I ANNO Diritto Civile MULTIPROPRIETA` Per multiproprietà si
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I ANNO Diritto Civile MULTIPROPRIETA` Per multiproprietà si
I ANNO Diritto Civile MULTIPROPRIETA’ Per multiproprietà si intende il diritto di godere periodicamente di un bene, entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi di legge e contrattuali: più soggetti riusltano titolari di un diritto perpetuo e trasmissibile, avente ad oggetto la facoltà di godimento di un bene in modo esclusivo, sebbene turnario, e quindi per periodi di tempo limitati ma ricorrenti. Si ha, quindi, coesistenza sullo stesso bene, suscettibile di utilità ripetute, di diritti di godimento trasmissibili e facenti capo a diversi soggetti, ognuno tendenzialmente perpetuo, ma limitato nell’esercizio ad uno o più periodi nell’arco dell’anno. La multiproprietà conferisce il diritto di godimento dell’immobile con uso turnario: nel periodo contrattualmente stabilito il titolare ha una facoltà di godimento piena ed esclusiva, corrispondente a quella degli altri proprietari, sia pura in differenti periodi. Il vincolo di destinazione, spesso il godimento turistico, è contrattualmente imposto dal regolamento ed uguale per tutti, non disciplinando solo le parti comuni, ma configurandosi anche come limitazione della libertà individuale, tale regolamento ha natura contrattuale e può essere modificato solo all’unanimità. La struttura della multiproprietà non è unitaria, risolvendosi invece in una tripartizione da un punto di vista giuridico. MULTIPROPRIETA’ IMMOBILIARE, che può essere definita come la comproprietà di unità abitativa il cui godimento spetta ai compartecipi in determinati periodi dell’anno.In sostanza con un contratto di compravendita il proprietario dell’immobile trasferisce ad ogni singolo multiproprietario la titolarità di una quota, con godimento limitato ad uno o più periodi prestabiliti nell’anno. MULTIPROPRIETA’ AZIONARIA, in cui proprietaria delle unità immobiliari è una società che ne concede il godimento turnario ai suoi soci. MULTIPROPRIETA’ ALBERGHIERA, che non costituisce un vero e proprio tertium genus, dato che lo schema utilizzato è sempre uno dei precedenti, e, comunque, quasi sempre quello della multiproprietà azionaria e si verifica quando l’unità immobiliare è ricompresa in un complesso alberghiero dei cui servizi il multiproprietario può servirsi o è tenuto a farlo durante il soggiorno. La sua durata, se non espressamente fissata, si individua per relationem in quella della società, oltre la quale la multiproprietà non può durare. Vi sono alcune ricostruzioni teoriche del fenomeno: 1) COMUNIONE: La tesi più seguita è quella di una normale comunione, tuttavia caratterizzata da particolari limitazioni contrattuali e dal fatto che il diritto è configurato in modo temporale e non spaziale. Il Santoro-Passarelli considera derogabili le norme dedicate dal codice alla comunione per il ruolo assegnato all’autonomia privata dall’art. 1100 c.c., che ritiene applicabili le norme ad esso successive “solo se il titolo o la legge non dispone diversamente”. Il primo ostacolo a tale ricostruzione è dato dall’INDIVISIBILITA’: L’art. 1111 c.c. dispone che i singoli partecipanti possono in ogni tempo domandare lo scioglimento della comunione; il patto contrario tra loro intervenuto non può durare oltre i dieci anni. Nella generalità dei contratti viene inserita una clausola con cui le parti rinunciano al potere di chiedere lo scioglimento della comunione. Normalmente la limitazione viene ricondotta all’art. 1112 c.c. che impedisce lo scioglimento della comunione quando si tratta di cose che, se divise, cesserebbero di servire all’uso cui sono destinate: in questa accezione si potrebbe quindi far ricomprendere la multiproprietà, anche se, in realtà, in tale fattispecie l’indivisibilità non appare come conseguenza della caratteristica oggettiva del bene, ma piuttosto come una configurazione contrattualmente impressa al bene stesso. La dottrina prevalente e, sull’onda di questa, la giurisprudenza danno un’interpretazione restrittiva dell’art. 1112 c.c., ove l’individuazione della cosa è intesa in termini materiali e non può discendere dalla particolare destinazione impressa dai comunisti. Si replica che sono la destinazione del bene e la sua funzione economica a giustificare l’indivisibilità (ad esempio nei condomini degli edifici per le stesse esigenze viene