La termografia nei dolori d`origine vertebrale

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La termografia nei dolori d`origine vertebrale
EUR MED PHYS 2008;44(Suppl. 1 to No. 3)
La termografia nei dolori d’origine vertebrale
R. GATTO, M.L. TENAGLIA
Introduzione
Clinica S. Rita, Vercelli
Obiettivo
Il presente studio si propone come obiettivo di valutare se la
moderna termografia digitale ad alta risoluzione può oggi essere
considerata, nel campo dei dolori d’origine vertebrale, un utile ed
affidabile ausilio diagnostico, complementare alle tecniche tradizionali di indagine diagnostica per immagini (RX, TAC, RMN, ecografia,
ecc.). In particolare si vuol rilevare la corrispondenza fra il dato termografico e la dermocellulalgia, segno semeiologico importante
riscontrabile all’esame clinico proprio della Medicina Manuale.
Poiché si tratta, in questo studio, di porre in relazione fra loro
una patologia ed una tecnica, si traccerà un breve profilo dell’una e
dell’altra.
La patologia
La termografia
È una tecnica di acquisizione di immagini nella regione dell’infrarosso. Si basa su un noto principio della Fisica, secondo il quale
qualsiasi corpo con temperatura superiore allo zero assoluto
(- 273ºC) emette energia sotto forma di radiazioni di ampiezza e frequenza dipendenti dalla sua temperatura: nel caso dell’Uomo
(35-40ºC) la frequenza è nel vicino infrarosso, quindi non percepibile dall’occhio umano. La termografia ci consente di superare questo
limite: cattura il calore emesso dalla superficie di un corpo e lo traduce in un’immagine a colori. Con la dizione termografia ci si riferisce oggi alla teletermografia, così denominata perché mediante termocamere effettua riprese a variabile distanza, essendo la termografia a contatto (che utilizzava lastre di cristalli fotocromatici posti sulla superficie in esame) ormai in disuso.
La termografia medica, nei suoi oltre quarant’anni di vita, ha
attraversato periodi più o meno fortunati. Negli anni ’70 venne
impiegata in una miriade di applicazioni diagnostiche, raccogliendo
sia consensi, sia critiche e abbandoni a causa di risultati scarsi o
dubbi. Il motivo dei risultati deludenti è stato attribuito alle parziali
limitazioni delle apparecchiature allora disponibili, alla eccessiva
dose di ottimismo divulgativo, alla non sempre appropriata scelta
del tipo di patologia da esaminare.
Eliminate le aspettative sperimentali fuorvianti, selezionato maggiormente il campo di applicazione nei vari settori della Medicina, la
termografia clinica ha visto di recente una ripresa di interesse, parallelamente al nascere di strumentazioni più idonee a soddisfare i
requisiti di un supporto medico-diagnostico. Superati i problemi iniziali della scarsa risoluzione spaziale e termica, della difficoltà di
analizzare adeguatamente immagini analogiche, simili a quelle teleVol. 44 - Suppl. 1 to No. 3
visive, negli ultimi tempi è cresciuta una nuova generazione di termocamere. Queste, grazie al progresso dei sensori ultraminiaturizzati
ed al perfezionamento dei sistemi computerizzati per il trattamento e
l’analisi dei dati, sono oggi completamente digitali, consentendo
analisi più potenti ed accurate delle immagini.
Numerosi gli studi sull’argomento1-5,7; di maggior interesse per
noi quelli che si riferiscono alla termografia applicata alla Medicina
Manuale8-12
La Medicina Manuale è una disciplina medica che si occupa della
patologia funzionale dell’apparato locomotore; in particolare delle
disfunzioni vertebrali, articolari, muscolari, nervose, di natura meccanica e reversibile, causa di numerosi dolori cosiddetti “comuni”,
assai frequenti in ogni tipo di popolazione, e pertanto di rilevante
impatto sociale. Con l’aggettivo “comuni”, utilizzato per la prima volta da S. de Sèze, si vogliono distinguere certi dolori di natura meccanica, funzionale, senza causa organica apparente, da quelli con eziologia ben precisa su base anatomopatologica13-15.
Anamnesi, esame clinico classico e strumentale sono di assoluta
importanza per differenziare questo gruppo di varie affezioni extra
ed intrarachidee (infiammatorie, tumorali, metaboliche, traumatiche,
infettive, ecc.) dalla patologia “minore”, funzionale, benigna ma
penosa ed invalidante, costituita dai dolori comuni. Questi, tuttavia,
sfuggono spesso alla classica tradizionale metodica diagnostica. Purtroppo, in un’epoca in cui l’immagine regna sovrana, essi non danno
segno di sé all’imaging. Una disfunzione ed il dolore che ne discende non è visibile alla RX, alla Tac, all’RMN; e spesso nemmeno rilevabile al migliore esame clinico.
