le traiettorie dell`innovazione nei servizi:esperienze a confronto

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le traiettorie dell`innovazione nei servizi:esperienze a confronto
UNIVERSITA’ CATTOLICA DEL SACRO CUORE
- Milano -
FACOLTA’ DI ECONOMIA
Dipartimento di Scienze dell’Economia e della Gestione aziendale
QUADERNI DEL
CORSO DI LAUREA IN ECONOMIA E GESTIONE AZIENDALE
GESTIONE DELLE IMPRESE DEL TERZIARIO E DEI SERVIZI COMMERCIALI
LE TRAIETTORIE DELL’INNOVAZIONE NEI
SERVIZI:ESPERIENZE A CONFRONTO
Roberta Sebastiani
n. 7 – gennaio 2007
Roberta Sebastiani
LE TRAIETTORIE DELL’INNOVAZIONE NEI SERVIZI:
ESPERIENZE A CONFRONTO
1.
2.
3.
4.
5.
Il ruolo dei servizi nell’economia della conoscenza
Intelligenza terziaria e processi di innovazione
Innovazione e servizi: un binomio in evoluzione
Le linee dell’innovazione e la proposta di un modello interpretativo
Il caso Salmoiraghi & Viganò
Questo working paper sintetizza i contenuti dell’intervento di Roberta Sebastiani e Riccardo
Perdomi al workshop dal titolo “Le traiettorie dell’innovazione nei servizi: esperienze a confronto”
che si è svolto il 22 novembre 2006 presso la Scuola Superiore del Commercio del Turismo dei
Servizi e delle Professioni nell’ambito del Corso di laurea in “Economia e gestione aziendale –
Gestione delle imprese del terziario e dei servizi commerciali”, Facoltà di Economia, Università
Cattolica del Sacro Cuore, Milano.
Roberta Sebastiani è Ricercatore di Economia e Gestione delle Imprese presso la Facoltà di
Economia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Svolge attività di didattica e di
ricerca sui temi legati all’innovazione nella gestione della relazione con il mercato applicati alle
imprese manifatturiere e di servizi. Collabora fin dalla sua fondazione con Centrimark - Centro di
Ricerche di Marketing - della stessa Università.
I quaderni sono disponibili on-line all’indirizzo http://www.unicatt.it/economia/ e
all’indirizzo http://www.scuolasuperiorects.it/
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1. Il ruolo dei servizi nell’economia della conoscenza
Nel momento in cui si cerca di comprendere il ruolo, la natura e l’importanza dei servizi nelle
economie avanzate ci si scontra inevitabilmente con una immagine diffusa e condivisa, retaggio di
un passato ormai superato ma ancora fortemente presente quanto a influenza sul modo di concepire
e gestire le imprese che operano in questo comparto e le politiche a livello di sistema che le
riguardano, in cui i servizi venivano vissuti come fortemente dipendenti e complementari rispetto
alla realtà prevalente della “fabbrica”.
L’ancillarità, propria dell’epoca fordista, si manifestava non solo in termini di una più o meno
marcata subordinazione alle esigenze di quest’ultima e di una capacità di innovazione , per così dire
“derivata” in senso stretto, ma anche in termini di potenziale di produttività.
Mentre l’attività manifatturiera evolveva verso una continua tensione all’essere concentrata,
produttivistica, efficiente, standardizzata, impersonale; i servizi sembravano mantenersi dispersi, a
bassa produttività, scarsamente meccanizzati e razionalizzati, e flessibili, permeabili alle esigenze e
alle richieste delle singole persone proprio in quanto complementari e, come tali, con un ruolo
preciso in termini di capacità di ovviare ai limiti della fabbrica.
Il terziario non poteva allora che essere un settore residuale: la somma di tutto quello che non era
agricoltura e che non era industria. Anche l’eterogeneità che lo contraddistingueva non sembrava
costituire un problema: per assorbire la produttività generata altrove andava bene un settore così
parcellizzato, con tante attività in ordine sparso anche scarsamente coordinate tra loro, capaci di
inserirsi negli interstizi di un sistema in cui diveniva rilevante non lasciare spazi di frizione,
affinché tutto consentisse un perfetto sincronismo dei meccanismi.
Questo approccio poteva essere corretto, e lo è stato, per certi versi, fino a che i servizi sono rimasti
una quota minoritaria dell’economia. Ma, procedendo con l’evoluzione dei sistemi economici, la
quota di valore aggiunto e di occupazione relativa alla fabbricazione materiale ha finito ben presto
per diventare sempre più piccola, facendo dilagare i numeri (e il costo) dei servizi.
Il fordismo maturo è stato, in realtà, un’economia dei servizi, costruita su una base industriale (di
fabbricazione materiale) sempre più ristretta.
Se proviamo a ragionare in termini di asset, di risorse, si può rilevare come, in base a questa logica
l'immateriale della conoscenza è stato posto "al servizio" della produzione materiale. Nell'universo
fordista le conoscenze che contano, quelle codificate e proceduralizzate, sono "stoccate" in beni
materiali (macchine e prodotti finiti) o in sistemi sociali (l'organizzazione). Insieme ad essi, e
attraverso la loro mediazione, le conoscenze possono essere trasferite nel tempo e nello spazio,
possono essere scambiate, vendute e moltiplicate, sfruttando appieno i vantaggi della modernità.
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L'economia dei servizi, rispetto a tutto questo, costituiva il residuo. Il luogo in cui le conoscenze
non potevano essere fissate in codici e in procedure replicabili, perdendo le economie di scala
conseguenti. E in cui, dunque, si aveva a che fare con processi poco meccanizzabili, costosi, con
limitati spazi per innovare e incrementare la produttività.
Nella divisione del lavoro, e delle parti, il bene industriale (materiale) attraeva le innovazioni
tecniche e le economie di replicazione, generando produttività che veniva usata per coprire i costi di
tutti quei servizi che erano richiesti per rendere utilizzabile il prodotto nel mondo del consumo.
Il fordismo, in altre parole, non si limita a ricevere dalle epoche pre-moderne l'economia dei servizi
tradizionale. Al contrario, esso trasforma e plasma la sua economia dei servizi, facendo leva sulla
dicotomia tra materiale e immateriale, che contrappone due logiche opposte e complementari: la
fabbricazione del bene materiale e il servizio (immateriale). Il servizio è ciò che si oppone alla
fabbrica e che, al tempo stesso, le è complementare, supplendo alle sue carenze o assenze (Rullani,
2006).
Oggi assistiamo a un profondo cambiamento che vede un’economia dei servizi in continua
evoluzione rispetto al passato. E ciò sta avvenendo, a quanto sembra, a dispetto di come i servizi
vengono vissuti sia da chi vi opera sia da chi se ne occupa a livello di politiche economiche. Il
concetto di immateriale, infatti, sta acquisendo nuovi significati e nuove funzioni e si va sempre più
identificando con il complesso sistema di conoscenze e relazioni che alimentano il motore della
produzione.
Nell’economia della conoscenza in cui ci troviamo, infatti, si producono e si vendono idee; queste,
in primo luogo, non possono essere ex-ante categorizzate secondo la dicotomia classica tra
materiale e immateriale ma la superano, spostando il nodo della riflessione in uno spazio al di là di
questi confini rigidamente tracciati, e, in secondo luogo, non costituiscono di per sé una prestazione
già compiuta e predeterminata, ma definiscono piuttosto un campo di potenzialità, che rimandano ai
possibili usi e alla successiva esperienza degli utilizzatori
In questa prospettiva, allora, l'immateriale cessa di essere una risorsa definita in negativo, per le sue
carenze rispetto al materiale, e i servizi acquisiscono un nuovo ruolo.
Da una posizione marginale, residuale rispetto ad una centralità presidiata da altri, ad una posizione
più strategica rispetto al processo di sviluppo dell’economia, in cui il rapporto con la fabbrica
assume una natura differente, di autentica complementarietà divenuta oggi bidirezionale, che si
muove indifferentemente dal materiale all’immateriale e viceversa, senza prevaricazioni o privilegi
di sorta.
La rivoluzione accaduta nell'immateriale cambia, di conseguenza, ad ogni evidenza la nozione di
servizio, dandole qualificazioni diverse da quelle che una volta, implicitamente, l'accompagnavano.
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E quello che si viene a creare a tutti gli effetti è un contatto sempre più stretto tra modernizzazione e
servizi.
Fenomeni quali innovazioni, produttività e valore, che una volta erano strettamente associati a
quanto accadeva nella fabbrica, baluardo ancora non tramontato di un fordismo residuale, oggi
dipendono sempre più da quanto accade intorno alla fabbrica, nella rete della produzione
immateriale o governata dall'immateriale di cui i servizi fanno a vario titolo parte, rappresentando,
internamente o esternamente all’azienda, il collante che unisce i nodi specializzati delle reti
produttive.
