Dentro la BceLa mappa dei falchi e delle colombe

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Dentro la BceLa mappa dei falchi e delle colombe
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COR R I ER ECON OMI A
LUNEDÌ 7 MARZO 2016
IMPRESE & FINANZA
Uomini, storie
e strategie
Analisi Giovedì la decisione sulle misure anti deflazione. Possibile aumento del quantitative easing e tassi più sfavorevoli sui depositi delle banche
Dentro la Bce La mappa dei falchi e delle colombe
L’asse di Draghi con Parigi trova sponsor anche in Finlandia. Il fronte del rigore perde sostenitori e Weidmann non voterà...
DI FABRIZIO GORIA
I
l duello finale per rivitalizzare l’anemica e disomogenea economia europea si combatte tra
Francoforte, Berlino e Parigi.
La Banca centrale europea
(Bce) guidata da Mario Draghi giovedì prossimo deciderà quale medicina usare per
guarire la patologia che affligge l’Eurozona dall’inizio
del 2012, la spirale deflazionistica. Ma prima, dovrà evitare che i falchi della politica
monetaria restrittiva prendano il sopravvento sulle colombe dei tassi bassi.
A più di un anno dal lancio del Quantitative easing
(allentamento quantitativo,
o Qe), la Bce lotta ancora
Il tetto agli acquisti
potrebbe essere
portato da 60 a 70
miliardi al mese
contro un livello generale dei
prezzi al consumo che non
accenna a salire. In febbraio
il tasso d’inflazione per l’Eurozona è stato negativo,
-0,2%, su base congiunturale. E le prospettive non sono
rosee.
Misure
Il fronte dei falchi aumenta, ma le aspettative degli investitori sono chiare: passerà
la linea accomodante delle
colombe condotte da Draghi.
Gli analisti della banca statunitense Goldman Sachs prevedono un taglio di dieci
punti al tasso sui depositi, fino a quota -40 punti base, e
un incremento del volume di
acquisti di asset pubblici e
privati da parte della Bce, da
60 a 70 miliardi di euro al
mese. Non solo. Draghi po-
Tra falchi e colombe Ardo Hanson (Estonia) e Jens Weidmann (Germania), contrari a nuovi stimoli. Al centro Mario Draghi,
presidente della Bce. A destra le due colombe François Villeroy de Galhau (Banca di Francia) e Benoit Coeuré (Bce)
trebbe ribadire, in conferenza stampa, di essere pronto a
ulteriori sforzi sul fronte del
Public sector purchase programme (Pspp), lo speciale
piano di acquisto di titoli
pubblici. Della stessa opinione sono anche JP Morgan e
Bank of America-Merrill
Lynch, anche se quest’ultima
sottolinea che «la Bce si trova nella situazione più difficile degli ultimi anni, col rischio di innervosire i mercati
se non dovesse fare quanto
promesso». E l’impegno, definito più volte da Draghi
nell’ultimo anno, è quello di
riportare il tasso d’inflazione
al 2%, il target previsto dal
mandato della Bce.
A supportare Draghi ci sono soprattutto la Francia e i
Paesi dell’eurozona mediterranea. Il membro francese
del board esecutivo della
Bce, Benoît Coeuré, è uno dei
più propensi a fornire altro
supporto al sistema finanziario dell’area euro. Questo
perché non ci sono soli i tassi
negativi a pesare sulla redditività delle banche, ma c’è anche il fardello dei Non-performing loan (crediti dubbi,
o Npl), specie per gli istituti
di credito dei Paesi periferici.
«La Bce è in grado di gestire
anche i tassi negativi, non ci
sarà alcun problema», continua a ripetere Coeuré. Della
stessa linea è anche il governatore della Banque de France, François Villeroy de
Galhau, che ha da poco preso
il posto di Christian Noyer.
Nuovo nome, stessa attitudine. Secondo Villeroy «il più
grande pericolo nella zona
euro è la deflazione».
