pdf - Fondazione Internazionale Menarini
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n° 314 - marzo 2004 © Tutti i diritti sono riservati Fondazione Internazionale Menarini - è vietata la riproduzione anche parziale dei testi e delle fotografie Direttore Responsabile Lucia Aleotti - Redazione, corrispondenza: «Minuti» Via Sette Santi n.1 - 50131 Firenze - www.fondazione-menarini.it Perugino, “il Divin Pittore” Lodato dai contemporanei e imitato da allievi e seguaci, è uno dei maggiori protagonisti dell’arte rinascimentale italiana: luce, trasparenze, colori alcune delle sue principali innovazioni. Artista geniale, pittore fuori dall’ordinario si è meritato il soprannome di “divin pittore” da Giovanni Santi, padre di Raffaello che tenne a bottega il giovanissimo e dotato allievo. Una fama che lo stesso Vasari riconosce a livello internazionale perché «tanto piacque al suo tempo che vennero molti di Francia, di Spagna d’Alemagna e d’altre province» per imparare i segreti della sua preziosa arte. Pietro Vannucci, detto il Perugino, nasce a Città della Pieve, Perugia; dopo un primo contatto con la realtà artistica locale si avvicina, ci testimonia Giorgio Vasari nel 1550, a Piero della Francesca. Nel 1472 risulta iscritto alla Compagnia di san Luca a Firenze. Contemporaneamente inizia a frequentare la prestigiosa bottega di Andrea del Verrocchio. La lunga consuetudine con l’ambiente fiorentino segna profondamente la sua produzione artistica, tanto che i contemporanei non esitarono a considerarlo maestro toscano; il padre di Raffaello ne sottolinea persino la sua affinità di temperamento con Leonardo da Vinci, sicuramente incontrato nella bottega del Verrocchio dove operavano anche Botticelli e Luca Signorelli. Del Peru- gino e della sua bottega, anzi delle sue due botteghe, una a Firenze e una a Perugia, scrive Laura Teza che «uno degli aspetti più moderni e cruciali della personalità del Perugino è senz’altro la sua straordinaria capacità imprenditoriale, la sua rara abilità nell’organizzazione della bottega». Recentemente la critica ne ha fatto uno dei filoni più avanzati d’indagine, «puntualizzando dinamiche avanzate nell’utilizzazione dei mezzi di progettazione del lavoro, come i cartoni scomposti in comodissime piattaforme girevoli, utili alla distribuzione dei compiti e al miglioramento della produttività all’interno della sua azienda. Quindi la presenza e l’incidenza degli allievi, tanti, più o meno abilmente dissimulati, è una delle sfide aperte della moderna storiografia critica». Tra il 1481 e 1483 Perugino è a Roma a dirigere la più grande impresa artistica del Quattrocento, la decorazione della Cappella Sistina, con Botticelli, Domenico Ghirlandaio e Cosimo Rosselli. Sono di sua mano alcuni affreschi raffiguranti le Storie di Mosè e di Cristo, come la celeberrima Consegna delle chiavi, e la decorazione della parete d’altare, poi distrutta e sostituita dal Giudizio di Michelangelo. Nel 1505, insieme ai noti dipinti quali la Crocifissione per Sant’Agostino di Siena, il Perugino realizza opere che non soddisfano la committenza, come la Lotta fra Adorazione dei Magi - Perugia, Gallaria Nazionale dell’Umbria Amore e Castità, eseguita per Isabella d’Este, che era stata costretta a pazientare cinque anni per averla, e il Polittico dell’Annunziata, lasciato incompiuto da Filippino Lippi. Proprio a causa di questi giudizi sfavorevoli sulle sue opere, nel 1508, gli viene tolto l’incarico di dipingere la decorazione della Stanza vaticana poi chiamata “dell’Incendio”. La sua attività si sposta a Perugia; nascono allora capolavori come la Pala dei Decemviri (1495), il Polittico di San Pietro pag. 2 (1495), gli affreschi della Sala dell’Udienza del Collegio del Cambio (14981500) e lo Sposalizio della Vergine per la Cappella del Sant’Anello in Duomo (1503-4). Più tardi sono il Polittico di Sant’Agostino (1510-20) e brani autografi per Bettona, Città di Castello, Spello, Santa Maria degli Angeli e Trevi, oltre ad opere eseguite nelle Marche, in Emilia e in Lombardia. Eleganza, grazia perfezione formale diventarono ir- resistibile attrattiva per molti maestri che, principalmente in area umbra, ne imitarono lo stile. L’artista muore di peste nel 1523 a Fontignano di Perugia. Oggi un progetto articolato in sei sedi espositive in Umbria (dal 28 febbraio al 18 luglio 2004), ognuna con una mostra a tema, presenta e ricostruisce il complesso delle opere lasciate dal Perugino, alla scoperta del suo dolce mondo artistico. maria siponta de salvia Il martirio di San Sebastiano Panicale (PG) Chiesa di San Sebastiano Prudenza e Giustizia - Perugia, Collegio del Cambio