2. Intelligenza terziaria e processi di innovazione
La modernità che più di due secoli fa nacque “meccanica”, avendo come base l’intelligenza
incorporata nelle macchine e negli altri automatismi in genere, tende oggi ad evolvere sempre più
nella direzione di una modernità “riflessiva” (Beck, Giddens, Lash, 1994), in cui maggiore spazio è
acquisito da una nuova forma di intelligenza, l’intelligenza che potremmo definire con Rullani
(2005) “terziaria”, maggiormente connessa agli uomini, alle loro capacità, alle reti interpersonali,
che porta avanti l’esplorazione del nuovo, tenendo in movimento il motore dello sviluppo.
La modernità meccanica, nel processo di creazione di valore economico, misurato dal prodotto
V=nv*, è caratterizzata dall’esistenza di un sostanziale trade-off tra il numero dei ri-utilizzi della
stessa conoscenza, n (Holzner, Marx 1979), e il valore utile (efficacia) mediamente conseguibile
negli n ri-usi, v* (Rullani, 2004a).
In altri termini le situazioni che si vengono a configurare, sotto il profilo dei modelli di business,
identificano due macro-alternative ai due opposti estremi:
- il terziario tradizionale in cui l’enfasi posta sulla dimensione di creazione del valore utile tende a
limitare se non ad escludere le potenzialità di replicazione associate ad n, contribuendo a contenere
le possibilità di sviluppo dell’impresa e del valore economico che questa può generare;
- l’industria di massa in cui si evidenzia un elevato livello del fattore moltiplicatore (n) che,
peraltro, in una logica che muove verso una produzione di commodities vede la presenza di una
dimensione di efficacia piuttosto contenuta (v*).
Tra questi è possibile ritrovare posizione intermedie, dall’artigianato industriale, ai servizi
standardizzati che hanno cercato di muoversi dai due estremi senza peraltro abbandonare la linea
del trade-off.
La modernità riflessiva, attraverso la valorizzazione dell’intelligenza terziaria sta mostrando nuovi
percorsi potenzialmente a disposizione delle imprese.
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Tra le altre si possono evidenziare due direzioni che consentono il superamento del vincolo indotto
dall’esistenza del trade-off sopra evidenziato: la neo-industria e il neo-servizio (Rullani et al. 2005).
Nel primo caso, l’exploitation (March 1991) di quanto già si sa o si sa fare, attraverso una più
efficace interazione tra domanda e offerta, porta verso una logica di flessibilità di risposta ad una
domanda complessa, mantenendo comunque la compatibilità con le economie di replicazione.
In questa prospettiva il mantenimento di elevati livelli di n (ossia di ri-usi) si coniuga con il
contestuale incremento di v*, attraverso ad esempio la creazione di significati comunicabili e
largamente condivisi, di standard riconoscibili, di sistemi modulari a flessibilità codificata.
Nel secondo caso, l’exploration dello spazio condiviso delle possibilità (March 1991) può
consentire, a parità di v* la moltiplicazione degli utilizzi attraverso la replicazione della conoscenza
per effetto dell’ampliamento delle nicchie di riferimento, della creazione di network formali o
informali, dell’estensione degli ambiti di riferimento rilevanti.
In questa prospettiva il terziario assume una particolare rilevanza, soprattutto in relazione alla presa
di coscienza del ruolo sempre più di primo piano e non più ancillare che riveste nei meccanismi di
sviluppo delle economie avanzate; ciò a patto, ovviamente, che sia disponibile ad investire nella
costruzione e nella diffusione di quella intelligenza terziaria che caratterizza l’attuale fase di
modernità riflessiva (Rullani, 2004b).
A partire da queste considerazioni, si è ritenuto opportuno sviluppare un progetto di ricerca1 volto a
delineare le traiettorie possibili e le determinanti fondamentali proprie dei processi di innovazione
che stanno interpretando le nuove modalità di competizione nella modernità riflessiva, allo scopo di
giungere alla definizione di un modello interpretativo in grado di definire i percorsi possibili di
evoluzione verso i due archetipi che abbiamo in precedenza definito come neo-industria e neoservizi.
3. Innovazione e servizi: un binomio in evoluzione
La rilevanza connessa al crescente ruolo dell’”intelligenza terziaria” nei processi evolutivi delle
economie occidentali sembra trovare consenso sia tra gli studiosi e i ricercatori che tra gli operatori.
Malgrado tale consenso, il tema in cui tale fenomeno si può tradurre in concreto, ossia quello
dell’innovazione e in particolare dell’innovazione nei servizi, alveo e humus in cui l’intelligenza
terziaria, può trovare sviluppo e diffusione risulta allo stato attuale ancora scarsamente indagato
(Miles 2000).
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La ricerca qui proposta è parte infatti di un più ampio progetto di indagine dal titolo “Intelligenza Terziaria: motore
dell’Economia”, promosso da CFMT (Centro Formazione Management del Terziario) e sviluppato già da tre anni da un
gruppo interuniversitario di ricercatori, coordinati dal Prof. Enzo Rullani (Università Ca’ Foscari di Venezia).
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Dall’analisi della letteratura sull'argomento emerge come elemento ormai acquisito il fatto che le
imprese di servizi innovano (Metcalfe e Miles 2000, Gallouj 2002, Carlsson et al. 2003, Tether
2005, Howells 2006), anche se spesso non attraverso attività riscontrabili e classificabili con gli
strumenti analitici tradizionali usati per gli studi sull'industria manifatturiera (ad esempio raramente
sono presenti attività di R&S formalizzate e unità organizzative ad esse deputate, è difficile
misurare gli input e gli output e quindi gli aumenti di produttività, tradizionale indicatore del
cambiamento tecnologico). Tale acquisizione è piuttosto recente: nonostante l’esistenza di alcuni
studi empirici, fino a pochi anni fa si era stentato ad affrontare esplicitamente il problema della
ragionevolezza della presenza di "fenomeni innovativi" nei servizi, e della validità dell'utilizzo degli
strumenti teorici ed empirici tipici degli studi sull'industria (Sundbo, 1997).
Gli studi che si sono susseguiti nel tempo, le concettualizzazioni che ne sono derivate e le
prospettive teoretiche delineano l’esistenza di tre approcci fondamentali al tema della relazione tra
innovazione e servizi (Gadrey e Gallouj 1998; Gallouj 2002, Tether 2003, Bryson e Monnoyer
2004, Rullani et al. 2005).
Il primo filone, definito alternativamente come approccio “tecnologista” (Gadrey e Gallouj 1998,
Bryson e Monnoyer 2004) o “di assimilazione” (Coombs e Miles 2000) presuppone che il concetto
e le dinamiche dell’innovazione nei servizi siano fondamentalmente assimilabili a quelli, più
familiari, delle imprese manifatturiere e che lo sviluppo delle tecnologie costituisca il fattore
centrale del processo di innovazione; in questo senso l’attenzione tende a focalizzarsi sull’analisi
degli effetti dell'introduzione di apparati e sistemi tecnologici nelle imprese del terziario.
Secondo questa prospettiva, l’innovazione nei servizi dovrebbe essere indagata attraverso il ricorso
a concetti, modelli e strumenti già sviluppati per lo studio dell’analogo fenomeno nel
manifatturiero, data la sua natura intrinseca sostanzialmente dipendente dall’adozione di tecnologie
sviluppate all’esterno che tendono ad assumere così il ruolo di facilitatori dell’erogazione di nuovi
servizi e/o di incremento della produttività dei servizi stessi.
Il quadro che deriva da questo tipo di approccio rappresenta dunque un processo dominato dal
fornitore in cui l’impresa di servizi dipende appunto dall’esterno per l’acquisizione degli input
dell’innovazione (den Hertog 2000).
In netta contrapposizione a questo primo approccio si colloca il secondo filone di studi definito
“service oriented” (Bryson e Monnoyer 2004 o della “Scuola di Lille” (Tether 2003, Rullani et al.
2005).
L’obiettivo degli autori che concorrono a svilupparlo è esplicitamente quello di prendere le distanze
da modelli di interpretazione del fenomeno dell’innovazione nei servizi semplificatori e centrati
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sulla riduttiva estensione di quelli sviluppati a monte per il mondo della manifattura al fine di
pervenire a nuove concettualizzazioni più aderenti alle specificità del comparto.
L’innovazione nei servizi si differenzia, infatti intrinsecamente dall’archetipo dell’innovazione
manifatturiera (Belleflamme et. al. 1986, Gallouj e Weinstein 1997, Gadrey e Gallouj 1998, Sundbo
1998, Djellal e Gallouj 2000, Sundbo e Gallouj 2000, den Hertog 2000) a causa della natura
particolare dei servizi e delle implicazioni che da questa derivano.
Per gli autori di questa scuola, che hanno focalizzato l’attenzione in maniera particolare, tra le altre,
sulle imprese del terziario ad elevata intensità di conoscenza (i cosiddetti KIBS, Knowledge
Intensive Business Services), i servizi sono caratterizzati da due dimensioni fondamentali,
l’intangibilità e l’interattività, e tali dimensioni caratterizzano anche i processi di innovazione.
