The European Commission 1958-1972.Memories of an institution

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The European Commission 1958-1972.Memories of an institution
© Archives historiques de l'Union européenne
© Historical Archives of the European Union
CONSHIST.COM
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AH
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Histoire interne de la Commission européenne 1958-1973
Entretien avec
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Detalmo PIRZIO-BIROLI
AH
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par Antonio Varsori et Veronica Scognamiglio
à Moruzzo, Udine, le 16 juin 2004
HA
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Transcription révisée par M. Pirzio-Biroli
Coordonnateur du projet :
Université catholique de Louvain (UCL, Louvain-la-Neuve),
dans le cadre d’un financement de la Commission européenne.
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© Archives historiques de l'Union européenne
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Ont collaboré au projet CONSHIST.COM :
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Pr. Michel DUMOULIN, Project manager, Université catholique de Louvain
M. Yves CONRAD, Deputy project manager, Université catholique de Louvain
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M. Charles BARTHEL, Centre d’études et de recherches européennes Robert Schuman (Luxembourg)
Pr. Marie-Thérèse BITSCH, Université Robert Schuman (Strasbourg III)
Pr. Gérard BOSSUAT, Université de Cergy-Pontoise
Pr. Éric BUSSIÈRE, Université de Paris IV – Sorbonne
Pr. Wilfried LOTH, Universität Duisburg-Essen
M. Jean-Marie PALAYRET, Archives historiques de l'Union européenne
Pr. Jan VAN DER HARST, Rijksuniversiteit Groningen
Pr. Antonio VARSORI, Università degli studi di Padova
Nienke BETLEM, Julie CAILLEAU, Veronika HEYDE, Ghjiseppu LAVEZZI, Anaïs LEGENDRE, Myriam RANCON,
Corinne SCHROEDER, Veronica SCOGNAMIGLIO, Mariella SMIDS, Natacha WITTORSKI
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Entretien avec Detalmo PIRZIO-BIROLI (16.06.2004)
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DP : Detalmo Pirzio-Biroli
VS: Veronica Scognamiglio
AV:Antonio Varsori
n.r.: nota del redattore dell’intervista
VS: Cominciamo dalle circostanze della Sua assunzione.
DP: Passa a Roma un mio amico napoletano, Carlo Coda Nunziante di San Ferdinando. Era
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délégué a Brazzaville ; allora c’era anche un délégué in Chad, uno in Madagascar. Lui mi dice:
“Adesso la Commissione cambia i rappresentanti scelti dai bureau d’études in rappresentanti
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ufficiali della Commissione in ogni Paese, che si chiamano délégués...Io sono il terzo délégué, a
Brazzaville. Adesso vogliono nominare un quarto per Dakar, Senegal: perché non vai a Bruxelles?”.
Io vado a Bruxelles: c’era il direttore lì italiano. Mi trovo ad essere interrogato da una decina di
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funzionari seduti intorno a un tavolo, che mi dicono: “Lei vorrebbe porre la candidatura per fare il
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Delegato in Senegal: ma Lei si è occupato di agricoltura?”. Dico – non è che abbia studiato in
particolare l’agricoltura, ma ho avuto una proprietà di trecento ettari in Friuli al Castello di Brazzà
[n.r.: residenza del testimone]. Ho comprato un trattore Ferguson, e mi sono divertito – il primo
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trattore introdotto nel Comune – ad arare i campi per i mezzadri e gli affittuari che venivano ad
assistere a questa aratura che io facevo. E siccome erano terreni pessimi, morenici, con ghiaia
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superficiale, io stavo sempre voltato indietro, con una leva alzavo l’aratro fino a vedere un po’ di
ghiaia e non avanzavo di più, per cercare di portare il solco da 15 centimetri a 17...”. “Basta, basta.
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Si vede che Lei l’agricoltura la conosce [risate]. Allora, Delegato in Senegal!”.
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VS: Riguardo alla Sua formazione, prima di arrivare appunto a questo incarico?
DP: Ho fatto Legge a Roma, ma non ho mai praticato il DIritto. Quella mi è stata utile perché gli
studi di Legge sono un pochettino come la matematica per il cervello, insomma: è una questione di
organizzazione, di rapporti giuridici che fanno parte della vita anche se uno non fa l’avvocato,
insomma...Non ho mai fatto l’avvocato...E cosa ho fatto, Dio mio?
VS: Qui c’è scritto [n.r.: nel curriculum del testimone] che subito dopo la Seconda Guerra Mondiale
è stato membro del Segretariato del Primo Ministro.
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DP: Sono stato col Primo Ministro durante il secondo Governo Bonomi, e poi quando è stata
liberata l’Italia del Nord è venuto giù Parri capo del Governo, e sono stato nella Segreteria di
Parri...[breve pausa]
VS: Qui c’è scritto anche Consigliere del Comitato tecnico per il Piano Marshall...
DP: Sì, sì...Poi ho fatto di quelle cose che si facevano a quei tempi e che oggi non si fanno più:
quando è venuto De Gasperi alla Presidenza del Consiglio, la sera il prefetto Flores mi ha
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telefonato: “Guardi Dottore, le devo dire che stamattina il Presidente De Gasperi ha chiesto la lista
della Segreteria – eravamo diciotto – e poi mi ha chiesto: cosa ne è di questi due, Sforza e Pirzio-
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Biroli?”. E io ho risposto: “Sa, non sono venuti perché stamattina è cambiato il governo [risate],
allora...”. Se io il giorno dopo mi fossi presentato alle 9 da De Gasperi, sarei stato diverse volte
sottosegretario, ministro in tutti quegli anni...Ma a quel tempo si ragionava così: come potevo io
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membro del Partito d’Azione, perché cambia il governo, passare alla Democrazia Cristiana? –
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contro la quale non ho nulla, insomma, ecco, perché sono cattolico...E così ho fatto questa cosa che
oggi si chiama una stupidaggine, ma allora si faceva così...
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VS: Non c’era il trasformismo che c’è stato successivamente. Chi era del Partito d’Azione restava
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del Partito d’Azione...
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DP: Sì, certo...E allora ho fatto questo...
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VS: Ha anche un’esperienza all’ENI...
DP: Sono stato con Mattei all’ENI per quattro anni, e dopo la sua morte sono stato un anno di più.
Poi sono andato via...
[Pausa]
VS: Parlando appunto della Sua esperienza, partendo dall’esperienza come Delegato in Senegal: Lei
aveva avuto qualche esperienza dell’Africa in precedenza?
DP: No, sono partito per l’Africa dopo essere stato nominato a Bruxelles delegato in Senegal.
