master rass 17 DEF
Transcript
master rass 17 DEF
SULLE TRACCE DELL’AUTO PUBBLICITARIA DEGLI ANNI ’50 e ’60 CARROZZIERI ITALIANI PRECURSORI DELLA POP-ART AMERICANA DI ENRICO SANNA Nel marzo del 2002, mentre preparavo il numero di primavera della rivista dell’Automobile Club Cuneo, Autonotes magazine, su invito di Paolo Fissore che stava raccogliendo materiale per una storia dell’auto pubblicitaria, intervistai a Savigliano suo padre Sergio e suo zio Mario, titolari della Carrozzeria Fissore fino al 1984, anno in cui il marchio, famoso per le auto fuori serie anche al di là dei confini della Penisola, cessò l’attività. L’argomento era quel settore specifico della azienda saviglianese, nel quale aveva condiviso con la carrozzeria milanese Boneschi il primato in Italia: quello, appunto, delle vetture pubblicitarie. “Iniziammo quasi subito dopo la fine della guerra – fu l’approccio – e senza altro nel 1948 avevamo già realizzato un buon numero di esemplari diversi”. In quei tempi a guidare l’impresa era ancora il padre Bernardo, fondatore della ditta. Era lui a ricevere le richieste dei committenti, le prime idee che poi trasmetteva a Mario, il progettista di quasi tutti i modelli, dal cavallino dell’omonima marca di lucido da scarpe, ai tubetti di dentifricio Durban’s, alla strega per la ditta Alberti, veicoli che assumevano o richiamavano la forma stessa dei prodotti, o segnalavano simbolicamente messaggi mirati e positivi, creando stupore e interesse. Il progettista, precursore degli attuali designer, presentava il bozzetto, il figurino che sarebbe poi servito ai realizzatori dei modelli in piccola scala e poi in quello in scala 1:1 e il mascherone in legno su cui il battilastra, 80 • R A S S E G N A N. 1 7 E S TAT E 2 0 0 4 E’ in corso una rivisitazione della pubblicità degli anni ’50 e ’60: un periodo di grande creatività, che ha prodotto interessanti risultati interdisciplinari. Il libro di Paolo Fissore descrive i felici risultati dell’incontro tra la comunicazione e il design automobilistico. l’artigiano principe dello stile automobilistico italiano, avrebbe modellato e calzato l’opera finale, da consegnare ai verniciatori. Altri provvedevano all’arredo degli interni. Ne venivano fuori veri e propri capolavori, figure e sculture di oggetti di uso comune che non a caso hanno fatto parlare di, sia pur inconsapevole, pop-art ante litteram. Molti di questi automezzi andavano “in missione” in tutte le località della Penisola, aggiungendo al messaggio visivo quello sonoro – il più possibile festoso e chiassoso e distribuendo gadget e campioni di prodotto. Con quel ruolo “di sfondamento” aprivano la strada alle flotte di auto dei venditori, che avevano il compito della distribuzione ai negozi. Il colloquio con i due anziani imprenditori offriva spunti per approfondire la nostra ricerca: “I committenti erano molto esigenti e ci seguivano dappresso; lo stesso patron del Giro d’Italia, Vincenzo Torriani, veniva spesso a trovare nostro padre, per controllare che i lavori procedessero nei tempi stabiliti”. Erano proprio le grandi manifestazioni sportive come il Giro, con la sua pittoresca “carovana”, a dare la maggiore visibilità a questa variopinta sfilata di mezzi fantasiosi, in cui carrozzieri che andavano definendo, nelle produzioni d’eccellenza, quello che sarebbe diventato l’Italian Style apprezzato in tutto il mondo, fecero a gara per ideare i mezzi più originali e competitivi. Tra queste industrie artigiane primeggiarono Fissore e Boneschi, carrozzeria milanese quest’ultima, il cui nome richiama soprattutto quelle auto curiose ed eleganti fatte a tubetti di dentifricio (disposti orizzontalmente, mentre quelli di Fissore puntavano verso il cielo), ma molte altre realizzarono “carri pubblicitari” memorabili, come il treno dei bimbi della Ferrero di Alba e la testa con chioma di penne Presbitero del carrozziere Coriasco di Torino, il tram su gomma della Campari realizzato