Dall’intangibilità deriverebbe l’eventualità della invisibilità dell’innovazione e, quindi, la difficoltà
della sua rilevazione, mentre dalla dimensione dell’interattività si verrebbe a determinare la
potenzialità di un’innovazione frutto della co-produzione tra fornitore e cliente, rispetto alla quale la
paternità dell’innovazione risulta difficile da attribuire.
Inoltre, dal momento che ogni servizio in sé e per sé è “unico” è spesso difficile discriminare tra
variabilità del servizio e innovazione. Questo pone in evidenza l’estrema flessibilità dei servizi che
consente una costante riformulazione ed adattamento al fine di rispondere alle eterogenee esigenze
della domanda. In questa prospettiva le imprese di servizi sembrano essere assai distanti da un
modello di fornitori di “prodotti” standardizzati e molto più assimilabili ad una combinazione di
elementi “hard” (attrezzature) e “soft” (competenze e conoscenze) in grado di adattare
costantemente e in modo fluido l’offerta alle continue sollecitazioni provenienti dal mercato. In
particolare le componenti “soft” assumono particolare rilevanza nelle dinamiche dell’innovazione e,
sotto questo profilo, risulta estremamente difficile interpretare i servizi come passivi adottanti di
nuove tecnologie; al contrario, la capacità innovativa deriva dall’uso creativo che della tecnologia si
può fare che si riflette nella capacità di dare voce alle esigenze della clientela non sempre
adeguatamente e consapevolmente specificate.
La conciliazione tra i due approcci appena delineati si esprime nel dispiegarsi di un più recente
filone a cui gli studi, soprattutto a partire dall’inizio del nuovo millennio, sembrano ricondursi.
Si tratta infatti di una prospettiva definita come “integrativa” (Gadrey e Gallouj 1998, Gallouj 2002)
o “di sintesi” (Coombs e Miles 2000), che, in linea con la crescente terziarizzazione dell’economia,
tende a superare la tradizionale dicotomia tra manifattura e servizi, tra secondario e terziario, per
giungere ad una concettualizzazione univoca dell’innovazione come sostanzialmente indipendente
dal contesto specifico di manifestazione.
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Al di là di questo obiettivo a livello di evoluzione dei modelli teorici si intravede la difficoltà di una
chiara distinzione tra imprese operanti nell’uno o nell’altro settore nonché la presa di
consapevolezza che la stretta interrelazione tra beni e servizi in relazione ai processi di produzione e
consumo debba trovare riscontro anche nei modelli interpretativi delle dinamiche innovative
(Howells 2000, 2004, Tether et al. 2001, Tether 2003, Daniels e Bryson 2002, Gallouj 2002, Bryson
e Monnoyer 2004).
L’evoluzione che ha portato alla definizione nel tempo dei tre approcci e che rispecchia le
dimensioni rilevanti che via via si sono susseguite a livello di sistemi economici (l’impatto della
tecnologia, il ruolo sempre più preminente dei servizi e la loro riconosciuta importanza, l’avvento
dell’economia dell’immateriale) può essere riletta come una sorta di “ciclo di vita” (Gallouj 2002)
dell’elaborazione a livello teoretico dei temi legati all’innovazione nei servizi.
Il nostro lavoro prende, dunque, avvio dagli spunti forniti dai contributi più recenti, e, in definitiva,
si colloca all’interno del terzo filone di studi considerato, quello “integrativo” o di “sintesi” che, a
nostro parere, consente una migliore e più adeguata lettura del fenomeno così come si sta
configurando allo stadio attuale, superando peraltro alcune delle limitazioni e dei vincoli in esso
presenti.
4. Le linee dell’innovazione e la proposta di un modello interpretativo
Nell’ambito del progetto di ricerca si è cercato in primo luogo di giungere all’individuazione
dell’esistenza di linee, di percorsi potenzialmente perseguibili, o, meglio, che le imprese che
avevano già messo in atto i meccanismi dell’innovazione cui abbiamo fatto riferimento sino ad ora
avevano già intrapreso con gradienti di performance e stadi di avanzamento differenti.
Difficile è infatti il recuperare modelli deterministici di interpretazione della realtà in presenza di
una realtà che, a priori, non lo è, così come non sono replicabili le conoscenze individuali delle
persone o quelle relazionali.
Replicabili sembrano, invece, essere le logiche, le traiettorie (Gallouj 2000, Sundbo e Gallouj
2000),
gli
atteggiamenti
disponibili
allo
sfruttamento
operativo,
concreto
degli
esiti
dell’applicazione dell’intelligenza terziaria.
Come vedremo, queste linee, queste traiettorie non rappresentano delle novità in sé (nei diversi
ambiti esiste un’ampia letteratura che attesta come questi temi siano già stati esplorati in dottrina e
nella pratica anche se tendenzialmente in modo autonomo), ma è la modalità con cui le imprese che
stanno innovando le ridefiniscono e ricombinano secondo logiche che divengono in tal modo
“nuove”, che costituisce oggetto di attenzione.
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Tra queste ritroviamo dimensioni diverse che combinano efficacia, ossia exploration, (v) e
moltiplicazione, ossia exploitation, (n) secondo proporzioni variabili per intensità e apporto alla
creazione del valore, ma tutte espressione della capacità di applicazione dell’intelligenza terziaria
alla costruzione di un “nuovo” in grado di superare un trade-off apparentemente insuperabile,
espressione della tradizionale dicotomia manifattura-servizi.
In particolare, dall’analisi effettuata si sono evidenziate nove direttrici fondamentali (Sebastiani,
2006) lungo le quali le imprese che innovano si muovono (Figura 1):
Figura 1 Le nove linee dell’innovazione
V*
Global service
Eccellenze di nicchia
Accesso (prestazioni personalizzate)
New welfare
Neo-servizi
Connettori
(esplorazione replicabile)
Reti personali e sociali
Significati
Terziario
tradizionale
Moduli flessibili
Standard
Neo-Industria
(moltiplicazione flessibile)
Linea
di trade-off
Industria di
massa
n
Fonte: Rullani E., Sebastiani R., Paiola M., Barbieri M. (2005).
ƒ Global service; sempre più si viene a prospettare un approccio in termini di offerta di
soluzioni complesse e globali, ove la capacità dell’impresa è quella non solo di fornire
soluzioni ma di aiutare il proprio cliente ad acquisire consapevolezza del proprio sistema di
bisogni secondo una logica di partnership, ove le tradizionali figure di cliente e fornitore
sfumano secondo un continuum non così radicalmente demarcato; i ruoli vengono così a
confondersi così come l’attribuzione di una paternità certa del fenomeno innovativo.
L’interazione assume quindi un significato fondamentale ai fini della creazione di nuovi
spazi di possibilità, di esplorazione secondo logiche non predefinite;
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ƒ Eccellenze di nicchia; la ricerca della qualità trova la sua massima espressione ove la
definizione del proprio business e del proprio mercato di riferimento raggiunge un livello
molto sofisticato, tale da consentire all’azienda un posizionamento univoco e indiscusso; in
molti casi si traduce in una estrema focalizzazione sulle capacità distintive che caratterizzano
l’impresa alla base di una struttura di offerta che si declina sempre più in profondità
attraverso la comprensione, frutto della profonda conoscenza della domanda, dei sistemi di
bisogni già espressi o ancora in latenza;
ƒ Accesso (prestazioni personalizzate); prende corpo, lungo questa direttrice, uno degli aspetti
caratterizzanti l’evoluzione delle attività di servizio in un’economia sempre più terziarizzata;
tra le altre, possiamo osservare come le nuove realtà che hanno attivato e
contemporaneamente costituiscono il risultato della sempre più crescente tendenza
dell’outsourcing stiano lavorando in questa direzione, consentendo alla propria clientela di
concentrare la propria attenzione sul proprio core business, e facendo in modo che imprese
sempre più specializzate si assumano il compito di gestire on demand la fornitura nel tempo e nello
spazio di servizi, dal più banale al più complesso;
ƒ Nuovo welfare; è questo uno dei mondi che mostra i maggiori tassi di sviluppo sia dal punto
di vista quantitativo che qualitativo; la necessità è da un lato quella di coprire un vuoto di
offerta e dall’altro di rispondere a dinamiche socio-demografiche e culturali in continua
evoluzione; la direzione è molto ampia a contiene potenzialmente in sé anche tratti valoriali
dalla connotazione fortemente etica; altresì tende spingersi verso logiche trasversali rispetto
ai tradizionali confini settoriali;
ƒ Connettori; in questo caso si tratta in primis dei cosiddetti connettori tecnologici, che
possono assumere il ruolo di veri e propri “colanti” tra gli attori dell’innovazione, che
consentono alla tecnologia di divenire reale fattore abilitante delle dinamiche innovative; ma
non si devono escludere, in questa prospettiva, le comunità locali, quali i distretti e le “città”,
nonché le comunità epistemiche, ovvero le comunità di persone che condividono una
modalità di interpretazione del mondo;
ƒ Reti personali, aziendali e sociali; la dimensione del network nella letteratura economica e
aziendalistica sta acquisendo già da tempo una rilevanza significativa; si tratta, infatti, di un
fenomeno in grande evoluzione che presuppone, tra le altre cose, l’esistenza di abilitatori in
grado di rendere operativi e di sviluppare tali network;
ƒ Significati; la dimensione multisensoriale dei comportamenti di acquisto e di consumo e
l’economia delle esperienze su scala estesa costituiscono i naturali presupposti per la
crescente attenzione da parte di alcune imprese, ad esempio quelle della distribuzione, ma
non solo, verso la creazione di significati comunicabili quale elemento caratterizzante il
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proprio modo di fare business; la ricerca dell’attribuzione di un senso nuovo ad una realtà
anche consolidata costituisce una delle direzioni che presenta maggiori spazi di manovra per
l’innovazione;
ƒ Moduli flessibili; la ricerca della flessibilità senza dimenticare la necessità di fare efficienza
rappresenta la determinante alla base di questa linea di innovazione che ha già avuto modo di
esplicitarsi in molte realtà anche di settori diversi; l’obiettivo è quello di consentire la reale
exploitation di un’idea innovativa attraverso un processo parziale di codifica finalizzata alla
sua riproducibilità senza alterarne la dimensione di valore d’uso;
ƒ Standard; l’applicazione di alcune logiche proprie dei processi di standardizzazione di
industriale memoria costituisce uno degli ambiti di sviluppo dell’innovazione nelle imprese
del terziario; il diffondersi del franchising così come la necessità di strutturare sistemi di
conoscenze codificate all’interno delle organizzazioni rappresentano altrettante modalità
secondo le quali questo approccio si è concretizzato.