VS: Ed è passato dalla DG VIII prima per il Senegal?
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DP: Sì, sono stato alla DG VIII, e poi vi sono rimasto sempre.
VS: Sì, sì, ma prima della partenza per il Senegal ha avuto modo di incontrare qualcuno?
DP: Sì, sono stato tre mesi alla DG VIII.
VS: Quindi ha incontrato anche Direttori, Commissari...
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DP: Ferrandi che faceva il Papa Natale [risate], che coltivava le amicizie con i Capi di Stato, faceva
veramente una politica corsa, della Corsica...così...faceva balenare delle offerte: volete far questo,
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volete far quello? Quando si trattava di un progetto di molti soldi, dove Ferrandi poteva rimestare
anche in Europa, qualche volta i Capi di Stato africani accettavano con entusiasmo, altre volte
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accettavano per far piacere a Ferrandi [risate]...
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AV: Posso chiederle se l’influenza francese si faceva sentire all’interno di questa DG VIII?
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DP: Era fortissima...fortissima. Praticamente la DG VIII era una Direzione francese [risate]...
VS: Lei cosa ne pensa di questa gestione un po’ personalistica di Ferrandi? Perché da un lato è stata
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utile ed ha dato una certa legittimità a una Direzione Generale che all’inizio rischiava di non averne,
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proprio curando questi rapporti personali...
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DP: Sì, ma con gli anni...Come si chiamava il primo Direttore Generale, che era tedesco...
VS: Hendus [n.r.: Heinrich Hendus].
DP: Hendus non faceva un granché, era Ferrandi che manovrava tutto...
VS: Lei che giudizio potrebbe dare di Ferrandi?
DP: [Pausa]...Un corso [risate]... Che sa fare ? Pensa soprattutto ai suoi interessi di corso
[risate]...Molto intelligente...[breve pausa]
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AV: Ecco, se Le posso chiedere l’atteggiamento degli altri, tedeschi, olandesi, che forse avevano
meno interesse nei confronti appunto di una politica verso i Paesi associati: era un atteggiamento
del tipo: beh, lasciamo fare i francesi, oppure cercavano a volte di limitarne l’azione?
DP: Lasciavano fare...Erano paghi di questo prestigio di fare parte della DG VIII.
AV: Quindi c’era proprio una specie di suddivisione dei compiti su base nazionale.
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DP: Sì, sì, è così...E poi si facevano molto attivi, soprattutto gli olandesi, si facevano molto attivi,
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ma insomma...Ferrandi non si critica. Silenzio...
VS: Finché non è arrivata la Gran Bretagna.
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AV: Sì, poi sono cambiate le cose!
DP: Sì, ma la Gran Bretagna...non ha spostato molto le cose, perché c’era Ferrandi, era lui che
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comandava, britannici o non britannici...Era il padre della DG VIII, insomma...Poi è venuto...
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VS: Come Direttore Generale...
DP: Prima è venuto un altro tedesco...
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[Pausa]
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VS: Krohn? [n.r.: Hans-Broder Krohn] Ma non ne sono sicura...
DP: Krohn, sì. Ecco, Krohn era intelligente e attivo...[breve pausa] Krohn controllava un po’
Ferrandi.
VS: Non tanto, però...
DP: Non tanto, però insomma non ammetteva che si facesse qualsiasi cosa sulla sua testa.
VS: Ecco, parlando della Sua funzione di délégué, del Fondo Europeo di Sviluppo, questa funzione
è stata creata, secondo Lei, per rispondere a quali bisogni?
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DP: Perché la Commissione era rappresentata, se così si può dire, da membri di uffici studi, senza
nessuna ufficialità, e questo coinvolgeva gli interessi degli uffici studi. E allora hanno voluto abolire
i rappresentanti degli uffici studi, e sostituirli con Delegati della Commissione: ossia ambasciatori.
Però non si doveva dire ambasciatori! [risate] Allora, viene Wirsing [n.r.: Erich Wirsing], che era
Vice-Direttore Generale [della DG VIII], viene a Dakar, io sono con lui, vengono dei senegalesi, mi
dicono: “Monsieur l’Ambassadeur, Excellence...” eccetera, e poi Wirsing mi dice: “Questo
standard, non va, perché i nostri ambasciatori non sono affatto d’accordo che ci siano degli
ambasciatori della Commissione, ed è per questo che siete chiamati Delegati”. [E io gli dico:]
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“Guardi, signor Wirsing, moi je n’ai rien fait! Il m’appelle comme ça, parce qu’en fait je fais
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l’ambassadeur! ” [risate]. Allora Wirsing, rimase così, perché Wirsing è un sottomesso...[risate]
VS: Restiamo nell’ambito della Sua missione in Senegal, se ci può parlare di alcuni progetti...
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DP: In Senegal dunque appena arrivato Senghor [n.r.: allora Presidente della Repubblica del
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Senegal] mi riceve, e mi dice dopo un’ora – come a Parigi – un’ora esatta di riunione, mi dice:
“Bien, Monsieur le Délégué, je souhaite vous voir une fois par mois ”...Ora, questo ha creato subito
delle gelosie da parte dell’Ambasciatore degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica. Quello della
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Francia c’era...
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AV: Tutti i giorni!
[risate]
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VS: Ci abitava!
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DP: C’era ogni settimana. Gli altri aspettavano mesi, mentre io ero fisso, ogni mese si leggeva sul
giornale: “Monsieur le Président a reçu ce matin Monsieur Pirzio-Biroli, délégué de la Commission
européenne”. Ogni mese, quindi grandi gelosie...Poi, perché mi riceveva ogni mese? Non per i
progetti...perché io cominciavo il colloquio, chiedendogli le cose che mi servivano. Gli dicevo:
“Monsieur le Président, la société pour la route de Berry veut emporter le gravier...da un punto
centrale del Senegal. Mais il y a du gravier sur place. Nous pouvons travailler avec le gravier sur
place. Y a-t-il des raisons de verser 120 millions de francs CFA en plus pour le transporter sur 50
kilomètres ? ”. Allora lui scriveva : Gravier, route de Berry...Poi dico un’altra cosa, e lui scriveva.
“Monsieur le Délégué, ce soir je vais convoquer le Premier ministre, ok, je lui transmettrai les
arguments que vous m’avez donnés. Mais maintenant, dites-moi, dites-moi, une chose qui
m’intéresse énormément : les vues de Gramsci [n.r. : Antonio Gramsci, fondatore del Partito
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Comunista Italiano] en Italie. Parce que, ce communisme de Gramsci, c’est vraiment une chose de
l’esprit italien qui est très bénéfique pour le communisme ! ”. Ecco, poi voleva fare una
conversazione intellettuale, perché era coltissimo...I progetti gli interessavano poco [risate],
scriveva e poi passava ad altro...
