l`intervento - Liceo Classico Lorenzo Costa
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l`intervento - Liceo Classico Lorenzo Costa
Consiglio Comunale straordinario “Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne” 25 novembre 2013 – Sala Dante INTERVENTO DELLE STUDENTESSE GIULIA MIELE E IRENE RATTI, classe III B Liceo Classico “Lorenzo Costa” La giornata internazionale contro la violenza sulle donne, che ricorre ogni 25 novembre, è stata istituita il 17 dicembre 1999 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, con lo scopo di sensibilizzare tutti i cittadini del mondo in merito a questo sentito argomento. Ce ne abbiamo messo di tempo, mi verrebbe da dire! Vorrei riprendere le parole di Oriana Fallaci che, in modo conciso e chiaro, raccontano la vita di una donna: “Essere donna é così affascinante. E' un’avventura che richiede un tale coraggio, una sfida che non annoia mai. Avrai tante cose da intraprendere se nascerai donna. Per incominciare, avrai da batterti per sostenere che se Dio esistesse potrebbe anche essere una vecchia coi capelli bianchi o una bella ragazza. Poi avrai da batterti per spiegare che il peccato non nacque il giorno in cui Eva colse una mela: quel giorno nacque una splendida virtù chiamata disubbidienza. Infine avrai da batterti per dimostrare che dentro il tuo corpo liscio e rotondo c’è un’intelligenza che urla d’essere ascoltata. Se nascerai uomo, ti saranno risparmiate tante umiliazioni, tante servitù, tanti abusi. Se nascerai uomo, ad esempio, non dovrai temere d’essere violentato nel buio di una strada. Non dovrai servirti di un bel viso per essere accettato al primo sguardo, di un bel corpo per nascondere la tua intelligenza. Non subirai giudizi malvagi quando dormirai con chi ti piace, non ti sentirai dire che il peccato nacque il giorno in cui cogliesti una mela. Faticherai molto meno. Potrai batterti più comodamente per sostenere che, se Dio esistesse, potrebbe essere anche una vecchia coi capelli bianchi o una bella ragazza. Potrai disubbidire senza venir deriso, amare senza svegliarti una notte con la sensazione di precipitare in un pozzo, difenderti senza finire insultato”. Queste affermazioni si collocano storicamente negli anni Settanta in cui anche in Italia si verifica una crisi dell'autorappresentazione maschile, in bilico tra vecchio e nuovo, tra contraddizioni sconosciute e vecchi privilegi da mantenere. Negli anni Ottanta invece, se da un lato si consolidano certe conquiste legali, dall'altro, sul piano culturale, vengono fatti passi indietro. La "femminista" è spesso sarcasticamente identificata come una figura dedita alla protesta tout court , un essere fastidioso da non prendere troppo in considerazione , mentre i nuovi stereotipi femminili incollano la donna a un atteggiamento tradizionalmente passivo (ritorna l'idea della donna come oggetto di lusso) oppure al modello opposto: la donna-manager iperattiva e "maschilizzata" che, se è accolta con rispetto nel mondo del lavoro, poiché sviluppa al massimo le "virtù" maschili dell'aggressività e della competitività, è disprezzata nell'ambito affettivo-familiare. Donna con la gonna, una canzone di Roberto Vecchioni e Donne con le gonne, un film di Francesco Nuti, non condividono solo il titolo e il periodo in cui sono usciti ma anche l'ironia su questi modelli femminili della donna -manager della donna impegnata, della donna liberata, modelli che l'uomo percepisce come negativi rispetto al modello tradizionale a cui è abituato. Tra gli anni Ottanta e Novanta vi è un luogo dove le dinamiche del maschile\femminile sono esplicite : la pubblicità. In pubblicità il corpo nudo, sia maschile sia femminile, è un segno potente che serve ad associare il piacere ad un oggetto, passando attraverso il desiderio di chi contempla. L'uso del corpo femminile è direttamente associato a una merce e, ancora, l'immagine della donna oscilla tra quella di angelo del focolare e una donna di lusso, entrambe "allenate" alla funzione di "riposo del guerriero". Quindi ancora Eva o Maria, come