A prescindere dalle peculiarità proprie di ciascuna direttrice, ciò che è emerso è che raramente le
imprese considerate si sono focalizzate su una sola linea di innovazione: più spesso, in presenza o
meno di una linea portante, si è rilevata la considerazione di più driver dell’innovazione, al fine di
consentire all’impresa di meglio cogliere le proprie specificità e/o le specificità del proprio contesto
competitivo.
In questa prospettiva si è, ex-post, giunti alla definizione dell’esistenza di quattro assi strutturali,
che concorrono a definire un nuovo modello interpretativo delle dinamiche innovative, da noi
definito modello SENC, che codificano le linee dell’innovazione precedentemente considerate,
attorno ai quali sembrano ruotare i meccanismi del cambiamento, della generazione di nuovi mondi,
e che costituiscono altrettanti poli di attrazione (Figura 2); l’innovazione viene così a determinarsi a
partire dal contestuale impegno da parte dell’impresa verso quattro dimensioni tutte egualmente
rilevanti e tutte funzionali alla generazione di nuovo valore: la socializzazione, l’espressività, la
complessità e il networking.
La costruzione di nuove identità, attraverso i meccanismi della socializzazione (Brown, Duguid
1991, Wenger 1998) rappresenta il primo fattore costitutivo del modello. Tali meccanismi possono
essere identificati nelle modalità volte a generare senso di appartenenza ed empatia tra i diversi
soggetti coinvolti nel processo di produzione ed erogazione del servizio.
Lo sviluppo di comunità della pratica (che condividono esperienze professionali o di consumo) e di
comunità epistemiche (che condividono codici comunicatici e cognitivi) costituisce un ambito su
cui le imprese si sono concentrate nei diversi comparti, dal turismo, alla distribuzione B2B, dalla
cultura ai KIBS, dal wellness al retail.
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Questa dimensione può peraltro essere riletta anche a livello di singolo individuo, considerato come
espressione di un’identità in fieri che potrebbe estendersi secondo logiche aggregative, ma che al
momento ha bisogno di essere approfondita per essere compresa nelle sue connotazioni rilevanti.
Figura 2 Il modello SENC
Socializzazione
e
rvic
Org
a
Se
bal
Glo
niz
zaz
ion
e
uo
ivid
Ind
Spe
e
Ret
cia
lizz
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one
Networking
Complessità
Sen
s
e-m
st a
P re
aki
ng
ne
zio
Espressività
Fonte: Rullani et al. 2006
L’analisi delle esperienze proposte dalle aziende che sono state considerate nel corso della ricerca
evidenziano l’esistenza di molteplici modalità di generazione di nuove comunità.
In prima battuta si assiste alla tendenza verso l’esplorazione del nuovo attraverso la creazione di
spazi inesplorati di possibilità che emergono a partire da potenziali nuove opportunità di
aggregazione della domanda che consentono alle aziende che innovano di cogliere nelle dinamiche
evolutive già in fieri interessanti modalità di rilettura anche di modelli di business consolidati.
Esemplare in questo senso è l’esperienza di GetFIT, uno degli attori dell’emergente settore del
wellness, che propone a chi accede ai suoi club, oltre alle attività tipicamente correlate alla
dimensione del benessere, anche un’occasione di aggregazione e socializzazione. La definizione
delle modalità con cui tradurre in concreto tale approccio non è stata però frutto del caso: un gruppo
di specialisti è stato chiamato a progettare servizi e attività con queste finalità, dai bar ai ristoranti,
dalle modalità di creazione delle zone lounge alla pianificazione di incontri di cultura alimentare,
prodotti in grado di soddisfare le nuove esigenze della clientela.
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Anche la costruzione di “identità collettive” costituisce un ambito di particolare interesse per le
imprese che più si stanno confrontando con nuove opportunità di lettura della dimensione
aggregativa come fattore di sviluppo dell’innovazione.
In questa dimensione trovano ragione anche le esperienze che focalizzano i propri sforzi nella
identificazione di sistemi di valore condivisi; la dimensione valoriale costituisce infatti un
“collante” di particolare efficacia nella costruzione o nella aggregazione di comunità nuove o che
esistono già ma solo “in pectore”.
È questo il caso di Natura Sì, prima catena di supermercati del biologico in Italia, dove la
scommessa dei fondatori è stata quella di cavalcare l’onda di un più vasto movimento di
“democratizzazione dei consumi di qualità”, uscendo dalla nicchia dei consumatori storici di
prodotti bio, per aprirsi al più vasto pubblico, che condivide dei valori di fondo, ma non si
rispecchia nello stereotipo del “militante biologico”.
L’alternativa di approccio, che si ricollega ad una modalità più tipicamente neo-industriale di
rilettura dell’asse della socializzazione in una prospettiva innovativa, concentra la propria
attenzione sulla centralità dell’individuo interpretata sotto due profili fondamentali: come
espressione di una complessità di sistemi di esigenze che implicano la necessità di una proposta di
offerta estremamente personalizzata, in una logica di global service in grado di progettare il servizio
nella sua complessità nel momento in cui si approfondisce l’interazione tra azienda e cliente, o, su
un fronte completamente differente, il passaggio dal concetto di individuo al concetto di “persona”
che muta la dimensione della relazione verso traiettorie più ampie e dal contenuto più
specificatamente valoriale, in una sorta di approccio embrionale ad una comunità emergente che
nasce in potenza a partire da un unico soggetto.
Le aziende che abbiamo avuto modo di conoscere si sono mosse in entrambe le direzioni con spunti
e gradienti di innovatività di sicuro interesse.
Nel primo caso possiamo rileggere le esperienze di NRG, attiva nella gestione dei flussi
documentali delle aziende, o di CGT, dealer di Caterpillar per le macchine di movimento terra, in
comparti che vedono la necessità di focalizzare al meglio le specifiche esigenze della clientela e che
su questa dimensione hanno indotto un processo di innovazione dei modelli di business a partire
dalle istanze della domanda; si giunge ad esaltare, in tal modo, la dimensione della progettualità
individualizzata, che, peraltro, lungi dall’operare esclusivamente sulla dimensione del valore viene
organizzata al fine di una sua replicazione su una scala che consente il recupero dei costi connessi
alla personalizzazione.
La seconda prospettiva, focalizzata sulla centralità della dimensione di unicità del rapporto tra
impresa e individuo inteso come “persona” e quindi con una componente in termini di impatto
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sociale maggiormente riconosciuta, costituisce un ulteriore ambito di innovazione da parte delle
imprese considerate. In questo senso, appare evidente come la dimensione valoriale acquisisca un
ruolo più significativo nella gestione della interazione tra domanda e offerta.
Vi sono alcuni casi come Drive Out o Sfogliaviaggi, entrambi tour operator di nicchia, in cui il
percorso dalla dimensione del singolo alla aggregazione di una comunità di persone si rileva come
già in evoluzione.
Nel primo caso, se è vero che si parla di “personal travel planner” questo non implica
necessariamente che l’azienda non si stia muovendo all’interno di un processo evolutivo trasversale
a livello sociale che vede la condivisione della rilevanza della dimensione della sostenibilità del
prodotto/progetto turistico tra i diversi attori coinvolti, non ultimi i consumatori.
Così come, con riferimento alla seconda realtà, il riconoscimento di un concetto lato di
“accessibilità” non lavora tanto sul singolo riconosciuto nella sua valenza di “persona” quanto, a
partire da questo, sulla diffusione a livello sociale di un fenomeno che sta emergendo in tutta la sua
pregnanza.
