Nuovi dialoghi fra cellule Da Trieste al Mit di Boston

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Nuovi dialoghi fra cellule Da Trieste al Mit di Boston
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Pianeta scienza
IL PICCOLO MERCOLEDÌ 12 OTTOBRE 2011
Nuovi dialoghi fra cellule
Da Trieste al Mit di Boston
Concorso iGEM: il team di sei studenti universitari che hanno effettuato la ricerca
all’Icgeb ha vinto la selezione europea di Amsterdam. Ora la finalissima negli Usa
di Matteo Unterweger
Volo con destinazione Boston.
Per partecipare dal 5 al 7 novembre prossimi alla finalissima della prestigiosa competizione internazionale iGEM (international Genetically engineered machine), organizzata dal
Mit (Massachusetts Institute of
technology) della città statunitense. Il team triestino, composto da sei studenti iscritti
all’Università di Trieste, ha ottenuto il pass conquistando la
medaglia d’oro alla selezione
europea del concorso a inizio
ottobre, sbaragliando la concorrenza di altri 400 partecipanti
per ulteriori 44 atenei del continente (globalmente al Mit la sfida ha coinvolto quest’anno 166
università di tutto il mondo).
Un risultato da togliere il fiato,
quello ottenuto da Francesca
Cesaratto (iscritta al corso di
laurea di Biotecnologie mediche), Giulio Bernadinelli, Luca
Braga e Veronica Parisi (Genomica funzionale), Pierluigi
D’Antrassi (Ingegneria clinica)
e Niels Ntamati (Neuroscienze), accompagnati in Olanda
dal presidente del corso di lau-
“Elementa”
Oltre 40 appuntamenti, a ingresso gratuito, per 5 intense giornate (da domani al 16 ottobre) di
festival a Pordenone, al Convento di San Francesco: Scienzartambiente-per un mondo di pace giunge alla sua 15.a edizione
e prende quest’anno il titolo di
“Elementa”, con riferimento
all’Anno internazionale della
Chimica e ai più semplici costituenti della materia. L’evento è
promosso da Comune di Pordenone e Immaginario Scientifico.
Gli studenti assieme ai docenti Guidalberto Manfioletti e Vittorio Venturi
rea in Genomia funzionale Guidalberto Manfioletti e da Vittorio Venturi, ricercatore alla sede triestina dell’Icgeb. Proprio
nei laboratori del Centro internazionale di biotecnologie e ingegneria genetica i sei giovani –
tutti di età compresa fra i 23 e i
28 anni – hanno potuto completare la loro ricerca, denominata
Synbiome, presentandone i risultati con successo ad Amsterdam. A dar loro il giusto suppor-
to e i suggerimenti frutto di anni di consolidata esperienza sul
campo sono stati, oltre a Manfioletti e Venturi, anche Rudy
Ippodrino, Giulia Devescovi e
Serena Zacchigna, tutti ricercatori all’Icgeb, e Renato Gennaro, direttore del Dipartimento
di Scienze della vita dell’ateneo
giuliano. All’Icgeb il team si è diviso in due gruppi di lavoro,
uno coordinato da Venturi e
l’altro dal direttore della costola
locale dell’ente, cioè Mauro
Giacca.
A Boston, peraltro, l’Italia sarà rappresentata unicamente
proprio dai ragazzi partiti da
Trieste, alla cui attività hanno
dato un concreto aiuto economico Fondazione CRTrieste e
Ministero per la Gioventù.
Niente male come esordio al
Mit per l’Università di Trieste,
andata
nell’edizione
di
quest’anno ad affiancare il pro-
prio nome nell’elenco dei partecipanti a quelli di realtà accademiche prestigiose quali Harvard, Cambridge e Stanford.