stabilita l’indivisibilità delle parti comuni). GODIMENTO TURNARIO: l’uso turnario dell’unità immobiliare oggetto di multiproprietà si contrappone all’uso promiscuo della cosa comune discendente dall’art. 1102 c.c. La turnarietà dell’uso è compatibile con l’istituto della comunione quando il bene, per propria natura, sia utilizzabile solo per turno; l’uso turnario, quale modalità di funzione attiene al godimento dell’immobile senza incidere sul diritto in comunione. Il De Cupis ha ritenuto che la turnarietà dell’uso è un’esigenza che corrisponde necessariamente alla consistenza ed alla destinazione della cosa. Alcuni autori hanno affermato la validità e la compatibilità con l’art. 1102 c.c. di patti che per il caso di impossibilità o non convenienza dell’uso promiscuo del bene comune, ne regola il godimento mediante una divisione spazio-temporale. La turnarietà non crea un confine tra due generi ma solo una distinzione tra species del medesimo genus. La multiproprietà, infatti, non è che una specie del più ampio genere comproprietà, oppure nel principio di autonomia negoziale ex art. 1322 c.c. in base al quale le parti possono stipulare un accordo con il quale convengono di usare il bene comune secondo specifiche modalità. IUS ADCRESCENDI Per tradizione risalente al diritto romano costituisce elemento tipico della comunione in base al quale la rinuncia del singolo comunista alla propria quota determina l’accrescimento di quelle degli altri partecipanti. E’ stato da una parte ritenuto non essenziale alla comunione, che ben può sopportare patti interni di vario contenuto, dall’altro non se ne esclude la configurabilità anche rispetto alla multiproprietà, prevedendo una forma di ius adcrescendi che operi l’incremento del diritto sul piano quantitativo. Emerge però che nella prassi le parti escludono lo ius adcrescendi. La prassi è la seguente: nel regolamento della comunione le parti convengono che ove uno dei comproprietari, per il periodo di godimento assegnatogli non fruisca dell’unità immobiliare, lo stesso sia tenuto a consegnare le chiavi all’incaricato della gestione al fine di evitare l’uso da parte di altri. AMMINISTRAZIONE DELL’IMMOBILE La disciplina è derogata dalle clausole inserite nei contratti di multiproprietà. I partecipanti non concorrono nell’amministrazione né singolarmente né a maggioranza ma la stessa è curata da un terzo incaricato dotato di ampi poteri. Ai singoli multiproprietari spetta esclusivamente un potere di controllo, mentre è escluso ogni atto di ingerenza nell’amministrazione vera e propria. Al multiproprietario è, inoltre, è preclusa la facoltà di compiere sul bene atti di straordinaria amministrazione e di procedere ad innovazioni. ASSENZA DI QUOTE Manca nella multiproprietà un frazionamento di quote ideali. Nella comunione, invece, l proprietà può essere comune a più persone (1100 c.c.) il diritto di proprietà spettante congiuntamente a più titolari per quote ideali. Qualche autore ha rilevato che anche per la multiproprietà si configurano quote ideali strutturate in ordine al tempo e non soltanto in ordine allo spazio. COSTITUZIONE DI IPOTECA Art. 2825 c.c. Essendo esclusa la divisibilità della cosa in multiproprietà su di essa non potrebbe essere accesa ipoteca. Si è ritenuto, comunque, non preclusivo il vincolo di in divisione dal momento che nel condominio degli edifici possono essere ipotecate pro quota anche le parti comuni indivisibili. Inoltre è stato affermato che ai fini dell’espropriazione non sia necessaria ed inevitabile la divisione del bene comune. Deve essere sottolineato che in teme di comunione si distinguono due grandi gruppi di norme: le regole che disciplinano il godimento dei beni comuni e che rientrano nel cosiddetto regolamento condominiale in senso stretto; le regole che pongono limiti alla proprietà individuale, di origine contrattuale e di natura facoltativa, ossia rimessa alla volontà delle parti. Le norme sulla multiproprietà hanno natura contrattuale: mentre, però, le limitazioni contrattuali hanno poco peso in materia condominiale, nel caso della multiproprietà hanno rilevanza notevole, perché non concernono usi minori del bene, ma l’essenza stessa del diritto. L’inquadramento della m. nell’ambito della comunione o del condominio consente di ravvisare in capo al compartecipe il diritto di comproprietà dell’unità abitativa ed il diritto al turno quale delimitazione dell’uso di essa. Il diritto