Istituto Nazionale di Fisica Nucleare
Transcript
Istituto Nazionale di Fisica Nucleare
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAMERINO FACOLTÀ DI SCIENZE E TECNOLOGIE Corso di Laurea in Fisica Classe 25 Dipartimento di Fisica ELABORATO FINALE COSTRUZIONE DI UN ApPARATO PER LA MISURA DEL RADON IN ARIA Laureando Relatore Luca Reversi Prof. David Vitali Correlatore Dott. Alessandro Saltarelli ANNO ACCADEMICO 2008/2009 Indice Introduzione 1 Capitolo 1 La radioattività 3 1.1 Principi generali 3 1.2 Il decadimento a 6 1.3 Il decadimento p 10 1.4 I raggi y •••••••••••••••••••••••••••••••••••••••...........................••••••••••••••••• 14 1.5 La rad ioattività natu rale ....•........................................................17 1.6 Il radon 23 1.6.1 Il radon in natura 25 1.6.2 Il radon nelle abitazioni 27 1.6.3 Grandezze dosimetriche 28 1.6.4 Considerazioni dosimetriche sul comportamento dei prodotti di decadimento del 222 Rn 1.6.5 Effetti biologici delle radiazioni 29 31 Capitolo 2 Metodologie e tecniche di misura 31 2.1 Tecniche di rivelazione del radon 31 2.2 Rivelatori raggi y 34 2.3 ADLINK PCI9812A 40 2.4 Descrizione del sistema di sviluppo LabVI EW .43 2.4.1 Programma per la calibrazione 44 2.4.2 Programma per l'acquisizione dati 53 2.4.3 Programma per l'elaborazione dati 59 Capitolo 3 Analisi dei dati 69 3.1 Tecn iche di misu ra della concentrazione di radon 69 3.1.1 Elettreti 69 3.1.2 Misure con elettreti 70 3.1.3 Canestrini contenenti carboni attivi 71 3.1.4 Misure con canestri 74 3.2 Interpretazione dei risultati , 75 3.2.1 Analisi degli elettreti 75 3.2.2 Analisi dei canestri 76 3.2.3 Confronto dei risultati 83 Bi bIiog rafia 85 J INTRODUZIONE 4 3 La consapevolezza dei rischi che comporta l'inalazione di Radon ad alte concentrazioni ha suscitato, negli ultimi anni, un interesse scientifico sempre più crescente su tale problematica. Insieme ad un serio monitoraggio del territorio, servono studi accurati sui meccanismi attraverso cui il Radon viene veicolato nel sottosuolo fino alla sua esalazione in atmosfera. In particolare la diffusione e il trasporto attraverso i materiali sono fortemente influenzati da diversi parametri che caratterizzano i materiali stessi quali porosità, permeabilità, contenuto di radionuclidi ed in particolare di 226 Ra , diretto progenitore del 222Rn , e coefficiente di diffusione di questo gas attraverso i pori interstiziali e le fratture del materiale roccioso. La prima parte del presente lavoro di tesi è dedicata ai concetti generali di radioattività, come la descrizione dei tre tipi di radiazione che concorrono nei decadimenti nucleari, e sono illustrate le varie famiglie dei radionuclidi naturali. In seguito sono riportate le caratteristiche generali del Radon, i meccanismi che concorrono alla concentrazione negli ambienti indoor, grandezze dosimetriche e gli effetti sulla salute dell'uomo esposto al gas Radon. Nel secondo capitolo vengono mostrate le tecniche di rilevazione del gas Radon attraverso raggi y o particelle a; viene fatta anche una panoramica sui rivelatori di raggi y con maggiore interasse ai rivelatori al germanio iperpuro. Nella seconda parte del capitolo è illustrato il linguaggio di programmazione LabVIEW e sono spiegati nel dettaglio i tre programmi che sono stati costruiti per l'acquisizione degli spettri di emissione y e per la loro rielaborazione. Nel capitolo conclusivo sono discussi i dati acquisiti della rilevazione del gas Radon in tre diversi ambienti con il metodo dei canestri contenenti carboni attivi e degli elettreti. Attraverso l'analisi dei risultati ottenuti è stato possibile valutare la concentrazione di Radon. 1 Capitolo 1 La radioattività 1.1 Principi generali Nel 1896 il fisico francese Louis Becquerel scoprì accidentalmente che i sali di uranio sono in grado di impressionare una lastra fotografica. Questo nuovo fenomeno fu chiamato radioattività. Fu presto chiaro che la radiazione emessa apparteneva a tre diversi tipi che furono chiamati: raggi α, raggi β e raggi γ. I raggi α sono nuclei di elio carichi positivamente, le particelle β sono elettroni, mentre i raggi γ sono radiazioni elettromagnetiche. L'emissione di raggi α o β è dovuta alla trasformazione spontanea di un nuclide in un altro, mentre la radiazione γ corrisponde a transizioni elettromagnetiche tra i livelli energetici del nucleo figlio, ed è quindi presente ogni volta che questo è prodotto in uno stato eccitato. Il decadimento radioattivo è un processo puramente statistico, nel senso che è impossibile prevedere in quale istante un nucleo si trasformerà, ma è possibile prevedere il numero di nuclei decaduti in media dopo un determinato intervallo di tempo. Sia NP(t) il numero di nuclei genitori radioattivi presente nel campione, al tempo t il numero di nuclei che decadranno in un intervallo di tempo dt è dato da: dN P ( t ) = − N P ( t ) ⋅ λ ⋅ dt (1.1) dove λ è la probabilità di osservare il decadimento di un nucleo nell’unità di tempo ed è caratteristica di ogni nuclide radioattivo (detta costante di decadimento). Da qui si deduce N P ( t ) = N0 ⋅ e−λ ⋅t (1.2) dove N0 è il numero di nuclei genitori al tempo 0. L'inverso della probabilità di decadimento al secondo λ è la vita media τ τ= 1 λ (1.3) e corrisponde al tempo necessario affinché, dato un campione di nuclidi radioattivi, il loro numero sia ridotto di un fattore e, cioè sia diminuito del 63% circa. Per rendere i calcoli più agevoli, più che la vita media s’introduce il tempo di dimezzamento, che rappresenta il tempo necessario a osservare, nella popolazione dei nuclei genitori una diminuzione del 50%. L’attività del campione radioattivo viene definita come il numero di decadimenti al secondo, cioè a (t ) = dN P ( t ) dt = λ ⋅ N0 ⋅ e−λ⋅t = λ ⋅ N P ( t ) (1.4) L’attività è quindi proporzionale al numero di nuclei genitori presenti in quell’istante e alla probabilità di decadimento λ. L’unità di misura dell’attività è il Becquerel (Bq), pari a 1 decadimento al secondo. Molto usata tuttora è la vecchia unità di misura, il Curie (Ci). 1 Ci=3.7 ⋅ 1010 disintegrazioni al secondo=3.7 ⋅ 1010 Bq (1.5) Se si considera un decadimento radioattivo dove a è il nuclide padre e b il nuclide risultante dal suo decadimento e si esamini il rapporto λ bNb/ λ aNa, si osserva che possono verificarsi le seguenti tre situazioni: 1. λa > λb in questo caso, il rapporto aumenta nel tempo; 22. λa < λb il rapporto divieene quasii costantee per graandi t; quuesto è ill caso dii orio; equilibrrio transito 33. λa << λb il rappoorto divieene pari a quasi 1 in breve tempo; qquesto è il i caso dii equilibrrio secolarre; Queest’ultima situazionee riveste pparticolaree importanza in quuanto, missurando lee attivvità dei sinngoli com mponenti ddi una catena di deccadimentoo e calcolandone laa meddia, è posssibile risallire all’atttività del capostipite c e, attribueendo a queest’ultimoo la m media dellee attività dei d suoi disscendenti.. Figuraa 1.1: equiliibrio secolare. 1.2 Decadimento α L’em missione di particcelle α da parte di varii radioonuclidi rappresent r ta una deelle primee scopertee dellaa fisica moderna: m nel 1908 R Rutherford d dimostròò che ttale radiazzione è co ostituita daa nuclei di 4He2. Laa magggior partee degli isotopi creeati artifiicialmentee con numero di d massa maggioree del piom mbo sonoo N vi sono praticaamente em mettitori α emetttitori α. Non 146 con A<146 ( Sm62). Queesto è spiegatoo A. dall’’andamentto dell’eneergia di leegame B/A 4 L’ennergia di legame l B//A per lo He2 vale 7.07 MeV V (contro i 2.57 e 2.83 2 MeV V 3 3 6 per lo He2 ed il H1 rispettivvamente e di 5.33 MeV peer il Li). Pertantoo ma nuclearre guadagn na in enerrgia di leg game soloo emeettendo paarticelle α un sistem se sii trova nella zona a destra deel massimo della cu urva B/A: iin questa regione ill valoore di B/A aumenta al a diminuiire di A (e quindi alll’emissionne di particelle α). Figuraa 1.2: energ gia di legam me. ù vero quuando ci si s avvicin na al masssimo (e a maggiorr Queesto però non è più ragioone a siniistra del massimo), m dove l’em missione α non è piùù un fenomeno chee perm mette guaddagno di energia. e Ill decadim mento α è energeticaamente po ossibile see l'eneergia di legame del nucleo di partenza è minore della som mma delle energie e dii legaame del nuucleo prod dotto e dellla particellla α Q = E ( A, Z ) − { E ( A − 4, Z − 2 ) + E ( 4, 2 )} ≥ 0 Q= {M((Z,A)-M((Z-2,A-4))-M(2,4))} ⋅ c 2 >0 (1.6)) e Q rappresennta in pratiica l’energ gia cineticca della paarticella α.. L’ecccesso di energia In ggenerale l’energia deelle particcelle α emesse variaa tra 4 e 9 MeV ed i tempi dii dimeezzamentoo dei nuclei che le eemettono variano v traa 1010 annni e 10-7 seecondi. La tteoria del decadimeento α fu uno dei primi p successi delll’applicaziione dellaa mecccanica quuantistica ad a un probblema di fisica f nucleare (19288, Gamow w, Condonn e Guurney). Il calcolo deella probaabilità di osservare o un u decadim mento α all’interno a o di uun nucleo, può esssere svilup uppata in approssim mazione W WKB (daii nomi dii G.W Wentzel, H.A.Krame H ers e L.Brrillouin ch he la svilu upparono indipendeentementee nel 11926). Quuest’appro ossimazionne si può applicare a quei sistem mi fisici inn a tutti i qu cui il potenziiale di interazione varia len ntamente rispetto r al alla distan nza tra glii oggeetti interaggenti. Parttiamo alloora dal preesupposto che la parrticella α sia creataa all’interno dell nucleo un u attimo pprima del decadimeento e chee quindi prre-esista a a l’andamennto dell’en nergia poteenziale V(r (r) in funzione dellaa quessto. Se si analizza distaanza per una u particeella α, traascurando il potenziiale centriifugo, con nsiderandoo cioèè solo l’onnda s (l =0)),si ottienee un andam mento di questo q tipoo: Figgura 1.3: potenziale d’interazionee della partticella α in funzione f deella sua distanza dal nucleo o. dove RN rappresenta il raggio nucleare. Per r< RN prevalgono le forze nucleari (schematizzate come una buca di potenziale costante), mentre per r> RN le forze nucleari, a causa del loro cortissimo range, sono inefficaci e prevale il campo coulombiano, il cui potenziale ha il tipico andamento del tipo 1/r. La particella α immersa nella materia nucleare, si trova inizialmente nella zona con r< RN. Se si misura la sua energia cinetica Eα una volta emessa dal nucleo (e quindi per r→∞), abbiamo visto che si trovano valori compresi tra 4 e 9 MeV. Viceversa, l’altezza della barriera colombiana vale, ad esempio per il 226Ra82 2 ⋅ Z (=82 ) ⋅ e 2 4 ⋅ π ⋅ ε 0 ⋅ RN (=9.93fm ) 23.75MeV (1.7) La probabilità di osservare un decadimento α è legata allora alla probabilità che la particella α possa attraversare la barriera di potenziale colombiano (effetto tunnel quantistico) che decresce velocemente al crescere della differenza tra l'energia a disposizione e l'altezza della barriera. Confrontando energia delle particelle α e tempo di dimezzamento si nota che a energie più basse corrispondono tempi di dimezzamento più lunghi e viceversa. Questa è una regola generale osservata e studiata fin dal 1911 da Geiger e Nuttal, che formularono la seguente legge: Per una stessa serie radioattiva, il logaritmo della vita media di un emettitore α dipende linearmente dall’inverso della radice quadrata dell’energia della particella α emessa, cioè Log10 [Tmedia ]= − a + b ⋅ Z Eα ( MeV ) (1.8) I parametri a e b della formula di Geiger e Nuttal possono essere ricavati sperimentalmente, attraverso un fit delle vite medie degli atomi che decadono α. Se per semplicità consideriamo solo gli emettitori α delle catene di decadimento radioattive naturali, cioè quelle del torio, del nettunio e dell’uranio, i valori dei parametri a e b sono i seguenti: a = −38.09108 525 b = 1.245 Queesto è statoo il risultatto del fit: Figura F 1.4: ffit delle serrie di decad dimento. 