VS: Dei progetti realizzati in Senegal grazie al Fondo Europeo di Sviluppo, quali sono stati secondo
Lei i più incisivi?
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DP: A lui [n.r.: Senghor] non interessava niente in particolare...Dunque beh...le arachidi: abbiamo
fatto tutta l’organizzazione. In cinque anni ho speso tre o quattro miliardi di franchi CFA di allora
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sulle arachidi...Si seminava col buco, col bastone: abbiamo cominciato a mettere le seminatrici. Poi
la trazione animale: subito i contadini si sono abituati alla trazione animale. Un giorno vado da un
contadino e gli dico: “Ma nella tua stalla non ci sono i buoi? Non fai la trazione animale?”. “Sì, la
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faccio, ma li ho affittati al vicino”. [risate] Allora ho capito che andava, andava la trazione
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animale...E così è aumentata molto la produzione di arachidi, e quindi dell’olio...
AV: Ecco, ma su che struttura contavate a Dakar? C’era un ufficio, c’erano dei funzionari che
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venivano da Bruxelles, oppure era più un rapporto...
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DP: C’era un’istituzione senegalese, governativa, la SONACOS [n.r.: Société Nationale de
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Commercialisation des Oléagineux du Sénégal ]...
HA
AV: E quindi il vostro era più un compito di raccordo con le autorità...
DP: La SONACOS, c’è ancora però è molto in crisi. È un problema per il presidente Abdoulaye
Wade…
VS: E per quanto riguarda sempre i progetti, ci sono stati motivi di crisi con le industrie tedesche,
per esempio il progetto Mannesmann che riguardava i grandi lavori di irrigazione...Se Lei può darci
una testimonianza su tale questione...
DP: Mannesmann ha fatto l’acquedotto più in là di Saint Louis – mancavano gli ultimi 50
chilometri per arrivare a Dakar. Allora hanno chiesto a me di farlo finanziare dalla Commissione
europea. Ma Mannesmann era dispiaciuto a Ferrandi per via di una gaffe. Mannesmann è entrato
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nell’ufficio di Ferrandi e gli ha detto: “Sentite: ci dia anche la parte per arrivare a Dakar; noi le
diamo “tanto” per lei [sottolinea]”. Ferrandi si è alzato e ha detto: “Prego, la porta è dinanzi
all’ascensore”...Poi magari altre volte non faceva così...[risate] Però era poco intelligente ciò che ha
fatto Mannesmann. E allora io ho detto: “Monsieur Ferrandi, on laisse Mannesmann! Nous on
cherche quelqu’un d’autre”. Ed ho preso un’altra società al posto di Mannesmann - tedesca
sempre... – e questi hanno fatto gli ultimi 50 chilometri dell’acquedotto per arrivare a Dakar.
VS; Ci può parlare della competizione che talvolta ha accompagnato la realizzazione di questi
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progetti? Competizione, appunto, tra le diverse società, come veniva gestita?
AH
DP: Sì, le diverse società, c’erano delle concorrenze per questo o quel progetto, ma decideva
Ferrandi...
HA
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VS: Sempre lui...[ride]
AV: Una gestione molto personale...
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DP: Molto personale, sì...
AH
VS: E chi erano i Suoi interlocutori a Bruxelles quando era in Senegal?
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DP: Io ero Capo Divisione di “Africa II”...
Bruxelles...
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VS: Sì, quello successivamente: ma quando era in Senegal, per esempio, per tenere il contatto con
DP: Ah, Ferrandi! Per telefono: e qualche volta se c’era qualche cosa di urgente dicevo: “Ferrandi,
écoutez : ici, ça c’est un peu délicat: est-ce qu’on peut parler italien?” “Oui : moi je parle Corse et
vous parlez Italien”...Et on parlait italiano !
VS : Eh vi capivate bene ? Il corso è simile al sardo...
DP: Il corso è simile, solo che invece di “mangiare” si dice “manghiare”...
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VS: ...Vi parlavate in codice...[risate]
DP: Sì.
VS: La DG VIII ha organizzato numerose visite negli Stati africani associati alla CEE: riprendendo
l’esempio del Senegal, quali Commissari vi si sono recati e quali erano gli obiettivi di tali visite?
DP: In Senegal venivano tutti, per ragioni di prestigio, perché c’era Senghor, ecco, e perché il
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Senegal era il primo Paese, per i francesi...
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AV: E infatti in tutta la storia della cooperazione credo che sia il Paese che ha ricevuto la quota più
alta di aiuti da parte della Comunità Europea...
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VS: Infatti è una cosa strana che quando è morto Senghor non sia andato a rendergli omaggio
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Chirac...è molto strano...
DP: ...Io Senghor lo vedevo una volta al mese...Siccome era a un’ora precisa e non volevo essere in
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ritardo, andavo sempre un quarto d’ora prima alla Presidenza, e passavo quei minuti di attesa con
l’allora Capo di gabinetto di Senghor, che oggi è Moustapha Niasse, capo del partito d’opposizione
AH
– che sarà il prossimo presidente dopo Abdoulaye Wade...
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[Breve pausa]
VS: Parlando del Fondo Europeo di Sviluppo, come funzionava? Qual era il suo bilancio? Come si
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è evoluto durante il Suo periodo di attività?
DP: Prima c’era il sistema con i governi, coi ministeri dell’Agricoltura, coi funzionari
dell’Agricoltura, e poi quando ho fatto questa modifica...[n.r.: il testimone ha già parlato di questo
argomento conversando prima dell’inizio dell’intervista. Si veda infra] D’accordo coi francesi
abbiamo cambiato tutto...
VS: Lo può ripetere, visto che così lo registriamo, il fatto di avere estromesso i ministeri...
DP: Prima noi facevamo i progetti d’accordo coi ministeri dell’Agricoltura, li discutevamo nei
ministeri, e poi sul terreno, quando andavamo sul terreno c’erano i funzionari del Ministero
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dell’Agricoltura. E allora spesso il capo villaggio scappava perché non voleva incontrare questi:
“Sono dei bambini, ils sont des enfants, pas des fonctionnaires! Ils ne savent rien de l’agriculture!”.