Il progetto Synbiome è, in
sintesi, il primo tentativo di far
dialogare fra loro, attraverso
una comunicazione artificiale,
cellule appartenenti a regni differenti, in particolare – come rilevato dagli stessi studenti –
quello batterico e quello animale. Uno studio che rientra nella
branca
della
cosiddetta
“biologia sintetica”, la quale in
ambito biologico mira a coniugare le conoscenze di tipo scientifico-biologico con quelle ingegneristiche. L’obiettivo? Fornire risposte concrete e soluzioni
a problemi di carattere medico,
ambientale, o relativi ai bio-processi, alla salute e all’industria,
a iniziare da quella farmaceutica. Synbiome si è posto il fine di
riuscire a creare dunque, attraverso l’individuazione di un linguaggio cellulare condiviso, dei
consorzi biologici tra cellule
con proprietà molto diverse fra
loro. Tra le applicazioni concrete, pure la possibilità di usare i
batteri come sorgente di miliardi di molecole diverse e di queste testare poi l’attività biologica nelle cellule animali. Ma due
nuovi tipi cellulari assemblati
possono anche rappresentare
la base per arrivare alla produzione di un prodotto biotecnologico. Così Randy Rettberg, direttore di iGEM, ad Amsterdam: «Ogni anno promuoviamo questa competizione perché crediamo che la biologia
sintetica rappresenti il futuro
della biotecnologia mondiale e
tra di voi intravvedo i migliori
scienziati di domani, nonché i
futuri miliardari del pianeta».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
CORSO AL VIA
PROGETTO CON ATENEO DI UDINE, CRO DI AVIANO E SINCROTRONE
MARTEDì 18 OTTOBRE
Area insegna
come creare
e poi gestire
un’impresa
Nanomedicina e tumori
Scoles lancia “Monalisa”
Focus Ammi
su cervello
e differenze
di genere
Manca un mese all’inizio del
corso di 80 ore “Creare e gestire l’impresa”, prima edizione
di un percorso di formazione
dedicato a chi ha un’idea imprenditoriale ma non sa da dove partire per realizzarla. L’iniziativa fa parte del progetto
Imprenderò, lanciato dal
CReS, Centro regionale servizi
per la piccola e media industria srl, che conta altri 11 partner, tra cui Area Science Park.
Il corso, organizzato proprio
da Area e coordinato dal responsabile Danilo Farinelli,
inizierà nei primi giorni di novembre, con orario pomeridiano/serale.
«Vogliamo fornire a chi aspira a diventare manager e imprenditore di se stesso - spiega
Farinelli - le basi necessarie
per avviare un’impresa, anche
piccola». «Selezioneremo 12
persone sulla base di un curriculum e della verifica della loro idea di impresa», aggiunge
Farinelli. «E al termine delle lezioni offriremo un pacchetto
di ore di consulenza mirata».
Info: [email protected].
it, 040-3755272/301.
(c.s.)
Il nostro sogno? Arrivare ad
accertare con un semplice
esame del sangue se un tumore si diffonde e se i farmaci
funzionano. Un test a basso
costo da fare magari tutte le
settimane, al letto del paziente. Solo così si potrebbero individuare precocemente le
cellule tumorali prima che le
metastasi si diffondano
nell’organismo.
A dispetto delle sue 76 primavere e dei problemi di salute (che non nasconde), Giacinto Scoles ha trovato nuovo
entusiasmo nella nanomedicina, lui che proviene dalla
chimica e dalla fisica, professore emerito della Princeton
University, vincitore nel 2006
della prestigiosa Franklin Medal per lo sviluppo di nuove
tecniche nello studio della
materia a temperature vicine
allo zero assoluto e negli anni
scorsi professore di fisica dello stato solido alla Sissa e collaboratore della Sincrotrone
Trieste. Ora Scoles ha messo
insieme Università e Ospedale di Udine, Cro di Aviano e
Sincrotrone per un progetto
Esistono davvero differenze
marcate tra un cervello maschile e femminile sano? Che ruolo
hanno geni e ambiente
nell’orientamento sessuale e
nell’identità di genere? E in patologie quali la Sclerosi multipla o
l’Alzheimer quali sono, se ci sono, le differenze tra il cervello
dell’uno e dell’altro sesso? A queste domande risponderanno
Raffaella Rumiati, docente di
psicobiologia alla Sissa, e Tatiana
Cattaruzza,
neurologa
all’Ospedale di Cattinara, durante la tavola rotonda con cui, in
tutta Italia, si inaugura l’anno sociale dell’Associazione Mogli
Medici Italiani (Ammi). L’incontro si terrà martedì 18 ottobre, alle 17, in piazza Goldoni 10 a Trieste (sala conferenze OdM) e sarà
moderato dalla giornalista Cristina Serra.
Spiega Cristina Bertogna, presidente Ammi: «La nostra associazione è attiva da 32 anni, e negli ultimi sei ha organizzato ben
24 conferenze a tema medico».
L’intento è dare supporto alla
classe medica diffondendo temi
di salute e prevenzione, in particolare su donna e bambino.
Giacinto Scoles
di cinque anni finanziato con
3 milioni di euro dal Consiglio europeo per la ricerca.