1.3 Decadimento β N Nel decad dimento β il nucleeo inizialee e finalee hhanno la stessa massa m menntre Z au umenta (oo ddiminuiscee) di un’u unità a segguito dell'eemissionee ddi un eletttrone (o di un possitrone). Nei N primii sstudi sullla radioaattività essisteva una u certaa cconfusionee circa l’o origine di queste paarticelle e ffino al 19 933 con la scoperrta del neeutrone sii ppensava che c queste fosseroo permaneentementee ppresenti neel nucleo: ad esemppio il nucleo di 14N7 eera immag ginato com me costituuito da 14 protoni e da 7 elettroni,, così da avere a una massa parri a 14 volte quella del protone ed unaa caricca positivva pari a quella q di 7 protoni. Forti argomenti coontro quessta ipotesii eranno costituitti da: • il princcipio di co onservazioone dell’en nergia: se il cambiaamento dii stato dell sistemaa fosse solo A X Z → AYZ ±1 + e (1.9)) cioè unn decadim mento a 2 corpi, l’elettronee avrebbee una ben n definitaa energiaa, mentre in realltà l’eletttrone emeesso pressenta uno o spettroo energettico contiinuo chee va da energia zero alll’energia massimaa compattibile con la l trasform mazione: Figura 1.5: distribuzio one degli ellettroni in funzione f deell’energia ccinetica Te per p un decadimen nto β. • il princcipio di conservazi c ione del momento m angolare : se prendiamo add esempioo la ipotettica trasforrmazione C6 → 14 N 7 + e − 14 (1.10)) mento angolare del nucleo 14C6 è J=0 0, quello del 14N7 è J=1 (ee il mom comunqque per A pari J deve essere inteero). Il m momento angolaree intrinseeco (cioè il momentoo angolaree di spin) dell’elettrrone è inveece J=1/2.. Allora lo stato iniziale i haa momento angolaare intero, lo stato finale haa mma di un J intero, ddi uno sem mi-intero e momennto angolarre semi-inntero (som 14 di un eventuale e momento m angolare orbitale del d sistem ma N7 + elettrone,, comunqque intero). Analogaamente, per nuclei con c A disppari: 3 He1 → 3 He H 2 + e− (1.11)) poiché i momen nti angolaari di 3Hee1 ed 3Hee2 sono s emi-interii (1/2), ill ntero, men ntre quelloo finale è intero. momennto angolarre inizialee è semi-in • il principio di indeterminazione: nell’ipotesi che gli elettroni facciano parte dei nuclei, sarebbero racchiusi in una sfera di raggio RN = 10-15 m, in base al principio di indeterminazione ( Δp ⋅ Δx ≥ ) dovrebbero avere una distribuzione di momento che si estende fino a pmax = / RN 36 MeV / c e quindi (trascurando la massa a riposo dell’elettrone, pari a 0.511 MeV/c2) una energia cinetica Emax = 20 MeV. Per tenere legato un elettrone, con una simile energia, dentro il nucleo servirebbe un’energia almeno pari a 20 MeV. L’energia potenziale coulombiana però può arrivare a 1 Z ⋅ e2 VC ( RN ) = − ⋅ 6 MeV 4 ⋅ π ⋅ ε 0 RN (1.12) Per tenere legato al nucleo l’elettrone, è necessario quindi avere a disposizione un’ulteriore energia potenziale negativa (attrattiva), di origine nucleare, che in valore assoluto deve essere dell’ordine di 15 MeV per elettrone. In questo modo, le energie potenziali delle forze in gioco, sarebbero molto maggiori del potenziale attrattivo medio per nucleone dovuto all’interazione nucleare (7-8 MeV). Ora non vi è assolutamente evidenza che ci sia una così forte interazione tra elettrone e nucleone. Nel 1934 Fermi elabora la teoria del decadimento β, ipotizzando l’esistenza di una forza (debole) capace di trasformare nel nucleo il neutrone in protone e viceversa, e chiama neutrino la nuova particella proposta da Pauli nel 1931, per cercare di spiegare la distribuzione continua delle energie cinetiche degli elettroni emessi nel decadimento β, salvaguardando il principio di conservazione dell'energia. Per essa prevede una massa nulla o molto più piccola di quella dell’elettrone, una velocità uguale a quella della luce, che fosse soggetta alla forza debole e che la sua capacità d’interazione con la materia dipendesse dal suo contenuto energetico. Nella sua teoria Fermi prevede la trasformazione di un neutrone in protone o viceversa; in modo tale però che alla trasformazione da neutrone a protone sia di necessità connessa la creazione di un elettrone, che si osserva come particella β, e di un neutrino (anti); mentre alla trasformazione inversa da protone a neutrone sia connessa la scomparsa di un elettrone e di un neutrino. Il brillante lavoro di Fermi convinse anche Bohr, fino ad allora scettico sull’opportunità di ipotizzare una nuova particella fantasma pur di salvare un principio della Fisica. Si dichiara, infatti, convinto che le basi per seri dubbi riguardo la validità rigorosa delle leggi di conservazione nel problema dell'emissione di raggi β dai nuclei atomici, sono ora in gran parte rimosse dall'accordo stimolante fra l'evidenza sperimentale che si sta rapidamente accumulando sui fenomeni dei raggi β e le conseguenze dell'ipotesi del neutrino di Pauli, sviluppata in modo così rimarchevole nella teoria di Fermi. I processi considerati sono: • il decadimento βA X Z → AY Z + 1 + β − +ν A X Z → AY Z -1 + β + +ν • il decadimento β+ dove la particella ν (neutrino) o ν (antineutrino) è neutra per la conservazione della carica, ha spin semi-intero per la conservazione del momento angolare ed ha massa a riposo molto piccola per la conservazione dell’energia. La forma dello spettro energetico dell’emissione β può essere ricavata studiando in quale modo l’energia a disposizione nella transizione può essere ripartita tra la particella β e ν. Le teoria di Fermi, con l’introduzione di un solo parametro g, detto costante di accoppiamento debole, riesce a spiegare bene i seguenti fatti sperimentali: • la forma degli spettri β; • la relazione tra energia massima del decadimento β e la vita media del nucleo emittente; • la classificazione delle transizioni β e la definizione di regole di selezione. 1.4 Raggi γ I raggi γ sono una form rma di radiazione r e p ddalla radio oattività o elettromaagnetica prodotta da altri processi p nucleari n o subatom mici; sonoo spesso prodotti p insieme aad altre forme dii radiazion ne come quella α e β. Qu uando unn nucleo em mette unaa particellla α o β il nucleoo risultantee si trova a volte in uuno stato eccitato e può passaare ad un livello ennergetico più p stabilee emettend do un foton ne γ. I raggi γ sono più ù penetrannti della radiazione r e partiicellare prrodotta siaa dal decaadimento α sia dal decadimen ento β a caausa dellaa minoor tendenzza ad inteeragire conn la materria essendo essi fotooni, ma so ono menoo ionizzzanti. I raggi r γ si distinguon d no dai rag ggi X per la loro oriigine: queelli γ sonoo proddotti da traansizioni nucleari n o subatomiiche, men ntre quelli X sono prodotti daa transsizioni ennergetichee dovute ad elettro oni in raapido movvimento. Poiché è posssibile perr alcune transizionni elettron niche sup perare le energie di d alcunee transsizioni nuucleari, i raggi r X ppiù energeetici si so ovrapponggono ai raaggi γ piùù debooli. Unoo schermoo per ragg gi γ richieede una massa m nottevole. Peer ridurre del 50% % l'inteensità di un u raggio γ servonoo 1 cm dii piombo, 6 cm di ccemento o 9 cm dii mateeriale presssato. Nonnostante i raggi γ siiano menoo ionizzan nti degli α e β, occoorrono sch hermi piùù spesssi per la protezione p e degli essseri uman ni. I raggi γ produccono effettti simili a quellli dei ragggi X com me ustionni, forme di cancro o e mutazzioni genetiche. Inn term mini di ionnizzazionee, la radiaazione γ in nteragiscee con la m materia in n tre modii prinncipali: l'efffetto fotoelettrico, llo scatteriing Comptton e la prroduzione di coppiee eletttrone-posiitrone. a quuando un fotone γ interagiscce con un n elettronee Effeetto fotoelettrico: avviene orbitante attorrno ad un atomo e ggli trasferiisce tutta la sua enerrgia, col riisultato dii L'energia cinetica del d fotoele lettrone risultante è espeellere l'eleettrone dalll'atomo. L uguaale all'eneergia del fotone fo γ inncidente meno m l'energia di leggame dell'elettrone.. Si ppensa che l'effetto fo otoelettricco sia il meccanism m o principaale per l'in nterazionee dei ffotoni γ e X al di sotto s dei 550 KeV, ma m che siaa molto m meno impo ortante add enerrgie più alte. Scatttering Coompton: un u fotone γ inciden nte espelle un elettroone da un atomo, inn moddo simile al caso precedentte, ma l'eenergia ad ddizionalee del foto one vienee convvertita in un u nuovo fotone γ, meno eneergetico, con c una diirezione diversa d dall fotone originnale. La probabilittà dello scattering g Comptoon diminu uisce conn mentare dell'energi d ia del fottone. Si pensa p chee questo sia il meeccanismoo l'aum prinncipale perr l'assorbiimento deei raggi γ nell'interv vallo di ennergie "m medie", traa 100 KeV e 10 1 MeV, dove va a ricaderee la magg gior parte della rad diazione γ one nucleaare. Il mecccanismo è relativam mente ind dipendentee proddotta da unn'esplosio dal nnumero attomico dell materialee assorben nte. Figura 1.6: scatterring Compton. duzione di coppie: interaggendo con n la forzza coulom mbiana deel nucleo,, Prod l'eneergia del fotone incidentee è conv vertita neella masssa di un na coppiaa eletttrone/positrone. L'eenergia ecccedente la massa a riposo ddelle due particellee (1.02 MeV) appare a com me energiaa cineticaa della cop ppia e del nucleo. L'elettrone L e ne second dario, è m molto ioniizzante. Ill dellaa coppia, in generee chiamatto elettron -8 posiitrone avràà vita brev ve: si ricom mbina entrro 10 seccondi con un elettro one libero.. L'inttera massa delle du ue particeelle viene quindi co onvertita in due fottoni γ conn un'energia di 0.51 0 MeV V ciascunoo. oni di Z edd Eγ in cuii predomin nano le sinngole inteerazioni. La ffigura indiica le regio Figura 1..7:possibili interazionii tra radiaziioni γ e matteria. Le ccurve traccciate sono l’insiem me dei punti in cui due tipi d’interaziione sonoo uguaalmente probabili. p Dalla fiigura è evidente e che c l’effeetto fotoeelettrico è dom minante peer basse en nergie dell fotone (zzona A), l’effetto C Compton predomina p a nellaa regione centrale (zzona B), m mentre la creazione c di coppie diventa im mportantee ad eenergie piiù alte (zona C); ssi nota in noltre che l’intervaallo in cuii l’effettoo Com mpton è doominante decresce d aal cresceree di Z. 1.5 La radiioattivittà naturrale I raadionucliddi naturalii primorddiali sono caratterizzati o dda una viita mediaa dell’’ordine deell’età della terra (oo maggiorre di essa)) o dall’apppartenenzza ad unaa famiiglia radiooattiva con n capostip ite aventee la proprieetà preceddente. Figura 11.8: radionuclidi naturali Queesto grupppo è costtituito da una decina di nu uclei. La maggior parte deii radioonuclidi naturali primordiaali apparrtiene allle 3 fam miglie deell’uranio,, 238 dell’’attinio e del torrio, avennti per capostipiti c i U92, 235U92, e 232Th900 rispeettivamente. L’238U92 e 235U92 son no i 2 iisotopi piiù abbondanti (999.2745% e 0.72% % rispeettivamente) a lung ga vita media (quind di quasi sttabili) delll’uranio naturale; n ill 234 terzoo isotopo quasi stab bile dell’urranio è lo U92 (0.0 0055%). 2322 Il Th90 è l’uunico nuclleo quasi sstabile tra gli isotopi del torioo. I nuumeri di massa m dei nuclei aappartenen nti alle trre famigliie sono esprimibili e i tram mite le relaazioni A=4 4n, A=4n+ +2 e A=4n n+3 (con n intero). Mannca la faamiglia co on A=4nn+1: questa è statta scopertta nel caampo deii radioonuclidi artificiali (famigliaa del netttunio, caapostipite 237Np93) e la suaa asseenza in naatura si sp piega col fatto chee tutti i su uoi nucleii hanno vita v mediaa troppo breve rispetto r alll’età dellaa terra: il nettunio n ha un temppo di dimeezzamentoo di 22.14.106 annni contro o, per esem mpio, i 4..468.109 anni a dello 238U92. Quello Q chee 2099 restaa oggi in natura n di questa q fam miglia è l’elemento stabile Bi83. Gli schemi dii decaadimento di d queste 4 famigliee sono: Figura 1.99: schemi dii decadimen nto delle qu uattro famig glie di radiooattività natturale. In dettaglio avvremo perr le diversee famigliee: 2 • Serie deel Torio (232 Th). Questa serie iniziia con il 2332Th (abbo ondanza issotopica 1100%; ha periodo p dii 10 208 1 aanni) e termina con il P Pb di peercentualee dimezzamento 1.4·10 isotopicca 52.3% Elem mento supeerstite Figurra 1.10: serrie del 232Th h. • Serie deel Nettunio (237Np) Quello che restaa oggi inn natura di d questa famiglia sono gli elementii o. I nuclidii della serrie non haanno nomii storici in n quanto è Bismutto e Tallio stata sccoperta sollo di recennte. Elemeento supersstite Figurra 1.11: serrie del 237Np p. • Serie deell'Uranio o (238U) Il capostipite di questa seerie è 238U che ha un'abbonddanza isottopica dell 9 99,3% e un perriodo di ddimezzam mento di ∼4.5·10 ∼ aanni. Esso o decade,, 234 − mediannte emissione α, nnel Th, il quale decade β nel prrotoattinioo metastaabile 234; mediante ulteriori decadimen d nti α e β lla serie terrmina conn 236 il Pb (percentu uale isotoppica 25.2% %), che è stabile. I decadimeenti α e β mpagnati da emissio one di ragggi γ. sono freequentemeente accom Elem mento supeerstite Figurra 1.12: seriie dell’ 238U. U • Serie deell'Uranio o (235U) Detta anche a seriee dell'attinnio. Questta serie haa come caapostipite lo 235U dii abbonddanza isoto opica 0.722% e perio odo di dim mezzamentto 7.1·108 anni; essaa terminaa con l'isottopo 207Pbb82 (percen ntuale isoto opica 21,77%) Elemeento superrstite Figurra 1.13: seriie dell’ 235U. U 1.6 Radon Il R Radon è il gas nobille più pessante con numero atomico a 886 ed è l’u unico chee pressenta una radioattivi r ità natural e. Esisstono tre isotopi dell Radon pprovenientti dal decaadimento ddi elemen nti diversi,, 238 232 235 22 22 220 U U, Th e U che originanoo rispettiv vamente Rn, R Rn (chiamato anchee 219 Actiinon) e Rn (noto anche a col nome di Thoron). T Di preminennte imporrtanza è ll’emanaziione di 2222Rn, chee ha un tempo dii dimeezzamentoo τ di circa 3.823 giiorni. Menno rilevannte è l’em manazione di 220Rn che, c in virrtù del suoo τ molto più brevee (~555 s), puòò decaderre con m maggiore probabilittà nei prrodotti so olidi suoii discendenti e difficilmeente raggiuunge l’atm mosfera. 