Il secondo asse di riferimento del modello è rappresentato dalla creazione di significati che si
traduce nello sviluppo dell’espressività della prestazione in funzione delle peculiarità della
domanda; lungo questa direttrice le imprese si sono mosse nella direzione della creazione di modelli
estetici e di nuovi linguaggi, al fine di creare nuovi spazi di espressione e condivisione a livello
individuale e sociale; il significato condiviso può essere identificato in una prestazione strumentale
di eccellenza, oggettivamente misurabile (in termini di costo o di funzioni svolte), oppure in una
prestazione che consiste, con una prospettiva più ambiziosa, nella creazione di senso, meno
strumentale e più simbolica (Pine II, Gilmore 1999).
Esempio di abilità nella progettazione e gestione di un sistema denotato da prestazioni eccellenti è
bofrost*, soggetto di rilievo nella distribuzione di alimenti surgelati, che fonda sulla puntualità del
servizio e sul sistema logistico avanzato le sue prestazioni vincenti, raggiunte attraverso una attenta
progettazione organizzativa che coinvolge l’ottimizzazione del processo di servizio e la ricerca e
sviluppo interno e che prevede ormai il completo affidamento all’esterno delle funzioni di
produzione degli alimenti.
Zara, azienda leader della distribuzione di abbigliamento e prodotti moda, costituisce un altro
interessante esempio di utilizzo delle prestazioni di un sistema organizzativo al fine di costruire una
chiave di lettura della variabile espressività del nostro modello; gli ingredienti funzionali
dell’offerta sono l’ampiezza dell’assortimento e la velocità di sviluppo dei nuovi prodotti,
concretizzati attraverso una serie di competenze e risorse distintive in diverse aree strategiche, quali
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la gestione della supply chain, la riconoscibilità del brand, lo studio del format commerciale e una
corretta politica dei prezzi.
Il lavoro sul sense making , sull’altro fronte, vede come rilevante il caso di Terme di Saturnia, il
cui progetto strategico possiede un interessante contenuto di originalità, soprattutto se collocato nel
panorama italiano delle Spa (Salus per aquam). In tale caso, il passaggio dalla Day SPA (il servizio
termale non residenziale) al Luxury Resort (in cui il wellness è completato in senso turisticoresidenziale) che l’azienda ha effettuato negli ultimi anni rappresenta il disegno di evoluzione di
un’impresa dal terziario tradizionale (collegato al mondo della sanità) ad un nuovo concetto di
terziario.
Slow Food fa della creazione di senso il suo senso stesso: al di là dei giochi di parole, è nella natura
del movimento e insito nella sua essenza di progetto culturale finalizzato a proporre una filosofia
del piacere e un programma di educazione al gusto, esprimere una funzione di costruzione di sensi
del consumo, in questo caso eno-gastronomico, che abbiano una rilevanza per i consumatori e i
cittadini in generale; Slow Food sostiene e diffonde questo sentire formando e informando la cultura
del gusto presso il consumatore, avallando un turismo attento e rispettoso dell’ambiente,
promovendo le piccole produzioni locali e sigillando così un’alleanza tra cibo territorio e turismo
che mai come in questi tempi ha avuto tanta diffusione.
L’attenzione nei confronti del cliente si esprime attraverso la dimensione della complessità2 del
servizio offerto, il terzo asse attorno al quale il nostro modello si definisce.
In questo caso la struttura dell’offerta può concretizzarsi nella proposta di una prestazione molto
focalizzata, corrispondente alla specializzazione prescelta, che richiama per certi versi l’eccellenza
di nicchia, fino alla soluzione del global service che, invece, si fa carico di tutte le esigenze del
cliente in un certo ambito. La differenza di approccio che si coglie e in funzione della quale
abbiamo parlato di complessità del servizio è riconducibile alla necessità, per innovare, di non
partire da una logica che tende a predefinire l’offerta a priori, in modo statico, ma che è dinamica,
pronta a cogliere le dimensioni di varietà, variabilità e indeterminazione di una domanda non
prevedibile ex-ante, che fatica ad essere ricondotta a schemi e strutture di offerta rigidi;
La specializzazione di nicchia e il lavoro sulla focalizzazione dell’attenzione possono essere viste
come una delle opzioni classiche nella gestione dei servizi e sono diffuse nelle aziende del terziario
innovativo.
“Vogliamo offrire un servizio di mobilità con classe”: queste parole del direttore marketing di
Eurocar Limousine chiariscono in breve la focalizzazione dell’azienda, che offre servizi a grandi
2
Il contributo di Waldrop (1992) può consentire una migliore comprensione delle dimensioni e delle determinanti che
caratterizzano questo asse. La rilevanza di questa variabile è strettamente connessa alla capacità dell’organizzazione di
gestire il “caos” nella determinazione della struttura di uno specifico sistema di offerta.
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aziende e corpi consolari, tra cui circa un migliaio di manager l’anno, con una gestione molto
attenta al rapporto con il cliente.
Gestire la complessità in Eurocar significa un servizio specializzato che mostra peraltro ampi spazi
di personalizzazione e di adattabilità a specifiche esigenze del cliente, seguendo una formula
vincente e agevolmente ripresentabile in diversi contesti territoriali. In questa direzione Eurocar è
promotore di un sistema di aziende con un’offerta integrata di servizi, capaci di allargare il range di
soluzioni connesse al viaggio. La capacità di eccellere in un servizio specialistico, nella formula di
Eurocar, significa potersi avvalere dell’apporto di piccole realtà disperse sul territorio nazionale
altrettanto specializzate, nonché aziende capaci di offrire nuovi servizi di eccellenza, da affiancare
al servizio core di autonoleggio.
Un ulteriore esempio di gestione della dimensione complessità attraverso la specializzazione lo si
può ritrovare in una piccolissima impresa, le cui soluzioni sono dotate, tuttavia, di un significativo
potenziale di estensione. Il successo della gelateria Il Biondo si basa in primis sulle competenze
tecniche del proprietario e sulla sua capacità di tradurre tali competenze in prodotti il più possibile
unici e differenziati dalla concorrenza; inoltre di posizionare tali prodotti sul mercato con uno stile
comunicativo tale da far percepire la differenza del prodotto anche nello stile in cui l’azienda si
rivolge alla clientela: uno stile fresco e innovativo, molto attento alla integrazione delle dimensioni
comunicative del prodotto, del packaging e del punto vendita.
Altri casi considerati nell’ambito della ricerca si distinguono per un crescente orientamento ad
accogliere gradi di complessità elevati, relativi a una domanda non pienamente prestabilita. Si tratta
di una tendenza a fornire un full service che si può rintracciare, ad esempio, nella realtà di Spm
Engineering, in cui l’ampliamento progressivo dello spettro di azione, dalla progettazione di
particolari, alla responsabilità di una fase, alla gestione e co-gestione di un sistema di soggetti, ha
portato alla conformazione di un servizio completo “chiavi in mano”.
Esempio simile al precedente, non solo per l’appartenenza al medesimo comparto settoriale ma
anche per rilevanza e per logica, è quello di Onami Design: dapprima orientata alla prestazione di
servizi di consulenza sui temi del design, l’azienda si trasforma nel tempo in una società di
consulenza per l’innovazione di progetto a tutto tondo, nel cui portafoglio di prodotti e servizi il
design è inteso come uno dei tasselli integrati dei progetti strategici di innovazione dei sistemi di
offerta aziendali. Crea International, altra azienda dei Kibs (servizi ad alta intensità di
conoscenza), si connota per direzioni di sviluppo integrate simili ai punti precedenti: la metodologia
messa a punto da questa società, che progetta luoghi di consumo innovativi, colloca la realizzazione
del progetto del punto vendita o dello spazio espositivo all’interno di un processo ampio che
massimizzi gli aspetti rilevanti della capacità di attrazione del consumatore finale, la coerenza di
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marca, la replicabilità su larga scala e l’elevata rotazione dei prodotti sul punto vendita. Si tratta di
un passaggio strategico non da poco per un’azienda del terziario intelligente come Crea
International, poiché da progetti di architettura o interior design, basati su un approccio prettamente
estetico, si passa allo studio di un vero e proprio modello di business, il Physical Brand Delivery,
progettato “in ascolto del cliente”.
Esempio interessante di percorso verso la strutturazione di un full service è anche quello di
Farmintesa, realtà consortile in cui si realizza una gestione integrata di servizi a favore delle
farmacie associate in un’ottica di progressivo allargamento delle sfere di azione su uno spettro che
coinvolge l’impresa nella sua interezza. Infatti, da entità focalizzata sulla gestione centralizzata
degli acquisti e approvvigionamenti delle farmacie, nel corso del tempo Farmintesa si è resa
soggetto attivo anche in altri ambiti. Fra di essi vi sono quello commerciale e di marketing, in cui
opera con la fornitura agli associati di informazioni di mercato e sui prodotti gestiti, nonché
nell’organizzazione di incontri informativi sul territorio; la logistica, nel cui ambito realizza un
supporto alle aziende associate per le fasi di assistenza nell’introduzione dei nuovi farmaci e
offrendo una funzione di immagazzinamento supplementare; le attività amministrative e finanziarie,
ottimizzando forme, strumenti e tempi di pagamento al fine di rendere più efficaci ed efficienti i
flussi finanziari degli associati.
