EDUCAZIONE PLURILINGUE E INTERCULTURALE (Renzo Titone

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EDUCAZIONE PLURILINGUE E INTERCULTURALE (Renzo Titone
EDUCAZIONE PLURILINGUE E INTERCULTURALE
(Renzo Titone, A többnyelvű és interkulturális nevelés megvalósításáért Új
megközelítések a pszichopedagógiában (a cura di Mária Farkas), Szeged,
JATEPress, 2000, pp. 154)*
La Comunità Europea esige l’educazione plurilingue da parte di tutti
gli Stati che la costituiscono. Nel volume che presentiamo sono
inclusi, in traduzione ungherese, i saggi di Renzo Titone, professore
di psicolinguistica dell’Università La Sapienza di Roma, che hanno
l’intenzione di aiutare i legislatori in materia di politica linguistica e
gli esperti della didattica a riconoscere i problemi legati
all’educazione plurilingue e a pianificare gli interventi in tale campo.
Le affermazioni e le opinioni di Titone non sono valide
esclusivamente per le situazioni educative in Italia, ma la maggior
parte di esse – con alcune integrazioni – può essere applicata anche in
Ungheria.
Il libro è una raccolta di saggi, più o meno lunghi, legati dall’idea
della possibilità, anzi della necessità di una educazione bilingue o
plurilingue precoce; riteniamo pertanto opportuno presentarli
brevemente, in rapida sequenza.
I. La diversità linguistica in Europa e l’educazione multilingue
L’Europa occidentale – soprattutto gli esperti e pedagoghi francofoni
– si è accorta già molti anni fa del fatto che la lingua e cultura angloamericane invadono e dominano tutti i territori della vita e della
comunicazione.
Questo fenomeno (per cui utilizzano l’espressione “imperialismo e
colonialismo linguistico”) reprime le lingue nazionali, ostacola la
sopravvivenza delle lingue etniche locali, favorisce l’estinzione delle
*
Renzo Titone, Per una educazione plurilingue e interculturale. Nuovi orizzonti della
psicosociopedagogia del linguaggio, Recanati, ELI 1997 (i singoli saggi sono stati tradotti
da Ildikó Farkas, Mária Farkas, Andrea Kollár, Judit Fórián, Ildikó Pálos e Ilona
Doró)
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diversità storiche e culturali impoverendo in questo modo la varietà
dell’Europa plurilingue. Per neutralizzare questo fenomeno gli
esperti francesi hanno creato un’associazione, chiamata MONDE
BILINGUE, che supera gli interessi francesi e unisce le forze
intellettuali dell’Europa occidentale, cerca di promuovere
l’educazione plurilingue dove è ancora in fase di incremento, e
ampliarla dove è già in pratica. Infatti il Consiglio Europeo delle Lingue
afferma che questa è la base culturale e politica di una via verso
l’Europa Unita; solo così si può assicurare che i cittadini degli Stati
della Comunità Europea ottengano nozioni professionali e scientifici
avendo delle possibilità uguali. L’Europa, come conglomerato di
differenze economiche e territoriali, in un solo campo, vale a dire in
quello della politica della lingua e della cultura, può dimostrare il suo
impegno non egemonico; sarà capace di educare cittadini tolleranti
l’uno verso l’altro solo se dall’inizio, a partire cioè dalla loro infanzia,
viene insegnato loro ad accogliere diverse lingue, diverse culture.
Una parte considerevole dei membri dell’UE teme che i cosiddetti
“candidati dell’Europa orientale” invadano il loro mercato con una
mano d’opera a basso costo. Su iniziativa dell’associazione Monde
Bilingue, allo scopo di prendere decisioni politiche è nata la Carta
Europea per l’Educazione Plurilingue. L’organizzazione richiama
l’attenzione anche sul fatto che il lavoro, l’educazione, i servizi in
contatto con la lingua sono una miniera di possibilità! Dunque l’UE
deve lavorare per cancellare l’ideologia dell’unilinguismo, deve
promuovere l’acquisizione della seconda, anzi della terza lingua,
perché la lingua è un mezzo, una via verso altre nozioni. L’inglese
nell’Europa di oggi e di domani è inevitabile, ma se il bambino
impara presto una seconda lingua, allora può impararne più
facilmente una terza, visto che la nostra competenza linguistica è
compatta, quanti che siano i codici in cui essa si manifesta. (Così si
potrebbe evitare l’effetto macchina a rullo, cioè „o l’inglese o niente”
– scrive Titone.) Richiama l’attenzione su questo tema anche da parte
di coloro che dispongono di potere decisionale all’interno
dell’istruzione pubblica, perché si deve scegliere la prima lingua da
insegnare prendendo in considerazione l’ambiente vicino. Questa
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lingua può essere quella del paese confinante o di un gruppo etnico,
così può aumentare il prestigio di queste lingue, i suoi parlanti
possono recuperare la dignità (a volte compromessa), in questo modo
una buona decisione può portare risultati positivi in diversi campi
della vita. Sollecitando in ogni campo possibile l’apprendimento delle
lingua nella prima infanzia, non rinunciamo all’educazione della
madre lingua, anzi, tutt’altro! L’educazione e lo sviluppo della
madrelingua durante tutto il percorso istruttivo, dalla scuola materna
fino all’università, non possono venire trascurati, visto che sono
necessari per sviluppare l’identità dell’alunno e anche per ottenere
una conoscenza ampia nella madrelingua.
