Scarico - UniversiBO - Università di Bologna

Transcript

Scarico - UniversiBO - Università di Bologna
20/04/2011
Strategia e Gestione del sistema del valore
Paolo Barbieri → [email protected]
Pubblica avvisi sul sito web docente
Modalità d’esame: elettronica, al computer, dentro il laboratorio
Prova d’esame: in parte scritta in parte al computer, a scelta multipla → Testo domanda
→ 4 opzioni, ciascuna delle quali può essere vera o falsa
Punteggio: a ciascuna delle 4 opzioni viene dato un punteggio, se lasciata in bianco 0 ed
uno negativo se sbagliata.
25 testi di domanda ciascuno con 4 risposte → 100 v/f;
Terminata la prova, all’interno della stessa seduta d’esame vengono poste 2 domande
aperte sempre al calcolatore, rispettando un numero di caratteri limitato.
Delle domande aperte verranno valutate la correttezza della forma, la capacità di sintesi,
la correttezza dei contenuti e la coerenza della risposta con la domanda.
3 appelli: 1 subito alla fine del corso, 1 a fine giugno, 1 a metà luglio.
Iscrizione: su Almaesami obbligatoria.
Registrazione del voto: ammessa durante le sessioni d’esame con possibilità di delega
con documento di identità e deve avvenire obbligatoriamente nella data di registrazione
a valle dell’esame sostenuto, ad es, se si passa nel 1° appello di Giugno allora si dovrà
registrare nella 1a sessione di registrazione di Giugno.
Date d’esame:
1° Appello → Lunedì 13 Giugno
2° Appello → Martedì 28 Giugno
3° Appello → Mercoledì 13 Luglio
Non c’è un unico libro di testo ma si hanno tanti riferimenti bibliografici, magari di
alcuni testi si avranno solo pochi paragrafi o capitoli perché quella del supply chain
management è una disciplina giovane e non ci sono testi consolidati → mix di estratti di
manuale e articoli, riviste di stampo scientifico-manageriale.
19 contributi diversi tra estratti di libri e articoli per un totale di circa 400 pagine.
Avremo l’elenco delle letture; il corso include letture i cui contenuti rientreranno
nell’esame e letture incluse ma che non saranno oggetto delle prove d’esame.
I titoli a sfondo bianco sono quei contributi che serviranno per l’esame. I titoli a sfondo
grigio invece non costituiscono argomento delle prove d’esame ma possono essere
interessanti. Tutti i titoli sono disponibili in biblioteca ed in copisteria (una raccolta
degli articoli).
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
1
a.a. 2010-2011
Divideremo il corso in 4 step:
1. Gestione della supply chain, scelte strategiche di make-or-buy, acquisti e
partnership.
2. Gestione del rapporto di fornitura nelle sue declinazioni → problematiche
relative alla gestione di un contratto, aspetti extra-contrattuali, e possibilità di
svincolarsi dalle procedure tradizionali facendo leva sul concetto di fiducia, trust
3. Analisi delle strategie di supply-chain, di fornitura, ossia orientare gli obbiettivi
in base alle strategie viste.
4. Tema dell’internazionalizzazione della fornitura e del network di produzione.
Per 2 volte il venerdì verranno ospiti che testimonieranno i trascorsi della supply chain
vissuti sulla loro pelle.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
2
a.a. 2010-2011
Indice
Pagine
Organizzazione della Supply Chain …................................................................................. 4
Le scelte strategiche di Make or Buy …............................................................................… 6
Gli Acquisti ….................................................................................................................... 20
La gestione del portafoglio acquisti ….............................................................................. 28
La gestione della partnership …....................................................................................... 40
Economie dei contratti …...............................................................................................… 54
Asimmetrie informative e loro impatto sulla governance …............................................ 66
Contratti incompleti e Hold-up …..................................................................................… 73
Rimedi legali e clausole contrattuali …............................................................................. 81
Ottimizzazione degli acquisti – Il caso MekeItalia …............................................... 84 - 92
Aligning Incentives in Supply Chains …........................................................................... 97
Impresa, Concorrenza e Organizzazione ….................................................................... 102
Dimensioni analitiche del concetto di fiducia nelle relazioni di mercato ….................. 104
Il ruolo del buyer nel caso Ducati …............................................................................…. 110
Antecedenti e conseguenze del concetto di fiducia …..................................................... 114
Creating trust in the Extended Enterprise ….................................................................. 119
Coesistenza di Governance transazionale e Governance relazionale ….........…............. 125
Produzione e strategia aziendale (Skinner) …................................................................ 127
What is the right supply chain for your product? (Fisher) …......................................… 131
Strategia della Supply Chain (Lee) ….............................................................................. 136
Ricorso all'outsourcing nella Supply Chain (Chase e Acquilano) …............................... 142
International Sourcing Strategy ….................................................................................. 146
Tipologie di approvvigionamento dalla Cina ….............................................................. 149
Managing the evolving Global Production Network (Ferdows) …................................. 153
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
3
a.a. 2010-2011
Organizzazione della supply chain
Diversi livelli di integrazione delle attività
E’ valore tutto ciò che risponde in maniera più o meno soddisfacente ad un’esigenza di
creazione di valore, ad un bisogno del mercato; in molti casi tale esigenza è stata
“creata” da imprese che hanno offerto tecnologia e servizi che hanno fatto si che si
manifestasse un bisogno che fino ad allora non era neanche sentito.
Ci occupiamo del modo in cui le imprese rispondo a queste esigenze, non dal punto di
vista del riconoscimento del bisogno né dal punto di vista delle caratteristiche del
prodotto ma il supply chain management si occupa del modo in cui le imprese lavorano
per soddisfare quel bisogno generando valore.
Perché sistema del valore?
La risposta deriva dall’osservazione della realtà: Nella storia del management si hanno
aziende che interagivano con altre per la generazione del valore, altre che non
interagivano con nessuno.
La Ford, ad esempio, che produceva la T, era proprietaria delle miniere di materiale
ferroso e deteneva piantagioni per estrarre la gomma dei pneumatici, possedeva aziende
chimiche per alcune miscele o mescole per acciai e gomme.
Oggi la situazione è diversa, la maggior parte delle imprese collaborano con altre al fine
di creare valore, non detengono al proprio interno tutte le competenze e le tecnologie
per la realizzazione del prodotto finito, anche nel caso di colossi dell’automobilistica
(esempio di azienda che realizza solo il motore, non tutte le componenti restanti di una
macchina).
Si parla dunque di Sistema del valore, perché tanti attori interagiscono.
Compito del corso sarà capire perché esistono diversi livelli di integrazione (ad es nei
pneumatici c’è alta integrazione, le aziende di pneumatici fanno tutto, per le scarpe non
c’è integrazione, ma frammentazione, non esiste uno stabilimento produttivo Nike che
faccia scarpe Nike).
E' importante capire che esiste un sistema del valore se c’è capacità di generare un
valore.
[Lettura suggerita è l’estratto del libro di Womak e Jones, “Lean Thinking”, capitolo 1,
“Il valore” (lettura aggiuntiva ma non necessaria, la parte introduttiva)]
Riflessione interessante su come clienti e fornitori di servizi dovrebbero interagire e
collaborare per creare un’interessante catena del valore. Ad esempio produttore di
canalette (per i cavi), che sono commodities. Si cercavano nicchie da soddisfare ma
spesso le nicchie individuate non ne avevano bisogno → hanno risolto creando dei Team
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
4
a.a. 2010-2011
per ciascuna area funzionale (marketing, R&S, ...). Le aziende concorrenti si
combattevano sul campo del prezzo ma non si erano accorte che c’erano fasce di clienti
che erano interessati a pagare un premio di prezzo per avere una dimensione estetica del
prodotto. Pertanto le aziende devono immettere sul mercato dei prodotti che devono
essere in grado di intercettare i bisogni latenti dei clienti e stimolarne la successiva
manifestazione.
Altra dimensione di mercato da considerare è la divergenza di obiettivi dei vari attori nel
sistema del valore. Ad es Womack e Jones portano il caso di una persona che deve
andare in un posto raggiungibile solo dall’aereo → diverse aziende intervengono, dal
taxi casa-aeroporto, al trasporto bagagli, al vero e proprio volo, ecc → ogni azienda
copre diversi aspetti ma non è detto che il modo in cui la singola azienda opera per
massimizzare i propri obiettivi sia coerente con l’ottimizzazione dell’obiettivo del
sistema intero. Non è detto che la somma di tante ottimizzazioni massimizzi il valore
complessivo dell’utente. Obiettivo del supply chain manager è conformare, uniformare
tutti gli obiettivi dei singoli elementi per minimizzare il costo dell’intero sistema.
In un contesto produttivo un’azienda vuole tenere basso il livello di scorte; se da un lato
un fornitore applica la minimizzazione dei costi e l’azienda punta a minimizzare solo il
sistema di gestione delle scorte non è detto che complessivamente otteniamo un sistema
ottimale di costi, poiché magari il costo di trasporto è maggiore del costo di stoccaggio
→ la minimizzazione delle scorte è ottima per il magazzino ma non per l’intera azienda.
Bisogna armonizzare i comportamenti delle varie imprese per massimizzare il valore
complessivo.
2 strategie per la commercializzazione di prodotto:
● Leadership di costo.
● Strategia di differenziazione → viene utilizzata da quelle imprese che puntano ad
offrire al mercato un prodotto che sia qualitativamente superiore rispetto a quello
dei concorrenti, per il quale il cliente è disposto a pagare un prezzo maggiore.
Il livello di similarità dei prodotti influisce sulle strategie adottate, ad esempio sui grezzi
di costruzione (sabbie, estratti di cava, cementi, ecc) c’è poca differenza → le imprese
tenderanno a ridurre i costi con vari metodi. Per contro l’industria del lusso spesso
persegue strategia di differenziazione ricercando la differenza qualitativa e prestazionale
del prodotto per intercettare fasce di clientela disposte a pagare per questo un premio di
prezzo. Attenzione però che aziende che seguono strategie di differenziazione non è
detto che non siano sensibili ai costi (Ducati non può installare impianti frenanti
scadenti ma con componenti di qualità, come quelli della Brembo, perché è ciò che il
mercato richiede e differenzia il prodotto da quelli concorrenti [Sistema del Valore]). Un
esempio sono le penne che sono commodities, si hanno livelli differenti ma si hanno
anche livelli minimi di qualità (che l’inchiostro esca in maniera decente) che vanno
rispettati → non sono strategie valide in maniera assoluta.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
5
a.a. 2010-2011
28/04/11
Le scelte strategiche di Make or Buy
1.
2.
3.
4.
5.
L’evoluzione dei rapporti clienti-fornitore
Mercato competitivo, collaborativo e integrazione verticale
Le condizioni per il mercato: complessità, specificità e incertezza
I driver strategici
Le reti di fornitura
Analisi Make or Buy
Possiamo porci due domande fondamentali andando ad analizzare i modelli di business:
• Produrre internamente
• Acquisto all’esterno
Se decido di produrre internamente dovrò organizzare la produzione, contrariamente
dovrò selezionare i fornitori giusti. Se quindi decido di acquistare esternamente mi
andrò a chiedere: come acquisto?
→ da quali fornitori?
→ da quanti fornitori?
→ con che tipo di rapporto? (scambio informativo e alta collaborazione in caso di
problemi o solo rapporto di fornitura?)
Intorno alla fine dell’ 800, quasi tutte le attività d’impresa sono svolte internamente, ad
esempio in Ford, era tutto prodotto internamente, quasi senza ricorso di beni o servizi a
imprese esterne potendo consegnare automobili ad una larga scala di consumatori.
Dunque il modello make era il modello prevalente, le aziende non possedevano tutte
l’ufficio acquisti in quel periodo e, da allora, è diventato raro questo caso.
E’ più facile ipotizzare un investimento nel caso di stabilità del mercato, in caso di
domanda incerta invece c’è più difficoltà ad effettuare tali investimenti, quindi l’idea di
acquistare sul mercato il prodotto che avrei potuto produrre internamente mi garantisce
la possibilità di scelta.
La competizione tra le imprese in questo modo cresce, e diventa fondamentale il
vantaggio competitivo.
Perciò i punti fondamentali sono: Instabilità della domanda ed incertezza
d’investimento.
Con il passare del tempo i tempi del ciclo di vita dei prodotti si abbassano drasticamente
(ad esempio i personal computer, le automobili) → Riduzione del tempo di permanenza
dei prodotti sul mercato e ciò influisce sulle scelte di make or buy in quanto in
prospettiva di una vita utile che si riduce può diventare più allettante una scelta di buy.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
6
a.a. 2010-2011
•
•
•
•
Instabilità della domanda
Ciclo di vita del prodotto
Varietà di gamma
Input del processo a basso costo
Il terzo punto riguarda la varietà di gamma: es. advertising, sono fattori che influenzano
le scelte da parte dei consumatori, dal momento in cui desiderano di avere prodotti
customizzati. In questo modo, se riesco a produrre un’ampia gamma di prodotti, ottengo
vantaggio competitivo rispetto alle altre aziende ed amplio la mia visibilità rispetto alla
clientela.
L’incremento della varietà, da 20 anni a questa parte, e di conseguenza l’esigenza di
produzione industriale di tale varietà, ha avuto un’importanza ed una crescita notevole.
Questo è un importante fattore perché nel momento in cui desidero presidiare diverse
tecnologie, mi vien difficile farlo con un solo prodotto e la varietà di gamma rappresenta
la mia soluzione. Dunque diventa importante la presenza di diversi fornitori ognuno
specializzato in alcuni elementi del mio prodotto ad esempio; anche una varietà di
gamma crescente dunque potrebbe spingere verso scelte di buy.
Ultimo aspetto è la possibilità di accedere ad input di processo a basso costo. Ad
esempio, in Thailandia, possiamo ottenere manodopera a basso costo, in Germania
abbiamo tecnologia ad alto livello. E’ plausibile la scelta di acquisto da fornitori presenti
in questi paesi per avere una prezzo d’acquisto comparato migliore
Col passare degli anni dunque dalla totale integrazione si arriva a soluzioni in cui la
funzione di acquisto è sempre più importante fino a divenire fondamentale, mentre la
produzione diventa di importanza secondaria
Le decisioni di make or buy: il dilemma mercato-gerarchia
Integrazione verticale = presidio di tutte le attività necessarie per la vendita di un
prodotto finito, dalla raccolta delle materie prime alla distribuzione
• Modello di business dominante per molto tempo (Caso Ford)
• Requisiti per l’integrazione verticale: Settore stabile, Domanda stabile
(saturazione della capacità produttiva), Economie di scala
Outsourcing (deverticalizzazione, terziarizzazione) = cessione di alcune attività ad altre
imprese con le quali diventa necessario interfacciarsi
• Outsourcing di attività comuni e standard, che non erano differenzianti
• Concentrazione sulle core competence, esternalizzando le altre attività (Caso
Polaroid)
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
7
a.a. 2010-2011
Una volta si fondevano le leghe di metallo e da li si costruivano le auto, oggi invece
abbiamo anche diversi pezzi in plastica, in pelle, sistemi di controllo elettronico e
sistemi informatici ben più complessi. Allo stesso tempo però il concetto di propulsione
non è cambiato, forse un giorno diventerà tutto elettrico. Il fatto straordinario è la
velocità con la quale si sono fatti questi miglioramenti.
La capacità di presidiare tutte queste tecnologie però diventa sempre più complessa → si
avranno diversi partner poiché un’azienda che non può produrre tutto quanto, anche
Toyota che è leader nella produzione di automobili. Avendo sul mercato prodotti
altamente tecnologici sarà quindi difficile per la singola impresa potersi imporre con un
proprio prodotto.
Si pensi al mercato dei PC, chi assembla una macchina difficilmente produce i
processori, anzi spesso si trova “Intel inside” che è addirittura un elemento qualificante
della tecnologia che si compra.
La guerra del Kippur (del Ramadam, d’Ottobre, arabo-israeliana) ha fatto da
spartiacque nella storia dell’economia, in quanto dalla seconda GM l’economia
occidentale era stata in continua crescita → scoppia la Guerra Arabo-Israeliana ed
aumenta il prezzo del petrolio, quindi la domanda si destabilizza, e da quel momento in
poi la domanda è andata per contrazioni ed espansioni, ma mai più con la stabilità di
prima.
Oggi tutte le imprese si trovano in condizioni dalla domanda instabile, tutt’altro che
ragionevole, però l’esigenza di flessibilità sta diventando la caratteristica principale di
tutti i nostri mercati.
La riduzione dei costi è un fattore fondamentale al quale le imprese sono sempre più
sensibili; si rivolgono infatti al Global Sourcing. Se ci si rivolge ad un fornitore
specializzato in una determinata produzione si può usufruire di quei fattori di economie
di scala che tale fornitore ha probabilmente applicato specializzandosi (produce di più
quindi può abbassare i costi, questo è economia di scala)
Economie di processo invece comportano il fatto che quanto più si realizza un processo
migliore tanto più si è in grado di renderlo efficiente.
Dal punto di vista delle scelte che le aziende compiono sul sistema produttivo possiamo
dire che le organizzazioni si spostano da una soluzione integrata ad una meno integrata.
Un’impresa produrrà internamente elementi fondamentali per il processo e acquisirà
elementi frutto di competenze specifiche che sono proprie di altre aziende.
Il ricorso all’esterno può avere una valenza anche dal punto di vista dell’impatto degli
indicatori economici dell’impresa.
Peso Percentuale di incidenza degli acquisti in determinati settori:
Automotive → 55-70%
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
8
a.a. 2010-2011
Meccanico → 35-65%
Elettronico → 30-70%
Telecomunicazioni → 40-70%
Tessile e abbigliamento → 50-60%
Beni di largo consumo → 35%-70%
Alimentare → 30-65%
Sanità → 40-55%
Chimico → 50-60%
Costruzioni → 45-70%
Altro → 35%-60%
Media → 40%-65%
Si parla di incidenza sul fatturato, non sul costo industriale del prodotto.
ROS  ReturnOn Sales=
EBIT
Fatturato complessivo
EBIT: Earning Before Interests & Taxes → indicatore di risultato economico prima degli
interessi e delle tasse
TRC Tasso di Rotazione del Capitale =
ROI  ReturnOn Investments =
Fatturato
Capitale investito
EBIT
Capitale investito
→ ROI =ROS⋅TRC
Figura: Esempio di impatto degli acquisti sul bilancio di un impresa
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
9
a.a. 2010-2011
In alcuni settori “maturi” l’incremento del fatturato è un problema decisamente
complesso da risolvere, un obiettivo difficile da perseguire, e non si può abbassare il
prezzo di vendita per aumentare le vendite, ma è stato dimostrato che ad un 5% di
riduzione dei costi corrisponde un impatto equivalente ad un incremento delle vendite
di un 15%. Quindi anche gli investitori vedono di buon occhio le imprese capaci di
ridurre internamente i propri costi piuttosto che le aziende capaci di vendere poco di
più.
Possono esserci modelli più orientati alla competizione e altri modelli più orientati alla
collaborazione
Mercato competitivo, collaborativo e integrazione
Negli anni ‘70 il dilemma mercato-integrazione verticale si arricchisce di una 3 a via: il
mercato collaborativo:
● Mercato competitivo (mercato puro): l’impresa dà in outsourcing delle attività
mettendo in competizione i propri fornitori
● Mercato collaborativo: l’impresa individua un certo numero di fornitori - partner
con cui collaborare
● Integrazione verticale: l’impresa investe in asset (impianti, tecnologie, risorse
umane, strutture organizzative) per la produzione di beni e servizi.
Transazioni
Orizzonte
temporale
Minaccia
prodotti
sostitutivi
Diversificazione
fonti/sbocchi
Investimenti
relazionali
Switching
Cost
Mercato
competitivo
Spot
Breve
Alta
Alta
Bassi
Bassi
Mercato
Collaborativo
Ripetute
Medio
Bassa
Media
Medio-Alti
Medi-Alti
Integrazione
Continuative
Lungo
Bassa
Bassa
Alti
Alti
Per il mercato competitivo sostanzialmente acquistare da un fornitore o da un altro è la
stessa cosa in caso di diversificazione alta e gli switching cost, costi di cambio fornitore,
sono bassi.
Uno degli svantaggi del mercato competitivo è quello di trovare difficilmente
l’opportunità di rimediare un bene alternativo altamente specializzato.
Se ci si integra verticalmente si è autonomi di fare scelte su come progettare ed
ingegnerizzare il proprio prodotto, ma allo stesso tempo bisogna essere consapevoli
delle maggiori spese (per la tecnologia) e complicazioni gestionali, aggiunte alla minore
flessibilità (non si può cambiare fornitore a quel punto!).
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
10
a.a. 2010-2011
Nel momento in cui desidero comporre un prodotto con parti altamente specializzate
vado a complicare le relazioni contrattuali coi fornitori, poiché essi producono
unicamente per me e desiderano pertanto avere delle garanzie di acquisto.
Il mercato collaborativo è una forma intermedia, tra la fornitura da mercato esterno e
l’integrazione, in cui si cerca di sviluppare una collaborazione che sia vantaggiosa per
entrambe le parti. L’impresa fornitrice guadagna attraverso garanzie e supporto utili alla
realizzazione del prodotto mentre l’impresa che acquista, guadagna nello scambio di
informazioni su tecnologie, innovazione e sviluppo del prodotto.
Ricapitolando se io volessi realizzare un prodotto altamente differenziato l’integrazione
verticale mi consentirebbe di farlo poiché deterrei le tecnologie e le competenze ma è
per contro attualmente difficile detenere tutte le tecnologie, inoltre l’integrazione è un
modello rigido, d’altro canto le imprese continuano a sentire l’esigenza di un prodotto
differenziato in quanto per questo il mercato sarà disposto a pagare un premio di
prezzo.
Nella situazione in cui né l’integrazione né il mercato competitivo risultano essere
efficienti si sviluppa un modello più collaborativo. La relazione non è più spot ma il
cliente si lega ad un determinato fornitore con una relazione duratura, ed interazione
economica ripetuta nel tempo; l’acquirente dà garanzie al fornitore sul fatturato, sui
volumi di acquisto nel tempo → gli investimenti sono fatti in maniera congiunta
(acquisizione macchinari, impianti, ecc). Ci può essere anche una condivisione
tecnologica: si lavora per mettere a disposizione un know-how tecnologico a favore del
partner.
Una situazione di questo tipo determina alti costi di set-up della relazione ed un forte
aumento dei costi di switch (cambio fornitore), oltre ad un grosso impiego di tempo.
Alternativa all’integrazione, come abbiamo visto, è rivolgersi al mercato, e ci sono
almeno 2 modi per rivolgersi al mercato → modello di tipo competitivo e modello di tipo
collaborativo.
Quali sono i fattori che spingono un’impresa a selezionare il modello competitivo o
collaborativo o verticalmente integrato?
Domanda stabile, molti fornitori e presidio tecnologico da parte dei fornitori sono le
condizioni ottimali per la scelta del modello competitivo. Si presuppone quindi che la
maggior parte delle componenti che sviluppa l’azienda del proprio prodotto abbiano
know-how già possedute nel mercato, quindi facilmente ottenibili e replicabili.
Nel momento in cui mi rivolgo al mercato devo però essere consapevole che sto
perdendo competenze poiché delego ad altri la produzione, ed altri le acquisiranno
queste competenze; allo stesso tempo se non esternalizzassi rinuncerei probabilmente
ad un vantaggio di costo (o di specializzazione del fornitore) che i miei concorrenti
stanno sfruttando. Il rischio è rivolgersi al mercato per tecnologie che sono
fondamentali per il mio mercato, altro rischio è l’esposizione alle dinamiche di mercato,
altro rischio ancora è lo sviluppo di potenziali competitors, poiché i fornitori potrebbero
fare integrazione a monte.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
11
a.a. 2010-2011
Caso P&G/3M
•
Lancio nuovo pannolino Pampers negli anni ‘70:
◦ Prodotto innovativo usa e getta
◦ Nuova tecnologia: nastri adesivi riutilizzabili → nuovo mercato
• Analisi ed individuazione delle condizioni favorevoli ad un mercato potenziale
(volumi sufficienti, competenze disponibili, semplicità descrittiva dei requisiti e
standardizzazione del componente...)
• Decisione di non internalizzare lo sviluppo della tecnologia e coinvolgimento di
un potenziale fornitore (3M) con competenze tecnologiche elevate
• Investimento congiunto in un impianto 3M a fianco dell’impianto P&G: volontà
di condivisione di rischi e benefici
• Creazione di uno standard
• Sviluppo di un mercato intermedio, altri clienti per 3M e successivamente altri
fornitori.
Dunque P&G ha messo l’idea commerciale e 3M ha collaborato con la tecnologia di
adesivi, insieme hanno creato impianti, e hanno creato Pampers.
Le condizioni per il mercato
•
•
•
Prerequisito per l’esternalizzazione (competitiva o collaborativa): esistenza di un
mercato intermedio, almeno potenziale (caso visto sopra: P&G )
L’esistenza dipende dai costi di transazione che sono “costi associati alla
relazione finalizzata allo scambio di beni e servizi tra cliente e fornitore (vedi
Williamson, premio Nobel per l’economia 2009)
◦ Esempio: costo di ricerca e selezione dei fornitori, interfaccia (comunicazione
delle specifiche del bene), negoziazione, aggiudicazione del fornitore, stesura
del contratto controllo della fornitura, gestione di contenziosi
L’entità dei costi di transazione dipende da tre aspetti del bene/servizio
scambiato: complessità descrittiva, specificità e incertezza
Dove vediamo imprese integrate verticalmente significa che ci sono costi di gerarchia
inferiori a quelli di transazione. La scienza manageriale si rifà al framework complessivo
dei costi di transazione, lo applica in maniera non rigida. La competitività non dipende
solo dall’efficienza del modello di costo, l’approccio allo strategic management ci dice
che se i costi di transazione sono più bassi dei costi di coordinamento si determinano le
condizioni per l’esistenza di mercati competitivi o collaborativi in alternativa
all’integrazione.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
12
a.a. 2010-2011
Si ha dunque:
• Approccio transaction cost → approccio normativo → ci sono dei costi di
esternalità/transazione e dei costi di gerarchia
• Approccio strategic management → approccio contingente
Approcci diversi possono convergere alla stessa soluzione a partire da input differenti.
Entrambi possono ad esempio portare ad una integrazione verticale in particolari
situazioni di mercato.
Secondo gli studiosi il modello dello strategic management sembra essere quello un po
più coerente con la realtà, in quanto quello dei transaction cost trascura alcune
determinanti della competitività, non riconducibili a costi di esternalità o di gerarchia,
ma che sono fondamentali per il vantaggio competitivo (nonostante abbiano vinto il
Nobel nel 2009 per questo modello).
Perché queste 3 variabili (complessità descrittiva, specificità, incertezza) sono
importanti?
1) Complessità descrittiva: devo sostenere dei costi di transazione nel momento in cui
necessito di fornitori per creare i miei prodotti. Se ho difficoltà nello specificare di cosa
ho bisogno, se è complesso spiegare come desidero avere un particolare componente o
servizio, allora sarà più alto il costo di transazione, perché si avranno più tentativi per
arrivare alla soluzione ottimale.
2) Specificità: le imprese cercano di perseguire una differenziazione di prodotto per
avere una marginalità maggiore (ricordando Porter si ha successo e vantaggio
competitivo o diventando leader di costo o aumentando il margine facendo si che il
mercato riconosca un valore maggiore al nostro prodotto). Allo stesso tempo la strategia
intrapresa non può prescindere dal rapporto coi fornitori, per avere un componente
differenziato un fornitore dovrà fare investimenti specifici.
3) Incertezza: dove c’è elevata incertezza le controparti tenderanno a tutelarsi dal punto
di vista contrattuale e relazionale, non ci sono le condizioni di contratto semplice e non
oneroso, in quanto la parte svantaggiata sarebbe esposta a forte rischio in caso di
insuccesso e non accetterebbe il contratto.
Ricapitolando, questi 3 elementi determinano un incremento dei costi di transazione.
Secondo punto, il framework dei costi di transazione applicato allo strategic
management dice che se complessità, specificità ed incertezza sono basse allora anche i
costi di transazione sono bassi, ma allo stesso tempo esisteranno le condizioni per
mercati intermedi, se sono ancora più basse esistono mercati competitivi, se sono un po
più alte non esistono le condizioni per mercato competitivo ma per uno collaborativo, se
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
13
a.a. 2010-2011
le 3 componenti sono ancora più alte allora non ci sono le condizioni per mercato
collaborativo ma solo l’integrazione risulta possibile.
Mercato reale è quello in cui se sono un’azienda, esco, cerco fornitori, e senza alcun
costo inizio una fornitura. Quando invece si è nel caso di 3M e Pampers ad esempio il
mercato non c’era ed era mercato potenziale.
Le 3 variabili sono fortemente influenzate dalla variabile tecnologica che in primis
riduce la complessità descrittiva e quindi permette l’abbassamento del costo di
transazione → le tecnologie spingono verso forme di mercato (collaborazione,
competizione) piuttosto che di integrazione.
I driver strategici
Una volta stabilito se esistono le condizioni per ricorrere all’outsourcing, occorre
valutarne la convenienza.
I driver di scelta sono 3:
• Competenze → Scelgo di mantenere il controllo diretto su competenze chiave per
il mio processo “producendole” internamente (alberi a camme per la Ducati), si
sceglie di mantenere il presidio su tecnologie che solo io ho
• Costo → Anche a fronte di costi di transazione alti scelgo comunque di rivolgermi
al mercato per ottenere economie di scala
• Capitale → Posso utilizzare del capitale per differenziare il mio business per
incrementare la gamma di servizi/prodotti.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
14
a.a. 2010-2011
29/04/2011
Abbiamo visto le 2 alternative di integrazione verticale e mercato esterno che a sua volta
può essere di tipo collaborativo o competitivo.
Il modello economico suggerisce un approccio normativo, che diminuisca i costi (o di
transazione o di coordinamento). Contrariamente a quanto precedentemente postulato
dalla microeconomia è stato dimostrato che le transazioni economiche nel mercato
hanno un costo, generano costi che sono o di coordinamento o di transazione e le
imprese dovranno scegliere un approccio che minimizzi tali costi: se si minimizzano i
costi di coordinamento si tenderà all’integrazione verticale, se si vuole minimizzare
invece il costo di transazione si tenderà ad un modello di collaborazione.
Il modello dello strategic management condivide in gran parte queste basi.
I costi di transazione secondo questo approccio sono determinati da incertezza,
specificità, complessità descrittiva, che aumentando determinano un aumento dei costi
di transazione.
Driver di scelta dello Strategic Management
1. Competenze
Resource Based View → competenze differenzianti → devono essere scarse, rilevanti, e
devono essere non trasferibili e non imitabili (tali conoscenze possono essere tacite, e il
percorso che i concorrenti devono fare per arrivare all’imitazione, deve essere molto
complicato).
Le imprese che detengono queste caratteristiche, in norma riescono ad ottenere un
vantaggio competitivo di lunga durata nel tempo
Secondo il modello di Porter il vantaggio competitivo non dipende dalle caratteristiche
dell’impresa ma dalle caratteristiche dell’ambiente in cui l’impresa opera, la Resource
Based View invece sostiene che sta nelle caratteristiche dell’impresa la determinante del
vantaggio competitivo, e ancora di più che nelle risorse materiali, nella competenza
“mentale” sta la fonte del vantaggio.
Le competenze strategiche sono difficili da transare → l’approccio RBV spinge
all’integrazione verticale ed al mantenimento interno delle competenze “core”.
Un’impresa può avere competenze specialistiche anche su aspetti non cruciali del “core
business”, queste possono essere sfruttate e implementate in altre attività. Quando
invece ci si rivolge al mercato, lo si fa o per prodotti/competenze altamente
specializzate, o per altre competenze anch’esse specialistiche, ma che l’impresa non
detiene e deve esternalizzare.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
15
a.a. 2010-2011
2. Gestione dei costi
Il 2° aspetto da considerare come strategico è il driver dei costi, in particolare bisogna
riflettere su quanto l’esternalizzazione possa impattare sui costi
• Riduzione dei costi (caso 14.6) grazie a:
◦ Delocalizzazione
◦ Economie di scala o di specializzazione del fornitore
• Variabilizzazione dei costi (flessibilità)
◦ Costi da fissi a variabili: rischio sul fornitore
◦ Utile nei settori in cui la domanda è molto variabile (es. elettronica di
consumo, semiconduttori)
◦ I fornitori possono aggregare i volumi di più clienti, riducendo l’incertezza
della domanda
Se vado a comprare un prodotto in paesi di economie emergenti con costi distanze
logistiche elevate e necessità di elevati stoccaggi, sicuramente i transaction cost
aumentano ma devo compararli col prezzo d’acquisto che spesso è talmente vantaggioso
che copre abbondantemente l’incremento dei costi di transazione.
E’ più utile avere un costo variabile piuttosto che un costo fisso (e ciò equivale ad
eliminare un’attività interna per cominciare a comprare dal mercato) perché:
• Ci sono certe categorie di costo che le imprese possono pensare di tagliare senza
compromettere il loro vantaggio competitivo; si pensi alla consulenza o alla
pulizia dell’officina, se la mantenessi internamente sarebbe un costo fisso, se
invece esternalizzo posso pensare di pulire settimanalmente anziché
quotidianamente, col personale interno assegnato non lo posso fare.
• Il ricorso al mercato ha un effetto positivo sull’abbassamento del punto di breakeven. Avendo elevati costi fissi la contrazione della domanda ha un effetto
pesante, è più difficile raggiungere il pareggio, avendo costi fissi più bassi si riesce
a raggiungere il BEP prima. Le grosse imprese con alti costi fissi devono fare
volumi, a costo di abbassare il prezzo unitario.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
16
a.a. 2010-2011
3. Gestione del capitale
Il 3° driver strategico è la Gestione del Capitale
L’outsourcing permette di ridurre gli investimenti necessari per svolgere una certa
attività (barriere) rendendo possibile:
• Entrata in nuovi business (vedi caso 17.6 - Xbox)
• Diversificazione del portafoglio (vedi caso 14.7 - 7Eleven)
• Miglioramento degli indicatori finanziari, grazie alla riduzione delle attività
immobilizzate
TRC Tasso di Rotazione del Capitale =
•
•
Fatturato
Capitale investito
Diversificazione e indicatori finanziari positivi sono fondamentali per ottenere un
buon rating sui mercati finanziari (es. Dell anni ‘90: 3 miliari di fatturato con 60
milioni di immobilizzazioni)
Vedi caso 14.4 - tessuti & filati sintetici
Conclusioni - Le scelte di make or buy: schema di sintesi
Mercati industriali
Condizioni per
il mercato
Decisioni aziendali
Caratteristiche
dei mercati
Alte
Driver di scelta
per l'impresa
→ Mercati
inesistenti
Presidio
delle
competenze
Complessità
→ Mercati
collaborativi
Specificità
Gestione dei
costi
Incertezza
→ Mercati
competitivi
Efficienza
del capitale
investito
Basse
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
17
Scelta di
make or buy
→ Insourcing
→ Insourcing
→ Partnership
→ Insourcing
→ Partnership
→ Relazione di
mercato
a.a. 2010-2011
Lo strategic management non è un modello normativo ma contingente secondo il quale
le imprese possono scegliere il proprio modello sulla base e delle condizioni del mercato
e dei driver di scelta.
Concluso il 1° grosso argomento del corso che è Analisi Make or Buy.
Secondo argomento del corso:
Nel momento in cui si è scelta l’opzione buy bisogna organizzare ufficio acquisti,
gestione dei contratti.
Le reti di fornitura
Il crescente ricorso all’outsourcing ha condotto alla creazione di reti di fornitura sempre
più complesse.
