Istituto Nazionale di Fisica Nucleare

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Istituto Nazionale di Fisica Nucleare
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAMERINO
FACOLTÀ DI SCIENZE E TECNOLOGIE
Corso di Laurea in Fisica Classe 25
Dipartimento di Fisica
ELABORATO FINALE
COSTRUZIONE DI UN ApPARATO
PER LA MISURA DEL RADON IN ARIA
Laureando
Relatore
Luca Reversi
Prof. David Vitali
Correlatore
Dott. Alessandro Saltarelli
ANNO ACCADEMICO
2008/2009
Indice
Introduzione
1
Capitolo 1
La radioattività
3
1.1 Principi generali
3
1.2 Il decadimento a
6
1.3 Il decadimento p
10
1.4 I raggi y •••••••••••••••••••••••••••••••••••••••...........................••••••••••••••••• 14
1.5 La rad ioattività natu rale ....•........................................................17
1.6 Il radon
23
1.6.1 Il radon in natura
25
1.6.2 Il radon nelle abitazioni
27
1.6.3 Grandezze dosimetriche
28
1.6.4 Considerazioni dosimetriche sul comportamento dei prodotti di
decadimento del
222 Rn
1.6.5 Effetti biologici delle radiazioni
29
31
Capitolo 2
Metodologie e tecniche di misura
31
2.1 Tecniche di rivelazione del radon
31
2.2 Rivelatori raggi y
34
2.3 ADLINK PCI9812A
40
2.4 Descrizione del sistema di sviluppo LabVI EW
.43
2.4.1 Programma per la calibrazione
44
2.4.2 Programma per l'acquisizione dati
53
2.4.3 Programma per l'elaborazione dati
59
Capitolo 3
Analisi dei dati
69
3.1 Tecn iche di misu ra della concentrazione di radon
69
3.1.1 Elettreti
69
3.1.2 Misure con elettreti
70
3.1.3 Canestrini contenenti carboni attivi
71
3.1.4 Misure con canestri
74
3.2 Interpretazione dei risultati
,
75
3.2.1 Analisi degli elettreti
75
3.2.2 Analisi dei canestri
76
3.2.3 Confronto dei risultati
83
Bi bIiog rafia
85
J
INTRODUZIONE
4
3
La consapevolezza dei rischi che comporta l'inalazione di Radon ad alte
concentrazioni ha suscitato, negli ultimi anni, un interesse scientifico sempre più
crescente su tale problematica. Insieme ad un serio monitoraggio del territorio,
servono studi accurati sui meccanismi attraverso cui il Radon viene veicolato nel
sottosuolo fino alla sua esalazione in atmosfera. In particolare la diffusione e il
trasporto attraverso i materiali sono fortemente influenzati da diversi parametri
che caratterizzano i materiali stessi quali porosità, permeabilità, contenuto di
radionuclidi ed in particolare di
226 Ra ,
diretto progenitore del
222Rn ,
e
coefficiente di diffusione di questo gas attraverso i pori interstiziali e le fratture
del materiale roccioso.
La prima parte del presente lavoro di tesi è dedicata ai concetti generali di
radioattività, come la descrizione dei tre tipi di radiazione che concorrono nei
decadimenti nucleari, e sono illustrate le varie famiglie dei radionuclidi naturali.
In seguito sono riportate le caratteristiche generali del Radon, i meccanismi che
concorrono alla concentrazione negli ambienti indoor, grandezze dosimetriche e
gli effetti sulla salute dell'uomo esposto al gas Radon.
Nel secondo capitolo vengono mostrate le tecniche di rilevazione del gas Radon
attraverso raggi y o particelle a; viene fatta anche una panoramica sui rivelatori
di raggi y con maggiore interasse ai rivelatori al germanio iperpuro. Nella
seconda parte del capitolo è illustrato il linguaggio di programmazione
LabVIEW e sono spiegati nel dettaglio i tre programmi che sono stati costruiti
per l'acquisizione degli spettri di emissione y e per la loro rielaborazione.
Nel capitolo conclusivo sono discussi i dati acquisiti della rilevazione del gas
Radon in tre diversi ambienti con il metodo dei canestri contenenti carboni attivi
e degli elettreti. Attraverso l'analisi dei risultati ottenuti è stato possibile valutare
la concentrazione di Radon.
1
Capitolo 1
La radioattività
1.1 Principi generali
Nel 1896 il fisico francese Louis Becquerel scoprì accidentalmente che i sali di
uranio sono in grado di impressionare una lastra fotografica. Questo nuovo
fenomeno fu chiamato radioattività.
Fu presto chiaro che la radiazione emessa apparteneva a tre diversi tipi che
furono chiamati: raggi α, raggi β e raggi γ.
I raggi α sono nuclei di elio carichi positivamente, le particelle β sono elettroni,
mentre i raggi γ sono radiazioni elettromagnetiche. L'emissione di raggi α o β è
dovuta alla trasformazione spontanea di un nuclide in un altro, mentre la
radiazione γ corrisponde a transizioni elettromagnetiche tra i livelli energetici
del nucleo figlio, ed è quindi presente ogni volta che questo è prodotto in uno
stato eccitato.
Il decadimento radioattivo è un processo puramente statistico, nel senso che è
impossibile prevedere in quale istante un nucleo si trasformerà, ma è
possibile prevedere il numero di nuclei decaduti in media dopo un
determinato intervallo di tempo. Sia NP(t) il numero di nuclei genitori
radioattivi presente nel campione, al tempo t il numero di nuclei che
decadranno in un intervallo di tempo dt è dato da:
dN P ( t ) = − N P ( t ) ⋅ λ ⋅ dt
(1.1)
dove λ è la probabilità di osservare il decadimento di un nucleo nell’unità di
tempo ed è caratteristica di ogni nuclide radioattivo (detta costante di
decadimento). Da qui si deduce
N P ( t ) = N0 ⋅ e−λ ⋅t
(1.2)
dove N0 è il numero di nuclei genitori al tempo 0. L'inverso della probabilità di
decadimento al secondo λ è la vita media τ
τ=
1
λ
(1.3)
e corrisponde al tempo necessario affinché, dato un campione di nuclidi
radioattivi, il loro numero sia ridotto di un fattore e, cioè sia diminuito del 63%
circa.
Per rendere i calcoli più agevoli, più che la vita media s’introduce il tempo di
dimezzamento, che rappresenta il tempo necessario a osservare, nella
popolazione dei nuclei genitori una diminuzione del 50%.
L’attività del campione radioattivo viene definita come il numero di
decadimenti al secondo, cioè
a (t ) =
dN P ( t )
dt
= λ ⋅ N0 ⋅ e−λ⋅t = λ ⋅ N P ( t )
(1.4)
L’attività è quindi proporzionale al numero di nuclei genitori presenti in
quell’istante e alla probabilità di decadimento λ. L’unità di misura dell’attività
è il Becquerel (Bq), pari a 1 decadimento al secondo. Molto usata tuttora è la
vecchia unità di misura, il Curie (Ci).
1 Ci=3.7 ⋅ 1010 disintegrazioni al secondo=3.7 ⋅ 1010 Bq
(1.5)
Se si considera un decadimento radioattivo dove a è il nuclide padre e b il
nuclide risultante dal suo decadimento e si esamini il rapporto λ bNb/ λ aNa, si
osserva che possono verificarsi le seguenti tre situazioni:
1. λa > λb
in questo caso, il rapporto aumenta nel tempo;
22. λa < λb
il rapporto divieene quasii costantee per graandi t; quuesto è ill caso dii
orio;
equilibrrio transito
33. λa << λb
il rappoorto divieene pari a quasi 1 in breve tempo; qquesto è il
i caso dii
equilibrrio secolarre;
Queest’ultima situazionee riveste pparticolaree importanza in quuanto, missurando lee
attivvità dei sinngoli com
mponenti ddi una catena di deccadimentoo e calcolandone laa
meddia, è posssibile risallire all’atttività del capostipite
c
e, attribueendo a queest’ultimoo
la m
media dellee attività dei
d suoi disscendenti..
Figuraa 1.1: equiliibrio secolare.
1.2 Decadimento α
L’em
missione di particcelle α da parte di varii
radioonuclidi rappresent
r
ta una deelle primee scopertee
dellaa fisica moderna:
m
nel 1908 R
Rutherford
d dimostròò
che ttale radiazzione è co
ostituita daa nuclei di 4He2. Laa
magggior partee degli isotopi creeati artifiicialmentee
con numero di
d massa maggioree del piom
mbo sonoo
N vi sono praticaamente em
mettitori α
emetttitori α. Non
146
con A<146 ( Sm62). Queesto è spiegatoo
A.
dall’’andamentto dell’eneergia di leegame B/A
4
L’ennergia di legame
l
B//A per lo He2 vale 7.07 MeV
V (contro i 2.57 e 2.83
2
MeV
V
3
3
6
per lo He2 ed il H1 rispettivvamente e di 5.33 MeV peer il Li). Pertantoo
ma nuclearre guadagn
na in enerrgia di leg
game soloo
emeettendo paarticelle α un sistem
se sii trova nella zona a destra deel massimo della cu
urva B/A: iin questa regione ill
valoore di B/A aumenta al
a diminuiire di A (e quindi alll’emissionne di particelle α).
Figuraa 1.2: energ
gia di legam
me.
ù vero quuando ci si
s avvicin
na al masssimo (e a maggiorr
Queesto però non è più
ragioone a siniistra del massimo),
m
dove l’em
missione α non è piùù un fenomeno chee
perm
mette guaddagno di energia.
e
Ill decadim
mento α è energeticaamente po
ossibile see
l'eneergia di legame del nucleo di partenza è minore della som
mma delle energie
e
dii
legaame del nuucleo prod
dotto e dellla particellla α
Q = E ( A, Z ) − { E ( A − 4, Z − 2 ) + E ( 4, 2 )} ≥ 0 
Q=
{M((Z,A)-M((Z-2,A-4))-M(2,4))} ⋅ c 2
>0
(1.6))
e
Q rappresennta in pratiica l’energ
gia cineticca della paarticella α..
L’ecccesso di energia
In ggenerale l’energia deelle particcelle α emesse variaa tra 4 e 9 MeV ed i tempi dii
dimeezzamentoo dei nuclei che le eemettono variano
v
traa 1010 annni e 10-7 seecondi.
La tteoria del decadimeento α fu uno dei primi
p
successi delll’applicaziione dellaa
mecccanica quuantistica ad
a un probblema di fisica
f
nucleare (19288, Gamow
w, Condonn
e Guurney). Il calcolo deella probaabilità di osservare
o
un
u decadim
mento α all’interno
a
o
di uun nucleo, può esssere svilup
uppata in approssim
mazione W
WKB (daii nomi dii
G.W
Wentzel, H.A.Krame
H
ers e L.Brrillouin ch
he la svilu
upparono indipendeentementee
nel 11926). Quuest’appro
ossimazionne si può applicare
a
quei sistem
mi fisici inn
a tutti i qu
cui il potenziiale di interazione varia len
ntamente rispetto
r
al
alla distan
nza tra glii
oggeetti interaggenti. Parttiamo alloora dal preesupposto che la parrticella α sia creataa
all’interno dell nucleo un
u attimo pprima del decadimeento e chee quindi prre-esista a
a
l’andamennto dell’en
nergia poteenziale V(r
(r) in funzione dellaa
quessto. Se si analizza
distaanza per una
u particeella α, traascurando il potenziiale centriifugo, con
nsiderandoo
cioèè solo l’onnda s (l =0)),si ottienee un andam
mento di questo
q
tipoo:
Figgura 1.3: potenziale d’interazionee della partticella α in funzione
f
deella sua distanza dal
nucleo
o.
dove RN rappresenta il raggio nucleare. Per r< RN prevalgono le forze nucleari
(schematizzate come una buca di potenziale costante), mentre per r> RN le forze
nucleari, a causa del loro cortissimo range, sono inefficaci e prevale il campo
coulombiano, il cui potenziale ha il tipico andamento del tipo 1/r. La particella α
immersa nella materia nucleare, si trova inizialmente nella zona con r< RN. Se si
misura la sua energia cinetica Eα una volta emessa dal nucleo (e quindi per
r→∞), abbiamo visto che si trovano valori compresi tra 4 e 9 MeV. Viceversa,
l’altezza della barriera colombiana vale, ad esempio per il 226Ra82
2 ⋅ Z (=82 ) ⋅ e 2
4 ⋅ π ⋅ ε 0 ⋅ RN (=9.93fm )
 23.75MeV
(1.7)
La probabilità di osservare un decadimento α è legata allora alla probabilità che
la particella α possa attraversare la barriera di potenziale colombiano (effetto
tunnel quantistico) che decresce velocemente al crescere della differenza tra
l'energia a disposizione e l'altezza della barriera.