al turno, in quanto stabilito dal regolamento contrattuale non può essere modificato dall’assemblea ed è opponibile se il regolamento è stato trascritto. PROPRIETA’ TEMPORANEA La multiproprietà sarebbe il risultato di una limitazione temporale del diritto di proprietà confinato a lassi di tempo intermittenti “attraverso la combinazione di più termini iniziali e finali” Oltre i casi di proprietà temporane previsti dalla legge altri potrebbero essere ipotizzati ex art. 1322 c.c. quale esplicazione dell’autonomia negoziale. OBIEZIONE: nella multiproprietà la facoltà di godimento del bene non è temporanea ma periodica, la titolarità della proprietà non ha carattere temporaneo, ben potendo essere oggetto di disposizione in ogni tempo. Diversamente argomentando il multiproprietario in attesa del suo turno sarebbe titolare di una mera aspettativa reale connessa a termine iniziale. Non avrebbe titolo per esercitare azioni a difesa della proprietà. Proprietà turnaria e proprietà temporanea risolubile sono ipotesi diverse. Mentre la seconda è limitata nel tempo, la prima resta pur sempre un diritto perpetuo, si avrebbe violazione del numerus clausus anche quando siano troppo modificati gli elementi strutturali del diritto tipico. DIRITTO REALE ATIPICO Un diritto che differisce dalla proprietà, atipico, ma non confliggente col principio del numero chiuso del diritti reali, in quanto esso dovrebbe essere interpretato in modo elastico. OBIEZIONE: il nostro ordinamento conosce solo un numero chiuso dei diritti reali. In dottrina si distingue il concetto di tipicità quale divieto per i privati di determinare e modificare il contenuto dei diritti reali da quello vero e proprio di numero chiuso che è preclusivo della creazione di nuovi diritti reali. Ad ostacolare il superamento del numero chiuso sarebbero le previsioni dell’art.42 Cost. e dell’art. 832 c.c. che, sottoponendo il potere del proprietario di disporre e godere del bene nei limiti imposti dall’ordinamento sembrano avere riservato al solo legislatore il potere di creare diritti reali limitati e, quindi, nuovi diritti. Si è obiettato che nel nostro ordinamento tale possibilità non è preclusa ai privati. Come in virtù dell’art. 41 Cost. e dell’art. 1322 c.c. il singolo individuo può, nel rispetto delle disposizioni normative, regolare i rapporti ed i diritti di cui è titolare, così lo stesso potrebbe dar vita a diritti reali ulteriori rispetto a quelli previsti. Potere espressione di autonomia negoziale che sopporta l’unico limite della meritevolezza degli interessi perseguiti e della compatibilità con l’ordinamento giuridico. DIRITTO DI PROPRIETA’ Tentativo per evitare il superamento del principio del numero chiuso dei diritti reali. Secondo questa tesi, l’unica particolarità della multiproprietà rispetto alla proprietà è che l’oggetto del diritto è individuato non solo con le tradizionali coordinate spaziali, ma anche con parametri temporali ed il tempo stesso ne diventa elemento identificante e scriminante. Il dominus non diviene contitolare bensì titolare esclusivo ed individuale perché il bene del m. che utilizza l’immobile nel periodo successivo è un altro bene, individuato con le stesse coordinate spaziali, ma con diverse coordinate temporali. La proprietà dell’unità immobiliare è piena per il periodo di riferimento, trascorso questo il godimento di altro multiproprietario non rappresenta una limitazione dell’altrui diritto che in realtà opera su un bene diverso, non esistente che per quel lasso di tempo. E’ stato rilevato che l’elemento temporale attiene alle modalità di esercizio del diritto e non alla cosa che ne forma oggetto. Si è anche detto che di fronte al concetto di proprietà ciclica vi è il rischio di un superamento del numerus clausus dei diritti reali. DIRITTO PERSONALE DI GODIMENTO In quanto incide troppo profondamente la cooperazione del gestore sul concreto esercizio del diritto al quale mancherebbero anche i caratteri dell’immediatezza. OBIEZIONE. Non coglie il rapporto tra dominus e res che deriva dal contratto. MULTIPROPRIETA’ AZIONARIA Si individuano nella prassi due schemi: a) la società aliena le proprie azioni ordinarie agli acquirenti e contemporaneamente stipula con essi una convenzione avente ad oggetto il godimento dell’unità la cui conclusione è condizione per l’efficacia della vendita dell azioni; b) la società è proprietaria dell’immobile, le azioni sono costituite in