E’ possibile classificare i rapporti in base a:
• Tipo di processo esternalizzato (Porter, 1985)
◦ Processi primari
◦ Processi di supporto (Secondo il Modello di Porter ci sono attività primarie e
attività di supporto che non sono fondamentali ma comunque importanti per
il processo)
• Posizione del fornitore nella filiera
◦ Rapporti verticali: tra imprese in sequenza
◦ Rapporti orizzontali: consorzi e joint venture (2 imprese decidono di
collaborare per creare una 3a impresa)
I fornitori sono sempre più rilevanti per il vantaggio competitivo dei clienti
Imprese “agili e leggere” inserite in una complessa rete di fornitura
• Extended manufacturing enterprise
• Virtual enterprise
• Keiretsu (reti di fornitura piramidali giapponesi), ad esempio sistemisti SMI e
TRW
• Learning network (reti di fornitura orizzontali)
◦ Per prodotti ad alto contenuto tecnologico e innovativo (es. Toyota anni ‘60
wikinomics)
La numerosità dei fornitori può variare in maniera significativa, 1, 2, tanti. Si deve
organizzare la rete di fornitura anche in base alla numerosità dei fornitori; dal punto di
vista accademico si distinguono 3 casi:
• 1 fornitore → Quando c’è un solo fornitore, si parla si single-sourcing (si sceglie
di rivolgersi ad un fornitore solo), egli in alcuni casi si specializza in situazioni di
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
18
a.a. 2010-2011
•
•
sole-sourcing, che è la configurazione nella quale l’impresa è obbligata a legarsi a
quel fornitore dal momento che non ce ne sono altri. La single sourcing è una
situazione problematica, l’impresa rischia di essere “sottomessa” poiché non ci
sono alternative di mercato a livello di fornitori.
Ma alcune imprese scelgono da sé di avere un unico fornitore perché esso può
portare anche ad avere vantaggi; tra i vantaggi c'è ad esempio il potere
contrattuale d’acquisto (Ferrari ha basso potere d’acquisto sulle imprese che
producono alluminio perché ha bassi volumi, nonostante il nome, ma alto su altri
fornitori)
Le situazioni di single sourcing, in condizioni di turbolenza del mercato sono
sconsigliate, e malviste dall’ufficio acquisti
2 fornitori
Più di 2 fornitori → Multiple Sourcing
I vantaggi e svantaggi si invertono rispetto al single sourcing: qui ho la possibilità
di selezionare di volta in volta il fornitore in base a quello che mi dà più fiducia e
che mi fa il prezzo più basso → ha il vantaggio di sfruttare in maniera implicita la
competizione tra i fornitori, e scegliere la tecnologia da me preferita.
I problemi del multiple sourcing sono legati ai costi gestionali che aumentano
(devo gestire più fornitori, gestirne uno solo è molto meno dispendioso). Altro
problema è legato al fatto che non sfrutto i vantaggi di scala, quindi non ho un
grande potere d’acquisto contrattuale (Es. Ferrari)
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
19
a.a. 2010-2011
Gli acquisti
Le tipologie di acquisti (per natura)
Diretti = materie prime, componenti e servizi che confluiscono o concorrono
all’ottenimento del prodotto finito (ad esempio se KPMG che fa consulenza a Fiat
compra una consulenza da un consulente privato, sempre per Fiat allora fa un acquisto
diretto)
Indiretti = beni e servizi che non vengono incorporati nel prodotto/servizio finale ma
che sono necessari al suo ottenimento perché garantiscono l’operatività dell’impresa
(cancelleria, sistemi informativi, ristorazione, ecc; ad esempio il settore dell’automotive
spende cifre notevoli in cancelleria)
• Materiali ausiliari
• Maintenance, Repair and Operations Materials (MRO Materials)
• Beni di investimento (macchinari)
Imprese di servizio
• Imprese commerciali: acquisti diretti fondamentali
• Servizi product-based: ruolo chiave dei materiali diretti
• Servizi puri: prevedono acquisti diretti solo di servizi
Le tipologie di acquisti (per attività)
Gli acquisti si possono classificare anche per natura delle attività che li richiede:
• Attività primarie → acquisti diretti
• Attività di supporto → acquisti indiretti
Caratteristiche
Acquisti per attività
primarie
Acquisti per attività di
supporto
Assortimento prodotti
Generalmente illimitato
Molto ampio
Numero di fornitori
Limitato, in riduzione
Molto ampio
Tasso di rotazione
Elevato
Ridotto
Logiche di
programmazione
Pianificazione della
produzione
Previsioni ad hoc e
progetti specifici
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
20
a.a. 2010-2011
04/05/2011
Strategic Purchasing
Deriva direttamente dalla strategia aziendale (modello di business)
Scelte strategiche
di make or buy
→
Definizione della
rete e delle
relazioni →
Marketing di
acquisto
→
Prima attività
logica
Struttura della
rete di fornitura:
quanti fornitori e
che tipo di
rapporto per ogni
categoria logica
Analisi mercato di
fornitura (market
intelligence)
Numero e
allocazione dei
fornitori
Analisi
concorrenti
Tipo di rapporto
Strategia di
sourcing (vedi
appunti sotto)
Input per SNP
Grado di delega
Certificazione
Supplier
development
Impegna più
funzioni: Acquisti,
ufficio tecnico,
ufficio legale
Gestione fornitori
→
Valutazione
strategica
Monitoraggio
prestazioni dei
fornitori (vendor
rating) e risultati
della relazione
Valutazione
relazioni
Si hanno 3 macro attività in uno schema generale e ciò che differenzia i livelli è il livello
di strategicità, ovvero influenza dell’attività sulla strategia dell’impresa → se è molto
importante allora avrà alta strategicità e viceversa.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
21
a.a. 2010-2011
Processi Strategici (prima freccia)
• Bassa frequenza
• Alto impatto
Processi Operativi (seconda e terza freccia)
• Alta frequenza
• Basso impatto
Il supply è un’attività meramente operativa, mentre il sourcing è a metà tra lo strategic
purchasing e il supply.
Quanto più un’operazione è strategica tanto meno è reversibile e tanto meno
frequentemente si ripete. Una decisione di make or buy non è molto reversibile, ad
esempio se si decide di orientare un investimento produttivo all’estero difficilmente si
tornerà indietro.
Importante è anche valutare i fornitori ed eventualmente certificarli, o richiedere una
certificazione sulla bontà dei loro processi (esempio è la certificazione ISO).
Si può decidere che tipo di autonomia lasciare al fornitore, nel proporre modifiche, ecc;
ad esempio la GM potrebbe lasciare liberi i propri fornitori nel processo di acquisto o
potrebbe dal lato opposto imporgli anche dei fornitori di secondo livello.
Si possono anche intraprendere strategie volte a migliorare il rapporto con i fornitori,
volte a migliorare le proprie prestazioni per ottenere un servizio superiore.
Altra attività riconducibile allo strategic purchasing è la Valutazione Strategica →
periodicamente valuto i fornitori (valutazione operativa fornisce informazioni sul livello
di prezzo, sulla percentuale di difetti, ecc; valutazione strategica è differente e dice
quanto il fornitore stia supportando la strategia, ad esempio ci dice quanto il fornitore
contribuisca alla mia strategia di differenziazione, ovvero a far scegliere il mio prodotto
piuttosto che quello di un avversario).
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
22
a.a. 2010-2011
Sourcing
Ogni richiesta di acquisto (RdA) dà il via al processi di sourcing, a partire dai fornitori
selezionati
RdA
Definizione delle
specifiche →
Contratto
Marketing di
acquisto →
Traduzione del
fabbisogno del cliente
interno in specifiche
tecniche (qualità,
quantità, tempi, ...) o
funzionali
Richiesta di offerta →
Negoziazione e selezione
RdO: invio delle
specifiche al fornitore
per ricevere una
proposta
Competizione tra
fornitori
Interazione con altre
funzioni (competenze)
Scelta del/dei fornitore/i
(Input per scouting)
→ Output del processo di sourcing = Input del processo di Supply
• Contratti chiusi
• Contratti aperti (quadro)
Nel momento in cui abbiamo una richiesta d’acquisto dobbiamo tradurre delle
specifiche da presentare al fornitore, come documento ad esempio. Dovremo precisare
anche le quantità necessarie oltre alle specifiche tecniche, garantendo un alto livello di
dettaglio.
Nella fase di definizione delle specifiche si passa dalla particolare esigenza alla
formalizzazione di un contratto con specifiche tecniche, tempi di consegna, ecc.
La richiesta d’acquisto diventa una richiesta d’ordine e dunque può essere inviata a uno
o più fornitori tra quelli certificati, oppure, se nessuno è in grado di soddisfarla genera
un processo di scouting di un nuovo fornitore.
Se ho già deciso quale sarà il mio fornitore dovrò solamente pensare alla fase di
contrattazione, inviando l’ordine e dovendo gestire eventuali controproposte. Se invece
devo ancora decidere, nel momento in cui ho un ordine da inviare lo spedisco a più
fornitori o inizio un processo di scouting. Se tutti accettano sfrutto la situazione per
migliorare le condizioni alle quali si può acquistare.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
23
a.a. 2010-2011
Supply
Viene innescato dall’emissione dell’ordine verso il fornitore
Emissione ordine →
Expediting
Ricezione e controllo
Monitoraggio stato di
avanzamento della
fornitura
Scarico merce,
registrazione, controllo
Sollecito
Free Pass:
certificazione del
processo del fornitore
Pagamento
Amministrazione
Valutazione operativa
Rispetto clausole
contrattuali
Qualità merce →
Vendor rating
Nota:
• Contratti chiusi: ordine e contratto coincidono
• Contratti aperti: RdA trasformata immediatamente in ordine
Un esempio di expediting elettronico è rappresentato dalla possibilità di monitorare la
propria spedizione tramite consulto on-line, seguendone lo stato di avanzamento (come
accade per gli acquisti in Amazon). E’ importante perché potrebbero esserci delle penali
in caso di ritardo, il cliente potrebbe richiedere puntualità nelle consegne.
Alcune imprese fanno anche expediting diretto, presentandosi dal fornitore.
Organizzazione degli acquisti
Primo Problema: divisone del lavoro e coordinamento
• Divisione del lavoro con le altre funzioni: raggio d’azione degli acquisti
• Divisione del lavoro all’interno degli acquisti: criterio di raggruppamento
• Grado di delega delle decisioni di acquisto: livello di centralizzazione
Raggio di azione degli acquisti
Di quali attività è responsabile la funzione acquisti?
Il contributo all’impresa dipende dalle attività svolte
Arijan Van Weele, Purchasing is too important to leave it to purchasers → Gli uffici
acquisti storicamente sono una funzione minore, e se da un lato ciò dà poco potere,
dall’altro fa si che le aziende ci investano poco; col passare del tempo l’opzione buy
assume valore sul make e si pone dunque un problema di riorganizzazione poiché la
merce acquistata assume maggiore peso ed incidenza sul prodotto finito → cambiano i
modelli d’impresa ma allora devono cambiare anche i ruoli e le strutture degli uffici
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
24
a.a. 2010-2011
acquisti → “purchasing is too important to leave it to purchasers” poiché se non gestisco
bene questo ufficio si rischia di perdere vantaggio competitivo.
Storicamente si è passati da una funzione marginale, in cui l’acquisto veniva gestito dalle
singole persone delle singole divisioni, ad una funzione core, dove vi è un ufficio
dedicato alla gestione acquisti.
Ricordiamoci che ci sono imprese per le quali il prodotto acquistato può valere il 6065% del fatturato e fino al 90% del valore di produzione → Se l’ufficio acquisti detiene
maggior competenza sullo strategic purchasing riuscirà a dare forte beneficio alla
strategia d’impresa. Se invece l’ufficio acquisti rimane ad un livello meramente
operativo potrà contribuire poco al vantaggio competitivo dell’impresa.
Acquisti
frammentati
Ufficio acquisti
Funzione acquisti
Direzione acquisti
Attività svolte
Supply
prevalentemente
amministrativo
Supply
Sourcing supply
Strategic
purchasing,
sourcing, supply
Posizione nell’
organigramma
Inesistente
(persone nelle
diverse UO)
Basso livello
Primo o secondo
livello
Primo livello
Ruolo del buyer
Esecuzione di
procedure
Esecutore di
procedure
Ricerca e selezione
Process owner
Valutazione
Prezzo
Prezzo, qualità
Prezzo, qualità,
servizio
Valutazione
strategica
Contesto di
applicazione
Bassa rilevanza
acquisti
Bassa rilevanza
degli acquisti
Rilevanza
operativa
Rilevanza
strategica
Alla funzione acquisti viene richiesto di selezionare anche i fornitori, nonché di valutare
la qualità dei fornitori.
Lo strategic purchasing è un’attività che normalmente si presta allo stare sotto più
direzioni, come quella tecnica ad esempio, ma in questo caso la direzione acquisti è
indubbiamente coinvolta. Il ruolo del buyer può arrivare addirittura ad essere process
owner, ovvero diventa lui quello che decide cosa comprare, da quale fornitore, e che
strada seguire, gli altri seguono lui.
Criteri di raggruppamento
•
Logica funzionale (degli input) → Raggruppamento per categorie merceologiche
(vedi caso 15.1 - MMSE e 15.3 Aermacchi)
◦ Buyer specializzato su uno specifico oggetto di acquisto, indipendentemente
dai prodotti che lo richiedono
◦ Obiettivo: efficienza e potere contrattuale (aggregazione di volumi)
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
25
a.a. 2010-2011
◦ Key account buying: un buyer per ogni grande fornitore
•
•
Logica divisionale (degli output) → raggruppamento per prodotti finiti/servizi
(vedi caso 15.4 – Whirlpool)
◦ Funzione acquisti suddivisa in base alle famiglie di prodotto finito: ogni sottounità si occupa di tutti i fabbisogni di ogni prodotto/servizio finale
◦ Obiettivo: efficacia
◦ Project buying: un buyer per ogni cliente
Logica ibrida
◦ Imprese multinazionali: sottodivisioni geografiche degli acquisti (ad es sui 2-3
principali prodotti seguo una logica divisionale, sugli altri prodotti della
gamma seguo una logica funzionale)
I benefici di aggregazione non sono solo per il fatto che potrei strappare un prezzo
migliore ma anche per il fatto che in caso di bisogno ad esempio il fornitore farà gli
straordinari per aiutarmi a rispettare una consegna; si può arrivare anche ad una
situazione di key-account buyer in cui si sceglie di specializzare un gruppo di buyer su
un fornitore solo.
Nella struttura divisionale specializzo il mio team di acquisto sull’acquisto di qualche
famiglia di prodotto.
Si ha key-account buying che si specializza in un fornitore, e analogamente, mutatis
mutandis, si ha il project buying che ha focus e si specializza invece sul cliente.
Driver di scelta tra input e output:
Input: categoria merceologica
Output prodotto finito
Grandi volumi e/o alta incidenza sul valore di
prodotto finito
Volumi e/o costo di acquisto meno importanti
Necessità di competenza specifica sui materiali
Necessità di competenza specifica sul prodotto
finito e sul ruolo dei materiali nel prodotto finito
Necessità di massimizzare il potere contrattuale
coi fornitori
Potere contrattuale con i fornitori
indipendentemente dal volume o volumi
comunque sufficienti
Forte necessità di collaborare coi fornitori
Forte necessità di coordinarsi con le altre funzioni
aziendali
Materiali soggetti a frequente innovazione
tecnologica
Requisiti specifici per ogni prodotto finito
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
26
a.a. 2010-2011
Livello di centralizzazione
Imprese multinazionali: accentrare le responsabilità degli acquisti o delegare le
decisioni (duplicazione)?
In realtà solo le attività strategiche (strategic purchasing e sourcing) si prestano ad
essere centralizzate.
[* Errata Corrige: “Rilevanza degli acquisti” non “Rilevanza tra gli acquisti”]
Una struttura di business environment globale significa che non faccio discriminazione
sul luogo del fornitore, cioè lo scelgo indipendente dalla distanza geografica che ci
separa → quanto più un mercato è globale, tanto più facilmente la funzione acquisti sarà
centralizzata e viceversa.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
27
a.a. 2010-2011
05/05/2011
La gestione del portafoglio acquisti
Definizione delle strategie di approvvigionamento per ogni categoria di beni/servizi
Strumenti:
• Matrice di Kraljic
• Sourcing locale vs globale
• Vendor rating
1° interrogativo: make or buy?
2° interrogativo: una volta che le imprese hanno effettuato la scelta buy poi come
effettivamente le imprese comprano? → 3 macro fasi:
• Strategic purchasing (fase molto strategica)
• Sourcing (fase a media strategicità)
• Supply (fase operativa→ il momento in cui si consegna il bene/servizio)
3° interrogativo: come le imprese selezionano il fornitore, gestiscono il rapporto?
In molte imprese viene utilizzato uno strumento creato da Peter Kraljic che scrive un
articolo in cui sostiene che il processo di acquisto (Purchasing must become supply
management) debba evolvere in gestione degli approvvigionamenti.
P.K. vede l’evoluzione storica della funzione acquisti da funzione operativa (scarsa
responsabilità) a funzione più strategica e vede l’esigenza di cambiare le modalità di
azione della funzione poiché constata che le modalità di acquisto erano le stesse per
qualsiasi categoria di beni e mercati. Questa modalità è poco efficiente poiché esistono
diversi tipi di beni e diversi tipi di mercato (competitivo, collaborativo, integrato).
Quando la funzione acquisti assume valenza più strategica la politica di mercato
competitiva, di breve termine, in cui il cliente cerca il fornitore e contratta in base al
prezzo, risulta fallimentare.
Matrice di Kraljic
•
•
1983: Harvard Business Review
Classificazione degli acquisti per guidare le decisioni di approvvigionamento
Assi:
• Importanza strategica: contributo alle prestazioni dell’azienda
◦ Incidenza sui costi totali
◦ Contributo alla qualità del prodotto finito
◦ Differenziali competitivi reali
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
28
a.a. 2010-2011
•
Difficoltà del mercato di fornitura: complessità, specificità e incertezza
determinano l’esistenza di un mercato intermedio, la cui difficoltà dipende da:
◦ Concentrazione del mercato
◦ Costi logistici (trasporto)
◦ Capacità produttiva dei fornitori
Le prime 2 variabili, riguardanti la rilevanza del prodotto e la complessità del mercato
non sono assolute e uguali per tutte le aziende → Quanto è importante il prodotto per
me? Com’è organizzato il mercato che me lo vende?
L’importanza strategica per esempio può essere valutata come il contributo che il
prodotto dà per raggiungere gli standard qualitativi voluti o richiesti dal mercato. La
qualità di per sé non è differenziante perché anche i concorrenti possono averla, ma è
differenziante rispetto alla non-qualità → c’è uno standard che il cliente richiede.
Es. Lamborghini (Aventador) ha lanciato un mese fa la prima auto di produzione di
serie col telaio completamente in fibra di carbonio, sviluppato internamente in
collaborazione con la Boeing; se invece avesse acquistato questo telaio da un fornitore
allora sarebbe stato un elemento differenziante, in quanto permette una grossa
innovazione del mercato. Questo è il 1° asse.
Il secondo asse riguarda le caratteristiche del mercato → le difficoltà del mercato di
fornitura. Quando complessità, specificità e incertezza sono alte, i costi di transazione
sono alti e quindi non c’è un mercato collaborativo.
Quando le 3 condizioni (Concentrazione, costi logistici, Capacità produttiva dei
fornitori) sono sufficientemente basse il mercato collaborativo può esistere (es. Coca
Cola domina ampiamente il mercato americano, altro esempio è il settore
dell’automotive in cui pochi player detengono grosse quote).
Quanto più il mercato è concentrato, tanto maggiore è il potere dei fornitori, e quindi
tanto più sarà difficile la situazione per chi compra.
Se i costi logistici sono elevati potenzialmente è un problema il rifornimento.
Inoltre potrò chiedere poco ai fornitori se la loro capacità produttiva è già satura.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
29
a.a. 2010-2011
Matrice di Kraljic
→ → Importanza strategica → →
↑
↑
Difficoltà del
mercato
↑
↑
Colli di bottiglia
• Partnership o integrazione
verticale
• Sole sourcing forzoso
Es: microprocessori, risorse scarse
Strategici
• Partnership
• Rapporti consolidati
• Single/Dual Sourcing
Es: motore, sistema frenante e sterzante
Non critici
• Mercato competitivo
• Transazioni spot
• Multiple sourcing
Es: commodities
Leva
• Partnership
• Uso del potere contrattuale
• Parallel sourcing / dual sourcing
Es: macchine utensili, veicoli industriali
Da sinistra verso destra abbiamo un aumento dell’importanza strategica mentre dal
basso verso l’alto abbiamo un aumento della difficoltà del mercato.
Come vediamo la partnership è presente in 3 celle, l’unica categoria in cui è esclusa è
quella dei beni non critici, ma i modelli di partnership sono differenti e non tutti sono
applicabili in tutti i contesti.
Beni non critici:
Obiettivo di portare a casa in maniera efficiente e con un buon prezzo le commodities →
metto in competizione tra loro i fornitori → multiple sourcing
Acquisti leva:
Acquisti caratterizzati per un elevato livello di importanza strategica; i costi di switch tra
fornitori sono contenuti → si cerca di abbattere il prezzo unitario di acquisto che incide
notevolmente e, se riesco ad abbatterlo, risparmio cifre significative. Devo far pesare il
mio potere contrattuale ma non è detto che la modalità competitiva sia la più efficiente.
→ La collaborazione è necessaria nonostante richieda condizioni economiche favorevoli
in vista di grossi e ripetuti acquisti da quel fornitore. Egli potrà dunque applicare
economie di scala ed esperienza nel momento in cui concentro su di lui i miei acquisti.
Anziché frammentare l’acquisto su più fornitori, cerco di sceglierne uno solo che mi dia
condizioni favorevoli per una quota significativa di fornitura. In questa situazione può
essere utile una situazione di dual sourcing → effettuo acquisti molto concentrati ma
dall’altro lato c’è un elemento competitivo tale per cui un fornitore è disposto a
rinunciare in parte alla propria marginalità unitaria per ricevere l’ordine. Ad ogni modo
si tratta di prodotti che non generano tipicamente grossi problemi dal punto di vista
qualitativo, infatti, molti fornitori hanno raggiunto lo standard.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
30
a.a. 2010-2011
Colli di bottiglia:
L’incidenza del prezzo è bassa ma la complessità del mercato e la concentrazione sono
elevate. L’obiettivo strategico, più che sulla riduzione di costi deve concentrarsi sulla
continuità della fornitura; per particolari categorie di acquisto, chi compra deve essere
consapevole del rischio reale di interruzione della fornitura → deve essere disposto a
riconoscere al fornitore un prezzo più elevato pur di garantire continuità della fornitura
→ si parla di una differenziazione notevole.
Dal punto di vista operativo si potrebbe far ricorso al dual sourcing, ma spesso ciò non è
possibile perché molte imprese, ad esempio, non accettano di vendere sotto certe soglie
di volume. Infatti, il cliente non può ripartire e frammentare gli ordini su più fornitori
pertanto si cerca il single sourcing, regolato da contratti di lungo termine per garantire
la continuità della fornitura (es. i led per automobili: chi costruisce auto si fornisce di
fanali e li compra assemblati da imprese specializzate in ottica, ecc... ma la fonte
luminosa alla base delle lampade a led è acquistata da sub-fornitori [Osram o Philips] →
questi, per i forti investimenti tecnologici, richiedono grossi volumi di acquisto da parte
delle aziende di fanaleria le quali riforniscono aziende come Fiat).
Beni strategici:
Scenario naturale di una partnership: da un lato il fornitore può essere interessato ad un
investimento specifico (condiviso) per la forte spesa iniziale in tecnologia richiesta dal
prodotto, dall’altro io cliente sono interessato perché il prodotto può avere un valore
differenziante sul mercato, e perché ho bisogno di continuità di fornitura. Il rischio è che
il fornitore diventi troppo forte → cominci a far valere il proprio potere contrattuale (in
questo caso è buona norma attivare una politica di dual-sourcing in modo da ridurre
questo rischio), oppure si ha il rischio che non soddisfi gli standard qualitativi
tecnologici che il cliente si aspettava.
La matrice di Kraljic è uno strumento semplice ed immediato ma l’applicazione pratica
non è facile: richiede una classificazione di tutti i fornitori ed una definizione corretta
del proprio modello di business, definizione del mercato, ecc. E’ però un buon modello e
dà delle linee guida generali. Fornisce infatti una 1a classificazione.
Esiste una seconda classificazione più approfondita tra situazione buyer dominated,
situazione supplier dominated, e situazione intermedia.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
31
a.a. 2010-2011
Global and local sourcing
Internazionalizzazione storica del commercio (Europa-Asia, Europa-America)
Impianto produttivo
Fornitore
Sourcing
Paese d’origine
Paese d’origine
Local
Estero
Filiale estera
Local
Paese d’origine
Globale
Global
Estero
Paese d’origine
Global
Si pensi al fatto che la Cina è uno dei paesi con un grosso mercato interno, oltre al fatto
che dispone di forti input a basso costo.
La situazione più immediata di sourcing locale è un impresa che ha il proprio
stabilimento in Italia e acquista da un fornitore anch’esso in Italia; si parla di local
sourcing anche nel caso in cui tale impresa abbia un impianto in Cina e si rifornisca da
un supplier cinese. Global sourcing si ha quando una struttura domestica è servita da un
fornitore estero, oppure quando una struttura estera è fornita dal fornitore casalingo o
da un fornitore di un paese terzo.
Dal punto di vista analitico è interessante interrogarsi su quali siano i driver che
guidano la scelta tra fornitori globali o locali.
Global sourcing: driver
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
32
a.a. 2010-2011
L’assenza o i bassi dazi doganali o la creazione di aree di libero commercio spingono al
global sourcing; anche nel caso di presenza di fornitori world class si tenderà al global
sourcing, si tratta infatti dei migliori fornitori, leader tecnologici nel proprio settore, per
cui il cliente sarà fortemente interessato a ricevere forniture da loro → sarà disposto a
contattarlo ovunque esso sia nel mondo perché il suo componente porterà un vantaggio
importante al suo prodotto.
Esempio Ducati: nonostante la verniciatura possa essere effettuata a costi minori e
stessa qualità in Est Europa, la Ducati mantiene la verniciatura internamente e la
effettua 10 giorni prima della finitura della moto poiché insegue la domanda, e se vede
che le tendenze di mercato richiedono più bianco che nero ad esempio riesce a
differenziare a valle. Per far ciò però ha bisogno di fornitori reattivi, non a 3 settimane di
nave per esempio dall’India a Borgo Panigale.
In alcuni casi i governi impongono vincoli commerciali per la produzione/
commercializzazione del prodotto nel paese, ad esempio fino ad alcuni anni fa non si
poteva commercializzare in Cina se non si dimostrava di aver realizzato quel prodotto
approvvigionandosi in parte da fornitori cinesi. Si hanno obblighi contrattuali dunque
che possono spingere al local sourcing (tipici di paesi con economie emergenti, per avere
ricaduta positiva sull’ambiente industriale) o al global sourcing.
Vendor Rating
E’ uno strumento alternativo alla Matrice di Kraljic
• Fornitore adatto all’oggetto d’acquisto
• Valutazione iniziale e periodica
• Fornitore attuale o potenziale
• Negoziazione interna per stabilire i parametri da valutare
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
33
a.a. 2010-2011
Il vendor rating è difficile da applicare, inoltre, perché abbia senso, deve essere uno
strumento di guida per le decisioni. Se queste non corrispondono al sistema di vendor
rating o ho sbagliato il sistema di comparazione o sto prendendo la scelta sbagliata
perché sto andando dal fornitore peggiore e, tertium non datur, nel senso che se il buyer
sceglie un altro fornitore è perché ha in realtà già scelto soggettivamente e non gli piace
che il vendor rating guidi la sua scelta.
Soltanto attraverso la misurazione si può oggettivamente rilevare la presenza di criticità
→ il vendor rating risulta necessario se si vuole intraprendere un percorso di
miglioramento.
Si può effettuare una Valutazione Daily.
Quando si parla di global sourcing molte imprese si danno una thumb rule per la soglia
di prezzo sotto la quale è interessante rivolgersi ad un fornitore estero, ad esempio
considero il fornitore cinese solo se il suo prezzo è inferiore almeno del 20% del prezzo
italiano. Un metodo Total Cost of Ownership è più completo e considera i vari aspetti
come i trasporti e altri costi nascosti che guidino meglio la scelta. Va considerato anche
quanto il fornitore sia in grado di garantire vantaggio competitivo a livello assoluto, non
solo in termini di prezzo.
Vendor rating: un modello
Valutazione del fornitore ma anche della salute della relazione (caso 16.1)
Olsen e Ellram (1997)
• Assi
◦ Attrattività del fornitore (valutazione operativa, prestazioni complessive,
valutazione strategica)
◦ Forza della relazione (stato attuale cooperazione; frequenza e intensità
contatto; distanza geografica, culturale, tecnologica)
• Necessità di relazioni forti con fornitori attrattivi
• Gap gestionali → programma di sviluppo
L’oggetto dell’analisi non è più il fornitore ma la mia relazione col fornitore e questa è
una prospettiva di sviluppo interessante, in quanto con Kraljic non si riuscivano a
comprendere tutti i casi. In particolare una relazione di partnership non
necessariamente va bene con tutti i fornitori, lo stesso vale per una relazione a somma
zero. Posso pensare ad esempio ad intraprendere relazioni forti solo con i fornitori
importanti, non con i fornitori deboli e poco attrattivi per la tecnologia, per il total cost
of ownership, e altro. Se dal vendor rating scopro di avere una relazione forte con questo
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
34
a.a. 2010-2011
tipo di supplier devo reagire ed intervenire. Risulterà utile lo strumento che verifica tale
disallineamento.
Analisi del parco fornitori
Esempio: in un asse si ha la forza della relazione, nell’altro si ha l’attrattività del
fornitore.
Non ha senso che per acquisti non critici si abbiano fornitori strategici; per gli acquisti
strategici invece si vorrebbero avere fornitori attrattivi e strategici.
Da questo dato/grafico si parte per ridimensionare il sistema di approvvigionamento (è
un ottimo strumento per la consulenza).
La selezione del fornitore
La selezione è l’ultimo step del processo di acquisto, la fase di negoziazione in cui i
termini vengono sanciti in via definitiva.
Riconosciamo 3 differenti tecniche con cui il fornitore viene selezionato e sono 3 modi
diversi di gestire l’offerta del fornitore comparandola (ogni tecnica si adatta ad un certo
tipo di acquisto):
1. Offerte
2. Gare
3. Aste
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
35
a.a. 2010-2011
1. Offerte
•
•
•
•
•
•
Molto diffuse, strumento flessibile
Processo iterativo di richiesta di informazioni/negoziazione: prezzo, specifiche,
livello di servizio, servizi aggiuntivi, ...
RFI: Request for information
RFP: Request for proposal
RPQ: Request for Quotation
E-Sourcing
Le offerte consistono in una richiesta inviata ad un dato fornitore al quale viene fornito
un prospetto informativo sulle informazioni da ottenere e rispetto al quale viene
richiesto di quotare un prezzo. Si hanno 3 tipologie di richiesta diverse secondo le quali
ho bisogno di 3 informazioni diverse per 3 situazioni diverse.
La più semplice è la RFI, a livello superiore chiedo una specifica di una proposta che
venga incontro alle mie specifiche funzionali, ad esempio ho bisogno di un impianto
frenante che freni da 100 a 0 entro 40 m → chiedo al fornitore un parere ed i requisiti
tecnici per rispondere alla mia richiesta funzionale poiché io non ho le competenze;
questa è una RFP, e non si ha ancora un livello economico, non si sta discutendo del
prezzo del bene, ciò accade nella fase successiva → nel momento in cui discutiamo il
prezzo ci ritroviamo in una situazione di RFQ → sulla base dei volumi che ti richiedo e
sulle esigenze funzionali del prodotto chiediamo un’offerta economica per quel bene.
Questa può essere una fase di partenza per la trattativa
2. Gare
•
•
•
•
Passaggi:
◦ Offerta preliminare: valutazione dei requisiti minimi
◦ Specifiche precise e parametri di valutazione
◦ Selezione dell’offerta migliore
Adatte ad acquisti rilevanti (investimenti, componenti strategici, servizi
continuativi)
Obbligatorie nella PA (Pubbliche Amministrazioni)
Supporto elettronico (RFx predefiniti, firma digitale)
Il livello di sofisticazione della gara dipende dal potere degli attori, un cliente può o
meno lasciare libertà di azione al fornitore.
Tipicamente la pubblica amministrazione sceglie i fornitori in base a specifiche
qualitative ben delineate, poi tra quelli selezionati deve istituire una gara regolare. Molto
spesso fornitori di bassa qualità riescono a vincerla semplicemente perché hanno costi
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
36
a.a. 2010-2011
più bassi → nonostante soddisfino i requisiti per partecipare alla gara il più delle volte
forniscono servizi di bassa qualità.
Generalmente la scelta ricadrà sull’alternativa a prezzo inferiore o su quella
economicamente più conveniente che però non comprende solo il prezzo, ma anche altri
fattori qualitativi che rendono l’offerta nel complesso interessante.
3. Aste
•
•
•
•
•
Preselezione dei fornitori
◦ Criticità: definizione delle specifiche (capitolato d’acquisto)
◦ Negoziazione svolta dai fornitori
Aste inverse: competizione massima tra i fornitori
Competizione sul prezzo
Aste elettroniche
Adatte a commodity
Il meccanismo d’asta esaspera la forma competitiva ma, stabilite alcune regole, è
sicuramente il metodo più equo. E’ caratterizzata da vincoli temporali (durata
complessiva dell’asta) o no, e le regole riguardano i periodi di rilancio e aggiornamento
dei prezzi. Ovviamente vince il fornitore che ha piazzato la quotazione più alta (o prezzo
più basso).
Esaspera la competizione perché in una gara non si hanno informazioni sui concorrenti,
i partecipanti spesso non si conoscono e non sanno che offerta faranno, nell’asta invece
si vede costantemente aggiornata l’offerta più bassa e chi la sta facendo e al momento di
chiusura vince chi ha fatto l’offerta più bassa di tutti.
L’asta è un meccanismo inadatto per gli acquisti complessi poiché questi prevedono un
rapporto più intenso col fornitore, un'ulteriore definizione delle specifiche e magari
anche una co-progettazione. Funziona bene invece per le commodities (ad esempio
cancelleria, o addirittura anche personal computers); quanto più il prodotto diventa
sofisticato invece tanto meno l’asta risulta uno strumento adeguato.
Ci sono anche meccanismi d’asta in cui il prezzo non è necessariamente quello più
basso, perché vista l’alta competizione il prezzo sarebbe troppo basso perché il fornitore
possa garantire un livello qualitativo alto, per cui si prende come prezzo di vendita
effettivo il secondo prezzo più basso, e il fornitore rimane il vincitore dell’asta
Negoziazione
Per definire i dettagli di una transazione, mediando tra le richieste di cliente e fornitore.
La volontà di stringere un accordo permette di trovare un compromesso.
Tipi di negoziazione:
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
37
a.a. 2010-2011
Negoziazione competitiva
Negoziazione collaborativa
Posizioni rigide
Posizioni flessibili
Spartizione della “torta” (valore fisso)
Allargamento della “torta” (creazione di plusvalore)
Sfruttamento del potere contrattuale
Comprensione di bisogni e obiettivi della
controparte
Confronto con la concorrenza
Condivisione delle informazioni
Una trattativa ha come soglia superiore il beneficio assoluto del cliente, e come soglia
inferiore il massimo beneficio del fornitore; la soluzione si troverà in una via di mezzo
tra questi 2 limiti e questo è il senso del processo di negoziazione.
Il beneficio complessivo della negoziazione potrebbe essere fissato a priori → Win -Lose
(negoziazione competitiva), tipica di situazioni di mercato competitivo: se concedo
beneficio alla controparte perdo benefici in misura pari a quanto concedo → posizioni
rigide perché nessuno è disposto a cedere proprio beneficio.