Confrontando energia delle particelle α e tempo di dimezzamento si nota che a
energie più basse corrispondono tempi di dimezzamento più lunghi e viceversa.
Questa è una regola generale osservata e studiata fin dal 1911 da Geiger e
Nuttal, che formularono la seguente legge:
Per una stessa serie radioattiva, il logaritmo della vita media di un emettitore
α dipende linearmente dall’inverso della radice quadrata dell’energia della
particella α emessa, cioè
Log10 [Tmedia ]= − a + b ⋅
Z
Eα ( MeV )
(1.8)
I parametri a e b della formula di Geiger e Nuttal possono essere ricavati
sperimentalmente, attraverso un fit delle vite medie degli atomi che decadono α.
Se per semplicità consideriamo solo gli emettitori α delle catene di decadimento
radioattive naturali, cioè quelle del torio, del nettunio e dell’uranio, i valori dei
parametri a e b sono i seguenti:
 a = −38.09108

525
b = 1.245
Queesto è statoo il risultatto del fit:
Figura
F
1.4: ffit delle serrie di decad
dimento.
1.3 Decadimento β
N
Nel decad
dimento β il nucleeo inizialee e finalee
hhanno la stessa massa
m
menntre Z au
umenta (oo
ddiminuiscee) di un’u
unità a segguito dell'eemissionee
ddi un eletttrone (o di un possitrone). Nei
N primii
sstudi sullla radioaattività essisteva una
u
certaa
cconfusionee circa l’o
origine di queste paarticelle e
ffino al 19
933 con la scoperrta del neeutrone sii
ppensava che
c
queste fosseroo permaneentementee
ppresenti neel nucleo: ad esemppio il nucleo di 14N7
eera immag
ginato com
me costituuito da 14 protoni e
da 7 elettroni,, così da avere
a
una massa parri a 14 volte quella del protone ed unaa
caricca positivva pari a quella
q
di 7 protoni. Forti argomenti coontro quessta ipotesii
eranno costituitti da:
• il princcipio di co
onservazioone dell’en
nergia: se il cambiaamento dii stato dell
sistemaa fosse solo
A
X Z → AYZ ±1 + e
(1.9))
cioè unn decadim
mento a 2 corpi, l’elettronee avrebbee una ben
n definitaa
energiaa, mentre in realltà l’eletttrone emeesso pressenta uno
o spettroo
energettico contiinuo chee va da energia zero alll’energia massimaa
compattibile con la
l trasform
mazione:
Figura 1.5: distribuzio
one degli ellettroni in funzione
f
deell’energia ccinetica Te per
p un
decadimen
nto β.
• il princcipio di conservazi
c
ione del momento
m
angolare : se prendiamo add
esempioo la ipotettica trasforrmazione
C6 → 14 N 7 + e −
14
(1.10))
mento angolare del nucleo 14C6 è J=0
0, quello del 14N7 è J=1 (ee
il mom
comunqque per A pari J deve essere inteero). Il m
momento angolaree
intrinseeco (cioè il momentoo angolaree di spin) dell’elettrrone è inveece J=1/2..
Allora lo stato iniziale
i
haa momento angolaare intero, lo stato finale haa
mma di un J intero, ddi uno sem
mi-intero e
momennto angolarre semi-inntero (som
14
di un eventuale
e
momento
m
angolare orbitale del
d sistem
ma N7 + elettrone,,
comunqque intero). Analogaamente, per nuclei con
c A disppari:
3
He1 → 3 He
H 2 + e−
(1.11))
poiché i momen
nti angolaari di 3Hee1 ed 3Hee2 sono s emi-interii (1/2), ill
ntero, men
ntre quelloo finale è intero.
momennto angolarre inizialee è semi-in
• il principio di indeterminazione: nell’ipotesi che gli elettroni facciano
parte dei nuclei, sarebbero racchiusi in una sfera di raggio RN = 10-15 m, in
base al principio di indeterminazione ( Δp ⋅ Δx ≥  ) dovrebbero avere una
distribuzione di momento che si estende fino a pmax =  / RN  36 MeV / c
e quindi (trascurando la massa a riposo dell’elettrone, pari a 0.511
MeV/c2) una energia cinetica Emax = 20 MeV.
Per tenere legato un elettrone, con una simile energia, dentro il nucleo
servirebbe un’energia almeno pari a 20 MeV. L’energia potenziale
coulombiana però può arrivare a
1
Z ⋅ e2
VC ( RN ) = −
⋅
 6 MeV
4 ⋅ π ⋅ ε 0 RN
(1.12)
Per tenere legato al nucleo l’elettrone, è necessario quindi avere a
disposizione un’ulteriore energia potenziale negativa (attrattiva), di
origine nucleare, che in valore assoluto deve essere dell’ordine di 15 MeV
per elettrone. In questo modo, le energie potenziali delle forze in gioco,
sarebbero molto maggiori del potenziale attrattivo medio per nucleone
dovuto all’interazione nucleare (7-8 MeV). Ora non vi è assolutamente
evidenza che ci sia una così forte interazione tra elettrone e nucleone.
Nel 1934 Fermi elabora la teoria del decadimento β, ipotizzando l’esistenza di
una forza (debole) capace di trasformare nel nucleo il neutrone in protone e
viceversa, e chiama neutrino la nuova particella proposta da Pauli nel 1931, per
cercare di spiegare la distribuzione continua delle energie cinetiche degli
elettroni emessi nel decadimento β, salvaguardando il principio di conservazione
dell'energia. Per essa prevede una massa nulla o molto più piccola di quella
dell’elettrone, una velocità uguale a quella della luce, che fosse soggetta alla
forza debole e che la sua capacità d’interazione con la materia dipendesse dal
suo contenuto energetico. Nella sua teoria Fermi prevede la trasformazione di un
neutrone in protone o viceversa; in modo tale però che alla trasformazione da
neutrone a protone sia di necessità connessa la creazione di un elettrone, che si
osserva come particella β, e di un neutrino (anti); mentre alla trasformazione
inversa da protone a neutrone sia connessa la scomparsa di un elettrone e di un
neutrino. Il brillante lavoro di Fermi convinse anche Bohr, fino ad allora scettico
sull’opportunità di ipotizzare una nuova particella fantasma pur di salvare un
principio della Fisica. Si dichiara, infatti, convinto che le basi per seri dubbi
riguardo la validità rigorosa delle leggi di conservazione nel problema
dell'emissione di raggi β dai nuclei atomici, sono ora in gran parte rimosse
dall'accordo stimolante fra l'evidenza sperimentale che si sta rapidamente
accumulando sui fenomeni dei raggi β e le conseguenze dell'ipotesi del neutrino
di Pauli, sviluppata in modo così rimarchevole nella teoria di Fermi.
I processi considerati sono:
• il decadimento βA
X Z → AY Z + 1 + β
−
+ν
A
X Z → AY Z -1 + β
+
+ν
• il decadimento β+
dove la particella ν (neutrino) o ν (antineutrino) è neutra per la
conservazione della carica, ha spin semi-intero per la conservazione del
momento angolare ed ha massa a riposo molto piccola per la conservazione
dell’energia. La forma dello spettro energetico dell’emissione β può essere
ricavata studiando in quale modo l’energia a disposizione nella transizione può
essere ripartita tra la particella β e ν.
Le teoria di Fermi, con l’introduzione di un solo parametro g, detto costante di
accoppiamento debole, riesce a spiegare bene i seguenti fatti sperimentali:
• la forma degli spettri β;
• la relazione tra energia massima del decadimento β e la vita media del
nucleo emittente;
• la classificazione delle transizioni β e la definizione di regole di selezione.
1.4 Raggi γ
I raggi γ sono una form
rma di radiazione
r
e
p
ddalla radio
oattività o
elettromaagnetica prodotta
da altri processi
p
nucleari
n
o subatom
mici; sonoo
spesso prodotti
p
insieme aad altre forme dii
radiazion
ne come quella α e β. Qu
uando unn
nucleo em
mette unaa particellla α o β il nucleoo
risultantee si trova a volte in uuno stato eccitato e
può passaare ad un livello ennergetico più
p stabilee
emettend
do un foton
ne γ.
I raggi γ sono più
ù penetrannti della radiazione
r
e
partiicellare prrodotta siaa dal decaadimento α sia dal decadimen
ento β a caausa dellaa
minoor tendenzza ad inteeragire conn la materria essendo essi fotooni, ma so
ono menoo
ionizzzanti. I raggi
r
γ si distinguon
d
no dai rag
ggi X per la loro oriigine: queelli γ sonoo
proddotti da traansizioni nucleari
n
o subatomiiche, men
ntre quelli X sono prodotti daa
transsizioni ennergetichee dovute ad elettro
oni in raapido movvimento. Poiché è
posssibile perr alcune transizionni elettron
niche sup
perare le energie di
d alcunee
transsizioni nuucleari, i raggi
r
X ppiù energeetici si so
ovrapponggono ai raaggi γ piùù
debooli.
Unoo schermoo per ragg
gi γ richieede una massa
m
nottevole. Peer ridurre del 50%
%
l'inteensità di un
u raggio γ servonoo 1 cm dii piombo, 6 cm di ccemento o 9 cm dii
mateeriale presssato.
Nonnostante i raggi γ siiano menoo ionizzan
nti degli α e β, occoorrono sch
hermi piùù
spesssi per la protezione
p
e degli essseri uman
ni. I raggi γ produccono effettti simili a
quellli dei ragggi X com
me ustionni, forme di cancro
o e mutazzioni genetiche. Inn
term
mini di ionnizzazionee, la radiaazione γ in
nteragiscee con la m
materia in
n tre modii
prinncipali: l'efffetto fotoelettrico, llo scatteriing Comptton e la prroduzione di coppiee
eletttrone-posiitrone.
a
quuando un fotone γ interagiscce con un
n elettronee
Effeetto fotoelettrico: avviene
orbitante attorrno ad un atomo e ggli trasferiisce tutta la sua enerrgia, col riisultato dii
L'energia cinetica del
d fotoele
lettrone risultante è
espeellere l'eleettrone dalll'atomo. L
uguaale all'eneergia del fotone
fo
γ inncidente meno
m
l'energia di leggame dell'elettrone..
Si ppensa che l'effetto fo
otoelettricco sia il meccanism
m
o principaale per l'in
nterazionee
dei ffotoni γ e X al di sotto
s
dei 550 KeV, ma
m che siaa molto m
meno impo
ortante add
enerrgie più alte.
Scatttering Coompton: un
u fotone γ inciden
nte espelle un elettroone da un atomo, inn
moddo simile al caso precedentte, ma l'eenergia ad
ddizionalee del foto
one vienee
convvertita in un
u nuovo fotone γ, meno eneergetico, con
c una diirezione diversa
d
dall
fotone originnale. La probabilittà dello scattering
g Comptoon diminu
uisce conn
mentare dell'energi
d
ia del fottone. Si pensa
p
chee questo sia il meeccanismoo
l'aum
prinncipale perr l'assorbiimento deei raggi γ nell'interv
vallo di ennergie "m
medie", traa
100 KeV e 10
1 MeV, dove va a ricaderee la magg
gior parte della rad
diazione γ
one nucleaare. Il mecccanismo è relativam
mente ind
dipendentee
proddotta da unn'esplosio
dal nnumero attomico dell materialee assorben
nte.
Figura 1.6: scatterring Compton.
duzione di coppie: interaggendo con
n la forzza coulom
mbiana deel nucleo,,
Prod
l'eneergia del fotone incidentee è conv
vertita neella masssa di un
na coppiaa
eletttrone/positrone. L'eenergia ecccedente la massa a riposo ddelle due particellee
(1.02 MeV) appare
a
com
me energiaa cineticaa della cop
ppia e del nucleo. L'elettrone
L
e
ne second
dario, è m
molto ioniizzante. Ill
dellaa coppia, in generee chiamatto elettron
-8
posiitrone avràà vita brev
ve: si ricom
mbina entrro 10 seccondi con un elettro
one libero..
L'inttera massa delle du
ue particeelle viene quindi co
onvertita in due fottoni γ conn
un'energia di 0.51
0
MeV
V ciascunoo.
oni di Z edd Eγ in cuii predomin
nano le sinngole inteerazioni.
La ffigura indiica le regio
Figura 1..7:possibili interazionii tra radiaziioni γ e matteria.
Le ccurve traccciate sono l’insiem
me dei punti in cui due tipi d’interaziione sonoo
uguaalmente probabili.
p
Dalla fiigura è evidente
e
che
c
l’effeetto fotoeelettrico è
dom
minante peer basse en
nergie dell fotone (zzona A), l’effetto C
Compton predomina
p
a
nellaa regione centrale (zzona B), m
mentre la creazione
c
di coppie diventa im
mportantee
ad eenergie piiù alte (zona C); ssi nota in
noltre che l’intervaallo in cuii l’effettoo
Com
mpton è doominante decresce
d
aal cresceree di Z.