E allora abbiamo cominciato a dire : “Non, non, écoute: tu vas discuter avec moi. On fait la réunion
des chefs de village, on appelle aussi les principaux chefs de famille cultivateurs, et vous me dites
ce que vous voulez ! ”. E coi miei tecnici noi eravamo presenti così. Allora lui [il capo villaggio]
diceva: questo, questo, questo... e si prendeva nota. E poi gli suggerivo le altre colture che loro non
avevano, e si discuteva. [Loro dicevano]: “Oui, mais nous on ne connaît pas ça : nous ne faisons
pas des choses qui nous ne connaissons pas ”. Et j’ai dit : “Bon, essayons comme ça : faisons des
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m2, plantons des m2 ” – roba africana – “comme ça vous voyez ”. E si combinava il progetto con
loro, e poi si discuteva con Bruxelles. E poi si informava il Ministero dell’Agricoltura: “Diamo
AH
questi fondi per fare queste cose”...
VS: E’ un ottimo approccio, perché poi è quello che è stato assunto soltanto anni dopo, in
HA
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generale...
DP: E gli altri continuavano a fare col vecchio sistema – contatto coi governi, spese eccessive,
corruzione, perché i ministeri dell’Agricoltura si pigliavano sempre la loro parte? – e noi invece
AH
VS: Avete fatto bene...[ride]
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d’accordo coi francesi abbiamo rotto con questo sistema, proprio in un modo quasi crudele...
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DP: E poi, dopo sette anni, viene il Rapporto Berg della Banca Mondiale, che dice: “L’aide au
développement doit se faire au niveau de villages, etc.”, dopo sette anni...che è apparso agli altri
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come una novità della Banca Mondiale, ma era cosa nostra – nostra e dei francesi...
AV: Il Fondo puntava prevalentemente su interventi nel settore dell’agricoltura, ma c’erano anche
interventi nelle infrastrutture...
DP: Si, idraulica rurale, infrastrutture economiche e sociali, ospedali, centri di trasfusione
sanguigna...
AV: Qual era la percentuale, più o meno...
DP: Più o meno era l’80% agricoltura e idraulica rurale.
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AV: E il 20% restava poi per il resto delle infrastrutture, progetti sociali...
DP: Si, circa.
VS: In particolare, perché proprio la Convenzione d’Associazione che è allegata al Trattato di
Roma fa appunto questa distinzione tra progetti economici e progetti sociali: che definizione veniva
data di questi progetti? E poi in particolare, dato che la Commissione aveva voce in capitolo per i
UE
progetti di natura sociale, ha essa fatto dei tentativi per allargare lo spazio dedicato dal Fondo
AH
Europeo di Sviluppo ai progetti sociali...
DP: Beh, lì Ferrandi ha dato giustamente prevalenza all’agricoltura, perché trattasi diproduzione
alimentare e di esportazione. Un errore è stato fatto nel senso –l’ho denunciato parecchie volte –
EU
che sotto la pressione dei governi locali si faceva troppa produzione di esportazione, e quindi si è
HA
tralasciavano la produzione alimentare locale. Questo è stato un errore grave, perché poi cosa ha
prodotto questo: che il mondo rurale produceva per l’esportazione. Benissimo, i governi facevano
dei soldi con l’esportazione. Però poi non avevano da mangiare per loro, il che ha prodotto tutta la
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azione di aiuti alimentari: gli Stati Uniti, come fanno ancora, finanziavano il loro mondo agricolo, e
c’erano spesso degli eccessi di produzione – non solo negli Stati Uniti, ma anche in Inghilterra e in
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Francia – e questi eccessi di produzione venivano inviati come aiuti alimentari gratuiti [sottolinea],
lasciando che i governi li vendessero sul mercato. Di modo che i poveri contadini africani, per
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finanziare l’agricoltura di questi Paesi – Stati Uniti, Europa – si toglievano ogni aiuto per loro! Essi
non producevano da mangiare per loro...E poi, altra cosa grave è stata che c’erano aiuti alimentari
HA
da vendere sul mercato, oltre che aiuti alimentari gratuiti che si davano al mondo rurale. Cosi il
mondo rurale, che era abituato alla famosa civiltà dei granai, che creò l’economia, diciamo,
“capitalistica” nel Sahel...i granai...smisero di tenere granai, perché tanto arrivano gli aiuti
alimentari gratuiti! Questo è stato gravissimo, e si è visto il risultato con le siccità, soprattutto la
grande siccità del ’72, ’73, ’74, che era una siccità contrariamente alle altre che si estendeva su
tutto il Sahel, dall’Atlantico al Mar Rosso. Nel Sahel i granai erano tenuti per tre anni di consumo
famigliare, per cui con questi granai potevano esserci siccità per tre anni, mentre le famiglie
avevano sempre nel granaio da mangiare – in un caso quattro anni, la Casamance in Senegal:
quattro anni di riso hanno tenuti nei granai. Per cui potevano mangiare per quattro anni anche senza
pioggia. Questo è stato uno sconcio dell’Occidente in materia di aiuti, uno sconcio...Io l’ho detto
parecchie volte...ma c’era, non solo negli Stati Uniti, ma anche in Francia, una politica agricola...
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AV: E’ un circolo vizioso per cui la PAC finisce per...
VS: Non solo, ma tuttora un pollo che arriva in Senegal dall’Europa finisce per costare meno a un
senegalese piuttosto che comprare un pollo allevato localmente, il che è una cosa ridicola, che
uccide l’economia locale...
DP: Quindi questi aiuti allo sviluppo ancora non sono fatti come si dovrebbe...Tanto che io sono
UE
passato all’opinione di sospendere gli aiuti completamente. Perché ho visto, il Senegal è stato per
trent’anni, per trentatre anni...povero. Ma oggi comincia a esserci un’economia locale, con
AH
iniziative economiche locali, soprattutto dopo che è stata fatta la decentralizzazione: le regioni
decidono loro le loro economie, e non è più a Dakar che si fa; e i poteri locali si impongono e
scelgono quello che vogliono fare. E infatti negli ultimi tre, quattro anni si nota in Senegal, ma
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anche in Mali – ero stato Delegato anche in Mali – si nota un principio di economia locale che
HA
matura di per sé per iniziativa locale in maniera indipendente dagli aiuti. Per cui sono dell’opinione
che gli aiuti dovrebbero cessare. Se non si arriva con l’Organizzazione Mondiale del Commercio a
interrompere completamente i contributi all’agricoltura americana ed europea...allora meglio niente
UE
aiuti! E’ inutile dare i soldi con la mano destra e toglierli con la sinistra...In Senegal si vedono da
AH
tre, quattro anni molta iniziativa locale...
EU
VS: Infatti magari andrebbero meglio più programmi di microcredito...