2119 p il brev ve τ (~4.0 s), che peer la bassaa Trasscurabile è l’emanazzione di Rn, sia per 2355 fraziione di U, suo pro ogenitore,, presente nell’uraniio naturalee (0.725% %). Perttanto nell’uso comu une il term mine Radon n è usato per identiificare il solo 222Rn,, l’isootopo più abbondant a te in naturra. 222 Il paadre direttto del Rn R è il 226R Ra che deccade α con n un temppo di dimeezzamentoo di ciirca 1500 anni. Figurra 1.14: deccadimento α del 226Raa. Tratttandosi dii un decad dimento a due corpi, la particcella α em messa ha un’energia u a fissaa pari a cirrca 4.48 MeV, M menntre l’energ gia di rincculo del R Radon è di circa 1000 KeV V. Il 226Raa a sua vo olta derivva dal 238U, U il più abbondant a te (in natu ura) deglii isotoopi dell’urranio. Nellla figura 1.15 1 è illusstrata la seequenza dei d decadim menti delll’238U, con n i relativii temppi di dimeezzamento o, la quale termina quando q è raggiunto uun isotopo o stabile. Fig igura 1.15: sequenza radioattiva r dell’ d 238U. mico-fisicche del 222Rn: Nellla tabella 1.1 sono illlustrate lee caratteristiche chim Peso atom mico Numero atomico a Temperatura di fusioone (1 atm m) Temperatura di ebolllizione (1 atm) Densità del liquido ((Tfus) Solubilitàà in acqua ((1 atm): a 0°C a 20°C a 30°C Viscosità (1 atm) a 20°C a 25°C 222 86 -71°C -62°C 4.4 g·cm--3 510 cm3kgg-1 230 cm3kgg-1 169 cm3kgg-1 229.0 Pa··s 233.2 Pa··s Tabella a 1.1: caratt tteristiche ch himico-fisicche del 222R Rn. 1.6.1 Radon in natura La presenza in natura del Radon è molto limitata: si stima, infatti, che la sua abbondanza sulla terra, calcolata in percentuale di peso, sia circa di 4·10–7 e che ne siano presenti circa 11.5·104 Kg nel primo miglio di crosta terrestre. L’attività media per unità di massa di Radon su scala mondiale, nel suolo, è di circa 25 Bq/kg, mentre quella relativa ai materiali da costruzione come sabbia, calcestruzzo o mattoni è compresa tra 10 e 80 Bq/Kg. L’uranio è distribuito in maniera ampia sulla crosta terrestre, e la quantità di Radon dipende direttamente dalla concentrazione di questo elemento, ma ciò, in realtà, si verifica solo raramente a causa del fatto che l’Uranio e il Radio hanno un comportamento geochimico diverso ed hanno la tendenza a concentrarsi in rocce e minerali differenti. Il Radio è soggetto agli stessi processi geochimici del Calcio e del Bario, appartenendo al gruppo degli alcalino-terrosi, e quindi si concentra nei solfati, come ad esempio la barite (BaSO4), e nelle rocce sedimentarie come le argille. L’Uranio invece si concentra nei liquidi magmatici residuali come la titanite, l’allanite e lo zircone; la sua presenza inoltre è importante nelle rocce eruttive. Il radon spesso rimane intrappolato nei solidi contenenti il suo progenitore, oppure può diffondere nell’aria o nell’acqua circostante ed essere trasportato lontano dal luogo di origine. Nella maggior parte dei minerali il processo principale del rilascio del Radon dalla roccia è quello del rinculo: come abbiamo visto, uno ione di Radon che si forma nel decadimento di un atomo di Radio ha un’energia cinetica di rinculo di circa 100 KeV, tale che può farlo fuoriuscire dal grano di origine e farlo migrare altrove. Alcuni atomi possono decadere prima di diffondere dal grano e pertanto si definisce il potere di emanazione del solido come la frazione di atomi di Rn formati che riescono a uscire dal grano e diventano soggetti al trasporto. Si parla di frazione di rinculo diretto del potere di emanazione per indicare la percentuale di ioni il cui tragitto termina nei pori, cioè negli interstizi o nelle fenditure delle rocce. Il range di rinculo dell’atomo di Rn nel caso dell’aria è dell’ordine di 100 Å mentre nel caso dell’acqua è di 1 Å per un’energia di 100 KeV; risulta quindi evidente che, nel caso dell’acqua, la probabilità che gli atomi si fermino nei pori è maggiore. Se l’atomo di rinculo attraversa il poro e termina in un grano adiacente, ha comunque provocato un danno nella struttura del grano di arrivo e la percentuale di attomi che riescono r ad a uscire ddal second do grano e tornare nnel poro attraversatoo è deetta frazionne di rincu ulo indirettto del pottere di emaanazione. Un grosso coontributo al potere di emanazione è dato anchhe dal prrocesso dii o evidentee diffuusione deggli atomi di Rn atttraverso ill materialee solido, ffenomeno nel caso di materiali m radioattivvi. La rad diazione emessa daal mineralle, infatti,, ma all’inteerno dello stesso unn mosaico di piccolii canali neei quali pu uò entraree form dell’’acqua; coome risulltato di ciiò si ha un u aumen nto della ffrazione di d rinculoo direttto. Figuraa 1.15: rilasscio del Rn dalla rocciia attraverso il processso di rincullo. Va nnotato chee l’emissio one di Rnn deve pro ovenire daa isotopi ddi Radio disposti d inn sottiili strati suulla superrficie dei ggrani nel minerale; questo peerché gli atomi piùù interrni di Radio R no on possonno contriibuire all’emanaziione, purrché nonn interrvengano fattori essterni com me la corrrosione ch himica o fessuraziione dellaa rocccia. Unaa volta chhe il Rado on fuoriessce dalla roccia pu uò essere trasportatto altrovee attraaverso duee meccanissmi princiipali: la diiffusione e il trasporrto. Nellla diffusiione il Raadon si m muove risp petto al flluido che riempie i pori dell mezzzo; il fenoomeno è descritto d ddalla segueente equazzione assuumendo ch he il rateoo di prroduzionee del Rado on sia costaante: − C( z) = C0 ⋅ e z LD (1.12)) dove C(z) è la concentrazione di Radon alla distanza z, C0 la concentrazione nel punto in cui viene rilasciato il Radon e LD è la lunghezza di diffusione e ci dà un’idea della distanza che può percorrere il Radon nel mezzo in cui diffonde. La diffusione contribuisce in minima parte al processo di migrazione, perché la lunghezza di diffusione generalmente è molto bassa (dell’ordine del metro). Il meccanismo del trasporto prevede sostanzialmente due modelli: 1- secondo una teoria, la grandezza dei pori nel sottosuolo è sensibile alla deformazione per compressione del mezzo e questo comporta flussi di fluido provenienti dalle aree più compresse. Le compressioni possono essere determinate dalle deformazioni periodiche dovute alle maree terrestri o a quelle casuali provocate da movimenti sismici. 2- Un altro meccanismo ipotizzato è il moto dei fluidi dovuto al gradiente geotermico, che determina risalita di acqua o di aria e genera quindi delle celle convettive. Si calcola che, in media, il Radon impieghi circa 20 giorni per percorrere una distanza di 100 metri e quindi, tenendo conto del tempo di decadimento, circa il 3% del Radon potrebbe arrivare alla superficie partendo da una tale profondità. 1.6.2 Il Radon nelle abitazioni Quando il Radon fuoriesce dal sottosuolo spinto verso l’alto dal gradiente verticale di temperatura, si miscela con l’aria della bassa atmosfera attraverso turbolenze e venti. L’emissione di Radon dal suolo varia da punto a punto e dipende dalle caratteristiche del terreno e dell’atmosfera. In una casa, l’aria che fuoriesce dal terreno penetra attraverso le fondamenta, principalmente grazie alla differenza di pressione tra il terreno e l’interno dell’abitazione. Alcune case poggiano su un basamento e, in genere, prima che questo venga messo a dimora, si riempie lo scavo con ghiaia e roccia, materiali che possono generare e rilasciare Radon. La quantità di Radon emanata dipende dalla percentuale di Uranio presente e dalla maggiore o minore permeabilità del terreno, che permette la diffusione del gas. La concentrazione CR di 222Rn in uno spazio chiuso può essere descritta, in maniera molto approssimata, dalla seguente equazione: CR = A v+λ (1.13) dove A è la concentrazione per unità di tempo del Radon in ingresso, λ è la costante di decadimento e v è il tasso di ventilazione, cioè la frequenza di ricambio dell’aria all’interno dello spazio chiuso espressa in numero di ricambi/tempo. Nel calcolo della concentrazione di Radon nelle abitazioni bisogna inoltre tener conto anche delle variazioni nel tasso di ventilazione, dei cambiamenti delle condizioni meteorologiche e delle abitudini umane. La legge italiana definisce il valore massimo di concentrazione di attività di Radon in aria in ambienti chiusi a 500Bq/m3 il cui superamento richiede l’adozione di azioni di rimedio che riducano tale grandezza a livelli più bassi del livello fissato. 1.6.3 Grandezze dosimetriche Le grandezze di dose sono grandezze correlate all’energia ceduta dalla radiazione ionizzante in un determinato tessuto. Per dose si intende l’energia rilasciata per unità di massa e la sua unità di misura è il Gray (J/Kg). I decadimenti del Radon e dei suoi figli portano all’emissione di radiazione α, β e γ come mostrato nella tabella 1.2: Radionuclide Nome storico 222 218 Rn Po Radon Radium A τ 3.823 d 3.05 min 214 Pb Radium B 26.8 min 214 Bi Radium C 19.7 min 214 Po Pb Radium C’ Radium D 164 μs 22.3 y Bi Po Radium E Radium F 5.01 d 138.4 d Pb Radium G Stabile 210 210 210 206 Principali energie Emesse (MeV) α β γ 5.49 6.00 0.67 0.73 1.02 1.0 1.02 1.51 3.26 0.242 (8%) 0.295(19%) 0.352(37%) 0.609(46%) 0.769(6%) 1.12 (15%) 1.764(16%) 7.69 0.015 0.047 (4%) 0.061 1.161 5.305 Tabella 1.2 Emissioni del radon e della sua progenie. Ai fini dellaa dose asssorbita ddall’organiismo, è nettament n te predom minante ill messa dai figli a brreve τ dell radon, e cioè dall conttributo della radiazione α em 218 2144 222 Poo e dal Po nel casso del R Rn. Si può ò trascurarre l’emissiione di α del d Radonn che, essendo un gas nobile, un una volta inalato ha h bassisssime prob babilità dii 210 nsito nell’aapparato respiratorio r o e nemm meno il Pb, P poichéé decaadere duraante il tran ha ττ=22.3 annni e quin ndi verrà probabilm mente rim mosso dalll’apparato o bronco-polm monare priima che un na sua fraazione sign nificativa possa p decaadere. 1.6.4 Conssideraziioni dosimetriche sull compo ortamen nto deii odotti dii decadiimento d del 222Rn R pro In uun ambientte in cui la concentrrazione dii Radon è stabile e dove ogni prodottoo di ddecadimennto viene rimosso soltanto dal suo successivvo decadim mento, sii ragggiunge unoo stato di equilibrioo (equilibrio secolare) quandoo tutti i rad dionuclidii sonoo presenti con la steessa attivittà e questo o avviene in un tem mpo molto più lungoo (alm meno 4-5 volte) v dei τ dei figl i. L’equiliibrio seco olare si ragggiunge in n circa 200 226 6 222 giorrni (~480 ore) o tra Ra e Rnn come viisibile in figura f 1.166 e circa in n 3 ore traa 222 R Rn e i figli a breve τ, come vissibile nellaa figura 1.17. Figuraa 1.16: form mazione di 2222Rn (τ=3.8 823 giorni) da 226Ra (ττ=1608 ann ni). Figu ura 1.17: atttività dei prrodotti di deecadimento o a breve τ in percentuaale dell’attiività di una sorggente costa ante di Rn. mento dei prodotti ddi decadim mento è inoltre com mplicato dalla loroo Il coomportam attivvità chimiica; il fattto che esssi possan no aderiree sia al pparticolato o presentee nell’’aria che alle supeerfici e chhe tali “rratei di attaccamen a nto” varin no con lee conddizioni am mbientali, rende r mollto difficile caratteriizzare il looro stato. 218 Il Po, prodootto dal decadimentto del 222Rn, R si trov va inizialm mente nelllo stato dii ionee positivo a causa dello strippping di alcuni eleettroni dovvuto al riinculo dell nuclleo. La neeutralizzazzione avviiene tramiite un mecccanismo di assorbiimento daa partee di moleccole polarri di acquaa presenti nell’aria o attraversso la form mazione dii com mposti conn l’ossigen no o altre molecolee; il composto che nne risulta prende ill nom me di clusteer e solitamente ha una dimen nsione di una u decinaa di nm. Queesti clusters posson no legarsi a particeelle di aeerosol preesenti in aria, a fattoo conddizionato dalla co oncentrazioone e daalla dimen nsione deell’aerosol, oppuree rimaanere in foorma liberra, cioè in sospensio one nell’arria. 