Il fronte delle colombe,
tuttavia, ha guadagnato dei
seguaci inaspettati. Il finlandese Erkki Liikanen, per
esempio. Da rigorista, complice la stagnazione della
Finlandia, è diventato più
aperto agli stimoli monetari.
Con il suo staff l’ex commissario Ue all’Industria, carica
che ha rivestito sotto la presidenza di Romano Prodi, non
nasconde l’approvazione per
le azioni di Draghi. «Sono
utili a tutta l’eurozona e possono aiutare la Finlandia a
tornare alla crescita in breve
tempo», dice da dicembre
nel suo cerchio più ristretto.
Stesso dicasi per l’austriaco
Ewald Nowotny. Da integerrimo battagliero dei tassi alti,
Nowotny ha voltato pagina
negli ultimi tre mesi, complici le turbolenze sui mercati
emergenti e la crisi migratoria europea: «Mi attendo che
l’inflazione sia negativa per
buona parte del 2016 e questo si tradurrà in nuove misure della Bce, spero».
Fronte tedesco
Le posizioni accomodanti
di Draghi e di gran parte dell’Executive board, però, sono
in contrapposizione a quelle
dei rigoristi, guidati dal numero uno della Bundesbank,
Jens Weidmann. Secondo il
banchiere centrale tedesco,
riferiscono fonti a lui vicine,
«non c’è un immediato rischio di deflazione nell’area
euro, motivo per cui non è
necessario introdurre ulteriori misure di politica monetaria non convenzionale».
Sulla stessa linea d’onda ci
s o n o i l l e t to n e I l m r s
Rimš vi s, l’olandese Klaas
Knot e l’estone Ardo Hansson. Eppure, secondo il meccanismo di voto della Bce,
rinnovato a seguito dell’entrata della Lituania nell’Eurozona, numerosi falchi non
potranno esprimere la propria preferenza a questa tornata. Weidmann non parteciperà alla votazione, così come Hansson.
Nonostante ciò, l’attività
di lobbying del banchiere
della Bundesbank non si è
fatta attendere, come fanno
notare gli osservatori della
Bce. Persi Liikanen e
Nowotny, il club dei falchi ha
convinto lo slovacco Jozef
Makúch e il lituano Vitas Vasiliauskas. A essi bisogna
inoltre aggiungere il membro tedesco del board esecutivo, Sabine Lautenschläger.
A oggi il vantaggio è delle
colombe. Ma potrebbe mutare presto. Come potrebbero
cambiare gli equilibri interni
nel caso non dovesse bastare
l’espansione degli attuali
programmi? Fonti interne alla Bce non escludono che si
possa passare a un livello
successivo: comprare titoli
azionari e crediti deteriorati.
«Sono opzioni che sono state
discusse già in passato, seppure a livello del tutto ipotetico», spiegano. Ma si tratta
anche di possibilità che troverebbero con difficoltà, a
causa dei rischi operativi,
l’appoggio di Weidmann e
degli altri falchi del rigore.
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NOI E GLI ALTRI
La distanza tra l’Italia e gli altri Paesi europei
nella salute del sistema economico
Centrosinistra
Centrodestra
Tecnico
Previsione
Tendenza
I diversi colori indicano la collocazione politica (prevalente) dei vari governi in carica
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Barometri L’indicatore di Ibl che monitora la dinamica dei rapporti tra tutti i Paesi dell’Unione
Ue L’allarme rosso del Superindice:
troppe divergenze, così si va all’indietro
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FOTO DI GRUPPO
L’andamento della media ponderata dei superindici nazionali
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Le distanze tra le economie sono tornate ai livelli precedenti alla moneta unica
Ma i Paesi con spinte centrifughe oggi sono i «pesi massimi» Italia e Francia
DI GIUDITTA MARVELLI
L
a divergenza, se si parla di
Unione Europea e di moneta
unica, non è un’accezione positiva. Facile dirlo se l’imputata che
non riesce a tenere il passo è l’Italia
o uno degli altri Paesi della periferia monetaria. Ma, attenzione. La
divergenza non è un bene nemmeno quando chi marcia per conto
suo riesce ad essere migliore della
media. Come accade alla solita
Germania. «Per superare il dramma delle migrazioni e il problema
dell’economia, che oggi rischia di
rimanere in ombra pur essendo altrettanto importante, servono scelte più comuni — dice l’economista
Nicola Rossi —. Il fai-da-te dei singoli Stati che provano a cimentarsi
in proprio con il dilemma flessibilità-austerità crea solo nuove divergenze. E quindi nuovi problemi».