agli inizi del secolo!?Non proprio. La parità dei diritti, finalmente conquistata sulla carta, lascia spazio ad una frantumazione dei vecchi modelli, rendendoli problematici e contraddittori. Ma a che punto siamo arrivati in questo lungo percorso? Da un punto di vista legislativo l'articolo 37 della nostra Costituzione recita "La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione" .Il principio di parità, posto dalla norma appena riferita, non era certo scontato al momento in cui essa fu emanata, anzi,rappresentò una novità di grandissima importanza ma ha continuato a non essere ovvio per moltissimi anni. Basti pensare, a questo proposito, che sono state necessarie leggi dello Stato e, più tardi, direttive della Comunità Europea, anche di molto posteriori alla Costituzione,perché il principio riconosciuto fosse davvero recepito e tradotto nella pratica. E' stato necessario arrivare al 1979 perché in Italia venisse promulgata una legge ordinaria (n.903) intitolata "tutela del lavoro delle donne e dei bambini" nella quale, all'articolo 1 si legge" E' vietata qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda l'accesso al lavoro..." ma....Il grande numero delle cause, quotidianamente discusse nelle aule dei tribunali e le continue pronunce su questo tema della Corte di giustizia della Comunità Europea, possono darci la misura dell'assoluta attualità del problema e di come il pregiudizio sul lavoro della donna sia davvero ben radicato. Nella conferenza di Pechino del 1995 i rappresentanti delle Nazioni Unite hanno esaminato la situazione della donna nel mondo e, in seguito, è stato creato il Comitato sull'Eliminazione della Discriminazione nei confronti delle Donne (CEDAW), una specie di tribunale internazionale dove le vittime possono rivolgersi se ritengono che lo Stato in cui vivono abbia violato i loro diritti. In Italia esiste il Ministero per le Pari Opportunità e che ha stabilito delle percentuali minime di presenza femminile nei luoghi di lavoro e della politica (come in Parlamento e nelle liste elettorali)....di fatto, se le donne hanno "posti riservati" la parità continua a non esistere!....?Non dimentichiamo che, in un paese "civile"come l'Italia, lo stupro viene giudicato un reato contro la persona soltanto da pochi anni, mentre in precedenza era considerato un'offesa ALLA MORALE DELLA COMUNITA'! . "La questione etico-civile più importante legata alla questione sessuale è quella della formazione di una nuova personalità femminile:finché la donna non avrà raggiunto non solo una reale indipendenza di fronte all'uomo ma anche un nuovo modo di concepire se stessa e la sua parte nei rapporti sessuali la questione sessuale rimarrà ricca di caratteri morbosi e occorrerà esser cauti in ogni innovazione legislativa" afferma Gramsci in "Note su Machiavelli,sulla politica e sullo stato moderno". Ancora lungo ci sembra il cammino per realizzare parità legale e parità effettiva ma riteniamo che questa debba essere la strada. Interroghiamoci su questo, arriviamo fino in fondo, impegniamoci. Non possiamo più permetterci di essere superficiali, di fare finta di nulla. Dobbiamo imparare a vendicare noi a noi stesse,parafrasando Seneca quando afferma "Vindica te tibi", insomma ad essere ciò che vogliamo essere, a non nascondere la nostra intelligenza e ricercare un vuoto successo o qualche stupida approvazione. Riappropriarsi della propria identità da parte delle donne era il senso di uno slogan delle femministe degli anni Settanta " Riparti da te, riparti dal tuo corpo". Questo significava che era possibile recuperare, attraverso la conoscenza della propria sessualità e delle esigenze del proprio corpo,un'identità forte che permettesse di opporsi come soggetti in difesa dei propri diritti, senza dover rivestire dei ruoli o delle maschere che nascevano direttamente dall'universo androcentrico.... e quindi ... Semplicemente ,occorre sollecitare una nuova definizione della maschilità e portare con rispetto il nome che abbiamo: “Donne”. Rispettiamoci, e impareranno a rispettarci.