omelia battesimo di gesù
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OMELIA BATTESIMO DI GESÙ Domenica 10 gennaio ’16 Carissimi amici di Sant’Andrea e carissimi ascoltatori di radio Maria, la festa odierna del Battesimo di Gesù prolunga e amplifica il senso profondo del Natale, ci dice chi è Gesù per tutti e per ciascuno di noi. Ancora una volta il buon Dio ci dona la sua Parola, viva ed efficace, per ascoltare il prediletto del Padre, la Parola incarnata, l’Amato da sempre, il figlio Donato per noi, perché abbiamo la salvezza e – come ci dice san Paolo – “per riscattarci da ogni iniquità”. Vogliamo pertanto fare nostre le parole del profeta Isaia, che scrive in un momento molto delicato e importante della vita del popolo di Israele: il ritorno dalla deportazione in Babilonia. È un momento delicato, perché si devono recuperare gli equilibri e le abitudini di un tempo; importante, perché il popolo che torna non è quello di prima, è cambiato. Nella sua coscienza di popolo e nella sua spiritualità ci sono grandi novità… infatti le parole del profeta non sono di giubilo e di vittoria, come dopo le grandi conquiste, ma di consolazione e di affetto. Il cuore degli Israeliti è ancora ferito, pieno di ricordi lieti e tristi, che hanno segnato e messo a dura prova il loro rapporto con Dio. Le tribolazioni che Israele ha dovuto affrontare sono state non solo fisiche e sociali, ma soprattutto spirituali e morali; il momento difficile che il popolo sta passando si potrebbe riassumere in queste domande: “Dio è con noi o no? JHWH, che si era definito “l’Emmanuele, il Dio con noi”, che ci ha liberati dall’Egitto, che ci ha salvati dalle acque e che ci ha accompagnati nel deserto per portarci alla Terra promessa tanto sospirata, dov’è andato a finire?”. Le domande sorgono spontanee e legittime, soprattutto quando stranieri dall’oriente vengono a rovinare ogni cosa preziosa: tradizioni, cultura, religione, oggetti di valore e infine le persone stesse sono deportate in un altro mondo sconosciuto. E il popolo in terra di Babilonia non capisce più chi è Dio e qual è il senso della sua relazione con il Signore. Sorgono ben presto altre domande e dubbi, che possono essere anche i nostri: “Dio è fedele oppure no? È con noi o nel momento del maggiore bisogno ci abbandona? Dove sono andate a finire le sue promesse di un tempo? E perché ci capita tutto questo?”. A proposito, mi viene in mente una bella storia, che forse avete già sentito e che tuttavia ci fa bene ricordare: Camminavo sulla spiaggia a fianco del Signore. I nostri passi si imprimevano nella sabbia, lasciando una doppia serie di impronte, le mie e quelle del Signore. Ciascuno di quei passi rappresentava un giorno della mia vita. Allora mi fermai e mi voltai per guardare tutte quelle tracce che si perdevano lontano. E notai che a tratti, invece delle due serie di impronte, ce n’era soltanto una. Rividi così tutto il cammino della mia vita. Ma, sorpresa! I passaggi con una sola serie di impronte, corrispondevano ai giorni più tristi della mia vita. Giorni di angoscia e di impazienza, giorni di egoismo e di cattivo umore, giorni di prove e di dubbi, giorni incomprensibili, giorni di sofferenza. Allora mi rivolsi al Signore con tono di rimprovero. “Tu ci hai promesso di restare con noi tutti i giorni. Perché non hai mantenuto la tua promessa? Perché mi hai lasciato solo nei momenti peggiori della mia vita, nei giorni in cui avevo più bisogno della tua presenza?” Il Signore sorrise. “Figlio mio, piccolo mio, non ho cessato di amarti un solo momento. Le sole orme che vedi nei giorni più duri della tua vita sono le mie … in quei giorni ... ti portavo in braccio.” Isaia ci parla ancora di deserto, ma anche questo è cambiato: non più quello di sabbia, che il popolo aveva attraversato per giungere ad un posto migliore. Ora questo deserto va vissuto fino in fondo, è il tempo di stare nel deserto, perché è lì che il siamo invitati a preparare l’incontro con Dio. Che buffo però: nel periodo di Avvento queste parole ci suonavano in modo diverso. Il deserto sembrava un luogo di passaggio, un ambiente ostile da superare per vivere finalmente un rapporto più sereno con se stessi, con gli altri e con Dio. Ma la vita non è così, non è un giardino fertile, dove tutto è bello e senza problemi: la