erano alti meno della metà. Sempre nella stessa zona, i radar del campo petrolifero Goma hanno registrato oltre quattrocentocinquanta onde anomale in dodici anni di rilevamenti (altezza massima diciassette metri), contribuendo così a far cambiare idea anche agli studiosi più scettici. Inoltre, le statistiche, basate su dati reali, confermano che negli ultimi vent’anni più di duecento tra super petroliere e navi container sono affondate in condizioni climatiche estreme e a esser ritenute probabile causa di molti di questi episodi sono proprio le onde anomale. CACCIATORI DI ONDE Proprio sulla base di questi dati nel 2000 l’Unione Europea ha varato il progetto MaxWave, affidandone parte dello sviluppo all’Agenzia Spaziale Europea (ESA). Obiettivo di questo studio, la cui conclusione è prevista per il prossimo anno, è la creazione di un modello matematico che sia in grado di spiegare l’origine delle onde anomale e il loro effetto in caso di impatto con navi o piattaforme. 48 Febbraio 2005 L’ESA ha utilizzato due satelliti in orbita da alcuni anni, ERS1 e 2, dotati di un particolare radar ad apertura sintetica capace di rilevare con chiarezza la presenza e l’altezza di eventuali onde anomale negli Oceani di tutta la Terra e di fotografarle con una risoluzione mai raggiunta prima. Queste informazioni, definite “spettri di on1 2 de oceaniche”, vengono messe a disposizione di tutti e si sono dimostrate utilissime ai centri meteorologici per affinare la precisione dei modelli di previsione. “Studiando questo materiale abbiamo acquisito un’enorme quantità di informazioni - spiega Wolfgang Rosenthal, a capo del progetto MaxWave per tre anni - Oltre a descrivere lo stato medio del mare in una determinata zona, ci hanno 3 4 permesso di definire con buona approssimazione l’altezza di ogni singola onda”. Nei primi tre “Un esempio su tutti si è verificato nella setti- fotogrammi, l’impatto mana tra febbraio e marzo del 2001 quando due tra un onda anomala e navi, la Bremen e la Caledonian Star, incontraro- il transatlantico no due distinte onde anomale di quasi trenta Michelangelo; nel metri mentre navigavano nel sud Atlantico. Ad- quarto, le conseguenze dirittura la Bremen, un moderno rompighiaccio, sul ponte. A lato, la rappresentazione rimase senza propulsione per quasi due ore a grafica della dinamica causa di un avaria conseguente all’impatto - prosegue Rosenthal - Visto che i due episodi avvennero a circa mille di fronti temporaleschi o in tratti di mare caratterizzati da sistemi chilometri di distanza l’uno dall’altro, chiedemmo all’ESA di fornirci di bassa pressione. i dati e le immagini raccolte dai satelliti in quei giorni (circa 30.000 In questo caso la responsabilità sarebbe dei venti che, soffiando per foto - n.d.r.): dopo aver elaborato tutto il materiale individuammo lunghi periodi in modo estremamente sostenuto, aumenterebbero le più di dieci onde anomale alte oltre venticinque metri che, contem- dimensioni delle onde che si muovono a una velocità ottimale e in sincronia con essi, trasformandole in onde anomale. I marosi tropporaneamente, scorazzavano per gli Oceani”. po veloci o troppo lenti, invece, si distanziano dalla perturbazione, COME NASCONO? LE IPOTESI SONO TRE dissipandosi tra i flutti. Dopo aver dimostrato l’esistenza delle onde anomale in numero su- L’ultima ipotesi è la preferita dagli studiosi e prende spunto dal fatperiore a quello che chiunque potesse immaginare, i ricercatori del to che le onde marine viaggiano in gruppi, chiamati “treni”, senza progetto MaxWave stanno cercando ora di capire come nascono que- disperdersi, proprio come fanno le onde di luce nel vuoto. Si tratta sti mostri. di sistemi solitari che, spostandosi su lunghissime distanze, acquiAccanto a tesi poco accreditate sono state formulate tre ipotesi de- siscono sempre maggior velocità. Durante il loro cammino questi gne di interesse. “treni” rubano energia a ogni singola onda, divenendo veri e propri Per la prima, non è da escludere che onde normali vengano deviate mostri in grado di polverizzare ogni oggetto incontrato lungo la prodalle correnti sottomarine o da particolari turbolenze. La velocità pria corsa. della corrente, seppur inferiore a quella dei marosi, agirebbe come una lente d’ingrandimento sul moto ondoso, aumentandone l’inten- LE “TRE SORELLE” sità. La lunghezza d’onda risulterebbe più corta e la distanza tra la Quest’ultima teoria trova un chiaro riscontro nell’incidente avvenucresta e l’incavo si amplierebbe in modo esponenziale. Questa teo- to alla Queen Elizabeth II. ria è stata formulata osservando il comportamento del mare nella Il Comandante Warwick ha parlato di tre marosi, due gemelli e uno zona interessata dalla famigerata corrente dell’Agulhas, al largo del- più grande, che si sono avventati in rapida successione contro la nala costa orientale del Sud Africa, dove, nel tempo, sono scomparse ve: un “treno” di onde anomale più volte descritto dai testimoni oculari di questi eventi che, nel tempo, gli hanno attribuito l’inparecchie navi. La seconda teoria riguarda quelle onde che si formano in prossimità quietante nome di “Tre Sorelle”. 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