Esiste comunque una soglia minima di accettabilità anche per la parte debole, poiché se
il prezzo non copre neanche i costi variabili (si può accettare per un certo periodo di non
coprire i costi fissi) deve rifiutare l’asta.
Se invece le imprese hanno tecnologie simili possono collaborare e condividere le
strutture di costo del proprio prodotto (informazioni e macchinari che altrimenti
terrebbero nascosti) a quel punto riescono ad abbassare i costi ed aumentare entrambe
la marginalità → Win-Win.
Lose-Lose: irrigidimento sulle posizioni, dilemma del prigioniero. Contrariamente a
quello che si potrebbe immaginare, il timore dei comportamenti opportunistici della
controparte mi induce ad assumere comportamenti totalmente irrazionali → si giunge
ad un risultato negativo per entrambi → ci sono casi in cui la negoziazione
imprenditoriale analizzata ex-post risulta essere totalmente irrazionale.
Determinanti della posizione negoziale:
• Identificazione degli obiettivi propri e della controparte
• Autonomia dei negoziatori (autorità)
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
38
a.a. 2010-2011
•
•
•
•
•
•
•
•
Competizione delle controparti
Accordi scritti precedenti (scripta manent)
Fiducia tra le parti
Conoscenza
Urgenza (tempo)
Denaro
Competenze negoziali
Formazione ad hoc e attitudini personali
L’esistenza di accordi sulla negoziazione favorisce la parte che ne traeva maggior
beneficio, sbilanciando così le relazioni in favore dei beneficiari.
Quanto più si conosce la controparte, la sua situazione economica, la sua eventuale
necessità di produrre e vendere, tanto più si parte da una posizione avvantaggiata.
La parte che ha esigenza di contrarre i tempi ha solitamente uno svantaggio, perché non
ha la exit option, ma ha la necessità di chiudere.
Tattiche di negoziazione:
•
•
•
•
•
Prendere o lasciare
Bogey: buyer accondiscendente per creare un clima positivo
Chinese crunch: il buyer dichiara concluso l’accordo, se si risolve un ultimo
“dettaglio”, in modo da ottenere un’ultima concessione dal fornitore
Auction: il cliente chiede ai fornitori di spiegare perché dovrebbe sceglierli, per
poter ottenere informazioni sulla concorrenza
Poliziotto buono - poliziotto cattivo: negoziazione di coppia
Benefici dell’e-procurement
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Riduzione di tempi e costi nel processo di emissione dell’ordine
Più attenzione da parte della funzione acquisti ad attività strategiche
Riduzione del livello di giacenza dei materiali
Riduzione dell’effetto maverick buying (non ho il materiale, non è strategico →
se in un momento ne ho bisogno esco e me lo compro → genero un incremento
ingiustificato dei costi)
Aggregazione e consolidamento degli acquisti
Tracciabilità dello stato di avanzamento dell’ordine
Monitoraggio della spesa
Monitoraggio delle prestazioni dei fornitori
Razionalizzazione del parco fornitori
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
39
a.a. 2010-2011
11/05/2011
La gestione della Partnership
Partnership
Ambito: mercato collaborativo
Coinvolgimento di più funzioni
Condivisione dei rischi e benefici
Sviluppo congiunto del bene/servizio
Aspetti da approfondire
• Modalità di gestione
• Meccanismi di protezione (mancata crescita del fornitore)
• Tipo di rapporto
Partnership spesso è un termine che si usa impropriamente, riferito a relazioni che di
partnership hanno ben poco. Laddove esistono elementi di collaborazione non a rigore
si può parlare di partnership.
Se volessimo qualificare un rapporto di partnership secondo il rigore scientifico
possiamo rivolgerci alle definizioni di 2 studiosi (Stuart e McCutchon) che hanno
identificato 3 aspetti qualificanti:
• Intenso scambio informativo
• Learning reciproco → passaggio di conoscenze bilaterale, da un’impresa all’altra
(ogni impresa apprende qualcosa dall’altra)
• Esistenza di meccanismi di condivisione del rischio e del beneficio
→ Rapporti collaborativi esistono senza includere per forza tutti e 3 gli elementi, la
partnership per essere tale invece deve comprendere tutti e 3.
Il rapporto collaborativo ha elementi di chiara differenziazione da quello competitivo. In
quest’ultimo la proiezione è sul breve-medio termine, in uno collaborativo c’è
l’intenzione di stabilire un rapporto duraturo nel tempo per ottenere benefici dalla
controparte.
In un rapporto competitivo prevale una parte win-lose, ossia una parte vince rispetto
all’altra mentre in quello collaborativo la priorità sarà incrementare la “dimensione della
torta da spartire”.
Nel rapporto competitivo si cerca di non condividere informazioni, anzi di sfruttarle per
assumere vantaggio competitivo rispetto alla controparte.
Il rapporto collaborativo esiste come modalità alternativa all’integrazione verticale in
presenza di elevati costi di transazione. Ci sono situazioni in cui i costi di transazione
precludono la possibilità di rapporto competitivo. Allo stesso tempo i rapporti di tipo
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
40
a.a. 2010-2011
collaborativo sono applicabili quando i costi di transazione sono bassi e il mercato
competitivo è possibile → collaborazione come alternativa volontaria alla competizione.
In un rapporto collaborativo le interfacce tra i 2 sistemi sono molte di più:
•
•
Modello papillon (mercato competitivo) → L’interfaccia unica tra le imprese è tra
vendite e acquisti
Modello diamante (mercato collaborativo) → Interagiscono anche gli Uffici
tecnici, produzione, qualità, logistici, e anche eventualmente la direzione generale
può interagire.
Se l’interazione si estende a tutte queste funzioni ovviamente l’interfaccia diventa più
forte → Allora bisogna chiedersi come cambi il ruolo del buyer nel momento in cui
debba gestire un rapporto collaborativo invece che competitivo. In uno collaborativo il
buyer deve essere in grado di interagire con uffici che non siano solo quello delle
vendite, e quindi deve avere delle competenze di metodo (capacità di gestire un
processo, strutture ed uffici) e non solo di merito per interagire con questi (es. se
interagisce con l’ufficio tecnico dovrà avere competenze tecniche, ecc). Ci sono anche
componenti di tipo attitudinale da gestire quando si passa ad una configurazione di tipo
diamante, si pensi al ruolo del buyer che è sempre stato abituato a ragionare in ottica
win-lose, costui sarà propenso ad estorcere elementi di vantaggio al partner perché
abituato a negoziare in ottica competitiva, e non sarà abituato a provare ad
incrementare il beneficio complessivo. E’ difficile pretendere una flessibilità di
comportamento ed attitudini nel passaggio da un modello all’altro.
Il buyer inoltre sarà propenso ad arrivare ad un prezzo unitario inferiore e non pensa
probabilmente ad ottenere contratti di esclusiva del supplier, un contratto cautelativo a
lungo termine, e ad altri obiettivi che minimizzino il costo complessivo.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
41
a.a. 2010-2011
Meccanismi di protezione
•
•
•
•
•
•
Contratti quadro → il fornitore recupera gli investimenti, il cliente ha capacità
produttiva garantita
Monitoraggio prestazioni → miglioramento continuo e tutela contro errori
Investimenti dedicati → garanzia di impegno
Condivisione di conoscenza → tipo di investimento dedicato
Trasparenza e riconoscimento dei costi → garanzia per entrambe le parti
Reputazione → tutela da comportamenti opportunistici
La partnership non è un rapporto amorevole ma un rapporto commerciale tra
due enti economici che giungono ad un accordo → ci saranno contrasti e problemi.
Bisogna mantenere la fiducia e si può farlo anche essendo duri, non si devono però
intraprendere comportamenti opportunistici o distribuire colpi bassi → le negoziazioni
possono essere dure ma devono essere oneste e la priorità sta nella creazione di valore e
non nella spartizione di un valore non incrementabile.
Contratti quadro:
Un rapporto collaborativo per natura è strutturato nel medio-lungo termine; in un
mercato competitivo il contratto invece è poco strutturato e poco cautelativo. Scrivere
un contratto il cui conferimento del bene si realizza in tempo ridotto dalla redazione del
contratto stesso è semplice e l’incompletezza del contratto non è un grosso problema. I
contratti di lungo termine sono più problematici, si pensi ad esempio all’attuale crisi,
alla differenza nei volumi di vendita tra pre e post crisi, e di conseguenza alla riduzione
degli ordini ai fornitori. Volvo ad esempio impose una riduzione dell’80% degli assali da
ordinare ai fornitori; aveva infatti subito una riduzione degli ordini di camion finiti
dell’80% → per forza l’ha riversata sul fornitore, al quale magari pre-crisi aveva
garantito determinati volumi e che magari aveva sostenuto investimenti specifici →
necessario un contratto cautelativo, altrimenti la parte più debole non entrerebbe nella
partnership.
In un rapporto collaborativo dove c’è necessità di collaborazione si parla quindi di
contratti quadro come meccanismi di protezione, i quali prevedono forme che
assicurano il ritiro degli ordini e dall’altro lato l’emissione ordini, perciò vengono
tutelate entrambe le parti.
Monitoraggio prestazioni:
Il monitoraggio delle informazioni è importante perché mi sto legando con il fornitore a
lungo termine; bisogna monitorare perché nel caso in cui la cosa non funzioni, bisogna
accorgersene e cercare delle soluzioni per allineare la prestazione erogata con quella
attesa.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
42
a.a. 2010-2011
Investimenti dedicati e condivisione di conoscenza:
I due punti successivi sono elementi qualificanti perché il valore aggiunto tramite la
collaborazione passa tramite investimenti dedicati e condivisione di conoscenza. Ad
esempio Ford ha creato uno stabilimento per la costruzione di plastiche dei parafanghi,
ha perciò effettuato un investimento dedicato specificatamente alla creazione di
elementi differenzianti, come lo è appunto il parafango. Ovviamente tale stabilimento
verrà utilizzato unicamente per le necessità di Ford.
Gli investimenti dedicati sono necessari per garantire la differenziazione del prodotto o
la leadership di costo ma perché siano possibili è necessaria la condivisione di
conoscenza; anche questa perché avvenga deve essere protetta.
La presenza di investimenti specifici bilaterali è un segnale che le aziende si mandano
per esprimere la loro volontà di lavorare in questo modo, sono input per il partner.
Trasparenza e riconoscimento dei costi:
Nel rapporto competitivo non c’è l’interesse da parte di un fornitore a rivelare la propria
struttura di costo. Ad esempio una casa produttrice di impianti frenanti che vende
all’azienda creatrice di auto non ha interesse a rivelare tutte le informazioni di costo
singole relative alle parti del prodotto finito. Non rivelare queste informazioni significa
non rivelare il margine, il che dà grande potere in ambito di negoziazione all’azienda che
vende (se io fornitore ho un margine del 100% il cliente insisterà affinché io rinunci ad
una parte del mio margine per fargli un prezzo d’acquisto migliore).
Reputazione:
Il mantenimento di comportamenti corretti è necessario al mantenimento della
reputazione che è importante nella partnership.
Tipi di partnership
Due possibili ambiti di collaborazione:
Collaborazione tecnologica
• Sviluppo nuovi prodotti
• Condivisione conoscenze tecnologiche
• Attività discontinua
Collaborazione operativa
• Ciclo logistico - produttivo
• Condivisione di informazioni, decisioni e risorse
• Attività continuativa
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
43
a.a. 2010-2011
Collaborazione Tecnologica (Co-design)
Progettazione e ingegnerizzazione congiunta
Obiettivi:
• Riduzione Time To Market
• Riduzione costi e sviluppo e progettazione
• Aumento qualità e innovatività del prodotto
Cause:
• Concentrazione sulle core competences (No progettazione
Subfornitura)
• Esigenze di personalizzazione (No acquisto a catalogo)
Requisiti:
• Competenze complementari
• Fiducia
interna
e
In un mercato competitivo il fornitore progetta tutto il prodotto, lo produce, e lo
immette sul mercato; dal lato opposto il cliente progetta tutto il prodotto ma magari non
lo realizza tutto, alcune parti le manda in outsourcing. All’interno del continuo che va
dall’acquisto a catalogo alla sub-fornitura vi sono vie intermedie → questo è il mondo
del co-design.
Il know-how scambiato
Possiamo pensare di schematizzare i casi di co-design introducendo 2 dimensioni:
• Oggetto della progettazione (innovatività e differenziazione del prodotto) → il
focus resta sul componente. Il cliente si aspetta che il componente migliori anche
radicalmente le funzionalità del prodotto → Tipo di rapporto = Function
• Processo tecnologico (riduzione dei costi e/o aumento della conformità) → il
cliente non si aspetta che il componente migliori le funzionalità del prodotto ma
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
44
a.a. 2010-2011
che renda più efficiente il processo di produzione (suo e/o del fornitore) → Tipo
di rapporto = Process
[Caso 16.2- Whitegoods]
Si può arrivare all’ingegnerizzazione del progetto, del prodotto; re-ingegnerizzare il
processo può avere significati diversi per cliente e fornitore → ad esempio da un lato si
potrebbe voler migliorare la produttività e le operazioni per ridurre i costi, da un altro
lato si potrebbe pensare di aumentare la qualità e ridurre gli scarti.
Il processo decisionale
Le 2 imprese potrebbero prendere decisioni in modo congiunto o procedere
autonomamente e relazionarsi solo in determinati checkpoint e in quest’ultimo caso non
si pensi che non si tratti di co-design; il co-design non prevede per forza la condivisione
del processo decisionale e la parità di contributi, ma prevede un accordo a priori ed una
definizione di linee guida comuni, obiettivi comuni, e vincoli per poi lasciare la
possibilità di proseguire autonomamente, incontrandosi con periodicità solo per
verificare lo stato di avanzamento e l’attinenza all’obiettivo comune.
Laddove il processo è separato → il rapporto viene chiamato Delivery:
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
45
a.a. 2010-2011
Mentre invece se il processo è congiunto → viene chiamato Joint Development:
Tipologie di co-design e contesto di applicazione
Function Delivery: Il cliente dà specifiche al fornitore. Non c’è bisogno di
complementarietà di know-how, ma il fornitore deve conoscere il prodotto finito del
cliente e come il componente si interfaccia nel prodotto. Il fornitore deve essere un
leader tecnologico. Esempio: l’impianto frenante.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
46
a.a. 2010-2011
Joint Process Development: Quando il processo è condiviso non siamo più di fronte ad
una delega data al fornitore per rispettare vincoli e specifiche → diventa difficile
separare in caso congiunto, nel processo decisionale il contributo del cliente e quello del
fornitore. Sono necessari entrambi gli agenti per poter migliorare il processo.
L’innovazione può essere radicale anche sul processo produttivo, non solo sul prodotto.
Entrambi gli attori detengono forte know-how.
Process delivery: il fornitore deve essere in grado di ridurre i costi di un processo
produttivo. Deve sapere quali accorgimenti deve prendere per rendere il processo
efficiente. L’innovazione sarà di tipo incrementale, migliorativa (ad es. imballi)
Joint function development: processo condiviso → definizione di caratteristiche, vincoli.
Nessuna delle due parti detiene know-how migliore → reciproco supporto alla creazione
di know-how. Innovazione radicale. Componenti differenzianti. Massime conoscenze del
contenuto tecnologico (es. Geox suole) → innovazione in un settore maturo.
Collaborazione tecnologica: tecniche e strumenti
•
•
Earlier Supplier Involvement → fornitore più coinvolto da subito (anticipazione
dei vincoli) e in modo più intenso
Sovrapposizione delle fasi del processo SNP → Interazione basata su requisiti
funzionali più che su specifiche
↓
•
•
Riduzione del Time To Market
Sfruttamento competenze del fornitore
Strumenti:
• Teamworking
• Colocation
• Sistemi Informatici (CAD/CAM, prototipazione rapida e virtuale, PLM)
• Interazione a distanza
La progettazione si divide in progettazione di:
• Prodotto nel complesso
• Componenti del prodotto
• Processo produttivo dei componenti
Una soluzione per la co-ingegnerizzazione dei processi (che comporta riduzione del
TTM, ecc) è l’aggregazione fisica dei membri del team in luoghi di condivisione e
strutture adeguate.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
47
a.a. 2010-2011
12/05/2011
Collaborazione operativa
Collaborazione in ambito logistico-produttivo (dalla previsione della domanda alla
produzione, dalla spedizione al pagamento).
Transazioni ripetute → possibilità di migliorare efficienza ed efficacia.
Indipendente dalla collaborazione tecnologica (Esempio GDO, eccezione private labels)
Obiettivo: miglioramento delle prestazioni operative: tempi, costi, qualità, flessibilità,
livello di servizio.
Requisiti:
• Rapporto prolungato
• Ritorni potenziali elevati
◦ Con colli di bottiglia
◦ Con componenti strategici (da affiancare al co-design)
• Fornitori adeguati: competenze, risorse, motivazione (razionalizzazione del parco
fornitori)
• Fiducia (trust)
Enfasi non più sull’ingegnerizzazione del prodotto e del processo (come per la
collaborazione tecnologica, co-design) ma enfasi sulle fasi logistico-distributive → le
imprese giungono ad accordi con l’obiettivo di migliorare le prestazioni operative
ordinarie, per soddisfare il fabbisogno ordinario (daily).
Si attiva la scelta collaborativa perché non dev’essere estesa la produzione a tutti i
componenti.
L’obiettivo è quello di efficientare i processi → diminuire possibilità di stock-out, ridurre
i tempi, ecc
Livelli di collaborazione operativa
Primo livello: Visibilità (vedi Caso 16.3 - Dell) → vedi pagina 595 del documento “07.
La gestione dell impresa - Capitoli 14, 15, 16, 17”
Condivisione delle informazioni tra cliente e fornitore
• Soddisfazione della domanda
• Ottimizzazione lotti
• Ottimizzazione giacenze
• Dimensionamento capacità produttiva
• Vendor rating: feedback al fornitore
• Comunicazione fornitore-cliente
• Velocizzazione delle attività amministrative
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
48
a.a. 2010-2011
Costi della visibilità
• Infrastrutture di comunicazione
• Definizione di standard condivisi
La collaborazione operativa si può attuare a 2 livelli che si differenziano per la
pervasività dell’intervento e quindi del costo:
Il 1° livello è quello della visibilità → si può avere una condivisione di informazione che
aiuti la realizzazione della collaborazione → uno fornisce maggiori informazioni
riguardo a se stesso all’altro → informazioni non note lo diventano sperando che tali
informazioni possano aiutare l’altro nella collaborazione.
2° livello invece prevede non solo l’incremento dello scambio informativo ma anche
l’avviamento di azioni operative volte all’efficientamento ed affinamento del processo →
la collaborazione è aiutata anche da una vera e propria condivisione dei processi e non
solo delle informazioni.
Le 2 informazioni principali che le imprese si scambiano sono i piani di produzione e le
previsioni di vendita. La condivisione delle previsioni di vendita è importante perché il
fornitore riuscirebbe a dimensionare la propria produzione anche in confronto al
mercato a valle del prodotto finito.
Non si sta parlando di scelte condivise nel processo decisionale, ma di informazioni che
vengono date al fornitore → il fornitore effettuerà autonomamente le scelte riguardo al
proprio processo, ovviamente però lo farà tenendo in considerazione le informazioni
ricevute.
Visibilità: Tecniche e strumenti
La relazione cliente-fornitore si differenzia per:
• Contenuto informativo
◦ Previsione della domanda
◦ Attività promozionali
◦ Ordini ricevuti
◦ Stato consegne
◦ Giacenze
• Mezzo di comunicazione
◦ Telefono, fax, e-mail (firma digitale)
◦ Sistemi proprietari
◦ EDI
◦ Web EDI
◦ Extranet
• Sistemi di identificazione
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
49
a.a. 2010-2011
◦ Codici a barre
◦ RFID (Radio Frequency Identification)
Gli strumenti operativi utilizzati saranno unicamente a supporto della comunicazione e
dello scambio informativo, possono avere un costo da basso ad alto e possono andare
dal telefono ed email (strumenti deboli perché destrutturati, la mail è priva di formati e
regole condivise → richiede una successiva rielaborazione); esistono anche strumenti
più strutturati. Esempio EDI, sviluppato nell’ambiente dell’automotive che è “l’industria
delle industrie”, che si basa su protocolli particolari e che viaggia su reti dedicate VAN
(Value Added Network) → molto costoso perché il dato viaggia su reti dedicate.
Lo sviluppo è il Web-EDI che si basa sui protocolli di internet.
Una extranet è un sistema di scambio informativo che si basa sulla logica del portale
sfruttando il web. La logica è simile a quella dell’EDI, punta al massimo sfruttamento
del potenziale della rete. Il portale fornisce il punto d’incontro tra l’azienda ed il cliente,
da cui essi accedono (con account dedicato e password), scaricano le informazioni e si
interfacciano.
I codici a barre sono sistemi nei quali un lettore apposito ottico legge informazioni da
un’etichetta scritta con un codice particolare. Ulteriore sistema è l’Identificazione a
Radio-Frequenza (RFID), poiché interagisce per radio frequenza è sufficiente che
l’etichetta sia vicina al lettore e non c’è bisogno di batteria poiché è l’impulso del lettore
a ricaricare e stimolare il circuito dell’etichetta. Il sogno è riuscire a mettere un RFID in
ogni singolo prodotto e semilavorato, ciò consentirebbe di avere sotto controllo ogni
singolo istante e prodotto della produzione, al momento però i costi e l’organizzazione
non lo consentono.
Livelli di collaborazione operativa
Secondo livello → Integrazione
Collegamento fisico di sistemi e processi:
• Impatto superiore: necessità di investimenti e di tempi lunghi
• Cambiano le modalità operative
• La visibilità diventa un prerequisito
• Esempi:
◦ Capacità produttiva dedicata → quota parte del tempo macchina verrà
dedicata esclusivamente alla produzione per quel cliente
◦ Colocation → una parte dello spazio verrà dedicata al cliente o si creeranno
aree comuni tra cliente e fornitore
◦ Vendor Managed Inventory → inventario in cui la responsabilità di gestione
è passata al fornitore, quello che cambia è la scelta di dislocare le scorte nel
magazzino del cliente, nonostante siano del fornitore → il ripristino del
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
50
a.a. 2010-2011
◦
◦
◦
◦
◦
sistema di scorte è a discrezione del fornitore; è lui che decide quanto e come
ripristinare il livello di scorte a casa del cliente; questo permette di ridurre
quella parte delle scorte che normalmente si creava perché sia cliente che
fornitore per incertezza e variabilità della domanda mantenevano una
giacenza
Consignment stock → sistemi nei quali all’interno del magazzino del cliente vi
è un’area riservata alla merce del fornitore fintanto che non la preleva. Il
passaggio di proprietà avviene nel momento in cui vi è il prelievo →
dopodiché sarà a carico del fornitore stabilire quanto rifornire tale area ed in
quali tempi. Vi sono vantaggi anche per il fornitore che è così autonomo nella
gestione delle scorte e può ottimizzarne il processo
Continuous replenishment → sistema che si trova nell’ambito della GDO, ci si
basa su produzione di lotti piccoli e frequenti, flusso prolungato, continuativo.
I livelli di produzione devono fare sì che il livello di scorte sia sempre
all’interno di uno stesso range, il fornitore le consegna rispettando questo
vincolo. Per fare ciò deve monitorare lo stato di utilizzo delle scorte da parte
del cliente
Collaborative planning, forecasting and replenishment → è il sistema più
complesso e completo, comprende anche la pianificazione previsiva e la
pianificazione della produzione. Il CPR prevede condivisione degli aspetti del
ciclo condiviso ma questi aspetti sono condivisi a valle di un procedimento
autonomo ed indipendente dei 2 soggetti che effettuano da soli una previsione
della domanda → momento di incontro in cui i 2 attori si incontrano e
confrontano le previsioni di domanda, in caso siano concordi non c’è
problema, nel caso in cui differiscano sensibilmente invece si effettua una
rielaborazione. Il confronto della previsione della domanda è un metodo per
verificare l’affidabilità della propria previsione poiché se imprese con dati
diversi e strumenti diversi giungono a previsioni di domanda simili si avrà
verosimilmente una previsione accettabile e forse giusta
Just in time → consegna sulla base del consumo, in ottica pull. Lo scopo è la
riduzione delle scorte. Il JIT funziona bene in caso di domanda abbastanza
stabile, va in crisi quando essa oscilla fortemente poiché non è più possibile
l’armonizzazione dei carichi (si pensi alle celle flessibili progettate e
dimensionate per gestire una variabilità dei carichi discreta, entro certi range,
altrimenti falliscono; nel paradigma agile si può pensare ad una via di mezzo
sacrificando una snellezza pura per mantenere scorte e giacenze, in livello
basso, al fine di una maggiore flessibilità e capacità di risposta alla variabilità
della domanda)
Kanban → potente strumento della filosofia della Lean Production per tenere
visivamente monitorata e gestita (livellata e regolata) la produzione.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
51
a.a. 2010-2011
Non si tratta più di scambio di informazioni ma intervengono azioni → interventi e
azioni sistematiche in risposta a determinati fattori → sistemi con maggiore impatto dal
punto di vista dei costi ma anche dal punto di vista dei sistemi organizzativi e produttivi.
Si effettuano questi interventi per effettuare cambiamenti radicali, e spesso hanno
successo.
Esistono vari strumenti e declinazioni di queste forme di collaborazione che vanno dal
Vendor Management Inventory al Consigment Stock al Just In Time che è una filosofia
produttiva e prevede diversi elementi di attuazione.
Caso 16.3 - Dell
Maggior produttore di PC nel mondo.
FCS: tempi di consegna e costo (allineamento ai concorrenti ma con livello di servizio
superiore)
↓
Prodotto modulare: minimizzazione scorte, assemblaggio rapido
Gestione fornitori:
• Razionalizzazione del parco fornitori (da 200 a 25)
• Localizzazione magazzini nei pressi degli stabilimenti
• Condivisione Informazioni: scorte, ordini, prezzi, previsioni, vendor rating
• E-procurement (Value Chain.Dell.com)
↓
Lead-time assemblaggio: 8-36 ore, consegna: 7-9 giorni
I PC Dell sono composti da più moduli e facendo ciò si sfrutta l’effetto positivo per cui la
domanda cumulata subisce una fluttuazione minore rispetto alle singole fluttuazioni dei
singoli componenti/domande unitarie.
L’architettura modulare è aiutata anche dal fatto che i fornitori sono in co-location
poiché devono garantire tempi di consegna in linea di produzione inferiori ai 15 minuti.
Il vantaggio competitivo di Dell, oltre che dalla vicinanza dei fornitori, è generato dalla
condivisione immediata di informazioni coi fornitori; poiché i fornitori sanno in tempo
reale quale sia la domanda di Dell, sanno di quali prodotti Dell ha bisogno →
aggiornano costantemente i listini → Dell allo stesso tempo può calcolare il costo
complessivo del prodotto.
Attualmente Dell sta subendo il “momento d’oro” della Apple perché si basa su modelli
totalmente diversi: se Dell si basa sul rapporto con fornitori più di Apple, in confronto
ad Apple investe molto di meno in sviluppo di asset e capacità interne → gli indicatori
finanziari di Dell sono attualmente peggiori.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
52
a.a. 2010-2011
Partnership completa
Collaborazione operativa e tecnologica simultanee possono creare sinergie
Automotive: progettazione congiunta anche per sincronizzazione cliente-fornitore
Dell: moduli standard per ottimizzare la rete logistica
Vedi caso 16.4 - Smart
Progettazione congiunta e collaborazione operativa sono alla base della gestione della
supply chain.
Collaborazione tecnologica e collaborazione operativa possono essere sviluppate in
maniera autonoma ma con un incremento di sforzi non eccessivo possono essere portate
avanti in maniera congiunta e possono quindi portare enormi vantaggi grazie alla
sinergia che si viene a creare tra le parti.
[Fine prima parte del corso, primi 3 capitoli di Spina]
Motivazione dei diversi modelli organizzativi
Il valore della specializzazione delle attività (individuali - organizzative)
Scambi di mercato per il coordinamento
Perché esiste l’impresa? (Coase, 1937)
Inefficienze degli scambi di mercato: costi di transazione (Williamson, 1975; 1985).
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
53
a.a. 2010-2011
Economie dei contratti
Supponiamo di aver scelto l’opzione buy invece che make, vediamo ora quali sono i
problemi che riscontriamo nell’affrontare questa scelta.
Nel 1937 Ronald Cause intuì che ci sono limiti al modello efficientista riconducibili al
fatto che non sempre il prezzo o il costo, sul quale si basano le transazioni di mercato,
risulta il modello migliore; il modello gerarchico non risulta essere il migliore in
determinati contesti, in altri sì.
Il modello di Cause è stato migliorato da Oliver Williamson 40 anni dopo con la teoria
dei Costi di Transazione.
Costi di Transazione: Tipologie
•
Costi di coordinamento
◦ Generazione e gestione del contratto
◦ Definizione dei dettagli della transazione
→ Costi di coordinamento nella Gerarchia
◦ Pianificazione - Revisione dei piani
◦ Trasmissione delle informazioni
◦ Errori nel coordinamento
E’ necessario comprendere le differenze tra i vari costi di transazione; i Cdt nascono di
fronte ai 3 fattori di incertezza, specificità, e complessità descrittiva.
Il costo di coordinamento è un costo che nasce per far sì che 2 parti si incontrino, si
conoscano, ed ingaggino una transazione economica.
Quando si realizza una gerarchia, per far si che i sottoposti siano in grado di fare ciò che
dico ed effettivamente lo facciano, devo spendere tempo e denaro nell’istruire e
spiegare, e passare informazioni → la gerarchia genera dunque notevoli costi da questo
punto di vista, per mantenere la struttura.
•
Costi di incentivazione → predisposizione di meccanismi protettivi verso
comportamenti opportunistici
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
54
a.a. 2010-2011
Nella competizione si hanno interessi divergenti: entrambe le parti vogliono realizzare la
propria marginalità ma nel farlo danneggiano la controparte; i costi di coordinamento
sono spesi per riallineare gli interessi.
La possibilità di erogare un bene o un servizio è vincolata alla possibilità di
produrlo materialmente e il produrlo dipende da soggetti terzi che possono essere
fornitori o altri → se costoro soffrono o spariscono allora io non riuscirò ad erogare il
bene o servizio → è interesse dell’azienda sostenere un’economia del benessere in cui la
singola impresa non corre solo per il proprio bene in maniera competitiva.
Se si hanno asimmetrie informative una parte detiene più informazioni dell’altra → la
parte con meno informazioni se non tutelata sarà riluttante ad entrare nella partnership.
Allo stesso tempo, da un altro lato, le parti devono essere in grado di fornire garanzie in
modo tale che non si insinui la paura che, una volta sostenuto l’impegno, il cliente non
acquisti più al prezzo concordato insieme al fornitore → il fornitore ha paura e il cliente
deve fornire garanzie e certezze affinché il fornitore accetti la collaborazione; inoltre il
fornitore deve ritenere credibili le garanzie del cliente e deve credere nella sua capacità
di tener fede all’impegno, altrimenti non sosterrà l’investimento, o lo effettuerà in
maniera non opportuna per non “scoprirsi troppo” (ad esempio nel caso in cui il
fornitore detenga un macchinario particolare, esclusivo, non lo replicherà in maniera
specifica per un prodotto specifico del cliente ma in maniera generica).
Riassumendo si può dire che i costi di incentivazione siano i costi che si sostengono per
riallineare gli obiettivi delle due parti e in modo che la parte più debole sia tutelata e che
sia disposta a rientrare nella gerarchia.
Costi di transazione: determinanti
•
•
Caratteristiche degli agenti coinvolti
Caratteristiche (dimensioni) della transazione (del tipo di bene che viene
scambiato)
Caratteristiche degli agenti coinvolti
•
Razionalità limitata → impossibilità di valutare e prevedere ogni contingenza
rilevante ai fini della transazione
◦ Eventi futuri e loro impatti
◦ Rilevazione e analisi delle informazioni
◦ Elaborazione dei piani di azione
◦ Accertamento degli eventi di un valutatore terzo
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
55
a.a. 2010-2011
L’impossibilità di prevedere dei piani di azione determina costi di azione e
pianificazione.
•
Opportunismo → perseguimento con astuzia di finalità egoistiche
(secondo Williamson gli agenti opportunisti ricorrono a comportamenti quali:
mentire, imbrogliare, rubare, fuorviare, travisare, offuscare, fingere, distorcere e
confondere pur di raggiungere i propri fini)
◦ Mancato rispetto di accordi stipulati in precedenza
◦ Indisponibilità a mantenere la parola data
◦ Omissione e falsificazione di informazioni detenute
Ad esempio, quando un cliente non rivela ad un fornitore il phase-out per evitare rotture
di stock sta commettendo un azione opportunistica.
•
Specificità delle risorse investite → misura del valore della risorsa al di fuori
della specifica transazione
◦ Risorse fisiche
◦ Risorse umane
◦ Localizzazione geografica (investo per creare uno stabilimento vicino ad un
cliente o ad un fornitore)
◦ Specializzazione temporale (impegno di capacità produttiva)
•
Durata e frequenza delle transazione
Quanto più frequentemente avviene lo scambio e quanto più dura in orizzonte
temporale lo scambio, tanto più sarà difficile prevedere il mutamento dello
scenario → tanto più sarà difficile predisporre il contratto ed il meccanismo di
scambio → saranno più alti i costi di transazione.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
56
a.a. 2010-2011
•
Incertezza e complessità
◦ Incertezza delle condizioni che prevarranno durante l’esecuzione del contratto
◦ Complessità dei compiti
•
Difficoltà di misura della performance
◦ Incertezza sulle determinanti della performance
◦ Assenza di competenza nella valutazione dei risultati generati dalla
controparte
Non sempre si riescono a ricondurre le inefficienze alla loro causa (si pensi ad un guasto
in un taxi abitualmente guidato da più autisti), dunque sarà difficile anche misurare
l’entità del danno/inefficienza e l’attuazione di correzioni.
Governance delle relazioni di mercato
•
•
Necessità di un meccanismo che definisca:
◦ I termini dello scambio e le azioni che le controparti devono intraprendere
◦ I rispettivi diritti e obblighi
◦ Le forme di premio e sanzione
Questo meccanismo è genericamente definito “contratto”, che è lo strumento
principe di un rapporto cliente-fornitore
Un contratto, in generale si riferisce ad accordi volontari che definiscono e vincolano il
comportamento delle controparti; i contratti sono sottoscritti da queste in quanto
ritenuti mutuamente vantaggiosi. Come tale, il termine “contratto” può, o meno, avere
valenza legale (“Forza di legge”, imposta da un’autorità esterna che le controparti si
impegnano a riconoscere).
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
57
a.a. 2010-2011
L’idealtipo di “contratto completo”
Esso è “l’accordo che stabilisce, per ogni possibile situazione presente o futura, i
reciproci obblighi delle controparti su prestazione e pagamenti, il cui rispetto è
assicurato grazie alla capacità di verifica di una autorità esterna (giudice/arbitro),
perfettamente razionale, e alla sua possibilità di imporre sanzioni alle parti
eventualmente inadempienti”.
Le assunzioni di contratto completo altro non sono che assunzioni di perfetta
razionalità. Nella teoria neoclassica la presenza di un contratto completo comporta in
presenza anche di razionalità totale, e competitività del mercato, come assunzione,
transazioni economiche perfette. Le critiche all’economia neoclassica hanno evidenziato
l’irrealismo di tale assunzione.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
58
a.a. 2010-2011
13/05/2011
In molti casi l’integrazione verticale non è la soluzione migliore, anzi spesso è desiderato
lo scambio economico per creare maggior valore → le problematiche delle economie dei
contratti sono relative all’efficientamento del processo di scambio, e hanno come fine la
realizzazione corretta dello scambio.
Quanto più l’incertezza cresce, quanto più ci si allontana temporalmente dal momento
in cui le 2 parti siglano l’accordo, tanto più è probabile che le condizioni di contesto
cambino e che numerosi fattori evolvano, che lo scenario evolva.