218 La cconcentraazione di Po nelll’aria può ò diminuiire a caussa della rimozione r e tram mite depossizione su u superficci, ventilaazione, diispositivi di purificcazione e decaadimento radioattiv vo. Va soottolineato che il raateo di deeposizionee dipendee forteemente daal fatto ch he il nucliide sia atttaccato o meno ad un aerosol e dallee caraatteristichee di quest’ultimo. Il 2118Po decadde a sua volta in 2214Pb imp partendo a quest’ulttimo un’eenergia dii rincuulo tale chhe gli perm mette di sstaccarsi dalla d particcella di aeerosol: si stima chee 218 214 circaa l’80% deel Po geeneri atom mi di Pb liberi. 1.6.5 Effettti biolog gici delle e radiazzioni Le rradiazioni producon no danni pper processsi di ionizzzazione ssoprattutto o a caricoo del D DNA dellee cellule e quindi, inn minor misura, m dellle membrrane cellullari. Le ccellule posssono esseere o ucciise o subirre modificcazioni geenetiche e gli effettii posssono esserre: -changee: cambiaamento risspetto allo o stato di normalitàà che può ò risultaree dannosoo o non; -damagge: lesion ne ovverro effetto dannoso alle cellule ma nonn necessaariamente all'individduo espostto; -harm: effetto daannoso cliinicamentee osservab bile negli individui irraggiatii o nella loro prolee; p à -detriment: il dettrimento è un conceetto in cuii si combiinano la probabilità manifestazzione. di insorrgenza dell danno, il tipo di daanno e il teempo di m Gli effetti possono essere som matici, rig guardano l'individuuo irragg giato e sii mmediati ooppure gen netici. dividdono in taardivi e im Gli effetti som matici tarrdivi derivvano dallee cellule modificate m e e non uccise u chee viluppo, doopo un peeriodo di latenza, l dii leucemiee e tumorii posssono portaare allo sv soliddi nell’inddividuo essposto. Moolto spesso i meccaanismi ripaaratori dellle cellulee impeediscono la l genesi dei d tumorii. Figura 1..18: effetti somatici s tarrdivi. ono dovuuti ad irraaggiamentto delle ggonadi maschili m e Gli effetti geenetici so minili in età riprod duttiva e pportano a mutazioni m i genetichhe nelle geenerazionii femm futuure oppuree si hanno delle abeerrazioni cromosom c iche che rraramente superanoo la prrima generazione peerché porttano a grav vi malattiee. Capitolo 2 Metodologie e tecniche di misura 2.1 Tecniche di rivelazione del Radon Negli ultimi anni, visto il grande interesse verso il problema Radon, sono stati sviluppati diversi sistemi per rivelare tale gas direttamente o attraverso i suoi prodotti di decadimento. Il 222Rn è un elemento che può essere rivelato con relativa facilità, essendo un emettitore α, e includendo i decadimenti dei figli, la radiazione emessa comprende anche particelle ß e radiazioni γ. Per la rilevazione del Radon sono utilizzati tre differenti approcci di campionamento: • Istantaneo: la misura è eseguita in tempi brevi rispetto alle variazioni di concentrazione; tali apparati sono particolarmente semplici dal punto di vista strumentale, ma richiedono una sequenza di operazioni manuali che ne limita l'applicazione. Tali strumenti sono particolarmente utili in campagne di monitoraggio in ambienti in cui si pensa siano superati livelli critici di concentrazione (il metodo istantaneo è così utilizzato al fine della radioprotezione in ambienti di lavoro e domestici e per l’individuazione di miniere sotterranee di Uranio). • Continuo: in questo caso sono utilizzati strumenti che permettono di misurare le fluttuazioni di concentrazione in tempi dell’ordine di alcune ore, rendendo così possibile lo studio dei parametri che danno luogo a tali variazioni. La strumentazione in questo caso è complessa e consente cicli di misura in automatico. • Integrato: questo tipo di campionamento è usato per determinare concentrazioni medie in intervalli di tempo selezionati. Si possono utilizzare strumenti che danno una misura integrata su intervalli temporali lunghi (settimane o mesi), utili soprattutto per la valutazione dell’esposizione media per un lungo periodo a radiazioni ionizzanti provenienti dal Radon. Le ttecniche di d campion namento ddel Radon n possono essere inooltre classsificate, inn basee alla strum mentazion ne utilizzatta, in: • Metodi attivi: il campionaamento deel Radon e della suua progenie avvienee o stesso mediante l’uuso di unaa pompa e attraverrso l'aspiraazione forrzata dello la misuura è effettuata tram mite strum menti attiv vi (dove per attivi s'intendee l'uso dii strumen nti che fannno uso di d preamp plificatori e amplifficatori dii segnalee). Questo tipo di riivelatori so ono generralmente rrivelatori real-time, cioè con rispossta in teempo reaale (rivelatori a sscintillazione o a semiconnduttore). • Metodi passivi: il campiionamento o del Rad don e deei suoi prrodotti dii mento è basato b sullla naturalee diffusione del gaas. In quessto caso i decadim rivelatoori registrano i deccadimenti e l’elabo orazione ddei dati avviene a inn seguito in laboraatorio. Queesti rivelaatori sono generalm mente non real-time,, q unaa risposta immediatta (rivelattori a tracce a statoo che nonn danno quindi solido, a carbonee attivo, eccc.). Conncentrazionni di Rad don possoono esseree determinate rivellando le α emessee attraaverso varri strumentti: Cam merette add elettreti: l’elettretee è un discco di teflon n che manntiene un potenziale p e elettrosstatico sttabile; quando q è posto in una cam mera contenente unn v d’’aria; racccoglie glii certo volume ioni prrodotti daalle particcelle α dii decadim mento dell Radon e dei suoii discend denti, peer cui il suoo potenziiale si rriduce in manieraa proporzzionale aall’attività presentee nella camera. c M Misurando o con unn voltm metro la perdita di d potenziiale duran nte un ceerto intervvallo di tempo t edd utilizzando apppropriati fattori ddi calibrazzione, si determina d a la conceentrazionee meddia di Radoon nella caamera e quuindi nell’ambientee. Cam mera a ion nizzazionee: è uno sttrumento simile s a un n condenssatore pian no a faccee paraallele in cuui il dieleettrico è ccostituito dal gas deel quale ssi vuole valutare v laa conccentrazionne di Rado on. Il Raddon diffon nde all’interno dellaa camera attraversoo una membranna permeaabile e quuando decaade, emette particeelle α. Le particellee uito della lloro interaazione conn caricche prodootte dai deccadimentii radioattiivi, a segu il gaas, lo ionnizzano daando origgine a ion ni positivi e negativvi; la presenza dell cam mpo elettricco fa sì che c questi si muovaano in verrsi oppostti lungo le linee dii forza del cam mpo, produ ucendo coosì una co orrente di ionizzazioone. Se in ndichiamoo odurrannoo con w l’enerrgia mediaa di ionizzzazione del gas, le particeelle α pro n di coppie ellettrone-io one pari a N= E/w. Q Questa caarica verràà ciasccuna un numero racccolta dalle armaturee producenndo un im mpulso eleettrico, chee poi verrrà rilevatoo attraaverso unaa elettronica di froont-end. Ill volume delle cam mere a ion nizzazionee influuisce sui valori deei paramettri che nee definisccono le caaratteristicche, qualii fonddo, efficiennza di con nteggio e ssensibilitàà. Riveelatore a tracce: è costitutoo da un foglio f di materiale m organico speciale,, ttipicamen nte nitrato o di celllulosa (L LR115) o ppoliallil diglicol carbonaato (CR3 39), chee iinteragisce con le emissioni α del Radon e dellaa ssua progen nie, riporttando traccce sufficieentementee pprofonde sulla pro opria supperficie. Terminata T a ll'esposizio one, il rivelatoree viene rimossoo ddall'appossito co ontenitoree e trattatoo chim micamentee per evid denziare lee tracce laasciate dallle particeelle α, chee vengonoo quinndi contatte con meetodi otticci o elettrrici. Dallaa conoscennza del numero n dii traccce, del teempo di esposizion e ne e del fattore f di calibrazioone del sistema s sii deteermina la concentraazione meedia di Radon. R La risposta di un riv velatore a traccce è indippendente dalle parrticolari condizioni ambientaali e non richiede,, com me in altri casi, l'anaalisi spettr trometrica dei disceendenti deel radon. I tempi dii espoosizione possono p esssere da bbrevi a lun nghi, per cui c tale teecnica ben n si prestaa alla determinaazione di concentraz c zione med dia annuale. d decadim mento dell 222Rn son no presentti anche eemettitori γ (214Pb e Nellla catena di 216 Bi); sotto condizion ni di equuilibrio secolare, s è possibiile determ minare laa 222 n tramite rrivelazionee dei γ di decadimen d nto. conccentrazionne di Rn Can nestro a carbone c attivo: a è generalm mente una scatola m metallica cilindricaa contenen nte i carbo oni attivi ((circa 100 0 grammi)) che adso orbono ill Radon presente nell'aria.. Dopo un n tempo di d esposiziione, dell'ordine dii qualche giorno, i canestri che adsorbono ill radon maa non lo rilevano, ssubiscono un'analisii di spetttrometria γ tram mite riveelatore a scintillazzione, tipicamente a cristalli di ioduroo di sodio o tramite rivelatoree a semicconduttoree (Ge)). Dai riisultati dell'analisi d i spettralee, dalla conoscennza del tempo t dii espoosizione e dal fattore di calibbrazione si s ricava la l concenntrazione relativa r all periodo di esposizione. La tecnica dei carboni attivi è adatta a misure di concentrazioni anche inferiori ai 20 Bq/m3 e richiede pochi giorni per la sua realizzazione, ma può essere applicata anche per determinare la concentrazione media annuale eseguendo una misura ogni 3 mesi. Il limite principale consiste nella forte dipendenza dalle condizioni ambientali di temperatura e umidità. 2.2 Rivelatori raggi γ La radiazione elettromagnetica è neutra quindi non è possibile rilevarla direttamente durante il suo passaggio attraverso il rilevatore come per le particelle α. I fotoni possono essere rilevati solo se interagiscono con gli atomi che costituiscono il materiale assorbente, ovvero solo quando la loro energia viene ceduta agli elettroni che, rallentando e perdendo energia attraverso ionizzazioni, eccitazioni e bremsstrahlung, ci danno informazioni sul fotone. In altre parole, per esaminare la radiazione γ, serve un rilevatore in grado di convertire l’energia del fotone in energia cinetica di uno o più elettroni e di fungere da rilevatore di questi, attraverso la raccolta della carica elettrica. Il processo preferito, ai fini della rilevazione dei raggi γ, è l’effetto fotoelettrico: la creazione di un fotoelettrone garantisce che la totalità dell’energia della particella incidente sia convertita in energia cinetica. I primi rilevatori utilizzati per la spettroscopia γ sono gli scintillatori. Ne esistono di diversi tipi, a seconda che siano costruiti con materiali organici o inorganici, liquidi o solidi. Questi rilevatori si basano sulla possibilità di produrre un segnale luminoso (fluorescenza) attraverso la diseccitazione degli atomi del mezzo in cui l’elettrone diffonde. Gli impulsi di luce vengono amplificati e convertiti in segnali elettrici da dei fotomoltiplicatori. La principale causa di perdita di risoluzione del rilevatore risiede nella fluttuazione della carica raccolta, molto maggiore che nei rilevatori a semiconduttore. Un'altra categoria di rilevatore a stato solido sfrutta i cristalli semiconduttori (Silicio e Germanio), materiali nella cui struttura a bande gli elettroni riempiono completamente la banda di valenza ma, poiché essa è separata dalla banda di conduzione da un gap non troppo elevato di energia (circa 1.115 eV nel silicio e 0.665 nel germanio, da paragonare ai 20-30 eV circa necessari per ionizzare un atomo di gas in una camera a ionizzazione), alcuni elettroni possono passare alla banda di conduzione lasciando una lacuna in quella di valenza. Figura a 2.1: strutttura a band de per metallli, semiconnduttori e iso olanti. do con unna giunzio one n-p di d Germannio produce coppiee Un raggio γ, interagend h luogo nella reegione dii liberre di eleettroni e lacune. Se l’inteerazione ha svuootamento, gli elettro oni liberi ssi muovon no verso l’elettrodo ppositivo e le lacunee nellaa direzionne oppossta, produucendo un n segnalee elettricoo che pu uò esseree misuurato. Se la particella perde tutta la su ua energiaa nel mateeriale, il numero n dii copppie elettroone - lacu una prodootte è prroporzionaale all'eneergia iniziale dellaa partiicella. Daai segnali elettrici pprodotti è possibile risalire aal numero