Lo sviluppo delle relazioni tra i soggetti della filiera, che presuppone l’attivazione di forme di
networking3, tese a mettere in “rete” i nodi che presidiano il valore lungo la filiera allo scopo di
consentire la propagazione e la condivisione di conoscenza, costituisce l’ultimo, ma non per
importanza, asse del modello.
L’attivazione di questa dimensione, infatti, rende possibile il perseguimento di elevati livelli di
moltiplicazione e la gestione del coefficiente di appropriazione della conoscenza ai diversi livelli
della filiera, per la sostenibilità nel tempo del vantaggio competitivo connesso all’innovazione. Le
soluzioni possono essere le più diverse e possono essere declinate non solo all’esterno dell’impresa,
ma anche secondo linee interne di sviluppo, in cui il controllo è sicuramente superiore ma le logiche
di condivisione e la flessibilità propria del network (inteso in senso lato) permangono;
Il progetto di GeNova 2004 – Capitale della Cultura costituisce un esempio di scelta consapevole
nella direzione del networking sviluppato secondo linee esterne, riconducibile alla volontà espressa
e resa operativa di basare il processo di cambiamento sulla costituzione e controllo di una rete
formale e informale degli operatori, nuovi o già presenti sul territorio, impegnati nella
valorizzazione a 360° del territorio.
3
Interessanti approfondimenti con riferimento a questa dimensione nella prospettiva da noi adottata possono essere
ritrovati (tra gli altri) in Castells (1996); Hakansson, Snehota (1989); Vaccà (1986).
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Tale approccio ha determinato l’attivazione di un complesso di strutture reticolari che hanno
consentito sia la costituzione di una comunità epistemica intorno a un “progetto” concettuale in
grado di ridefinire il profilo di una città, sia la realizzazione di un vero e proprio network tra realtà e
operatori in precedenza scarsamente interconnessi nello sviluppo di attività sul territorio.
Aquafan, a sua volta, si è fatta per prima portatrice della necessità di organizzare la filiera turistica
locale secondo un approccio che trasforma l’estemporaneità dell’evento in un luogo che tutto l’anno
si identifica in un determinato aspetto, costruendo un valore che leghi in maniera indissolubile il
cliente al territorio. L’azienda è diventata in questa direzione una motrice dello sviluppo per la
Riviera Romagnola: il suo management, promotore del Consorzio Riviera dei Parchi, ha saputo
implementare una serie di strategie che hanno visto la concertazione delle singole attività turistiche
per creare pacchetti flessibili per alcuni target specifici.
La struttura a network costituisce, altrettanto, il cuore pulsante di Maggiore. Grazie alle alleanze
strategiche e alla ricerca di nuove formule di noleggio, Maggiore è divenuto un fornitore di mobilità
integrata a 360°: l’attenzione verso il cliente, l’ampiezza della gamma di prodotti e la qualità del
servizio sono le leve strategiche grazie alle quali il Gruppo ha saputo affermarsi come uno dei
leader di settore, rivedendo le regole del gioco competitivo e sfruttando in modo virtuoso la forte
connotazione locale, che nell’ottica tradizionale rappresentava invece il principale punto di
debolezza della struttura. Nel network ricadono anche tutte quelle attività di implementazione della
rete di relazioni con le grandi società di assistenza stradale, che hanno un peso fondamentale nella
terza area di attività dell’azienda (in ordine di fatturato generato), ovvero nel segmento del
replacement, che offre alla clientela la possibilità di avere un’auto sostitutiva in caso di guasto o
indisponibilità momentanea del mezzo.
Sul fronte opposto, la scelta della crescita attraverso linee interne di sviluppo in una prospettiva di
rete è ravvisabile nella volontà di presidio diretto dei sistemi di gestione del vantaggio competitivo
attraverso il controllo delle risorse di conoscenza.
In questo senso l’esperienza di CGT evidenzia come la capacità di gestire un processo di
turnaround in presenza di un momento di discontinuità forte determinato sostanzialmente dalle
condizioni esogene del mercato abbia rappresentato la chiave del successo attuale dell’azienda.
Attraverso la ridefinizione dell’idea di business, infatti, il management di CGT è stato in grado di
riappropriarsi di un ruolo attivo all’interno della filiera in grado di rendere l’impresa meno
vulnerabile rispetto agli andamenti del mercato sia dal punto di vista dell’offerta che della domanda.
La accresciuta centralità della dimensione del servizio autonomamente sviluppato, in grado di
elevare il valore aggiunto proposto alla clientela, ha peraltro implicato un percorso articolato sia dal
punto di vista temporale che degli interventi a sostegno della crescita.
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Sono stati necessari, infatti, più di dieci anni e significativi investimenti sulle risorse professionali e
non (si pensi al parco noleggio costituito da più di 1000 macchine) interne all’azienda, sia esistenti
che sviluppate ad hoc, per giungere al risultato che l’azienda si prefiggeva, ovvero farsi scegliere
non tanto per le macchine proposte (Caterpillar) quanto per i servizi offerti, finalizzati a ridurre se
non ad eliminare le ore di fermo macchina.
Infine, appare interessante citare l’esperienza di Savino Del Bene, realtà di Spedizioni
Internazionali che, negli Stati Uniti, opera anche come “Customs House Broker”. Fondata a Firenze
all’inizio del secolo scorso Savino del Bene è cresciuta progressivamente fino a diventare uno dei
principali spedizionieri italiani ed il primo per i traffici dall’Italia agli USA.
In un settore come quello della logistica e del supply chain management, il presidio delle differenti
dimensioni del business può rappresentare una fonte significativa di vantaggio competitivo ed è in
questa direzione che l’azienda si è mossa, crescendo nel tempo attraverso l’apertura di filiali o la
presenza di società controllate nei cinque continenti. Attualmente, infatti, Savino Del Bene impiega
più di 1.000 dipendenti e dispone di una rete di 64 uffici propri diffusi in tutto il mondo. La
diversificazione delle aree di attività che ha caratterizzato l’evoluzione del business dell’azienda nel
corso del tempo l’ha indotta peraltro ad affiancare al presidio interno la scelta dell’outsourcing a
garanzia dell’elevato livello qualitativo del servizio offerto.
Ognuna delle variabili, quindi, come abbiamo avuto modo di approfondire, presenta una doppia
valenza.
Da un lato, quella relativa alla exploration (sperimentazione del nuovo): essa corrisponde a v*,
porta le realtà aziendali a sperimentare gli spazi del neo-servizio e suggerisce l’uso della
complessità come risorsa e opportunità per soddisfare le esigenze varie e variabili dei clienti, punta
all’ideazione di significati condivisi attraverso il lavoro sul senso, prevede la creazione di reti del
valore allargate e coinvolgenti realtà esterne e, infine, lavora sulla creazione di identità nuove
attraverso un’azione di tipo sociale nelle comunità dei clienti e degli stakeholder.
Dall’altro, una lettura che potenzia l’exploitation (messa a reddito di idee e intuizioni nuove): mira a
aumentare i volumi (n) in senso neo-industriale e corrisponde ad una lettura focalizzata del proprio
rapporto con la complessità, all’uso di un’espressività nei termini di prestazione funzionale
eccellente, alla costruzione di reti organizzative interne e alla creazione di un senso identitario che
corrisponde prevalentemente alla sfera individuale.
Questa spiegazione, utile per chiarire la differenza tra i due approcci strategici di fondo, va tuttavia
declinata ulteriormente, al fine di evitare che si pensi ai versanti dell’exploration e dell’exploitation
come mondi privi di contatti, del tutto separati. In effetti, come l’esperienza delle imprese analizzate
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ci suggerisce, il dialogo tra neo-industria e neo-servizi si svolge proprio nel teatro della gestione dei
quattro assi, in cui le imprese giocano di volta in volta su letture orientate a un versante o all’altro;
si costruisce così un patchwork di combinazioni in cui tratti di exploration si mischiano a connotati
di exploitation, svelando aspetti di coerenza e complementarità.
Si tratta, ad ogni evidenza, di un modello ancora in fieri che consente di giungere ad una prima
mappatura dei percorsi dell’innovazione posti in essere dalle aziende; le direzioni intraprese sono
diverse e mediano posizioni differenti lungo i quattro assi a seconda dell’enfasi posta sulle
specifiche dimensioni ma riflettono, comunque, la focalizzazione lungo le direttrici individuate
come fattori accomunanti il perseguimento di una logica innovativa, volta a creare nuovi mondi in
grado di generare nuovo valore per gli attori coinvolti nel processo.
