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Minuti arte 344:Layout 1 09/03/10 10:59 Pagina 20 20 Il labirinto: unione inscindibile fra metafora e realtà Simbolo per eccellenza manifesta ciò che è impossibile esprimere con le parole e incarna il senso profondo della vita e le ataviche paure umane Minotauro è il mostro, metà uomo e metà toro, il mostro frutto di divine vendette, di un’unione aberrante, di giochi di potere che il re di Creta, Minosse, costringe in un luogo impervio appositamente progettato dall’architetto Dedalo. A lui, vittima e carnefice allo stesso tempo, ogni nove anni quattordici figli ateniesi devono essere mandati in sacrificio. È Teseo allora, figlio del re di Atene, che gli lancia la sfida per porre fine a questo macabro rito espiatorio ed entra nella sua labirintica roccaforte. La sfida consiste nel trovare, combattere il mostro e riconquistare la via del ritorno, e Teseo, in questo, è aiutato dall’amore di Arianna, figlia di Minosse, che gli dona il prezioso filo. L’allegoria quindi, descrive il labirinto come un luogo dove è facile entrare, arduo da affrontare, ma anche difficile da lasciare. Che il Minotauro fosse stato rinchiuso in un palazzo intricatis- simo o in una complessa caverna non è chiaro, ma quello che invece è certo è che si tratta di un contesto periglioso e disorientante. Il mito cretese, senz’altro il primo e immediato riferimento, aiuta a comprendere il significato, ma lascia anche tanti dubbi che velano il simbolo e la parola che lo indica di perpetua ambiguità, l’unico fatto evidente è la metafora di un percorso iniziatico. Tutte le incertezze che circondano quest’immagine simbolica rendono difficile fornire una definizione corretta e precisa. È necessario uno sforzo per mantenersi quanto più possibile in termini semplici e generici così da non scontrarsi nelle mille contraddizioni insite sia nelle sue espressioni formali sia nell’uso che, nel tempo, ha assunto questa parola, perciò si può tentare una definizione di labirinto descrivendolo Incisione rupestre a Naquane - Valcamonica come un tortuoso percorso nel quale è facile perdere l’orientamento (sia perché ingannevole, sia perché estremamente contorto). Il fascino e il mistero del labirinto comincia, infatti, già nel nome, dal punto di vista etimologico non esistono certezze: una versione, tra le più accreditate, è quella che vede l’origine nella parola greca labris, l’ascia a doppio taglio, l’ascia bipenne, il sacro simbolo del potere reale a Creta che aveva la forma di due quarti di luna a simboleggiare il potere di vita e di morte della divinità lunare matriarcale. L’enorme struttura della reggia di Minosse, il cosiddetto palazzo della labris, riproduceva proprio questa forma e possedeva una pianta così complessa da originare il mito corrispondente. L’altra ipotesi, nello smentire la precedente, vede invece la provenienza del termine da labra o laura che indica la cava, la cavità, ovvero la caverna con i Incisione rupestre - Rocky Valley, Cornovaglia Minuti arte 344:Layout 1 09/03/10 10:59 Pagina 21 21 suoi cunicoli, caverna nella quale sarebbe stato nascosto il Minotauro. Ma le supposizioni sono numerosissime, l’universalità dei rinvenimenti si può spiegare considerando il labirinto come una forma pensiero che grazie a trasmissioni sincroniche è fiorito in ogni angolo del pianeta. C’è chi, invece, riconduce l’origine del segno alla mappa di Atlantide: dalla descrizione di Platone si ricostruisce infatti una planimetria che corrisponde allo schema classico del labirinto. Questo spiegherebbe la globale diffusione del simbolo grazie alla fitta rete di contatti delle antiche civiltà con Atlantide. Una prima, necessaria, distinzione da fare è quella tra il labirinto inteso in senso classico, originario e quello, probabile sviluppo del primo, che spesso è