Afasia e stroke: strategie di intervento riabilitativo (PDF

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Afasia e stroke: strategie di intervento riabilitativo (PDF
EUR MED PHYS 2008;44(Suppl. 1 to No. 3)
Afasia e stroke: strategie di intervento riabilitativo
G. INVENINATO1, L. LONGO1, F. CAPODIECI2, M. MARANO4, P. MARANO2,3
Introduzione
1Scuola
L’afasia globale è una complicazione frequente dopo l’ictus, in
particolare quando viene danneggiato l’emisfero sinistro. Circa il
21% - 38% dei soggetti con ictus in fase acuta manifestano afasia
(Pedersen, 1999, 2004; Laska, 2001; Kauhanen, 2000). Il preciso
andamento del recupero, la sua velocità, la durata e le cause che
determinano il cambiamento sono ancora oggi poco conosciute
(Pedersen, 1995, 2004)1.
La perdita completa o parziale della capacità di parlare e di capire avviene in modo completamente improvviso e toglie alla persona
la possibilità di comunicare con l’ambiente circostante. Il disturbo
può coinvolgere sia le modalità espressive che quelle recettive: capire, parlare, scrivere e leggere. Questa perdita è conseguente al verificarsi di una cerebro-lesione lesione nelle aree specializzate nel linguaggio localizzate nell’emisfero dominante: il piede della terza circonvoluzione frontale (area di Broca), il terzo posteriore della prima
circonvoluzione temporale (area di Wernicke), il giro angolare, il
giro sopramarginale e il fascicolo arciforme. Una prima distinzione
valida nella valutazione di un paziente afasico è quella tra afasia
fluenti e afasie non fluenti. Tale suddivisione permette di distinguere
le sindromi afasiche in quelle da danno posteriore e in quelle da
danno anteriore rispetto alla scissura silvana: le prime, fluenti, hanno
una produzione abbondante in assenza di disordini articolari; le
seconde, non fluenti presentano un eloqio ridotto, rallentato e
distorsioni articolari.
A seconda del quadro clinico e della gravità del disturbo si possono avere dunque svariati deficit linguistico-comunicativi, con compromissione della capacità di interagire e di vivere le esperienze
quotidiane, ben al di là della mancata capacità di poter comunicare
in modo evoluto e ricercato2.
La riabilitazione dei disturbi del linguaggio conseguenti a lesione
cerebrale rappresenta l’area della riabilitazione cognitiva con la tradizione più antica (Howard & Hatfield, 1987). Diversi approcci sono
stati proposti, da quelli più classici basati sulla stimolazione, a quelli
con orientamento più cognitivo che hanno come obiettivo finale
comune la partecipazione attiva della persona afasica al proprio trattamento3.
Obiettivo della nostra valutazione è stato il recupero del linguaggio sia in termini di ripristino della funzione comunicativa che si
manifesta essenzialmente nella conversazione, che in situazioni di
vita quotidiana, come la lettura, la cura della persona, la capacità di
seguire programmi televisivi e l’orientamento spaziale.
Vol. 44 - Suppl. 1 to No. 3
di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitazione,
Università di degli Studi di Catania, Catania;
2 U.O. di Riabilitazione Casa di Cura Villa dei Gerani, Catania;
3Insegnamento di Neurologia e Neuropsicologica, C.d.L. in Fisioterapia, Università degli Studi “G. D’Annunzio”, Chieti;
4C.d.L. in Medicina e Chirurgia,
Università Campus Biomedico, Roma
Materiali e metodi
Dal 1 gennaio 2007 al 16 giugno 2008 sono stati ricoverati, presso
il reparto di neuroriabilitazione della casa di cura “Villa dei Gerani”,
trenta pazienti con stroke che presentano afasia. Di questi undici
uomini, le restanti donne, con età compresa tra 65 e 86 anni.
Al ricovero dopo aver valutato il deficit motorio e sensitivo, venivano eseguiti tests neuropsicologici per il deterioramento cognitivo
Mini Mental State Examination (M.M.S.E.), con coefficiente di aggiustamento secondo Magni et al. (1996)4, e quindi venivano somministrati i
seguenti test: l’Aachen Aphasia Test (A.A.T.), il Token test (versione
abbreviata), il test di fluenza verbale per categorie, test di fluenza verbale per associazione libera di parole, test di generazione di frase e
l’Amsterdam-Nijmegen Everyday Language Test (A.N.E.L.T.).
L’A.A.T. si fonda su una valutazione del linguaggio spontaneo
che permette di esplorare le capacità verbali residue di un paziente
nel loro complesso, in un reale contesto comunicativo. Si compone
di prove e sottoprove formate da un adeguato numero di item linguisticamente omogenei, così da permettere di descrivere in modo
sufficientemente dettagliato il deficit delle diverse modalità e dei
principali livelli di elaborazione del linguaggio.