parte da a zioni ordinarie, in parte da a zioni privilegiate, il cui privilegio consiste o nell’attribuzione diretta del diritto di godimento o nell’assunzione della qualità di consociato di un’associazione dalla quale si otterrà in godimento a titolo di subcomodato l’unità immobiliare prescelta. L’acquirente diviene normalmente socio, il più delle volte privilegiato di una società per azioni, i cui soci controllano effettivamente la società, dalla quale ottiene il godimento turnario del bene immobile, o sotto forma di stipula di contratti di godimento, o sotto forma di concessione in comodato degli alloggi ad una associazione di cui fanno parte gli azionisti. Gli azionisti non sono titolari di un diritto reale sul bene ma di un diritto di credito nei confronti dell’ente. Tale sistemazione giuridica porta ad evidenti vantaggi ed altrettanto evidenti inconvenienti: i vantaggi sono fiscali, in quanto non si ha stipulazione o registrazione del contratto di acquisto immobiliare, e circolatori, la legge di circolazione è quella dei titoli di credito, mentre gli inconveninenti sono dati dallo scarso controllo societraio in tema di acquirenti, dalla possibilità di fallimento, dal carattere meramente obbligatorio e non reale del diritto. Il problema che si pone in tema di multiproprietà azionaria è quello della sua compatibilità con la causa della società. Occorre in sostanza che la causa di qesta multiproprietà sia realmente quella dello svolgimento di attività economica e non piuttosto di godimento, per evitare la violazione degli artt. 2248 e 2256 c.c. Cassazione 10.5.97 n.4088 La sentenza afferma che si hanno due distinti rapporti, sia pure tra loro collegati. Un primo rapporto si costituisce tra la società e l’acquirente delle azioni, socio, il quale diviene titolare delle situazioni giuridiche proprie d tale stato, tra le quali è compreso il diritto all’attiva partecipazione alla vita della società ed alla percezione degli utili alla chiusra di ogni esercizio finanziario. Un secondo rapporto da un’autonoma e distinta convenzione conclusa dalla società con l’azionista e, in forza di esso, quest’ultimo acquista il diritto personale al godimento dell’unità immobiliare per il periodo stabilito. Questi due rapporti autonomi sono però collegati sotto diversi profili. Un primo collegamento è di carattere temporale perché normalmente l’acquisto delle azioni e della qualità di socio avviene nello stesso momento in cui si perfeziona la convenzione costitutiva del diritto personale di godimento, nella quale sono comprese anche le norme per l’uso dell’unità immobiliare e delle parti e dei servizi comuni, il c.d. regolamento condominiale. Un altro legame di natura oggettiva è rivelato dal fatto che la firma apposta alla convenzione dalla stessa persona che ha comprato le azioni, ed è tanto più evidente se si considera che tale acquisto viene compiuto non tanto per ricevere gli utili, che pure spettano in sede di dividendi, quanto allo scopo di divenire titolare del diritto personale di godimento in proporzione al prezzo per esse pagato, che è, per tale motivo, più elevato del valore nominale dei titoli. Questa fattispecie composta dall’atto di acquisto delle azioni e dalla convenzione costitutiva del diritto personale di godimento, integra, nel suo complesso, il contratto di multiproprietà azionaria. Quanto allo scopo di lucro non si ritiene violato l’art. 2247 c.c. quando la società oltre a concedere in godimento i propri beni ai suoi soci svolga un’attività volta all’acquisto ed alla gestione di impianti turistici e sportivi al fine di produrre utili. Applicazione normativa locazione: non è assimilabile ad alcuno dei negozi tipici produttivi di diritti personali di godimento poiché la sua giustificazione causale è nella partecipazione sociale. Un secondo rapporto da un’autonoma e distinta convenzione conclusa dalla società con l’azionista e, in forza di esso, quest’ultimo acquista il diritto personale al godimento dell’unità immobiliare per il periodo stabilito. Questi due rapporti autonomi sono però collegati sotto diversi profili. Un primo collegamento è di carattere temporale perché normalmente l’acquisto delle azioni e della qualità di socio avviene nello stesso momento in cui si perfeziona la convenzione costitutiva del diritto personale di godimento, nella quale sono comprese anche le norme per l’uso dell’unità immobiliare e delle parti e dei servizi comuni, il