La ricerca e la localizzazione di questo dolore invisibile, spesso
non compreso, generato da una alterata funzione dell’apparato
locomotore, è il compito che si assume la Medicina Manuale. A questo scopo, la nuova semeiotica di R. Maigne e della sua scuola, basata sull’anatomia e sulla clinica, confermata dai più recenti studi di
fisiologia e fisiopatologia, offre un percorso diagnostico che conduce all’identificazione del segmento vertebrale(il “segmento mobile”di
Junghans), unità mobile indissociabile nella funzione, responsabile
della sofferenza segmentaria e delle manifestazioni a distanza di
questa. La pratica sistematica dell’“esame segmentario codificato”, la
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GATTO
LA TERMOGRAFIA NEI DOLORI D’ORIGINE VERTEBRALE
Figura 2. – Sindrome segmentaria C6. Dorsalgia interscapolare di origine
cervicale, che si proietta a livello di T5-T6. Lombalgia di origine dorsale
(T11-T12-L1), che si proietta in regione glutea superiore. Sindrome delle
zone transizionali associate.
Figura 1. – Dorsalgia bilaterale di origine dorsale (T4), che provoca dermocellulalgia bilaterale a livello di T8-T9, ed aree ipotermiche nella stessa sede.
All’indagine strumentale è stata evidenziata un’ernia discale T4-T5.
scoperta della “sindrome cellulo-teno-mialgica(SCTM)” con le sue
modificazioni tessutali nel territorio del metamero corrispondente al
segmento vertebrale doloroso, ed infine la realtà clinica del “disturbo doloroso intervertebrale minore (DDIM)”, mostrano come segmenti privi di lesione obiettiva possano essere dolorosi e causare
perturbazioni metameriche, supporto di dolori comuni, le stesse di
cui sono responsabili i segmenti con lesione ben evidente alla diagnostica per immagini
1.4 –Dermocellulagia, DDIM e ipotermia. Il DDIM, disfunzione di natura meccanica e riflessa del segmento vertebrale, che rende
il segmento stesso doloroso alla pressione dell’esame segmentario
codificato, è generato per lo più da squilibri posturali e gestuali.
Responsabile della maggior parte dei dolori comuni, è invisibile all’imaging. Fra le manifestazioni della sindrome CTM, la dermocellulalgia è quella di più frequente riscontro a livello del tronco. Elemento
semeiologico importante, rilevabile con la manovra del pincé-roulé,
spesso si associa al DDIM, ma può anche accompagnare un’ernia
discale o una poussée infiammatoria d’artrosi. Dipende dal dolore
del segmento vertebrale, qualunque ne sia la causa. Il dolore non è
specifico del DDIM, ma ne prova la realtà ed il ruolo perturbatore.
Le manifestazioni della sindrome CTM sono esse stesse il punto di
partenza di influssi nocicettivi, tali da mantenere quelle reazioni nervose riflesse periferia-centro-periferia, che in ciclo perverso perpetuano e riattivano l’ipersensibilità segmentaria15.
Alla termografia il territorio cellulalgico risulta da 0,5º a 2ºC più
freddo dell’area ad esso simmetrica e dei territori vicini. Numerosi
studi confermano che le aree cellulalgiche sono più fredde. Le cause
endogene di queste variazioni di temperatura cutanea vengono attribuite a variazioni circolatorie superficiali, generalmente dovute al
sistema nervoso simpatico; comportano ridotto flusso ematico, variazioni di resistenza cutanea e di sudorazione. Evidenziare attraverso
l’immagine termografica la corrispondenza fra aree fredde e cellulalgiche costituisce un prezioso elemento semeiologico, perché conferisce un supporto clinico diagnostico, una visibilità indiscutibile al
dolore, alla sua origine ed alle sue manifestazioni. Nel raffrontare i
dati, clinici e strumentali, va tenuto conto della particolare topografia
dei dermatomeri. Gli infiltrati cellulalgici del dorso provocano infatti
dolori loco-regionali(dorsalgie, lombalgie) situati più in basso del
segmento vertebrale responsabile, poiché occupano il territorio d’innervazione cutanea delle branche posteriori, di cui è noto il divario
topografico tra il livello d’origine ed il territorio innervato. Dalla termografia può quindi venire una verifica dell’esattezza dello schema
di distribuzione delle branche nervose posteriori, acquisito dalla
Medicina Manuale attraverso la semiologia della sofferenza di queste
branche, oltre che da dissezioni anatomiche14.