L’idealtipo “contratto completo”
Contratti completi in condizioni di concorrenza perfetta, assicurano la massima
efficienza dello scambio di mercato e minimizzano il costo della transazione.
Una transazione è efficiente quando sono minimi i costi della transazione stessa, ovvero
quando sono massimi i benefici netti per le controparti.
Assunzioni del contratto completo:
• Perfetta razionalità degli agenti
• Capacità di effettuare previsioni corrette sugli stati futuri
• Disponibilità alla condivisione di informazioni
• Piena efficienza del sistema legale e giudiziario
In realtà abbiamo visto che queste assunzioni non sono realistiche → i contratti
completi non esistono.
Economia dei contratti
•
•
•
Comprendere le ragioni dell’incompletezza
Analizzarne le conseguenze
Elaborare meccanismi di rimedio che incrementino l’efficienza dello scambio
Determinanti dell’incompletezza contrattuale
•
•
•
•
Limitata capacità previsionale
Ambiguità nel linguaggio
Costi di contrattazione per la definizione dell’accordo su ogni possibile
circostanza
Difficoltà nella corretta applicazione del contratto
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
59
a.a. 2010-2011
◦ Inefficienze del sistema legale e giuridico
◦ Asimmetrie informative fra le parti (prima e dopo la stipula del contratto) →
“non osservabilità”
◦ Difficoltà a trasmettere le informazioni (anche se condivise fra le parti)
all’autorità esterna → “non verificabilità”
Se per assurdo fosse possibile riconoscere tutte queste problematiche ( → rimuovere i
limiti di capacità previsionale) non sarebbe comunque possibile né economicamente
conveniente rilevare ed attuare una soluzione, un corso d’azione per ognuno di questi
problemi. Questo perché esistono costi di negoziazione e di analisi delle problematiche.
L’ambiguità del linguaggio causa il fatto di non riuscire ad esprimere esattamente quello
che si vuole, e ciò può portare alla nascita di azioni opportunistiche.
L’asimmetria informativa potrebbe manifestarsi prima ma anche dopo la firma di un
contratto/progetto, ad esempio il fornitore non ha valutato bene i costi di spostamento
di un impianto all’estero, o il cliente nonostante osservi il processo del fornitore non è in
grado di valutarlo correttamente → ciò prende il nome di “Non osservabilità”.
Conseguenze dell’incompletezza contrattuale
•
•
•
Rischio di rinuncia allo scambio
Imperfetta capacità di impegno/utilizzo sub-ottimale delle risorse
Allontanamento dalla piena efficienza dello scambio
Una delle 2 controparti rinuncia a perseguire la transazione economica; il cliente
rinuncia al prodotto ed il fornitore rinuncia ad un’opportunità di profitto → il fornitore
sarà costretto all’integrazione verticale (se rimangono inalterate le altre variabili) ma
questa può essere un’alternativa poco efficiente per il sistema operativo; ulteriore
alternativa è proseguire lo scambio ma in maniera meno efficiente, ad esempio il
fornitore continua a fornire ma solo beni di carattere generico e non effettua
investimenti specifici ma generici → vende prodotto non differenziato che contribuirà in
maniera minore al benessere del cliente → si è di fronte ad un fallimento del mercato
poiché non viene massimizzato il surplus (differenza tra ricavi e costi) complessivo.
Meccanismi di rimedio
1. Economia dell’informazione → affronta i problemi di asimmetria informativa:
• Selezione avversa → asimmetria antecedente l’avvio della relazione (prima che le
controparti inizino la selezione → il problema si ha quando una delle controparti
ha più informazioni dell’altra, su sé stessa o sull’ambiente, e cerca di far leva su
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
60
a.a. 2010-2011
•
queste informazioni per apparire migliore di quanto non sia → comportamento
opportunistico)
Azzardo morale → asimmetria successiva all’avvio della relazione (una delle due
parti compie azioni non proprio osservabili dall’altra, compie attività
opportunistiche a suo favore, a svantaggio della controparte, che può decidere di
non entrare quindi nello scambio)
Induzione a ritroso: si riescono a vedere vari possibili forme di scenario future, e se
l’evoluzione futura più probabile di interscambio piace o non piace allora si prende la
decisione di intraprendere o meno l’interscambio. In questo processo va considerata
anche la razionalità limitata che fa si che non si riescano a vedere tutti gli scenari.
2. Economia dei contratti incompleti → affronta il problema della razionalità limitata in
contesti con investimenti specifici (problema hold-up). Il soggetto che compie
l’investimento è bloccato nella relazione (locked-in) e quindi al rischio di condotte
opportunistiche della controparte.
Se nell’economia dell’informazione si avevano asimmetrie informative, prima o dopo la
relazione, ora si ha il problema della razionalità limitata
L’hold up è la rinegoziazione dei termini contrattuali successivamente alla realizzazione
di investimenti di fronte alla minaccia della parte che non ha sostenuto gli investimenti
di uscita dalla relazione → la parte che ha sostenuto gli investimenti è costretta ad
accettare → è locked-in e deve accettare una rinegoziazione a ribasso, d’altra parte la
controparte che minaccia non teme l’autorità che non può intervenire a causa della non
verificabilità.
Esempi di contratti
•
•
•
Contratti a pronti (Spot market contracts)
Contratti di relazione
Contratti impliciti
E’ necessario creare meccanismi di rimedio all’asimmetria informativa (economie
dell’informazione) e alla razionalità limitata degli agenti, non verificabilità da parte
dell’autorità, ed investimenti specifici (economia dei contratti incompleti) per
riequilibrare il contratto tra le controparti.
Poiché contratti completi non esistono dobbiamo cercare di capire entro quale livello di
completezza ci si può spingere.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
61
a.a. 2010-2011
Contratti a pronti (spot market contracts)
•
•
•
•
Contratti inflessibili, con numerosità delle clausole variabile (anche molto
elevata)
Le clausole definiscono le condizione dei principali corsi d’azione noti/prevedibili
Poco spazio per incertezza ex post
Efficienti per transazioni a bassa/moderata incertezza che si concludono
rapidamente
Le clausole possono riguardare ad esempio la variabilità del prezzo delle materie prime
(ad esempio “il prezzo delle materie prime può subire una variabilità del 50%
dell’incremento di mercato”); in ogni caso il contratto a pronti comprende queste regole
che possono essere specificate anche in maniera meno specifica e rigida (ad esempio “le
controparti devono tener conto degli aumenti di materia prima”, ma non specifica di
quanto).
L’applicabilità è ristretta laddove l’incertezza non cresce troppo, è applicabile dove c’è
una buona capacità descrittiva dell’oggetto. Sono contratti che lasciano poco o nessuno
spazio a cambi di contrattazione ex post.
Contratti di relazione
•
•
Più tipici per transazioni ad elevata complessità che si estendono nel tempo
Non inseguono la massima completezza, ma si focalizzano su altri aspetti:
◦ Obiettivi della relazione
◦ Regole generali
◦ Modalità di azione a fronte di contingenze impreviste (es. indicazione del
meccanismo di soluzione delle controversie)
◦ Definizione dei rispettivi campi di azione
Contratti impliciti
•
•
•
Basati sulla (implicita) reciproca accettazione di norme sociali condivise, o di
condizioni percepite come necessarie per il reciproco benessere
Consentono significativi risparmi sui costi di transazione
Difficili da impugnare legalmente → valenza di aspetti di reputazione/fiducia
Contratto implicito è ad esempio quello che si sottoscrive con l’università: non specifica
che gli studenti hanno diritto ad aule in cui studiare/seguire lezione o a dei punti di
ristoro; però questi servizi ci sono perché è così che si fa istruzione; un contratto del
genere ovviamente è molto difficile da impugnare legalmente.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
62
a.a. 2010-2011
Completezza come dimensione analitica di un contratto
A cosa si riferisce la “completezza”? Al livello di dettaglio con cui sono definiti, per
l’intera durata della transazione, i termini dello scambio e i doveri delle controparti.
Tanto più sarà completo il contratto, tanto più ridurrò la possibilità di comportamenti
opportunistici ex post e quindi i costi di ri-negoziazione, ma aumenterò il costo della
scrittura di questo contratto.
Contratti ad elevata completezza
•
•
•
Sforzo di definizione a priori dei termini, delle responsabilità, delle aspettative di
performance
Ridotto spazio per opportunismo ex post
Difficile tener conto di tutte le conseguenze
Contratti a ridotta completezza
•
•
•
•
•
Definiscono le condizioni essenziali, e le linee guida generali per periodici mutui
aggiustamenti
Bassi costi di transazione ex ante
Incentivano la flessibilità delle parti
Rischi di opportunismo ex post
Costi di rinegoziazione ex post
Effetti del livello di completezza
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
63
a.a. 2010-2011
Dobbiamo esaminare il livello di completezza a cui vogliamo portare il nostro contratto.
Per fare ciò, è bene definirci una funzione obiettivo, prendiamo il livello che minimizza il
costo di transazione.
P è una funzione di probabilità che riassume la probabilità che un evento, una
particolare contingenza che non era stata definita e quindi inclusa nei termini del
contratto, si manifesti.
P ∈ [0 ; 1]
•
P=0
→ Completezza = (1- p)
•
P=1
Il costo di transazione totale sarà dato dalla somma dei costi di transazione ex ante ed ex
post (dovuti a ri-negoziazione e rischio di opportunismo → inefficienza).
Il costo marginale della contrattazione ex ante (MC = Marginal Cost) cresce con il
crescere delle unità.
Quanto più l’ambiente è incerto, tanto più è difficile scrivere un contratto completo →
Introduciamo una funzione ω in funzione dell’incertezza ambientale → i costi della
transazione non saranno solo in funzione della completezza ma anche di ω → quanto
più ω è alto, tanto più è alto il costo di transazione.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
64
a.a. 2010-2011
Livelli di incertezza più alti tenderebbero a spingere verso la redazione di contratti più
incompleti perché i costi ex-ante sono maggiori; bisogna anche però considerare i costi
ex-post che sono logicamente in funzione decrescente rispetto alla completezza
contrattuale → i costi ex post di rinegoziazione sono tanto più bassi quanto più più è
completo il contratto → Curva MB = Marginal Benefits.
Esistono altri fattori che influiscono sui costi di transazione ex post → L = probabilità di
comportamenti o condotte opportunistiche della controparte. Quanto più si è di fronte a
condotte opportunistiche tanto più ci si deve spingere verso forme di contratto
completo.
Ora guardando il costo totale di transazione, si ha l’ottimo nel punto di minimo. Il livello
di completezza voluto è quello che minimizza il costo di transazione totale che è
composto da costo di transazione ex ante ed ex post.
Se la curva di MC cresce da ω 1 ad ω2 > ω1, a parità di condizioni, è suggerito un livello di
completezza minore, mentre invece se la curva di MB cresce da L 1 ad L2 > L1, a parità di
condizioni, è suggerito un livello di completezza maggiore
[Libro 1 Nicita, Crocker e Reynolds]
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
65
a.a. 2010-2011
18/05/2011
Asimmetrie informative e loro impatto sulla governance
La relazione coi fornitori necessita di uno strumento che garantisca il
coordinamento ed il controllo. Questo strumento è tipicamente il contratto, del quale
abbiamo visto definizione, caratteristiche e criticità. Abbiamo visto le determinanti
dell’incompletezza, principalmente razionalità limitata, rischi di opportunismo ed
incertezza.
La non osservabilità riguardo ad una parte delle informazioni che una parte ha in più
rispetto ad un’altra parte potrebbe generare comportamenti opportunistici. Altro
problema riguarda la non verificabilità che non permette all’autorità esterna di
verificare l’inadempienza di una delle due parti ai punti del contratto.
Due filoni teorici sui quali baseremo il nostro discorso: economia dell’informazione ed
economia dei contratti.
Forme di asimmetria informativa
•
•
Una controparte dispone di maggiori informazioni rispetto all’altra
Principalmente si riconoscono 2 situazioni distinte sulla base di:
◦ Momento in cui si manifesta l’asimmetria
◦ Tipo di asimmetria informativa
L’economia dell’informazione analizza le determinanti dell’asimmetria informativa e si
muove in 2 direzioni:
• Approccio positivista: assume che ci sia una realtà non effettiva e studia quella
(es. le scienze fisiche, pure sono positiviste mentre le scienze sociali no). Questo
approccio si basa su paradigmi che non sono verificabili quindi ognuno giungerà
a conclusioni diverse se parte da paradigmi diversi, interpretazioni diverse date al
fenomeno
• Approccio normativo: si assume l’esistenza di una soluzione ottima → la scienza
dell’economia informativa indirizza il comportamento verso la massima
efficienza.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
66
a.a. 2010-2011
Momento in cui si
manifesta l’asimmetria
Prima dell’avvio della relazione
contrattuale
Dopo l’avvio della relazione
contrattuale
Tipo di asimmetria
Caratteristiche proprie della controparte;
Caratteristiche dell’ambiente
(“informazione nascosta”)
Caratteristiche delle azioni
intraprese (“azione nascosta”)
Selezione avversa: per l’asimmetria informativa si potrebbe avere rischio di selezionare
ex-ante una controparte non adeguata alle esigenze ed alle aspettative che si avevano.
Azzardo morale: quando vi è asimmetria informativa dopo l’inizio della transazione.
Possono avvenire problemi ibridi tra i due → si ha azzardo morale ma con informazione
nascosta.
Es. porto a riparare l’autovettura e il meccanico dice che c’è da sostituire un pezzo;
costui potrebbe approfittarsene, poiché nonostante si tratti di azioni osservabili non
sono in grado di giudicare se effettivamente la parte sia da sostituire o meno.
Azzardo morale
La parte agente, dopo la stipula del contratto, compie un’azione non osservabile dalla
controparte, che influenza l’utilità di entrambi. Il comportamento dell’agente è “non
osservabile” o “non verificabile”, e gli consente il perseguimento dei propri fini a spese
della controparte.
Esempi → Relazione assicuratore - assicurato, relazione proprietà - management,
relazione dipendente - datore di lavoro, relazione cliente - fornitore.
Selezione Avversa
La parte agente, prima della stipula del contratto, ha informazioni migliori sulle proprie
caratteristiche (o su caratteristiche del bene oggetto di scambio) rispetto alla
controparte.
Esistono diverse classi (“tipi”) di parti agenti, le quali cercano di farsi passare per tipi di
caratteristiche migliori, danneggiando la controparte.
Ad esempio fra cliente assicurato ed assicuratore, il primo potrebbe non porre
attenzione alla guida o al danneggiamento del veicolo poiché sa di essere tutelato
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
67
a.a. 2010-2011
mentre l’assicuratore potrebbe mettere un segugio per controllare che il guidatore non si
arrischi troppo ma ciò comporterebbe esborsi eccessivi.
Se anche non potessi osservare il comportamento dell’agente ma il suo risultato fosse
assolutamente deterministico (se potessi cioè relazionare senza dubbi un risultato al
comportamento di quell’agente) non sarebbe importante poter osservare il
comportamento di quest’agente perché posso osservare i risultati (e non importano le
azioni).
Abbiamo detto dunque che altra classe base di problemi legati all’asimmetria
informativa, oltre all’azzardo morale, è la selezione avversa → l’asimmetria informativa
si manifesta prima della stipula del contratto e riguarda o l’informazione di una specifica
controparte oppure l’ambiente in cui opera. A seconda della dimensione di rilevanza
possiamo classificare le controparti per tipi.
Possibili conseguenze di Selezione Avversa
•
•
Genera un danno per la controparte che opera la selezione avversa (selezione di
un tipo di agente non ottimale o addirittura sbagliato)
Causa un peggioramento della qualità scambiata (la qualità cattiva scaccia la
qualità migliore: quando la controparte committente non è in grado di
selezionare efficacemente la controparte agente tendenzialmente proporrà un
valore medio)
Se una compagnia di assicurazione non è capace di verificare chi ha alta tendenza al
rischio e chi bassa allora proporrà sul mercato un valore medio. Chi ha bassa tendenza
al rischio non ingaggerà una relazione economica con questo assicuratore per via del
prezzo non conveniente secondo il suo punto di vista. Analogamente chi ha alta
tendenza al rischio sarà invece spronato ad intraprendere tale relazione.
Quindi il problema di selezione avversa non è solo quello di determinare un danno per
la parte che effettua la selezione, ma da un punto di vista socio-economico determina
anche un problema per il sistema economico nel suo complesso perché non viene
scambiata merce di alta qualità ma solo di bassa qualità → c’è quindi una selezione al
ribasso, per la bassa qualità.
Asimmetrie informative e contratti
In presenza di asimmetrie informative possono originarsi comportamenti
opportunistici. Ragioniamo per questi meccanismi con il metodo a ritroso: gli agenti
sapendo di aver svolto già in precedenza relazioni con comportamenti opportunistici,
quando si ritroveranno ad intraprenderne di nuovi, lo faranno con sufficienza o con
opportunismo, evitando così la possibilità di ottenere efficienza per entrambe le parti.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
68
a.a. 2010-2011
Ciò è dannoso perché costringe all’integrazione verticale → si crea meno valore di
quanto si potrebbe fare e si crea una marginalità inferiore rispetto alla massima
possibile.
Occorre predisporre adeguati meccanismi di controllo/prevenzione di tali
comportamenti. La scelta del meccanismo dipende da vari elementi (tipo di asimmetria,
livello di osservabilità e di verificabilità, incertezza, propensione al rischio, ecc..)
Lo scopo dell’economia informativa è proporre rimedi e soluzioni per livellare
l’asimmetria informativa e fare in modo che così lo scambio sia portato a buon fine.
Gli incentivi
Sono meccanismi contrattuali che inducono la parte agente:
• ad adottare comportamenti allineati con l’interesse della controparte (contro
l'Azzardo Morale)
• a svelare l’informazione in proprio possesso, inerente le caratteristiche
dell’agente stesso o del bene oggetto di scambio (contro la Selezione Avversa)
Alcuni esempi di meccanismi incentivanti possono essere le Stock options per i
manager, i bonus logistici e qualitativi, le provvigioni agli agenti di vendita o le
franchigie dei contratti assicurativi (modo per prevenire eventuali comportamenti
opportunistici).
Attraverso alcuni meccanismi contrattuali si cercano di riallineare le parti e anche se
non sarà una soluzione ottima in assoluto si avrà un allineamento degli interessi.
Sistemi di rimedio dell’Azzardo Morale
•
Contratti espliciti → contratti che includono l’elemento di premio/sanzione
specifico di quello scambio, e come tali non necessitano di scambi ripetuti, tutto
si decide nel singolo scambio
◦ Incentivi che legano la remunerazione della parte agente alla sua retribuzione
◦ Non necessitano di scambi ripetuti
•
Contratti impliciti (Self-enforcing)
◦ L’incentivo è il vantaggio futuro, ovvero la prosecuzione della relazione
◦ La minaccia di uscita è deterrente contro l’opportunismo
◦ Necessitano di interazioni ripetute
Incentivo a non attuare comportamenti opportunistici sono nel fatto che in futuro
probabilmente il rapporto porterà a vantaggi e creazione di valore ancora maggiori.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
69
a.a. 2010-2011
Poiché c’è un rischio di uscita mi sento minacciato dalla possibile uscita da rapporti
futuri → senza bisogno di sanzioni esplicite mantengo fede al contratto perché la
sanzione stessa sarebbe la probabile uscita della controparte dal contratto (se il mio
comportamento non è leale o la performance non è adeguata). Questo meccanismo però
necessita di interazioni ripetute, poiché se fosse “one shot” non ci sarebbe l’implicita
assunzione di una prosecuzione della relazione.
Contratti di selezione
Proposta di un menu di contratti, per indurre la parte agente a rivelare - attraverso le
scelte compiute - l’informazione in suo possesso (contratti assicurativi, contratti di
fornitura). Il potere sta nella proposta di pacchetti adeguati di contratti che potrebbero
risolvere il problema di selezione avversa; bisogna però anche andare a vedere le
specifiche di contratto in quanto una penale sulla qualità troppo alta disincentiverà
anche il fornitore più virtuoso in termini di qualità e lo indurrà a non accettare il
contratto, per contro una penale troppo bassa non frenerà neanche il fornitore con
qualità più bassa dall'entrare nel contratto.
Meccanismi di segnalazione → Una cosa interessante è il fatto che il fornitore stesso
(parte agente) potrebbe proporre la propria differenza qualitativa per differenziarsi dai
concorrenti ed aiutare il cliente nella selezione → se un fornitore percepisce il rischio di
non essere selezionato e crede che verranno scelti al suo posto altri fornitori che cercano
di spacciarsi per produttori di uno stesso livello di qualità, anche se non è così, una cosa
che può fare è segnalare la qualità del proprio prodotto.
Lo strumento analitico – Il modello Principale - Agente
•
•
Modello principale-agente:
◦ Principale: il soggetto incaricante dello svolgimento dell’attività/mansione
◦ Agente: il soggetto incaricato dello svolgimento dell’attività/mansione
Chi sono il principale e l’agente? → Singoli individui, team, imprese,
organizzazioni in genere, istituzioni..
Assunzioni del modello
Principale:
• Delega lo svolgimento di una mansione
• Riconosce una valorizzazione economica
• Ha come obiettivo la massimizzazione del proprio beneficio economico (y) nella
transazione
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
70
a.a. 2010-2011
Agente:
• Viene delegato allo svolgimento di una mansione
• Lo svolgimento richiede un impegno (e) costoso e disutile all’agente
• Ha come obiettivo la minimizzazione del proprio impegno nella transazione
I dipendenti non hanno come obiettivo il massimo beneficio del principale → necessità
di allineare gli obiettivi altrimenti fortemente divergenti, affinché sia possibile
perseguire obiettivi comuni.
•
•
•
•
Divergenza di obiettivi
Non osservabilità/non verificabilità dell’azione dell’agente
Esistenza di un portafoglio di azioni alternative che l’agente può scegliere
Selezione dell’azione di minor costo in assenza di meccanismi incentivanti→
transazione complessivamente inefficiente per il principale che quindi sarà
propenso a non affidare l’azione all’agente
Il principale deve adottare meccanismi di incentivazione che spingano l’agente ad agire
nell’interesse del principale, incrementando l’efficienza complessiva della transazione
L’azione rimane non osservabile
L’azione influenza i risultati (y) della transazione
Il sistema di incentivo è definito sulla base del valore osservabile (y)
L’azione dell’agente deve influenzare il risultato ma non deve essere l’unica variabile che
influenza il risultato; non ci deve essere una relazione deterministica tra risultato
osservabile e comportamento dell’agente perché se ci fosse si eliminerebbe la possibilità
di comportamenti opportunistici dell’agente → allora si disegnano meccanismi di
incentivo definiti su benefici osservabili, e questa funzione dovrà premiare o sanzionare
l’agente sulla base del risultato.
Esempi di fattori causali rilevanti
Rapporto manager - proprietà
• Andamento complessivo della domanda e dell’economia
• Comportamento dei concorrenti
• Evoluzione della tecnologia
Rapporto cliente - fornitore
• Qualità degli input del fornitore
• Fattori specifici del sistema dei trasporti
• Fattori macro-economici, politici e sociali
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
71
a.a. 2010-2011
Uno degli assunti principali del modello principale - agente è che il risultato è
influenzato dalla prestazione dell’agente ma questo non è l’unico fattore.
y = y (e; θ)
θ: variabile casuale/stocastica, non osservabile
e: variabile rappresentativa dello sforzo dell’agente, è il risultato della sua azione
Il principale non può inferire l’impatto di e su y, può però influenzare l'agente a
comportarsi con quel valore di “e” (impegno dell’agente) che massimizzi quello di “y”
(risultato economico).
Avversità al rischio dell’agente → necessità di meccanismi incentivanti
Soluzione del problema dell’agenzia
•
•
•
Bilanciamento fra efficienza produttiva e allocazione del rischio
Soluzioni “First Best”
Soluzioni “Second Best”
E’ possibile spingere il fornitore lontano dalla scelta di azione di minimo rischio solo
attraverso l’incentivo che è dunque uno strumento costoso per far si che il fornitore
investa di più; allo stesso tempo allontanandolo troppo dalla soluzione di poco rischio si
avrebbero alti costi perché l’agente rischia troppo.
Basso incentivo = bassa allocazione di rischio al fornitore, ma basso beneficio
potenziale;
Alto incentivo = alta allocazione di rischio al fornitore, ma alto beneficio potenziale.
→ Il principale vorrebbe allo stesso tempo efficienza produttiva e basso rischio; ma
l’agente per natura è avverso al rischio e se non lo intraprende tenderà a compiere azioni
cautelative → non lavorerà al meglio e se l’agente non lavora al meglio il proprietario
avrà inefficienza produttiva.
Si tratta di bilanciare correttamente ciò che vuole fare l’agente con il costo di questa
azione.
Soluzioni di First Best eliminano completamente il problema dell’asimmetria
informativa ma l’applicabilità di queste soluzioni è ristretta ad un numero limitato di
casi. Più praticate invece sono le soluzioni di Second Best, dove si possono disegnare
meccanismi di incentivo efficienti, cioè che continuano ad essere tali da determinare la
convenienza dello scambio, ma non risolvono completamente l’asimmetria informativa.
Il livello di efficienza dello scambio però non è lo stesso rispetto alla situazione di
assenza di asimmetria informativa, e questa è la differenza tra soluzioni di First Best e
Second Best.
[Ciò che abbiamo fatto lo troviamo nel Nicita - Scoppa cap. 2]
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
72
a.a. 2010-2011
19/05/2011
Contratti incompleti e hold-up
Anche in presenza di perfetta razionalità degli agenti, se c’è asimmetria informativa si
potrebbero avere comportamenti opportunistici nelle forme di azzardo morale e
selezione avversa.
Hold up si ha laddove non sussista verificabilità e una delle due controparti o anche
tutte e due effettuino investimenti specifici → gli investimenti specifici vincolano al
mantenimento della relazione ma la non verificabilità fa si che se una parte attua
comportamenti opportunistici per rinegoziare la posizione contrattuale a proprio favore,
l’autorità non possa intervenire, e l’altra parte, avendo effettuato forti investimenti
specifici, sia vincolata alla prosecuzione del contratto e debba accettare la rinegoziazione
a proprio svantaggio.
E’ nell’interesse delle controparti che lo scambio venga eseguito, ma la minaccia di hold
up, spesso analizzata a priori potrebbe far si che una delle parti non voglia entrare nel
contratto o non effettui investimenti specifici causando così un’inefficienza economica
ed un “fallimento di mercato”.
Origine dell’incompletezza
Ipotesi: le due controparti dispongono delle medesime informazioni ma non vi è
possibilità di trasmettere un set di informazioni condiviso a un soggetto terzo, chiamato
a dirimere eventuali controversie legate all’esecuzione del contratto → Non
Verificabilità!
L’incompletezza contrattuale nei problemi di hold-up nasce non per l’asimmetria
informativa ma perché le informazioni non sono giudicabili da chi crea il contratto, dal
giudice o parte terza.
Questo è un problema grave nel momento in cui una delle due controparti effettua un
investimento specifico più dell’altra o lo effettuano entrambe ma in tempistiche diverse
e ciò vincola una parte più dell’altra.
Chi effettua più investimenti specifici sarà più vincolato e più debole poiché non può
contare sulla presenza di un giudice che sanzioni la parte forte qualora attui
comportamenti opportunistici, in presenza di non verificabilità.
Secondo fattore che influisce sui comportamenti opportunistici è l’incompletezza del
contratto poiché non è facile scrivere contratti specifici e dettagliati poiché non si può
prevedere l’evoluzione ed il ritorno di un investimento altamente specifico.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
73
a.a. 2010-2011
Conseguenze dell’incompletezza
•
•
Rischio di sotto-investimento o di mancato investimento specifico da parte della
controparte esposta.
Trade-off fra prevenzione dell’opportunismo e adattamento efficiente ex post
Dove c’è incertezza ambientale tenderò a creare contratti più completi; allo stesso tempo
essendo alta l’incertezza, in ottemperanza a quanto detto da Crocker e Reynolds, non si
sa quale sarà l’entità del beneficio che si manifesterà → si dovrebbe tendere alla
creazione di contratti meno completi; interviene a questo punto però la minaccia di
hold-up e la paura di comportamenti opportunistici → le parti si cauteleranno con
contratti più completi che riducono lo spazio per la negoziazione ex-post che sarebbe
invece utile in situazioni in cui non si può stimare il ritorno futuro → economia meno
efficiente.
Determinanti dell’incompletezza contrattuale
•
•
•
•
Limitata capacità previsiva
Ambiguità nel linguaggio
Costi di contrattazione per la definizione dell’accordo su ogni possibile
circostanza
Difficoltà nella corretta applicazione del contratto
◦ Inefficienze del sistema legale
◦ Asimmetrie informative fra le parti
◦ Difficoltà a trasmettere informazioni (anche se condivise fra le parti)
all’autorità esterna → “non verificabilità”
Incompletezza: ragione di fondo
Assenza di verificabilità!
• Non tutte le promesse contrattuali sono da ritenersi, nella pratica, vincolanti
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
74
a.a. 2010-2011
•
•
La non verificabilità può indurre comportamenti opportunistici post-contrattuali
motivati dalla potenziale impossibilità di imporre sanzioni
Opportunismo: Rinegoziazione - Interruzione
Se la parte più forte (quella che si espone di meno con investimenti specifici) è conscia
del fatto che un giudice esterno non può sanzionare i suoi comportamenti opportunistici
eventuali, si sentirà più cautelata, ed entrerà più volentieri nel contratto, sapendo che se
attuerà comportamenti opportunistici difficilmente potrà essere perseguibile.
L’opportunismo potrebbe manifestarsi da un lato con rinegoziazione dei termini
contrattuali → se all’inizio ci si era concordati per una spartizione del beneficio, la parte
potrebbe chiedere una “fetta” maggiore di questo beneficio; dall’altro lato potrebbe
interrompere il contratto (ad es. la parte forte scopre che in Cina c’è un fornitore che gli
darebbe un componente alla metà del prezzo rispetto al fornitore italiano → magari
anche senza rinegoziare passa al fornitore cinese interrompendo l’accordo col fornitore
italiano più debole il quale avrà grosse perdite poiché magari avrà effettuato
investimenti specifici).
Investimenti specifici
Specificità delle risorse produttive → natura della specificità:
• Localizzazione fisica
• Specificità fisica o materiale
• Risorse umane
• Risorse dedicate
L’investimento specifico può essere bilaterale perché entrambe le parti investono nel
contratto; è anche uno strumento di enforcement poiché implicitamente entrambe le
parti manifestano interesse nella relazione e dimostrano di voler investirci; ma
l’investimento specifico bilaterale di per sé non costituisce una garanzia contro il rischio
di hold-up, poiché ad esempio l’investimento bilaterale potrebbe non essere
contemporaneo, ovvero le parti effettuano investimenti in momenti diversi.
•
•
Entità dell’investimento → quanto è più grande, tanto è maggiore il rischio di
hold-up
Livello di specificità della risorse → minore è la reversibilità della risorsa tanto
maggiore sarà il rischio di hold-up (ad es. si forma un operatore a svolgere
operazioni che soltanto un cliente richiede → quando si perde un cliente si
perdono gli investimenti effettuati per formare l’operatore rendendolo “inutile”).
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
75
a.a. 2010-2011
Utilità e rischi dell’investimento specifico
•
•
•
•
Può generare un valore superiore a quello di investimenti generici
Elevato gap fra il valore dell’investimento all’interno della relazione e il suo
migliore uso alternativo
Rischio di vincolo alla relazione (Lock-in) per il soggetto che effettua
l’investimento specifico
In condizioni di non verificabilità, sussiste il rischio di hold-up
Se un soggetto effettua investimenti specifici, tenderà ad essere legato a quella relazione,
è difficile che utilizzi quell’investimento in un’altra relazione (poiché l’investimento è
specifico e non recuperabile), quindi si concentrerà su questa (è locked-in, vincolato,
nella relazione).
In condizioni di non verificabilità, l’essere vincolati alla relazione determina il rischio di
comportamenti opportunistici o hold-up.
Problema di Hold-up
Una volta effettuato l’investimento, la controparte si espone (in presenza di contratti
incompleti) al rischio di rinegoziazione o di interruzione del rapporto → l’hold-up esiste
nel momento in cui effettivamente una delle 2 parti si lega alla relazione, è un
comportamento messo in atto dalla parte più forte, che richiede una ri-negoziazione del
contratto affinché si torni ad una situazione ottimale per entrambe le parti.
Rischia di generare:
• Ritardi nell’effettuazione dell’investimento specifico (fintanto che la parte forte
non dà qualche forma di garanzia sull’investimento la parte debole ritarderà a
fare investimenti specifici sottoponendosi al rischio del mutamento delle
condizioni di mercato e al rischio degli investimenti specifici di concorrenti che
potrebbero conquistare prima il mercato)
• Sotto - investimento
• Rinuncia all’investimento specifico
• Grado di dipendenza economica
• Asimmetria di credibilità della minaccia di uscita dal contratto (se sono la parte
debole e ho effettuato forti investimenti specifici non sarò credibile se minaccio di
uscire dall’investimento per far prevalere i miei diritti → asimmetria nella
possibilità di usare lo strumento della minaccia che indebolisce ancora di più la
parte debole)
◦ Indebolimento della controparte esposta
◦ Rafforzamento della controparte avvantaggiata (→ determinando il rischio di
comportamenti opportunistici)
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
76
a.a. 2010-2011
Situazioni in cui si manifesta hold-up
•
•
Investimenti specifici unilaterali
Investimenti specifici bilaterali non simultanei, oppure non uguali in termini di
identità
Hold-up in caso di investimenti specifici unilaterali
Esempio:
F = Ford (acquirente)
P = Pininfarina (fornitore di scocca)
Ipotizziamo che i fornitori propongano alla Ford un tipo di scocca differenziato,
particolare e specifico.
Ford è in grado di vendere il prodotto generico, non differenziato, ad un prezzo p = 40.
Invece il prodotto specifico potrebbe venderlo a p’ = 100 (il mercato riconosce un
premio di prezzo); per poter mettere sul mercato questo prodotto, è necessario
coinvolgere anche il fornitore, perché Ford non ha la tecnologia sufficiente per realizzare
quella dotazione tecnologica da sola, ma al momento il fornitore (Pininfarina) non è in
grado di produrre quel componente, deve realizzare investimenti specifici.
Ipotizziamo che nella situazione di investimento generico, le parti abbiamo concordato
di ripartirsi in maniera equa il guadagno dato dal prezzo di mercato → Guadagno F =
GuadagnoP = 20.
Con il prodotto specifico Pininfarina deve effettuare un investimento specifico di entità s
tale che 0 < s < 30 → essendo 100 il prezzo → GuadagnoF = 50 e GuadagnoP = 50 - s
Il guadagno di Ford passa da 20 a 50 e quello di Pininfarina passa da 20 a 50 - s che
sicuramente sarà ≥ 20 (è uguale solo se s = 30)
Così l’investimento genera benefici ad entrambe le parti, se il contratto viene rispettato
→ non ci sono motivi per non farlo in teoria.
Assumiamo però che non ci sia verificabilità né sulla specificità dell’investimento, né
sulla certezza del rispetto del contratto (t = 0).
Se nel tempo t = 1 Pininfarina effettua l’investimento, a partire da quell’istante t = 1 sarà
esposta al rischio di Hold-up → a t = 2 Ford chiederà una ri-negoziazione dei termini
contrattuali, e così facendo tenta di appropriarsi della quasi-rendita della controparte.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
77
a.a. 2010-2011
Sapendo che Pininfarina è vincolata dalla relazione Ford si chiederà perché dovrà
limitarsi al 50% del prezzo del mercato quando potrebbe avere di più → minaccia
l’uscita che per Ford sarebbe quasi indolore mentre per Pininfarina no, poichè ha già
effettuato l’investimento →
In t = 0 la spartizione è (50; 50 - s), essendo Ford più forte il punto di equilibrio si
sposterà più verso sinistra a partire dall’istante t = 1, fino all’estremo in cui Ford si
appropria quasi completamente della quasi-rendita della controparte, pagando
l’investimento specifico come se fosse un prodotto generico.