di fotonii passsati nel rileevatore e alla a loro eenergia iniiziale. A teemperaturra ambientte (300 K K) il cristaallo di Geermanio è afflitto da d rumoree term mico, dovuuto al baasso gap che separra la banda di vallenza da quella dii condduzione, quindi q per l'elettronee è facile saltare in quest'ultim ima. Per riisolvere ill probblema è necessario n abbassaree la temp peratura deel cristalloo fino a circa c 77K K (tram mite azotoo liquido)) in modoo che gli elettroni non disppongano di d energiaa suffi ficiente perr passare nella n bandda di cond duzione. Nei rilevatorii a semiconduttore viene so olitamente utilizza una giunzzione p-nn inveersamente polarizzata, la qualle permettte di averee una zonaa di svuotaamento inn cui non si poossono av vere migraazioni di cariche appartenennti al cristtallo ed è s prrodotti da particelle p ionizzantii. posssibile riconnoscere i segnali Queesto permeette di averre due vanntaggi: 11. il numeero elevato o di coppiie prodottee rende le fluttuaziooni statistiiche menoo importaanti; 22. elevato rapporto segnale/ruumore. Queest’ultimo non è traascurabile, dato il basso b liveello del seegnale otttenuto dall rilevvatore. La zzona di svuuotamento o ha dimennsione: 2ε ⋅ V d≅ e⋅ N (2.1) Dove: V è la tensione applicata alla giunzione p-n. ε è la costante dielettrica del mezzo. N è la concentrazione d'impurità del mezzo. La massima larghezza della zona di svuotamento che si può ottenere con semiconduttori normalmente puri è 2 o 3 mm, anche se la polarizzazione inversa è prossima alla rottura del diodo. Tuttavia per la spettroscopia γ, sono necessari rilevatori con un volume attivo ben più grande. Dalla relazione che ci dà le dimensioni della zona di svuotamento, si nota che diminuendo la concentrazione d'impurità è possibile aumentare il volume attivo. Infatti le tecniche sviluppate verso la metà degli anni Settanta permettono di ridurre la concentrazione d'impurità fino a 1010 atomo/cm3, raggiungendo un’estensione della regione di svuotamento pari a 1 cm. Il procedimento inizia da un materiale già molto puro che viene raffinato progressivamente sfruttando la maggiore solubilità delle impurità nel Germanio fuso rispetto allo stato solido. Questo viene riscaldato localmente e gli atomi estranei vengono eliminati dal materiale. Il Germanio iperpuro ottenuto è di solito chiamato Germanio intrinseco o HPGe. Il potenziale inverso applicato garantisce che la zona di svuotamento occupi l’intero volume della regione meno drogata e che gli elettroni raggiungano la velocità di saturazione (107cm/s) diminuendo le possibilità di ricombinazione e il tempo di raccolta. I rilevatori a semiconduttore sono particolarmente indicati per la spettroscopia γ perché: • l’energia di ionizzazione (creazione coppia lacuna-elettrone) è molto bassa, permettendo così di generare molti portatori di carica; • il numero atomico degli elementi considerati (Germanio e Silicio) è alto, garantendo elevate sezioni d’urto; • la densità è tanto alta da avere in un piccolo volume la massa sufficiente ad assicurare un’ottima efficienza; • la risoluzione è altissima e permette di distinguere sorgenti molto prossime in energia. Il riilevatore può esserre realizzzato in du ue diversee configuurazioni, planare p e coasssiale. Figura 2. 2: configurrazione plan nare. Figura 2.33: configura azione coasssiale. Quaalsiasi tipoo di rilevaatore devee essere co ollegato ad a una cattena elettrronica perr perm mettere la visualizzaazione delll’impulso. Questa catena c è coostituita daa: uun modullo di alta tensionee che forn nisce una tensione ppositiva o negativaa neceessaria perr il funzion namento ddel rilevattore; uun pream mplificatorre che ampplifica i deboli d segn nali in usccita da un rilevatoree cerccando di minimizza m are il rum more aggiiunto, prim ma di traasmetterli agli altrii disppositivi deel sistemaa elettroniico. Poich hé i segn nali in inggresso so ono moltoo debooli, i preaamplificattori sono collegati il più vicino posssibile all’u uscita dell rilevvatore, in modo daa minimizzzare la capacità del d cavo e massim mizzare ill rappporto segnnale/rumo ore. Per qquesto dii solito i preampliificatori non n sonoo instaallati, insiieme agli altri modduli, nei contenitorri NIM m ma direttam mente sull rilevvatore. Geeneralmentte un preaamplificato ore dà in uscita u un segnale lineare conn un ttempo di salita s molto piccoloo, consisteente col teempo di raaccolta deella caricaa del rrilevatore,, e un tem mpo di cadduta elevatto, responssabile dellla lunga coda c (50 o 100 μs) del segnale in i uscita. In questto modo la raccoltta della carica c nell ma che ill segnale sia dimin nuito in m modo sign nificativo.. rilevvatore avvviene prim Un’altra funzione del preamplificatore è di adattatore d’impedenza. Esso `e tale da presentarsi con un’alta impedenza al rilevatore e una bassa impedenza in uscita per i successivi componenti elettronici del sistema; un amplificatore che amplifica il segnale proveniente da un preamplificatore e che dà a esso una forma conveniente per essere elaborato da altri dispositivi. In ogni caso l’amplificatore deve sempre preservare l’informazione a cui si è interessati. Se si vuole ottenere l’informazione legata all’ampiezza dell’impulso, è necessario mantenere una certa proporzionalità fra il segnale in ingresso e quello in uscita. In tal caso si parla di amplificatori lineari o amplificatori per spettroscopia. Il segnale proveniente da un preamplificatore è caratterizzato da una lunga coda dell’ordine di diversi μs. Se un secondo segnale arriva entro questo lungo tempo di caduta, si ha una sovrapposizione e una conseguente distorsione di entrambi i segnali. Per evitare questo fenomeno, chiamato pile-up, si utilizza un amplificatore che, modificando la forma dell’impulso, ne accorcia la coda. L’utilità di modificare opportunamente la forma dell’impulso sta anche nel fatto che in questo modo si riesce ad ottimizzare il rapporto segnale/rumore. Ottimizzare il rapporto segnale/rumore significa intervenire sulle componenti di Fourier di un segnale eliminando, con un filtro, le frequenze dove il rumore è massimo. Questo restringimento della larghezza di banda del segnale altera la distribuzione delle componenti in frequenza del segnale e comporta un cambiamento della sua forma. Per ottimizzare il rapporto segnale/rumore è vantaggioso avere segnali di forma gaussiana. Gli amplificatori per spettroscopia sono perciò caratterizzati da una stretta banda passante che amplifica solo le frequenze comprese entro tale intervallo, in modo da fornire in uscita un segnale di tipo gaussiano. In questo modo ovviamente non si preserva l’informazione contenuta nella forma del segnale, ma solo quella riguardante la sua ampiezza; un convertitore analogico-digitale (ADC) che riceve in ingresso un segnale analogico da un amplificatore, e converte l’informazione in esso contenuta in una equivalente forma digitale. L’ADC genera un numero proporzionale all’ampiezza del segnale in ingresso, una volta definita la corrispondenza fra un certo intervallo per l’ampiezza dei segnali in input (ad esempio da 0 a 10 V) e un range per i numeri digitali di output (da 0 ad un massimo di 1000). La risoluzione dell’ADC dipende dall’ampiezza del range della digitalizzazione: essa sarà tanto migliore quanto più questo è ampio. Esistono due tipologie di ADC, distinte in peak-sensitive e charge-sensitive in base al tipo di segnale digitalizzato. Nel primo caso è il massimo dell’impulso analogico a essere convertito in un numero digitale, nel secondo è la corrente totale integrata. Esistono diversi metodi su cui si basa la conversione, i più famosi sono il metodo di Wilkinson e il metodo per approssimazioni successive. Il primo utilizza il segnale in ingresso per caricare un condensatore che si carica con un rate (cioè una corrente) costante. Contemporaneamente si contano gli impulsi di un oscillatore a frequenza fissa, che parte all’inizio e s'interrompe alla fine della scarica del condensatore. Il numero d'impulsi contati è proporzionale alla carica accumulata sul condensatore. Il metodo per approssimazioni successive, invece, mette a confronto l’ampiezza del segnale in ingresso con quella di una serie di segnali di riferimento. Se il segnale è superiore a un certo valore, si associa 1 al primo bit del numero digitale, altrimenti si restituisce 0. Quindi si aumenta o si diminuisce della metà il potenziale di riferimento e si ripete tale procedura fino ad ottenere il numero di bit richiesto. Il tempo impiegato dall’ADC per il processo di digitalizzazione è detto tempo di conversione; dipende dall’ampiezza del range dei numeri digitali scelto, ma è generalmente dell’ordine di qualche decina di μs. Una volta digitalizzata l’informazione riguardante l'ampiezza dei segnali in ingresso all’ADC è necessario analizzare e classificare i dati così ottenuti. L’analizzatore multicanale si occupa di memorizzare in una memoria a multicanale (che possiamo immaginare come una serie d'indirizzi) i numeri derivanti dalla conversione digitale. Esso incrementa così il contenuto di ogni canale ogni volta che arriva dall’ADC un numero corrispondente all’indirizzo di quel canale e realizza un istogramma che ci fornisce il numero di conteggi per canale. Ad ogni indirizzo (o canale) del multicanale corrisponde, dunque, in seguito alla conversione digitale, una certa ampiezza del segnale analogico in ingresso e, ancora prima, una certa energia della radiazione incidente il rilevatore. La risoluzione dell’analizzatore multicanale è data da un fattore chiamato guadagno di conversione, che corrisponde al numero totale di canali usati per la conversione analogicodigitale. 2.3 ADLINK PCI 9812A Caratteristiche Tecniche: Supports a 32-bit 3.3 V or 5 V PCI bus. � 12-bit A/D resolution. � Up to 20 MS/s simultaneous-sampling rate. � >17 MHz -3 dB bandwidth. � 4-CH single-ended inputs. � Bipolar analog input ranges. � User-selectable input impedance of 50 Ω or high-input impedance. � Onboard 128 k-sample A/D FIFO (PCI-9812A). � Analog and digital triggering. � External clock input for customized conversion rate. � Bus-mastering DMA for analog inputs. � 3-CH TTL digital inputs. � Compact, half-size PCB. Analog Input Number of channels: 4 single-ended Resolution 12-bit. � Maximum sampling rate: 20 MS/s. � Input signal ranges, impedance and overvoltage protection. � Accuracy: ±1.5 % typical. � DNL: ±0.4 LSB typical, ±1.0 LSB maximum. � INL: ±1.9 LSB typical. � Input coupling: DC. � Trigger sources: software, analog and digital trigger (5 V/TTL compatible). Trigger modes: software-trigger, pre-trigger, post-trigger, middle-trigger e delay trigger. � � FIFO buffer size: 128 k samples � Data transfers: bus-mastering DMA Triggering � Analog Trigger · Modes: pre-trigger, post-trigger, middle-trigger, delay-trigger · Source: CH0, CH1, CH2 and CH3 · Slope: rising/falling · Coupling: DC · Trigger sensitivity: 256 steps in full-scale voltage range � Digital Triggering · Modes: pre-trigger, post-trigger, middle-trigger, delay-trigger · Source: external digital trigger · Slope: rising edge · Compatibility: 5 V/TTL · Minimum pulse width: 25 ns External Sine Wave Clock � Input coupling: AC � Input impedance: 50 Ω � Input frequency: 300 kHz to 40 MHz � Input range: 1.0 to 2.0 Vpp � Overvoltage protection: 2.5 Vpp External Digital Clock � Input coupling: DC � Input impedance: 50 Ω � Compatibility: 5 V/TTL � Input frequency: 20 kHz to 40 MHz � Overvoltage protection: diode clamping, -0.3 V to +5.3 V 2.4 Descrizione del sistema di sviluppo LabVIEW Il programma di acquisizione dati e di elaborazione è stato realizzato utilizzando il sistema di sviluppo LabVIEW. LabVIEW (acronimo di Laboratory Virtual Instrument Engeneering Workbench) è un sistema di sviluppo potente e flessibile per applicazioni di acquisizione e analisi dati per PC in ambiente Microsoft Windows, per workstation Sun SPARCstation e HP-UX e per computer Apple Macintosh. LabVIEW si differenzia nettamente dai linguaggi tradizionali di programmazione intrinsecamente sequenziali mettendo a disposizione un ambiente di programmazione grafica e tutti gli strumenti necessari per sviluppare applicazioni rivolte all'acquisizione dati e alla loro analisi e presentazione. Con questo linguaggio di programmazione grafica, chiamato G, è possibile scrivere dei programmi disegnando dei diagrammi a blocchi. Dopo aver creato un diagramma, LabVIEW lo compila generando il codice macchina. LabVIEW integra in un unico sistema l'acquisizione dei dati, la loro analisi e la presentazione dei risultati. L'acquisizione dati e il controllo della strumentazione possono essere eseguiti con LabVIEW tramite diversi tipi d'interfacce, come IEEE 488 (GPIB), RS-232, oltre che con schede di acquisizione dati (DAQ) plug-in. Per l'analisi dei dati ci si può avvalere delle funzioni contenute nella libreria aggiuntiva di analisi che contiene funzioni per la generazione e l'elaborazione di segnali, per il filtraggio, per l'analisi statistica, il calcolo delle regressioni e per l'algebra lineare e vettoriale. In virtù della sua natura grafica, LabVIEW può essere considerato, di fatto, anche un prodotto per la presentazione dei dati, che consente di visualizzare i risultati in forma grafica e con metodi di visualizzazione che l'utente può facilmente modificare per adattarli alle proprie esigenze. 