1.5 La radiioattivittà naturrale
I raadionucliddi naturalii primorddiali sono caratterizzati o dda una viita mediaa
dell’’ordine deell’età della terra (oo maggiorre di essa)) o dall’apppartenenzza ad unaa
famiiglia radiooattiva con
n capostip ite aventee la proprieetà preceddente.
Figura 11.8: radionuclidi naturali
Queesto grupppo è costtituito da una decina di nu
uclei. La maggior parte deii
radioonuclidi naturali primordiaali apparrtiene allle 3 fam
miglie deell’uranio,,
238
dell’’attinio e del torrio, avennti per capostipiti
c
i
U92, 235U92, e 232Th900
rispeettivamente.
L’238U92 e 235U92 son
no i 2 iisotopi piiù abbondanti (999.2745% e 0.72%
%
rispeettivamente) a lung
ga vita media (quind
di quasi sttabili) delll’uranio naturale;
n
ill
234
terzoo isotopo quasi stab
bile dell’urranio è lo U92 (0.0
0055%).
2322
Il Th90 è l’uunico nuclleo quasi sstabile tra gli isotopi del torioo.
I nuumeri di massa
m
dei nuclei aappartenen
nti alle trre famigliie sono esprimibili
e
i
tram
mite le relaazioni A=4
4n, A=4n+
+2 e A=4n
n+3 (con n intero).
Mannca la faamiglia co
on A=4nn+1: questa è statta scopertta nel caampo deii
radioonuclidi artificiali (famigliaa del netttunio, caapostipite 237Np93) e la suaa
asseenza in naatura si sp
piega col fatto chee tutti i su
uoi nucleii hanno vita
v mediaa
troppo breve rispetto
r
alll’età dellaa terra: il nettunio
n
ha un temppo di dimeezzamentoo
di 22.14.106 annni contro
o, per esem
mpio, i 4..468.109 anni
a
dello 238U92. Quello
Q
chee
2099
restaa oggi in natura
n
di questa
q
fam
miglia è l’elemento stabile Bi83. Gli schemi dii
decaadimento di
d queste 4 famigliee sono:
Figura 1.99: schemi dii decadimen
nto delle qu
uattro famig
glie di radiooattività natturale.
In dettaglio avvremo perr le diversee famigliee:
2
• Serie deel Torio (232
Th).
Questa serie iniziia con il 2332Th (abbo
ondanza issotopica 1100%; ha periodo
p
dii
10
208
1
aanni) e termina con il
P
Pb di peercentualee
dimezzamento 1.4·10
isotopicca 52.3%
Elem
mento
supeerstite
Figurra 1.10: serrie del 232Th
h.
• Serie deel Nettunio (237Np)
Quello che restaa oggi inn natura di
d questa famiglia sono gli elementii
o. I nuclidii della serrie non haanno nomii storici in
n quanto è
Bismutto e Tallio
stata sccoperta sollo di recennte.
Elemeento
supersstite
Figurra 1.11: serrie del 237Np
p.
• Serie deell'Uranio
o (238U)
Il capostipite di questa seerie è 238U che ha un'abbonddanza isottopica dell
9
99,3% e un perriodo di ddimezzam
mento di ∼4.5·10
∼
aanni. Esso
o decade,,
234
−
mediannte emissione α, nnel
Th, il quale decade β nel prrotoattinioo
metastaabile 234; mediante ulteriori decadimen
d
nti α e β lla serie terrmina conn
236
il Pb (percentu
uale isotoppica 25.2%
%), che è stabile. I decadimeenti α e β
mpagnati da emissio
one di ragggi γ.
sono freequentemeente accom
Elem
mento
supeerstite
Figurra 1.12: seriie dell’ 238U.
U
• Serie deell'Uranio
o (235U)
Detta anche
a
seriee dell'attinnio. Questta serie haa come caapostipite lo 235U dii
abbonddanza isoto
opica 0.722% e perio
odo di dim
mezzamentto 7.1·108 anni; essaa
terminaa con l'isottopo 207Pbb82 (percen
ntuale isoto
opica 21,77%)
Elemeento
superrstite
Figurra 1.13: seriie dell’ 235U.
U
1.6 Radon
Il R
Radon è il gas nobille più pessante con numero atomico
a
886 ed è l’u
unico chee
pressenta una radioattivi
r
ità natural e.
Esisstono tre isotopi dell Radon pprovenientti dal decaadimento ddi elemen
nti diversi,,
238
232
235
22
22
220
U
U, Th e U che originanoo rispettiv
vamente Rn, R
Rn (chiamato anchee
219
Actiinon) e Rn (noto anche
a
col nome di Thoron).
T
Di preminennte imporrtanza è ll’emanaziione di 2222Rn, chee ha un tempo dii
dimeezzamentoo τ di circa 3.823 giiorni.
Menno rilevannte è l’em
manazione di 220Rn che,
c
in virrtù del suoo τ molto più brevee
(~555 s), puòò decaderre con m
maggiore probabilittà nei prrodotti so
olidi suoii
discendenti e difficilmeente raggiuunge l’atm
mosfera.
2119
p il brev
ve τ (~4.0 s), che peer la bassaa
Trasscurabile è l’emanazzione di Rn, sia per
2355
fraziione di U, suo pro
ogenitore,, presente nell’uraniio naturalee (0.725%
%).
Perttanto nell’uso comu
une il term
mine Radon
n è usato per identiificare il solo 222Rn,,
l’isootopo più abbondant
a
te in naturra.
222
Il paadre direttto del Rn
R è il 226R
Ra che deccade α con
n un temppo di dimeezzamentoo
di ciirca 1500 anni.
Figurra 1.14: deccadimento α del 226Raa.
Tratttandosi dii un decad
dimento a due corpi, la particcella α em
messa ha un’energia
u
a
fissaa pari a cirrca 4.48 MeV,
M
menntre l’energ
gia di rincculo del R
Radon è di circa 1000
KeV
V. Il 226Raa a sua vo
olta derivva dal 238U,
U il più abbondant
a
te (in natu
ura) deglii
isotoopi dell’urranio.
Nellla figura 1.15
1
è illusstrata la seequenza dei
d decadim
menti delll’238U, con
n i relativii
temppi di dimeezzamento
o, la quale termina quando
q
è raggiunto uun isotopo
o stabile.
Fig
igura 1.15: sequenza radioattiva
r
dell’
d 238U.
mico-fisicche del 222Rn:
Nellla tabella 1.1 sono illlustrate lee caratteristiche chim
Peso atom
mico
Numero atomico
a
Temperatura di fusioone (1 atm
m)
Temperatura di ebolllizione (1 atm)
Densità del liquido ((Tfus)
Solubilitàà in acqua ((1 atm):
a 0°C
a 20°C
a 30°C
Viscosità (1 atm)
a 20°C
a 25°C
222
86
-71°C
-62°C
4.4 g·cm--3
510 cm3kgg-1
230 cm3kgg-1
169 cm3kgg-1
229.0 Pa··s
233.2 Pa··s
Tabella
a 1.1: caratt
tteristiche ch
himico-fisicche del 222R
Rn.
1.6.1 Radon in natura
La presenza in natura del Radon è molto limitata: si stima, infatti, che la sua
abbondanza sulla terra, calcolata in percentuale di peso, sia circa di 4·10–7 e che
ne siano presenti circa 11.5·104 Kg nel primo miglio di crosta terrestre.
L’attività media per unità di massa di Radon su scala mondiale, nel suolo, è di
circa 25 Bq/kg, mentre quella relativa ai materiali da costruzione come sabbia,
calcestruzzo o mattoni è compresa tra 10 e 80 Bq/Kg.
L’uranio è distribuito in maniera ampia sulla crosta terrestre, e la quantità di
Radon dipende direttamente dalla concentrazione di questo elemento, ma ciò, in
realtà, si verifica solo raramente a causa del fatto che l’Uranio e il Radio hanno
un comportamento geochimico diverso ed hanno la tendenza a concentrarsi in
rocce e minerali differenti.
Il Radio è soggetto agli stessi processi geochimici del Calcio e del Bario,
appartenendo al gruppo degli alcalino-terrosi, e quindi si concentra nei solfati,
come ad esempio la barite (BaSO4), e nelle rocce sedimentarie come le argille.
L’Uranio invece si concentra nei liquidi magmatici residuali come la titanite,
l’allanite e lo zircone; la sua presenza inoltre è importante nelle rocce eruttive.
Il radon spesso rimane intrappolato nei solidi contenenti il suo progenitore,
oppure può diffondere nell’aria o nell’acqua circostante ed essere trasportato
lontano dal luogo di origine.
Nella maggior parte dei minerali il processo principale del rilascio del Radon
dalla roccia è quello del rinculo: come abbiamo visto, uno ione di Radon che si
forma nel decadimento di un atomo di Radio ha un’energia cinetica di rinculo di
circa 100 KeV, tale che può farlo fuoriuscire dal grano di origine e farlo migrare
altrove.
Alcuni atomi possono decadere prima di diffondere dal grano e pertanto si
definisce il potere di emanazione del solido come la frazione di atomi di Rn
formati che riescono a uscire dal grano e diventano soggetti al trasporto.
Si parla di frazione di rinculo diretto del potere di emanazione per indicare la
percentuale di ioni il cui tragitto termina nei pori, cioè negli interstizi o nelle
fenditure delle rocce.
Il range di rinculo dell’atomo di Rn nel caso dell’aria è dell’ordine di 100 Å
mentre nel caso dell’acqua è di 1 Å per un’energia di 100 KeV; risulta quindi
evidente che, nel caso dell’acqua, la probabilità che gli atomi si fermino nei pori
è maggiore.
Se l’atomo di rinculo attraversa il poro e termina in un grano adiacente, ha
comunque provocato un danno nella struttura del grano di arrivo e la percentuale
di attomi che riescono
r
ad
a uscire ddal second
do grano e tornare nnel poro attraversatoo
è deetta frazionne di rincu
ulo indirettto del pottere di emaanazione.
Un grosso coontributo al potere di emanazione è dato anchhe dal prrocesso dii
o evidentee
diffuusione deggli atomi di Rn atttraverso ill materialee solido, ffenomeno
nel caso di materiali
m
radioattivvi. La rad
diazione emessa daal mineralle, infatti,,
ma all’inteerno dello stesso unn mosaico di piccolii canali neei quali pu
uò entraree
form
dell’’acqua; coome risulltato di ciiò si ha un
u aumen
nto della ffrazione di
d rinculoo
direttto.
Figuraa 1.15: rilasscio del Rn dalla rocciia attraverso il processso di rincullo.
Va nnotato chee l’emissio
one di Rnn deve pro
ovenire daa isotopi ddi Radio disposti
d
inn
sottiili strati suulla superrficie dei ggrani nel minerale; questo peerché gli atomi piùù
interrni di Radio
R
no
on possonno contriibuire all’emanaziione, purrché nonn
interrvengano fattori essterni com
me la corrrosione ch
himica o fessuraziione dellaa
rocccia.
Unaa volta chhe il Rado
on fuoriessce dalla roccia pu
uò essere trasportatto altrovee
attraaverso duee meccanissmi princiipali: la diiffusione e il trasporrto.
Nellla diffusiione il Raadon si m
muove risp
petto al flluido che riempie i pori dell
mezzzo; il fenoomeno è descritto
d
ddalla segueente equazzione assuumendo ch
he il rateoo
di prroduzionee del Rado
on sia costaante:
−
C( z) = C0 ⋅ e
z
LD
(1.12))
dove C(z) è la concentrazione di Radon alla distanza z, C0 la concentrazione nel
punto in cui viene rilasciato il Radon e LD è la lunghezza di diffusione e ci dà
un’idea della distanza che può percorrere il Radon nel mezzo in cui diffonde.
La diffusione contribuisce in minima parte al processo di migrazione, perché la
lunghezza di diffusione generalmente è molto bassa (dell’ordine del metro).
Il meccanismo del trasporto prevede sostanzialmente due modelli:
1- secondo una teoria, la grandezza dei pori nel sottosuolo è sensibile alla
deformazione per compressione del mezzo e questo comporta flussi di
fluido provenienti dalle aree più compresse. Le compressioni possono
essere determinate dalle deformazioni periodiche dovute alle maree
terrestri o a quelle casuali provocate da movimenti sismici.
2- Un altro meccanismo ipotizzato è il moto dei fluidi dovuto al gradiente
geotermico, che determina risalita di acqua o di aria e genera quindi delle
celle convettive. Si calcola che, in media, il Radon impieghi circa 20
giorni per percorrere una distanza di 100 metri e quindi, tenendo conto del
tempo di decadimento, circa il 3% del Radon potrebbe arrivare alla
superficie partendo da una tale profondità.