Nel 1984 il Consiglio dei Ministri dell’Istruzione Pubblica dei
Dodici (di allora) affermò che all’infuori della lingua madre delle
nuove generazioni, è necessaria anche la conoscenza pratica di due
altre lingue. Anche i programmi Socrates, Leonardo e Lingua sono stati
avviati per questo scopo, però finora hanno portato scarsi risultati. Il
motivo è che questi programmi funzionano piuttosto nell’istruzione
universitaria, ma l’età dell’apprendimento efficace e veloce è la prima
infanzia, così i primi passi verso un’educazione plurilingue si
possono e si devono fare già a partire dalla scuola materna. L’Appello
include anche l’idea che l’insegnamento intensivo della prima lingua
straniera nella scuola elementare, di quella seconda nella media
inferiore si realizzi anche attraverso diverse discipline, che dopo la
scuola media superiore nell’attestato ci sia la valutazione
comunicativa e cognitiva di tre lingue vive.
II. Sul significato psicologico di bilinguità
È difficile definire esattamente che cosa si intenda con bilinguità, infatti
anche i diversi autori danno diverse definizioni. Visto che il bilinguismo
può essere concepito come stato e come processo, non ci limitiamo a
dare un’unica descrizione o definizione, invece possiamo parlare delle
diverse fasi o tipi di bilinguismo.
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Una cerchia di esperti opera una distinzione tra bilinguismo e
bilinguità. Mentre il primo può essere interpretato come fenomeno
individuale o sociale, la seconda è ritenuta uno stato psicologico. „la
bilinguità è uno stato dell’individuo nel quale egli o ella hanno l’accesso
all’uso di uno o piú codici linguistici (…), il grado di accesso a ogni
codice linguistico che uno ha, può variare”. Senza una terminologia ben
circoscritta è difficile chiarire questo fenomeno. Titone cerca di dare una
definizione al fenomeno, ma ritiene più importante l’esame
dell’individuo: la persona bilingue è diversa da quella unilingue? A
detta dello studioso, si devono analizzare prima di tutto i costituenti
essenziali dell’individuo bilingue, poiché per le sue caratteristiche
essenziali l’individuo bilingue:
- è dotato della coscienza chiara di usare due lingue, di vivere
occasionalmente in due culture
- è capace di pensare, di creare messaggi in due lingue diverse, e di
controllarli
- è in grado di produrre questi messaggi con una pronuncia accettabile e
nel migliore dei casi anche di leggere e scrivere con efficacia e
padronanza in queste lingue.
III. Apprendimento precoce di una L2, bilinguismo e sviluppo
metacognitivo e metalinguistico
Questo saggio riassume i risultati essenziali delle ricerche nei confronti
dei vantaggi del bilinguismo precoce, mentre richiama l’attenzione degli
psicopegagogisti competenti sul fatto che si possono ottenere risultati
meravigliosi nel caso in cui l’educazione in lingua materna molto presto
(eventualmente già alla scuola materna) venga completata con un’altra
lingua. Visto che la prima infanzia viene caratterizzata dalla plasticità e
dalle capacità multiformi, si deve cogliere il periodo – chiamato
„periodo sensibile” da Montessori - , in cui si può imparare e insegnare
lingue in modo „economico”. Naturalmente qui non si tratta del fatto
che la scuola materna deve essere una scuola elementare anticipata, ma
il pedagogo deve stimolare la capacità cognitiva e comunicativa del
bambino attraverso elementi giocosi. I ricercatori segnalano l’esistenza
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di filtri affettivi che possono bloccare l’accettazione di una lingua la cui
cultura è in qualche modo estranea, determinando serie difficoltà di
apprendimento per gli individui adulti. Nell’infanzia tali filtri non
esistono affatto o sono di entità minima, quindi è più facile l’accettazione
delle lingue straniere.