indicato come dedalo. Il labirinto “classico”, quello antico, è unicursale, un unico ingresso e un unico percorso che porta verso un centro, qui la difficoltà non consiste nello scegliere la strada da percorrere, ma nell’avanzare nell’unica direzione possibile, quindi nel riuscire ad andare avanti verso l’ignoto, l’unica alternativa è tornare indietro: è chiaramente un percorso iniziatico, dove chi non va avanti fallisce, chi va oltre trascende. Non c’è nessun inganno, è un viaggio verso la verità, verso il confronto con il proprio mostro, il proprio Minotauro, per poi poter procedere verso un ritorno che si configura così, come una rinascita, ritorno non facile comunque, vista la tortuosità del percorso, tanto che a Teseo è servito il filo donato da Arianna e a Icaro le ali. Al contrario, il dedalo, è progettato per essere ingannevole, può avere una o più entrate, e nasce Labirinto nella Cattedrale di San Martino - Lucca Turf maze - Hilton, Cambridgeshire dell’incrociarsi di numerosi percorsi che costringono a continue scelte istigando incessantemente all’errore. Pur configurandosi come uno sviluppo del labirinto “classico” si distingue sostanzialmente da questo, le due strutture sono, infatti, completamente diverse non solo nell’aspetto ma anche nelle intenzioni: il labirinto si propone di risolvere i conflitti, mentre il dedalo è ideato appositamente per confondere. Questa sorta di spirale è un simbolo legato a un significato atavico, che va dalla rappresenta- Minuti arte 344:Layout 1 09/03/10 11:00 Pagina 23 23 zione del caos primordiale, generatore del cosmo e dell’uomo, al difficile cammino per la ricerca della conoscenza e la rinascita, il passaggio attraverso una percorso che conduce dalle tenebre alla luce. Prima del cristianesimo lo scopo del labirinto era quello di rappresentare il ciclo che va dalla nascita alla fine e poi alla rinascita, sono evidenti i riferimenti alla vita e alla morte, alla vittoria sulla morte per ritrovare la vita; costituisce una via interiore da trovare e seguire fino in fondo, un cammino che porta all’interno di noi stessi nei più intimi recessi dove si nasconde la nostra parte più misteriosa per un confronto impietoso, col fine di uscirne rinati. Un viaggio che dal buio porta alla luce di una trasformazione interiore che si compie nel raggiungimento del centro e si consolida nel percorso di ritorno. È anche una sorta di trappola e come tale veniva usata a scopo protettivo. Il labirinto aveva il compito di respingere le forze negative che si pensava fossero capaci di avanzare solo in linea retta, così i labirinti tracciati sui muri delle case avevano la funzione di spaventare il nemico. I ritrovamenti disseminati nel mondo testimoniano come quest’immagine abbia una storia lunga quanto quella dell’uomo, sono incisi sulle pietre, organizzati con sassi allineati sul terreno, realizzati in erba, dipinti sui vasi, con- formati in veri e propri edifici. Storicamente questo segno ha alternato periodi di esaltazione a momenti di rifiuto, il Medioevo senz’altro si configura come un periodo di grande fioritura, recupera questa tradizione millenaria nella quale traduce una corrispondenza spirituale: Cristo (come Teseo) compie il percorso per liberare l’anima dal male (dal Minotauro). Il Medioevo quindi riprende il simbolo pagano rivedendolo alla luce di una nuova consapevolezza spirituale, il labirinto viene interpretato come un labor intus, un lavoro interiore, per farlo diventare la traslazione del tortuoso Labirinto nella Cattedrale di Chartres percorso di espiazione e conoscenza necessario per il raggiungimento della salvezza dell’anima, oppure funge da ammonimento. In questa concezione non è difficile vedere come, nelle espressioni esteriori dell’uomo medievale, si riscontri sempre un riferimento al labirinto, nella complessità delle