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Materiali e metodi
Lo strumento
Il termografo in uso è il MICENE della RGM Spa di Genova, che
possiede tutte le caratteristiche di uno strumento ad avanzata tecnologia. Come richiesto dai “Requisiti speciali” della vigente normativa
specifica (DLgs 24 febbraio ’97 n. 46) per i dispositivi medico-diagnostici, è in grado di garantire omogeneità, ripetibilità e confrontabilità delle misure. Il sensore, raffreddato con azoto liquido in evaporazione libera (- 196ºC), viene mantenuto a temperatura estremamente bassa e costante per catturare l’energia emessa dal corpo
radiante;viene utilizzato un solo sensore, che svolge in tempi ridotti
una scansione angolare di tutta la zona interessata, garantendo così
omogeneità di trasduzione del segnale infrarosso in tutto il campo
ottico. Il sistema di specchi montati su banco ottico mobile evita le
attenuazioni e le disomogeneità prodotte da sistemi di lenti. La tecnologia elettronica converte il segnale elettrico fornito dal sensore in
un dato digitale; questo viene utilizzato per costruire un’immagine
grafica ad elevata risoluzione spaziale(migliore di 1 mrad;1 mrad= 1
mm a 1 m di distanza) e termica (0,08ºC). Il software di trattamento
delle immagini fornisce quindi una elaborazione delle mappe termiche per individuare eventuali anomalie.
Partecipanti allo studio
Sono stati esaminati 48 pazienti, scelti a caso per età, sesso, abitudini di vita e lavorative, fase clinica della patologia vertebrale minore in esame, ma tutti con una o più zone di dermocellulalgia, positive alla manovra del pincé-roulé e con dolore in fase attiva.
Criteri di esclusione
Trattamenti manuali, massaggi o terapia fisica subita nei giorni
precedenti, traumi recenti, terapia cortisonica o di forte sedazione in
corso, temperatura orale al di sopra di 37,5º C.
Protocollo standard di registrazione dei dati
Per un buon esito del test si predispongono le migliori condizioni
per assicurare l’omogeneità dei rilievi.Si controllano i fattori esterni:
il locale ha pareti di colore scuro per contenere l’irraggiamento, la
luce è attenuata, la temperatura intorno ai 25ºC, senza correnti d’aria
e senza ricorso a sorgenti di calore o raffreddamento con marcata
differenza di temperatura rispetto ai valori ambiente; l’umidità è
intorno al 65%. Allo scopo di condurre l’esame in condizioni omogenee e quindi in assenza di effetti stimolatori, si è raccomandato ai
pazienti di seguire queste istruzioni:
– interrompere l’assunzione di farmaci, evitare attività fisiche inten-
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October 2008
LA TERMOGRAFIA NEI DOLORI D’ORIGINE VERTEBRALE
GATTO
Risultati
All’esame
Figura 3. – Lombalgia destra acuta d’origine dorsolombare in paziente sofferente di lombalgia cronica. Prima immagine: zona ipertermica a destra a
livello dorsolombare da sofferenza segmentaria vertebrale, in fase acuta, nel
territorio della branca posteriore di T7; zona ipotermica a sinistra, da sofferenza in fase cronica, nel territorio della branca posteriore di T12. Rilevata
dal prof. Maigne una zona cellulalgica lombare destra (ipertermia in fase
acuta), è sottoposto a trattamento di medicina manuale. Seconda immagine:
il giorno dopo, al controllo, diminuzione delle aree di asimmetria termica.
Permangono a livello lombare e sopra gluteo aree fredde da probabile lombalgia cronica.
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se, sedute di agopuntura o elettrostimolazione dal giorno precedente; evitare forti insolazioni e lampade abbronzanti;
evitare fumo, alcolici, cibi molto freddi o pepati a meno di cinque ore dal test;
non usare cosmetici, pomate, medicazioni in genere;
indossare abiti leggeri e non costrittivi;
rilassarsi il più possibile, evitare emozioni violente;
giungere in ambulatorio almeno 30 minuti prima del test;
nello spogliatoio togliere tutti gli abiti (si possono indossare
camicioni larghi e leggeri di cotone) e rimanere per 15 minuti
alla temperatura ambiente (25º C);
restare fermi durante la scansione.
Criteri interpretativi
La scala dei colori ottenuti rispecchia le differenze delle
temperature emesse. Ad ogni colore corrisponde un gradiente
termico : le aree più calde (riferite a flogosi o lesioni traumatiche) si
presentano rosse, quelle più fredde (da ridotto flusso ematico)
azzurre o verdi.