1.6.2 Il Radon nelle abitazioni
Quando il Radon fuoriesce dal sottosuolo spinto verso l’alto dal gradiente
verticale di temperatura, si miscela con l’aria della bassa atmosfera attraverso
turbolenze e venti. L’emissione di Radon dal suolo varia da punto a punto e
dipende dalle caratteristiche del terreno e dell’atmosfera.
In una casa, l’aria che fuoriesce dal terreno penetra attraverso le fondamenta,
principalmente grazie alla differenza di pressione tra il terreno e l’interno
dell’abitazione. Alcune case poggiano su un basamento e, in genere, prima che
questo venga messo a dimora, si riempie lo scavo con ghiaia e roccia, materiali
che possono generare e rilasciare Radon.
La quantità di Radon emanata dipende dalla percentuale di Uranio presente e
dalla maggiore o minore permeabilità del terreno, che permette la diffusione del
gas.
La concentrazione CR di 222Rn in uno spazio chiuso può essere descritta, in
maniera molto approssimata, dalla seguente equazione:
CR =
A
v+λ
(1.13)
dove A è la concentrazione per unità di tempo del Radon in ingresso, λ è la
costante di decadimento e v è il tasso di ventilazione, cioè la frequenza di
ricambio dell’aria all’interno dello spazio chiuso espressa in numero di
ricambi/tempo.
Nel calcolo della concentrazione di Radon nelle abitazioni bisogna inoltre tener
conto anche delle variazioni nel tasso di ventilazione, dei cambiamenti delle
condizioni meteorologiche e delle abitudini umane. La legge italiana definisce il
valore massimo di concentrazione di attività di Radon in aria in ambienti chiusi
a 500Bq/m3 il cui superamento richiede l’adozione di azioni di rimedio che
riducano tale grandezza a livelli più bassi del livello fissato.
1.6.3 Grandezze dosimetriche
Le grandezze di dose sono grandezze correlate all’energia ceduta dalla
radiazione ionizzante in un determinato tessuto. Per dose si intende l’energia
rilasciata per unità di massa e la sua unità di misura è il Gray (J/Kg).
I decadimenti del Radon e dei suoi figli portano all’emissione di radiazione α, β
e γ come mostrato nella tabella 1.2:
Radionuclide Nome storico
222
218
Rn
Po
Radon
Radium A
τ
3.823 d
3.05 min
214
Pb
Radium B
26.8 min
214
Bi
Radium C
19.7 min
214
Po
Pb
Radium C’
Radium D
164 μs
22.3 y
Bi
Po
Radium E
Radium F
5.01 d
138.4 d
Pb
Radium G
Stabile
210
210
210
206
Principali energie
Emesse (MeV)
α
β
γ
5.49
6.00
0.67
0.73
1.02
1.0
1.02
1.51
3.26
0.242 (8%)
0.295(19%)
0.352(37%)
0.609(46%)
0.769(6%)
1.12 (15%)
1.764(16%)
7.69
0.015 0.047 (4%)
0.061
1.161
5.305
Tabella 1.2 Emissioni del radon e della sua progenie.
Ai fini dellaa dose asssorbita ddall’organiismo, è nettament
n
te predom
minante ill
messa dai figli a brreve τ dell radon, e cioè dall
conttributo della radiazione α em
218
2144
222
Poo e dal Po nel casso del R
Rn. Si può
ò trascurarre l’emissiione di α del
d Radonn
che, essendo un gas nobile, un
una volta inalato ha
h bassisssime prob
babilità dii
210
nsito nell’aapparato respiratorio
r
o e nemm
meno il Pb,
P poichéé
decaadere duraante il tran
ha ττ=22.3 annni e quin
ndi verrà probabilm
mente rim
mosso dalll’apparato
o bronco-polm
monare priima che un
na sua fraazione sign
nificativa possa
p
decaadere.
1.6.4 Conssideraziioni dosimetriche sull compo
ortamen
nto deii
odotti dii decadiimento d
del 222Rn
R
pro
In uun ambientte in cui la concentrrazione dii Radon è stabile e dove ogni prodottoo
di ddecadimennto viene rimosso soltanto dal suo successivvo decadim
mento, sii
ragggiunge unoo stato di equilibrioo (equilibrio secolare) quandoo tutti i rad
dionuclidii
sonoo presenti con la steessa attivittà e questo
o avviene in un tem
mpo molto più lungoo
(alm
meno 4-5 volte)
v
dei τ dei figl i. L’equiliibrio seco
olare si ragggiunge in
n circa 200
226
6
222
giorrni (~480 ore)
o tra Ra e Rnn come viisibile in figura
f
1.166 e circa in
n 3 ore traa
222
R
Rn e i figli a breve τ, come vissibile nellaa figura 1.17.
Figuraa 1.16: form
mazione di 2222Rn (τ=3.8
823 giorni) da 226Ra (ττ=1608 ann
ni).
Figu
ura 1.17: atttività dei prrodotti di deecadimento
o a breve τ in percentuaale dell’attiività di una
sorggente costa
ante di Rn.
mento dei prodotti ddi decadim
mento è inoltre com
mplicato dalla loroo
Il coomportam
attivvità chimiica; il fattto che esssi possan
no aderiree sia al pparticolato
o presentee
nell’’aria che alle supeerfici e chhe tali “rratei di attaccamen
a
nto” varin
no con lee
conddizioni am
mbientali, rende
r
mollto difficile caratteriizzare il looro stato.
218
Il Po, prodootto dal decadimentto del 222Rn,
R si trov
va inizialm
mente nelllo stato dii
ionee positivo a causa dello strippping di alcuni eleettroni dovvuto al riinculo dell
nuclleo. La neeutralizzazzione avviiene tramiite un mecccanismo di assorbiimento daa
partee di moleccole polarri di acquaa presenti nell’aria o attraversso la form
mazione dii
com
mposti conn l’ossigen
no o altre molecolee; il composto che nne risulta prende ill
nom
me di clusteer e solitamente ha una dimen
nsione di una
u decinaa di nm.
Queesti clusters posson
no legarsi a particeelle di aeerosol preesenti in aria,
a
fattoo
conddizionato dalla co
oncentrazioone e daalla dimen
nsione deell’aerosol, oppuree
rimaanere in foorma liberra, cioè in sospensio
one nell’arria.
218
La cconcentraazione di Po nelll’aria può
ò diminuiire a caussa della rimozione
r
e
tram
mite depossizione su
u superficci, ventilaazione, diispositivi di purificcazione e
decaadimento radioattiv
vo. Va soottolineato che il raateo di deeposizionee dipendee
forteemente daal fatto ch
he il nucliide sia atttaccato o meno ad un aerosol e dallee
caraatteristichee di quest’ultimo.
Il 2118Po decadde a sua volta in 2214Pb imp
partendo a quest’ulttimo un’eenergia dii
rincuulo tale chhe gli perm
mette di sstaccarsi dalla
d
particcella di aeerosol: si stima chee
218
214
circaa l’80% deel Po geeneri atom
mi di Pb liberi.
1.6.5 Effettti biolog
gici delle
e radiazzioni
Le rradiazioni producon
no danni pper processsi di ionizzzazione ssoprattutto
o a caricoo
del D
DNA dellee cellule e quindi, inn minor misura,
m
dellle membrrane cellullari.
Le ccellule posssono esseere o ucciise o subirre modificcazioni geenetiche e gli effettii
posssono esserre:
-changee: cambiaamento risspetto allo
o stato di normalitàà che può
ò risultaree
dannosoo o non;
-damagge: lesion
ne ovverro effetto dannoso alle cellule ma nonn
necessaariamente all'individduo espostto;
-harm: effetto daannoso cliinicamentee osservab
bile negli individui irraggiatii
o nella loro prolee;
p
à
-detriment: il dettrimento è un conceetto in cuii si combiinano la probabilità
manifestazzione.
di insorrgenza dell danno, il tipo di daanno e il teempo di m
Gli effetti possono essere som
matici, rig
guardano l'individuuo irragg
giato e sii
mmediati ooppure gen
netici.
dividdono in taardivi e im
Gli effetti som
matici tarrdivi derivvano dallee cellule modificate
m
e e non uccise
u
chee
viluppo, doopo un peeriodo di latenza,
l
dii leucemiee e tumorii
posssono portaare allo sv
soliddi nell’inddividuo essposto. Moolto spesso i meccaanismi ripaaratori dellle cellulee
impeediscono la
l genesi dei
d tumorii.
Figura 1..18: effetti somatici
s
tarrdivi.
ono dovuuti ad irraaggiamentto delle ggonadi maschili
m
e
Gli effetti geenetici so
minili in età riprod
duttiva e pportano a mutazioni
m
i genetichhe nelle geenerazionii
femm
futuure oppuree si hanno delle abeerrazioni cromosom
c
iche che rraramente superanoo
la prrima generazione peerché porttano a grav
vi malattiee.
Capitolo 2
Metodologie e tecniche di misura
2.1 Tecniche di rivelazione del Radon
Negli ultimi anni, visto il grande interesse verso il problema Radon, sono stati
sviluppati diversi sistemi per rivelare tale gas direttamente o attraverso i suoi
prodotti di decadimento. Il 222Rn è un elemento che può essere rivelato con
relativa facilità, essendo un emettitore α, e includendo i decadimenti dei figli, la
radiazione emessa comprende anche particelle ß e radiazioni γ.
Per la rilevazione del Radon sono utilizzati tre differenti approcci di
campionamento:
• Istantaneo: la misura è eseguita in tempi brevi rispetto alle variazioni di
concentrazione; tali apparati sono particolarmente semplici dal punto di
vista strumentale, ma richiedono una sequenza di operazioni manuali che
ne limita l'applicazione. Tali strumenti sono particolarmente utili in
campagne di monitoraggio in ambienti in cui si pensa siano superati livelli
critici di concentrazione (il metodo istantaneo è così utilizzato al fine
della radioprotezione in ambienti di lavoro e domestici e per
l’individuazione di miniere sotterranee di Uranio).
• Continuo: in questo caso sono utilizzati strumenti che permettono di
misurare le fluttuazioni di concentrazione in tempi dell’ordine di alcune
ore, rendendo così possibile lo studio dei parametri che danno luogo a tali
variazioni. La strumentazione in questo caso è complessa e consente cicli
di misura in automatico.
• Integrato: questo tipo di campionamento è usato per determinare
concentrazioni medie in intervalli di tempo selezionati. Si possono
utilizzare strumenti che danno una misura integrata su intervalli temporali
lunghi (settimane o mesi), utili soprattutto per la valutazione
dell’esposizione media per un lungo periodo a radiazioni ionizzanti
provenienti dal Radon.
Le ttecniche di
d campion
namento ddel Radon
n possono essere inooltre classsificate, inn
basee alla strum
mentazion
ne utilizzatta, in:
• Metodi attivi: il campionaamento deel Radon e della suua progenie avvienee
o stesso mediante l’uuso di unaa pompa e
attraverrso l'aspiraazione forrzata dello
la misuura è effettuata tram
mite strum
menti attiv
vi (dove per attivi s'intendee
l'uso dii strumen
nti che fannno uso di
d preamp
plificatori e amplifficatori dii
segnalee). Questo tipo di riivelatori so
ono generralmente rrivelatori real-time,
cioè con rispossta in teempo reaale (rivelatori a sscintillazione o a
semiconnduttore).
• Metodi passivi: il campiionamento
o del Rad
don e deei suoi prrodotti dii
mento è basato
b
sullla naturalee diffusione del gaas. In quessto caso i
decadim
rivelatoori registrano i deccadimenti e l’elabo
orazione ddei dati avviene
a
inn
seguito in laboraatorio. Queesti rivelaatori sono generalm
mente non real-time,,
q
unaa risposta immediatta (rivelattori a tracce a statoo
che nonn danno quindi
solido, a carbonee attivo, eccc.).
Conncentrazionni di Rad
don possoono esseree determinate rivellando le α emessee
attraaverso varri strumentti:
Cam
merette add elettreti: l’elettretee è un discco di teflon
n che manntiene un potenziale
p
e
elettrosstatico sttabile; quando
q
è
posto in una cam
mera contenente unn
v
d’’aria; racccoglie glii
certo volume
ioni prrodotti daalle particcelle α dii
decadim
mento dell Radon e dei suoii
discend
denti, peer cui il suoo
potenziiale si rriduce in manieraa
proporzzionale aall’attività presentee
nella camera.
c
M
Misurando
o con unn
voltm
metro la perdita di
d potenziiale duran
nte un ceerto intervvallo di tempo
t
edd
utilizzando apppropriati fattori ddi calibrazzione, si determina
d
a la conceentrazionee
meddia di Radoon nella caamera e quuindi nell’ambientee.