Questa condizione (GuadagnoF = 80 e GuadagnoP = 20 - s) per Pininfarina risulta essere
svantaggiosa perché viene pagata 20 come un investimento generico ma in più ha
effettuato l’investimento specifico → a priori Pininfarina tenderà a rifiutare
l’investimento; una rinuncia all’investimento però comporta una rinuncia ad un
potenziale mercato e ad un’economia più efficiente che prevede maggior beneficio per
entrambe le parti → lo schema contrattuale specifico non si avrà poiché c’è la minaccia
di hold-up e si rinuncia ad una creazione di ricchezza.
Tutto ciò perché non esiste un meccanismo di gestione efficiente dello scambio.
Hold-up in caso di investimenti specifici bilaterali
Esempio:
Le ipotesi sono quelle del caso precedente, ma in questo caso oltre all’investimento s di
Pininfarina, ipotizziamone anche uno b di Ford.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
78
a.a. 2010-2011
0 < s < 30
0 < b < 30
Anche qui p = 40 e p’ = 100 → si ha un surplus che è maggiore alla somma dei due
investimenti specifici
→ Ford avrà un guadagno pari a 50 - b e Pininfarina pari a 50 - s, quindi per entrambi si
avrà un beneficio maggiore nell’investimento specifico rispetto a quello generico.
Non c’è un problema di hold-up come prima, ma c’è un problema di momento in cui
viene effettuato l’investimento; supponiamo ad esempio che Pininfarina effettui
l’investimento per prima al tempo t = 1 → Ford avrà potere di hold-up poiché essa non
lo avrà ancora effettuato, e minaccerà di non farlo a meno che non si ritratti il contratto;
si ri-approprierà così di una grossa parte della quasi-rendita di Pininfarina (Guadagno F
= 80 - b e GuadagnoP = 20 - s).
Nell’investimento bilaterale la parte debole non è quella che effettua l’investimento
specifico ma quella che lo effettua prima e si ha di nuovo il problema di hold-up; anche
in questo caso le parti rinuncerebbero ad un possibile guadagno.
Nel caso opposto potrebbe essere Ford ad effettuare l’investimento specifico per prima
→ Ford si esporrà all’hold-up (Guadagno F = 20 - b e Guadagno P = 80 - s) e Pininfarina
chiederà una rinegoziazione.
→ Gli investimenti specifici bilaterali non risolvono il problema di hold-up
Nella letteratura manageriale compaiono diversi casi di hold-up; uno celebre è il caso
Alcoa-Essex.
Alcoa è un produttore di alluminio ed Essex è il cliente che effettua un investimento
specifico collocandosi vicino al fornitore per facilitare la fornitura. Essex aveva chiesto
un contratto a tutela del proprio investimento specifico, in particolare un blocco dei
prezzi (poiché Alcoa avrebbe potuto approfittare della vicinanza del cliente per
aumentare il prezzo unitario); la situazione però si è capovolta poiché per andamenti di
mercato Alcoa ha subito un incremento dei prezzi di materia prima e si è trovata
vincolata per il contratto, non potendo ripartire l’aumento dei costi col cliente. Questo
per colpa di un contratto redatto in malo modo.
Esempio Ducati: la 1098 ha avuto una domanda molto maggiore del previsto, quasi
doppia → ha chiesto ai fornitori di diminuire tempi di consegna (ha creato ponti di linee
aeree apposta col Giappone per le pastiglie frenanti), di aumentare produttività, e di
reagire in fretta poiché nel settore dell’alta gamma si innesca il meccanismo per cui se si
vedono in giro molte moto l’indeciso sarà portato ad acquistare → era necessaria una
risposta immediata al mercato per innescare un circolo virtuoso di incremento della
domanda.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
79
a.a. 2010-2011
Rimedi all’hold-up
•
•
•
Rimedi legali e clausole contrattuali
Strumenti indiretti di enforcement
Integrazione verticale
Esiste il problema dell’hold-up; spesso è un problema di scuola che non accade nella
realtà poiché le imprese sono a priori in grado di riconoscere situazioni latenti di rischio
e porvi rimedio magari rinunciando all’accordo ed alla creazione del valore → è
necessario vedere le forme di contratto che possano risolvere questo problema per
ripristinare l’efficienza economica.
Ultima soluzione all’hold-up è l’integrazione verticale; altri rimedi si dividono in forme
contrattuali e forme extra - contrattuali.
Rimedi contrattuali/formali fanno riferimento a due possibilità: o che il problema venga
risolto a livello legale-giuridico, o includendo nel contratto clausole che tolgano la
possibilità di ri-negoziazioni.
Alcune forme contrattuali prevedono appunto l'inclusione di meccanismi che possano
permettere di risolvere l’hold-up nel caso si manifesti → è comunque una forma
giuridica.
Forme extra-contrattuali si basano su meccanismi che si rifanno alla dimensione
relazionale o di carattere sociale (perdita di reputazione dell’azienda che attua
comportamenti opportunistici).
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
80
a.a. 2010-2011
Rimedi legali e clausole contrattuali
L’incompletezza contrattuale può derivare da:
• Assenza di un’autorità giudiziaria riconosciuta
• Non verificabilità
Sistemi legali e misure di rimedio
•
•
•
Common Law vs. Civil Law (nei paesi anglosassoni si ha Common Law; Civil Law,
nei paesi latini)
◦ Civil Law si basa su un’idea di forti costi di negoziazione ex-ante → forte
negoziazione della contrattazione e nella formazione burocratica della
regolamentazione
◦ Common Law è un meccanismo in cui si danno principi ispiratori che guidano
la legge, ma fanno disciplina e legislazione l’insieme di sentenze che i giudici
emettono → in casi analoghi nel futuro non si potranno prendere sentenze
diverse da quelle precedentemente applicate → le sentenze emesse
diventeranno vincolanti per le sentenze successive. Elemento in comune è il
principio che prevede la sanzione in caso di inadempimento del contratto →
risarcimento della parte lesa; comune è anche la modalità ispiratrice del
risarcimento che si basa su 2 aspetti, il danno quando si manifesta in
deviazione rispetto al contratto può manifestarsi in 2 modi: danno emergente
e lucro cessante; danno emergente → sono venute a meno determinate
condizioni per la di cui creazione io ho effettuato una spesa, lucro cessante →
il danno fa si che la parte lesa non potrà approfittare dei profitti che si
sarebbero manifestati se le condizioni fossero stati favorevoli e la controparte
non avesse ostacolato
Vincolo all’adempimento del contratto (per contratti espliciti e impliciti)
Predisposizione di misure a tutela della parte lesa
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
81
a.a. 2010-2011
Quadro generale delle misure di rimedio
Rimedi legali:
Si adottano rimedi legali qualora ci si rivolga ad un giudice terzo che risolva il
contenzioso; anche in caso di non verificabilità ci si può rivolgere ad un giudice, la parte
soggettiva però assumerà rilevanza maggiore
• Esecuzione specifica: Imposizione da parte del giudice dell’effettiva applicazione
del contratto → la parte inadempiente deve rispettare il contratto (nel caso Ford,
Ford avrebbe dovuto garantire a Pininfarina un ricavo di 50 - s)
• Risarcimento al danno: il giudice ritiene che l’esecuzione specifica non sia
efficiente → predispone un risarcimento
◦ Danno emergente → Restituzione e danni da affidamento
◦ Lucro cessante → l’inadempienza non penalizza solo per gli investimenti
effettuati ma anche per la mancanza di futuri guadagni → danni da
inadempimento (entrambe queste forme sono forme pecuniarie)
• Risoluzione del contratto: il giudice annulla il contratto non vedendo vie d’uscita.
Clausole contrattuali:
Anche in presenza di clausole contrattuali, se una parte si sente lesa, può rivolgersi ad
un giudice togato e quindi si ricade nei rimedi legali.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
82
a.a. 2010-2011
•
•
Liquidazione con stipula privata → Le imprese si accordano in maniera
congiunta, a priori nel contratto, su forme di soluzione del contenzioso, e una di
queste forme potrebbe essere una liquidazione negoziata privatamente tra le
parti; diventa un problema la stima della liquidazione per la quantificazione del
danno. La legislazione suggerisce che si debba utilizzare il danno ipotizzato (in
sede di contrattuale) e non il danno al momento della liquidazione
Modifiche contrattuali → si chiamano così proprio perché modificano le
condizioni contrattuali (es. opzioni, default rules, side contracts, cauzione,
penalità, scambio di ostaggi, clausole di esclusiva).
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
83
a.a. 2010-2011
20/05/2011
Ottimizzazione degli acquisti nelle aziende manifatturiere
Il caso di un gruppo di aziende nel settore delle “Costruzioni Meccaniche”
Michele Liberati → [email protected]
Makeitalia
Nasce nel 2008 da un’idea di impresa legata all’eccellenza e all'innovazione all’interno
della catena di fornitura, maturata attraverso l’esperienza manageriale ed i successi
raggiunti dal team di progetto all’interno di realtà produttive avanzate e fortemente
competitive.
E’ tra le 12 società selezionate da “We Tech Off”, incubatore di Aster (consorzio Regione
Emilia Romagna, CNR, Università di Bologna, ...) che promuove lo sviluppo ed il
consolidamento di imprese nascenti.
Le due direttrici
1. Produzione
Direttrice “make”: proponiamo la gestione (acquisto e gestione dei flussi dei materiali)
in outsourcing di produzioni di strutture meccaniche più o meno complesse (comprese
componentistiche elettroniche e/o idrauliche) di medie/piccole serie.
Es. per Carpigiani stanno producendo una macchina per la panna montata, gestiscono
tutta la rete logistica mentre per l’assemblaggio si appoggiano ad un terzista, MakeItalia
fa un controllo di qualità ed invia la macchina a Carpigiani. Carpigiani ha esternalizzato
l’intero prodotto finito. Non è inusuale che un produttore metta il proprio marchio su un
prodotto che fa produrre da un terzista il quale sarà un Contract Manufacturer.
Carpigiani però nel caso mantiene le competenze poiché fa lei la progettazione e fornisce
lei i componenti chiave.
2. Consulenza
Direttrice “Think to make”: offriamo collaborazioni di consulenza con la concretezza
derivata da una consolidata esperienza in azienda. Forti di questo proponiamo un
approccio in un’ottica value sharing (condivisione dei risultati).
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
84
a.a. 2010-2011
Aree di competenza
Quality
• Qualità in tempo (integrazione Quality cost delivery)
• Certificazione del processo dei fornitori
• Definizione di KPI della Supply chain
• V
• P
• Gestione fornitori critici
Cost
•
•
•
•
•
•
Gestione della negoziazione/trattativa
Progetti di riduzioni costi (attività crash e strutturali)
Ottimizzazione del parco fornitori
Outsourcing
Strategic sourcing
Best cost country
Delivery
• Metodi di pianificazione della produzione
• a
• a
• a
Obiettivi e fasi del progetto di ottimizzazione degli Acquisti
Lo sviluppo della classificazione merceologica
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
85
a.a. 2010-2011
Il gruppo di aziende per cui hanno lavorato è il gruppo CMS, primo fornitore di
Tetrapak per la produzione di macchinari, con un fatturato di 80.000.000 € all’anno.
Obiettivi:
• Centralizzazione degli acquisti del Gruppo: adottare politiche comuni di gestione
dei fornitori, per determinate categorie di prodotto, rivolgendosi al mercato di
fornitura non più in maniera individuale, ma in qualità di “gruppo”.
• Strategic Sourcing e razionalizzazione del parco fornitori: Definire le strategie di
acquisto del Gruppo, per determinate categorie di prodotto, attraverso l’analisi
della composizione del parco fornitori e l’approfondimento delle alternative di
mercato.
Risultati attesi:
• Sinergie derivanti dall’aggregazione dei volumi o da alternative di fornitura
maggiormente competitive → saving
• Maggiore efficacia ed efficienza dei processi d’acquisto
• Maggiore integrazione delle aziende del Gruppo (partendo dalla gestione degli
acquisti)
Sulla base della classificazione merceologica è stata poi definita la centralizzazione delle
responsabilità di acquisto.
Differenza tra classificazione e codifica
• Classificazione: raggruppamento di prodotti simili, secondo dei driver
individuati, in categorie omogenee
• Codifica: Differenziazione tra prodotti simili tramite assegnazione di un codice
univoco
Nota: Una volta definiti i raggruppamenti è necessario distinguerli tramite una codifica
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
86
a.a. 2010-2011
Perché una classificazione merceologica?
1. Definizione di un livello di linguaggio comune →
• Tra funzioni aziendali: ufficio tecnico, uff. acquisti, produzione, qualità,
amministrazione
• Tra capogruppo e consociate
• Tra aziende del gruppo e fornitori
• Facilità di confronto con il mercato
2. Controllo e razionalizzazione della spesa →
• Possibilità di creazione e controllo di una vendor list per calssi merceologiche
• Possibilità di definizione di una strategia d’acquisto per singola classe
merceologiche
• Possibilità di controllo della spesa effettiva per le singole classi merceologiche
3. Ulteriori finalità →
• Elemento base per la distribuzione dei carichi di lavoro (per funzioni con
interfaccia verso fornitori) - acquisti/qualità/logistica.
• Base per standardizzazioni/razionalizzazioni future.
La definizione delle responsabilità di acquisto: centro-periferia
L’output è stata una tabella in base alla quale, su tutte le categorie individuate, ne hanno
selezionate 8 (per i materiali diretti) e su queste hanno portato avanti il processo di
centralizzazione + altre 8 per i materiali indiretti.
Struttura organizzativa - Le risorse umane
E’ stata creata la figura del commodity manager con 3 principali responsabilità:
• Gestione parco fornitori
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
87
a.a. 2010-2011
•
•
Controllo costi delle forniture
Supporto agli altri enti aziendali nella gestione delle problematiche relative alla
supply chain
Gli sono inoltre stati forniti degli obiettivi, dei KPI, alcuni dei quali relativi al controllo
del numero dei fornitori (direttamente proporzionale alla complessità di lavoro).
Per ogni azienda sono stati definiti dei commodity manager che sono stati riuniti in un
gruppo di lavoro
La revisione della struttura organizzativa
•
Cosa compriamo?
◦ Codici della classe e principali processi produttivi
◦ Ripartizione fatturato d’acquisto sulle classi merceologiche
◦ Previsione su volumi d’acquisto futuri
◦ Stima struttura di costo dei componenti principali
◦ Valutazione evoluzione costo nel tempo
•
Da chi compriamo?
◦ Individuazione
◦ Ripartizione
Come performano i nostri fornitori?
◦ Valutazione delle prestazioni in ottica di QCD: economiche, qualitative,
logistiche
•
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
88
a.a. 2010-2011
Approfondimenti sul mercato di fornitura
• Conosco il mercato di fornitura?
◦ Dimensione del mercato
◦ Players principali e relative quote
◦ Struttura della supply chain e posizionamento dei diversi concorrenti
• Esistono dei fornitori maggiormente competitivi?
◦ Informazioni su aziende maggiormente competitive
◦ Visite conoscitive
◦ Richieste offerte di fornitura
Definizione della strategia d’acquisto (to-be)
• Dove vogliamo andare?
Linee guida:
• Riteniamo che il numero dei fornitori nel segmento sia corretto? Se sì/no perché?
• E’ opportuno rivelare i parametri di fornitura
Sviluppo action plan e monitoraggio avanzamenti
• Come arrivarci?
Individuati i fornitori da far crescere, da eliminare, dove è necessario inserirne nuovi,
dove va monitorata una situazione insoddisfacente, occorre implementare il piano di
azioni e monitorare gli avanzamenti
Suggerimenti:
• Chiarezza nelle responsabilità
• Chiarezza nei tempi
• Monitoraggio costante
Sintesi del lavoro sulla “classe pilota”: materie prime e semilavorati
(Acciaio Inox)
•
Cosa compriamo? Lamiere, barre, tubi, piatti, esagoni, quadri.
Descrizione del processo produttivo:
Laminazione → Spianatura → Satinatura → Taglio → Imballo e trasporto
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
89
a.a. 2010-2011
Stima struttura di costo: incidenza materiali diretti, lavorazioni dirette, indirette,
margine
Struttura di costo lamiere Acciaio Inox:
• Lavorazioni dirette:
◦ Spianatura → circa 0,08 €/kg
◦ Satinatura 1 lato → circa 0,06
◦ Protezione 1 lato →
• Extralega: valore funzione della quotazioni di nickel, cromo e molibdeno...
• Base:
Valutazione dell’evoluzione del costo nel tempo (confronto con evoluzione costo
materie prime)
Ripartizione del fatturato di acquisto della classe sui diversi fornitori (dettaglio per
ciascuna consociata)
Valutiamo quanti sono i fornitori ed in quale maniera performano; con 14 fornitori che
hanno fatturato annuo minore di 1.000€ si intrattenevano relazioni, pertanto si è deciso
di riorganizzare la gestione delle forniture con questi (tagliando i fornitori non
necessari, per non mantenere troppe pratiche di fornitura aperte poiché queste
comportano un costo).
Informazioni generali sul mercato di riferimento
[Dati generali nei paesi globali]
Valutazione potenziali fornitori alternativi
[Dati sulle aziende]
Proposta di razionalizzazione dei fornitori di acciaio Inox del Gruppo
[Target Panel: obiettivo prefisso dall’azienda]
Sintesi
Decisioni principali
• Strategia: 2 fornitori di riferimento per ciascuna tipologia di prodotto (“piani” e
lunghi”)
• Azioni:
◦ Inserire 2 nuovi fornitori (avvio della procedura per la qualificazione)
◦ Ordine su fabbisogno di 2 mesi (incertezza su andamento del prezzo, possibili
decrementi da Settembre)
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
90
a.a. 2010-2011
Risultati principali
• Individuate alternative di fornitura maggiormente competitive
◦ Prodotti piani (lamiere) → saving circa 50 k€/anno (rispetto ai fornitori
attuali)
◦ Prodotti lunghi (tubi, barre) → saving circa 20 k€/anno (rispetto ai fornitori
attuali)
• Incremento della collaborazione tra le aziende del gruppo sulla gestione degli
acquisti
• Sviluppo e diffusione di conoscenze sui prodotti, processi e sul mercato
dell’acciaio inox
In percentuale sono riusciti a risparmiare un 2,5% (70.000 €) che nel mondo delle
materie prime come l’acciaio (commodities) è già notevolissimo.
Come società di consulenza non fatturano sulle ore cliente ma sulla parte che fanno
risparmiare → dividono il guadagno di 70.000 €
→ da gennaio 2010 a maggio 2010 (primo blocco) → Dicembre 2010 (fine), lavoro di 2
persone, circa un guadagno di 35.000 €
Il discorso che abbiamo affrontato oggi può far riferimento ai contratti di selezione,
l’azienda consulente si presenta positivamente comunicando la propria capacità di
generare valore aggiunto all’azienda cliente.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
91
a.a. 2010-2011
24/05/2011
Clausole contrattuali
Default Rules Minime: regole chiare di applicazione di rimedi esercitabili in via
automatica in casi ben delineati.
Side Contratcs: contratti parziali relativi ad aspetti del contratto verificabili da terzi.
In prima analisi abbiamo 2 macro categorie, o ci si rivolge ad un giudice togato oppure si
assume di inserire delle clausole contrattuali inserendo dei meccanismi volti a risolvere
delle problematiche. Perciò o si risolve il contenzioso fra le due parti o ci si rivolge ad un
arbitro, inserendo quindi delle clausole specifiche.
Il problema dell’hold up nasce perché una parte rischia di crear danno all’altra. Abbiamo
visto l’esempio di Ford con il fornitore Pininfarina:
Investimento generico
F = 20
P = 20
Investimento specifico
F = 50
P = 50 - s
con s ∈ ]0 ; 30[ (esclusi gli estremi)
In t = 0 entrambe le parti sono avvantaggiate dall’effettuare un investimento specifico
mentre in un periodo t = 1, F = 80 e P = 20 - s inferiore a P = 20 dell’investimento
generico pertanto non sarà conveniente ad una delle due parti. L’atteggiamento
espropriativo di Ford tende ad erodere il beneficio che spetterebbe di contratto alla
propria controparte portandolo in alto a sinistra nel grafico. Come si può predisporre un
meccanismo che possa risolvere questo problema?
Cauzione:
Il primo pensato è quello di Cauzione: Nel momento in cui una parte effettua
l’investimento specifico si espone ad un rischio e la parte che non effettua l’investimento
cede una parte del proprio portafoglio, detta appunto cauzione che verrà infine restituita
all’atto dello scambio fra le parti. All’istante t = 0 Ford versa la cauzione eliminando così
il rischio di perdita da parte di chi non ha versato per l’investimento, infatti, nel caso in
cui non avvenga lo scambio, Pininfarina si terrà la cauzione versata da Ford. La parte
versata come cauzione si chiama giuridicamente “residual claimant”, non è altro quindi
che la quota versata a quel soggetto che si riserva il diritto di eseguire o meno il
contratto, essendo il possessore del valore residuo.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
92
a.a. 2010-2011
Attraverso la cauzione il punto di status quo della contrattazione ex-post viene spostato
in favore del venditore nel punto che assegna a lui la quasi-rendita attesa, mentre tutto il
potere contrattuale viene fornito al compratore (che può decidere o no se comprare in t
= 1) che diventa in tal modo residual claimant (avendo diritto ad ottenere tutto il
surplus residuo una volta che è stata pagata al venditore la sua quasi-rendita).
Il meccanismo di cauzione non risolve di per se il problema dell’hold up, perché la
controparte che non versa potrebbe essere interessata ad incassare solamente la
cauzione (doppio azzardo morale) → La cauzione incrementa la specificità alla relazione
contrattuale da parte del soggetto che la elargisce, esponendolo all'opportunismo della
controparte. Nel caso in cui si inserisca un arbitro, una parte terza a livello contrattuale,
potrà essere versata a questa terza parte la cauzione. Includere un arbitro in uno
scambio è comunque rischioso, perché potrebbe essere in accordo con una delle due
parti. Nonostante ciò, è il metodo più sicuro ed oggettivo, in quanto lo scambio viene
visto da una parte esterna, super-partes in teoria.
Grafico:
Asse x Venditore
Asse y Compratore
due punti x e y → il punto medio è z
Il compratore tenderà a spostare il punto z verso x in alto a sx, cercando di aumentare il
proprio beneficio. Grazie all’arbitro ed all’utilizzo di una cauzione, il valore di z non
potrà spostarsi oltre ad un certo valore (h).
Penale:
Un altro metodo in cui si possono risolvere questi problemi è il meccanismo di Penale,
simile a quello di cauzione. Si da diritto ad un soggetto terzo di stabilire quale sarà
l’entità del danno che la parte in difetto dovrà versare alla parte danneggiata nel caso in
cui vi sia inadempienza del contratto.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
93
a.a. 2010-2011
•
•
•
Se penalità = quasi-rendita attesa → investitore pienamente tutelato poiché la
controparte è incentivata a non abbandonare il contratto
Se penalità < quasi-rendita attesa → investitore non tutelato in caso di uscita →
sarà indotto a sottoinvestire
Se penalità > quasi-rendita attesa → il venditore incentiverà l'uscita del
compratore
Penalità elevate sono date per esempio dalle clausole di esclusiva con le quali la
controparte del soggetto che realizza investimenti specifici si impegna a non contrattare
in futuro con soggetti terzi.
Il fatto che in alcuni casi il metodo penale sottostimi o sovrastimi il valore da risarcire
porta ad effettuare comportamenti opportunistici, invogliando una delle due parti ad
appropriarsi della “penale” sovrastimata.
Altro modo di creare vincoli reciproci tra soggetti coinvolti in una relazione contrattuale
incompleta è quello denominato da Williamson “scambio di ostaggi”: i soggetti coinvolti
possono trasferire alla controparte il controllo di assets, essenziali alla relazione
contrattuale, in modo da fornire una sufficiente garanzia di continuità del rapporto.
Ad esempio gli investimenti bilaterali sono migliori degli investimenti specifici per
risolvere i problemi di hold-up. I problemi nascono nel momento in cui gli investimenti
non sono simultanei. Si ipotizza di frazionare gli investimenti delle due parti in sottoquote, frazionando il rischio, così una parte versa un investimento minore e aspetta che
la seconda versi la propria. Non è sempre facile frazionare gli investimenti ma, quando
possibile, è sicuramente vantaggioso se si vuole abbassare il rischio di perdita.
Esempio: una parte effettua un investimento specifico in un macchinario mentre la
seconda parte effettua sempre un investimento specifico ma in formazione del
personale, così, entrambe le parti effettuano un investimento di pari rischio ed hanno
così interesse a concludere il contratto
Contratti con opzione
(contratti semplici)
Si definiscono delle regole del gioco a priori, si definisce ad esempio chi sia la parte che
ha diritto di dare esecuzione o ritiro del contratto a priori. Se si dà un vantaggio simile
ad una delle due parti allora dovremo garantire all’altra una garanzia equivalente. Il
meccanismo di contratto ha sempre l’obiettivo di ridurre il rischio di hold-up e di far
concludere il contratto per entrambe le parti. Nei contratti con opzione si stabiliscono
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
94
a.a. 2010-2011
anche i tempi massimi in cui effettuare le “giocate”, al fine di stabilire dei tempi
prefissati ai fornitori ed di non protrarre il contratto troppo a lungo.
Modello ADR
Abbiamo un compratore ed un venditore ed una parte terza. Quest’ultima può verificare
che il compratore abbia offerto la quantità q per la quantità p prodotta dal venditore.
Nel meccanismo con opzione ADR si assume che il beneficio corrisposto alla parte che
non è residual claimant sia equivalente al punto media z, di allocazione dei benefici.
Grafico come prima
L’angolo retto formato da x, y con d [valore corrispondente ad x (di x) ed y (di y)]
Il punto d corrisponde al valore che si genera nel caso in cui entrambe le parti
effettuassero degli investimenti specifici.
Gli spazi in grigio rappresentano i valori di negoziazione fra le parti. Nel caso in cui il
venditore sia residual claimant, non si potrà scendere al di sotto del valore h (di z)
proprio grazie ai vincoli stabiliti dal contratto, analogamente succede per il compratore
nel caso in cui quest’ultimo sia residual claimant. In questo modo, il meccanismo
dell’hold-up viene risolto in piena efficienza.
Modello di Noldëke e Schmidt
Sulla stessa linea del modello ADR si pone il contributo del modello di Noldëke e
Schmidt nel quale si assume che l’autorità esterna possa verificare la consegna del bene
oggetto della contrattazione da parte del venditore. Con questa particolare ipotesi di
verificabilità procedurale, il problema dell’hold-up può essere risolto attraverso semplici
contratti con opzione (option contracts). Un contratto di opzione conferisce al venditore
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
95
a.a. 2010-2011
il diritto di consegnare una determinata quantità q del bene al compratore e condiziona
il pagamento del compratore alla decisione di consegna da parte del venditore.
I contratti
Esito nella negoziazione: garanzia contro il mancato rispetto dei termini concordati
Contenuto del contratto (aspetti gestionali)
• Prezzo: “prezzo fisso” vs “a rimborso”
◦ Prezzo fisso (lump sum)
◦ Prezzo fisso con aggiustamento
◦ Prezzo fisso con ricalcolo
◦ Prezzo fisso con incentivi
◦ Cost plus con incentivi
◦ Tempo e materiali
◦ A rimborso
Verso l’alto si va in Rischio fornitore, verso il basso in Rischio cliente.
Si va dal prezzo fisso tutto a carico del fornitore, cifra non rimborsabile al cliente in caso
di incertezze o problemi fino al totale rimborso, dove il cliente risarcisce ogni singola
voce di costo ex post.
Orizzonte temporale
• Transazioni spot
• Contratti di medio-lungo termine → garanzie di prezzo e volumi (prezzo iniziale,
meccanismi di aggiustamento, penali, clausole di rinnovo/uscita)
Contratti chiusi vs aperti
• Contratti quadro (utili nei lunghi periodi, definiscono più che altro gli intenti e gli
obbiettivi condivisi, assumendo che le regole si possano modificare nel tempo)
• Contratti di erogazione
• Accordi di acquisto
Termini di pagamento: flussi finanziari
Garanzie di corretto funzionamento (se il bene ha un malfunzionamento entro il termine
del contratto il venditore dovrà garantire la riparazione o il ricambio dell’oggetto
considerato)
Termini di consegna (International Commerce Terms)
Trasferimento di proprietà: non sempre coincide con i flussi fisici
Strumenti di gestione del rischio: vedi Capitolo 17.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
96
a.a. 2010-2011
25/05/2011
Aligning Incentives in Supply Chains
by V.G. Narayanan and Ananth Raman
Esempio:
Cisco, all’inizio del 2000 subisce un abbassamento del valore azionario in borsa dopo
aver annunciato una forte obsolescenza (quel fenomeno secondo cui un prodotto finito è
utilizzabile, e tecnicamente funzionante ma non è più competitivo sul mercato) delle
proprie attrezzature e prodotti a magazzino. Nel settore tecnologico l’innovazione è
talmente rapida che il rischio di obsolescenza è grande.
Un comportamento disfunzionale dei vari membri della supply chain della Cisco ha fatto
sì che si accumulassero numerosi beni divenuti obsoleti → ciò ha comportato una
politica di abbassamento dei prezzi per riuscire a vendere tali prodotti → abbassamento
della marginalità di Cisco, infatti, il mercato azionario ha reagito togliendo fiducia
all’azienda con il conseguente abbassamento del valore azionario.
Storicamente Cisco incentivava la presenza di scorte nei fornitori o perlomeno non se ne
curava data la forte circolazione di merce.
I fornitori primari, certi del fatto che Cisco avrebbe comprato ed in quantità sempre
crescenti, cercavano di creare contratti con fornitori secondari con l’obiettivo di
abbassare i costi di approvvigionamento → si assumevano un ingiustificato rischio per
l’obsolescenza per ottenere un prezzo di acquisto migliore; questo ragionamento va bene
fino a che la domanda (Cisco) cresce o è certa. Il sistema implode quando viene a
mancare la certezza della domanda: Cisco infatti si trovò a dover aggiornare la gamma
ed i fornitori di primo livello non ottennero più il beneficio atteso (e allo stesso tempo
Cisco perse la capacità di far fronte ad aumenti imprevisti della domanda).
→ Inefficienza del sistema nel complesso.
Il disallineamento degli obiettivi all’interno della supply chain è quello su cui si basa
tutto l’articolo di Narayanan e Raman.
Può essere che in alcune supply chain ci siano situazioni per cui alcuni attori riescono a
perseguire l’ottimo, ma il resto della catena invece non è efficiente → a lungo termine
una non efficienza complessiva arrecherà danno anche a chi riesce parzialmente a
perseguire il proprio ottimo.
Nella pratica però prevale il particolarismo, ognuno persegue il proprio ottimo, e
organizzare i vari livelli della filiera è difficilissimo; in caso di problemi di
comunicazione poi il coordinamento è ancora più arduo.
Dunque si hanno diversi problemi:
• Gli attori della filiera sono molti
• I problemi di comunicazione ci sono
• Gli attori spesso appartengono a più filiere, si pensi ai trasportatori
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
97
a.a. 2010-2011
•
Scambio di informazioni e competenze: non tutti i manager hanno informazioni
sulle strutture dei vari anelli della catena, delle varie imprese con le quali
interagiscono (nonostante il manager conosca bene risorse, obiettivi, e
competenze della propria impresa non conoscerà altrettanto bene quelli delle
altre imprese)
In questo contesto non è facile pensare ad un allineamento degli incentivi nella Supply
Chain.
Narayanan e Raman individuano 3 elementi alla base di questo disallineamento degli
incentivi:
• Hidden actions → ci sono azioni nascoste, perché non tutte le azioni sono
monitorabili, e alcune di queste sono compiute da una parte e possono quindi
essere non osservabili dalla controparte. E’ necessario costituire incentivi per cui
tutte le azioni siano osservabili. Si parla di azioni non visibili che, in assenza di
precise forme d’incentivo, possono non essere funzionali al perseguimento
dell’ottimo di tutta la catena. Ad esempio, alcune catene di distribuzione come
Coop hanno prodotti a marchio proprietario (biscotti) ma allo stesso tempo
vendono prodotti di altri, come Mulino Bianco Barilla → per l’assegnazione di
scaffali e spazi espositivi se Barilla non fornisce sufficienti incentivi a Coop
probabilmente Coop tenderà ad esporre in maniera migliore i propri prodotti
• Hidden information → L’allineamento degli incentivi richiede un grosso sforzo di
information sharing. Se voglio allineare la supply chain le imprese devono
scambiare informazioni sugli andamenti previsti dalla domanda, sulla struttura
del prodotto e sulla struttura di costo di questo. Appare facile nella pratica ma, in
realtà, le aziende non gestiscono grosse moli di dati. Sono tutte informazioni che
un’impresa non rivela volentieri, infatti, si pensa che queste possano venir
utilizzate in maniera opportunistica. In assenza di tali informazioni diventa molto
difficile allineare gli obiettivi → avviene un disallineamento. Molto spesso la
Hidden information è tale non perché non viene rivelata ma perché non viene
divulgata
• Badly designed contracts → Spesso si hanno anche schemi contrattuali
inefficienti. Esempio catena di distribuzione degli USA che aveva bassi risultati
economici e non ci si spiegava perché. E’ stata rilevata ed i proprietari hanno
analizzato la situazione: lo stipendio dei commessi veniva decurtato dell’intero
valore di eventuali beni rubati. Questo doveva incentivare i dipendenti a
sorvegliare ed evitare i furti. Si aveva però come risultato secondario il fatto che i
dipendenti, avendo quello come principale obiettivo, tenevano i prodotti di
maggior valore chiusi a chiave in spazi dedicati → i clienti erano disincentivati ed
annoiati dal dover sempre chiedere di poter vedere un oggetto e non poterlo
“sperimentare” e toccare direttamente → i clienti non compravano, anche perché
i dipendenti passavano più tempo ad aprire e chiudere oggetti che a promuovere
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
98
a.a. 2010-2011
la vendita di tali oggetti. Risulta evidente che una cattiva gestione del contratto
può avere conseguenze disastrose. La nuova direzione ha lasciato una parte di
stipendio legata ad eventuali danni da furto, ma ha legato un’altra parte ad un
bonus proporzionale alla quantità di beni venduti. Ciò ha comportato un sensibile
aumento dei furti ma anche un più che proporzionale aumento delle vendite.
Queste 3 sono quindi le principali ragioni di problematiche che possono nascere a livello
di disallineamento degli incentivi all’interno della supply chain. I metodi risolutivi a
questi problemi sono dati da un procedimento che si basa su 3 punti fondamentali:
● Riconoscimento del problema → ammissione che il problema esiste e che
necessita di una soluzione
● Diagnostica del problema → è una fase relativamente semplice: prevede di
analizzare cosa sta succedendo e perché quello che avviene sia disfunzionale
● Intervento di risoluzione
In molti casi vi è preclusione dal parlare dei problemi. Se dico alla controparte di un
contratto che voglio modificarlo perché credo sia disfunzionale, questa potrebbe reagire
negativamente, potrebbe pensare che voglia ritrattare le condizioni per volgerle a mio
favore quando invece potrebbero giovare ad entrambi → l’accordo rimarrà pertanto
inalterato senza risolvere il problema.
Ancora gli autori individuano 3 strumenti che favoriscono l’allineamento:
• Re-write contracts → E' la soluzione migliore perché, anche nel caso i cui le
informazioni siano nascoste o non circolino in maniera corretta, se il contratto è
scritto bene si risolvono i problemi e si riallineano gli obiettivi.
• Reveal hidden information
• Develop trust → Sviluppo di un rapporto più fiduciario tra le parti
Re-write contracts
Esempio di cattiva gestione del contratto: noleggio dvd - azienda Blockbuster.