nostra esistenza spesso assomiglia più ad uno di quei grandi deserti, con buche, pericoli, imprevisti, aridità nel lavoro, a scuola, nei rapporti con le persone, anche con quelle più care. Il deserto della vita è molto più complesso di quello di sabbia e spesso ha insidie ben più logoranti. Cosa fare in questo deserto, mentre siamo in cammino verso una nuova Terra promessa? Isaia, parlando in nome di Dio, ci rivolge questo invito: “Sali su un alto monte, alza la tua voce con forza…. Alza la voce, non temere… annuncia che il Signore è vicino e porta con sé il premio… come un pastore porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri”. Il deserto ha anche i suoi monti e dobbiamo salire, elevare la nostra vita, guardare più in alto, più in là. Se restiamo nella valle di lacrime continueremo a piangerci addosso… In questo anno della Misericordia dobbiamo imparare da quel padre misericordioso che attende il figlio minore scappato di casa, lo attende sui tetti, guardando lontano: solo così, mentre ancora suo figlio era lontano, si accorge del suo arrivo, perché questa è la speranza: credere nel tempo, e non fuori del tempo, che prima o poi le cose - con l’aiuto di Dio - cambieranno … Ci vuole pazienza, tenacia e grande fiducia, ma prima o poi il deserto finirà. Il tempo del deserto è anche il tempo per alzare la voce, per non restare in silenzio di fronte alle avversità e alle ingiustizie. Non possiamo rimanere in silenzio di fronte agli scandali e alle cattiverie che continuano a tormentare al nostra società. Il Signore ci invita ad alzare lo sguardo ma anche a non rimanere in silenzio. Alzare la voce significa uscire dall’indifferenza e avere il coraggio di denunciare il male, per cambiare prima di tutto noi stessi e rendere il mondo un po’ migliore di come lo abbiamo trovato; alzare la voce per dire anche tutto il bene che il Signore sta facendo nella nostra vita. Carissimi amici di Sant’Andrea e carissimi ascoltatori, mi rivolgo soprattutto a chi sta male, per mille motivi, a chi si sente solo o non capito, a chi ha perso una persona cara o a chi è deluso dalla vita. Ogni giorno dobbiamo lottare per sconfiggere il male, ogni giorno dobbiamo affrontare i nostri deserti, ma non siamo soli. Pensate alla potenza che ha questa radio che in questo momento sta diffondendo le parole consolanti del Signore a milioni di persone. Alzare la voce vuol dire anche dire quanto bene c’è in giro per il mondo e quanto questo bene si diffonde. Mi rivolgo a tutti voi che mi state ascoltando: pensate cosa significa alzare la voce, proprio in questo momento. Possiamo unire la nostra voce per pregare insieme, nello stesso istante. Possiamo unire le nostre voci per gridare al buon Dio la nostra fede e per chiedere il dono della consolazione e della pace. Carissimi, nella festa del battesimo di Gesù, il vangelo di Luca ci dice che “il popolo era in attesa”. Tutti chiedono a Giovanni se è lui il Cristo e a tutti il Battista ricorda una cosa importante: il suo battesimo è fatto con l’acqua, ma verrà uno più forte che battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Notate anche qui un cambiamento, come il popolo di Israele aveva cambiato il suo modo di relazionarsi con Dio, passando attraverso la crisi della deportazione, così ora il battesimo di Giovanni assume un profondo e nuovo significato. Non è l’acqua in se stessa che cambia le persone, ma lo Spirito Santo. Non è l’uomo capace di convertirsi, è Di8o stesso che si converte verso di noi e ci dona suo figlio. Il cielo si apre: è Dio stesso che prende l’iniziativa per manifestarsi ancora una volta e la sua manifestazione più grande è Gesù. Non servono più i sacrifici antichi, non c’è bisogno del tempio: Gesù è l’Amato nel quale Dio si compiace. San Paolo scrivendo a Tito ricorda che “Egli ci salva non per le nostre opere giuste, ma per la sua misericordia”. Gesù è il volto misericordioso del Padre, Gesù è l’amore incarnato… noi cristiani battezzati abbiamo sempre bisogno di guardare a Lui. Solo l’amore di Dio ci salva, solo il suo amore ci dona consolazione e pace. Vi auguro, carissimi, di poter sperimentare sempre nella vostra vita la grande misericordia di Dio, che non ci lascia mai soli, e che nei deserti più impegnativi della nostra esistenza ci porta in braccio. Don Claudio Bassotto