Cam
mera a ion
nizzazionee: è uno sttrumento simile
s
a un
n condenssatore pian
no a faccee
paraallele in cuui il dieleettrico è ccostituito dal gas deel quale ssi vuole valutare
v
laa
conccentrazionne di Rado
on. Il Raddon diffon
nde all’interno dellaa camera attraversoo
una membranna permeaabile e quuando decaade, emette particeelle α. Le particellee
uito della lloro interaazione conn
caricche prodootte dai deccadimentii radioattiivi, a segu
il gaas, lo ionnizzano daando origgine a ion
ni positivi e negativvi; la presenza dell
cam
mpo elettricco fa sì che
c questi si muovaano in verrsi oppostti lungo le linee dii
forza del cam
mpo, produ
ucendo coosì una co
orrente di ionizzazioone. Se in
ndichiamoo
odurrannoo
con w l’enerrgia mediaa di ionizzzazione del gas, le particeelle α pro
n
di coppie ellettrone-io
one pari a N= E/w. Q
Questa caarica verràà
ciasccuna un numero
racccolta dalle armaturee producenndo un im
mpulso eleettrico, chee poi verrrà rilevatoo
attraaverso unaa elettronica di froont-end. Ill volume delle cam
mere a ion
nizzazionee
influuisce sui valori deei paramettri che nee definisccono le caaratteristicche, qualii
fonddo, efficiennza di con
nteggio e ssensibilitàà.
Riveelatore a tracce: è costitutoo da un foglio
f
di materiale
m
organico speciale,,
ttipicamen
nte nitrato
o di celllulosa (L
LR115) o
ppoliallil diglicol carbonaato (CR3
39), chee
iinteragisce con le emissioni α del Radon e dellaa
ssua progen
nie, riporttando traccce sufficieentementee
pprofonde sulla pro
opria supperficie. Terminata
T
a
ll'esposizio
one, il rivelatoree viene rimossoo
ddall'appossito
co
ontenitoree
e
trattatoo
chim
micamentee per evid
denziare lee tracce laasciate dallle particeelle α, chee vengonoo
quinndi contatte con meetodi otticci o elettrrici. Dallaa conoscennza del numero
n
dii
traccce, del teempo di esposizion
e
ne e del fattore
f
di calibrazioone del sistema
s
sii
deteermina la concentraazione meedia di Radon.
R
La risposta di un riv
velatore a
traccce è indippendente dalle parrticolari condizioni ambientaali e non richiede,,
com
me in altri casi, l'anaalisi spettr
trometrica dei disceendenti deel radon. I tempi dii
espoosizione possono
p
esssere da bbrevi a lun
nghi, per cui
c tale teecnica ben
n si prestaa
alla determinaazione di concentraz
c
zione med
dia annuale.
d decadim
mento dell 222Rn son
no presentti anche eemettitori γ (214Pb e
Nellla catena di
216
Bi); sotto condizion
ni di equuilibrio secolare,
s
è possibiile determ
minare laa
222
n tramite rrivelazionee dei γ di decadimen
d
nto.
conccentrazionne di Rn
Can
nestro a carbone
c
attivo:
a
è generalm
mente una scatola m
metallica cilindricaa
contenen
nte i carbo
oni attivi ((circa 100
0 grammi))
che adso
orbono ill Radon presente nell'aria..
Dopo un
n tempo di
d esposiziione, dell'ordine dii
qualche giorno, i canestri che adsorbono ill
radon maa non lo rilevano, ssubiscono un'analisii
di spetttrometria γ tram
mite riveelatore a
scintillazzione, tipicamente a cristalli di ioduroo
di sodio o tramite rivelatoree a semicconduttoree
(Ge)). Dai riisultati dell'analisi
d
i spettralee, dalla conoscennza del tempo
t
dii
espoosizione e dal fattore di calibbrazione si
s ricava la
l concenntrazione relativa
r
all
periodo di esposizione. La tecnica dei carboni attivi è adatta a misure di
concentrazioni anche inferiori ai 20 Bq/m3 e richiede pochi giorni per la sua
realizzazione, ma può essere applicata anche per determinare la concentrazione
media annuale eseguendo una misura ogni 3 mesi. Il limite principale consiste
nella forte dipendenza dalle condizioni ambientali di temperatura e umidità.
2.2 Rivelatori raggi γ
La radiazione elettromagnetica è neutra quindi non è possibile rilevarla
direttamente durante il suo passaggio attraverso il rilevatore come per le
particelle α. I fotoni possono essere rilevati solo se interagiscono con gli atomi
che costituiscono il materiale assorbente, ovvero solo quando la loro energia
viene ceduta agli elettroni che, rallentando e perdendo energia attraverso
ionizzazioni, eccitazioni e bremsstrahlung, ci danno informazioni sul fotone. In
altre parole, per esaminare la radiazione γ, serve un rilevatore in grado di
convertire l’energia del fotone in energia cinetica di uno o più elettroni e di
fungere da rilevatore di questi, attraverso la raccolta della carica elettrica.
Il processo preferito, ai fini della rilevazione dei raggi γ, è l’effetto fotoelettrico:
la creazione di un fotoelettrone garantisce che la totalità dell’energia della
particella incidente sia convertita in energia cinetica. I primi rilevatori utilizzati
per la spettroscopia γ sono gli scintillatori. Ne esistono di diversi tipi, a seconda
che siano costruiti con materiali organici o inorganici, liquidi o solidi. Questi
rilevatori si basano sulla possibilità di produrre un segnale luminoso
(fluorescenza) attraverso la diseccitazione degli atomi del mezzo in cui
l’elettrone diffonde. Gli impulsi di luce vengono amplificati e convertiti in
segnali elettrici da dei fotomoltiplicatori. La principale causa di perdita di
risoluzione del rilevatore risiede nella fluttuazione della carica raccolta, molto
maggiore che nei rilevatori a semiconduttore.
Un'altra categoria di rilevatore a stato solido sfrutta i cristalli semiconduttori
(Silicio e Germanio), materiali nella cui struttura a bande gli elettroni riempiono
completamente la banda di valenza ma, poiché essa è separata dalla banda di
conduzione da un gap non troppo elevato di energia (circa 1.115 eV nel silicio e
0.665 nel germanio, da paragonare ai 20-30 eV circa necessari per ionizzare un
atomo di gas in una camera a ionizzazione), alcuni elettroni possono passare alla
banda di conduzione lasciando una lacuna in quella di valenza.
Figura
a 2.1: strutttura a band
de per metallli, semiconnduttori
e iso
olanti.
do con unna giunzio
one n-p di
d Germannio produce coppiee
Un raggio γ, interagend
h luogo nella reegione dii
liberre di eleettroni e lacune. Se l’inteerazione ha
svuootamento, gli elettro
oni liberi ssi muovon
no verso l’elettrodo ppositivo e le lacunee
nellaa direzionne oppossta, produucendo un
n segnalee elettricoo che pu
uò esseree
misuurato. Se la particella perde tutta la su
ua energiaa nel mateeriale, il numero
n
dii
copppie elettroone - lacu
una prodootte è prroporzionaale all'eneergia iniziale dellaa
partiicella. Daai segnali elettrici pprodotti è possibile risalire aal numero di fotonii
passsati nel rileevatore e alla
a loro eenergia iniiziale.
A teemperaturra ambientte (300 K
K) il cristaallo di Geermanio è afflitto da
d rumoree
term
mico, dovuuto al baasso gap che separra la banda di vallenza da quella dii
condduzione, quindi
q
per l'elettronee è facile saltare in quest'ultim
ima. Per riisolvere ill
probblema è necessario
n
abbassaree la temp
peratura deel cristalloo fino a circa
c
77K
K
(tram
mite azotoo liquido)) in modoo che gli elettroni non disppongano di
d energiaa
suffi
ficiente perr passare nella
n
bandda di cond
duzione.
Nei rilevatorii a semiconduttore viene so
olitamente utilizza una giunzzione p-nn
inveersamente polarizzata, la qualle permettte di averee una zonaa di svuotaamento inn
cui non si poossono av
vere migraazioni di cariche appartenennti al cristtallo ed è
s
prrodotti da particelle
p
ionizzantii.
posssibile riconnoscere i segnali
Queesto permeette di averre due vanntaggi:
11. il numeero elevato
o di coppiie prodottee rende le fluttuaziooni statistiiche menoo
importaanti;
22. elevato rapporto segnale/ruumore.
Queest’ultimo non è traascurabile, dato il basso
b
liveello del seegnale otttenuto dall
rilevvatore.
La zzona di svuuotamento
o ha dimennsione:
 2ε ⋅ V 
d≅ 

 e⋅ N 
(2.1)
Dove:
V è la tensione applicata alla giunzione p-n.
ε è la costante dielettrica del mezzo.
N è la concentrazione d'impurità del mezzo.
La massima larghezza della zona di svuotamento che si può ottenere con
semiconduttori normalmente puri è 2 o 3 mm, anche se la polarizzazione inversa
è prossima alla rottura del diodo. Tuttavia per la spettroscopia γ, sono necessari
rilevatori con un volume attivo ben più grande. Dalla relazione che ci dà le
dimensioni della zona di svuotamento, si nota che diminuendo la concentrazione
d'impurità è possibile aumentare il volume attivo.
Infatti le tecniche sviluppate verso la metà degli anni Settanta permettono di
ridurre la concentrazione d'impurità fino a 1010 atomo/cm3, raggiungendo
un’estensione della regione di svuotamento pari a 1 cm. Il procedimento inizia
da un materiale già molto puro che viene raffinato progressivamente sfruttando
la maggiore solubilità delle impurità nel Germanio fuso rispetto allo stato solido.
Questo viene riscaldato localmente e gli atomi estranei vengono eliminati dal
materiale. Il Germanio iperpuro ottenuto è di solito chiamato Germanio
intrinseco o HPGe.
Il potenziale inverso applicato garantisce che la zona di svuotamento occupi
l’intero volume della regione meno drogata e che gli elettroni raggiungano la
velocità di saturazione (107cm/s) diminuendo le possibilità di ricombinazione e
il tempo di raccolta.
I rilevatori a semiconduttore sono particolarmente indicati per la spettroscopia γ
perché:
• l’energia di ionizzazione (creazione coppia lacuna-elettrone) è molto
bassa, permettendo così di generare molti portatori di carica;
• il numero atomico degli elementi considerati (Germanio e Silicio) è alto,
garantendo elevate sezioni d’urto;
• la densità è tanto alta da avere in un piccolo volume la massa sufficiente
ad assicurare un’ottima efficienza;
• la risoluzione è altissima e permette di distinguere sorgenti molto
prossime in energia.
Il riilevatore può esserre realizzzato in du
ue diversee configuurazioni, planare
p
e
coasssiale.
Figura 2. 2: configurrazione plan
nare.
Figura 2.33: configura
azione coasssiale.
Quaalsiasi tipoo di rilevaatore devee essere co
ollegato ad
a una cattena elettrronica perr
perm
mettere la visualizzaazione delll’impulso. Questa catena
c
è coostituita daa:
uun modullo di alta tensionee che forn
nisce una tensione ppositiva o negativaa
neceessaria perr il funzion
namento ddel rilevattore;
uun pream
mplificatorre che ampplifica i deboli
d
segn
nali in usccita da un rilevatoree
cerccando di minimizza
m
are il rum
more aggiiunto, prim
ma di traasmetterli agli altrii
disppositivi deel sistemaa elettroniico. Poich
hé i segn
nali in inggresso so
ono moltoo
debooli, i preaamplificattori sono collegati il più vicino posssibile all’u
uscita dell
rilevvatore, in modo daa minimizzzare la capacità del
d cavo e massim
mizzare ill
rappporto segnnale/rumo
ore. Per qquesto dii solito i preampliificatori non
n
sonoo
instaallati, insiieme agli altri modduli, nei contenitorri NIM m
ma direttam
mente sull
rilevvatore. Geeneralmentte un preaamplificato
ore dà in uscita
u
un segnale lineare conn
un ttempo di salita
s
molto piccoloo, consisteente col teempo di raaccolta deella caricaa
del rrilevatore,, e un tem
mpo di cadduta elevatto, responssabile dellla lunga coda
c
(50 o
100 μs) del segnale in
i uscita. In questto modo la raccoltta della carica
c
nell
ma che ill segnale sia dimin
nuito in m
modo sign
nificativo..