L’apprendimento delle lingue è influenzato, oltre che dai fattori
psico-sociolinguistici menzionati, da fattori neurologici e da quelli
legati alla personalità. I linguisti canadesi e statunitensi, che si
occupano della questione da diversi decenni, hanno dimostrato che
molti bambini non hanno bisogno dell’insegnamento per leggere, né
per camminare o per parlare – al massimo esigono un
incoraggiamento –, ma sono in grado di imparare a leggere già in età
pre-scolare (anche a 5, 4 o 3 anni!). Se il bambino è capace di imparare
a leggere in una lingua, allora può farlo anche in una seconda; per
ottenere questo esistono diversi esempi e programmi in Canada, in
Texas, ovverosia in territori che accolgono molti immigrati, e anche in
Italia, dove è stato proprio Titone a elaborare del materiale didattico
approntato allo scopo di insegnare ai bambini a leggere in
italiano/inglese, in francese e in tedesco.
IV. L’educazione bilingue precoce: vantaggi nei progressi tra
studenti giovani di lingue (esperienze in Italia)
In diverse città del paese si sviluppa l’insegnamento delle lingue
dall’età della scuola materna, ma ci sono due zone in cui il fenomeno
viene trattato con speciale attenzione. Nella Valle d’Aosta le lingue
dell’educazione, dalla scuola materna fino alla media inferiore, sono
l’italiano e il francese, in Alto Adige (Sud-Tirolo) dalla seconda
elementare fino all’età di 14 anni, l’educazione, oltre che in italiano, si
svolge anche in tedesco, il che favorisce anche un rapporto armonioso
tra i due gruppi etnici. Nei territori menzionati possono insegnare
solo pedagoghi dotati di titoli che certifichino la conoscenza adeguata
delle lingue usate: questa conoscenza addizionale viene stimolata e
supportata anche dallo Stato.
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Ma non basta formulare in generale i vantaggi dell’educazione
plurilingue: si devono elaborare dei programmi concreti di
valutazione per i materiali didattici di ogni livello, affinché lo
sviluppo delle diverse capacità e attitudini possa essere documentato
esattamente. Dai risultati dei programmi in alcune parti del mondo e
in Italia – in un paese, come si sa, plurilingue e diglossico – è stata
tratta la conclusione che la lettura bilingue può essere insegnata con
successo già nell’età pre-scolare, promuove l’apprendimento più
profondo delle due lingue e favorisce lo sviluppo cognitivo dei
bambini.
Tutte le componenti (holos) importanti delle attività individuali
sono presenti nel comportamento individuale, nell’apprendimento
umano, così l’esistenza come esperienza integrale, nutrita e arricchita
dalla comunicazione e (dalla lingua) diventa uguale alla parola – dice
Titone. In tal modo la mente del bambino bilingue diventa più
flessibile, grazie alle sue capacità mentali multiformi anche nella
madrelingua può esprimersi con più sfumature di quelle di un
bambino unilingue. Accade che il genitore, come anche il pedagogo,
tema che l’insegnamento precoce alla lettura bilingue sia un doppio
peso, ma non si tratta di questo, ma di tutt’altro: nel caso dei bambini
che vivono in famiglie plurilingui è stato osservato che l’uso delle
due lingue contribuisce a formare un’immagine positiva di se stessi, e
ai bambini non sembra strano che le cose, gli oggetti hanno più nomi.
Secondo il materiale didattico di Titone possiamo parlare di un
apprendimento ottimale, se il lato visuale (V), l’auditoriale (A) e
quello del tatto e percezione (T), sono in armonia tra di loro. Questo
metodo VAT viene usato nelle regioni italiane bilingui giá
menzionate, nelle scuole bilingui di Milano e Torino, però è stato
adottato anche in Spagna per bambini basco-castigliani di 4-6 anni, e
negli ultimi tempi viene utilizzato in Svizzera per insegnare ai
bambini italiani immigrati nei territori di lingua tedesca.
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V. Per una psicologia e psicopedagogia del bilinguismo
In questo breve saggio incontriamo un progetto in stretto rapporto
con il tema trattato finora, come per esempio la presentazione
particolareggiata di un volume di saggi, scritto da Colin Baker, che si
occupa del bilinguismo gallo-inglese e delle esperienze nuove del
programma di “immersione bilingue” in Canada.
VI. Immedesimazione nella cultura e apprezzamento della
letteratura del popolo straniero
La letteratura, il “fiore” di una determinata lingua, non va disgiunta
dal complesso delle manifestazioni di vita che caratterizzano un
popolo. L’insegnamento della cultura e della letteratura straniere
rappresenta un naturale prolungamento dell’insegnamento lessicale.