2.4.1 Progrramma per la ccalibraziione Il V VI Calibraazione.vi calcola i coefficieenti del fit f linearee per convertire inn enerrgia (KeV)) i segnalii di tensionne (V) pro ovenienti dal d rivelattore HPGee. L'intterfaccia utente u si presenta p inn questo modo: m Figuraa 2.4: pannello frontalle. glio il funzzionamentto. Veddiamo ora nel dettag Per pprima cossa bisognaa impostaree i pannelli 2 e 3. • Pannelllo 2 Numeroo di canali: è il nuumero di celle di memoria m o di canalli in cui è suddiviiso l'interv vallo di teensione prrovenientee dal riveelatore. Dii norma è una pottenza di 2 e più è allto il num mero di can nali, migliiore è la distinzione d e in energgia. Durata di acquissizione: è il tempo in cui la DAQ D acquuisisce il segnale, s è ndi e più alto è il valore, v maaggiore saarà l'esatteezza dellaa espresso in secon calibrazzione. • Pannelllo 3. Limite maggioree: rappressenta il valore v massimo di acquisizione dellaa o in volt; dopo di esso lo spettro saarà tagliatto. Per laa scheda, misurato scheda utilizzata non si posssono superaree i 5V. Limite minore: m raappresentaa il valoree minimo di acquisiizione dellla scheda,, misuratto in volt, quindi lo spettro prrima di questo valorre sarà tagliato. mere il tasto start e far partiree l'acquisiizione deii A quuesto punnto è possiibile prem dati.. Sul pannnello 4 si può osserrvare il teempo che passa e i segnali di tensionee emeessi dal HP PGe che so ono stati aanalizzati. Al teermine deell'acquisizzione sarà mostrato sul panneello 1 l'istoogramma. Il grrafico è coostruito prrendendo ssolo il massimo del segnale inn tensionee, infatti ill segnnale che arrriva comee input allla scheda di d acquisizzione è gaaussiano. Il sooftware coon questi segnali ccostruisce un vettorre e per m mezzo di contatorii vienne costruito un istog gramma coon il numeero di canaali prescellto nel pan nnello 2. Attrraverso il comando o zoom poosto sotto o il grafico o è possibbile sposttarsi su dii essoo e individuare i picchi p per la calibrrazione. Una U volta trovati, si s devonoo trasccrivere i numeri n deii canali coorrispondeenti a quessti ed inseerirli nel pannello p 7 nel ccontrollo NumCana N ale il qualee calcola il i valore in n volt (inddicatore Vo olt), comee mosstrato nell’’esempio in i figura 22.5: Figgura 2.5: pa annello 7. olt sulle ccorrispettiv ve casellee A quuesto punnto è neceessario scrrivere i vaalori in vo del ppannello 5 insieme ai valori iin Kev corrrisponden nti ai piccchi della so orgente dii calibbrazione (figura ( 2.6 6). Figgura 2.6: pa annello 5. Per terminare è necessaario premeere il tasto o stop; sul pannello 6 verrann no indicatii gramma d'acquisizioone (m e q). q i duee paramettri per la calibrazionne del prog Di sseguito è riportata r laa gerarchiia del VI comprensi c iva dei subb-VI costrruiti per ill proggramma e dei driverr della schheda DAQ. Figura ra 2.7: gerarrchia del VI. VI Diaggramma a blocchi Figurra 2.8: iniziializzazionee. d diagraamma a blocchi sono sttati utilizzzati perr I pprimi 2 frame del l’iniizializzazione degli elementi ddel VI. Nel pannello 1 viene definito il pproperty node n che attraverso a o il comando visiblee bile i bottooni del paannello fro ontale, e ill comando o disabilee rendde visibilee o invisib rendde cliccabiile o no i bottoni. b Nel pannello 2 troviam mo un w while loop con il taasto di sttart per far f partiree l'acqquisizione. Nel pannello 3 vengono o inizializzzati a 0 deegli array kev, k cont e scaledD Data. o presenti i VI riguaardanti la scheda d'aacquisizione. Nelll’immaginne 2.9 sono Fig igura 2.9: V VI della scheda di acqu uisizione. VI di conffigurazion ne della D DAQ al qu uale sonoo Nel pannello 1 è mostrato il V connnessi i conntrolli che settano: - il numeero del devvice (nel nnostro caso o è 1); nale al quaale è conn nesso l’am mplificatoree (nel nosstro caso è - il numeero del can 0); Buffer Sizze:) il quaale rappreesenta il numero n dii - la granndezza dell buffer (B punti, cioè c di seg gnali in tennsione, ch he la sched da memorrizza sullaa memoriaa temporanea dellaa DAQ. nte il VI cche dà il comando c alla schedda di prep pararsi perr Nel pannello 2 è presen a quale so ono connesssi 2 contrrolli: acquuisizioni al - numeroo di scanssioni d’accquisire: se s il contrrollo è im mpostato a -1 il VII acquisisce solam mente un bbuffer size,, se viene impostatoo 0 il VI acquisisce a e v stopppato con ill VI Ai Cllear; fin quanndo non viene - Scan Rate: R è il numero di campiioni al seecondo edd è contro ollato dall comanddo Scan Rate. Nel pannello 3 è mostrrato il VI A AI Read che c acquissisce i seggnali e ci restituisce r e l’arrray con i valori v di teensione (sccaledData a). Nel pannello 4 sono preesenti: nica alla sccheda di cancellare c la memooria e di metterla m inn - il VI chhe comun standbyy; - il VI chhe restituissce gli erroori Error Handler. H Nel pannello 5 sono prresenti le ttre condizzioni per uscire u dal cciclo whille. Se unaa mina il cicllo. di quueste divieene falsa, l’applicazzione term Figuraa 2.10: acqu uisizione da ati. La ffigura 2.100 rappreseenta l'acquuisizione dei d dati prrovenientii dalla sch heda DAQ Q (pannnello 1, 5 e 6), disscussa preecedentem mente, e laa rielaboraazione per otteneree l'istoogramma di questi (pannello ( 2, 3, 4 e 5). 5 I seggnali mem morizzati nell’array n scaledDa ata sono delle d gausssiane e lee parti chee ci innteressanoo per la costruzione del multiccanale, so ono solameente i masssimi. Nell pannnello 2 il vettore viene v proccessato daall’applicaazione Troova Max.vi (figuraa 2.111). Figurra 2.11: Tro ova Max.vii. Dalll’array sccaledData vengonoo estratti tre valorri consecuutivi che vengonoo conffrontati traa loro: se quello q cenntrale è maaggiore dii tutti e duue, il valorre passa all puntto successivo, altrrimenti viiene sostiituito il valore v 0. La secon nda partee conttrolla se il valore è compresso tra i lim miti prestaabiliti: se è compreeso, vienee imm magazzinatto dentro la variabiile y, altriimenti vieene sostituuito 0. Qu uesto VI è inserito all’innterno di un ciclo while in modo talle che tuttti gli elem menti dell ita dal cicclo whilee vettoore subisccano questo proceesso. L’arrray che è in uscit com mprende i massimi m di d tensionee e zeri. Nell pannelloo 3 della figura f 2.100 l’array viene v sisteemato in oordine decrescente,, attraaverso il comando c search 1D D array viene v trov vato il prim imo 0 poii vengonoo elim minati tutti attraverso o la funzioone deletee from arra ay. Il vettoore che nee risulta, è com mposto dai soli massimi di tennsione. Nel pannello 4 il vettore numeriico viene trasformaato in una stringa, questo q perr moria che affliggono a o ovviiare a varii problemi di iniziaalizzazionee ed effettti di mem gli aarray. Figura 2.122: parametrri di calibra azione. Nel riquadro 1 della figura 2.112 viene realizzato o un array ay di num meri interii mCanale) contenente i numerri da 0 a Numero N Ca anali. (Num La sstringa, provenient p te dal diaagramma a blocchi riportatoo in figurra 2.10, è convvertita in un array numericoo attraversso il sub-V VI String to Number (figuraa 2.133). Figura 2.13: Strin ng to Number. c è processaato dal com mando cosstruisci isstogramma a al qualee L'arrray così costruito sonoo attaccatii 3 controllli, che sonno rispettiivamente Limite L Minn e Limitee Mag chee servvono a speecificare la l massim ma e la minima enerrgia dello spettro, e Numeroo canaali che serrve per deccidere in qquanti can nali deve essere e diviiso l'istogrramma. Il daato in usccita dal co omando isstogramma a viene diiviso in ddue array: X Valuess saràà inserito nell'array denominnato Volt, Histogra am h(x) veerrà unito o all'arrayy mCanale e sarà visualizzato nel grafico Histogram m. Num Nel pannello 3 troviamo o un whilee loop con n il tasto di d stop del programm ma. ola i dati ddi calibrazzione attraaverso il suub-VI Rettta (figuraa L'ulttimo pannnello calco 2.144) che calccola la rettta passantee per 2 pu unti e restittuisce i vaalori m e q. q F Figura 2.14 4: Retta. 2.3 Progra amma pe er l’acqu uisizion ne dati Il prrogrammaa per l’accquisizion e prende i dati provenienti dall’amp plificatore,, costtruisce un istogramm ma con quuesti che poi viene salvato su ddi un file data. Il paannello froontale si presenta inn questo modo: m Figuraa 2.15: pann nello fronta ale. Veddiamo ora il funzion namento neel dettaglio. Per pprima cossa bisognaa impostaree i pannelli 2, 3, 6, 7 e 8. • Pannelllo 2 Durata di acquissizione: è il tempo in cui l'A ADC acquuisisce il segnale, s è ndi. espresso in secon ni: è il num mero massimo di ev venti che ll'ADC pro ocesserà. Numeroo Campion • Pannelllo 3 Buffer Size: S è la dimensionne della memoria m temporaneea della sccheda. Perr la schedda utilizzaata è limitaato a 15M Mb. Scan Rate: è la velocità v ddi campion namento ed e è espresssa in KH Hz. Per unn v non n dovrebbbe scend dere sottoo correttoo campionamento questo valore 2MHz. • Pannelllo 6 Limite maggiore m : rappreseenta il valo ore massim mo misuraato in volt, dopo dii questo lo spettro o sarà taggliato. Perr la sched da utilizzaata non sii possonoo superarre i 5V. Limite minore: m raappresentaa il valoree minimo di acquisiizione dellla schedaa misuratto in volt, quindi lo spettro prrima di essso sarà taggliato. • Pannelllo 7 Questo pannello serve per la calibrazione delllo spettro. I valori m e q sonoo r daal precedeente prograamma di calibrazion c ne. quelli restituiti • Pannelllo 8 Numeroo di canali: è il nuumero di celle di memoria m o di canalli in cui è suddiviiso l'interv vallo presccelto. Di norma n è una u potenzza di 2, più è alto ill numeroo di canali e migliorre è la distinzione in n energia ddi questi. A qquesto punnto è posssibile prem mere il taasto start nel riquaadro 5 e far f partiree l'acqquisizione. Sul pann nello 4 si ppuò osserrvare il tem mpo che ppassa e i gli g impulsii emeessi dal HPGe che sono statii analizzaati. Nel riq quadro 1 vengono riportati i dati come giuungono daall’amplifi ficatore prrima di essere proceessati,infaatti si puòò ussiana. notaare la loro forma gau Figura a 2.16: segn nale proveniente dall’a amplificatorre. Nel pannello 9 vengon no riportatti i dati do opo esseree stati elabborati dal software: sull'asse dellee ascisse è rappressentata l'energia in KeV meentre sull'aasse dellee umero di cconteggi. ordinate è ripoortato il nu d prograamma saràà chiesto dove si vuole sallvare il fiile ASCIII Al ttermine del conttenente i dati. d Di sseguito è riportata r laa gerarchiia dei VI comprensi c iva dei subb-VI costrruiti per ill proggramma, dei d driver della d scheeda ADC e delle fun nzioni I/O.. Figuraa 2.17: gera archia del VI. V Diaggramma a blocchi Figura ra 2.18: inizzializzazionee. Figura 22.19: acquissizione segn nale. Lo sschema a blocchi raappresentaato nella figura f 2.18 8 e 2.19 è lo stesso o riportatoo nellaa figura 2.8 e 2.10, pertanto pper un'anaalisi appro ofondita è opportun no riferirsii al prrogrammaa di calibraazione. Figura 2.2 20: costruzio ione dell’isttogramma e scrittura ssu file. Nel primo paannello vieene conveertita la sttringa prov veniente ddalla figurra 2.19 inn oi poter esssere elab borato dal VI generral histog gram. Nell arrayy numericco per po secoondo pannnello il clu uster vienne diviso in i due, l’aarray X vaalues vien ne scalatoo attraaverso i faattori di calibrazionne m e q e depositaato nel com mando keev, mentree l’alttro viene posto neell’array ccont. I due d vettorri vengonno uniti e mandatii all’indicatore grafico Histogram. H c l’’intestazio one per il file ASCIII con all’’interno ill Nel pannello 3 viene costruita mero canalli, campio oni analizzzati e dura ata acquissizione. Il VI svuota a array.vii num creaa una tabella ASCIII di due coolonne con i vettorii kev e coont e restittuisce unaa strinnga (figuraa 2.18). Figurra 2.21: svu uota array.vi. La sstringa coosì ottenutta viene cconcatena all’intestaazione e iinviata al VI writee file.vvi. Figu ura 2.22: write w file.vi. mette di memorizza m re la stringga in un file fi testo. Il VII mostratoo in figuraa 2.19 perm Il prrimo VI appre o crea il file dovve verrann no scritti i dati, il seccondo lo configura, c , il terrzo scrivee la stringaa sul file ddati, il quaarto chiud de il file qu quando la scrittura s è concclusa e l’uultimo ritorna l’errorre. 