DP: Per esempio, ho fatto un calcolo due, tre anni fa, in Senegal, sulle industrie alimentari. Le
HA
industrie alimentari, a Dakar, sono 37. Quando sono arrivato in Senegal, su 37 industrie alimentari,
34 erano dirette da francesi, e 3 da senegalesi. Adesso è il contrario: 34 sono senegalesi, e 3
francesi. Da questo si vede come è cambiato...
VS: Parlando sempre del Fondo Europeo di Sviluppo, effettivamente si ha l’impressione che sia un
po’ l’emanazione di quello che era il fondo francese di sviluppo delle colonie. In generale, in che
misura la Francia ha dato la sua impronta all’associazione con gli Stati africani?
DP: Beh, molta. Perché lì non erano solamente questi finanziamenti, gli aiuti, ma il personale...In
Senegal, quando sono arrivato, ci saranno stati nell’amministrazione senegalese trenta, quaranta
funzionari francesi...Adesso non ce n’è più nessuno...
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VS: Ci può testimoniare se ci sono stati numerosi dibattiti interni per quanto riguarda l’attribuzione
dei fondi, o anche lì Ferrandi faceva in modo che i dibattiti...
DP: No, non ci poteva essere dibattito...[risate]
VS: E per quanto riguarda i finanziamenti con la partecipazione della Banca Mondiale? Ce ne sono
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stati diversi?
DP: Beh, la Banca Mondiale ha sempre fatto una politica ridicola, dato che era diretta da
AH
Washington, specie questi progetti quinquennali di ricostruzione dell’economia, e anche il Fondo
Monetario. Insomma...abolire le spese sociali, abolire le spese sanitarie...Lo sappiamo, adesso
EU
vengono a galla questi problemi...
HA
VS: Quindi anche progetti di co-finanziamento tra Fondo Europeo di Sviluppo e Banca Mondiale ce
ne sono stati? Come sono stati eventualmente realizzati?
UE
DP: No. Una volta all’anno quelli della Banca Mondiale, del Fondo Monetario venivano a
nessuna collaborazione stretta...
AH
Bruxelles, e una volta all’anno noi andavamo da loro, a scambiarci le idee...Ma non c’è stata
EU
VS: Secondo le testimonianze di Durieux [n.r.: Jean Durieux], le prime missioni di programmazione
hanno avuto luogo verso il 1970-72, e sono cominciate proprio col Senegal. Una Sua testimonianza
HA
a riguardo, sull’inizio del metodo della programmazione?
DP: C’erano queste missioni di programmazione. Dopo che ero stato Delegato in Senegal e in Mali,
sono rimasto a Bruxelles, a capo della Divisione Afrique II, che aveva la programmazione in 22
Paesi, da Nouakchott a N'djamena, e da Brazzaville a Bangui, compreso Sao Tomé Principe...
Andavo con le missioni di programmazione in questi Paesi. E poi mi recavo sul posto delle volte se
un progetto andava male, per vedere come si potesse aggiustarlo...
VS: In particolare, la Sua esperienza come Capo Divisione nella Divisione Africa II... che cosa l’ha
spinta a cambiare funzione da Delegato della Commissione in Senegal...
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DP: Ho cominciato come Delegato. Sono stato il quarto delegato nominato, per il Senegal. E poi
dopo aver fatto cinque anni, quando Senghor è partito...sono andato a Bruxelles. Volevo essere
Direttore, ma Ferrandi pensava che ero troppo indipendente per fare il Direttore, e quindi mi ha
lasciato come Capo Divisione...
VS: Capito...E quindi come si svolgeva la Sua collaborazione con gli altri Capi Divisione, con le
altre Direzioni?
UE
DP: Bene.
AH
VS: Quindi c’erano buoni rapporti?
HA
VS: Poi Ferrandi metteva d’accordo tutti! [ride]
EU
DP: Sì.
UE
AV: Sì, questa è la mia sensazione...
AH
VS: Quindi, su Krohn ha già detto che era una persona intelligente...
EU
DP: Sì, Krohn sì. Poi delle volte veniva a trovarmi da solo in Senegal...
VS: Avevate quindi un rapporto diretto...E per quanto riguarda invece i Commissari Deniau,
HA
Cheysson, che testimonianza può darci?
DP: Beh, Deniau era certo autorevole, ma era un po’ sopra le nuvole, Ferrandi comandava tutto.
Con Cheysson invece...
AV: Credo che fosse un po’ diverso...
DP: ...Cheysson riusciva a imporre...in un modo esagerato, perché Cheysson pretendeva di sapere
tutto di tutto, e quando veniva in missione andavamo sul terreno, io facevo qualche osservazione, e
lui mi diceva: “Monsieur le Délégué, c’est ce que vous entendez des gens, mais ce n’est pas juste
”... [risate]
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VS: Bel caratterino...
AV: Sì, infatti!
DP: E Cheysson era uno, come si dice...uno che ama se stesso, come si dice...
UE
VS: Un narcisista...
AH
DP: Un grosso narcisista...
VS: E in che cosa consisteva precisamente il Suo incarico come Capo Divisione alla Divisione
EU
Africa?
HA
DP: Programmare e seguire i progetti in 22 Paesi. Delle volte mandavo i miei collaboratori –
ingegnere, agronomo, eccetera, e qualche volta andavo io...
UE
VS: E come è stato vissuto il cambiamento di metodo di lavoro all’interno della Direzione Generale
dello Sviluppo, questo affermarsi del metodo della programmazione: che cambiamenti ha
AH
apportato?
EU
DP: La programmazione è stata sempre fatta, ma come dicevo, prima veniva fatta coi ministeri
HA
dell’Agricoltura, poi con le comunità agricole direttamente...
VS: Questo è stato il cambiamento fondamentale...Per quanto riguarda invece le diverse concezioni
della cooperazione allo sviluppo, c’erano divergenze tra l’approccio francese, che era più
regionalista, e quello tedesco che era più “mondialista”...
DP: Quello tedesco era più commerciale...
VS: E questo ha provocato, diciamo, queste divergenze nella concezione della cooperazione hanno
comportato delle tensioni nel Suo lavoro?
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DP: No, delle litigate no: solamente che le scelte tedesche avevano l’occhio ai risultati
commerciali...
[Breve pausa]
VS: E nel ’76 appunto Lei ha scelto di ripartire per l’Africa, di andare nel Mali...