Grazie ad un procedimento diagnostico di analisi discriminante,
inoltre, permette di distinguere in maniera probabilistica tra soggetti
afasici e non e, in caso di diagnosi di afasia, di determinare una probabile classificazione dei deficit riscontrati secondo le principali sindromi afasiche.
L’A.N.E.L.T. è un test standardizzato per la vatuzione della disabilità comunicativa del paziente.Tale test consiste di 10 situazioni della
vita quotidiana che vengono presentate al paziente (ad esempio
chiedere in un negozio d’ottica di aggiustare un paio di occhiali rotti). La risposta verbale del paziente è valutata utilizzando una scala
di appropriatezza da 1 a max 5 punti, rispettivamente in termini di
intellegibilità e di comprensibilità semantica. L’uso di oggetti reali
(ad esempio occhiali rotti) facilita la naturalezza dello scambio. Il
test permette di analizzare alcune componenti funzionali della conversazione naturale come far domande, offrire spiegazioni.
EUROPA MEDICOPHYSICA
1
INVENINATO
AFASIA E STROKE: STRATEGIE DI INTERVENTO RIABILITATIVO
Criteri di esclusione sono stati: età inferiore a 65 anni, M.M.S.E.
inferiore a 10, punteggio corretto della versione abbreviata del
Token test inferiore a 9 e A.N.E.L.T. inferiore a 22, Canadian Stroke
Scale < a 5 agli items relativi all’attività mentale.
Il trattamento ha tenuto conto del quadro clinico globale, del tipo
e del grado di compromissione dei versanti del linguaggio.
Di questi pazienti 10 sono stati sottoposti al trattamento riabilitativo mirato all’apprendimento di sistemi di comunicazione alternativi
al linguaggio (V.A.T.) (gruppo A), dieci pazienti sono stati trattato
son il set “Promoting Aphasics’Communicative Effectiveness”
(P.A.C.E.) di Davis e Wilcox (guppo B); e i restanti nove pazienti
non hanno eseguito alcun training specifico per afasia (attribuzione
di nomi a figure ed in categorie specifiche, narrazione di storie,
descrizione di attività, lettura e scrittura di frasi).
Il trattamento P.A.C.E. rappresenta un modello di comunicazione
importante che individua la dimensione pragmatica-contestuale nella
comunicazione come un insieme di aspetti completamente separati
dai livelli fonologici, lessicali e semantici5. In questo set clinico
Davis e Wilcox introducevano le seguenti regole di interazione
paziente riabilitatore:
– partecipazione paritaria;
– lo scambio di nuove informazioni, solo colui che invia il messaggio conosce a priori l’argomento dello scambio comunicativo e
deve farlo comprendere all’altro;
– la multimodalità, cioè scambio di informazioni anche con modalità extraverbali;
– uso di feetdback basati sull’adeguatezza comunicativa.
Nell’esercizio tipico P.A.C.E. il paziente e il terapista siedono ai
due lati di un tavolo su cui si trova un mazzo di figure o di foglietti
con messaggi scritti di vario genere disposti a faccia in giù. A turno, ciascuno dei due partecipanti all’interazione clinica prende una
figura e, senza mostrarla al partner, cerca di comunicargliene il
contenuto5,6.
Il paziente ha la possibilità, nell’ambito dell’interazione terapeutica, di far pratica di atti del linguaggio, di sperimentare la differenza
tra informazione già date e quelle da produrre, di verificare l’opportunità e la validità delle sue strategie di coreferenza o di quelle sostitutive del linguaggio.
Il riabilitatore d’altro canto ha la possibilità di sostenere i tentativi
di comunicazione del paziente (produrre inferenze sul contenuto del
messaggio e/o sull’intenzione comunicativa allorchè questo è in difficoltà), di suggerire strategie comunicative di compenso e di verificare l’apprendimento da parte del paziente.
Analogamente ad altri trattamenti di ordine funzionale, anche nel
caso della P.A.C.E. si parte dal presupposto che l’afasico sia in grado
di utilizzare la propria conoscenza delle regole della conversazione
e di inviare messaggi pertinenti attraverso varie modalità4.
Lavori recenti hanno messo in luce che la struttura del set PACE
permette, manipolando la variabile contestuale, di intervenire, direttamente sull’appropiatezza verbale dei messaggi dei paziente recenti
(Spring et al., 1991; Carlomagno et al., 1991). Spring ha mostrato
una versione modificata del set originale della terapia P.A.C.E. che
incorpora un compito di categorizzazione semantica degli stimoli.