5. Il caso Salmoiraghi & Viganò
Tra gli attori del terziario italiano che hanno saputo interpretare al meglio le dinamiche che abbiamo
considerato nelle pagine precedenti in una prospettiva di innovazione al servizio dello sviluppo
possiamo annoverare senza dubbio Salmoiraghi & Viganò, una specialty store chain, catena
distributiva specialistica, che ha la particolarità di essere leader in un settore, come quello
dell’ottica, caratterizzato da peculiarità proprie del nostro Paese, prima fra tutte una strutturale
arretratezza che ha sentito poco, ancor meno rispetto all’intero settore distributivo, della recente
ondata di modernizzazione e progressivo adeguamento ai livelli degli altri paesi europei.
S&V è stata una delle poche a comprendere a fondo la particolarità del mercato in cui operava e ad
adottare quelle strategie di sviluppo che le hanno permesso di mettere in atto quel fine tuning,
fondamentale per conseguire la leadership nella distribuzione ottica. Una distribuzione che non è
più semplicemente la messa a disposizione del prodotto nei tempi e nei modi desiderati dal
consumatore, ma che è diventata uno strategico terreno di contatto con il consumatore,
affrancandosi dal ruolo ancillare, strumentale rispetto al consumo e divenendo il luogo dove trovano
concreta esplicazione non solo le strategie di marketing dell’impresa ma anche il luogo dove si
esplicita maggiormente il ”mondo delle marca”, con i suoi valori e le sue credenze.
Salmoiraghi & Viganò (S&V) fonda le sue radici nella storia di due imprese distinte specializzate
nell’ottica: la Filotecnica Salmoiraghi e l’Istituto Ottico Viganò. La prima nasce nel 1865 per opera
di Ignazio Porro, come scuola-officina specializzata nella produzione di apparecchi di precisione;
nel 1873 vi entra Angelo Salmoiraghi che ne acquisisce la proprietà e sviluppa l’impresa. La
seconda viene aperta da Angelo Viganò che apre il suo negozio di ottica a Milano nel 1880; a
questo primo evento fa seguito una forte crescita espansiva che porta all’apertura di altri punti
vendita nelle grandi città di Genova, Roma e Bari. Tra il 1974 e il 1975 le due imprese vengono
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acquisite dal più importante gruppo ottico Europeo, la Dollond & Aitchinson, grazie a quale le
prime due vivono un ulteriore periodo di sviluppo. Dopo l’acquisizione della catena spagnola
General Optica, D&A diviene il principale player europeo. Nel 1994 si assiste ad un’operazione di
management buy-out che porta i dirigenti spagnoli, italiani ed inglesi a staccarsi dalla catena e a
fondare un loro gruppo. Non riuscendo ad ottenere i risultati economici sperati vi è un’altra
operazione di management buy-out che interessa Salmoiraghi & Viganò, che fa sì che la società
torni nelle mani di proprietari italiani. Questi anni sono segnati da una forte spinta allo sviluppo ed
alla diversificazione, grazie a quali si moltiplicano i punti vendita S&V che arrivano a 160. Ultimo
sviluppo è l’acquisto nel 2002 di S&V da parte di Dino Tabacchi, nuovo presidente del gruppo, che
ha permesso il nuovo rilancio e la definitiva acquisizione delle leadership nel settore della
distribuzione ottica grazie anche al passaggio dal traditional al modern trade maggiormente
orientato al fashion (da “optical department store” a “optical fashion store”). Attualmente S&V
conta 240 punti vendita, 900 dipendenti e due brands: Salmoiraghi & Viganò (leader nel segmento
medio/alto del mercato) e Vista Sì (presente nel segmento primo prezzo).
Per comprendere appieno come questa azienda ha saputo muoversi lungo le linee della creazione di
senso, attraverso la proposta di un servizio globale fortemente personalizzato e centrato sulle
esigenze dell’individuo seguendo in primo luogo linee di crescita interne che si sono affiancate in
seconda battuta allo sviluppo di un progetto di franchising (network esterno), appare significativo
analizzare le determinanti della strategia di riposizionamento per giungere ad approfondire alcune
delle dimensioni più rilevanti anche sotto il profilo operativo.
Occorre sottolineare, in primo luogo, come le strategie di sviluppo di S&V siano state definite a
partire dalle considerazioni che il gruppo ha svolto sulla situazione di mercato e sui nuovi trend
socio-culturali.
La mission: “S&V vuole soddisfare completamente il cliente, possibilmente per la vita, offrendogli
la migliore consulenza alla soluzione dei suoi problemi, grazie ad un motivato gruppo di
collaboratori; nel contempo vuole assicurare incremento di valore della azienda stessa”, unitamente
alla vision: “S&V vuole essere la società leader nella vendita al dettaglio di prodotti ottici in Italia
in quanto riconosciuta quale punto di riferimento per i consumatori di prodotti e servizi e essere
considerata uno standard di riferimento nel mercato della distribuzione ottica italiana” costituiscono
gli elementi fondativi che hanno caratterizzato il momento di turnaround dell’azienda.
L’approfondita analisi dei cambiamenti nei trend sociali e di consumo con riferimento al prodotto
occhiale nello specifico ha consentito a S&V di identificare con precisione le nuove dimensioni
connotative del prodotto stesso nonché del processo di acquisto e di consumo ad esso associato.
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Utilizzando matrici di posizionamento come quella di seguito riportata, S&V ha deciso di
concentrarsi sull’area del piacere; proprio per questo l’elemento fashion è divenuta la parola che ha
contraddistinto la crescita di S&V e ha portato l’azienda a concentrarsi sulla fascia medio-alta di
reddito dalla popolazione con offerta di moda ad alto valore aggiunto.
Accettazione
Funzionalità
“Piacere”
20%
Disinvestimento
“estetico”
Investimento
“estetico”
Conflittualità
Preoccupazione
Non accettazione
Concentrarsi sul segmento alto della domanda è espressione anche di quella tendenza secondo la
quale la classe di reddito media è ormai in forte contrazione. Altresì la polarizzazione dei consumi
verso le fasce alta e bassa ha indotto l’azienda a focalizzare la propria attenzione anche sul
segmento medio-basso che è coperto da una diversa insegna primo prezzo, Vista Sì, che completa il
nuovo posizionamento del gruppo.
A fronte di questo approccio S&V ha saputo mantenere il target storico di riferimento (in primis le
famiglie), sviluppando al contempo una propria modalità d’offerta, all’insegna della esperienza
d’acquisto gratificante e di una nuova immagine accattivante.
Dopo aver modificato il proprio posizionamento sul mercato S&V ha coerentemente agito sulle leve
di marketing al fine di implementare la strategia così definita. I cambiamenti apportati riguardano
indistintamente tutte le principali leve di marketing (prodotto, prezzo, promozione e punto vendita),
con l’aggiunta di alcuni elementi propri che sono stati individuati come strategici (personale,
organizzazione, sistemi informativi).
Volendo cogliere alcuni degli spunti più significativi può essere interessante prendere in
considerazione le dimensioni del punto vendita e della struttura di offerta.
Il punto vendita, infatti, ha subito negli ultimi 5-6 anni profondi mutamenti ed è evoluto verso una
nuova concezione che lo interpreta come lo spazio preposto non solo e non più a rendere disponibile
il prodotto al consumatore, ma come il luogo dove si deve esplicitare il maniera compiuta il mondo
della marca, dove deve emergere con chiarezza l’identità ed il sistema di valori dell’impresa.
In questa prospettiva si è assistito ad un processo di spettacolarizzazione del punto vendita,
trasformatosi in una sorta di teatro permanente in cui le merci vengono esposte in maniera
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accattivante e riconducibile ai valori dell’insegna, in modo da offrire la consumatore un shopping
experience gratificante ed altamente emozionale.
Lungo questa linea, S&V ha creato un nuovo format di negozio, sostanzialmente imperniato su di
un’unica formula a livello nazionale immodificabile negli elementi costitutivi, ma variabile per
quanto riguarda il peso di ciascun elemento all’interno del singolo punto vendita.
Rispetto ai concorrenti, quindi, spesso rappresentati da singoli negozi o catene di minori dimensioni
che hanno un forte legame con il territorio di ubicazione del locale, S&V ha sviluppato un retail
concept unico, declinabile in funzione dei singoli mercati locali. La formula del punto vendita si
concentra su alcuni elementi fondanti: il self-service, i primi prezzi, il servizio personalizzato e la
professionalità. Queste 4 categorie costituiscono l’ossatura del negozio a cui si aggiunge un nuovo
layout dei prodotti ed una nuova modalità d’arredamento.
A dare una mano al consumatore “nell’esplorazione” del punto vendita è intervenuta la nuova
modalità espositiva per “Stili di Vista”, così che questi possa liberamente indirizzare verso il gruppo
che meglio lo rappresenta. Ciò è in linea con la volontà del consumatore di fare da sé la propria
scelta, in modo da sentirsi affrancato dagli orientamenti suggeriti della marca, al fine di elevare la
propria autostima e capacità di decisione. Nel caso però, il personale S&V è sempre pronto ad
interfacciarsi con il consumatore per dare consigli o soddisfare i suoi dubbi; si tratta di una
personalizzazione non intrusiva del rapporto per cui è il consumatore stesso che, se ne sente la
necessità si rivolge al personale, altrimenti può concludere l’acquisto da solo.