Blockbuster acquistava la copia dei dvd direttamente dagli studio (es. Universal
Pictures) ad un prezzo piuttosto elevato, molto più alto di quello di realizzazione
effettiva del bene. Ad esempio l’azienda cinematografica vendeva una copia del Titanic a
60 $; Ipotizziamo che Blockbuster noleggi le copie di Titanic a 3 $, per arrivare al breakeven point deve noleggiare 20 copie e per Titanic gli è facile ma per altri film di nicchia
risulta molto più difficile. Per evitare eccessivo immobilizzo o tempi lunghi di payback il
blockbuster si dota di un inventario basso → magari alta varietà ma poche copie per
ciascuno → l’ovvia conseguenza è che molto spesso capiterà che le persone vadano al
distributore e non trovino la copia del film che volevano noleggiare → il servizio è
negativo e il cliente è insoddisfatto, Blockbuster perde marginalità e probabilmente
anche Universal Pictures perde marginalità. La soluzione è stata di proporre agli studios
di rifare il contratto abbassando il prezzo di vendita singolo e inserendo una royalty sul
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
99
a.a. 2010-2011
noleggio. Così c’è un maggiore incentivo per Blockbuster a comprare un numero
maggiori di copie del film.
La supply chain risulta più efficiente, anche per la soddisfazione del cliente finale che
avrà la certezza di trovare la copia del film che desidera vedere.
Tutto questo ha “obbligato” un maggiore scambio e condivisione di informazioni, poiché
Blockbuster ha dovuto rendere conto agli studios dell numero di copie noleggiate per
determinare la royalty da imporre, ma sicuramente ha portato una migliore redditività
per Blockbuster, e maggiori introiti.
Reveal hidden informations
Altra via è rivelare le informazioni nascoste; lo scambio delle informazioni con l’avvento
del web è diventato molto economico, molto più economico di 10 anni fa → sta
diventando la soluzione migliore ancora prima della riscrittura del contratto.
Esempio azienda che fornisce materiali all’ospedale (siringhe, cerotti, ecc) insoddisfatta
della propria marginalità, dei propri risultati economici. Analizzata la situazione si
scopre che vende agli ospedali attraverso cost-plus (considera tutti i costi del prodotto e
aggiunge un proprio margine). Questo mark-up è una percentuale del prezzo del
prodotto che fa si che si imposti una situazione in cui la vendita di prodotti standard
genera una marginalità molto bassa, mentre invece il mark-up è più alto per i prodotti
più specifici → gli ospedali compravano prodotti standard (con basso margine) da
questo fornitore e altri prodotti più specifici da altri fornitori che imponevano un
minore mark-up, rivolgendosi a questo primo fornitore anche per le consegne urgenti
poiché non chiedeva un extra per il servizio. Questo ha generato una bassa marginalità
per questo fornitore. Dopo una ricerca è stato trovato che all’ospedale andava bene
pagare un prezzo più alto per le consegne urgenti → il fornitore ha diversificato la sua
offerta: da un lato veniva ridotto il mark-up sui prodotti specifici, nonostante rimanesse
alto, dall’altro lato veniva mantenuto il mark-up sui prodotti standard ed eventualmente
aggiunto un extra-fee in caso di consegne urgenti; e per questo l’ospedale era disposto a
pagare → Beneficio complessivo del sistema dato dal fatto che l’azienda ha venduto di
più e l’ospedale ha ottenuto una riduzione del costo dei materiali più specifici.
Develop trust
Ultima soluzione è utilizzare la fiducia per riallineare gli incentivi, il che è quasi
tautologico poiché la fiducia è il presupposto della relazione che se non funziona non
avrà fiducia → difficilmente si potrà creare. Gli autori però si riferiscono all’istituzione
di intermediari.
Esempio di un’interazione tra compratore Americano e fornitore Cinese. Il loro rapporto
è fortemente minacciato da alcuni pregiudizi: l’acquirente tenderà a pensare che la
qualità sarà bassa, le consegne non puntuali, e le forniture non affidabili rispetto ai
volumi. Dall’altro lato ci sono i pregiudizi del fornitore nei confronti di un paese diverso
dal proprio: dal momento che i tempi di consegna sono lunghi, egli si aspetterà un
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
100
a.a. 2010-2011
grande disallineamento tra l’ordine fatto e la quantità che sarà poi acquistata
effettivamente (l’ordine è previsivo, per cui l’acquirente tenderà a “gonfiare” questa
cifra, e al momento della consegna non la ritirerà tutta, poiché in eccedenza rispetto alla
necessità reale). Il rischio è per l’impegno di macchinari, merce e capitali non richiesti
da parte del fornitore.
Altro pregiudizio riguarda il fatto che il cliente giustificherà il mancato ritiro di una
parte di merce dato dall’eccessiva richiesta, adducendo la scusa di scarsa qualità della
fornitura
Il rimedio è il ricorso ad un intermediario. Ad esempio c’è un’impresa di Singapore che
fa scouting di fornitori da un lato, e dall’altro lato diventa fornitore per gli americani. Il
distributore chiede garanzie sulla qualità al fornitore Cinese che non dovrà attuare
comportamenti opportunistici perché gli garantisce volumi di vendita ed accesso ad un
mercato altrimenti difficilmente raggiungibile. Il distributore inoltre fornisce garanzie al
cliente Americano sul rispetto dei tempi di consegna → il mediatore indirettamente fa si
che si crei maggiore fiducia tra fornitore e cliente; come sostengono gli autori del testo
questo meccanismo comporta una complicazione del sistema e maggiore complessità di
gestione ma comporta anche maggiori benefici.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
101
a.a. 2010-2011
Impresa, Concorrenza e Organizzazione
by Grillo e Silva
Transazione e forme organizzative
Frequenza
Occasionale
Ricorrente
Spesa
Non specifica
Mista
Specifica
1. Acquisto macchinario
standard
3. Acquisto macchinario con
alcune caratteristiche
specifiche
5. Acquisto macchinario
interamente specifico
Mercato
Accordo
Accordo (Centralizzazione)
2. Acquisto inputs
intermedi standars
4. Acquisto inputs intermedi
con specifiche particolari
6. Acquisto inputs molto
specializzati
Mercato (Accordo)
Accordo (Centralizzazione)
Centralizzazione
Oliver E. Williamson declina la propria teoria sui costi di transazione in base a 3 fattori:
• Specificità degli asset
• Complessità/Incertezza
• Frequenza
Ronald Coase declina lo stesso modello in:
• Mercato (competitivo o collaborativo)
• Integrazione verticale
e la scelta tra le forme da adottare dipende dai costi di transazione
Gli autori Grillo e Silva riprendono Williamson e le sue 3 variabili dei costi di
transazione. A seconda della specificità e della frequenza si avranno diverse scelte di
struttura → 3 alternative che sono
● Mercato
● Accordo
● Centralizzazione
Il mercato è la struttura organizzativa a cui si ricorre sia quando la transazione è
occasionale sia quando è frequente per le parti che la concludono in casi di spese non
specifiche, ovvero nelle quali le caratteristiche qualitative dell'oggetto scambiato sono
note e non dipendono da chi lo produce (materiali standard). Il ricorso a questo
strumento di governo esterno alle parti è tanto più conveniente quanto meno frequente
è la transazione.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
102
a.a. 2010-2011
Il tipo di governo cambia quando sono necessarie spese, parzialmente o totalmente
specifiche, ma di natura occasionale. Alla transazione è infatti associato un costo che,
una volta sostenuto, in caso di caduta della relazione, è tanto più irrecuperabile quanto
più specifica ne è la natura. Le parti si legheranno con contratti di varia natura per
ridurre il rischio di non recuperabilità dell'investimento.
In caso di elevato livello di specificità la centralizzazione è la scelta preferibile; nel caso
in cui la transazione sia occasionale si può pensare di avere un accordo ben definito per
abbassare i costi (che invece sarebbero alti se si centralizzasse, anche solo per la stesura
dei contratti). Se invece l’interazione è frequente allora la centralizzazione diventa scelta
obbligata.
Riassumendo dunque quanto più è frequente una transazione tanto più conveniente è il
ricorso a strumenti di controllo specifici, la cui forma estrema è l'unificazione
dell'attività all'interno di un'unica struttura organizzativa rappresentata dall'impresa.
Nella tabella le scelte risultano declinate rispetto a frequenza e specificità, ma Grillo e
Silva trattano anche dell’incertezza.
L'effetto dell'incertezza è quello di rendere più problematica la continuità del rapporto
transazionale, ed in caso di specificità degli investimenti questa continuità va garantita.
Se l’incertezza è alta la stesura di un contratto diventa complessa → si tenderà
all’integrazione verticale contro l’alternativa di contratto/accordo. Per contro
l’incertezza può spingere alla standardizzazione → abbassamento della specificità →
vince la soluzione di mercato contro quella di contratto/accordo.
Se dunque da un lato si accentua la convenienza delle forme di governo unificate,
dall'altro lato è conveniente cercare di standardizzare le transazioni in modo da poter
ricorrere al mercato attenuando i costi dell'incertezza.
E' possibile limitare l'incertezza:
• Conoscendo meglio le caratteristiche della controparte ( → la reputazione è
importante)
• Con un'opportuna politica di diversificazione dei rapporti
• Riducendo gli investimenti specifici → non muta la forma di organizzazione per
far fronte all'incertezza ma si mutano le caratteristiche delle transazioni e di
conseguenza i costi dell'incertezza.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
103
a.a. 2010-2011
26/05/2011
Dimensioni analitiche del concetto di fiducia nelle relazioni di mercato
Sistema del valore → alternativa make or buy (TCE) → buy (scambio) → contratto.
La TCE (Transaction Cost Economy) riguarda l’approccio dell’economia delle istituzioni
e i “driver strategici” → right strategico.
Come gestiamo lo scambio in maniera efficiente? Sappiamo che lo scambio necessita di
un coordinamento fra le parti ed una tutela verso potenziali comportamenti
opportunistici.
Abbiamo infine riconosciuto nel contratto lo strumento che consente di rispondere a
queste esigenze; il contratto si sviluppa in diverse alternative come contratti di
selezione, legali, ecc...
Esistono situazioni in cui il contratto non risulta una soluzione efficiente, laddove
l’incertezza ed il rischio di opportunismo sono alti dovremmo sottoscrivere contratti
complessi e ben definiti. I sistemi dei valori si stanno sviluppando ultimamente
nell’avere i “multi-agent”. Si può ipotizzare che se le due parti agiscono al fine di avere
vantaggi da entrambe le parti allora si abbassano i rischi di tipo opportunistico, e
l’eventuale sanzione di comportamento di questo tipo riguarderà l’ambito sociale
piuttosto che legale (fine del legame, perdita di immagine, ecc). Il presupposto alla base
di questa situazione è la convinzione che non ci sarà un comportamento di tipo
opportunistico della controparte. Questa condizione viene generalmente chiamata
“reciproca fiducia” e quindi beneficio reciproco.
Se applicato opportunamente, questo tipo di relazione può essere un eccellente sistema
di organizzazione del lavoro, anche in situazioni in cui è oneroso sottoscrivere il
contratto.
In alternativa alla logica del contratto inizieremo ad analizzare la fiducia, presupposto
di un meccanismo di governo dello scambio simile alla sottoscrizione di un contratto,
uno strumento legale. Quando esiste fiducia tra le due parti, la tutela viene chiamata
“relazionale”, dal momento in cui tutto si basa sulla fiducia.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
104
a.a. 2010-2011
La fiducia
Definizione del costrutto “fiducia” (trust)
Aspettativa (expectation)
Convincimento/convinzione (belief)
Volontà (willingness)
Confidare (confidence)
Conseguenze della fiducia
Strumenti alla base della governance
La fiducia è importante sia tra le imprese sia tra gli individui che operano nelle imprese
infatti con il tempo se un buyer di un’impresa A ad esempio ha fiducia in una persona, e
questa persona va a lavorare o lavora già per una particolare impresa B, gradualmente il
buyer di A darà fiducia all’impresa B per il solo fatto che ci lavora un individuo verso il
quale nutre fiducia.
Definizione del costrutto “fiducia”
Possiamo definirlo come concetto interpersonale o interorganizzativo → ci si può fidare
dell’organizzazione, o ci si fida delle persone che fanno parte di quell’organizzazione? E’
ovvio che funzioni come concetto interpersonale ma con il tempo arriva ad essere
interorganizzativa, dal momento che il comportamento di tutte le persone di
un’organizzazione con il tempo si allinea verso gli stessi obiettivi.
Una prima definizione di fiducia è sicuramente aspettativa (expectation) → mi aspetto
che il comportamento, le azioni, della controparte siano allineati al mio poiché penso si
persegua lo stesso obiettivo, quindi il comportamento della controparte dovrà essere
prevedibile → rispettivamente abbiamo il Trustor (colui che si fida) ed il Trustee (colui
in cui è riposta fiducia). Sia il cliente che il fornitore possono essere sia trustor che
trustee. Il trustor si fida del trustee perché ritiene di avere aspettativa sul come egli si
comporterà.
Per calculative trust si presume che la scelta di comportamento del trustee sia figlio di
un atteggiamento calcolato, esso fa riferimento ad un ragionamento razionale messo in
atto dal trustee che ritiene di evitare comportamenti opportunistici, e il trustor ritiene di
poter prevedere come si comporterà la controparte, per cui si fida. Da un lato credo di
poter prevedere il comportamento della controparte, dall’altro di poter ritenere che le
azioni che compie non siano di tipo opportunistico.
Una seconda possibile definizione di fiducia può essere “convincimento/convinzione”
(belief) → mi fido di te perché hai capacità tecniche per risolvere problemi, affrontare
investimenti, ho convinzione di quello che fai → è un sentimento che viene
interiorizzato, ci avviciniamo quasi al concetto di fede verso il proprio trustee.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
105
a.a. 2010-2011
Nelle scienze sociali la dimensione fondamentale è quella dell’interazione tra individuo e
gruppo → la messa in atto di comportamenti fiduciari è anche finalizzata ad evitare
sanzioni di tipo sociale; ripongo fiducia agli individui/gruppi coi quali convivo per non
subire emarginazione o perdere io stesso credibilità e fiducia.
Vi è un terzo modo per interpretare la fiducia, ossia si può intendere “fiducia” come
“volontà” (willingness) deliberata di esporsi ad una situazione di opportunismo
potenziale, quindi di vulnerabilità. Ma questo può anche voler dire anche fiducia → si
assume che non ci sarà penalizzazione ma possibilità di trarre beneficio.
Si sta facendo un passo in più, si supera il livello di attitudine e si passa all’ “azione” che
è la mossa del trustor di mettersi in una posizione “esposta”.
Una quarta definizione di fiducia può essere il “confidare” (confidence) → speranza che
la mia controparte sia una persona integra, che non attui comportamenti opportunistici.
Questa è la dimensione meno razionale e più emotiva tra tutte, che si basa sulla
ragionevole speranza, non alimentata da certezze assolute.
Infine, secondo l’autore Castaldo, si può avere la fiducia come “atteggiamento”.
Atteggiamento, modo di porsi del trustor verso il trustee. E’ una definizione di sintesi
che elabora gli strumenti visti sopra, ma da un altro lato se cogliamo la fiducia come
modo di porsi possiamo cercare di definire come si declina questo atteggiamento e che
conseguenze comporta tale atteggiamento. Un atteggiamento richiede una conoscenza
(come gli elementi di cui sopra) → si hanno degli elementi sui quali si fonda il mio
sentimento verso la controparte (ho interagito e sviluppato certi sentimenti o certe
convinzioni) → l’atteggiamento si basa sulle convinzioni.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
106
a.a. 2010-2011
E’ un meta costrutto nel senso che si basa su certe caratteristiche e partendo da queste si
sviluppano delle convinzioni globali che determinano il mio atteggiamento → dopo aver
sviluppato un atteggiamento nei confronti di una controparte si sviluppa
un’intenzione/volontà di agire.
La fiducia ha una valenza comportamentale dunque comporta un atteggiamento ed è
coerente con tale. La willingness to act è allineata con l’atteggiamento ed infine la stessa
willingness/intenzione verrà declinata in un comportamento.
Convincimento ed atteggiamento non sono la stessa cosa; il convincimento è ciò che
genera un atteggiamento ma non è l’atteggiamento stesso. Sulla base dell’atteggiamento
sviluppo una certa volontà di agire, di esporre la mia vulnerabilità alla controparte, ed
infine questa volontà di agire si tradurrà in un comportamento reale, in azioni.
Si indagano ora i requisiti sotto i quali la fiducia può avere una rilevanza dal punto di
vista economico. La fiducia infatti in ambito di transazione economica non ha
sistematicamente senso di esistere, dobbiamo vedere quanto sia determinante e quando
lo sia. La fiducia presuppone un’esposizione ad un rischio (secondo la definizione di
willingness to act, esposizione deliberata ad un rischio di opportunismo). Se il
comportamento della controparte e l’evoluzione dell’ambiente fossero totalmente
deterministici non sarebbe necessaria la fiducia. Ha invece senso in presenza di
complessità/ambiguità, incertezza o rischio.
La fiducia si può ricondurre a 2 elementi fondamentali:
• Certezza delle aspettative (si ha una ragionevole certezza del comportamento
della controparte)
• Motivazione all’agire non opportunistico (assunzione che il trustee non metterà
in atto comportamenti opportunistici)
L’unione dei 2 approcci riesce ad inquadrare quasi completamente il concetto di fiducia.
I presupposti della fiducia in caso di certezza delle aspettative sono rischio, incertezza e
ambiguità, se non ci fossero questi non potrebbe esserci la fiducia.
Invece in caso di fiducia intesa come motivazione all’agire in modo non opportunistico i
presupposti sono vulnerabilità e rischio di opportunismo (assumo di potermi fidare
perché immagino che la controparte non si comporti in modo opportunistico. Se non
esistesse per la controparte la possibilità di comportarsi così, allora non sarebbe più
valida la definizione di fiducia come motivazione all’agire in modo non opportunistico).
L’analisi dei presupposti avviene in maniera parallela alle definizioni di fiducia che
vengono date → la disciplina ha individuato 2 linee per la definizione di fiducia →
porterà avanti in parallelo 2 linee per l’analisi dei presupposti.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
107
a.a. 2010-2011
Rischio, incertezza ed ambiguità non sono sinonimi.
Capire quali siano i presupposti è importante per capire quale tipo di fiducia attuare in
un determinato contesto → la fiducia non è sempre uguale, non c’è un’unica fiducia e
dunque le varie forme di fiducia si possono applicare in contesti diversi, non esistono
infatti driver unici e capire la natura del driver/presupposto è fondamentale per capire
quanta fiducia serva e quale fiducia serva.
Il rischio può far riferimento ad una situazione di controllo in cui conosco le varie
alternative con le rispettive probabilità di accadimento ma resta comunque la possibilità
che si verifichi uno scenario piuttosto che un altro, proprio perché gli scenari sono di
natura probabilistica.
Queste dimensioni possono essere valutate anche in termini quantitativi, non solo
qualitativi. Il rischio può essere visto come il prodotto tra 2 elementi che sono la
frequenza con cui il danno si può manifestare e l’entità del danno che si può generare
(es. centrale a carbone fa un danno molto frequente, emette molta CO 2 e gas tossici, ma
di entità piccola, poco dannosa; invece una centrale nucleare ha una frequenza di danno
bassissima ma un’entità di proporzioni gigantesche qualora questo danno si manifesti).
Rischio = Frequenza del danno * Entità del danno
Se la fiducia agisce sia nella riduzione della frequenza che nella riduzione dell’entità,
allora essa ha una forte potenza di riduzione del rischio. Se si agisse solo su una delle 2
componenti diminuirebbe il rischio in quota proporzionale alla riduzione della
componente danno. La fiducia invece fa si che diminuisca sia la frequenza che l’entità
del danno, agisce su entrambe, per questo è un meccanismo di salvaguardia molto forte.
Forme di dipendenza, tipologie di rischi ed elementi della fiducia
(Sheppard e Sherman)
Forme di dipendenza
Tipologie di rischio
Antecedenti della fiducia
Relazioni di mercato
Indiscrezione
Inaffidabilità
Relazioni di autorità
Inganno
Abuso
Negligenza
Amor proprio
Discrezione
Affidabilità
Competenza
Integrità
Interesse
Benevolenza
Relazioni bilaterali
loosely coupled
Scarso coordinamento
Predicibilità
Consistenza
Relazioni bilaterali
tightly coupled
Incapacità di anticipare i bisogni
altrui (misanticipation)
Preveggenza
Intuizione
Empatia
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
108
a.a. 2010-2011
In situazione di ambiguità, in cui non si sa la distribuzione di probabilità, ha una valenza
scarsa il convincimento che influisce l’attitudine, relativo alle interazioni pregresse con
la controparte. Se c’è ambiguità dunque non posso fare valutazioni ed acquisire
convincimenti relativi alla controparte in base allo storico delle relazioni ma dovrò
basarmi su altri elementi della fiducia perché gli scenari sono talmente tanti ed incerti
che le esperienze passate non aiutano ad eliminare l’ambiguità.
Il tipo di antecedente è funzionale al tipo di fiducia che desidero. In relazioni di
autorità/gerarchia l’agente può comportarsi in maniera negligente o non rispettare le
volontà del principale; in questi contesti la fiducia è specifica → si baserà su antecedenti
come l’integrità delle controparti, il reciproco interesse e la benevolenza.
Non c’è una One - Best - Way ma la fiducia si declina in diversi modi a seconda del
contesto.
Altra componente della fiducia è l’agire non opportunistico → ha senso solo se c’è la
deliberata scelta tra comportarsi in modo opportunistico oppure no, e ci sarà fiducia
solo se il trustee sceglierà la via non opportunistica.
Il presupposto della fiducia, nel caso di uno scambio economico, è conseguente ad un
comportamento deliberato del trustor che sceglie volontariamente di esporre la propria
vulnerabilità al trustee perché è convinto che il beneficio traibile dalla situazione sarà
maggiore del rischio di un comportamento opportunistico della controparte, altrimenti
non entrerebbe nello scambio; invece accetterà di esporsi in vulnerabilità con l’assunto
del non agire in modo opportunistico; senza questo assunto il castello crolla ed il trustor
non si esporrebbe in condizione di vulnerabilità.
Il concetto di fiducia è di tipo bilaterale, come quello di rischio, ed il ruolo di trustor e
trustee è facilmente scambiabile all’interno della relazione, quindi c’è reciprocità.
Può valere anche in sostituzione all’accordo che può divenire un sistema di governance a
tutto tondo.
La fiducia costituisce di per se il presupposto per un meccanismo di governo alternativo
ai meccanismi basati sui contratti tradizionali, ma in realtà meccanismi tradizionali, di
contratto, e fiduciari possono coesistere in forme ibride.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
109
a.a. 2010-2011
27/05/2011
Il ruolo del buyer nel caso Ducati
Giovanni Berra
Essendo un premium brand non hanno risentito della crisi anzi il 2011 rischia di
diventare l’anno migliore della storia della Ducati.
Ducati is a premium brand...
...wich conceives and produces sport motorcycles...
...with exclusive Italian design...
La gamma di prodotti è quanto mai forte, sono entrati anche nel settore delle cruiser
prima dominato dalla Harley Davidson, con la Diavel. Il settore delle moto sportive è in
continua restrizione e crisi, quasi ci si sente in imbarazzo a girare con delle moto supersportive → conviene investire in altri settori.
Nel 2010 viene fatto il nuovo multistrada come concorrente del BMW GS con l’obiettivo
di fare 6.000 pezzi venduti in un anno, nonostante la crisi; ne hanno venduti 10.000 pz.
Location → Bologna
People → 1.150 (270 Engineers)
Revenue → 392 Mio € (nel 2011 supereranno abbondantemente i 400 milioni €)
Sales Offices → USA, JAP, UK, …
Ducati Worldwide Dealers → 880
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
110
a.a. 2010-2011
L’Italia è il primo paese al mondo per la vendita di moto Ducati, assorbe il 25 % delle
vendite totali.
Vende non solo moto, ma anche altri accessori → 80% delle rendite sono moto, 6%
accessori, 4% abbigliamento, …
Ogni anno lanciano un prodotto nuovo e fanno miglioramenti su prodotti già esistenti.
Andamento dei mercati dal 2006 al 2010
Usa -58%, Italia -43%, Germania -32%, Francia -18%, Inghilterra -26%, Spagna -56%.
La priorità assoluta per un buyer è garantire la continuità delle forniture, prima ancora
dello spuntare un prezzo migliore e del negoziare, dello stabilire i tempi di fatturazione,
ecc → il buyer deve garantire che il fornitore sia solido, bisogna verificare i suoi bilanci,
ecc → un ingegnere gestionale come buyer non si troverà solo a gestire gli acquisti ma
dovrà anche trattare di diritto commerciale e fallimentare (con fornitori che falliscono
ad esempio) piuttosto che di qualità con gli Uffici Tecnici interni, perché dove non arriva
l’ufficio qualità deve arrivare il buyer.
Domande
In che misura il buyer riesce a conciliare 2 aspetti per natura contrapposti: da un lato
il buyer è dipendente Ducati e deve massimizzare il suo profitto, dall’altro lato deve
ottimizzare l’intera supply chain anche ottimizzando gli obiettivi del fornitore?
Parte tutto dal bisogno del fornitore, chi hai di fronte e cosa rappresenta lui per te, quale
fatturato ha e cosa gli puoi fornire. Se rappresenti una quota importante del suo
fatturato, ad esempio un 80%, hai un problema da risolvere, perché non hai possibilità
di cambiare facilmente, soprattutto nei suoi confronti, visto che potrebbe fallire in tua
assenza. Devi quindi capire cosa vuoi (anche il perché è importante) tu dal fornitore ma
anche cosa vuole lui da te, l’obiettivo è creare valore insieme (ed in questo caso si sta
negoziando). Il mercanteggiare invece è dividere in parti una quantità fissa e non si crea
valore. Ad esempio due sorelle vogliono arance, una per fare una torta, una per farsi una
spremuta, vanno in cucina e ne trovano 1 sola → si dividono un’arancia a metà, la prima
sorella ne mangia la polpa e lascia la buccia mentre la seconda prende la buccia e non la
polpa per fare una torta. Vedendo la scena si sono fermate e si sono poste la seguente
domanda: Se ci consultavamo prima, non potevamo capire cosa volevi tu e cosa volevo
io? Non potevamo ottimizzare l’utilizzo della risorsa? Questo fa capire come conoscere
gli interessi di ambo le parti sia fondamentale.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
111
a.a. 2010-2011
La negoziazione è un’arte che prescinde dalla relazione col fornitore, ma va dalla
politica alla produzione, al commerciale, alla relazione col fornitore vero e proprio →
Cosa ne pensi?
Le abilità di negoziazione sono in parte innate. La negoziazione ha un approccio
sistematico, è anche un'arte, si passa da un’improvvisazione nei primi tempi ad un
approccio sistematico → non si deve urlare e basta ma si crea valore parlando e
affrontando insieme la situazione.
4 fasi:
• Preparazione (ci si prepara e si studia l’incontro col fornitore)
• Discussione (ti incontri per capire quali sono i suoi bisogni)
• Proposta (fai la proposta al fornitore, se fai la proposta sei in una posizione di
forza, comunichi per primo quello che desideri)
• Chiusura (concludi o meno l’accordo)
Ducati è un premium brand e deve mantenere standard qualitativi e di immagine
elevati. Come può un buyer che in parte vuole spuntare un prezzo migliore, garantire
che il fornitore non accetti la diminuzione del prezzo e poi per mantenere una
marginalità cerchi dei compromessi, nel rispetto delle specifiche, per abbassare i
propri costi e rischiare dunque di compromettere la qualità del prodotto Ducati?
Definisci le specifiche del prodotto, hai dei disegni pertanto la prima cosa che fai è
inviare questi progetti al fornitore per fargli capire cosa voglio nel dettaglio, a cosa dovrà
attenersi e su cosa mi comunicherà un prezzo. Ho creato i progetti pertanto se mi
accorgo che manca qualcosa forse è perché stai cercando di limare i costi eliminando
delle componenti allora non sarai più un fornitore Ducati. Un fornitore invece che lavora
in maniera proattiva facendoti capire dove si può ottimizzare un processo o acquistare
un prodotto di qualità ad un prezzo inferiore è decisamente un buon fornitore, si crea
valore insieme guadagnando entrambi.
E’ sempre più importante il supplier risk management che stanno introducendo e che
consente di determinare la struttura finanziaria e la stabilità del fornitore. Un fornitore
competitivo è il fornitore che si sa controllare e che si sa gestire e quindi ti permette di
ottenere un prodotto premium ad un prezzo ragionato e “giusto”.
Hai avuto esperienze diverse da quelle che insegnano a lezione? Eventi particolari o
unici anche in ambito internazionale durante le trattative?
Nelle varie negoziazioni si vengono a conoscere le diverse culture, ad esempio il
fornitore Cinese firma qualunque contratto o cosa tu gli faccia firmare, il fornitore
Italiano anche per un contratto banale di 2 righe ti porterà una controproposta di
diverse pagine.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
112
a.a. 2010-2011
Possono esserci negoziazioni di gruppo o personali, dipende dalle preferenze personali o
dalla diversità della persona che hai di fronte, il fornitore. Sono capitati anche casi in cui
4 persone devono parlare con un fornitore, tutte e 4 desiderano essere ascoltate ma la
persona alla quale si rivolgono è una sola, quindi iniziano ad esserci delle difficoltà di
negoziazione ma soprattutto di allineamento.
Come viene gestita la progettazione del processo in Ducati e la verifica della coerenza
col processo del fornitore?
Viene gestito dall’ufficio tecnico che fa il disegno poi ci si accorda magari in ottica di co design con il fornitore
Qual’è l’influenza della Ducati Corse sull’immagine della Ducati in generale?
Non grandissima ma è neanche influente, può essere utilizzato per attirare un segmento
particolare di mercato ma a livello di scambi fra produzione ed acquisiti non c’è
sufficiente necessità. Il fornitore invece è interessato spesso ad utilizzare il brand della
Ducati, ad esempio a specificare nel sito internet che è fornitore ufficiale Ducati.
Qual’è il livello d’ingresso di un neo-laureato nell’Ufficio Acquisti di Ducati?
Bisogna fare gavetta, all’inizio i lavori sono noiosi magari ma viene data la possibilità di
crescere se si è svegli abbastanza e ci si ritaglia la propria strada.
Nella contrattuazione tra 2 aziende ad esempio Ducati e Brembo chi ha maggior
potere contrattuale?
Dipende dall’importanza dell’elemento da acquistare, ad esempio se devono negoziare
per un silenziatore non ha potere il fornitore, diverso è quando si tratta con un fornitore
monopolista come Brembo. Quest’anno i buyer di Ducati dovranno ricontrattare un
piano triennale in cui Ducati garantiva l’acquisto di tutti i suoi componenti da Brembo
(impianti frenanti, frizioni, ecc). Per fortuna hanno un buon rapporto con questi
fornitori (Pirelli è un altro). In generale gestire questi accordi è complesso e si riesce a
farlo con accordi di lungo termine e stilati e chiusi con tempi lunghi.
Quanto tempo ci si mette a cercare nuovi fornitori? Quanti fornitori all’anno
cambiate?
Lo scouting viene effettuato continuamente, è difficile determinare dei tempi.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
113
a.a. 2010-2011
31/05/2011
Abbiamo visto numerose definizioni di fiducia, tutte “valide”, che colgono aspetti diversi
di questo fattore. La fiducia può costituire un modello alternativo di governo delle
transazioni, valido soprattutto in condizioni di forte incertezza e complessità che non
permetterebbero la gestione contrattuale.
La fiducia ha senso se esiste un atteggiamento che genera un’intenzione e
dall’intenzione, in base alla volontà di agire nasce un comportamento.
In generale possiamo ricondurre la fiducia a 2 visioni:
• Fiducia come certezza delle aspettative (fattore che modera l’incertezza
ambientale se esiste l’incertezza ambientale → presupposti sono rischio,
incertezza ed ambiguità)
• Fiducia come motivazione ad agire in modo non opportunistico (solo se c’è il
rischio che la controparte possa agire in modo opportunistico e se ciò accade vuol
dire che prima io mi ero messo in situazioni di esposizione verso il trustee →
presupposti sono vulnerabilità e rischio di opportunismo).
Antecedenti e conseguenze del concetto di fiducia
Quello che si fa quando si fa ricerca è tentare di collegare causa ed effetto di un
particolare fenomeno studiato → si cerca la variabile che ha influenza sul risultato;
Esistono anche variabili non dirette di mediazione (esiste un fenomeno, causa, che non
genera direttamente l’effetto ma è mediato da un altro fattore, ad esempio lo stress
causa aumento dell’afflusso di sangue nel cervello causando perdita di capacità di
calcolo e concentrazione → la causa della mancata concentrazione è lo stress ma è
mediata dallo sbalzo di pressione). Se la variabile causa incide sia in modo diretto sia
sulla mediazione che incide poi a sua volta sull’effetto → variabile quasi-mediata. Altra
variabile è la moderatrice, ad esempio l'invecchiamento causa una diminuzione della
capacità motoria, l’attività fisica è la variabile moderatrice perché più faccio sport meno
risentirò di questa diminuzione della capacità motoria dovuta all’invecchiamento.
La fiducia è stata studiata secondo 3 approcci:
• Comprendere e definire cosa sia la fiducia e verificare i nessi logici.
• Ipotizzare, teorizzare relazioni tra variabili antecedenti, il costrutto stesso, e le
conseguenze. Si cerca di capire quali siano i fattori che influenzano la fiducia, e
quali siano le conseguenze
• Studi empirici: partendo dalla teoria, si va sul campo, si fanno indagini su un
campione reale e si testano dei modelli. Ad esempio si fanno questionari e si
verifica se dal punto di vista statistico si manifesta una relazione tra antecedenti e
percezione di fiducia.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
114
a.a. 2010-2011
Antecedenti - Cause alla base della creazione di fiducia
Il rapporto tra antecedente e concetto di fiducia spesso è sfumato e non chiaro → alcuni
autori non riconoscono tutti questi fattori come antecedenti ma come elementi stessi del
concetto di fiducia ed in questo caso si creano tautologie.
Questi fattori sono:
•
Esperienze passate → la fiducia parte dalla creazione di convinzioni che poi
generano un atteggiamento → per fidarmi della controparte ho bisogno basarmi
su conoscenze pregresse date da precedenti relazioni con quella controparte.
Conoscere la controparte fa nascere quelle convinzioni dalle quali scaturiscono gli
atteggiamenti
•
Le abilità e le competenze della controparte → il concetto di fiducia è intuibile
come certezza delle aspettative, e tale certezza è indubbiamente condizionata
dalla mia conoscenza delle capacità del fornitore → quanto più so che il fornitore
è capace e competente tanto più posso aspettarmi che si comporti da un punto di
vista tecnico e qualitativo nel modo in cui io mi aspettavo che si comportasse. Se
mi fido di un certo fornitore, è l’attribuzione a quelle capacità che mi genera la
certezza delle aspettative
•
Motivazione all’agire non opportunistico → quanto più mi aspetto che pur
avendone la possibilità, la controparte non si approfitti della mia condizione di
vulnerabilità, tanto più mi fiderò della controparte. In condizioni di elevato
rischio naturalmente si creerebbero situazioni di elevati costi di transazione
(contratti complessi o integrazione verticale, ecc) ma allo stesso tempo se sono
molto sicuro che la controparte non attuerà comportamenti opportunistici anche
in situazioni di mia vulnerabilità tenderò ad instaurare rapporti fiduciari
piuttosto che ripiegare in soluzioni più costose di integrazione ad esempio
•
Caratteristiche personali del soggetto → in relazione al tipo di persona che ho
davanti, avrò una serie di atteggiamenti, convinzioni, valori, ecc. Non tutto è
legato alle esperienze passate, c’è una dimensione più sfumata legata ai valori,
percezioni, sentimenti che sono collegati alla fiducia.