dall’artigiano milanese Zanaboni, il carro di fuoco della Liquigas dei fratelli Macchi di Varese. Un’altra preziosa indicazione, fornita da Mario Fissore (“Partecipavamo anche a concorsi come quelli di Sanremo del 1950 e del 1951, 81 • R A S S E G N A N. 1 7 E S TAT E 2 0 0 4 in cui meritammo moltissimi premi”) ci convinse ad estendere il campo di ricerca. Mentre Paolo Fissore, architetto e studioso di storia dell’automobile (autore anche di una monografia sull’azienda di famiglia pubblicata da Nada nel 1991), partendo dal patrimonio dell’archivio di casa, continuava a raccogliere dati e testimonianze sul fenomeno dell’auto pubblicitaria (che, in Italia, accompagnò tutto il periodo della ricostruzione e del boom economico, per poi essere soppiantato, all’avvento della televisione, da Carosello e dagli spot che dal video raggiunsero il loro pubblico nel salotto di casa), mi assunsi l’incarico di seguire le tracce delle indicazioni fornite dai fratelli Fissore. Sopralluoghi a Sanremo e a Milano diedero i loro frutti, ma fu soprattutto l’incontro con Gianni Torriani, uno dei figli di Vincenzo, titolare con il designer Carlo Boldorini dell’agenzia Pressing che coordina l’attuale carovana del Giro d’Italia, ad ampliare gli orizzonti della ricerca. L’occasione fu la sede di tappa al Santuario di Vicoforte Mondovì del Giro 2003, in un’area splendida adatta a dar risalto sia alle scenografie della corsa che alle suggestioni dei luoghi della provincia granda. Torriani e Boldorini furono coinvolti nella operazione e la ricerca a Milano arricchì il lavoro di dati e di immagini. I milanesi ci fecero notare, tra l’altro, che quella che un tempo era stata la forma più importante di propaganda commerciale, spot da teatro di strada e quindi mezzo di comunicazione di massa messo poi in crisi dalla televisione, oggi rivive proprio per merito 82 • R A S S E G N A N. 1 7 E S TAT E 2 0 0 4 della televisione che diffonde le immagini del Giro e della nuova carovana pubblicitaria. Tra Savigliano, il Museo della Automobile di Torino e i referenti milanesi si incrociarono contatti e collegamenti, per cui ci fu possibile anche rintracciare alcuni vecchi mezzi riportati in vita da appassionati collezionisti; particolarmente rari e curiosi un carro-squalo che sparava dadi per brodo, realizzato nel 1953 proprio da Fissore e recuperato da un medico di Alba Adriatica e la superba coupé Martini realizzata negli anni Trenta da Vittorino Viotti, oggi in avanzata fase di restauro da parte di un imprenditore belga. Il materiale per una storia della auto pubblicitaria in Italia stava diventando consistente. A completarlo si aggiunsero, oltre alle testimonianze di Torriani e Boldorini, un’ampia relazione dello storico dell’automobile Alberto Bersani (autore, tra l’altro, con Paolo Fissore, del volume “Dal disegno al design – Storia della carrozzeria in Piemonte” edito nel 1999 da Priuli e Verlucca) su ANFIA e Salone dell’Automobile di Torino e un breve saggio su “L’auto, icona dell’arte contemporanea” di Ida Isoardi, critico d’arte. Questa storia delle vetture pubblicitarie italiane, la prima del genere, è stata recentemente pubblicata dall’editrice “Autostorie” dell’Automobile Club Cuneo con il titolo “La pubblicità mette le ruote” ed è firmata da Paolo Fissore, che si avvale anche del contributo degli altri autori citati, tra cui il sottoscritto, che ha coordinato l’operazione editoriale. Il volume di 144 pagine, dall’elegante veste grafica curata da Mario Merlino, contiene un’interessante documentazione iconografica, con fotografie in bianco e nero e a colori, riproduzioni di bozzetti e figurini tratti dall’archivio Fissore e una tavola originale dell’incisore Gianni Gallo. Della prima edizione, destinata a diventare un “pezzo” per collezionisti, sono state stampate dall’Artistica Savigliano 2000 copie numerate da 1 a 2000 con firma autografa dell’autore. 83 • R A S S E G N A N. 1 7 E S TAT E 2 0 0 4