Maggio a Fianona, Albona e Santa Marin

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Maggio a Fianona, Albona e Santa Marin
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Reportage
sabato
4 maggio 2013
UNA NATURALISTA
A PASSEGGIO
L’improvviso
risveglio della natura
in un paesaggio
veramente di rilievo
|| Un equiseto spunta dai detriti sabbiosi
Maggio a Fianona, Albona e
di Chiara Veranić
|| Un cespo di pervinche
|| Un fitto lecceto sulla penisola di Prklog
Q
uando cessa il soffio dell’aprile
e le giornate si fanno sempre
più tiepide e soleggiate,
tutta la natura sembra svegliarsi
improvvisamente dal suo sonnolento
torpore. Torrenti e fiumi gonfi d’acqua
per le piogge primaverili sono fonte di
vita per una miriade di organismi e le
nevi, oramai sciolte, lasciano spazio agli
steli d’erba e alle piante del sottobosco,
la cui fioritura precede il rinverdire
delle fronde sugli alberi. Appena le
corolle si aprono ai caldi raggi del
sole, anche gli insetti pronubi, che si
occupano della raccolta e del trasporto
del polline, entrano in fermento: api,
vespe, bombi, coleotteri, lepidotteri e
quant’altro volano instancabilmente
di fiore in fiore, senza un attimo di
tregua. L’impollinazione è un rapporto
di reciproca utilità, perché è proprio
l’attività di questi insetti a compiere
la fecondazione, dalla quale hanno
poi origine i frutti e i semi. D’altro
canto, il bisogno di attirare gli insetti
ha spinto l’evoluzione dei fiori verso
il perfezionamento delle forme e dei
colori, la formazione di ghiandole
secretrici di succhi e l’emissione di
profumi.
Le «strategie» della salvia
L’ingegnosità con la quale le piante
effettuano il richiamo non conosce limiti
e spesso sembra addirittura inverosimile
il modo in cui i vegetali riescono a
colonizzare determinati ambienti e
a piazzarsi in punti assolutamente
strategici. È il caso della salvia officinale,
che sto osservando nel mio viaggio lungo
la litoranea verso l’Istria, le cui corolle
azzurre coprono letteralmente il Carso
dopo Bersezio, prima che l’afa dei mesi
caldi faccia evaporare anche l’ultima
goccia d’acqua. Le api e soprattutto i
bombi che compiono l’impollinazione
dei suoi fiori, entrando nel calice
toccano una leva a cui sono legati gli
stami e il pistillo. I primi, carichi di
polline, versano i granuli sul dorso
dell’animale, che va quindi a fecondare
un altro fiore, visto che il pistillo matura
successivamente (ed è quindi garantito
l’incrocio).
L’effimera bellezza dei fiori
A Fianona, i muri del nucleo storico
sono tappezzati dai cuscini fioriti delle
campanule istriache che spuntano da
ogni dove, soprattutto per il fatto che le
case sono in gran parte abbandonate e
|| Un’ape sulle campanelle istriache
l’attività dell’uomo è ridotta al minimo.
Questa pianta pluriennale, che popola
le fenditure delle rocce carsiche e le
antiche mura di alcuni nostri borghi, è
limitata all’areale dell’Istria orientale e
al litorale quarnerino che si protende
sino alle prime propaggini del Velebit.
Cresce anche sulle isole di Cherso,
Veglia, Arbe e Prvić ed è proprio maggio
il mese in cui la sua fioritura giunge
al culmine. Un’altra pianta endemica,
diffusa però in aree più vaste del
Mediterraneo, è l’anemone stellata,
che in questo periodo punteggia i
prati dell’Istria, tingendoli di tutte le
sfumature che vanno dal bianco al viola.
Anche quelli che affiancano la strada
verso Albona non fanno eccezione:
peccato che l’effimera bellezza di questi
fiori duri solo un breve spazio di tempo.
La sorgente nascosta e misteriosa
Pur avendo visitato il territorio a più
riprese e in stagioni diverse, è la prima
volta che percorro il sentiero didattico
lungo i due torrenti senza nome che dal
pianoro scendono verso il mare di Porto
Albona (Rabac), attraverso gore incise
nella roccia calcarea. C’è voluto un po’
per capire dove si trovava il punto di
|| Il mare dagli scogli di S. Marina
Reportage
sabato
4 maggio 2013
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|| Albona e a destra le praterie del Sisol
Santa Marina
|| Vaschette contornate da setti calcarei
|| Un bombo sta per impollinare un fiore di salvia
|| Un prato trapunto da anemoni stellate
|| Una spugnola
partenza che, come al solito, è noto a chi
è di casa e viene spesso spiegato male
a coloro che invece devono scoprirlo.