2.4 Progra amma pe er l’elab borazion ne dati Il V VI elaboraazione datti.vi prendde come in nput un fiile che haa come inttestazionee una stringa deel tipo Numero Canali: 2048 Numero N Cammpioni: 123439 Durata Acquissizione: 36 600 s – ed è costituitoo da due colonne, c ddove nella prima son no presentti le energ gie e nellaa secoonda il nuumero di conteggi. c IIl file vien ne poi elaaborato e rrestituiscee il valoree 3 dell’’attività (B Bq/m ) dei canestri ai carbonii attivi. Il paannello froontale si presenta inn questo modo: m Figuraa 2.23: pann nello fronta ale. Veddiamo ora il funzion namento neel dettaglio. All’apertura il i VI chied de dove è posizionaato il file che s’inteende elabo orare. Nell p vedere v l’iintestazion ne del filee e nel pannnello 5 si s possonoo pannnello 2 è possibile indivviduare i picchi peer il calcoolo dell’arrea. Il corrrispettivo in energiia di ognii piccco deve essere trascrritto nel paannello 1 e bisogna cliccare aavanti per ogni datoo inserito. Il sofftware elaaborerà unn fit gaussiano prend dendo 7 ccanali a deestra e 7 a sinisstra, comee mostrato in figura 2.21. Figura 22.24: fit gau ussiano dei dati. Il prrogrammaa calcoleràà l’area deel file che è stato inserito com me input all’inizio a e l’areea del file di calibraazione, possto nella stessa s carteella del VII. Nel pannello 3 sono mostrati i pparametri che c servon no per conntrollare la formulaa per iil calcolo dell’attiviità, e sonoo: - ΔM: rapppresenta la variaziione di maassa (g) del canestrrino dopo la cotturaa e primaa dell’espo osizione. o di espoosizione in n ore dell - tempo di esposiizione: rapppresenta il tempo canestriino. r ta un fattoore di corrrezione che c si usaa se il caampione è - Dial: rappresent espostoo per più di d 72 ore. A e Stabbiliti quessti parameetri è posssibile preemere il pulsante Calcola Attività 3 nell’’indicatoree adiacentte verrà m mostrato il valore in Bq/m B delll’attività. Di sseguito è riportata r laa gerarchiia dei VI comprensi c iva dei subb-VI costrruiti per ill proggramma, delle d funzzioni I/O, delle fun nzioni per il fit e quuelle per il graficoo XY:: Figuraa 2.25: gera archia del VI. V Diaggramma a blocchi Figura a 2.26: iniziializzazionee e acquisiziione file daati. Nel pannello 1 viene acquisito il file dati attraverrso il VI read file.vi (figuraa 2.277). Figgura 2.27: read r file.vi Il prrimo VI riportato r in n figura 22.27 chied de dove è posizionaato il file, lo apre e com munica al secondo s VI V la dimeensione deel file che ha apertoo. Il VI Reead From m Binaary File riitorna unaa stringa c ontenentee i dati lettti. Gli ultiimi due ch hiudono ill file e ritornanno l’errorre se il fille non è presente. Usciti daal program mma readd file.vvi la strinnga viene mandata a un VI che c dividee l’intestazzione del file dallaa tabeella. Dall’intestazio one viene memorizzzato solo o il tempoo d’acquiisizione e imm magazzinatto nella vaariabile nuumber. Laa tabella di dati vienne converttita in unaa tabeella numerrica attraveerso il com mando Sprreadsheet String Too Array.vi Nel pannello 2 e 3 dellla figura 22.26 vienee definito il grafico e inizializzzati a 0 i K e y BinsTesst. vettoori x Kev, y Bins, x KevTest Figu ura 2.28: trrasformazioone da array ay 2d in 1d e costruzionne grafico. gura 2.28 l’array in n 2D proveeniente daal frame precedente p e Nel pannello 1 della fig vienne diviso in due arraay monodiimensionaali e posizionati nellle variabilli y Bins x Kev.. Nel pannnello 2 questi q duee array vengono v convertiti in dati dinamici e manndati al graafico (XY Graph 2).. Figu ura 2.29: accquisizione e trasforma azione dati. Com me si può osservaree dalla figgura 2.29, il file radontest.txxt viene accquisito e diviso in due array monodimenssionali. Neel riquadro o 3 viene definita la path: inn ntest.txt deeve esseree posto nellla stessa ccartella deel VI. quessto caso il file radon Figura 2.30: VI peer il calcolo o del rapporrto delle areee. 2 sono riportati r i VI per il calcolo c deell’area. N Nel pannello 1 vienee Nellla figura 2.30 calcolata l’areea del priimo piccoo del file di input. I dati chee escono dal VI fitt mma. Nell gausss.vi venggono mosttrati sul grrafico XY Graph 2 insieme aall’istogram pannnello 2 vieene calcolata l’area del file raadontest.tx xt. Il V VI fit gausss.vi vuole come inpput il valorre del piccco in KeV V e i due array a dovee sonoo immagaazzinati i dati d riguarrdanti le energie e e il numeroo di conteeggi comee outpput restituiisce il valo ore delle aaree e il grrafico del fit. Veddiamo nel dettaglio lo schem ma a bloccchi che peer comodittà è stato diviso inn due immaginii (figura 2.31 e 2.322). Figura 22.31: prepa arazione arrray. Nel primo paannello della figura 2.31 vengono dich hiarate le variabili Limdxind, L Limssxind, y Bins B e x Kev. K In qquesto fram me vengo ono anchee calcolatii il limitee desttro (LimDxx) e il lim mite sinistrro (LimSx)) per il callcolo del ffit gaussiaano che inn quessto caso verrà v effetttuato prenndendo 7 canali a sinistra e 7 a destra del piccoo presscelto. Nel riquadro 2 viene arrrotondatoo il vettoree x Kev e attraverso a o il comando searchh nto corrisp pondente al valore LimSx e 1D array si calcola l’’indice deell’elemen LimD Dx e infinne viene po osizionatoo nelle varriabili Limsxind e Liimdxind. Nel riquadro 3 vengono o estratti dai vettorri x Kev e y Bins soolo gli elem menti chee servvono per ill fit. Figu ura 2.32: fit gaussiano.. Nel riquadro 1 dell’imm magine 2.332 sono sp pecificati i dati iniziiali della gaussiana: g p) è calcoolata pren ndendo il massimo valore deell’array y - l’Ampiezza (amp Bins Taagliato; o) è calcoolato prend dendo l’in ndice del numero del d canalee - il Centrro (centro corrispoondente alll’ampiezzza; nque valorri minimi contenutii - l’Offsett (offset) è calcolatoo dalla meedia dei cin nell’arrray y Bins Tagliato; - deviazione standard settataa a 1 o sono ripportati i valori lim mite che possono avere lee Nel secondo pannello granndezze soppra citate. I parrametri coontenuti neei pannellii 1 e 2 son no racchiu usi in due ccluster. Nel riquadro 3 è esegu uito il fit tramite il VI Gausssian peaak fit al qu uale sonoo meter boun nds, i duee vettori tagliati, t laa colleegati i cluusters inittial gausss e param tolleeranza (setttata a 0,01) e il meetodo per effettuare e il fit. Il VII restituiscce i valorii per ccalcolare l’area l e il fit. Figura 2..33: formulla per il callcolo della concentrazi c ione. In qquest’ultim mo frame è riportataa la formu ula per il calcolo deella conceentrazionee del ccampione analizzato o che saràà spiegata nel n dettaglio nel proossimo cap pitolo. Capitolo 3 Analisi dei dati 3.1 Tecniche di misura della concentrazione di radon Per verificare le concentrazioni di Radon nell’aria sono state utilizzate due tecniche di misurazione, una attraverso la rivelazione di particelle α con delle camerette ad elettreti, l’altra attraverso l’adsorbimento del 222Rn per mezzo di canestri contenenti carbone attivo e la rivelazione di raggi γ. 3.1.1 Elettreti L’apparato E-Perm è un sistema integrato per misure di Radon. Si basa sull'uso di un voltmetro digitale per misurare la variazione di potenziale indotta su un elettrete dalla raccolta di particelle α. L'elettrete è un disco di Teflon che mantiene un potenziale elettrostatico stabile. Quando l'elettrete è posto in una camera contenente un certo volume di aria, raccoglie gli ioni prodotti dal decadimento del Radon e il potenziale elettrostatico si riduce in modo proporzionale alla radioattività presente nella camera. Misurando la perdita di potenziale durante un certo intervallo di tempo e utilizzando appropriati fattori di calibrazione si determina la concentrazione media di Radon nella camera e quindi nell'ambiente. Il risultato è immediato, preciso e indipendente da fattori ambientali quali temperatura e umidità. Vi sono due tipi di elettrete: ad alta sensibilità ST (short term) e a bassa sensibilità LT (long term). In questo caso è stato utilizzato l’elettrete di tipo ST poiché le rilevazioni sono state eseguite per pochi giorni. Specifiche Potenziale superficiale iniziale: da 700 a 750 volt. Il lettore misura il potenziale superficiale degli elettreti. L'elettrete è posto capovolto in corrispondenza dell'apertura circolare del lettore. La lettura del potenziale avviene aprendo l'otturatore e il voltaggio è indicato su un display digitale. Campo di misura:da -1999 a+1999 volt Precisione:+/- 5 volt 3.1.2 Misure con elettreti Prima di esporre l’elettrete all’aria è necessario effettuare alcune operazioni preliminari: • E’ necessario eseguire una misura del background di radiazione cosmica attraverso un contatore Geiger nei luoghi dove sarà esposto l’elettrete. • E’ necessario compiere una misura preliminare del potenziale superficiale degli elettreti attraverso l’apposito lettore. A questo punto l’elettrete può essere avvitato nella camera modello S ed esposto. Al termine dell’esposizione (dai due ai sette giorni) si deve misurare il potenziale superficiale dell’elettrete. Per calcolare la concentrazione bisogna utilizzare la formula: V − VF RnC ( Bq / m3 ) = Alt ⋅ I − BG CF ⋅ D (3.1) Dove: Alt è un coefficiente che deriva dall'altezza sul livello del mare cui è posto il campione e vale 1.0125 se si trova a meno di 1067m invece se si trova a più di 1067m si deve usare la formula 1.99273 ⋅ Altezza + 0.79924 . VI è il potenziale superficiale iniziale dell'elettrete. VF è il potenziale superficiale finale dell'elettrete. D è il tempo di esposizione in giorni. BG è la concentrazione di Radon equivalente dovuta al fondo gamma ambientale, ed è calcolata secondo la formula 3.2. BG = 0.35 ⋅ Rg (3.2) in cui Rγ è la misura di background di radiazione cosmica eseguite con il contatore Geiger. CF è un fattore di calibrazione dato dall'equazione 3.3. VI + VF 1 CF = a + b ⋅ ⋅ 2 37 (3.3) I coefficienti a e b cambiano a secondo del tipo di cameretta ed elettrete; nel caso in cui la cameretta è di tipo S e l'elettrete di tipo ST, a e b sono rispettivamente 1.6978 e 0.0005742 . Il fattore 1/37 serve per ottenere la concentrazione in Bq/m3. L'errore sulla misura degli elettreti è calcolato con la formula: ΔV + ΔV VI − VF I F ΔRnC = + ⋅ D ⋅ ΔCF + ΔBG 2 ( CF ⋅ D ) CF ⋅ D (3.4) Dove: ΔVI è l'errore di lettura sul voltaggio iniziale ±5. ΔVF è l'errore di lettura sul voltaggio finale ±5. CF è il fattore di calibrazione (3.3). D è il tempo di esposizione in giorni. VI è il potenziale superficiale iniziale dell'elettrete. VF è il potenziale superficiale finale dell'elettrete. ΔBG dipende dal contatore Geiger utilizzato, in questo caso vale 0.001. ΔCF è dato dalla formula 3.5 ΔCF = 0.0005742 ⋅ ΔVI + ΔVF 78 (3.5) 3.1.3 Canestrini contenenti carboni attivi La tecnica dei carboni attivi è utilizzata per ottenere delle misure di concentrazioni di Radon nell'aria ed è basata sull'assorbimento di questo da parte di carboni attivi e sul successivo conteggio di raggi γ emessi nel decadimento dei figli del Radon. Questa tecnica però, presenta un limite notevole perché il Radon viene sia assorbito che emesso dalla carbonella, e ciò rende molto più importante, dal punto di vista della quantità totale assorbita, il contributo di Radon assorbito nel periodo di esposizione finale rispetto a quello iniziale. Inoltre tale problema è aggravato dal fatto che le concentrazioni di Radon spesso subiscono sia variazioni durante il giorno, sia variazioni irregolari a breve termine. Di conseguenza, con le misure di concentrazione di Radon in aria tramite carboni attivi, si ottiene in realtà la quantità di Radon presente nel canestro in un tempo vicino all'istante di chiusura, piuttosto che un'integrazione uniforme sull'intero periodo di esposizione. Tuttavia, poiché gli effetti del Radon sulla salute sono proporzionali alla durata delle esposizioni, si è interessati soprattutto ai