allegorie, delle costruzioni, dell’urbanistica ovunque si respirano queste allusioni. Dato que- sto pensiero esoterico è comprensibile l’inserimento del simbolo in un posto d’onore come quello delle grandi cattedrali: la raffigurazione del difficile viaggio che il fedele deve compiere alla ricerca della salvezza, come percorso alternativo al pellegrinaggio in Terra Santa oppure come un cammino di espiazione corrispondente a quello che fece Gesù per raggiungere il Calvario. Nel XIV secolo il labirinto comincia a perdere la carica penitenziale di concezione cristiana tanto che non se ne trova quasi più traccia. È a partire dalla metà del Cinquecento, quando si avvia un processo di “individualizzazione” dell’uomo che inizia a compiere una ricerca interiore della conoscenza di sé, che si assiste a un nuovo periodo di affermazione del labirinto che esploderà in una ricchezza senza precedenti nel Sei-Settecento. L’uomo rinascimentale è attratto dalla sinuosità del percorso che analizza alla luce delle nuove scienze e conoscenze per astrarlo fino a farlo diventare un gioco, un divertimento. La pittura, senza considerare la prolifica produzione nell’arte figurativa minore, raffigura in modo più o meno evidente questo aspetto, il quadro di Bartolomeo Veneto, Ritratto dell’uomo con il labirinto, riporta chiaramente il segno al centro della scena proprio sul petto del protagonista, oppure il quadro attribuito alla scuola del Tintoretto, oggi in Inghilterra, che Minuti arte 344:Layout 1 09/03/10 11:00 Pagina 24 24 raffigura un labirinto in un parco pieno di personaggi intenti a divertirsi. Siamo di fronte a una nuova mentalità labirintica che emerge in mille modi, si pensi ancora alle immagini di Piranesi, la serie delle Carceri che inducono la perdita dell’orientamento con un intrico di passaggi, ponti, scale, gallerie il tutto calato in un’oscurità irreale da incubo. Ci si dirige verso significati più laici e profani in un processo che diventerà una vera e propria moda culturale. Il labirinto cambia forma, perde il centro e diventa un luogo dove ci si può smarrire. Fiorisce il labirinto multicursale, progettato per divertire e che rappresenta l’ambiente in cui si vaga condotti dai propri sensi. È la metafora della vita come percorso irto di pericoli e insidie che possono fare abbandonare la retta via, oppure nel senso più generico, la vita nella quale si entra nascendo e si esce morendo dopo un cammino fatto di continue scelte di direzione che non sappiamo mai dove ci porteranno. Le rappresentazioni si moltiplicano, non solo pittura, ma anche calligrafia, scenografia, musica, in tutto si esprime la necessità del labirinto, anche se una delle espressioni di maggiore successo è senza dubbio quella dei giardini. Il dedalo diventa un ornamento per i parchi, un gioco, ha perso gran parte del significato di percorso penitenziale per trovare una nuova leggerezza che sempre però nasconde, sotto la superficie ludica, la sua sacralità metaforica. Il pensiero manierista e poi barocco calano l’uomo in una struttura continuamente interrotta da biforcazioni, frantumata in fatali cammini fuorvianti da dove ci si salva solo per grazia divina o per intelligenza tenace, non c’è più il centro e non esiste più la direzione per raffigurare un mondo di tormenti e incertezze dove si erra col continuo rischio di perdersi. L’arte del giardinaggio, rinata nel Cinquecento, recupera la maestria dell’arte topiaria che ben si presta alla composizione di questi nuovi svaghi. Le complesse strutture sono abilmente realizzate con siepi potate a regola d’arte con fontane, statue e muretti così da formare una sorta di segreta verde il cui scopo è quello di stupire e divertire giocando sull’elementare paura dell’uomo di perdersi. I giardini di Villa d’Este, per esempio, con- tavano ben quattro labirinti, a