DP: Questo è successo per questa ragione. Come Capo Divisione io ho avuto la siccità, la grande
siccità, del 1972-74. E quando nel ’72 è scoppiata questa siccità nell’estate – non c’era una goccia
di pioggia – e io me ne sono accorto a novembre, dicembre; e da Bruxelles ho cominciato a
UE
telefonare ai vari ministri dell’Agricoltura, ai Presidenti... “Monsieur le Président, qu’est-ce qu’il y
a ? Vous n’avez pas de pluie?”, e tutti quanti mi hanno detto : “No, è un disastro!”. A Natale, ho
AH
detto a Bruxelles: “Qui c’è una grave siccità, c’è un disastro”, e Ferrandi mi dice: “Monsieur le
Délégué, on ne peut pas penser ça vraiment, ne me parlez pas de désastre spécial!”. E allora io ho
cominciato a tenermi in contatto per telefono coi Capi di Stato o ministri dell’Agricoltura, e poi ho
EU
formulato un progetto di aiuti urgenti per tutta la parte mia dell’Africa, di aiuti urgenti, ho fatto
HA
questo progetto in quindici giorni. E verso il 20 febbraio del ’73 abbiamo cominciato a mandare
aiuti urgenti...[breve pausa] La Banca Mondiale e il PNUD hanno mandato i primi aiuti a giugno...a
giugno [sottolinea]...Noi abbiamo cominciato a gennaio, e dopo questi aiuti urgenti ho fatto un
UE
piano di aiuti più permanenti, che sono cominciati a maggio...A giugno c’è stata la prima missione
della FAO [risate], che ha fatto una missione nell’Africa Occidentale, passando cinque giorni in
AH
ogni Paese, e questo quando la siccità era scoppiata da mezzo anno...Allora io ho seguito questi
aiuti che erano praticamente solamente dell’Unione Europea, che dava aiuti per la siccità. Però in
EU
questo periodo ho potuto studiare i problemi della siccità, perché ho avuto informazioni di ciascuno
dei Paesi, e dovevamo provvedere...Aiuti urgenti: qua si trattava di mandare cereali, là di mandare
HA
dei soldi...E allora ho avuto questa possibilità di studiare questo fenomeno della siccità, perché
prima avevamo avuto delle siccità locali, ma questa era la prima siccità che si estendeva sututto il
Sahel...Nel ’72 abbiamo avuto una siccità principalmente nel Senegal. E allora io, il Primo
Ministro...quello che non c’è più adesso, che era Presidente della Repubblica, ossia Abdou Diouf.
Mi chiama e dice: “Dites-moi, Monsieur le Délégué, qu’est-ce qu’on peut faire? Ça va très mal
avec cette sécheresse”. E io dissi : “Peut-être. On peut chercher à avoir 2 milliards de francs CFA.
Il y a une condition : vous augmentez le prix des arachides, vous augmentez le prix de l’huile
d’arachides”. Allora era a 1 franco e 40 : “Mettez-le à 5 francs”. In quindici giorni non è riuscito a
metterlo a 5 francs, ma a 3 franchi e mezzo: e questo qui è il primo aumento del prezzo dell’olio di
arachidi. E allora Ferrandi, vedendo questa novità dell’aumento del prezzo per la popolazione –
ossia, per il Governo – è venuto a Dakar. E’ venuto a Dakar, e io l’ho messo a abitare nel palazzo
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presidenziale, e appena arrivato dice: “Voulez-vous monter sur la terrasse avec moi?”, e vado su
con Ferrandi, e mi dice: “Monsieur le Délégué, vous voulez m’enseigner à distribuer l’argent de la
Communauté?! ”. E io gli dico: “Monsieur Ferrandi, moi j’ai fait une proposition, c’était en
échange de l’augmentation du prix des arachides, à l’avantage du gouvernement ”. [E lui ha detto]
“Oui oui, bon bon, n’en parlons plus... ”. E questi due miliardi li ha dati...
VS: Non criticava la proposta, ma il fatto che Lei aveva preso questa iniziativa, mi sembra di
UE
capire...
DP: Sì, ecco. E allora [Ferrandi] li ha dati questi due miliardi. Perché io avevo detto al Primo
AH
Ministro [del Senegal] [che mi aveva chiesto]: “Qu’est-ce qu’on peut avoir de Bruxelles?”, e io gli
ho risposto esattamente così: “Mon cher Premier ministre, nous ne pouvons demander à Bruxelles
que ce que vous pouvez avoir: 400 millions, 500 millions...Mais pourquoi ne pas essayer d’ avoir 2
EU
milliards! Mais alors vous devez augmenter le prix des arachides...[risate] E lui è riuscito ad
HA
aumentare il prezzo da 1 e mezzo a 3 e mezzo franchi al chilo. E allora Ferrandi non ha potuto fare
a meno di dare 2 miliardi, ma mi ha accusato di distribuire io i suoi soldi... [risate]
UE
VS: I suoi soldi, erano...[risate]
AH
DP: E così, dopo questo, avendo già fatto diversi anni a Bruxelles, ho pensato: adesso io sono molto
istruito sulle siccità nel Sahel, e vorrei studiare il problema della siccità, e quindi dico: “Je voudrais
EU
retourner faire le délégué”. E Krohn...mi dice: “Vous voulez aller en Tanzanie?”; “Non – dico io –
au Mali”. “Mali?” – “Oui, parce que je veux étudier la sécheresse : c’est au Mali que l’on peut
HA
étudier : on est au milieu, entre le Sénégal, le Tchad... ”. E così ho fatto il Mali, e facendo il Mali
mi ha permesso di scrivere questo libro di quasi 800 pagine [il testimone si alza a prendere il libro
in questione] sul Sahel...
VS: Sì, di cui ne parla anche nel curriculum...
DP: È stato molto usato in italiano – i francesi hanno rifiutato di tradurlo [risate] – usato dagli uffici
studi...[Il testimone si risiede e dà il libro alla ricercatrice e al professore per uno sguardo]. Ecco,
qui ci sono tutte le materie, meteorologia, idrogeologia, tutte le colture, e le malattie: l’agricoltura,
l’allevamento, le malattie del bestiame, le malattie umane...
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VS: Quanto tempo le ha preso per fare questo libro?
DP: Due anni.
VS: Ci ha messo anche poco...
DP: L’ho fatto da solo...
UE
VS: E le Sue funzioni quando è andato in Mali hanno subito un cambiamento, o fondamentalmente
AH
erano gli stessi compiti di quando era Delegato nel Senegal?
DP: Mah, ho dovuto combattere un po’, perché c’era quel dittatore, il Generale Moussa Traoré.
HA
insomma lui confondeva inflazione con deflazione...