rilevvatore avvviene prim
Un’altra funzione del preamplificatore è di adattatore d’impedenza. Esso `e tale
da presentarsi con un’alta impedenza al rilevatore e una bassa impedenza in
uscita per i successivi componenti elettronici del sistema;
un amplificatore che amplifica il segnale proveniente da un
preamplificatore e che dà a esso una forma conveniente per essere elaborato da
altri dispositivi. In ogni caso l’amplificatore deve sempre preservare
l’informazione a cui si è interessati. Se si vuole ottenere l’informazione legata
all’ampiezza dell’impulso, è necessario mantenere una certa proporzionalità fra
il segnale in ingresso e quello in uscita. In tal caso si parla di amplificatori
lineari o amplificatori per spettroscopia. Il segnale proveniente da un
preamplificatore è caratterizzato da una lunga coda dell’ordine di diversi μs. Se
un secondo segnale arriva entro questo lungo tempo di caduta, si ha una
sovrapposizione e una conseguente distorsione di entrambi i segnali. Per evitare
questo fenomeno, chiamato pile-up, si utilizza un amplificatore che,
modificando la forma dell’impulso, ne accorcia la coda. L’utilità di modificare
opportunamente la forma dell’impulso sta anche nel fatto che in questo modo si
riesce ad ottimizzare il rapporto segnale/rumore. Ottimizzare il rapporto
segnale/rumore significa intervenire sulle componenti di Fourier di un segnale
eliminando, con un filtro, le frequenze dove il rumore è massimo. Questo
restringimento della larghezza di banda del segnale altera la distribuzione delle
componenti in frequenza del segnale e comporta un cambiamento della sua
forma. Per ottimizzare il rapporto segnale/rumore è vantaggioso avere segnali di
forma gaussiana. Gli amplificatori per spettroscopia sono perciò caratterizzati da
una stretta banda passante che amplifica solo le frequenze comprese entro tale
intervallo, in modo da fornire in uscita un segnale di tipo gaussiano. In questo
modo ovviamente non si preserva l’informazione contenuta nella forma del
segnale, ma solo quella riguardante la sua ampiezza;
un convertitore analogico-digitale (ADC) che riceve in ingresso un segnale
analogico da un amplificatore, e converte l’informazione in esso contenuta in
una equivalente forma digitale. L’ADC genera un numero proporzionale
all’ampiezza del segnale in ingresso, una volta definita la corrispondenza fra un
certo intervallo per l’ampiezza dei segnali in input (ad esempio da 0 a 10 V) e un
range per i numeri digitali di output (da 0 ad un massimo di 1000). La
risoluzione dell’ADC dipende dall’ampiezza del range della digitalizzazione:
essa sarà tanto migliore quanto più questo è ampio. Esistono due tipologie di
ADC, distinte in peak-sensitive e charge-sensitive in base al tipo di segnale
digitalizzato. Nel primo caso è il massimo dell’impulso analogico a essere
convertito in un numero digitale, nel secondo è la corrente totale integrata.
Esistono diversi metodi su cui si basa la conversione, i più famosi sono il
metodo di Wilkinson e il metodo per approssimazioni successive. Il primo
utilizza il segnale in ingresso per caricare un condensatore che si carica con un
rate (cioè una corrente) costante. Contemporaneamente si contano gli impulsi di
un oscillatore a frequenza fissa, che parte all’inizio e s'interrompe alla fine della
scarica del condensatore. Il numero d'impulsi contati è proporzionale alla carica
accumulata sul condensatore. Il metodo per approssimazioni successive, invece,
mette a confronto l’ampiezza del segnale in ingresso con quella di una serie di
segnali di riferimento. Se il segnale è superiore a un certo valore, si associa 1 al
primo bit del numero digitale, altrimenti si restituisce 0. Quindi si aumenta o si
diminuisce della metà il potenziale di riferimento e si ripete tale procedura fino
ad ottenere il numero di bit richiesto. Il tempo impiegato dall’ADC per il
processo di digitalizzazione è detto tempo di conversione; dipende
dall’ampiezza del range dei numeri digitali scelto, ma è generalmente
dell’ordine di qualche decina di μs. Una volta digitalizzata l’informazione
riguardante l'ampiezza dei segnali in ingresso all’ADC è necessario analizzare e
classificare i dati così ottenuti. L’analizzatore multicanale si occupa di
memorizzare in una memoria a multicanale (che possiamo immaginare come
una serie d'indirizzi) i numeri derivanti dalla conversione digitale. Esso
incrementa così il contenuto di ogni canale ogni volta che arriva dall’ADC un
numero corrispondente all’indirizzo di quel canale e realizza un istogramma che
ci fornisce il numero di conteggi per canale. Ad ogni indirizzo (o canale) del
multicanale corrisponde, dunque, in seguito alla conversione digitale, una certa
ampiezza del segnale analogico in ingresso e, ancora prima, una certa energia
della radiazione incidente il rilevatore. La risoluzione dell’analizzatore
multicanale è data da un fattore chiamato guadagno di conversione, che
corrisponde al numero totale di canali usati per la conversione analogicodigitale.
2.3 ADLINK PCI 9812A
Caratteristiche Tecniche:
Supports a 32-bit 3.3 V or 5 V PCI bus.
�
12-bit A/D resolution.
�
Up to 20 MS/s simultaneous-sampling rate.
�
>17 MHz -3 dB bandwidth.
�
4-CH single-ended inputs.
�
Bipolar analog input ranges.
�
User-selectable input impedance of 50 Ω or high-input impedance.
�
Onboard 128 k-sample A/D FIFO (PCI-9812A).
�
Analog and digital triggering.
�
External clock input for customized conversion rate.
�
Bus-mastering DMA for analog inputs.
�
3-CH TTL digital inputs.
�
Compact, half-size PCB.
Analog Input
Number of channels: 4 single-ended Resolution 12-bit.
�
Maximum sampling rate: 20 MS/s.
�
Input signal ranges, impedance and overvoltage protection.
�
Accuracy: ±1.5 % typical.
�
DNL: ±0.4 LSB typical, ±1.0 LSB maximum.
�
INL: ±1.9 LSB typical.
�
Input coupling: DC.
�
Trigger sources: software, analog and digital trigger (5 V/TTL compatible).
Trigger modes: software-trigger, pre-trigger, post-trigger, middle-trigger e
delay trigger.
�
�
FIFO buffer size: 128 k samples
�
Data transfers: bus-mastering DMA
Triggering
�
Analog Trigger
· Modes: pre-trigger, post-trigger, middle-trigger, delay-trigger
· Source: CH0, CH1, CH2 and CH3
· Slope: rising/falling
· Coupling: DC
· Trigger sensitivity: 256 steps in full-scale voltage range
�
Digital Triggering
· Modes: pre-trigger, post-trigger, middle-trigger, delay-trigger
· Source: external digital trigger
· Slope: rising edge
· Compatibility: 5 V/TTL
· Minimum pulse width: 25 ns
External Sine Wave Clock
�
Input coupling: AC
�
Input impedance: 50 Ω
�
Input frequency: 300 kHz to 40 MHz
�
Input range: 1.0 to 2.0 Vpp
�
Overvoltage protection: 2.5 Vpp
External Digital Clock
�
Input coupling: DC
�
Input impedance: 50 Ω
�
Compatibility: 5 V/TTL
�
Input frequency: 20 kHz to 40 MHz
�
Overvoltage protection: diode clamping, -0.3 V to +5.3 V
2.4 Descrizione del sistema di sviluppo LabVIEW
Il programma di acquisizione dati e di elaborazione è stato realizzato utilizzando
il sistema di sviluppo LabVIEW.
LabVIEW (acronimo di Laboratory Virtual Instrument Engeneering
Workbench) è un sistema di sviluppo potente e flessibile per applicazioni di
acquisizione e analisi dati per PC in ambiente Microsoft Windows, per
workstation Sun SPARCstation e HP-UX e per computer Apple Macintosh.
LabVIEW si differenzia nettamente dai linguaggi tradizionali di
programmazione intrinsecamente sequenziali mettendo a disposizione un
ambiente di programmazione grafica e tutti gli strumenti necessari per
sviluppare applicazioni rivolte all'acquisizione dati e alla loro analisi e
presentazione. Con questo linguaggio di programmazione grafica, chiamato G, è
possibile scrivere dei programmi disegnando dei diagrammi a blocchi.
Dopo aver creato un diagramma, LabVIEW lo compila generando il codice
macchina.
LabVIEW integra in un unico sistema l'acquisizione dei dati, la loro analisi e la
presentazione dei risultati. L'acquisizione dati e il controllo della strumentazione
possono essere eseguiti con LabVIEW tramite diversi tipi d'interfacce, come
IEEE 488 (GPIB), RS-232, oltre che con schede di acquisizione dati (DAQ)
plug-in.
Per l'analisi dei dati ci si può avvalere delle funzioni contenute nella libreria
aggiuntiva di analisi che contiene funzioni per la generazione e l'elaborazione di
segnali, per il filtraggio, per l'analisi statistica, il calcolo delle regressioni e per
l'algebra lineare e vettoriale.
In virtù della sua natura grafica, LabVIEW può essere considerato, di fatto,
anche un prodotto per la presentazione dei dati, che consente di visualizzare i
risultati in forma grafica e con metodi di visualizzazione che l'utente può
facilmente modificare per adattarli alle proprie esigenze.
2.4.1 Progrramma per la ccalibraziione
Il V
VI Calibraazione.vi calcola i coefficieenti del fit
f linearee per convertire inn
enerrgia (KeV)) i segnalii di tensionne (V) pro
ovenienti dal
d rivelattore HPGee.
L'intterfaccia utente
u
si presenta
p
inn questo modo:
m
Figuraa 2.4: pannello frontalle.
glio il funzzionamentto.
Veddiamo ora nel dettag
Per pprima cossa bisognaa impostaree i pannelli 2 e 3.
• Pannelllo 2
Numeroo di canali: è il nuumero di celle di memoria
m
o di canalli in cui è
suddiviiso l'interv
vallo di teensione prrovenientee dal riveelatore. Dii norma è
una pottenza di 2 e più è allto il num
mero di can
nali, migliiore è la distinzione
d
e
in energgia.
Durata di acquissizione: è il tempo in cui la DAQ
D
acquuisisce il segnale,
s
è
ndi e più alto è il valore,
v
maaggiore saarà l'esatteezza dellaa
espresso in secon
calibrazzione.
• Pannelllo 3.
Limite maggioree: rappressenta il valore
v
massimo di acquisizione dellaa
o in volt; dopo di esso lo spettro saarà tagliatto. Per laa
scheda, misurato
scheda utilizzata non si posssono
superaree i 5V.
Limite minore:
m
raappresentaa il valoree minimo di acquisiizione dellla scheda,,
misuratto in volt, quindi lo spettro prrima di questo valorre sarà tagliato.
mere il tasto start e far partiree l'acquisiizione deii
A quuesto punnto è possiibile prem
dati.. Sul pannnello 4 si può osserrvare il teempo che passa e i segnali di tensionee
emeessi dal HP
PGe che so
ono stati aanalizzati.
Al teermine deell'acquisizzione sarà mostrato sul panneello 1 l'istoogramma.
Il grrafico è coostruito prrendendo ssolo il massimo del segnale inn tensionee, infatti ill
segnnale che arrriva comee input allla scheda di
d acquisizzione è gaaussiano.
Il sooftware coon questi segnali ccostruisce un vettorre e per m
mezzo di contatorii
vienne costruito un istog
gramma coon il numeero di canaali prescellto nel pan
nnello 2.
Attrraverso il comando
o zoom poosto sotto
o il grafico
o è possibbile sposttarsi su dii
essoo e individuare i picchi
p
per la calibrrazione. Una
U volta trovati, si
s devonoo
trasccrivere i numeri
n
deii canali coorrispondeenti a quessti ed inseerirli nel pannello
p
7
nel ccontrollo NumCana
N
ale il qualee calcola il
i valore in
n volt (inddicatore Vo
olt), comee
mosstrato nell’’esempio in
i figura 22.5:
Figgura 2.5: pa
annello 7.
olt sulle ccorrispettiv
ve casellee
A quuesto punnto è neceessario scrrivere i vaalori in vo
del ppannello 5 insieme ai valori iin Kev corrrisponden
nti ai piccchi della so
orgente dii
calibbrazione (figura
(
2.6
6).
Figgura 2.6: pa
annello 5.
Per terminare è necessaario premeere il tasto
o stop; sul pannello 6 verrann
no indicatii
gramma d'acquisizioone (m e q).
q
i duee paramettri per la calibrazionne del prog
Di sseguito è riportata
r
laa gerarchiia del VI comprensi
c
iva dei subb-VI costrruiti per ill
proggramma e dei driverr della schheda DAQ.
Figura
ra 2.7: gerarrchia del VI.
VI
Diaggramma a blocchi
Figurra 2.8: iniziializzazionee.
d
diagraamma a blocchi sono sttati utilizzzati perr
I pprimi 2 frame del
l’iniizializzazione degli elementi ddel VI.
Nel pannello 1 viene definito il pproperty node
n
che attraverso
a
o il comando visiblee
bile i bottooni del paannello fro
ontale, e ill comando
o disabilee
rendde visibilee o invisib
rendde cliccabiile o no i bottoni.
b
Nel pannello 2 troviam
mo un w
while loop con il taasto di sttart per far
f partiree
l'acqquisizione.