c.d. regolamento condominiale. Un altro legame di natura oggettiva è rivelato dal fatto che la firma apposta alla convenzione dalla stessa persona che ha comprato le azioni, ed è tanto più evidente se si considera che tale acquisto viene compiuto non tanto per ricevere gli utili, che pure spettano in sede di dividendi, quanto allo scopo di divenire titolare del diritto personale di godimento in proporzione al prezzo per esse pagato, che è, per tale motivo, più elevato del valore nominale dei titoli. Questa fattispecie composta dall’atto di acquisto delle azioni e dalla convenzione costitutiva del diritto personale di godimento, integra, nel suo complesso, il contratto di multiproprietà azionaria. Quanto allo scopo di lucro non si ritiene violato l’art. 2247 c.c. quando la società oltre a concedere in godimento i propri beni ai suoi soci svolga un’attività volta all’acquisto ed alla gestione di impianti turistici e sportivi al fine di produrre utili. Applicazione normativa locazione: non è assimilabile ad alcuno dei negozi tipici produttivi di diritti personali di godimento poiché la sua giustificazione causale è nella partecipazione sociale. MULTIPROPRIETA’ ALBERGHIERA Le unità abitative sono destinate ad albergo ed il loro godimento comprende l’utilizzazione dei servizi alberghieri. Si ha solo il possesso mediato del bene. Trasferimento in capo all’acquirente di una quota di comproprietà su di un immobile con contestuale suo ritrasferimento a titolo di affitto di azienda o locazione ad un gestore che curerà conseguentemente la gestione e l’apertura al pubblico dell’albergo – multiproprietà in modo unitario. La M.A., la cui nota differenziante è costituita dal carattere alberghiero dell’immobile, lungi dal costituire un modello autonomo si risolve o nella M.I. o in quella azionaria. Naturalmente la m. reale alberghiera, non quella societaria alberghiera, in cui ai soci, analogamente alla multiproprietà azionaria, non si attribuisce alcun diritto reale. IL D.LGS. 9.11.98 N.427 Ha recepito la Direttiva 94/47/CE ed è entrato in vigore il 12.2.99. L’area di applicazione del decreto comprende qualsiasi contratto da cui sorga il diritto al godimento turnario di un bene, indipendentemente dalla natura personale o reale della situazione giuridica o dal tipo di contratto utilizzato, in quanto le garanzie previste a tutela del consumatore dovranno essere osservate ugualmente. Pertanto, la normativa dovrebbe applicarsi anche alla multiproprietà azionaria ed a quella alberghiera, e non solo a quella immobiliare. Si è raggiunto il risultato della tipizzazione di una figura contrattuale determinata e la conseguente sua piena legittimità. La nuova disciplina ha previsto una serie di cautele a tutela del consumatore allorquando questi si appresti ad acquistare un diritto avente ad oggetto il godimento su di un immobile per un periodo determinato indicando in via quanto mai ampia e generale a fini meramente descrittivi la fattispecie alle quali ricollegare l’operatività della disciplina introdotta, fermo ed impregiudicato che la tipizzazione e la concreta legittimità dei singoli tipi contrattuali utilizzati non può discendere dalla normativa in esame ma dovrà rifarsi alle norme ed ai principi generali dell’ordinamento. E’ evidente la scelta di disciplinare soltanto alcuni aspetti (informazione e modalità di risoluzione e recesso) lasciando agli stati membri di regolare “gli altri aspetti tra l’altro per la determinazione della natura giuridica dei diritti che formano oggetto dei contratti contemplati dalla direttiva” è esplicitata dall’articolo 1 della direttiva 94/47. E così la direttiva si applica sia al contratto con il quale l’acquirente ottiene per tre anni il diritto personale di godere di un immobile per una settimana all’anno, sia al contratto con cui egli acquista il diritto reale perpetuo di godere dell’immobile per un periodo annuo comunque determinato. Il decreto in tema di c.d. multiproprietà sostanzia la tutela della parte più debole del rapporto in una serie di strumenti tesi a garantire il rispetto di tre direttrici ritenute fondamentali per una effettiva tutela dei consumatori. -obbligo per il venditore della più dettagliata informazione possibile nella fase delle trattative; - possibilità per l’acquirente di recedere, anche ad nutum, dal contratto; - divieto per il venditore di esigere dall’acquirente somme di danaro, a qualsiasi titolo, fino alla