EU
Moussa Traoré era un dittatore, un militare. Un militare, che io andavo a vedere, si parlava, ma
VS: Non esattamente un esperto di economia, eh? Abbastanza problematico...
UE
AV: Sì, certo.
AH
VS: Parlando invece dell’adesione della Gran Bretagna, che cambiamenti ha comportato nella DG
EU
VIII?
HA
DP: Non un gran ché...Perché c’era Ferrandi, ancora...
VS: Finché non è andato via, insomma, non ci sono stati cambiamenti.
DP: No...Poi gli inglesi...gli inglesi non sono i francesi, per loro era una...Difatti, de Gaulle non li
aveva voluti, gli inglesi, e sarebbe stato meglio che rimanessero fuori, perché erano dei
rompiscatole...[risate] E adesso però si trovano al dunque. L’altro ieri, giusto, Tony Blair ha detto:
bisogna seriamente pensare se il nostro Paese deve stare fuori dalla più grande organizzazione
politica del mondo e dal più grande mercato economico...[breve pausa] Ma gli inglesi sono
talmente isolani, che non so se starà forzando quel partito di star fuori addirittura...A me farebbe
piacere se stessero fuori...[risate]
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VS: E invece dal punto di vista dei Paesi associati...
DP: Un’associazione fatta troppo tardi...troppo presto. Bisognava aspettare ancora diversi anni...
AV: Sì? Troppo presto?
DP: Sì. Vediamo infatti che sono piccoli Paesi che portano soltanto della confusione.
UE
VS: Parla dell’Allargamento...
AH
DP: Sì, poi se le cose verranno...Vediamo i polacchi: i polacchi sono degli ossessionati...,
nazionalisti...ma poveretti. No, quello che sono stato molto contento di vedere sono state le vicende
spagnole, perché Francia, Germania, e Belgio sono la base dell’Unione Europea, e adesso c’è anche
EU
la Spagna, quindi...Diventa poco importante, dice Berlusconi, ecco...Però ha fatto una cosa
HA
intelligente per la prima volta: che ha ammesso le perdite in televisione...[n.r.: il testimone si
riferisce alle recenti elezioni europee del 13-14 giugno 2004]
UE
VS: Per una persona come lui non è poco, effettivamente...
AH
DP: Mah, tutti dicevano che hanno vinto, mentre non era che tutti hanno vinto, ma tutti dicevano
che avevano vinto e lui è stato l’unico che ha detto che ha perso. Questo è stato molto intelligente,
EU
molto abile...No, ma però non c’è niente da fare lì, perché in questo lungo periodo di governo non è
politicamente...
[Breve pausa]
HA
cresciuto politicamente: è cresciuto come uomo d’affari, un miliardo e mezzo all’anno, ma non
VS: Torniamo a parlare dell’associazione dei Paesi africani. Volevo sapere se ci poteva dire
qualcosa circa il punto di vista dei Paesi africani che erano associati fino a questo momento alla
Comunità Europea, nel momento in cui si è aperta l’associazione anche ai Paesi del Commonwealth.
[Pausa]
DP: I Paesi africani di origine francofona, portoghese, spagnola si sono molto uniformati ai
francofoni, perché hanno realizzato che la Francia ha portato veramente dei miglioramenti
nell’attività politica, nell’attività economica...Mentre disprezzavano un po’ gli inglesi, perché gli
inglesi avevano ilCommonwealth. Ma questo Commonwealth era un intervento di un colonialismo
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esclusivamente economico. Gli inglesi avevano lasciato molte autorità i ai capi locali, e questo era
un bene, però poi la loro presenza era solo economica nei loro interessi, non negli interessi dei Paesi
africani. E questi erano realizzati solo dai Paesi africani francofoni...
VS: Quindi loro vedevano nell’allargamento degli aiuti, nel quadro dell’associazione dei Paesi del
Commonwealth...Come lo concepivano: avevano paura della concorrenza dei Paesi del
Commonwealth nell’attribuzione dei fondi...
UE
DP: No, non c’era concorrenza, era una cosa che ignoravano: les Anglais, mais tu sais, les Anglais,
AH
ah!
AV: Si tratta di un atteggiamento molto francese, devo dire! [risate]...Ecco, se posso chiederle,
all’inizio degli anni ’70 fino a Lomé, si è sentita una trasformazione nell’atteggiamento della
HA
EU
Comunità verso i Paesi associati? Perché in fondo Lomé è stato un po’ un punto di svolta...
DP: Ah, la Convenzione di Yaoundé?
UE
AV: No, la Convenzione di Lomé del ’75: ecco, ci si è arrivati all’improvviso oppure effettivamente
AH
si è sentito che qualcosa cambiava nel rapporto...
DP: Sì, si è sentito, e si è sentito con successo, insomma...Lomé, soprattutto quello che era
EU
considerato una cosa positiva, era che non era più un rapporto con la Francia, ma un rapporto con
diversi Paesi, su una base paritaria, con anche i poteri di decisione paritari, per cui una assemblea
HA
degli ambasciatori.
AV: Ecco, ma all’interno della Comunità questo come è stato vissuto, cioè come ci si è arrivati a
questo cambiamento?
DP: All’interno della Comunità si considerava una cosa positiva...perché diventava tutta
un’organizzazione più vasta.
Così veniva un po’ meno quell’aspetto di Papà Natale [n.r.: il
testimone si riferisce a Ferrandi], perché eravamo in tanti, si discuteva insieme... Lomé non piaceva
a Ferrandi...
AV: Ah, questo lo posso immaginare! [ride]
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DP: Diceva : ”Mais le mois prochain il faut aller à Lomé, parce que maintenant rien ne peut plus
être décidé si on n’est pas cinq mille...” [risate]
[Pausa]
AV : Sì, ecco : se dovesse fare un bilancio della Sua esperienza alla Comunità...
DP: E’ una cosa molto positiva, molto interessante, perché è la prima volta che gli aiuti si fanno in
UE
questo modo, e perché la Commissione ha messo su una struttura veramente importante, e poi non è
AH
stata bloccata, ma è stata capace di una certa evoluzione...
VS: C’è qualche altro tema che Le piacerebbe approfondire, di cui vorrebbe parlare? Sempre della
Sua esperienza nella Commissione, o appunto anche in loco, in Senegal...Qualche altra esperienza
HA
EU
di cui vorrebbe parlare, qualche altro tema da approfondire?
