Guida a colori ITA
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Sacro e Profano Foggia e la sua provincia Puglia La Capitanata è una terra sacra per eccellenza, teatro e cornice di manifestazioni celesti che sin dall’antichità si avvicendano rafforzando il legame intimo tra l’uomo e il divino, tra il cielo e la terra. È una terra di santi e santuari, di devoti e pellegrini, di rituali e tradizioni che senza soluzione si avvicendano all’ombra del promontorio garganico, aspro e maestoso, culla antica di religiosità. Nell’ampia parabola che dalla triplice apparizione di San Michele, verosimilmente tra il 490-492 d.C., giunge alla vicenda terrena di San Pio, si condensa il potere sacrale di questo lembo d’Europa in cui annualmente accorrevano e accorrono viaggiatori e devoti. Dal Gargano al Subappennino Dauno sino al disteso Tavoliere, è possibile ritrovare i segni di una intensa religiosità popolare sospesa tra le incertezze del vivere quotidiano e la speranza della grazia divina che ripaga del sudore, della fatica e della sofferenza. Il sacro e il profano si confondono nei numerosi riti, feste e tradizioni che sopravvivono in ogni comune, perpetrando la memoria di marinai, pastori e contadini. Vieste. Processione della Madonna di Merino nel centro storico (Foto Giorgio Olivieri- www.flickr.com/photos/vestanus/) I PERCORSI DELLO SPIRITO In provincia di Foggia, la Settimana Santa si tinge di dolore e di commossa partecipazione. Attraverso rituali e sacre rappresentazioni di remota origine, il popolo rivive drammaticamente i momenti della Passione di Cristo. A San Marco in Lamis, la processione del Venerdì Santo che parte dalla chiesa dell’Addolorata è un evento imperdibile: la statua dell’Addolorata si aggira alla ricerca del Figlio morto tra i bagliori di grosse torce infuocate e trainate su carri. Si tratta delle celebri fracchie, coni grandi fino a svariati metri costituiti da rami e foglie secche. All’alba del Venerdì Santo, a San Severo, la Madonna insegue tragicamente il Cristo flagellato: le due processioni s’inseguono, si sfiorano; s’incontrano finalmente nella piazza principale ma qui l’epilogo è tragico perché la Vergine, ostacolata da una grande croce issata, non può abbracciare il Figlio. A Roseto Valfortore, la processione si compone di tradizionali statue dei Misteri e di figuranti in carne ed ossa che appaiono nella drammatizzazione in momenti prestabiliti. Chiude l’evento, la Madonna Addolorata che precede la bara del Figlio morto circondato da bambini vestiti da angelo. Una singolare processione di Gesù nell’orto si svolge a San Ferdinando di Puglia, dove la statua di Cristo viene ornata con fave, piselli e rami d’ulivo come dono votivo da parte dei contadini. A Troia, sempre il Venerdì Santo, si svolge la Processione delle Catene con i penitenti che, incappucciati e vestiti con lunghi sai bianchi, incedono per le strade con le catene ai piedi e trascinando sulle spalle una pesante croce. San Marco in Lamis. Fracchie (foto L. Cristalli) I RITI DELLA SETTIMANA SANTA La festa del Santo Patrono è un momento di schietta religiosità popolare, di tripudio collettivo in cui la comunità si riunisce e si identifica nelle pratiche devozionali tramandate di padre in figlio. In Capitanata la casistica dei Santi patroni, assai varia, s’intreccia con le specificità storiche di questi territori. La Madonna, come solitamente accade, occupa un posto privilegiato; segue una folta schiera disantiesante,cuivengonoriferitimolteplicimiracoli.Ilsantopatronoèspesso accompagnato da un compatrono, in alcune circostanze l’uno o l’altro sono venerati in importanti santuari urbani o rurali. Vieste, ad esempio, si affida al patrono San Giorgio e alla