Vengono infatti usati, mescolati a distrattori, item semanticamente
correlati (macchina, camion, autobus ecc.) e, prima di iniziare, il
compito si chiede al paziente di dire se il referente di cui si appresta
a parlare, appartenga o no alla categoria semantica oggetto del trattamento (nell’esempio gli autoveicoli). Viene inoltre ipotizzata una
situazione in cui entrambi i partecipanti all’interazione posseggono,
sulle due facce di un leggio, tutte le figure dell’esercizio disposte in
ordine diverso. In questo modo ognuno dei due partecipanti conosce quli sono i possibili referenti, ma la regola della P.A.C.E. non
cambiano in quanto nessuno conosceva a priori a quale figura farà
riferimento il locutore (Clérebaut et al., 1984)6.
2
I modelli di terapia proposti da Davis e Wilcox, Springer e Carlomagno sono analoghi e suggeriscono che l’esercizio terapeutico
basato su un modello della conversazione naturale permette di
migliorare qualitativamente le prestazioni verbali (e non verbali)5.
Il trial V.A.T., ipotizzato negli anni settanta soprattutto per i
paziente afasici con fluenza verbale molto ridotto e con scarsa
responsività al trattamento logopedico, è un approccio significativamente diverso, ma con analogo orientamento funzionale. Il programma V.A.T. di Helm (1981) prevede l’uso di otto oggetti che il
paziente dapprima manipola direttamente, di cui successivamente
mima l’uso con l’oggetto presente, poi con l’oggetto raffigurato in
disegni fino all’uso di pantomime su richiesta verbale dell’esaminatore8,9.
Esperienze analoghe hanno fatto uso anche dei cosiddetti “carnets de comunication” (Seron, 1996) vale a dire sistemi di comunicazione da utilizzarsi in ambito famigliare per comunicare eventi speciali o bisogni. Essi sono costituiti da serie di figure di soggetti di
uso comune (alimenti, oggetti di cucina o di abbigliamento ecc.) o
azioni di vita quotidiana10. Il paziente apprende ad utilizzare le figure e a combinarle tra di loro. Sistemi analoghi, ma più complessi,
sono stati implementati su computer portatili (fanno uso di icone,
volti o nomi di familiari, figure di oggetti ed azioni) e permettono al
paziente anche di comunicare strutture frasali tipo Soggetto-VerboPredicato mediante combinazione di più simboli in seguenza (Weinrich, 1989)11.
Il trattamento veniva iniziato entro massimo 50 giorni dall’ictus, i
giorni di degenza sono stati da 20 a 65 ed il trattamento, effettuato
quattro volte la settimana, durava da 1 a 2,5 ore al dì.
Alla dimissione i pazienti sono stati rivalutati con A.N.E.L.T.
Risultati
I risultati dall’ANELT all’ingresso sono stati i seguenti:
– gruppo A range compreso tra 22 e 24 (media di 23)
– gruppo B range compreso tra 22 e 25 (media di 23,4)
– gruppo C range compreso tra 22 e 24 (media di 23,3)
Alla dimissione il test, nuovamente somministrato ha dato i
seguenti risultati:
– gruppo A range compreso tra 23 e 28 (media di 25,1)
– gruppo B range compreso tra 27 e 33 (media di 30,3)
– gruppo C range compreso tra 23 e 28 (media di 25,5)
L’analisi statistica è stata eseguita mediante un software di analisi
statistica e grafica per Windows denominato: “NCSS 2007/GESS
2006”, version 07.1.10, released: 5 June, 2008.
Lo score finale dell’ANELT di ciascun gruppo è stato comparato a
quello iniziale mediante T-Test ???????? per un campione. La differenza è stata significativa in ognuno dei tre gruppi (p<0,05, C.I. 95%).
Pertanto la riabilitazione di un paziente afasico, indipendentemete dal tipo di protocollo utilizzato, è sempre e comunque efficace.
Negli items del test, infatti, i pazienti hanno riportato un miglioramento statisticamente significativo ripetto al ricovero. Un miglioramento della possibilità di comunicare attraverso il linguaggio determina, indubbiamente, un miglioramento della qualità di vita nel
rispetto delle necessità individuali ed in considerazione del contesto
sociale che prima del trattamento riabilitativo era difficile da auspicare.
Sono stati inoltre confrontati i valori alla dimissione di A.N.E.L.T.
dei tre gruppi secondo l’analisi della varianza (ANOVA) ad una via
per campioni indipendenti.
Nei tests per la verifica dei presupposti che i dati sono stati elaborati con la “Skewness Normality of Residuals”, la “Kurtosis Normality of Residuals” e la “Omnibus Normality of Residuals” . Dai risultati si evince che tutti e tre i tests accettano l’ipotesi della normalità, e
quindi i dati dovono essere considerati normali.
EUROPA MEDICOPHYSICA
October 2008
AFASIA E STROKE: STRATEGIE DI INTERVENTO RIABILITATIVO
INVENINATO
Tabella I. – Risultati del test ANOVA e dettaglio dei gruppi.