scadenza del termine concesso per l’esercizio del diritto di recesso. Obbligo centrale del venditore, introdotto dal decreto e non contemplato nella direttiva, di utilizzare il termine multiproprietà nella pubblicità, nel documento informativo e nel contratto soltanto quando il diritto oggetto del contratto è un diritto reale. La pubblicità deve dire che è possibile ottenere un documento informativo e dove (art. 4). Il documento informativo deve essere consegnato a chiunque chieda informazioni, deve contenere tutta una serie di informazioni e il venditore deve avere pronto da consegnare un documento informativo in ciascuna delle lingue ufficiali dell’Unione Europea. C’è sostanziale identità degli elementi richiesti dal documento informativo e dal contratto. E’ possibile in sede di stipula operare una relatio formale al documento informativo. La portata ampia della disposizione non può condurre a ritenere che un quivis de populo possa pretendere dal venditore la consegna del documento informativo, dovendosi richiedere almeno che le parti abbiano preso dei contatti per instaurare una trattativa con un minimo di serietà. Qualè il contenuto? Tutti i dati contemplati nel documento informativo ed in più alcune indicazioni sullo specifico rapporto ed alcune clausole a tutela dell’acquirente (la clausola secondo cui l’acquirente non avrà altri oneri, e l’indicazione se l’acquirente può scambiare o vendere il diritto oggetto del contratto Durata almeno triennale del contratto, settimanale del godimento attribuito su ciascun anno. Ai sensi dell’art.4 l’unica forma di multiproprietà che potrà essere definita nel documento informativo, nel contratto e nella pubblicità commerciale relativa al bene immobile, è quella residenziale o reale. Alla luce del decreto per contratto dovrà intendersi sia la stipula del contratto preliminare o definitivo di vendita mobiliare avente ad oggetto le azioni o le quote sia quella del comodato avente ad oggetto il godimento dei singoli alloggi, sia infine quella di vendita immobiliare di quote dell’immobile. Dall’ambito di applicazione della norma in esame deve escludersi il contratto di locazione. Ciò perché nell’art. 1 il legislatore ha definito le parti dell’accordo venditore ed acquirente ed ha previsto il pagamento di un prezzo globale. Art.2 : documento informativo Contratto redatto per iscritto a pena di nullità.per la prima volta nei rapporti tra privati viene richiesto l’utilizzo della lingua italiana. E’ da considerarsi vessatoria, ai sensi dell’art. 1469 bis, comma uno, c.c., al di là delle ipotesi tipizzate in via presuntiva dal legislatore, quella clausola che, prevedendo per l’esercizio del diritto di recesso il pagamento di somme qualificate quali spese, ma non qualificabili tali nella sostanza, appare volta ad aggirare quella normativa speciale in materia che ha voluto, invece, subordinare la facoltà di recesso al solo rimborso di spese effettive e documentate, creando una vera e propria forma di caparra penitenziale. Nella specie la clausola sul recesso, pur dopo una formale modifica con la quale si era previsto un elenco dettagliato delle spese sostenute per la conclusione del contratto col singolo consumatore in pretesa attuazione dell’art. 5, includeva ciononostante il ristoro della prenotazione anticipata del titolo, da considerarsi abusivo, sia che tale rimborso attenesse ad un acconto del prezzo versato dal consumatore al venditore, sia che esso attenesse al versamento effettuato dal venditore al proprietario dei titoli, dal momento che anche in questa seconda ipotesi la spesa non si configurerebbe come necessariamente sostenuta in vista del singolo contratto da cui l’acquirente ha diritto di recedere, ma come sostenuta per collocare sulla generalità del mercato i beni da vendere, nell’ambito della propria attività economica. TESI RIGOROSA: non ammette la relatio ove nel contratto non siano specificati almeno i contenuti minimi del negozio che si è inteso concludere (oggetto, causa, volontà, cioè da a) a h) art. 2). Quali conseguenze sono ricollegate dal legislatore alla mancanza di taluni elementi del suo contenuto? Se mancano indicazioni richieste dall’art. 2, comma 1, lettera a), b), c), d n.1, h, i e dell’art. 3, comma due, lettera b) e d) e non sia indicata la data di cui all’art. 3, comma due, lett. E) e tali carenze non siano tanto gravi da determinare la nullità del contratto per indeterminatezza dell’oggetto, delle