DP: Il fatto di avere dei Delegati, ossia dei veri e propri ambasciatori della Commissione, è stato
molto utile per i Paesi africani, molto utile...Perché i Delegati della Commissione, poi chiamati
UE
ambasciatori, venivano prima combattuti dagli ambasciatori ufficiali, ma questi poi hanno
abbandonato i loro sforzi perché non servivano a niente: contavano più gli ambasciatori dell’Unione
AH
Europea che non gli ambasciatori ufficiali. Gli ambasciatori ufficiali contavano molto, sappiamo,
per il rapporto coloniale, quindi l’ambasciatore di Francia in Senegal, l’ambasciatore di Inghilterrra
EU
in Kenya e così via...
HA
VS: Quindi è stato il primo vero rapporto non coloniale tra l’Europa e l’Africa...
DP: Sì, questo, sì: il primo vero rapporto non coloniale. I delegati, ossia gli ambasciatori calcavano
molto sul fatto della fine del rapporto coloniale...
AV: Sì, mi sembra sia anche quello che emerga dagli studi...Ho visto anche una cosa su una
conferenza del Parlamento: la conferenza parlamentare euro-africana che viene fatta all’inizio degli
anni ’60, c’è proprio questo voler sottolineare da tutte e due le parti questa fine del rapporto
coloniale, la necessità di un rapporto paritario...E’ una cosa importante...
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DP: Sì, a volte i Delegati stessi facevano un’opera di anticolonialismo. Se queste amministrazioni
chiedevano: “Mais l’Union européenne devrait essayer de nous aider à prendre des décisions...”,
io rispondevo : “Nous ne sommes plus dans des rapports coloniaux : les décisions, c’est vous qui
devez les prendre. Nous ensuite on vous aidera : notre réaction, on pourra en discuter, mais la
décision, c’est vous qui devez la prendre, pas moi ”...
VS : Lei ha qualcos’altro ancora di cui vorrebbe parlare? Perché è stato bravissimo: ha esaurito tutti
UE
i temi!
DP: Che cosa ci può essere di altro tema... Ah, sì: col passare degli anni, il prestigio e il potere dei
AH
Delegati rispetto agli ambasciatori ufficiali dei Paesi è andato aumentando...E’ andato aumentando.
L’ambasciata francese e britannica, non gli americani. Alle ambasciate francese e britannica si
invitava il Delegato: a una cena, doveva essere presente, perché era l’Europa...Gli americani invece
HA
EU
non ne tenevamo conto.
VS: Va bene, dica pure...
AH
DP: Vediamo se c’è qualcos’altro...
UE
VS: Quindi, se non abbiamo altri temi da trattare, noi La ringraziamo veramente tanto...
EU
[Si riprende a parlare dei progetti realizzati in Senegal grazie al FED]
DP: Ho insistito sempre molto sull’idraulica, perché gli aiuti internazionali hanno fatto molto
HA
poco...Se si considerano i 45 anni dall’indipendenza nei villaggi del Sahel, dall’Atlantico al Mar
Rosso – si ha questa fascia, il Sahel, di duecento, quattrocento chilometri, che sarebbe la riva del
Sahara – dall’Atlantico al Mar Rosso io ho contato 84.000 villaggi...E alcuni anni fa, dopo tanti
anni di aiuti, per un totale di un miliardo e mezzo di dollari, su 84.000 villaggi un pozzo cementato
era stato fatto solo in meno della metà...Quindi l’acqua, che è la prima necessità, è stata trascurata
dagli aiuti internazionali...Poi dove sono stati fatti i pozzi? Dove era più comodo per le imprese,
quindi non nei pascoli saheliani al nord, ecco, dove ancora oggi mancano pozzi: le mandrie si fanno
abbeverare ai pozzi tradizionali, scavati lì per lì...E questa è stata una grave mancanza, il trascurare
l’acqua, per gli aiuti internazionali...E’ ancora una grave mancanza...Quindi io mettevo molto
interesse nel fatto del numero dei pozzi. Una volta a Bruxelles, quando ero Capo Divisione, c’era
una riunione, e io mi sono arrabbiato in riunione, mi sono alzato e sono andato via, e poi Ferrandi
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mi è venuto a cercare...Si trattava di costruire 50 pozzi nel Chad: allora cominciano i rappresentanti
dei ministeri dei nostri Paesi – del ministero delle Finanze – “Oui, mais enfin, cinquante puits :
pourquoi cinquante, et pas trente, et pas soixante-dix? Nous avons besoin de documents. Ensuite,
quel est le coût de chaque puits ? ”. E io dico : “Mais le coût change beaucoup suivant la
profondeur, suivant le lieu où le puits est construit...” – “Oui, mais enfin nous avons besoin... Il
faudrait faire le calcul économique pour chaque puits, et nous transmettre le [résultat]...”. E allora
io ho detto : “Bien, Messieurs les Ambassadeurs: je souhaite qu’il n’y ait plus d’eau à Bruxelles, et
que ce soir vous soyez obligés d’aller hors de Bruxelles à la campagne pour vous approvisionner
UE
en eau ! ”...[risate] E me ne sono andato : poi il successore di Ferrandi, Wirsing venne a chiamarmi:
“ Je vous prie de retourner...”. E sono tornato in riunione, ma ho attaccato gli ambasciatori sulla
AH
questione dell’acqua...“ Je souhaite qu’il n’y ait plus d’eau à Bruxelles...[risate] et que ce soir vous
soyez obligés de sortir à la campagne pour prendre de l’eau... [risate] ”...Poi li hanno fatti i 50
EU
pozzi, ma insomma ci volevano questi schiaffi...
HA
VS: A volte è necessario...provocare un po’ la coscienza delle persone...
Noi la ringraziamo veramente tanto per il tempo che ci ha concesso...
UE
DP: C’è altro? No, mi pare che abbiamo detto tutto. Poi, del resto, la base è qua...[indica il libro che
AH
ha scritto sul problema della siccità nel Sahel]
VS: Lei in generale ha detto che ha diversi documenti riguardo alla Cooperazione allo Sviluppo,
EU
nella lettera che ha mandato: che ha una ampia biblioteca, e anche diversi documenti...
HA
DP: Sì. Lì [il testimone indica la libreria nella sala] tutta quella parte sinistra, è tutta [sullo]
Sviluppo...Ho tutti i documenti francesi, che ora non si trovano più, della Coopération française...
VS: Così poi lo segnaliamo a Louvain-la-Neuve, perché ci interessa molto anche avere accesso a
documenti...
DP: Dove? volete vederli?
VS: Se fosse possibile, successivamente, ma prima devo parlare con le persone che si occupano
della Cooperazione allo Sviluppo, e poi successivamente quando la ricontattiamo per le trascrizioni
dell’intervista eccetera...
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DP: D’accordo!
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