Oltre a queste la letteratura ha individuato un’altra serie di variabili legate alla fiducia
non in modo intuitivo e diretto come queste ma in modo circolare. In quelle viste sopra
è abbastanza intuitivo il collegamento causa - effetto, mentre le variabili che vedremo
ora non sono così chiare nella definizione di causa-effetto: queste variabili sono
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
115
a.a. 2010-2011
riconducibili alla causa della fiducia ma allo stesso tempo possono costituire l’effetto
della fiducia → probabilmente sono variabili, fattori che si alimentano l’un l’altro nella
generazione di fiducia secondo uno schema circolare. Queste variabili sono:
•
Giustizia distributiva o giustizia procedurale → la giustizia distributiva si può far
coincidere con il concetto di equità, adeguatezza percepita della distribuzione
degli output sulla base degli inputs immessi → corretto bilanciamento tra input
immessi ed output ottenuti. Ci sono studi che dicono che la soddisfazione è molto
legata alla giustizia distributiva.
Giustizia procedurale è invece è la percezione dell’equità del meccanismo che ha
portato alla ripartizione delle risorse → non solo è importante il rapporto
output/input ma anche il modo in cui si è arrivati a tale risultato.
La giustizia distributiva è un antecedente della soddisfazione, che genera
soddisfazione, che a sua volta crea fiducia, che alimenta poi nuovamente la
giustizia distributiva, ne costituisce un antecedente. La fiducia costituisce un
antecedente anche della giustizia procedurale, che a sua volta genererà fiducia.
Quanto più c’è una giustizia distributiva, ovvero quanto più le controparti vedono
che c’è un buon rapporto output - input, tanto più si fideranno l’una dell’altra.
La fiducia impatta sulla soddisfazione in maniera totalmente mediata dalla
giustizia distributiva.
•
Soddisfazione: già si vedeva la relazione dalla variabile precedente. La fiducia
tende a creare seppure in maniera indiretta soddisfazione, e allo stesso tempo se
sono soddisfatto tenderò a fidarmi di più
•
Comportamento collaborativo: legato alla fiducia perché se 2 parti sono disposte
a collaborare, a problem solving congiunto, a rinunciare a qualcosa pur di non
rinunciare alla relazione, si crea una situazione per cui la controparte tenderà a
fidarsi di più (poiché vede che l’altra parte è disposta ad aiutarla) → ad esporsi di
più. Allo stesso tempo quanto più c’è fiducia, tanto più sarò disposto a sbattermi
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
116
a.a. 2010-2011
per aiutare la controparte o la collaborazione in generale → anche questo è un
circolo virtuoso
•
Comunicazione: Se si ha una comunicazione aperta ed informale in cui si
scambiano informazioni sensibili, importati → la controparte si fiderà
maggiormente; allo stesso tempo sono più disposto ad interagire frequentemente,
in modo informale e bidirezionale solo se c’è fiducia. Allo stesso tempo influisce
il fattore temporale (che permette di osservare il fenomeno circolare in modo
longitudinale): una comunicazione aperta in un istante t 1 genera una maggiore
fiducia per un evento in un istante t 2 e di conseguenza si è spinti ad un maggiore
scambio di informazioni sensibili in un istante t3.
Abbiamo visto 8 antecedenti, gli ultimi 4 dei quali sono bidirezionali / in rapporto
circolare. Ora vedremo altre 4 variabili legate alla fiducia invece in modo unidirezionale,
come effetto della fiducia.
•
Riduzione dell’incertezza riguardo alle aspettative → Dove c’è un rapporto
fiduciario i comportamenti sono più prevedibili, c’è meno opportunismo →
l’ambiente è più certo
•
Incremento del commitment → Commitment è la valorizzazione della relazione
in quanto tale → avere commitment significa augurarsi che la relazione continui,
valorizzare quella relazione ed impegnarsi affinché continui. Ad esempio il cliente
va da un fornitore interessato al mantenimento della relazione, chiede di venirgli
incontro (ad esempio con particolari sconti per lanciare un nuovo prodotto),
promettendo, solo su base fiduciaria, e non in via stabilita a contratto, dei volumi
di acquisto futuri maggiori
•
Riduzione del conflitto → il conflitto è inversamente proporzionale alla fiducia,
ma l’assenza di conflitto non comporta necessariamente una scelta ottima, anzi
un certo tasso di conflitto è positivo, e non si deve cedere totalmente o adagiarsi
al volere della controparte che non per forza ha ragione
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
117
a.a. 2010-2011
•
Utilizzo di forme di potere non coercitivo → un rapporto tra soggetti può essere
governato da meccanismi coercitivi/impositivi (penali, obblighi, extra-costi → di
carattere economico, generalmente le transazioni economiche avvengono non in
ambiente coercitivo, a meno che non ci si relazioni con un fornitore molto forte,
che non si è disposti a perdere; è però una forma di governo della relazione
distruttiva che non può durare → sarà la causa di implosione della relazione)
oppure da forme di potere non coercitive (c’è sempre squilibrio di potere ma la
controparte forte preferisce usare forme di premio anzi che di penale o di
punizione economica ad esempio → generalmente questi atteggiamenti
comportano relazioni molto più forti e durature).
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
118
a.a. 2010-2011
01/06/2011
Collaborative Advantage
Winning through Extended Enterprise Supplier Networks - Jeffrey H. Dyer
Creating trust in the Extended Enterprise
Meccanismo di governance = insieme di norme che regolano i problemi, coordinano le
relazioni fra due parti.
Quando la governance è di tipo transazionale le norme riguardano i comportamenti e le
sanzioni imposte a controparti che attuino comportamenti devianti rispetto alla norma;
le sanzioni sono imposte da un’autorità esterna riconosciuta.
Governance di tipo relazionale = norme di flessibilità, di reciproca benevolenza, miranti
alla continuità del rapporto. Le forme di sanzione sono di tipo sociale, e non giuridica, si
presta più attenzione alla perdita di reputazione.
Dyer, autore della Relational View, è il più importante studioso dei rapporti cliente fornitore → le relazioni clienti - fornitori possono essere anche di tipo relazionale;
Williamson invece era il massimo studioso della Transactional View.
Trust
Momenti in cui principalmente di manifesta:
• Fase di prima negoziazione
• Fase di rinegoziazione in contesti mutati
• Contingenze inattese in grado di favorire condotte opportunistiche
Parole fondamentali usate da Dyer nella definizione di trust:
Reliability → Affidabilità: se ho certezza delle aspettative vuol dire che la mia
controparte è affidabile.
Fairness → Equità: motivazione all’agire in modo non opportunistico → anche se avessi
la possibilità di agire in modo opportunistico non lo farei.
Goodwill → Buona volontà/predisposizione: disponibilità ad una ri-negoziazione equa
rispetto ad eventi non attesi che si sono manifestati.
Il tutto va inquadrato in un contesto di incertezza, se questa non si manifesta il trust non
ha senso in una dimensione economica.
Dyer effettua i suoi studi nel settore dell’automotive → comparazione delle Big 3
americane (GM, Ford e Chrysler) con i 3 colossi Giapponesi (Toyota, Nissan e Honda).
Scrive negli anni ‘90 e analizza principalmente l’economia americana. Gli anni ‘90 sono
il periodo di ingresso dei colossi giapponesi nel mercato americano rubando quote di
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
119
a.a. 2010-2011
mercato grazie a veicoli più economici e qualitativamente buoni. Periodo nel quale
prevale il mercato competitivo (ottica win-lose).
Dyer studia il trust nell’ottica di comprendere quali sono gli effetti dei rapporti fiduciari.
Il grande interrogativo è come agisce il trust? E’ possibile quantificare economicamente
il trust?
Conclude dicendo che è possibile farlo in quanto il trust diminuisce i costi di
transazione, inoltre ha effetti sull’effettuazione di investimenti specifici e anch’essi
hanno un risvolto economico positivo.
La transazione studiata nella Transaction Cost Economy (TCE) prevede, in determinate
situazioni l’utilizzo di una governance intermedia tra integrazione e mercato.
Nello Strategic Management a seconda che ci sia o meno fiducia, o che si verifichino
determinati fattori, si avranno o meno dei costi di transazione.
Nella Relational View di Dyer possono essere adottati dei meccanismi di governance che
abbassano i costi di transazione. Una governance che aiuta ad abbassare i costi di
transazione diventa una governance competitiva → se riesco a identificare un
meccanismo di governo che abbassa i costi di transazione, allora il mio sistema sarà più
competitivo di quello di altri che hanno costi più alti. A questo punto nasce un’ulteriore
domanda: quanto valgono i costi di transazione?
I costi di transazione non sono costi irrilevanti, ma impattano invece per una
percentuale, a volte superano persino l’incidenza dei costi di produzione. E’ stato
studiato che possono essere pari anche ad un terzo dei costi totali.
La domanda che si pone a questo punto Dyer è “i costi di transazione possono essere
ridotti? Il trust può abbassare i costi di transazione?” Conclude dicendo che un
meccanismo di governance basato sul trust agisce come riduttore dei costi di
transazione, sarà dunque opportuno adottarlo.
I costi di transazione si possono ricondurre a:
• Search → ricerca del fornitore
• Contracting → contrattazione con il fornitore
• Monitoring → monitoraggio della transazione
• Enforcement → rafforzamento della relazione e punizione/sanzione della
controparte nel caso non rispetti il contratto
Cerchiamo di capire perché il trust può funzionare come riduttore dei costi di
transazione:
Funziona da riduttore nella fase di ricerca perché si può assumere che il prezzo che si
stabilisce tra fornitore e cliente sia equo perché ci si fida della controparte.
Nella fase contracting come può agire il trust? Tanto maggiore è l’incertezza, tanto
maggiore è l’esigenza di tutelarsi → Contrattazione complessa e onerosa, anche per il
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
120
a.a. 2010-2011
tempo richiesto dalla stesura di tali contratti. Nel caso invece in cui si abbia la certezza
di comportamenti non opportunistici non ha senso investire in contratti completi.
Nella fase di monitoring si cerca di prestare attenzione al rispetto delle clausole
contrattuali, ma se ci si fida si suppone che la controparte stessa faccia un selfmonitoring → non abbiamo bisogno di controllare → si abbassano i costi di transazione.
Nell’ultima fase di enforcement si può abbassare il costo della transazione perché da un
lato non c’è volontà di ricorrere ad un soggetto giuridico risparmiando così soldi per la
disputa, dall’altro lato c’è la volontà di mantenere la relazione.
Così facendo, una governance che riduce i costi di transazione genera vantaggio, inoltre
questo vantaggio non scade, al contrario dei contratti che hanno una variabilità
temporale definita, il trust si mantiene nel tempo.
Una governance più efficiente, a parità di altri fattori determina una maggiore
competitività di quel sistema del valore.
Crucialità del trust nel settore automotive
•
•
•
•
•
Esistenza di opzioni di switch
Costi di investimento elevati (rischio nell’investimento transaction-specific
poiché gli investimenti specifici sono un driver del costo di transazione; se
aumentano aumenta il costo di transazione)
Mercato incerto e mutevole (la domanda è molto variabile)
Rilevanza delle scorte (laddove c’è un rischio di obsolescenza questo costo di
transazione è tanto più elevato quanto più elevate sono le scorte)
Impatto di eventi contingenti difficilmente prevedibile ( → non agevolmente
contrattualizzabili)
Impatti del trust
•
•
•
Abbassamento dei costi di transazione:
◦ Sourcing
◦ Negoziazione
◦ Monitoraggio
◦ Ri-negoziazione / rafforzamento
Incentivo alla condivisione di conoscenza
Incentivo all’investimento dedicato
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
121
a.a. 2010-2011
Esempio di impatto del trust nel settore dell’automotive
Trust lowers Transaction Costs
Dyer per dimostrare che il trust diminuisce i costi di transazione chiede a dei fornitori di
quantificare la loro fiducia verso alcune grandi case automobilistiche in una scala da 1 a
7.
Dyer dice che quanto più le imprese passano tempo a discutere di controversie, tanto
più queste presenteranno elevati costi di transazione.
Il costo di transazione è difficilmente misurabile → Dyer utilizza delle variabili proxy
indicative dell’andamento dei costi di transazione, ad esempio la misura del tempo
dedicato dalle imprese ad attività non produttive come negoziazione o assegnazione di
responsabilità può essere una proxy indicativa dell’andamento dei costi di transazione.
Quando si utilizzano le proxy però è bene utilizzarne più di una → Procurement
Productivity = rapporto tra costo totale dell’area acquisti ed efficienza del singolo
addetto dell’area acquisti.
Trust has a positive relationship with Procurement Productivity
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
122
a.a. 2010-2011
Impatti del trust
•
Incentivo al knowledge sharing
◦ Gestione delle informazioni sensibili → Secondo Dyer il trust agisce anche
come incentivo alla scambio di conoscenza con la controparte. Questo può
essere utile perché se si è disposti a condividere informazioni, probabilmente
sarà più facile trovare soluzioni insieme, e sarà anche più facile trovare punti
di inefficienza (es. una parte può aiutare la controparte a ridurre i propri
difetti e magari aumentare la marginalità). Al contrario GM ad esempio girava
i disegni tecnici ad altri fornitori competitors chiedendo il loro prezzo → ciò è
dannoso per il primo fornitore che non percepirà trust verso il cliente che si
dimostra sensibile unicamente al prezzo e non al mantenimento della
relazione
◦ Percezione della collaboratività e del livello di utilità (soluzioni reali o “low
hanging fruit?”→ gratuite o associate a una richiesta di sconto?). Ad esempio
Toyota conosce la Lean meglio dei suoi fornitori e forse sarebbe disposta ad
andare a “casa” dei fornitori per aiutarli e trarne beneficio (riduzione di
costo). Questo accade solo se il fornitore è disposto a ciò. Inoltre non si deve
trattare di un gruppo di consulenti mandati dal cliente al fornitore che
forniscono soluzioni banali (low hanging fruits) chiedendo una riduzione dei
costi in cambio. Invece Toyota fornisce free assistance ai fornitori che in
questo modo invece si sentono legati se non obbligati nei confronti di Toyota.
•
Incentivo all’investimento dedicato → gli investimenti transaction-specific sono
soggetti a più elevata incertezza, il trust contribuisce a ridurla abbassando il
rischio associato, ad es. investimenti congiunti di delocalizzazione produttiva.
Costituzione di rapporti fiduciari
•
•
Interpersonal trust → il concetto di trust viene trasferito dalla persona
all’organizzazione per la quale la persona lavora → da livello interpersonale la
fiducia passa a livello interorganizzativo. Mi posso aspettare ad esempio che un
buyer Toyota si comporti in linea con tutti gli altri buyer Toyota ed in linea con la
Toyota in generale
Interfirm trust (come risultato di pratiche e routine dell’impresa) → fiducia
interorganizzativa, la più significativo per Dyer
Routine di istituzionalizzazione del rapporto fiduciario:
•
Scelta dei fornitori per la componentistica di nuovi modelli (Bidding vs Track
Record)
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
123
a.a. 2010-2011
◦ Bidding: aste → gioco a somma zero, il fornitore percepisce che tutto quello
che lui perde è a vantaggio del cliente → non si è disposti a collaborare per
generare valore
◦ Track Record Selection: la selezione del fornitore avviene anche in base alle
rilevazioni sulla corrente fornitura. Invece questo stimola la creazione di trust
poiché se è stato bravo nella fornitura → si merita l’assegnazione della
fornitura successiva e la conseguente fiducia dell’azienda buyer (nel caso di
Toyota siamo a 93% di track record, in GM 50%). Tanto più alto è il tasso di
rinnovo fornitura tanto più è alto il livello di trust percepito
•
Free Assistance: il cliente dà assistenza gratuita al fornitore (attraverso un team
di consulenti) e appunto non pretende un ritorno economico immediato poiché è
consapevole del fatto che in futuro ci saranno maggiori ritorni, in particolare il
supplier che riceve un servizio di consulenza gratuito si sente “obbligato” a dare
qualcosa in cambio, a continuare ad esempio a fornire quel cliente e a prezzi e
qualità favorevoli → fiducia
•
Continuità nelle posizioni manageriali e nei rapporti interpersonali: quanto più
è esteso il ruolo interpersonale e la continuità del ruolo, tanto maggiore è il trust
tra buyer e supplier
•
Creazione di percorsi di carriera interaziendali: passaggio temporaneo o
permanente da un’impresa all’altra, tra imprese che sono all’interno dello stesso
network di fornitura. Toyota considera garanzia per effettuare investimenti in
un’azienda il fatto che un manager proprio vada a lavorare in quell’azienda; senza
arrivare a tanto ci sono figure di ingegneri “prestati” ad altre aziende per creare
più fiducia ed essere più convinti dell’investimento
•
Minority ownership: Toyota ha quote di capitale dei propri fornitori, non di
maggioranza, ma di minoranza, questo lo fa per dimostrare che stanno sulla
stessa barca, si mettono sullo stesso piano con gli stessi interessi, ma allo stesso
tempo l’impresa parzialmente “acquisita” dovrà quindi agire nell’interesse di
Toyota in quanto appartenente agli stakeholders
Dyer ha anche analizzato il settore dell’industria cartiera giapponese che per contro era
inferiore a quella occidentale; sostiene che che questo era perché essa applicava le stesse
tecniche di trust dell’automotive → fiducia e relazioni di lungo termine coi fornitori ma
per il livello di complessità inferiore questo atteggiamento non era conveniente. Invece
risultava migliore un atteggiamento di “bidding” e contrattazione al prezzo coi fornitori.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
124
a.a. 2010-2011
Coesistenza di Governance transazionale e Governance relazionale
Do formal contracts and relational governance function as substitutes or
complements?
→ I meccanismi transazionale e relazionale sono sostitutivi o complementari l’uno
dell’altro?
Se sono sostitutivi vuol dire che il sistema di efficienza è quello in cui è selezionato solo
uno dei due meccanismi e l’esistenza di entrambi contemporaneamente genera risvolti
negativi
Sono invece complementari se l’efficienza dello scambio è superiore e convivono
entrambi i meccanismi.
Risposta a questa domanda non c’è, esistono anzi diverse scuole di pensiero che portano
avanti entrambe una base logica forte.
Teoria dei meccanismi sostitutivi:
• Se svolgono lo stesso compito, ovvero entrambi sono meccanismi di governo →
l’inefficienza è legata al fatto che sto duplicando due meccanismi aventi lo stesso
fine. Dal punto di vista economico ho la massima economicità scegliendo il più
efficiente e non ha dunque sceglierli entrambi
• Il contratto di per sé è un esplicito segno del fatto che le controparti non si fidano
→ non si può impostare un meccanismo di governo di fiducia poi tutelarsi con un
contratto che quasi esplicitamente manifesta una sfiducia → o mi fido e non
faccio un contratto o non mi fido e faccio un contratto → “il trust riduce i costi di
transazione sostituendo ai contratti una stretta di mano”
• Quanto più si spinge in alto il livello di completezza contrattuale tanto più spingo
la controparte a cercare scappatoie per attuare comportamenti opportunistici
Teoria dei meccanismi complementari:
• Il trust è una scelta razionale, con la quale si decide di prendere una strada con
beneficio a lungo termine perché si ritiene sia migliore di quella di breve termine
data da comportamenti opportunistici; il contratto invece genera una tutela sul
breve termine → questo vuol dire che se io complemento il contratto con il trust,
mi tutelo sia sul breve che sul lungo termine
• Il trust è un riduttore di incertezza ma è anche vero che diversi livelli di incertezza
necessitano di diverse forme di trust → se un contratto consente di ridurre certe
forme di incertezza consentirà l’adozione di trust più efficienti → se il contratto
riduce una prima parte di incertezza, il trust controlla un’altra parte
dell’incertezza
• Nell’interazione che si viene a creare durante la negoziazione, le 2 parti si
conoscono meglio, e da questa possono quindi sviluppare una migliore
performance → è la fase di negoziazione che determina il rapporto che si creerà
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
125
a.a. 2010-2011
•
tra le parti, e per questo punto fondamentale da cui si svilupperà trust e quindi
una relazione fiduciaria
Il contratto continuativo in che modo può aiutare il trust? Due parti legate da
trust scelgono nella parte iniziale del loro rapporto di non ricorrere a forme
complete di contratto, pensando che potrebbero risolvere una disputa
amichevolmente. La relazione fiduciaria permette allo stesso tempo di
raggiungere forme più complete di contratto, progressivamente, risolvendo le
iniziali controversie trattando ed inserendo clausole nel contratto → con la
fiducia, gradualmente, i problemi quando nascono si risolvono e si introducono le
clausole nel contratto → progressivamente il contratto si completerà grazie alla
complementarietà dei 2 fattori.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
126
a.a. 2010-2011
08/06/2011
Produzione e strategia aziendale
Wickham Skinner
Troppo spesso l’alta direzione non si rende conto di come il potenziale produttivo
dell’azienda possa rafforzare o indebolire la capacità concorrenziale.
Il pensiero di Skinner si inserisce in un momento storico caratterizzato da 2 criticità:
• La funzione di produzione era centrale, non si parlava di supply chain
management, ma comunque anche ora che il supply chain è fondamentale, la
funzione produttiva risulta essere chiave, nonostante ad esempio un’automobile
non venga più prodotta da un’unica impresa ma da più attori.
• L’assunzione che la produzione abbia come unico obiettivo l’efficientamento
inteso unicamente come minimizzazione del costo → discrepanza nella strategia
complessiva tra il management e la produzione. L’interesse della direzione
generale nella produzione era minimo per 2 motivi:
◦ Il general management non poteva porre attenzione specifica alla produzione
che tra l’altro era finalizzata di per sé alla minimizzazione dei costi interni →
era a sé stante
◦ Siccome questo obiettivo era perseguito con l’applicazione di tecniche,
l’elaborarsi di queste le rendeva poco interessanti in quanto oscure, ci voleva
un bravo tecnico per guidare la produzione, la direzione generale preferiva
quindi delegare la produzione a chi aveva un background tecnico notevole.
Vedevano quello della produzione, un obiettivo/problema tecnico, e non
erano neanche interessati all’acquisizione di competenze a riguardo, per cui
affidavano la direzione di produzione a tecnici mentre la direzione generale si
occupava di strategie di prodotto, di mercato, e di impresa in generale,
ignorando la produzione.
La critica di Skinner a questo sistema colpisce nel segno nel comprendere che la
funzione produzione non può essere solo una funzione di minimizzazione del costo,
quando si punta anche all’efficienza complessiva.
Il minor costo possibile infatti non è il minor costo assoluto, ma quello che l’azienda
riesce ad ottenere in funzione degli altri obiettivi strategici → la riduzione di costo si
inserisce in una scala di obiettivi gestiti nel complesso e facenti tutti parte della più
ampia strategia aziendale.
Ora dobbiamo vedere come allineare la strategia di produzione con la strategia di
impresa; per far questo bisogna comprendere che la produzione ha dei vincoli e la
massimizzazione delle vendite ad esempio non è sempre compatibile con la
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
127
a.a. 2010-2011
minimizzazione dei costi → il perseguimento di uno comporta il ridimensionamento
dell’altro, il suo passaggio in secondo piano.
Avere vincoli significa fare scelte, non è possibile perseguire tutti gli obiettivi
contemporaneamente.
Skinner ricostruisce storicamente come si è arrivati alla situazione nella quale la
produzione era affidata a tecnici. Fino agli anni '70 vi era una realtà industriale in cui vi
è stato un progressivo aumento della tecnologia e dell’automazione nella produzione,
periodo in cui venne naturale affidare il controllo di questi strumenti automatici di
gestione della produzione a tecnici esperti → le imprese hanno cominciato a delegare la
produzione a profili tecnici, ingegneri industriali, e a perdere il focus sulla rilevanza
della produzione nella strategia aziendale.
Solo con il tempo ci si è accorti che sono proprio le skill nella gestione della produzione
che permettono di ottenere vantaggio competitivo e possono costituire un elemento
differenziante nel mercato.
Si era creata dunque una barriera comunicativa tra direzione e produzione dovuta alle
diverse competenze ed ai diversi interessi; Skinner si pone il problema del come
abbattere tale barriera.
Skinner sottolinea che ciò di cui non sempre ci si rende conto è che differenti strategie e
approcci di marketing, volti ad acquisire dei vantaggi concorrenziali, pongono differenti
esigenze all’area produttiva dell’azienda.
Esempio 2 aziende che producono mobili: Una produce mobili semplici ed economici
per persone che non vogliono spendere molto, perciò con un ampia distribuzione di una
gamma limitata di prodotti a basso prezzo destinati al mercato di massa → cercheranno
di raggiungere una distribuzione capillarizzata → decentralizzano i magazzini e
forniscono prodotto finito per raggiungere meglio il cliente. Dovranno fare attenzione a
processi e materiali per minimizzare i costi, ma, per contro, non avranno bisogno di
operatori specializzati vista la semplicità del prodotto. Avranno ampi volumi e ampi lotti
per minimizzare l’incidenza di setup. Avranno macchine grandi capaci di reggere forte
produttività di prodotti simili.
L’altro competitor invece vuole raggiungere una fascia alta di mercato quindi cercherà di
proporre molti modelli ed una varietà di stili, presenterà produzione su commessa, alta
qualità ed estremo affidamento, un’organizzazione che possa mettere velocemente in
produzione nuovi modelli, un gruppo di controllo della produzione che possa coordinare
tutte le attività si da ridurre i tempi di consegna, supervisori e tecnici a forte formazione
tecnica.
E’ necessario indirizzare la scelta della configurazione del sistema produttivo sulla base
del proprio obiettivo e target di mercato.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
128
a.a. 2010-2011
Skinner propone anche una specie di flow-chart di indirizzo del processo decisionale.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
129
a.a. 2010-2011
Sulla base dell’osservazione del mercato si può decidere che strategia intraprendere.
Questa è una proposta di modello decisionale che tenta di allineare la strategia di
impresa alla strategia di produzione → soluzione al problema di Skinner del passaggio
da una produzione monolitica ad una strategia integrata tra produzione e direzione
generale.
Non c’è dunque secondo Skinner una One Best Way ma a seconda del mercato si
adotterà una differente strategia.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
130
a.a. 2010-2011
What is the Right Supply Chain for your product?
A simple framework can help you figure out the answer
by Marshall Fisher
E’ l’articolo più citato nell’ambito del supply chain, apparso nell’Harvard Business
Review.
Fisher cerca di analizzare la supply chain in un’ottica strategica.
•
•
•
Comprendere in che modo classificare i prodotti
Comprendere in che modo classificare le supply chain
Comprendere in che modo fare l’abbinamento tra strategia del prodotto e
strategia di supply chain
Molto spesso, i manager hanno la percezione che ci sia qualche inefficienza all’interno
dell’azienda perché non vi sono fatturati alti oppure perché non si riescono a vendere
prodotti divenuti obsoleti → si hanno così scorte elevate ed aumenta l’indice di capitale
circolante, negativo per l’azienda.
Quindi possiamo distinguere l’articolo in due macro-argomenti; inefficienza del sistema
o prodotto non reperibile / il prodotto non ha più mercato a tal costo → non è piazzabile
nel mercato.
Ci sono 2 casi dunque:
• Aziende sensibili a problemi di stoccaggio del prodotto poiché il prodotto può
essere soggetto ad obsolescenza
• Aziende in cui invece lo stock-out è un reale problema vista la scarsa reperibilità
del prodotto
Nei prodotti standard in generale i margini sono bassi perché molti produttori riescono
a realizzare quel prodotto e l’elemento differenziante sparisce → le imprese cercano di
spostarsi verso nuovi sviluppi ed evoluzioni di prodotto per ottenere un oggetto con
nuove caratteristiche differenzianti e per il quale i clienti sono disposti a pagare un
sovrapprezzo.
Fisher si rifà a Porter nell’evidenziare le 2 possibili strategie di Leadership e di
Differenziazione. Egli chiama funzionali i prodotti standardizzati, che rispondono ad
esigenze di mercato già manifeste, mentre invece innovativi quelli nati da una ricerca di
un nuovo mercato da parte dell’impresa (per avere più margine rispetto ai prodotti
standard).
Fisher dice di minimizzare i costi fisici (di market mediation). Laddove la domanda di
prodotto è stabile, tecnologia stabile e i cicli di vita sono lunghi, la market mediation è
facile e non c’è difficoltà nell’incrociare domanda ed offerta → i costi di trasporto e
stoccaggio sono i costi maggiori. Quando invece il prodotto è soggetto a variazioni della
domanda di mercato (prodotto stagionale), il costo potenziale tra domanda ed offerta è
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
131
a.a. 2010-2011
alto; la domanda cresce rapidamente, ad esempio nel caso della Ducati 1098 che superò
il previsionale di vendita (22.000 contro 11.000 previsti) si ebbe un costo di market
mediation molto alto poiché riuscire a mediare domanda ed offerta in casi di mercato
incerto genera probabilmente costi notevoli. Nel caso di un’azienda di motociclette alla
quale viene chiesto di raddoppiare la produttività si generano costi e problemi enormi,
ad esempio si dovranno fare straordinari ed introdurre turni extra, si dovranno chiedere
ai fornitori altri stampi, questi però richiederanno a loro volta più tempo.
I market mediation sono dunque i costi sostenuti per evitare obsolescenza da un lato e
stock-out dall’altro.
Prodotti Funzionali contro prodotti Innovativi: differenze nella domanda
Funzionale
(domanda prevedibile)
Innovativo
(domanda non prevedibile)
Ciclo di vita del prodotto
più di 2 anni
3 mesi-1 anno
Margine di contribuzione
5-20 %
20-60 %
Varietà del prodotto
bassa (10-20 varianti
per categoria)
alta (spesso milioni di
varianti per categoria)
Margine medio di errore nella previsione
sul tempo di produzione quando richiesto
10%
40-100 %
Tasso medio di stock-out
1-2%
10-40 %
Percentuale media del prezzo finito come
sconto obbligato di fine stagione
0%
10-25%
Lead Time richiesto dai prodotti su
commessa
6 mesi-1 anno
1 giorno-2 settimane
Aspetti della domanda
L’obiettivo di una supply chain efficiente è ridurre i costi fisici. Se invece la supply chain
è market-responsive deve rispondere velocemente ad una domanda non prevedibile, in
modo da minimizzare i costi di stock-out, la percentuale di beni venduti a prezzo ridotto,
la percentuale di beni in obsolescenza.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
132
a.a. 2010-2011
Efficienza fisica contro la risposta sul mercato da parte della supply-chain
Processo fisicamente efficiente
Processo reattivo al mercato
Scopo Principale
Far fronte ad una domanda
deterministica, efficientemente e
al minimo costo possibile
Far fronte rapidamente ad una domanda
imprevedibile per minimizzare gli stockout, gli sconti obbligati, e le obsolescenze
Focus sulla produzione
Mantenere un livello medio di
utilizzo alto
Disporre di capacità extra dei buffer
Strategia d’inventario
Generare alti livelli di rotazione e
minimizzare l’inventario
attraverso la catena produttiva
Disporre molti magazzini di semilavorati
o di prodotti finiti
Focus sul lead time
Abbassare i lead time il più
possibile, compatibilmente con
l’aumento del prezzo
Investire aggressivamente in modalità
per ridurre i lead time
Approccio nella scelta
dei fornitori
Selezionare in base al costo ed
alla qualità
Selezionare in base a velocità, flessibilità
e qualità
Strategia di prodotto
design
Massimizzare la performance e
minimizzare il costo
Usare design modulari al fine di
prolungare il più possibile la
differenziazione del prodotto
Si hanno secondo la matrice proposta da Fisher 2 tipologie di prodotto: funzionale o
innovativo e 2 conseguenti strategie di supply chain → efficiente o reattiva; se la
strategia di supply chain è coerente con la tipologia di prodotto (ad esempio strategia
efficiente per prodotti funzionali o strategia reattiva per prodotti innovativi) si ha un
“match”, altrimenti si ha un “mismatch” e la strategia adottata risulterà incoerente e
fallace. Il problema che si pone Fisher è risolvere queste situazioni di mismatch.
Ci sono situazioni di mismatch che sono particolarmente inusuali, come strategia di
supply chain reattiva con prodotto funzionale, poiché una supply chain reattiva costa
troppo per essere sostenuta da un prodotto palesemente funzionale.
I problemi si generano nelle altre casistiche: ad esempio un’impresa che cambia la
struttura del proprio prodotto da funzionale a innovativo. Queste innovazioni generano
un impatto sul mercato (probabilmente positivo), ma d’altra parte l’impresa si trova a
trattare un prodotto che non è più funzionale ma innovativo con le tradizionali supply
chain efficienti cui era solita, e si trova a dover gestire criticità come stock-out, necessità
di ridurre lead time di consegna, difficoltà coi fornitori, che fino a quel momento non
aveva mai affrontato → dovrà passare ad una supply chain responsive.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
133
a.a. 2010-2011
Il rimedio da implementare dipende dal caso: se ci si rende conto che il prodotto non ha
margine, dunque si sta spacciando per innovativo un prodotto che invece non lo è,
bisogna per esempio ridurre la gamma, tarandosi su prodotti funzionali. Se si produce
un dentifricio che si ritiene innovativo, ma il cliente non lo percepisce o non lo accetta
come tale, questo non genera valore, ed è quindi inutile. Bisognerà allora per esempio
ridurre la gamma, rifarsi alla logica di prodotto funzionale.
Il tentativo di rimedio dunque non è altro che il riportare in un quadrante di match una
situazione che precedentemente era in un quadrante di mismatch.
Nell’articolo Fisher riporta 2 esempi della propria esperienza come consulente.
Zuppa Campbell, prodotto funzionale, domanda relativamente stabile, margini ridotti
(2% sul costo complessivo), stock-out minimi (1%) e con costi trascurabili (1% * 2%). I
distributori di Campbell avevano 4 settimane di giacenza media di prodotto → Campbell
si rese conto che il punto di miglioramento era lì, non nel ridurre lo stock-out o
l’obsolescenza → introdusse un sistema di continuous replenishment; si fissò un limite
superiore ed inferiore e quotidianamente un milk-run avrebbe rifornito il centro di
distribuzione/retailer. I dati previsionali della domanda del giorno erano forniti
automaticamente dal lettore ottico nella cassa del retailer → previsioni a breve termine
che il retailer era in grado di fornire molto più facilmente rispetto a previsioni mensili.
Risultato dell’azione fu il passaggio del livello medio di giacenze da 4 a 2 settimane,
senza intaccare la percentuale di stock-out.
In caso di prodotti innovativi questo approccio all’aggressione di inefficienze
probabilmente non avrebbe funzionato.
Altro esempio è Obermeier Sport, negozio di articoli sportivi per sport invernali ad
Aspen. Domanda concentrata prevalentemente nel periodo invernale o a ridosso di
questo periodo → per soddisfare la domanda non prevedibile (rinnovo della gamma per
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
134
a.a. 2010-2011
il 90% ogni anno), Obermeyer organizzava ponti aerei del costo di 25.000 $ l’uno per
rispondere velocemente ai clienti.
•
•
•
Ridurre l’incertezza
Evitare l’incertezza
Gestire l’incertezza
Quando c’è market mediation bisogna accettare il fatto che l’incertezza ci sia.