parti contraenti e per mancanza di causa trova applicazione l’art. 5. La norma dice: il contratto deve contenere: L’utilizzo del termine deve fa pensare ad una norma imperativa come tale idonea a provocare la nullità del contratto in base ai principi generali. Sembra, tuttavia, maggiormente aderente alla ratio della norma (principalmente la necessità di fornire la più corretta informazione all’acquirente) ed all’assenza di ragioni di ordine pubblico che impongano un contenuto obbligatorio imprescindibile in alcuni settori protetti (acquisto di alloggi di prima abitazione) l’opinione che non ricollega all’espressione utilizzata la sanzione della nullità. Del resto in ogni previsione di contenuti obbligatori a tutela dei consumatori è sempre bene distinguere gli obblighi che tendono a garantire l’informazione del consumatore e non limitano l’autonomia delle imprese da quelli che imponendo determinati contenuti del contratto limitano l’autonomia delle imprese e devono essere limitati a settori particolarmente delicati. Se nel contratto mancano gli altri elementi a parte sanzione amministrativa non vi è alcuna conseguenza negativa. Non vi è nessuna previsione nel testo. Vi è al più responsabilità precontrattuale a carico del venditore per violazione degli obblighi di informazione con conseguente tutela risarcitoria a vantaggio dell’acquirente leso. Art. 5: E’ recesso o sospensione degli effetti del contratto fino alla scadenza del termine previsto? In tale ultimo senso deporrebbe per alcuni il divieto di ricevere anticipi, acconti e caparre (ben possibile, invece, per i contratti ove alle parti o a una di esse sia riconosciuto tale diritto potestativo). Se così fosse il contraente debole avrebbe a disposizione uno spatium deliberandi per poter valutare senza pressioni ed in modo autonomo la bontà e la convenienza del contratto concluso. NO: non è facile l’inquadramento di tale possibilità nell’ambito del nostro ordinamento che conosce la facoltà di recesso ex art. 1373 c.c. Il divieto ex art. 6 non si giustifica solo richiamando i limiti ex art. 1373 c.c. che sancisce che il recesso è ammissibile fino a che non vi sia stato un principio di esecuzione in quanto gli acconti non vengono considerati dalla dottrina e dalla giurisprudenza principi di esecuzione quantomeno ove vengano versati contestualmente alla stipula del contratto. C’è dubbio che sia recesso ex art. 1373 c.c. in quanto la possibilità di sciogliersi unilateralmente dal vincolo contrattuale con effetto ex nunc è possibile solo per i contratti ad esecuzione continuata o periodica e non a quelli ad esecuzione immediata quale vendita in cui l’attribuzione del diritto (prestazione) può dirsi già compiuta in virtù del semplice consenso. Lo scioglimento del rapporto comporta anche la risoluzione degli effetti già prodottisi e dunque la necessaria retroattività del negozio (concetto assente nell’art. 1373 c.c ), piuttosto REVOCA legale e non convenzionale a mezzo della quale in conseguenza dello scioglimento del vincolo addivenire ad una rimessione in pristino. Ipotesi di scioglimento retroattivo: risoluzione per inadempimento, eccessiva onerosità sopravvenuta, rescissione, risoluzione dipendente da clausola risolutiva retroattiva, scioglimento per mutuo dissenso, il riscatto nella vendita con patto di riscatto. Ha riflessi sull’attività notarile: se è recesso: l’atto deve essere subito trascritto e nel caso di esercizio del diritto dovrà essere annotata di inefficacia ex art. 2655 c.c. la trascrizione. Se è risoluzione: occorre dichiarazione unilaterale autenticata o sentenza di mero accertamento. Se sono effetti sospesi: si potrebbe ritenere obbligatoria la trascrizione solo dopo decorso il periodo previsto per l’esercizio della concessa facoltà di ripensamento. L’art. 7 introduce, innovando rispetto alla direttiva, una disposizione dell’iter formativo tormentato: il venditore deve prestare fideiussione a garanzia dell’ultimazione dei lavori di costruzione dell’immobile. Per quanto la norma sia generale pare porsi senso soltanto per il contratto di multiproprietà., quello cioè che ha ad oggetto un diritto reale. A tutela dell’acquirente ed in conformità con quanto già previsto dalla direttiva sulle vendite negoziate fuori dai locali commerciali l’art. 10 indica come foro territoriale inderogabile quello del luogo, se in Italia, di residenza o domicilio dell’acquirente. Dott.ssa Silvana Sica