Versailles, fu invece realizzato intorno a trentanove statue, rappresentanti le favole di Esopo, oppure quello famoso settecentesco di siepi, costruito a Villa Pisani a Stra per il doge Alvise Pisani. Nell’Ottocento, secolo legato alla civiltà industriale e al potere della nuova classe borghese, il concetto di labirinto viene abbandonato, in favore di un pensiero positivista e pragmatico che non ammette né misteri né frivolezze. Il Novecento, se da una parte si configura come decisamente antilabirintico, con l’architettura in prima in alto Bartolomeo Veneto: Ritratto dell’uomo con il labirinto - Cambridge, Fitzwilliam Museum sopra Labirinto a Villa Pisani - Stra, Venezia a sinistra Veduta del labirinto al Castello di Chenonceau Minuti arte 344:Layout 1 09/03/10 11:00 Pagina 25 25 Joan Mirò: Labirinto a Saint-Paul de Vence Pablo Picasso: Minotaure dans une barque sauvant une femme fila a testimoniare questo atteggiamento, fatta di nuovi materiali e forme di riferimento, con una totale assenza di centro e di sacralità, alla continua ricerca della chiarezza e linearità, dall’altra parte vede un deciso riavvicinamento con un nuovo approccio. I cambiamenti avvenuti sono molteplici e profondi: la teoria di Einstein e la psicanalisi freudiana rivoluzionano i concetti basilari sul tempo e lo spazio e spalancano realtà infinite in ciascuno di noi riferibili agli universi tanto esterni quanto interni. Questo nuovo approccio scardina gli ultimi residui positivisti per riavvicinarsi decisamente agli intrichi e al caos del labirinto. Nella letteratura è frequente la riproduzione dell’immagine del labirinto, emblematico il caso di Pirandello, e nelle arti figurative la smentita della visione dell’arte come raffigurazione naturalistica porta a una completa revisione del linguag- gio cui le avanguardie hanno ampiamente attinto. Si è aperta la breccia verso l’irreale, l’illogico, il disordine, utilizzata dagli artisti per esprimere il caos interiore. L’arte non vuole più riprodurre pedissequamente la realtà, ma vuole elevarsi al di sopra della forma per lavorare su domande di ordine morale. Ecco allora le labirintiche ricerche dipinte e sofferte dagli artisti, in cui l’immagine simbolica non emerge in superficie, ma resta nascosta, oppure i riferimenti più espliciti e diretti come, ad esempio, nella ricca serie della produzione grafica di Picasso relativa al Minotauro raffigurato a volte come furia animalesca a volte come essere debole e inconsapevole. Il Minotauro, il labirinto diventano patrimonio del Surrealismo. L’analisi dell’inconscio, dell’animo umano, del sogno appartiene alla ricerca dei surrealisti come Mirò, Magritte, Dalì. La leggenda del Minotauro disegnata da Mirò come il suo Labirinto , installazione a Saint-Paul de Vence decorato con fontane e sculture dalle forme che esprimono il dedalo dell’inconscio dal quale con un opportuno filo di Arianna occorre risalire alla superficie. Il labirinto di Magritte è invece rappresentato da un intrico di simboli metaforici: gli intrecci, le trappole, gli enigmi diventano mezzo per esprimere l’inesplorabilità, l’inafferrabilità dell’inconscio. Avvicinarsi al tema del labirinto equivale a compiere un viaggio nel mondo e nel tempo. In ogni parte del pianeta, si trovano tracce di quest’immagine così densa di significati simbolici quanto di mistero che, fin dalla preistoria, ha mantenuto e accresciuto la sua efficacia. In qualità di simbolo ancestrale, comune quanto costante nella storia umana, ha trovato il modo di esprimersi nella filosofia, nell’arte, nei miti, nelle religioni, nelle culture di tutto il mondo. È tanto diffuso quanto indefinibile, appartiene a quel genere di raffinate elaborazioni che si traducono in simboli, escogitate dall’uomo per raccontare tutto ciò che è impossibile esprimere con le parole. francesca bardi