Quando studiamo le parole staccate dal loro contesto originale, può
accadere che non siamo capaci di ricollocarle nel loro contesto
naturale di madrelingua – questa è una trappola frequente in cui si
imbattono traduttori e interpreti non dotati di una formazione
adeguata. Titone (in base a Brooks) fornisce agli insegnanti di lingua
un lungo elenco di temi interessanti che rispecchiano il modo di vivere
e di pensare dei parlanti in una data lingua. Così possiamo avere non
solo un elenco, ma anche un po’di informazioni su come vale la pena
di utilizzare questi dialoghi tra persone di uguale o diversa etá, stato
sociale, in situazioni formali o informali.
Non è possibile la vera comprensione di un’altra lingua o di un
altro popolo, se non se ne conoscano la mentalità, il modo di vivere, o
se almeno non li si sperimenti intuitivamente. L’insegnante deve
dedicare particolare attenzione a superare gli (eventuali) pregiudizi
nei confronti di certi popoli e a chiarire le differenze nell’uso e nei
costumi che si vedono tra la propria patria e il paese straniero, così gli
alunni si comporteranno certamente in modo accettabile di fronte alla
cultura estranea. La didattica ritiene importante la scelta di testi
autentici come brani letterari affinché gli studenti possano avere
un’esperienza estetica autentica.
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Quest’immersione letteraria risulterà proficua per l’alunno,
naturalmente non nella scuola materna, ma ai corsi avanzati, dove
comunque non si può trascurare l’importanza del livello e del valore
estetico dell’opera scelta dall’insegnante, e il modo in cui essa può
rispecchiare le caratteristiche di un dato contesto culturale.
VII. La formazione degli insegnanti di lingue in Italia
L’autore – che dice di aver cominciato a interessarsi della formazione
degli insegnanti di lingue quando la linguistica applicata era ancora
confusa con la glottodidattica (termine che aveva introdotto proprio lui
nella terminologia pedagogica italiana) – definisce la situazione della
formazione italiana degli insegnanti di lingua come una storia amara
ed eroica. Tutto questo perché, in qualità di visiting professor, finora
ha tenuto conferenze in quasi trenta università nel Vecchio e Nuovo
Continente sulla formazione degli insegnanti di lingue. Secondo lui
nelle istituzioni menzionate esiste veramente una formazione, non
come in Italia, dove sotto questa dicitura nella maggior parte dei casi
si tratta di formazione di letterati (dobbiamo riconoscere che anche da
noi in Ungheria è presente questo fenomeno). In Italia per adesso non
è previsto un programma pratico professionale per i futuri insegnanti
di lingue, e troviamo raramente delle università dove dopo la laurea
si organizzano corsi di perfezionamento. L’affermazione secondo la
quale chi parla bene una lingua straniera diventa automaticamente
anche un buon insegnante, non è valida, però purtroppo molte
università, dove si dà una laurea di insegnante d’italiano come lingua
straniera, non si occupano di dare nozioni metodologiche e
psicopedagogiche. Perciò R. Titone e K. Katerinov, insieme ai loro
colleghi, hanno elaborato diversi programmi di corso adatti alla
formazione e al perfezionamento degli insegnanti di lingue in cui non
c’è solo una formazione teorica, ma è presente anche quella
metodologica multiforme. Il loro programma di perfezionamento,
presentato nelle pagine del volume come sintesi riassuntiva, si
potrebbe tenere presente anche da noi, in Ungheria, visto che è facile
adattarlo alle nostre condizioni.
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Siamo coscienti della grande utilità e dell’importanza di questi
saggi di Renzo Titone, che ora sono accessibili – in Ungheria – anche
al lettore che non conosce l’italiano: da un lato si tratta di un autore
ben conosciuto da decenni tra gli esperti della formazione degli
insegnanti di lingue e della psicopedagogia nei confronti di diversi
aspetti della linguistica applicata; d’altro canto, le sue tesi riflettono la
speranza e la convinzione che l’insegnamento delle lingue sia non
soltanto una vocazione, ma anche una professione, che solo
professori ben preparati sono in grado di svolgere a un determinato
livello e con un’intensità adeguata. È questo un lavoro complesso e di
grande importanza, a cui si dovrebbe dare tutto il sostegno sociale
possibile, visto che un cittadino che possiede una sola lingua, e
quindi una sola cultura, non riuscirà facilmente a integrarsi
nell’Europa multiculturale del futuro ormai assai prossimo.
HEDVIG SULYOK
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