Nel pannello 3 vengono
o inizializzzati a 0 deegli array kev,
k cont e scaledD
Data.
o presenti i VI riguaardanti la scheda d'aacquisizione.
Nelll’immaginne 2.9 sono
Fig
igura 2.9: V
VI della scheda di acqu
uisizione.
VI di conffigurazion
ne della D
DAQ al qu
uale sonoo
Nel pannello 1 è mostrato il V
connnessi i conntrolli che settano:
- il numeero del devvice (nel nnostro caso
o è 1);
nale al quaale è conn
nesso l’am
mplificatoree (nel nosstro caso è
- il numeero del can
0);
Buffer Sizze:) il quaale rappreesenta il numero
n
dii
- la granndezza dell buffer (B
punti, cioè
c
di seg
gnali in tennsione, ch
he la sched
da memorrizza sullaa memoriaa
temporanea dellaa DAQ.
nte il VI cche dà il comando
c
alla schedda di prep
pararsi perr
Nel pannello 2 è presen
a quale so
ono connesssi 2 contrrolli:
acquuisizioni al
- numeroo di scanssioni d’accquisire: se
s il contrrollo è im
mpostato a -1 il VII
acquisisce solam
mente un bbuffer size,, se viene impostatoo 0 il VI acquisisce
a
e
v
stopppato con ill VI Ai Cllear;
fin quanndo non viene
- Scan Rate:
R
è il numero di campiioni al seecondo edd è contro
ollato dall
comanddo Scan Rate.
Nel pannello 3 è mostrrato il VI A
AI Read che
c acquissisce i seggnali e ci restituisce
r
e
l’arrray con i valori
v
di teensione (sccaledData
a).
Nel pannello 4 sono preesenti:
nica alla sccheda di cancellare
c
la memooria e di metterla
m
inn
- il VI chhe comun
standbyy;
- il VI chhe restituissce gli erroori Error Handler.
H
Nel pannello 5 sono prresenti le ttre condizzioni per uscire
u
dal cciclo whille. Se unaa
mina il cicllo.
di quueste divieene falsa, l’applicazzione term
Figuraa 2.10: acqu
uisizione da
ati.
La ffigura 2.100 rappreseenta l'acquuisizione dei
d dati prrovenientii dalla sch
heda DAQ
Q
(pannnello 1, 5 e 6), disscussa preecedentem
mente, e laa rielaboraazione per otteneree
l'istoogramma di questi (pannello
(
2, 3, 4 e 5).
5
I seggnali mem
morizzati nell’array
n
scaledDa
ata sono delle
d
gausssiane e lee parti chee
ci innteressanoo per la costruzione del multiccanale, so
ono solameente i masssimi. Nell
pannnello 2 il vettore viene
v
proccessato daall’applicaazione Troova Max.vi (figuraa
2.111).
Figurra 2.11: Tro
ova Max.vii.
Dalll’array sccaledData vengonoo estratti tre valorri consecuutivi che vengonoo
conffrontati traa loro: se quello
q
cenntrale è maaggiore dii tutti e duue, il valorre passa all
puntto successivo, altrrimenti viiene sostiituito il valore
v
0. La secon
nda partee
conttrolla se il valore è compresso tra i lim
miti prestaabiliti: se è compreeso, vienee
imm
magazzinatto dentro la variabiile y, altriimenti vieene sostituuito 0. Qu
uesto VI è
inserito all’innterno di un ciclo while in modo talle che tuttti gli elem
menti dell
ita dal cicclo whilee
vettoore subisccano questo proceesso. L’arrray che è in uscit
com
mprende i massimi
m
di
d tensionee e zeri.
Nell pannelloo 3 della figura
f
2.100 l’array viene
v
sisteemato in oordine decrescente,,
attraaverso il comando
c
search 1D
D array viene
v
trov
vato il prim
imo 0 poii vengonoo
elim
minati tutti attraverso
o la funzioone deletee from arra
ay. Il vettoore che nee risulta, è
com
mposto dai soli massimi di tennsione.
Nel pannello 4 il vettore numeriico viene trasformaato in una stringa, questo
q
perr
moria che affliggono
a
o
ovviiare a varii problemi di iniziaalizzazionee ed effettti di mem
gli aarray.
Figura 2.122: parametrri di calibra
azione.
Nel riquadro 1 della figura 2.112 viene realizzato
o un array
ay di num
meri interii
mCanale) contenente i numerri da 0 a Numero
N
Ca
anali.
(Num
La sstringa, provenient
p
te dal diaagramma a blocchi riportatoo in figurra 2.10, è
convvertita in un array numericoo attraversso il sub-V
VI String to Number (figuraa
2.133).
Figura 2.13: Strin
ng to Number.
c
è processaato dal com
mando cosstruisci isstogramma
a al qualee
L'arrray così costruito
sonoo attaccatii 3 controllli, che sonno rispettiivamente Limite
L
Minn e Limitee Mag chee
servvono a speecificare la
l massim
ma e la minima enerrgia dello spettro, e Numeroo
canaali che serrve per deccidere in qquanti can
nali deve essere
e
diviiso l'istogrramma.
Il daato in usccita dal co
omando isstogramma
a viene diiviso in ddue array: X Valuess
saràà inserito nell'array denominnato Volt, Histogra
am h(x) veerrà unito
o all'arrayy
mCanale e sarà visualizzato nel grafico Histogram
m.
Num
Nel pannello 3 troviamo
o un whilee loop con
n il tasto di
d stop del programm
ma.
ola i dati ddi calibrazzione attraaverso il suub-VI Rettta (figuraa
L'ulttimo pannnello calco
2.144) che calccola la rettta passantee per 2 pu
unti e restittuisce i vaalori m e q.
q
F
Figura 2.14
4: Retta.
2.3 Progra
amma pe
er l’acqu
uisizion
ne dati
Il prrogrammaa per l’accquisizion e prende i dati provenienti dall’amp
plificatore,,
costtruisce un istogramm
ma con quuesti che poi viene salvato su ddi un file data.
Il paannello froontale si presenta inn questo modo:
m
Figuraa 2.15: pann
nello fronta
ale.
Veddiamo ora il funzion
namento neel dettaglio.
Per pprima cossa bisognaa impostaree i pannelli 2, 3, 6, 7 e 8.
• Pannelllo 2
Durata di acquissizione: è il tempo in cui l'A
ADC acquuisisce il segnale,
s
è
ndi.
espresso in secon
ni: è il num
mero massimo di ev
venti che ll'ADC pro
ocesserà.
Numeroo Campion
• Pannelllo 3
Buffer Size:
S
è la dimensionne della memoria
m
temporaneea della sccheda. Perr
la schedda utilizzaata è limitaato a 15M
Mb.
Scan Rate: è la velocità
v
ddi campion
namento ed
e è espresssa in KH
Hz. Per unn
v
non
n dovrebbbe scend
dere sottoo
correttoo campionamento questo valore
2MHz.
• Pannelllo 6
Limite maggiore
m
: rappreseenta il valo
ore massim
mo misuraato in volt, dopo dii
questo lo spettro
o sarà taggliato. Perr la sched
da utilizzaata non sii possonoo
superarre i 5V.
Limite minore:
m
raappresentaa il valoree minimo di acquisiizione dellla schedaa
misuratto in volt, quindi lo spettro prrima di essso sarà taggliato.
• Pannelllo 7
Questo pannello serve per la calibrazione delllo spettro. I valori m e q sonoo
r
daal precedeente prograamma di calibrazion
c
ne.
quelli restituiti
• Pannelllo 8
Numeroo di canali: è il nuumero di celle di memoria
m
o di canalli in cui è
suddiviiso l'interv
vallo presccelto. Di norma
n
è una
u potenzza di 2, più è alto ill
numeroo di canali e migliorre è la distinzione in
n energia ddi questi.
A qquesto punnto è posssibile prem
mere il taasto start nel riquaadro 5 e far
f partiree
l'acqquisizione. Sul pann
nello 4 si ppuò osserrvare il tem
mpo che ppassa e i gli
g impulsii
emeessi dal HPGe che sono statii analizzaati. Nel riq
quadro 1 vengono riportati i
dati come giuungono daall’amplifi
ficatore prrima di essere proceessati,infaatti si puòò
ussiana.
notaare la loro forma gau
Figura
a 2.16: segn
nale proveniente dall’a
amplificatorre.
Nel pannello 9 vengon
no riportatti i dati do
opo esseree stati elabborati dal software:
sull'asse dellee ascisse è rappressentata l'energia in KeV meentre sull'aasse dellee
umero di cconteggi.
ordinate è ripoortato il nu
d prograamma saràà chiesto dove si vuole sallvare il fiile ASCIII
Al ttermine del
conttenente i dati.
d
Di sseguito è riportata
r
laa gerarchiia dei VI comprensi
c
iva dei subb-VI costrruiti per ill
proggramma, dei
d driver della
d
scheeda ADC e delle fun
nzioni I/O..
Figuraa 2.17: gera
archia del VI.
V
Diaggramma a blocchi
Figura
ra 2.18: inizzializzazionee.
Figura 22.19: acquissizione segn
nale.
Lo sschema a blocchi raappresentaato nella figura
f
2.18
8 e 2.19 è lo stesso
o riportatoo
nellaa figura 2.8 e 2.10, pertanto pper un'anaalisi appro
ofondita è opportun
no riferirsii
al prrogrammaa di calibraazione.
Figura 2.2
20: costruzio
ione dell’isttogramma e scrittura ssu file.
Nel primo paannello vieene conveertita la sttringa prov
veniente ddalla figurra 2.19 inn
oi poter esssere elab
borato dal VI generral histog
gram. Nell
arrayy numericco per po
secoondo pannnello il clu
uster vienne diviso in
i due, l’aarray X vaalues vien
ne scalatoo
attraaverso i faattori di calibrazionne m e q e depositaato nel com
mando keev, mentree
l’alttro viene posto neell’array ccont. I due
d
vettorri vengonno uniti e mandatii
all’indicatore grafico Histogram.
H
c
l’’intestazio
one per il file ASCIII con all’’interno ill
Nel pannello 3 viene costruita
mero canalli, campio
oni analizzzati e dura
ata acquissizione. Il VI svuota
a array.vii
num
creaa una tabella ASCIII di due coolonne con i vettorii kev e coont e restittuisce unaa
strinnga (figuraa 2.18).
Figurra 2.21: svu
uota array.vi.
La sstringa coosì ottenutta viene cconcatena all’intestaazione e iinviata al VI writee
file.vvi.
Figu
ura 2.22: write
w
file.vi.
mette di memorizza
m
re la stringga in un file
fi testo.
Il VII mostratoo in figuraa 2.19 perm
Il prrimo VI appre o crea il file dovve verrann
no scritti i dati, il seccondo lo configura,
c
,
il terrzo scrivee la stringaa sul file ddati, il quaarto chiud
de il file qu
quando la scrittura
s
è
concclusa e l’uultimo ritorna l’errorre.
2.4 Progra
amma pe
er l’elab
borazion
ne dati
Il V
VI elaboraazione datti.vi prendde come in
nput un fiile che haa come inttestazionee
una stringa deel tipo
Numero Canali: 2048 Numero
N
Cammpioni: 123439 Durata Acquissizione: 36
600 s –
ed è costituitoo da due colonne,
c
ddove nella prima son
no presentti le energ
gie e nellaa
secoonda il nuumero di conteggi.
c
IIl file vien
ne poi elaaborato e rrestituiscee il valoree
3
dell’’attività (B
Bq/m ) dei canestri ai carbonii attivi.
Il paannello froontale si presenta inn questo modo:
m
Figuraa 2.23: pann
nello fronta
ale.
Veddiamo ora il funzion
namento neel dettaglio.
All’apertura il
i VI chied
de dove è posizionaato il file che s’inteende elabo
orare. Nell
p
vedere
v
l’iintestazion
ne del filee e nel pannnello 5 si
s possonoo
pannnello 2 è possibile
indivviduare i picchi peer il calcoolo dell’arrea. Il corrrispettivo in energiia di ognii
piccco deve essere trascrritto nel paannello 1 e bisogna cliccare aavanti per ogni datoo
inserito. Il sofftware elaaborerà unn fit gaussiano prend
dendo 7 ccanali a deestra e 7 a
sinisstra, comee mostrato in figura 2.21.
Figura 22.24: fit gau
ussiano dei dati.
Il prrogrammaa calcoleràà l’area deel file che è stato inserito com
me input all’inizio
a
e
l’areea del file di calibraazione, possto nella stessa
s
carteella del VII.
Nel pannello 3 sono mostrati i pparametri che
c servon
no per conntrollare la formulaa
per iil calcolo dell’attiviità, e sonoo:
- ΔM: rapppresenta la variaziione di maassa (g) del canestrrino dopo la cotturaa
e primaa dell’espo
osizione.
o di espoosizione in
n ore dell
- tempo di esposiizione: rapppresenta il tempo
canestriino.
r
ta un fattoore di corrrezione che
c si usaa se il caampione è
- Dial: rappresent
espostoo per più di
d 72 ore.