Rossi, insieme a Paolo Belardinelli, cura il Superindice (Istituto
Bruno Leoni-Osservatorio Minghetti) che riesce a misurare avvicinamenti e scostamenti dell’economia di un singolo Stato rispetto
al sistema Europa. Un barometro
nato per tastare il polso dei partecipanti più deboli della moneta unica, che con questa nuova rilevazione diventa più articolato e più inclusivo, perché ogni Paese adesso
ha il suo. E quindi calcolando la
media ponderata dei 19 Superindici dell’Unione monetaria si può
avere «una misura immediata ed
intuitiva dell’evoluzione dei processi di divergenza e convergenza
presenti al suo interno», spiega
Rossi.
Che costa sta accadendo? La foto di gruppo con Superindice restituisce un’immagine che desta più
di una preoccupazione. Sia per
Il fai-da-te degli
Stati su
flessibilità e
austerità crea
nuovi problemi,
non ne risolve
Economista
Nicola Rossi
quanto riguarda la situazione specifica dell’Italia sia, appunto, per
quanto riguarda il quadro complessivo dell’euro che viaggia sempre con troppe velocità.
Nelle edizioni precedenti i numeri lasciavano aperta la porta di
un miglioramento possibile del nostro Paese, anche alla luce degli effetti delle riforme messe in campo
dal governo. Adesso la situazione
dell’Italia «non consente eccessive
speranze — dice l’analisi—. Al
contrario suggerisce che il processo riformatore possa essere stato
molto più lento». Quello che l’Italia riesce a fare, insomma, è insufficiente se viene paragonato a quanto è stato fatto in altri Paesi, spiega
Rossi.
Se si alza lo sguardo e si osserva
la situazione complessiva con il
nuovo «Superindice dei Superindici» si scopre invece che dopo esser-
1,1
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Fonte: Ibl - Osservatorio Minghetti
si ridotta molto negli anni precedenti alla crisi del 2008, la distanza
tra le economie dell’euro è tornata
a crescere fino a raggiungere negli
ultimi tempi i livelli precedenti all’introduzione della moneta unica.
«Ma la cosa più preoccupante —
spiega Rossi — è che le differenze
sono simili a quelle di fine anni Novanta, ma i fattori determinanti sono molto più critici. Perché mentre
nella prima fase l’ordine sparso era
dato sostanzialmente da Paesi piccoli (Grecia, Portogallo, Irlanda,
Spagna), oggi le tendenze centrifughe vengono da Italia e Francia,
Pil, deficit , bilancia
dei conti correnti tra i
parametri che
misurano la distanza
S. Avaltroni
Paesi economicamente «pesanti»
e, nel nostro caso, titolari di un debito pubblico di dimensioni decisamente importanti.
Ma come viene costruito il Superindice? Nell’indicatore troviamo il tasso di crescita del Pil in termini reali, il tasso di disoccupazione e tre indicatori dello stato delle
finanze pubbliche a cui fanno sempre riferimento le regole fiscali europee: il rapporto tra deficit e Prodotto interno lordo e il rapporto tra
debito e Pil, oltre al rapporto tra la
bilancia dei conti correnti e il Pil.
Un paniere di numeri e un meccanismo non difficile da capire anche
per i non addetti ai lavori quando si
guardano i grafici: se l’Italia fosse
la fotocopia della media dell’Unione o dell’euro il valore del Superindice sarebbe zero.
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