Per fortuna, c’è sempre un amico, in
questo caso il buon Bruno di Albona,
che mi trae d’impaccio e mi indica da
dove iniziare. Basta infatti scendere tra
gli orti di Podvinje, seguendo il tracciato
che si snoda tra i terrazzati. Nascosta
e misteriosa, la sorgente di Šćurak
sotto le mura dovette rappresentare un
tempo una fonte d’acqua preziosa per
gli abitanti della città e probabilmente
servì ad irrigare le coltivazioni, che ora
sono inesistenti. È un vero peccato perché
le falde sotto i muraglioni sono ben
riparate ed esposte al sole e potrebbero
rappresentare un potenziale terreno da
floricoltura. Lasciato alle spalle il tratto
degli orti abbandonati, inforco la valle
torrentizia, popolata dalla vegetazione
submediterranea, peculiare di questa
nostra caratteristica penisola. Tra i carpini
e gli ornielli, coperti da grosse gemme
pronte a scoppiare, stanno sbocciando
a migliaia i ciclamini primaverili, tipici
dell’Europa meridionale, alternati a cespi
di azzurre pervinche. Qua e là, simili a
serpentelli bruni, spuntano tra le foglie
secche gli steli del tamaro (spareso de
ambra, alla nostrana), mentre i turioni
del pungitopo si fanno ancora desiderare.
L’allegro rumore della cascata
Il sentiero segue dappresso il corso in
secca del torrente, coperto da uno spesso
letto di muschio verde e mi sembra
strano che in questo periodo non ci sia
nemmeno una goccia d’acqua. Il Carso
però riserva sempre delle sorprese e dopo
un po’ l’allegro rumore di una cascata si
fa sentire, dapprima fievole, poi sempre
più intenso. La meraviglia che segue,
mi fa intuire, accanto a ciò che ho già
visto, il motivo per il quale l’area tra
Albona, Porto Albona e la penisola di
Prklog sia stata proclamata, già nel 1973,
paesaggio di rilievo. Da un’apertura
sulla parete di una piccola grotta dalla
cui volta pendono svariate concrezioni
calcaree, sgorga spumeggiando un
grosso zampillo d’acqua che si raccoglie
quindi in un laghetto. Grosse pietre
permettono di valicare il torrente che
precipita immediatamente verso il
basso. Numerose piante acquatiche,
ancora in fase di crescita, circondano le
rive, mentre gli alberi ai lati formano
una gigantesca galleria. L’acqua, che
sicuramente contiene grosse quantità
|| La grotta con la sorgente
di sali minerali, ha formato tutta
una serie di conche arginate da setti
calcarei, dove il flusso si raccoglie e
poi travasa, cadendo dall’una all’altra
con minuscoli salti. Il sentiero, tutto
in discesa, costeggia continuamente il
torrente e permette di ammirarne le
acque irrequiete e rumorose. Un po’
più in basso, a una cascata più grande,
segue un laghetto circondato da un
notevole accumulo di detriti sabbiosi.
Da essi spuntano, simili a minuscole
lance, gli steli smeraldini degli equiseti.
Si tratta di piante antichissime, diffuse
dalla fine del Devoniano e amate già
dagli antichi romani che le impiegavano,
seccate e triturate, per detergere la pelle
mescolandole all’argilla e all’olio d’oliva.
Soprattutto i fusti verdi sterili, diversi da
quelli fertili color marrone che recano le
spore, vengono impiegati in fitoterapia
come ottimi diuretici nella cura delle
affezioni renali.
La natura in ritardo
Il canalone adesso si apre verso alcuni
prati, dove l’erba sta spuntando
rigogliosa. Sulla terra umida, tra i
frassini, scopro una magnifica colonia
di spugnole, i profumati funghi
mutevolissimi nell’aspetto e nei colori,
dai tipici cappelli alveolati, formati da
cellette irregolari e dai gambi cavi. Sono
estremamente delicati per cui vivranno
soltanto un paio di giorni, riuscendo però
a spargere le loro preziose spore. Così in
fila, uno dietro l’altro, sembrano piccoli
gnomi usciti da una favola.
Dalla confluenza con l’altro torrente,
proveniente dal lato opposto del pianoro
ai piedi del colle di Albona, risalgo
verso l’abitato, percorrendo nella parte
finale un interessante tratto lastricato
da uno strato compatto di calcare.
Concludo questa insolita passeggiata
sulla riva del mare a Santa Marina
sperando di ammirare i narcisi e gli
asfodeli in fiore, ma non ho fatto i conti
con il ritardo dovuto al lungo periodo
di freddo, che si è protratto sin troppo.
In compenso, il panorama che si gode
dagli scogli è vastissimo e soprattutto
inconsueto: punta Prklog è avvolta da
un fitto lecceto, mentre le praterie che si
estendono lungo le falde brulle del Sisol,
anche per l’altezza, sono ancora coperte
dall’erba secca dell’inverno. Dalla riva
opposta del canale della Faresina la costa
a strapiombo di Cherso invita a nuove,
piacevoli avventure in mezzo al verde...