L’interpretazione dell’esame si basa essenzialmente:
– sul confronto con pattern di normalità;
– sull’analisi delle differenze di temperatura fra due aree simmetriche;
– sulla distribuzione anatomica di zone ipotermiche ed ipertermiche;
– sul dermatomero a cui appartengono;
– sull’evoluzione temporale di tali reperti, prima e dopo terapia
manuale;
– si ritengono significative differenze di temperatura uguali o superiori a 0,3º C.
Attenzione particolare, in concordanza con l’obiettivo specifico di
questo studio, viene posta alla eventuale corrispondenza tra la sede
delle zone ipotermiche rilevate, la zona cellulalgica ed il dermatomero a cui appartengono.
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– Su 45 dei 48 pazienti esaminati sono state evidenziate zone ipotermiche correlabili a zone cellulalgiche, positive alla manovra
del “pincé-roulé”;
– in 3 casi su 48 non è stata definita alcuna significativa corrispondenza;
– in 12 casi (10 donne,2 uomini) l’esame termografico ha evidenziato più zone ipotermiche e dermocellulalgiche, comprese in
dermatomeri di diverso livello, ma tutti dallo stesso lato del
rachide.
All’esame clinico successivo per tutti questi casi si è fatta diagnosi
di “sindrome delle zone transizionali associate (SZTA)” (R. Maigne),
essendo presenti tutti gli elementi che definiscono questa sindrome:
– presenza di un DDIM in due o più “zone di transizione”, cioè sui
segmenti vertebrali al passaggio fra due regioni rachidee aventi
mobilità diversa (occipito-cervicale, cervico-dorsale, dorso-lombare, lombo-sacrale);
– unilateralità dei DDIM e delle manifestazioni cellulo-teno-mialgiche;
– DDIM “attivi”, cioè generanti dolore, o ïnattivi”, cioè asintomatici,
ma dolorosi alle manovre dell’esame manuale.
Follow-up
Si è reso possibile solo su 36 pazienti dei 48 esaminati. Oltre al
limite numerico, va registrata anche la scarsa sistematicità temporale
dei controlli, per problemi vari (di affluenza dei pazienti, per temporaneo guasto dello strumento). I controlli mostrano immagini compatibili con vari stadi di processi di guarigione, talvolta con segni di
cronicizzazione, in alcuni casi con la comparsa di nuovi DDIM.
Conclusioni
Per un impiego razionale di questa metodica occorre conoscerne
i limiti, e precisamente:
– la termografia può in certi casi localizzare l’area patologica rendendo obiettivo il dolore (che deve essere presente ed attivo
durante l’esame), dando informazioni sulla regolazione del flusso
sanguigno, ma non riconosce le eziologie;
– ha un ruolo complementare ad altri procedimenti diagnostici, e
non può sostituirsi interamente ad essi.
Offre peraltro notevoli vantaggi:
– è una tecnica diagnostica non invasiva, indolore, priva di effetti
collaterali, non utilizza radiazioni dannose, è di semplice esecuzione, ripetibile, d’aiuto nel monitoraggio delle risposte alla terapia;
– riconoscendo l’alterazione di un equilibrio dinamico e di una funzione, è in grado di dare tempestivi segnali d’allarme prima che
compaiano i segni classici di certe patologie,motivo per cui è stata adottata dalla medicina sportiva e veterinaria16,17;
– l’analisi della termoregolazione è un sistema intelligente per
penetrare i segreti del sistema neurovegetativo, campo d’indagine
fecondo, ma con vaste zone d’ombra.
Il dolore che proviene da una disfunzione è invisibile all’imaging
tradizionale. Di qui l’interesse precipuo di reperire una nuova tecnica diagnostica per immagini in grado di “vedere” la disfunzione
attraverso il dolore e le perturbazioni che esso crea, offrendo quindi
un supporto diagnostico all’individuazione del primum movens, cioè
dell’alterazione funzionale. La termografia è in grado, entro certi
limiti, di visualizzare la risposta del sistema nervoso simpatico al
dolore. D’altra parte non v’è dubbio che le manifestazioni della
SCTPM, e fra queste la cellulalgia, siano d’origine nervosa, conseguenza d’un riflesso d’assone.
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GATTO
LA TERMOGRAFIA NEI DOLORI D’ORIGINE VERTEBRALE
In conclusione si ritiene che la Termografia digitale ad alta risoluzione, superate le pregiudiziali tecnologiche del passato, possa offrire alla Medicina Manuale una conferma della semeiotica sua propria
(esame segmentario codificato, dermocellulalgia al pincé-roulé),
anche in carenza di chiari segni rilevabili con le tecniche tradizionali
di diagnostica per immagini. È inoltre un valido mezzo di valutazione obiettiva dei risultati della terapia manuale.
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