livelli di Radon mediati nel tempo, piuttosto che a livelli istantanei. Quest'obiettivo è stato in parte ottenuto, con 1'introduzione di una barriera di diffusione tra la carbonella e l'aria circostante. L'EERF, Eastern Enviromental Radiation Facility, propone un metodo di misura del Radon nell'aria che fa uso di particolari dispositivi definiti canestri. I canestri contengono circa 100 g di carboni attivi, sostanza porosa in grado di assorbire il 222 Rn presente nell'ambiente una volta attivata. Essa presenta, infatti, una notevole affinità con gas e vapori, utile ai fini della rilevazione della sostanza radioattiva in esame, che stazionano nell'aria. Il Radon, catturato dai carboni attivi, decade nei suoi prodotti secondo il proprio schema di decadimento. La sua concentrazione è determinata dal conteggio del numero dei γ emessi dai suoi figli 214Po (609 KeV) e 214Bi (295.2 KeV e 351.9 KeV). L'equilibrio tra il Radon e i suoi figli sarà raggiunto dopo tre ore. La scelta del polonio (Da altre parti dicono che sia piombo non polonio da chiedere) e del bismuto è fatta a causa del loro breve tempo di dimezzamento. I carboni attivi hanno, per loro stessa natura, un comportamento passivo, per cui assorbono ed emettono Radon che decade anche durante il tempo di esposizione. In tal modo si comprende come le informazioni sulla sua quantità, presente nell'ambiente in esame, siano incomplete fornite in questi termini. Si riesce a superare l'ostacolo eseguendo un'opportuna calibrazione dei canestri, che consente così di conoscere la concentrazione di Radon presente nell'ambiente durante il periodo di misura. L'EERF impiega due camere di calibrazione in, cui sono esposti i canestri per determinare quali sono le concentrazioni di radon e dei suoi figli simulando le diverse condizioni ambientali, in cui le misure possono essere eseguite. Abbiamo già detto della natura passiva dei carboni attivi che, oltre al Radon, possono per questo assorbire anche acqua dall'aria. Un fattore ambientale importante diventa così l'umidità insieme alla temperatura. Variando opportunamente tali fattori dall'esterno, è possibile studiarne gli effetti sulla risposta dei canestri. Le variazioni imposte sono: 1. 2. 3. 4. Umidità relativa: 10% ÷ 90%. Temperatura: 0°C ÷ 40°C. Nuclei di condensazione: 103/ml ÷ 106/ml. Concentrazione del Radon: 10 pCi/l ÷ 1000 pCi/l. La curva di calibrazione (CF) dipende dalla quantità di acqua immagazzinata e dal tempo di esposizione. Il modo più semplice per calcolare CF è supporre che esso possa essere fattorizzato in una parte dipendente solo dalla massa d'acqua guadagnata per un tempo di esposizione fissato ( 48 ore) e un'altra dipendente solo dal tempo di esposizione (fattore di aggiustamento), anch'essa normalizzata rispetto a un'esposizione di 48 ore. Dai dati sono stati ricavati i valori sperimentali da fittare, sia di CF in funzione della quantità di acqua per un'esposizione di 48 ore, che di AF in funzione del tempo in tre condizioni diverse di umidità. I risultati delle curve di best fit sono i seguenti: CF ( w ) = e( −2.248 − 0.045w + 6.168 10 −4 w2 ) (3.6) In cui w è il guadagno di acqua in grammi. Per tempi superiori a 48h occorre modificare tale formula con il fattore di aggiustamento AF che varia a seconda del livello di umidità: AF ( T ) = e( −1.658−0.014T + 4.71310 −5 T2 ) umidità 20% AF ( T ) = e( −1.697 −0.015T +3.67810 −5 T2) umidità 50% AF ( T ) = e( −1.586−0.022T +3.66710 −5 T2) umidità 80% in cui T = tempo di esposizione in ore. In definitiva il fattore di calibrazione totale, da usare poi nella ricerca della concentrazione di Radon, è dato da CF ( w, T ) = CF ( w ) ⋅ AF ( T ) AF ( 48 ore ) (3.7) 3.1.4 Misure con canestri Prima di esporre il canestrino all’aria è necessario compiere alcune operazioni preliminari. Il canestro va prima cotto in un forno a una temperatura di circa 250°C per permettere all'acqua presente in esso di evaporare, poi va pesato e infine è possibile esporlo all'aria per la rilevazione del Radon. Al termine dell’esposizione (dai tre ai sette giorni) si deve misurare il peso del canestrino e sigillarlo con del nastro isolante. Raggiunto l'equilibrio secolare (circa 3 ore) è possibile misurare l'emissioni γ e calcolare la concentrazione per mezzo della formula: CRn[ Bq / m3 ] = T ⋅ε ⋅ΔF [T ]⋅CF [ ΔmDec ]⋅( AF [T ]/ AF [48h ]) N (3.8) Dove: NDec = Rappresenta il numero di decadimenti. T = Tempo di esposizione in ore. CF[Δm] = Coefficiente di calibrazione visto in dettaglio nell'equazione 3.6. AF[T]/AF[48] = Coefficiente di aggiustamento che va inserito se vengono superate le 72 ore di esposizione. ε = Efficienza del rivelatore. ΔF[T] = Coefficiente dove si tiene conto della probabilità del decadimento del 222 Rn. E' dato dalla formula: ΔF [T ] = e− β ⋅t = e ln 2⋅T − 2⋅T 222 Rn 1/2 (3.9) Il termine è stato introdotto perché la concentrazione del canestrino osservata durante la misura in realtà è il risultato dei decadimenti di 222Rn, intrappolati durante tutto il periodo di esposizione del canestrino. Quindi, ad esempio, i nuclei intrappolati all’inizio della settimana daranno alla concentrazione misurata un contributo minore dei nuclei intrappolati alla fine. Figu ura 3.1: deccadimenti. ne dei riisultati 3.2 Interprretazion Per rilevare laa concentrrazione dii 222Rn in alcune zo one dell'allto maceraatese sonoo uddivisi in n coppie (un elettrrete e unn statii esposti 3 canestrri e 3 eleettreti, su caneestro) nei paesi Mu uccia e Caastelraimon ndo. Ognii canestro ed elettreete è statoo espoosto per unn tempo ch he va dallle 130 allee 135 ore, dopodichhé sono staati sigillatii e successivam mente analizzati. 3.2.1 Analiisi degli elettretti Nellla tabella 3.1 sono riportati i dati rigu uardanti glli elettreti.. Le conceentrazionii sonoo state callcolate atttraverso laa formulaa 3.1 e gli errori atttraverso laa formulaa 3.4. N° Luoggo Temp T Esp VI VF Radiazzione di fondo Alltezza Concentra C zione 1 Muccia 130h 1 7112V 683V V 0.0004R R 4544m 85 5±6 Bq/m3 2 Castelraim mondo 135h 1 6993V 667V V 0.0004R R 3077m 69 9.5±4.2 Bq q/m3 3 Castelraim mondo 135h 1 7337V 694V V 0.0003R R 3077m 12 22.8±7.4 Bq q/m3 Ta Tabella 3.1: elettreti. Gli elettreti sono stati posti in tre diverse zone: • Il primo è stato esposto per un tempo di 130 h in un piano interrato di una casa a Muccia e riporta una concentrazione di 85±6 Bq/m3. • Il secondo è stato esposto per un periodo di 135 h in un secondo piano di una casa a Castelraimondo(Mc) e riporta una concentrazione di 69.5±4.2 Bq/m3. • Il terzo è stato esposto per un periodo di 135 h in un piano interrato (poco arieggiato) della stessa casa del campione 2 e riporta una concentrazione di 122.8±7.4 Bq/m3. 3.2.2 Analisi dei canestri Nella tabella 3.2 sono riportati i dati preliminari dei canestri contenenti carboni attivi. N° Luogo Tempo Esposizione Δm Temp acquisizione 1 Muccia 130h 8g 1h 2 Castelraimondo 135h 7g 1h 3 Castelraimondo 135h 15g 1h Tabella 3.2: dati preliminari. Siccome l'efficienza (ε) del rivelatore al Germanio iperpuro non era nota, la formula 3.8 è stata modificata togliendo il parametro di efficienza e al suo posto sono stati introdotti i coefficienti τ e N0. canes A609 τ = Sorg A609 canes A352 + Sorg A352 canes A295 + Sorg A295 Sorg 1 TMisura ⋅ ⋅ canes 3 TMisura (3.10) Il parametro τ è la media tra i rapporti delle aree dei picchi a 609 KeV, 352 KeV e 295 KeV. Il rapporto è così composto: - nel numeratore è presente l'area del picco dello spettro calcolata con il canestro ai carboni attivi. - nel denominatore è presente l'area calcolata con una sorgente di 226Ra calibrata. infine è necessario moltiplicare il tutto per il rapporto tra i tempi d'acquisizione dei due spettri. Il coefficiente N0 è il valore in Bq dell'attività della sorgente di calibrazione al tempo dell'acquisizione, in questo caso è 735.22 Bq. La formula che risulta è quindi la 3.11: 3 τ ⋅ N0 CRn[ Bq / m ] = T ⋅ΔF [T ]⋅CF [ Δm ]⋅( AF [T ]/ AF [48h ]) (3.11) Le rilevazioni sono state fatte con una scheda multicanale e un multicanale software che acquisisce i dati da una DAQ. La sorgente di calibrazione è stata però acquisita con la sola scheda multicanale, pertanto per la misurazione con la DAQ è stato necessario introdurre un coefficiente di scalamento perché il multicanale software ha un lag molto maggiore del multicanale hardware. Nel caso del multicanale software i segnali devono essere mandati dalla DAQ al processore per permettere al programma di analizzarli. Quest'ultimo deve rinviare il segnale alla scheda per comunicarle che può acquisire un altro segnale, mentre nella scheda multicanale tutte queste operazioni vengono fatte, in modo hardware all'interno della scheda, per questo motivo la latenza è molto più bassa. Il coefficiente di scala è stato ricavato prendendo una sorgente di 226Ra ed eseguendo una misura contemporaneamente con entrambi i multicanali per un periodo di 30 minuti. In seguito sono state determinate le aree dei picchi 609 KeV 352 KeV e 295 KeV, fatto il rapporto tra le aree prese con i due multicanali e calcolata la media delle 3 per ottenere un valore più accurato. Figgura 3.2: so orgente di 2226Ra acquissita con mu ulticanale hhardware. Fiigura 3.3: sorgente s di 2226Ra acquiisita con mu ulticanale ssoftware. Picco Areea A Area Rapporti Media M dei rapporti Softw ware Hard dware 2995 606 67 3122667 37.43 3552 1022 25 4277942 41.56 6009 835 53 2599973 42.85 40.6613 Tabella 3.33: coefficien nte di scalam mento. In cconclusionne la forrmula del la concen ntrazione del multticanale sooftware è: C [ Bq CRn q / m3 ] = a ⋅ ( 222 Rdd calcolata con ill τ ⋅ N0 T ⋅ΔF [T ]⋅CF [ Δm ]⋅( AF [T ]/ AF A [48h ]) ) (3.12)) dovee a è il coeefficiente di scalam mento e valle 40.613. Il prrimo canesstro è stato o esposto per un tem mpo di 130 0 ore, conn una variaazione di massa di 8g e un tempo o d'acquisiizione di 3600 3 secon ndi in un ppiano interrrato di una casa a Muuccia (Mc). 3 è possibile esamiinare il paannello fro ontale delll'applicaziione Nellla figura 3.4 2 Elabbora file.vvi, in basso o si può ossservare ill valore di concentraazione di 222 Rn 3 nell''aria pari a 81.3 Bq//m . Figu ura 3.4: con ncentrazion ne del primo o canestro. Nel caso dellaa misuraziione con ill multican nale hardw ware la conncentrazio one di 222 3 R Rn nell'ariaa è 81±4.8 Bq/m . Il seecondo cannestro è sttato espossto per un periodo di d 135 ore con una variazione v e di m massa di 7gg e un tem mpo d'acquuisizione di d 3600 secondi in uun secondo o piano dii una casa a Caastelraimon ndo(Mc). 222 q/m3. La cconcentrazzione di Rn nell'aaria nel seccondo canestrino è ddi 68.5 Bq Figurra 3.5: conccentrazionee del second do canestroo. Nel caso dellaa misuraziione con ill multican nale hardw ware la conncentrazio one di 222 3 R Rn nell'ariaa è 70.8±7.1 Bq/m . Il teerzo canesttro è stato o esposto pper un perriodo di 135 ore conn una variazione dii mpo d'acquuisizione di 3600 secondi inn un piano o interratoo massa di 15gg e un tem ondo camp pione (pocco arieggiaato) nella stessa cassa del seco 222 3 La cconcentrazzione di Rn nell'aaria nel seccondo canestrino è ddi 124.6 Bq/m B . Fig gura 3.6: cooncentrazion ne del terzo o canestro. nale hardw ware la conncentrazio one di Nel caso dellaa misuraziione con ill multican 222 3 R Rn nell'ariaa è 132±10 0 Bq/m . 3.2.3 Confrronto de ei risulttati Nellla tabella 3.4 3 è riporrtato il connfronto traa le tre teccniche di m misura. N° Elettrete Multicaanale Softw ware Mu ulticanale H Hardwaree 1 85±6 81.3 81±44.8 2 69.5±4.2 68.5 70.8±±7.1 3 122.8±7.4 4 124.6 132±±10 Tabel ella 3.4: con nfronto datii. 3 si posssono osserrvare le tree tecnichee di misuraa messe a confrontoo Nellla Figura 3.7 con i relativi errori. Si può notarre come le tre pratiiche portinno a risultati moltoo simiili (entro l'errore speerimentalee). Figura 3.77: confronto o dati con errori. e La cconcentrazzione di 2222Rn, riscoontrata neei campion ni analizzaati, è da 2 volte a 4 3 voltee maggiorre della media marcchigiana(29 Bq/m ). F Figura 3.8 distribuzion d ne del radon n in Italia aggiornata a aal 2008 Il raadon è preesente in concentraazione maaggiore in ambienti sotterran nei e pocoo venttilati, infaatti, il Rn R entra prevalenteemente dalle d fessuure esisteenti nellee fonddazioni, peer una diversa conceentrazionee del gas che c c’è traa esterno ed interno. Queesto è eviddenziato anche a dallla tabella 3.4, infattti, la conccentrazion ne rilevataa nel ccampione 2 (posto al a secondoo piano) è circa la metà m del caampione 3 (posto inn una cantina).