Sotto il profilo del sistema di offerta, si è invece passati dalla semplice proposta di un prodotto al
concetto di sistema-prodotto attraverso l’introduzione di una serie di servizi ritenuti rilevanti, anche
al fine di una differenziazione rispetto alla concorrenza.
Questi si possono distinguere in: servizi tecnico-funzionali, servizi all’accesso e servizi sistemici.
I primi consistono ad esempio nel test visivo computerizzato (il test è un semplice controllo
automatico e gratuito dei difetti della vista, che però non sostituisce in nessun caso l’esame del
medico oculista); nel controllo gratuito della vista svolto con moderne attrezzature specialistiche per
un esame più approfondito; nella prova gratuita delle lenti a contatto (attraverso la predisposizione
di una zona attrezzata per la contattologia con personale qualificato); nella garanzia di adattamento
valida sull’acquisto di un occhiale completo di lenti progressive (prevede un test di controllo dopo
30 giorni e l’eventuale sostituzione con un prodotto di pari importo.
I servizi di accesso consistono, invece, nella consegna rapida (entro 1 ora) degli occhiali in
particolari negozi selezionati (caratteristica questa molto importante nei punti vendita all’interno di
centri commerciali) secondo logiche di fast service; nell’istituzione di un numero verde attivo dal
lunedì al venerdì dalle 8 alle 21, che fornisce informazioni sul negozio S&V più vicino e sulle
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promozioni in essere; nel sito internet che presenta la storia dell’azienda, i suoi prodotti e servizi, le
sue offerte ed è un canale privilegiato di comunicazione e fidelizzazione di particolari clienti; nel
coupon prepagato che permette in tutti i negozi S&V di acquistare questo coupon e di
personalizzarlo decidendo l’importo dello stesso, dando così al destinatario la possibilità di
scegliere l’occhiale secondo il proprio personale gusto.
Gli ultimi, i servizi sistemici, consistono essenzialmente nella possibilità di entrare a far parte del
club Salmoiraghi & Viganò attraverso delle carte fedeltà o addirittura una carta di credito revolving.
In particolare vi è la Total Assistance Card, ossia una estensione (oltre quella di legge) della
garanzia, a pagamento, che protegge l’occhiale in caso di rottura accidentale per 12 mesi; prevede il
50% di sconto i caso di rottura dell’occhiale e se non viene utilizzata da diritto al 10% di sconto per
un nuovo acquisto da effettuare entro 3 mesi dalla scadenza. Vi è poi il Contact Club, ossia una
formula di riacquisto programmato di lenti a contatto di lungo utilizzo, che consente un consistente
risparmio economico per il cliente. Attraverso l’acquisto di questa tessera, una per ogni lente e
contatto, il cliente riceve uno sconto che va dal 30% al 50% sul riacquisto del medesimo (più è
vicino il secondo acquisto e maggiore è lo sconto). La &Card, infine, è una carta fedeltà, nata per
rappresentare il primo passo di una solida strategia di fidelizzazione, il cui obiettivo è quello di
creare un mondo esclusivo di vantaggi per i suoi possessori. I punti chiave di questa sono: la sua
gratuità, la possibilità di essere destinatario di promozioni particolari, l’opportunità, come detto, di
avere una sezione dedicata del sito di S&V a cui si accede attraverso un codice riservato, nel quale
vi sono tutti i vantaggi per i possessori delle carta e le informazioni su eventi particolari, concorsi ed
iniziative.
Al di là delle strategie definite e delle azioni necessarie per la loro implementazione, una rilevanza
particolare è sempre stata attribuita dall’azienda alle persone, in quanto ritenute senza dubbio
l’elemento distintivo di cui dispone S&V per competere con successo sul mercato in qualità di
interfaccia tra l’impresa e il cliente.
Proprio per questo S&V ha dedicato un’attenzione particolare alle persone, ponendole al centro del
sistema di business al fine di raggiungere un miglioramento continuo. L’azienda ha quindi dato vita
al progetto Salmoiraghi & Viganò University, un modalità di formazione che prende in
considerazione tutti gli elementi fondamentali affinché il personale conosca i propri task, gli
obiettivi aziendali e sia in grado di allinearli ai propri. In particolare, sono state sviluppate cinque
aree di formazione. Quella tecnica, che si basa essenzialmente sulla conoscenza tecnica dei lavori
che si svolgono in azienda e che è necessaria per offrire un servizio eccellente, consiste in corsi
interni promossi dalla S&V University, corsi one-to-one su piazza o in coaching tecnici. È stata
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inserita in quanto l’occhiale da vista è pur sempre un presidio medico e quindi necessita di
conoscenze medico-oculistiche appropriate ed aggiornate.
La formazione relazionale mira a sviluppare capacità relazionali e comunicative appropriate ad ogni
situazione al fine di rendere il personale in grado di comprendere il motivo delle proprie azione e
dei collaboratori e gestire le diverse situazioni di vendita.
Altresì quella commerciale vuole creare una cultura aziendale ed un linguaggio comune tra tutte le
persone, attraverso la comprensione dei fondamenti di marketing e degli obiettivi aziendali.
Consente quindi una maggiore comprensione dei piani aziendali e degli obiettivi che ne discendono.
Quella manageriale e specialistica mira a fornire competenze manageriali per assicurare
professionalità e specializzazione ai massimi livelli.
6. Considerazioni conclusive
L’analisi del modello SENC come framework di riferimento per l’interpretazione delle componenti
strutturali delle dinamiche dell’innovazione nelle imprese di servizi, così come la riflessione
sull’evoluzione della declinazione del modello di business di S&V nel tempo hanno consentito di
evidenziare come le prospettive di interpretazione del concetto di innovazione e la loro traduzione
in termini operativi costituiscano una sfida che le imprese del terziario possono e devono
raccogliere se vogliono realmente costituire gli attori in grado di indirizzare e trainare l’evoluzione
delle economie avanzate nel prossimo futuro.
Evidentemente le difficoltà da superare sono molteplici: in primis una tendenziale resistenza a
modificare prassi gestionali consolidate sia a livello di impresa che di settore (si pensi alla
arretratezza endemica di taluni comparti nel nostro paese che costituisce fattore di ostacolo allo
sfruttamento degli asset competitivi pur esistenti anche a livello internazionale), a cui si
aggiungono, tra gli altri, la difficoltà, malgrado il contatto continuo con il mercato, a recepire e a
tradurre nel sistema di business le istanze poste dai continui mutamenti da parte di una domanda che
si muove in modo sempre più camaleontico, trasformandosi in funzione degli oggetti di consumo
nei confronti dei quali via via si pone, e l’ancora diffuso contenuto riconoscimento del ruolo attivo
delle risorse umane, che costituiscono il trait d’union elettivo tra azienda e cliente, ma che
raramente sono oggetto di azioni specifiche di valorizzazione e motivazione ai fini del
cambiamento.
In assenza di queste componenti diviene poco plausibile, infatti, poter parlare di costruzione di
senso nella struttura di offerta, prescindendo dal cliente ma anche dagli uomini che sono chiamati a
tradurre questo nuovo senso in azioni concrete per renderlo reale e non solo dichiarato, di
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socializzazione di significati senza il coinvolgimento degli attori principali chiamati in causa, di
creazione di network se non si creano i presupposti per la costruzione dei legami, delle relazioni tra
i “nodi” che presidiano il valore, anche tra soggetti che un tempo erano lontani dal business così
come era definito, di una prospettiva di offerta globale senza interscambio di conoscenze tra
domanda e offerta.
Molto lavoro c’è quindi ancora da fare, ma la direzione sembra essere già tracciata così come le
prassi di molte aziende che già si sono incamminate in un percorso difficile ma non impraticabile,
così come ci hanno dimostrato le aziende considerate nell’ambito della nostra ricerca e che in
questo quaderno solo parzialmente, per evidenti ragioni di spazio, hanno avuto visibilità.
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Wenger E. (1998), Communities of Practice. Learning, meaning and identity. Cambridge:
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ELENCO DEI QUADERNI PUBBLICATI
n. 1 – Soddisfazione del cliente e brand equity, R. Fiocca (Aprile 2004).
n. 2 – Ripensare il lavoro, E. Beltramini (Maggio 2004).
n. 3 – Il mercato del credito al consumo in Italia: alcune considerazioni, F. Poli (Novembre 2004).
n. 4 – L’efficacia della comunicazione aziendale, E.T. Brioschi (Aprile 2005).
n. 5 – Il terziario come motore e nuova frontiera dello sviluppo economico, G. Panzeri (Gennaio
2006).
n. 6 – Alcune scelte strategiche delle aziende del terziario e dei servizi, G. Pavan (Febbraio 2006)
n. 7 – Le traiettorie dell’innovazione nei servizi: esperienze a confronto, R. Sebastiani (Gennaio
2007)
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