Simbolo del progetto è la Gioconda di Leonardo, visto che
l’acronimo scelto per la nuova avventura è “Monalisa”:
ovvero Molecular Nanotechnology for Life Science Applications.
«Ogni tipo di tumore – spiega Scoles – mette in circolazione nel sangue cellule e antigeni in piccola quantità. So-
Galileo. Koch. Jenner. Pasteur. Marconi. Fleming...
Precursori dell’odierna schiera di ricercatori
che con impegno strenuo e generoso (e spesso oscuro)
profondono ogni giorno scienza, intelletto e fatica
imprimendo svolte decisive al vivere civile.
Incoraggiare la ricerca significa
optare in concreto per il progresso del benessere sociale.
La Fondazione lo crede da sempre.
no dei veri e propri “marker”
di quello specifico tumore.
Quando il tumore viene
asportato per via chirurgica,
questi marcatori scendono di
livello assestandosi su concentrazioni minime, che però
possono dare origine a metastasi nell’organismo. Se si riuscisse a misurare il livello di
questi marcatori e il loro andamento nel tempo, si potrebbe diagnosticare la minaccia di una metastasi ben
prima di quanto facciano oggi la Tac e la Pet, che sono in
grado di individuare strutture
dell’ordine di un centimetro:
ma a quel punto può essere
già troppo tardi».
Il progetto è stato illustrato
dal professor Scoles nei giorni scorsi all’Università di Udine, presenti il rettore Cristiana Compagno e Giuseppe
Toffoli, direttore dell’Unità di
farmacologia del Cro. «Le probabilità di successo sono molto alte», sostiene Scoles, fiducioso. «Tra due anni speriamo di avere in mano i primi risultati».
Fabio Pagan
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AL MICROSCOPIO
Biologia, vita
e il sogno proibito
di ingegnerizzarla
di Mauro Giacca
I
l prestigioso traguardo, di
cui si parla nell’articolo accanto, degli studenti
dell’Università di Trieste che
sono riusciti con il loro progetto a superare le finali europee
ed essere invitati al prestigioso
Mit di Boston, sottolinea ancora una volta la creatività e la
modularità che la biologia offre per la soluzione di problemi e la creazione di nuovi prodotti. È questo il settore della
cosiddetta “biologia sintetica”, il cui nome è stato coniato
relativamente di recente, ma
che poggia in realtà i suoi fondamenti già negli anni ’70, con
le prime manipolazioni del
Dna compiute grazie all’ingegneria genetica.
Come affermò Francoise Jacob, straordinario pensatore e
ricercatore, premio Nobel per
la Medicina nel 1965, l’evoluzione naturale è più simile a
un processo di bricolage che a
un prodotto di alta ingegneria:
mette insieme funzioni disparate per ottenere prodotti finali che abbiano uno scopo. In
una cellula ci sono moduli che
le permettono di comunicare
con l’esterno, moduli che ne
attivano la proliferazione, moduli che la fanno muovere da
una parte all’altra dell’organismo, moduli che le consentono di utilizzare l’energia proveniente dall’esterno. Tutti questi moduli sono costituiti da
proteine che svolgono una
funzione e dai geni che le codificano. Perché allora non cercare di imitare la natura e mettere insieme alcuni dei moduli
disponibili per ottenere funzioni del tutto nuove, che possano essere in qualche modo
utili? È proprio questo lo scopo della biologia sintetica, che
raccoglie biologi, chimici e fisici che utilizzano frammenti di
Dna, proteine e network di geni per costruire funzionalità
prima sconosciute.
Ad esempio, costruire circuiti di geni da inserire nei batteri
e tali da combattere le malattie
intestinali. O ingegnerizzare i
virus perché si replichino solo
nelle cellule tumorali, e quindi
le distruggano. O utilizzare la
luce emessa dalle proteine
fluorescenti della medusa per
illuminare. O, perché no, ingegnerizzare la vita costruendo
nuovi esseri viventi. In fondo è
soltanto dell’anno scorso la
notizia di uno dei più interessanti traguardi della biologia
sintetica, ovvero la sintesi, da
parte del biotecnologo Craig
Venter, di un intero cromosoma batterico in laboratorio, in
grado di controllare la replicazione di una cellula vivente
una volta inserito all’interno
di essa. Se si tratti di riduzionismo biologico o, in fondo, solo
di presunzione umana, oppure se sia invece una strada geniale per generare nuovi prodotti biologici utili all’uomo è
forse ancora troppo presto per
dirlo.
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