compatrona Madonna di Merino. La prima festa è accompagnata dal Palio a cavallo sulla spiaggia e dalla Sagra della frittata, un ritualechederivadaunaleggendaagiograficaattestatainareabizantina;laseconda si articola in una suggestiva processione tra la cattedrale e il santuario rurale, sortosulluogodelprodigiosoritrovamentodellastatua.SanGiorgioèanchepatronodiChieutidoveilritualefestivoprevedeladeposizioneaipiedidellastatua di un grosso caciocavallo a forma di tarallo e la tradizionale corsa dei buoi. A Foggiasi celebrala prodigiosa Iconavetere o Madonna dei Sette Veli, secondo la leggendaritrovataaseguitodiuneventoprodigiosonel1062onel1073.L’icona datataall’XIsecolohalaparticolaritàdiesserenascostaallavistadeifedeliperché letteralmente nascosta da veli e da una riza d’argento. Il volto della Madonna si è svelatoaidevoti,attraversounforoovalesullacustodiadelsacrotavolo,soloinoccasione di calamità. Compatroni di Foggia sono i SS. Guglielmo e Pellegrino, festeggiati il 26 aprile. Ad Ascoli Satriano, in memoria del ritrovamento delle spoglie di SanPotitoMartire, i festeggiamentiprevedonol’allestimento di una sagoma d’asino ricoperta da mortaretti scoppiettanti tra la folla. Chieuti. Corsa dei buoi (foto Alfieri Giovanni) I SANTI PATRONI Testimonianza sincera della fede popolare, gli ex voto sono doni elargiti ai Santi o alla Madonna in segno di riconoscenza per una grazia ricevuta: una guarigione di persone o animali, un salvataggio, uno scampato pericolo, una pioggia che rompe la siccità e così via fino a contemplare tutte le circostanze della vita umana. L’oggetto votivo materializza il carattere transitorio del miracolo: da una dimensione intima e circoscritta, l’evento straordinario diventa patrimonio della comunità. La tipologia annovera gli ex voto anatomici -in cera, oro, argento, legno-, le tavolette dipinte che rappresentano, a mo’ di istantanea, la scena del miracolo, gli oggetti del vivere quotidiano reali o riprodotti che in qualche maniera alludono all’evento (remi di barche, modellini di navi, fotografie, abiti da sposa, armi, oggetti d’oreficeria). La Capitanata, terra storica di pellegrini e pellegrinaggi, costituisce un serbatoio ricchissimo di questo patrimonio etnografico: si ricordano le raccolte presso i santuari di San Michele Arcangelo a Monte Sant’Angelo, di San Matteo a San Marco in Lamis, della Madonna della Libera a Rodi Garganico, della Madonna della Fontana a Torremaggiore, della Madonna di Loreto a Peschici, luogo caro alle genti di mare che nei secoli hanno lasciato i segni di una vita trascorsa tra le onde. Peschici. Santuario della Madonna di Loreto, zona presbiteriale con ex voto marinari Vieste. Statua della Madonna di Merino, particolare ex voto (foto Giorgio Olivieri - www.flickr.com/photos/vestanus/) GLI EX VOTO I colori, i profumi e le suggestioni garganiche rivivono attraverso le tarantelle, oggi considerate in tutto il mondo un patrimonio etnografico di grande valenza storico-culturale. Al suono coinvolgente della chitarra battente, delle nacchere e della tammorra accompagnate dalle calde voci del sud, si schiudono i ritmi secolari di una vita trascorsa tra pascoli, campi e intimità domestiche. Ormai da decenni, la tradizione delle tarantelle garganiche ha attratto l’attenzione di musicisti, etnomusicologi, ricercatori e appassionati: Roberto De Simone, Giovanna Marini, Francesco Nasuti, Ambrogio Sparagna, Eugenio Bennato che a questi tesori ha dedicato persino la canzone Carpino, Italia. E, non altrimenti poteva essere intitolata giacché Carpino è comunemente considerata la culla genitrice e protettrice di queste sonorità. Ai Cantori di Carpino spetta il merito di aver portato in giro per l’Italia e oltre, la