Obermeyer non poteva gestire facilmente a previsionale la produzione presso i contract
manufacturer cinesi poiché non sapeva come avrebbe variato la gamma e quali
sarebbero stati i capi più “tirati” dai clienti → intervento sui 3 aspetti di sopra:
• Riduzione dell’incertezza: qualcuno avrebbe potuto dare informazioni attendibili
sull’andamento previsto della domanda? Probabilmente i retailer avrebbero
potuto aiutare in questo, lavorando in diretto contatto coi clienti → proposero di
incontrarsi a Febbraio per acquisire un quadro informativo più completo e avere
una previsione di domanda più credibile → induce i retailer a condividere tali
informazioni ed effettuare early orders, ordini già a Febbraio per aver garantita la
fornitura
• Un ponte aereo dalla Cina costa 25.000 $ → perché utilizzare questo metodo anzi
che altri? Obermeyer scopre che i propri carta-modelli venivano mandati alla
Cina per posta ordinaria anzi che per prioritaria risparmiando 20 $ → non aveva
senso → passano a posta veloce → per la metà della gamma riuscirono a spostare
il committment dei retailer a valle degli early orders → hanno trasformato un
make to stock in un make to order
• Le previsioni sono per definizioni scorrette, ma fino a che punto? Che differenze
ci sono nel livello e nel grado di errore? Ingaggiarono diversi membri dell’ufficio
acquisti per prevedere la domanda → comparando i diversi previsivi generati da
diverse persone si aveva una garanzia maggiore sulla veridicità e la bontà della
previsione → se le previsioni erano coerenti più probabilmente sarebbero state
verosimili → per i prodotti prevedibili si sarebbe potuto spostare il committment
a monte, mentre per i non prevedibili il committment sarebbe stato spostato più
a valle. Obermeyer ottenne ottimi risultati in termini di fatturato, accuratezza
delle previsioni, e soddisfazione dei retailer.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
135
a.a. 2010-2011
09/06/2011
Strategie della Supply Chain
by Hau Lee
Il supply chain management nella tesi di Hau Lee sulla supply chain (SC) prevede di
allineare la SC con gli elementi di incertezza che ruotano intorno all’offerta
• L’approccio di Hau Lee nella supply chain (SC) prevede di allineare la SC con
elementi di incertezza che ruotano intorno all’offerta
• Un processo con offerta stabile dispone di tecnologie mature, un processo con
offerta in evoluzione dispone di tecnologie in rapida evoluzione.
• Tipi di SC:
◦ SC efficienti
◦ SC per la copertura del rischio
◦ SC reattive
◦ SC agili
Obiettivi:
• Supply Chain Management
• Misurare le prestazioni della supply chain
• Effetto bullwhip
• Outsourcing
• Densità di valore
• Personalizzazione di massa
La riflessione iniziale riguarda il fatto che non esiste un'unica maniera di fare supply
chain ma la diversa tipologia, come abbiamo visto con Fisher, dipende dalle
caratteristiche del prodotto, funzionale o innovativo, e dalle strategie di supply chain che
saranno efficientiste o market responsive. Ogni caso è diverso ma allo stesso tempo non
si deve arrivare ad una customizzazione completa, Fisher dà delle linee guida, fornisce
un modello con la prassi generale, sta poi ai manager capire cosa deve o può essere
applicato → ci saranno supply chain più vicine all’idealtipo efficiente, e altre più vicine
all’idealtipo reattivo.
Il modello di Fisher guarda al lato domanda e declina le caratteristiche della supply
chain sulla base delle caratteristiche di questa. I prodotti funzionali hanno una domanda
stabile, mentre i prodotti innovativi cercando si soddisfare nuove esigenze, avranno una
domanda non prevedibile. Essi avranno una marginalità più alta.
Qualche anno dopo uno studioso americano ha introdotto un modello integrato.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
136
a.a. 2010-2011
Altro modo rispetto a Fisher per classificare l’instabilità è quello che introduce il fattore
ambientale/esterno, non dipendente dall’azienda; si pensi ad esempio al settore agroalimentare, altamente tecnologico, ma in questo settore l’incertezza è a monte, anche se
si può smussare il fattore di rischiosità approvvigionandosi da diversi paesi/regioni. In
ogni caso l’agroalimentare è un settore la cui stabilità dipende molto dalle condizioni
climatiche che compromettono la stabilità dell’offerta, nonostante la domanda invece sia
relativamente costante o perlomeno prevedibile.
Nel modello di Fisher le uniche variabili che influenzano la domanda sono legate al
prodotto. Il coreano Lee invece sostiene che la stabilità della situazione non dipenda
solo dal prodotto e dalla tecnologia, quindi dal “lato della domanda” ma anche
fortemente dalla “stabilità dell’offerta” e dalle caratteristiche di questa. Un fattore
esogeno all’azienda ma che determina le caratteristiche dell’offerta è infatti il fattore
ambientale.
Con questa configurazione possiamo immaginare 4 quadranti di una matrice le cui
dimensioni sono domanda stabile vs instabile da un lato, e offerta stabile vs in
evoluzione dall’altro.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
137
a.a. 2010-2011
Quadro degli elementi di incertezza nella SC secondo Hau Lee
La mass customization è il tentativo di coniugare l’esigenza di produrre grandi volumi le
cui caratteristiche del prodotto sono differenti e specializzate alla soddisfazione delle
esigenze e dei gusti di numerosi diversi clienti.
Se si ha il rischio di un’interruzione di fornitura, dovuta a variabilità climatiche ad
esempio, si avrà una SC per la copertura del rischio il cui obiettivo sarà appunto quello
di far fronte a questo rischio cautelandosi. Ad esempio la produzione di energia da una
centrale idroelettrica dipende dalla piovosità dell’anno (della stagione precedente) →
per cautelarsi e far fronte al rischio si costruisce un bacino di raccolta. Nel settore agroalimentare ci si rivolge a forniture da altri paesi → non esiste una soluzione ottima in
generale.
La supply chain agile fonde la presenza di incertezza sia sulla dimensione della domanda
sia su quella dell’offerta. Si hanno problemi non solo per la qualità della fornitura ma
anche per la continuità della fornitura/produzione. Si hanno prodotti innovativi per i
quali la tecnologia non è consolidata → i guasti in produzione saranno maggiori e la
produttività di conseguenza sarà rallentata, inoltre la domanda è imprevedibile → devo
instaurare meccanismi di inseguimento della domanda. Questo però non basta poiché si
è in un contesto in cui è incerta anche l’offerta e si ha rischio → Le SC agili presentano
caratteristiche relative sia a SC efficienti, sia a SC reattive (come capacità extra dei
buffer, ecc).
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
138
a.a. 2010-2011
Cos’è una supply chain?
L’espressione supply chain descrive le forme di collegamento esistenti fra le
organizzazioni (fornitori, produttori, distributori e clienti)
Servizi
Fornitori
Attività di
supporto ai servizi
Fornitore locale
del servizio
Supply network
Input
Trasformazione
Localizzazione
Manufacturing
Fornitori
Manufacturing
Distribuzione
Clienti
Output
Clienti
Non è facile misurare la performance di una supply chain, mentre è più consolidata la
scienza che misura la performance aziendale; definire però la performance dell’intero
sistema del valore, dell’intera SC, è complesso; è anche non facile definire i confini di
una SC per giudicare la bontà della stessa SC → una variabile indicativa ed accettata per
qualificare la supply chain è il livello delle scorte all’interno della filiera
Formule per misurare le prestazioni della supply chain
•
Uno degli indicatori di rendimento più comunemente usati è l’indice di
“rotazione del magazzino”.
Rotazione del magazzino=
•
Costo delle merci vendute
Valore medio delle scorte a magazzino
In molte situazioni, soprattutto quando dominano le scorte a uso distribuzione, si
preferisce l’indice delle “settimane di giacenza”. Esso misura in numero di
settimane il periodo di giacenza delle scorte immagazzinate nel sistema in un
dato momento
Setimane di giacenza=
Valore medio delle scorte a magazzino
⋅52 settimane
Costo delle merci vendute
Mi dice quante settimane di copertura ho ai ritmi medi di produzione.
L’efficienza di una SC ovviamente non si può misurare solo sulla base del livello di
scorte, ma questo è sicuramente un indice valido.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
139
a.a. 2010-2011
Effetto bullwhip
Gli ordini emessi nella supply chain presentano evidenti variazioni →
Molti dettaglianti, ciascuno dei quali emette ordini scarsamente variabili (fig. 2) →
possono portare a una superiore variabilità per un numero minore di grossisti e (fig.3)
→ possono portare a un’ancora maggiore variabilità per un produttore unico (fig.4).
Bullwhip = coda del toro. La scoperta di questo fenomeno è stata puramente empirica,
non teorica. Si immagini una filiera, da capofila, a diversi livelli, a cliente finale. Viene
naturale pensare che aumentando il n° di livelli aumenti l’incertezza, soprattutto
avvicinandosi al cliente l’incertezza aumenterà → si penserà che anche il n° di scorte di
conseguenza aumenti andando verso i clienti.
Alcuni studiosi fecero uno studio a riguardo sulla catena di fornitura della P&G e
rilevarono esattamente il contrario → incremento delle scorte risalendo lungo la supply
chain.
L’effetto bullwhip si crea a fronte di comportamenti irrazionali nell’emissione degli
ordini e a fronte di un ritardo nel lasso temporale tra l’impresa agente e le altre imprese
della filiera tale per cui l’oscillazione della domanda si manifesta come creazione di
scorte sempre più evidente e pesante risalendo la filiera. Per colpa dunque di
comportamenti irrazionali (nella gestione delle scorte e nella gestione degli ordinativi) e
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
140
a.a. 2010-2011
di ritardi nel trattare gli ordini di produzione/approvvigionamento si crea una
situazione di nervosismo per la quale una domanda a valle relativamente stabile genera
a monte una domanda a picchi. Ulteriori studi hanno dimostrato che non è stato un caso
particolare di P&G ma è un problema frequente e addirittura macroeconomico, studiato
su intere filiere → le scorte sono mediamente più alte nelle filiere più lontane dal
mercato.
Un altro caso in cui si genera l’effetto bullwhip si ha quando il cliente dà al fornitore il
piano previsionale di approvvigionamento, ma non gli dà la domanda effettiva. Il
fornitore infatti si chiederà da dove arriva questo piano dal momento che non è legato
ad essa.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
141
a.a. 2010-2011
Ricorso all’outsourcing nella Supply Chain
by Chase e Aquilano
Motivazioni aziendali generali
• Incrementa l’efficacia focalizzando un’azienda su ciò che sa fare meglio
• Aumenta la flessibilità per adeguarsi alle mutevoli condizioni del mercato, della
domanda di prodotti e servizi e delle tecnologie
• Trasforma l’organizzazione aziendale
• Aumenta il valore dei prodotti e dei servizi, la customer satisfaction ed il valore
per gli azionisti
Motivazioni legate ai processi di miglioramento
• Migliora le prestazioni operative (aumenta qualità e produttività, accorcia i tempi
di ciclo, ecc..)
• Garantisce competenze, abilità e tecnologie altrimenti irreperibili
• Migliora la gestione ed il controllo interno
• Migliora la gestione del rischio
• Permette di acquisire idee innovative
• Migliora la credibilità e l’immagine grazie alla partnership con i fornitori di
elevate reputazioni
Motivazioni finanziarie
• Riduce gli investimenti in asset e permette di destinare ad altri scopi i capitali
liberati
• Genera liquidità trasferendo asset al fornitore
Motivazioni legate all’incremento dei ricavi
• Incrementa il potenziale di accesso a nuovi mercati e business attraverso la rete
del fornitore
• Accelera l’espansione grazie all’utilizzo di capacità, processi e sistemi sviluppati
dal fornitore
• Aumenta le vendite e la capacità produttiva nei periodi in cui non è possibile
attuare investimenti di ampliamento
• Sfrutta le competenze esistenti in chiave commerciale
Motivazioni legate ai costi
• Riduce i costi grazie alle superiori prestazioni e ai minori costi del fornitore
• Converte i costi fissi in costi variabili
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
142
a.a. 2010-2011
Motivazioni legate alle risorse umane
• Consolida le prospettive di carriera dei dipendenti
• Aumenta l’impegno e l’energia nelle aree non core
Ci sono 3 dimensioni fondamentali nell’analisi dell’eventuale ricorso all’outsourcing:
• Coordinamento
• Controllo strategico → quanto è importante presidiare un’attività? → quanto
sarebbe il danno se perdessi il controllo su quell’attività? Sotto elevati
investimenti specifici il danno da mancato controllo sarebbe grande →
investimenti specifici spingono verso il controllo gerarchico (abbiamo già visto
che quando sono elevati i costi di investimento diretto si tenderà
all’integrazione). Laddove c’è un investimento relation-specific è necessario un
controllo strategico, o attraverso l’integrazione, o attraverso contratti complessi e
cautelativi
• Proprietà intellettuale → Controllo della proprietà intellettuale; dove è difficile
farlo con strumenti legali conviene ricorrere all’integrazione ed evitare
l’outsourcing.
Schema decisionale per strutturare le relazioni con i fornitori
Integrazione verticale
(non esternalizzare)
Coordinamento
Controllo
strategico
Proprietà
intellettuale
Relazione tra entità
indipendenti (esternalizzare)
Interfacce “confuse”, operazioni contigue
richiedono un elevato grado di adattamento
reciproco, scambio di conoscenze implicite e
learning-by-doing. L’informazione richiesta è
specificatamente mirata all'attività in oggetto
Interfacce standardizzate tra
operazioni adiacenti; l’informazione
richiesta è altamente codificata e
standardizzata (prezzi, quantità,
tempi e modalità di consegna, ecc)
Molto elevato: sono richiesti investimenti
significativi in beni durevoli relation-specific per
una corretta esecuzione delle attività richieste.
L’investimento non può essere recuperato se la
relazione viene interrotta:
•
collocazione di stabilimenti specializzati
•
investimento nel brand equity
•
significative curve di apprendimento
proprietarie
•
investimento a lungo termine in
programmi di ricerca e sviluppo
specializzati
Molto basso: beni durevoli e altri
asset impiegabili da un gran
numero di altri potenziali clienti o
fornitori
Tutela della proprietà intellettuale poco chiara o
debole. Tecnologia facile da imitare.
Interfacce “confuse” tra diversi componenti
tecnologici.
Forte tutela della proprietà
intellettuale. Tecnologia difficile da
imitare. Confini “netti” tra diversi
componenti tecnologici
Nel testo di Chase e Acquilano c’è un capitolo dedicato alla logistica → declinano il
problema dell’outsourcing alla logistica.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
143
a.a. 2010-2011
La logistica sta diventando un elemento che può essere esternalizzato dalle imprese
perché da un lato queste Third Party Logistics sono molto specializzate e con un livello
di esperienza che un’azienda manifatturiera non potrà mai raggiungere, dall’altro lato
queste imprese offrono una serie di servizi di contorno molto interessanti per l’impresa
che si appoggia a tale operatore logistico (uno di questi servizi aggiuntivi può essere
l’ultima fase di un semplice assemblaggio).
Esempio può essere un prodotto che ha bisogno di diverse configurazioni specifiche per
la vendita nei diversi paesi (es. presa elettrica che ha diverse configurazioni per
allacciarsi ai quadri elettrici nei diversi paesi). La singola impresa realizza il prodotto
standard lasciando l’ultima customizzazione al fornitore del servizio logistico che la deve
distribuire → questa politica porta al produttore il vantaggio di non dover tenere grandi
quantità di scorta di prodotti specifici e diversi all’interno del suo magazzino. Inoltre il
fornitore aggiungerà così ulteriore valore al prodotto prima di distribuirlo.
In futuro probabilmente verrà introdotto un sistema di regolamentazione di queste
situazioni. In particolare in futuro diverrà obbligatoria la regolamentazione dello
smaltimento dei prodotti al termine del loro ciclo di vita → Reverse Logistics → gli
operatori che si sono preparati a gestire la reverse logistics si troveranno in posizione di
vantaggio competitivo quando questa diverrà obbligatoria. Quello della reverse logistics
è un mercato stimato per l’Europa di circa 100 mld €.
La densità di valore, espressa dal valore di un articolo per unità di peso, è indicativa
dell’importanza del prodotto e di quanto questo prodotto sfrutti più efficientemente il
trasporto (conviene trasportare in aereo lingotti d’oro piuttosto che blocchi di
gommapiuma).
Mass customization
La personalizzazione di massa indica un approccio alla produzione volto a generare
grandi volumi di prodotto altamente personalizzati, customizzati, con elevate varianti →
si parla di grandi economie di scala.
La chiave della personalizzazione di massa risiede nella prassi di post-ponement, ovvero
nel differire all’ultimo punto utile della supply chain il compito di differenziare il
prodotto per uno specifico cliente. A tale scopo le aziende devono ripensare ed integrare
la progettazione del prodotto, i processi impiegati per fabbricare e distribuire i prodotti,
e la configurazione dell’intero supply network.
I principi della mass customization sono 3:
1. La mass customization si basa sulla modularità del prodotto; i moduli
indipendenti dovrebbero poter essere assemblati facilmente ed economicamente
in forme diverse. E’ tanto più facile ottenere elevate differenze in grossi volumi di
prodotto quanto più queste specifiche sono legate ad elementi modulari e
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
144
a.a. 2010-2011
assemblabili a valle della produzione, quanto più gli elementi specifici sono
autonomi ed interfacciati al prodotto base in maniera standardizzata (ad esempio
Caterpillar fa macchine asfaltatrici con diverse appendici a seconda della
tipologia della strada e delle esigenze del cliente → il corpo macchina è unico ma
il cliente avrà diverse appendici a seconda che voglia asfaltare autostrade o
stradine di montagna; l’appendice svolge il proprio ruolo in maniera autonoma
ed il modo in cui si interfaccia col prodotto è standardizzato)
2. La modularità dei processi produttivi e di erogazione del servizio. I processi
vanno progettati in modo da essere indipendenti, e poter essere spostati o
riconfigurati facilmente, per supportare differenti progetti di rete distributiva. Le
varianti cromatiche ad esempio si creano attraverso mix per sistemi chimici e
foto-elettrici → da pochi colori fondamentali si ottengono poi tutti i mix
desiderati. Benetton applicava perfettamente il post-ponement → si cerca di
posticipare più a valle possibile la customizzazione non reversibile → tingeva il
capo e non il filo, prima dell’invio a clienti/retailers
3. Riguarda la struttura del network, cioè il posizionamento delle scorte e la
localizzazione, il numero e le caratteristiche delle infrastrutture di servizio, di
produzione, di distribuzione dovrebbe essere progettato in modo da garantire due
capacità per il vantaggio competitivo e l’efficienza del sistema:
◦ Mettere a disposizione dei vari centri di distribuzione l’elemento base per
poi eseguire la customizzazione
◦ Essere flessibili e reattivi nella raccolta ordini di ogni singolo cliente. Se si
vuole customizzare si deve essere rapidi ed efficienti nel rilevare le
esigenze e nell’inseguire la domanda di mercato → network efficiente a
monte della customizzazione e network reattivo a valle della
customizzazione.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
145
a.a. 2010-2011
International Sourcing strategy
Trattiamo l’International Sourcing in contesti e realtà low cost o best cost dislocati in
diverse regioni del mondo, a prescindere dal paese in cui si andrà ad acquistare.
International sourcing = “Approvvigionamento di materiali, componenti e prodotti finiti
da fornitori localizzati al di fuori dei confini domestici” → Opportunità strategica
finalizzata ad un vantaggio competitivo sostenibile nel tempo.
Global Sourcing ed International sourcing non sono sinonimi: International sourcing ha
un significato generale di acquisto fuori dai confini domestici, Global sourcing è invece
una strategia coordinata e consapevole che ricorre all’acquisto su scala mondiale per
perseguire vantaggio competitivo, è qualcosa di più specifico e mirato.
Le determinanti dell’International Sourcing
•
•
•
•
•
Riduzione dei costi d’acquisto → è spesso la variabile chiave nella scelta del
ricorso all’outsourcing, anche se spesso bisogna considerare un costo globale
(total cost of ownership), non effettuare una mera comparazione dei prezzi
d’acquisto
Accesso a risorse/capacità distintive
Possibilità di ampliare la base dei fornitori disponibili
Possibilità di legittimare o sviluppare uno sbocco commerciale → Ermenegildo
Zegna ha effettuato una joint venture al 50% con un fornitore cinese, creando
SharMoon per acquisire competenze del mercato cinese, senza far produrre i capi
lì, temendo un abbassamento della reputazione del proprio marchio. In questo
modo, con la joint venture, Zegna sta acquisendo conoscenze relative al mercato
ed ai metodi produttivi cinesi
Riduzioni delle barriere commerciali ed accordi internazionali
Fattori ostacolanti l’International Sourcing
•
•
•
Costi → legati ai tempi, alla qualità, alle difficoltà logistiche
Tempi → dati anche dalle distanze e dalla difficoltà di raggiungimento dei poli di
scambio, e questi a loro volta determinano un incremento dei costi
Differenze culturali e di linguaggio → ci sono standard informali all’interno delle
relazioni che sono figli delle diverse culture → negoziare con un fornitore cinese è
totalmente diverso dal negoziare con un fornitore italiano (in particolare le basi
comuniste e del confucianesimo rendono implicita nel cinese la cultura che
definisce il contratto come qualcosa che debba portare vantaggio ad entrambe le
parti, qualora ciò non avvenga, o smetta di avvenire, il fornitore cinese si sentirà
autorizzato ad interrompere il contratto)
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
146
a.a. 2010-2011
•
•
Rischio di espropriazione di conoscenze e tecnologie → perché è più difficile il
monitoraggio se non c’è la presenza fisica (ad esempio un produttore di scale si
approvvigiona dalla Cina solo per componenti della scala ed effettua lui
l’assemblaggio del prodotto finito per non rischiare di subire espropriazione di
conoscenza
Instabilità politiche dei mercati esteri
Vedremo 3 modelli che cercano di interpretare l’evoluzione dell’International Sourcing.
1. Modello di Evoluzione di Monczka e Trent
Descrive l’evoluzione internazionale degli approvvigionamenti secondo 4 fasi:
• Ricorso ai fornitori domestici: quando un’impresa nasce probabilmente si fornirà
localmente
• IS come risposta a necessità contingenti: in seguito l’impresa dovrà migliorare la
tecnologia o abbassare i costi → in risposta ad esigenze contingenti l’impresa
inizierà a cercare oltre i confini domestici → logica reattiva ad una particolare
esigenza
• IS come strategia di approvvigionamento: l’IS diventa problematico da gestire,
ogni volta che si lancia un nuovo prodotto ci si pone il problema se
approvvigionarsi all’estero o nei confini domestici → non risposta a particolare
esigenza ma risposta ad esigenze sistematiche → strategia di approvvigionamento
• Integrazione attività: si ha una piena integrazione, si arriva sistematicamente
per ogni categoria del prodotto a capire qual’è il paese in cui è più conveniente
comprare. Questo step finale si può chiamare anche global sourcing
Si è passati da un Sourcing come necessità contingente a Global Sourcing come
elemento chiave, strategia proattiva e determinante di vantaggio competitivo.
2. Modello di evoluzione di Monczka e Giunipero
Descrivono l’evoluzione internazionale degli approvvigionamenti secondo 2 fasi:
1. Operativa – Transnazionale:
◦ Riduzione dei costi
◦ Accesso a nuove fonti
◦ Componenti di fornitori domestici
◦ Agenti/contatto diretto
2. Pianificazione - Gestione: la strategia di approvvigionamento deve essere
sistematicamente in grado di perseguire il vantaggio competitivo sul lungo
termine
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
147
a.a. 2010-2011
◦
◦
◦
◦
Disegno strategico
Ricerca di vantaggio competitivo di medio - lungo termine
International Purchasing Office (IPO)
Sussidiarie estere
3. Modello evolutivo di Rugman delle Fasi di sviluppo dell’IS (1995)
Propone delle fasi consecutive ma non impone né il passaggio obbligato per ciascuno
degli step né l’esigenza di arrivare per forza alla fase finale.
Sulla base di dimensioni quali il grado di coinvolgimento sui mercati esteri ed il tempo,
si stila un grafico evolutivo → si parte da una situazione di acquisto domestico, poi si
passa all’importazione tramite agenti e/o distributori; lo step successivo è di
importazione attraverso proprie sussidiarie estere (solo se queste sono disponibili). Ad
un passo ulteriore ha senso vi sia ricorso agli IPO, gli uffici deputati alla selezione dei
fornitori stranieri. Per le imprese che non hanno sussidiarie estere ha senso che almeno
inizialmente sia l’ufficio acquisti interno a specializzarsi in parte negli acquisti esteri,
solo successivamente si potranno dedicare interi uffici acquisti all’estero. All’ultimo e
più evoluto step si arriva nuovamente al global sourcing integrato. Si fanno analisi di
convenienza di produttori localizzati in diversi paesi, e si scelgono quelli che danno un
vantaggio globale migliore Ad esempio la Pirelli ha 3 facility produttive in Cina e degli
uffici acquisti in Cina che non sono dedicati all’acquisto di materiali in Cina ma
acquistano anche materiali da altri paesi necessari per l’approvvigionamento delle
facilities cinesi.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
148
a.a. 2010-2011
10/06/2011
Tipologie di approvvigionamento dalla Cina
Esistono 3 tipologie di approvvigionamento dalla Cina anche se il primo è quasi
scomparsa come tipologia, è trascurata:
• Approvvigionamento imposto
• Approvvigionamento mediato
• Approvvigionamento diretto
Approvvigionamento imposto
Obiettivo: Garanzia di un mercato protetto in settori strategici; politica finalizzata
all’acquisizione di “modus operandi”.
Codici d’acquisto: high tech e Engineer to Order.
Competenze richieste al buyer: capacità di negoziazione, capacitò di far conoscere il
fornitore, capacitò di coordinamento della rete di fornitura locale
Infrastrutture organizzative sviluppate localmente dal buyer: personale locale per
attività commerciale, legale, ecc..
Approvvigionamento mediato
Ciò che lo caratterizza è la presenza/assenza di un intermediario che funziona da
interfaccia tra gli attori dell’approvvigionamento.
Esistono 2 tipologie di intermediario:
• Tradizionale → Grossista internazionale, Profilo commerciale, No interazione
diretta buyer - fornitore, Codici standard
• Outsourcing di servizi di approvvigionamento internazionali → Provider di una
serie di servizi, Fondamentale nelle fasi iniziali, Dalle produzioni
pilota:interazione diretta, L’intermediario ha la responsabilità complessiva
Quando la negoziazione si complica e le caratteristiche della transazione si fanno
più profonde si ha la necessità di un pacchetto di servizi più completo ed evoluto
che un semplice grossista (come nel caso di prima) non sarebbe in grado di fare.
Quando iniziano le attività di fornitura il provider ha già finito il proprio compito,
infatti la sua importanza principale è nella fase di avvio della relazione
economica, dallo scouting alla chiusura del contratto, dopo può instaurarsi una
relazione diretta tra cliente e fornitore
Approvvigionamento diretto
•
Tradizionale:
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
149
a.a. 2010-2011
◦ Assenza di forme di integrazione operativa tra le parti
◦ Approccio di “puro mercato”
◦ Codici di acquisto: standard, presenti a catalogo
◦ Orizzonte temporale: transazione “spot”
Non richiedono grossi sforzi informativi, sono più adatti per tipologie di prodotto
standardizzate, a catalogo, con orizzonte temporale di breve periodo.
•
Collaborativo:
◦ Integrazione operativa fra le parti
◦ Collaborazione in ambito progettuale e logistico-produttivo
◦ Codici di acquisto: complessi, brevi cicli di vita
◦ Competenze richieste al buyer: profonda conoscenza delle prassi operative
cinesi, capacità di far crescere il fornitore
◦ Competenze richieste al fornitore: flessibilità al mix, ai volumi, ed ai prodotti
Il Buyer è chiamato ad una migliore e più profonda conoscenza delle prassi Cinesi, in
quanto la prospettiva è di lungo termine e si presuppone un miglioramento del
fornitore. Fin dai tempi passati, le imprese occidentali richiedono flessibilità (nella
gamma, nei volumi, nei tempi di consegna) ai fornitori mentre i cinesi non sono abituati.
•
Forme di partecipazione del capitale:
◦ Equity joint venture: costituzione di una società a responsabilità limitata
◦ Contractual joint venture: conferimenti dell’investitore straniero sono valuta,
tecnologie ed attrezzature avanzate. L’apporto cinese si limita all’immobile e
al diritto d’uso del terreno. Superiore flessibilità gestionale e maggiore
semplicità amministrativa
◦ Wholly foreigned-owned enterprise (WFOE): costituzione di una società
totalmente posseduta e gestita dall’impresa occidentale, posseduta quindi da
un proprietario straniero rispetto al paese d’origine dell’azienda, l’apporto di
capitale però è congiunto a entrambi.
Verso un modello normativo: parametri
•
•
Dimensione aziendale
◦ Grandi e PMI
◦ Volumi d’acquisto
Complessità del codice
◦ Specifiche non standard
◦ Trasferimento di tecnologie e competenze
◦ Personale specializzate
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
150
a.a. 2010-2011
•
◦ Ciclo breve
◦ Gamma ampia
◦ Complessità architetturale
Complessità dell’ambiente industriale
◦ Eterogeneità
◦ Differenze geografiche, intersettoriali, intrasettoriali
Complessità del codice: complessità tecnologica ed architetturale. Quanto più questa
complessità è elevata tanto più ci spostiamo verso una forma di approvvigionamento
diretto di tipo collaborativo.
Complessità del contesto: per contesto si intende quello d’acquisto. Possono essere il
grado di sviluppo delle imprese in grado di realizzare un certo prodotto, quanto sono
numerose e quanto sono gestibili a livello di rapporto. Con Guanxi si intendono le
relazioni che si instaurano sia tra cliente e fornitore sia all’interno della rete di fornitori.
Grandi Imprese o alti volumi
Nel caso di grandi imprese o alti volumi se le dimensioni di complessità, di contesto e di
codice aumentano conviene dunque passare ad una logica di approvvigionamento
diretto ma collaborativo; se questi due elementi di complessità sono invece contenuti si
può pensare di avere una forma di approvvigionamento diretto tradizionale e semplice.
PMI o bassi volumi
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
151
a.a. 2010-2011
Nel caso di PMI o bassi volumi se le due complessità sono basse è consigliabile ricorrere
ad un approvvigionamento intermediato tradizionale, negli altri casi invece si può
pensare di rivolgersi ad un intermediario provider.
Fasi di costituzione di un canale di approvvigionamento in Cina
•
•
•
Analisi mercato cinese: la Cina è caratterizzata da un enorme mercato interno
Identificazione di potenziali fornitori: In Cina viene molto utilizzato lo strumento
fieristico per acquisire informazioni
Auditing preliminare: vengono effettuati degli audit e delle visite ai fornitori,
tenendo presente che in Cina non c’è solo produzione economica e di bassa
qualità, ma ci sono imprese professionali.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
152
a.a. 2010-2011
Managing the evolving Global Production Network
by Kastra Ferdows
In un mondo in cui i vantaggi comparati dei paesi cambiano in maniera radicale ed in
maniera molto veloce non si può pensare di rivolgersi ad un paese in via di sviluppo e
sperare di avere un vantaggio competitivo stazionario → le imprese che si dotano di un
network produttivo globale si trovano davanti ad una scelta:
• Stabilità della produzione → vantaggio della stabilità nel tempo, in quanto solo
con il passare degli anni si riesce a sviluppare una sinergia interna all’azienda e
solo in orizzonti temporali lunghi si riescono ad effettuare grossi cambiamenti,
con continuità degli investimenti, anche perché non è facile poi spostare
frequentemente le competenze → imprese “Deep rooted”
• Inseguimento del vantaggio competitivo → trasferimento delle competenze e
della produttività nei paesi che via via nell’evoluzione globale diventano più
competitivi → “Foot loose” = impresa che costantemente insegue contesti
economicamente più convenienti e si sposta in essi.
A seconda del mio modello di business sceglierò l’approccio più coerente con questo.
I modelli foot lose hanno delle criticità → se le scelte foot loose sono frutto di decisioni
occasionali ed emotive si rischia di trascinare la strategia aziendale verso una rischiosa
ottica di breve termine.
La criticità non è più scegliere uno o l’altro modello, ma sceglierne avventatamente uno
sulla base di una sola situazione occasionale in cui si presenta un contesto che
suggerisce la scelta di un modello per quella singola situazione → se si compie una scelta
di questo genere senza criterio ci si trova in situazioni di mismatch similmente a quanto
avveniva nel modello di Fisher (ci si trova ad esempio ad avere prodotto funzionale e
supply chain reattiva, oppure un prodotto innovativo ed una supply chain efficiente).
Il modello di Ferdows
Egli afferma che è importante capire quale sia il modello giusto nel contesto giusto, e
dice anche che è importante il modo in cui si vanno ad analizzare le situazioni
intermedie.
Possiamo immaginare che le imprese abbiano o processi produttivi proprietari e
distintivi, o processi produttivi standard che producano o commodity, o prodotti unici e
differenziati.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
153
a.a. 2010-2011
Se il processo produttivo e il prodotto sono caratterizzati da unicità, è ovvio che ci siano
competenze e conoscenze distintive, difficili da traferire → è evidente che si debba
andare con un deep rooted (es. Intel).
Se invece si opera nel quadrante con processi standard e comodities, si ha una
situazione foot loose. Es. Ikea è tipicamente foot loose, ha una rete di fornitura
mondiale, si approvvigiona prevalentemente da fornitori asiatici, i prodotti sono molto
semplici, per cui può attuare un’alta rotazione dei fornitori, anche perché il prodotto è
codificabile e non si necessita del trasferimento di tecnologie e conoscenze, o perlomeno
questo trasferimento di conoscenze e processi è di facile attuabilità. Motorola ad
esempio si rivolge per la produzione quasi esclusivamente a contract manufacturers.
Un’azienda che però perde completamente il controllo della produzione perde anche le
competenze e la capacità di trasferire queste conoscenze, inoltre spesso la produzione
funziona da stimolo o da vincolo per il design per cui risulterà molto rischiosa la
separazione tra progettazione e produzione.
Altro problema molto grave è che c’è una componente di paura da parte degli operai
data dall’alto livello di incertezza, temono infatti di perdere il posto e quindi alla prima
occasione abbandonano per trasferirsi da un’altra parte, magari anche da un
concorrente → la fabbrica perde competenze.
Inoltre il contract manufacturer perseguirà i propri obiettivi come ad esempio la
standardizzazione del prodotto che gli viene assegnato → ad esempio produrrà i telefoni
Motorola in maniera simile ai telefonini che altri fornitori gli assegnano e non gli
interesserà perseguire la politica di differenziazione di Motorola.
Il contract manufacturer prima o poi diventerà un competitors, come ad esempio ha
fatto BenQ che ha iniziato a produrre cellulari per il mercato asiatico dopo essere stato
per anni fornitore Motorola. La più grossa perdita l’ha avuta Motorola perché non solo
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
154
a.a. 2010-2011
si è trovata un ulteriore concorrente, ma ad un certo punto si è trovata senza l’appoggio,
la fornitura di BenQ e senza le competenze produttive ormai perse.
“Rivolgersi ad un contract manufacturer è come produrre la corda con la quale si verrà
impiccati”.
I grossi rischi li hanno quelle imprese che occupano gli altri 2 riquadri del modello di
Ferdows → Commodity + processi proprietari o prodotti unici + processi produttivi
standard. Sono situazioni rischiose e le aziende tenderanno a scivolare (slippery) verso il
foot loose poiché, ad esempio, un’impresa che ha come vantaggio competitivo l’unicità
del prodotto (macchine fotografiche), cercherà di standardizzare il processo per ridurre i
costi. Quando questi processi produttivi verranno trasferiti in paesi più competitivi e
affidati a contract manufacturers allora l’azienda perderà l’unicità del prodotto in
quanto diverrà standard anch’esso.
Altro esempio nel caso di prodotti commodity e processi proprietari è Lego. Prodotto
standard ma che richiede processi industriali complessi ed elevato controllo qualità. Nel
tempo ci fu un tentativo di passare a processi produttivi standard ma di conseguenza
Lego presentò un abbassamento qualitativo notevole
Zara ad esempio usa 2 politiche diverse a seconda del prodotto, utilizza un modello
ibrido → foot loose per i prodotti semplici (ricorso al mercato) e deep rooted per quelli
complessi (competenze specifiche da tenere all’interno).
Esame
•
•
25 quiz con 4 risposte ciascuna delle quali può essere vera o falsa → 30 min ( →
bisogna dare 3 risposte al minuto)
2 domande aperte con un n° di caratteri limitato (1.500 caratteri la 1 a + 1.200 la
2a spazi inclusi) → 40 min.
A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari
155
a.a. 2010-2011