Method
DF
Test Results
Not Corrected for Ties
Corrected for Ties
Number Sets of Ties
Multiplicity Factor
2
2
8
432
Chi-Square
(H)
Prob
Level
Decision
(0,05)
15,13355 0,000517 Reject H0
15,3799 0,000457 Reject H0
Count
Sum of
Ranks
Mean
Rank
Z-Value
Median
10
10
10
118,50
243,00
103,50
11,85
24,30
10,35
-1,6058
3,8715
-2,2657
25,5
31
25,5
Group
Group Detail
ASPE_POST
PACE_POST
VAT_POST
Tabella II. – Test di Dunn.
Variable
Figura 1.
Il “Modified-Levene Equal-Variance Test” è considerata essere una
delle migliori prove per l’uguaglianza di variazioni e anche questo
test risulta essere significativo (Fig. 1).
Dalla Analisi della varianza si nota come i dati esprimano un “FRatio” significativo ad un livello alfa = 0,05.
I risultati dell’analisi della varianza (ANOVA) ad una via per campioni indipendenti ha rifiutato l’ipotesi H0: Tutte le mediane sono
uguali.
Dalla tabelle I e II si evincie come il test del valore z di Comparazione Multipla di Kruskal-Wallis (Dunn’s Test) confermi la nostra
ipotesi di sudio; infatti sia la prova normale che la prova di Bonferroni risultano significative, in quanto aella prova normale le Mediane
sono significativamente differenti se > del valore z 1.9600 ed alla
prova di Bonferroni le Mediane son significativamente differenti se >
del valore z 2.3940.
Da tale analisi si è arrivati, dunque, alla conclusione che con il
set clinico P.A.C.E. di Wilcox e Davis si ottiene un A.N.E.L.T. finale
maggiore rispetto alle altre due metodiche, con differenza statisticamente significativa. Questo perché rispecchia i presupposti dell’approccio pragmatico, quali rispettare i principi che sottendono la conversazione naturale, consentire un reale scambio di informazioni,
incoraggiare la libera scelta dei canali comunicativi privilegiando i
più efficienti e inoltre poiché ottiene la piena accettazione da parte
del paziente, il che avrebbe una positiva ricaduta sulle motivazioni e
sulla generalizzazione dei risultati ottenuti.
Invece con l’approccio V.A.T. i risultati ottenuti sarebbero stati
più deludenti anche perché tale approccio è limitato solo all’apprendimento di pochi items e non si verifica il tranfer di apprendimento
alla conversazione naturale.
Il trattamento aspecifico ha dato dei risultati sufficienti e sovrapponibili a quelli ottenuti con l’approccio V.A.T. anche perché
l’A.N.E.L.T. score iniziale non era molto basso e la continua stimolazione di altre aree apparentemente aspecifiche e l’autoconsapevolazza da parte del paziente hanno reso possibile il miglioramento.
Conclusioni
Il trattamento riabilitativo del paziente afasico con ictus va iniziato precocemente per ottenere risultati migliori sia in termini di velocità di recupero che di stabilizzazione. Obiettivi principali della riaVol. 44 - Suppl. 1 to No. 3
ASPE_POST
PACE_POST
VAT_POST
ASPE_POST
PACE_POST
VAT_POST
0,0000
3,1879
0,3841
3,1879
0,0000
3,5720
0,3841
3,5720
0,0000
bilitazione sono, infatti, restituire al paziente la possibilità di comunicare attraverso il linguaggio, il miglioramento della qualità di vita nel
rispetto delle necessità individuali e in considerazione del contesto
sociale.
Il set clinico PACE di Wilcox e Davis, rispecchiando i presupposti
dell’approccio pragmatico, è da preferire in quanto statisticamente
significativo rispetto alle altre due metodiche utilizzate.
I pazienti, inoltre, hanno presentato un miglioramento delle
performance sia nelle prove delle nostre batterie neuropsicologiche,
sia in situazioni di vita quotidiana come la lettura, la cura della persona, l’abbigliamento, la capacità di seguire programmi televisivi, l’orientamento spaziale.
Il percorso riabilitativo di una persona con afasia è lento e
faticoso. La complessità dell’intervento riabilitativo può essere
affrontata con maggior successo da parte di ogni operatore
mediante un approccio multidisciplinare che nasce dalla condivisione di un patrimonio comune di conoscenze sull’afasia. Essenziale per il riabilitatore d’innanzi ad un paziente con afasia è il
non abbandonarsi a rassicuranti routine, ma decidere di razionalizzare il proprio sapere, coniugare il desiderio-necessità di acquisire nuove conoscenze, coinvolgere sempre diverse e svariate
figure professionali.
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October 2008