musica della tradizione garganica. Tra i capi carismatici, spentosi nel 2006 ma sempre vivo nella memoria carpinese, è Andrea Sacco che ha recuperato la tradizione dell’antica chitarra garganica battente (a cinque corde uguali) rinvigorendo la tradizione dei liutai carpinesi. Personalità di spicco sono ancora oggi i veterani Antonio Maccarone e Antonio Piccininno che ha trascritto centinaia di sonetti tipici incentrati sul tema canonico dell’amore e dello sberleffo. Appuntamento irrinunciabile dal 1996 è il Carpino folk festival che si svolge annualmente ad agosto, coinvolgente rassegna di musica popolare e delle relative sperimentazioni. Carpino (foto R. Tanzella) I cantori di Carpino: Antonio Piccininno e Andrea Sacco (scomparso nel 2006) (Archivio A.C. Carpino Folk Festival - De Carolis) RITMI DALLA MONTAGNA San Giovanni Rotondo. Chiesa matrice di San Leonardo, edicola con San Michele Arcangelo (foto R. Tanzella) Monte Sant’Angelo. Santuario di San Michele Arcangelo Accanto a Gerusalemme, Roma e Santiago di Compostella, il santuario garganico di San Michele Arcangelo rappresenta una tappa fondamentale del pellegrinaggio cristiano ai Luoghi Santi. Il suo culto si sviluppa a partire da tre leggendarie apparizioni che le fonti pongono tra il 490 e il 492 d.C. Da questo momento, schiere di pellegrini ascesero devotamente alla sacra spelonca. Dalle più antiche peregrinazioni -si pensi al monaco Bernardo che vi sostò durante il pellegrinaggio in Terrasanta (864-866 d.C.) o alle iscrizioni votive runiche incise sulle pareti- sino ai nostri giorni questo luogo sacro ha continuato ad attrarre devoti di ogni provenienza. In funzione del pellegrinaggio si sviluppò un’articolata rete di strutture che offrivano ospitalità e ristoro, ubicate lungo assi viari nevralgici che costituirono il prolungamento meridionale della Via Francigena. L’asse viario privilegiato, noto anche come Via Sacra Langobardorum, dopo San Severo si inerpicava sul promontorio garganico attraverso le valli di Stignano e dello Starale, per poi proseguire verso San Giovanni Rotondo e, quindi, Monte Sant’Angelo. Il santuario era raggiungibile anche da sud, percorrendo l’Appia Traiana per poi risalire faticosamente lungo i fianchi del monte, all’altezza di Siponto. Lungo questi itinerari celebri tappe furono i santuari con annessi ospizi di San Leonardo in Lama Volara, nonchè Santa Maria di Stignano e San Matteo presso San Marco in Lamis. Il pellegrinaggio micaelico ha generato nei secoli un patrimonio etnografico di ineguagliabile valore. San Michele viene festeggiato a maggio e settembre, in coincidenza con la semina e il raccolto: dopo un lungo e duro cammino, i pellegrini raggiungono il santuario organizzati in compagnie, contraddistinte da un vessillo e da una croce ornata di fiori. Celebre è la compagnia di San Marco in Lamis che segue, salmodiando e cantando dall’alba al tramonto, un tragitto di 35 chilometri. IL PELLEGRINAGGIO MICAELICO Peschici Rodi Garganico Chieuti Serracapriola San Paolo di Civitate Carpino Lesina Vieste Ischitella Sannicandro Garganico San Severo Monte Sant’Angelo San Giovanni Rotondo Torre Maggiore Manfredonia Castelnuovo della Daunia Foggia Lucera Trinitapoli Carapelle Troia Cerignola Deliceto Ascoli Satriano A Zapponeta Ofanto Margherita di Savoia Trani Barletta B arletta a rletta letta etta ta ta An Andria A n ndri C A14 t Molfetta B © 2008 MP Mirabilia S.r.l. per i testi e il progetto grafico DIREZIONE REGIONALE PER I BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI DELLA PUGLIA Foggia e la sua provincia Tremiti M B T T Prodotto editoriale realizzato da: “Iniziativa finanziata con fondi della U.E. - P O R Puglia 2000/2006” www.mpmirabilia.it G