A
e
Stabbiliti quessti parameetri è posssibile preemere il pulsante Calcola Attività
3
nell’’indicatoree adiacentte verrà m
mostrato il valore in Bq/m
B
delll’attività.
Di sseguito è riportata
r
laa gerarchiia dei VI comprensi
c
iva dei subb-VI costrruiti per ill
proggramma, delle
d
funzzioni I/O, delle fun
nzioni per il fit e quuelle per il graficoo
XY::
Figuraa 2.25: gera
archia del VI.
V
Diaggramma a blocchi
Figura
a 2.26: iniziializzazionee e acquisiziione file daati.
Nel pannello 1 viene acquisito il file dati attraverrso il VI read file.vi (figuraa
2.277).
Figgura 2.27: read
r
file.vi
Il prrimo VI riportato
r
in
n figura 22.27 chied
de dove è posizionaato il file, lo apre e
com
munica al secondo
s
VI
V la dimeensione deel file che ha apertoo. Il VI Reead From
m
Binaary File riitorna unaa stringa c ontenentee i dati lettti. Gli ultiimi due ch
hiudono ill
file e ritornanno l’errorre se il fille non è presente. Usciti daal program
mma readd
file.vvi la strinnga viene mandata a un VI che
c dividee l’intestazzione del file dallaa
tabeella. Dall’intestazio
one viene memorizzzato solo
o il tempoo d’acquiisizione e
imm
magazzinatto nella vaariabile nuumber. Laa tabella di dati vienne converttita in unaa
tabeella numerrica attraveerso il com
mando Sprreadsheet String Too Array.vi
Nel pannello 2 e 3 dellla figura 22.26 vienee definito il grafico e inizializzzati a 0 i
K
e y BinsTesst.
vettoori x Kev, y Bins, x KevTest
Figu
ura 2.28: trrasformazioone da array
ay 2d in 1d e costruzionne grafico.
gura 2.28 l’array in
n 2D proveeniente daal frame precedente
p
e
Nel pannello 1 della fig
vienne diviso in due arraay monodiimensionaali e posizionati nellle variabilli y Bins x
Kev.. Nel pannnello 2 questi
q
duee array vengono
v
convertiti in dati dinamici e
manndati al graafico (XY Graph 2)..
Figu
ura 2.29: accquisizione e trasforma
azione dati.
Com
me si può osservaree dalla figgura 2.29, il file radontest.txxt viene accquisito e
diviso in due array monodimenssionali. Neel riquadro
o 3 viene definita la path: inn
ntest.txt deeve esseree posto nellla stessa ccartella deel VI.
quessto caso il file radon
Figura 2.30: VI peer il calcolo
o del rapporrto delle areee.
2
sono riportati
r
i VI per il calcolo
c
deell’area. N
Nel pannello 1 vienee
Nellla figura 2.30
calcolata l’areea del priimo piccoo del file di input. I dati chee escono dal VI fitt
mma. Nell
gausss.vi venggono mosttrati sul grrafico XY Graph 2 insieme aall’istogram
pannnello 2 vieene calcolata l’area del file raadontest.tx
xt.
Il V
VI fit gausss.vi vuole come inpput il valorre del piccco in KeV
V e i due array
a
dovee
sonoo immagaazzinati i dati
d riguarrdanti le energie
e
e il numeroo di conteeggi comee
outpput restituiisce il valo
ore delle aaree e il grrafico del fit.
Veddiamo nel dettaglio lo schem
ma a bloccchi che peer comodittà è stato diviso inn
due immaginii (figura 2.31 e 2.322).
Figura 22.31: prepa
arazione arrray.
Nel primo paannello della figura 2.31 vengono dich
hiarate le variabili Limdxind,
L
Limssxind, y Bins
B
e x Kev.
K
In qquesto fram
me vengo
ono anchee calcolatii il limitee
desttro (LimDxx) e il lim
mite sinistrro (LimSx)) per il callcolo del ffit gaussiaano che inn
quessto caso verrà
v
effetttuato prenndendo 7 canali a sinistra e 7 a destra del piccoo
presscelto.
Nel riquadro 2 viene arrrotondatoo il vettoree x Kev e attraverso
a
o il comando searchh
nto corrisp
pondente al valore LimSx e
1D array si calcola l’’indice deell’elemen
LimD
Dx e infinne viene po
osizionatoo nelle varriabili Limsxind e Liimdxind.
Nel riquadro 3 vengono
o estratti dai vettorri x Kev e y Bins soolo gli elem
menti chee
servvono per ill fit.
Figu
ura 2.32: fit gaussiano..
Nel riquadro 1 dell’imm
magine 2.332 sono sp
pecificati i dati iniziiali della gaussiana:
g
p) è calcoolata pren
ndendo il massimo valore deell’array y
- l’Ampiezza (amp
Bins Taagliato;
o) è calcoolato prend
dendo l’in
ndice del numero del
d canalee
- il Centrro (centro
corrispoondente alll’ampiezzza;
nque valorri minimi contenutii
- l’Offsett (offset) è calcolatoo dalla meedia dei cin
nell’arrray y Bins Tagliato;
- deviazione standard settataa a 1
o sono ripportati i valori lim
mite che possono avere lee
Nel secondo pannello
granndezze soppra citate.
I parrametri coontenuti neei pannellii 1 e 2 son
no racchiu
usi in due ccluster.
Nel riquadro 3 è esegu
uito il fit tramite il VI Gausssian peaak fit al qu
uale sonoo
meter boun
nds, i duee vettori tagliati,
t
laa
colleegati i cluusters inittial gausss e param
tolleeranza (setttata a 0,01) e il meetodo per effettuare
e
il fit. Il VII restituiscce i valorii
per ccalcolare l’area
l
e il fit.
Figura 2..33: formulla per il callcolo della concentrazi
c
ione.
In qquest’ultim
mo frame è riportataa la formu
ula per il calcolo deella conceentrazionee
del ccampione analizzato
o che saràà spiegata nel
n dettaglio nel proossimo cap
pitolo.
Capitolo 3
Analisi dei dati
3.1 Tecniche di misura della concentrazione di radon
Per verificare le concentrazioni di Radon nell’aria sono state utilizzate due
tecniche di misurazione, una attraverso la rivelazione di particelle α con delle
camerette ad elettreti, l’altra attraverso l’adsorbimento del 222Rn per mezzo di
canestri contenenti carbone attivo e la rivelazione di raggi γ.
3.1.1 Elettreti
L’apparato E-Perm è un sistema integrato per misure di Radon. Si basa sull'uso
di un voltmetro digitale per misurare la variazione di potenziale indotta su un
elettrete dalla raccolta di particelle α. L'elettrete è un disco di Teflon che
mantiene un potenziale elettrostatico stabile. Quando l'elettrete è posto in una
camera contenente un certo volume di aria, raccoglie gli ioni prodotti dal
decadimento del Radon e il potenziale elettrostatico si riduce in modo
proporzionale alla radioattività presente nella camera. Misurando la perdita di
potenziale durante un certo intervallo di tempo e utilizzando appropriati fattori
di calibrazione si determina la concentrazione media di Radon nella camera e
quindi nell'ambiente. Il risultato è immediato, preciso e indipendente da fattori
ambientali quali temperatura e umidità.
Vi sono due tipi di elettrete: ad alta sensibilità ST (short term) e a bassa
sensibilità LT (long term). In questo caso è stato utilizzato l’elettrete di tipo ST
poiché le rilevazioni sono state eseguite per pochi giorni.
Specifiche
Potenziale superficiale iniziale: da 700 a 750 volt.
Il lettore misura il potenziale superficiale degli elettreti. L'elettrete è posto
capovolto in corrispondenza dell'apertura circolare del lettore. La lettura del
potenziale avviene aprendo l'otturatore e il voltaggio è indicato su un display
digitale.
Campo di misura:da -1999 a+1999 volt
Precisione:+/- 5 volt
3.1.2 Misure con elettreti
Prima di esporre l’elettrete all’aria è necessario effettuare alcune operazioni
preliminari:
• E’ necessario eseguire una misura del background di radiazione cosmica
attraverso un contatore Geiger nei luoghi dove sarà esposto l’elettrete.
• E’ necessario compiere una misura preliminare del potenziale superficiale
degli elettreti attraverso l’apposito lettore.
A questo punto l’elettrete può essere avvitato nella camera modello S ed
esposto. Al termine dell’esposizione (dai due ai sette giorni) si deve misurare il
potenziale superficiale dell’elettrete.
Per calcolare la concentrazione bisogna utilizzare la formula:
V − VF


RnC ( Bq / m3 ) =  Alt ⋅ I
− BG 
CF ⋅ D


(3.1)
Dove:
Alt è un coefficiente che deriva dall'altezza sul livello del mare cui è posto il
campione e vale 1.0125 se si trova a meno di 1067m invece se si trova a più di
1067m si deve usare la formula 1.99273 ⋅ Altezza + 0.79924 .
VI è il potenziale superficiale iniziale dell'elettrete.
VF è il potenziale superficiale finale dell'elettrete.
D è il tempo di esposizione in giorni.
BG è la concentrazione di Radon equivalente dovuta al fondo gamma
ambientale, ed è calcolata secondo la formula 3.2.
BG = 0.35 ⋅ Rg
(3.2)
in cui Rγ è la misura di background di radiazione cosmica eseguite con il
contatore Geiger.
CF è un fattore di calibrazione dato dall'equazione 3.3.
VI + VF  1

CF =  a + b ⋅
⋅

2

 37
(3.3)
I coefficienti a e b cambiano a secondo del tipo di cameretta ed elettrete; nel
caso in cui la cameretta è di tipo S e l'elettrete di tipo ST, a e b sono
rispettivamente 1.6978 e 0.0005742 . Il fattore 1/37 serve per ottenere la
concentrazione in Bq/m3.
L'errore sulla misura degli elettreti è calcolato con la formula:
 ΔV + ΔV

VI − VF
I
F
ΔRnC = 
+
⋅ D ⋅ ΔCF + ΔBG 
2
( CF ⋅ D )
 CF ⋅ D

(3.4)
Dove:
ΔVI è l'errore di lettura sul voltaggio iniziale ±5.
ΔVF è l'errore di lettura sul voltaggio finale ±5.
CF è il fattore di calibrazione (3.3).
D è il tempo di esposizione in giorni.
VI è il potenziale superficiale iniziale dell'elettrete.
VF è il potenziale superficiale finale dell'elettrete.
ΔBG dipende dal contatore Geiger utilizzato, in questo caso vale 0.001.
ΔCF è dato dalla formula 3.5
ΔCF = 0.0005742 ⋅
ΔVI + ΔVF
78
(3.5)
3.1.3 Canestrini contenenti carboni attivi
La tecnica dei carboni attivi è utilizzata per ottenere delle misure di
concentrazioni di Radon nell'aria ed è basata sull'assorbimento di questo da parte
di carboni attivi e sul successivo conteggio di raggi γ emessi nel decadimento
dei figli del Radon. Questa tecnica però, presenta un limite notevole perché il
Radon viene sia assorbito che emesso dalla carbonella, e ciò rende molto più
importante, dal punto di vista della quantità totale assorbita, il contributo di
Radon assorbito nel periodo di esposizione finale rispetto a quello iniziale.
Inoltre tale problema è aggravato dal fatto che le concentrazioni di Radon spesso
subiscono sia variazioni durante il giorno, sia variazioni irregolari a breve
termine. Di conseguenza, con le misure di concentrazione di Radon in aria
tramite carboni attivi, si ottiene in realtà la quantità di Radon presente nel
canestro in un tempo vicino all'istante di chiusura, piuttosto che un'integrazione
uniforme sull'intero periodo di esposizione. Tuttavia, poiché gli effetti del Radon
sulla salute sono proporzionali alla durata delle esposizioni, si è interessati
soprattutto ai livelli di Radon mediati nel tempo, piuttosto che a livelli
istantanei. Quest'obiettivo è stato in parte ottenuto, con 1'introduzione di una
barriera di diffusione tra la carbonella e l'aria circostante.
L'EERF, Eastern Enviromental Radiation Facility, propone un metodo di misura
del Radon nell'aria che fa uso di particolari dispositivi definiti canestri. I canestri
contengono circa 100 g di carboni attivi, sostanza porosa in grado di assorbire il
222
Rn presente nell'ambiente una volta attivata. Essa presenta, infatti, una
notevole affinità con gas e vapori, utile ai fini della rilevazione della sostanza
radioattiva in esame, che stazionano nell'aria. Il Radon, catturato dai carboni
attivi, decade nei suoi prodotti secondo il proprio schema di decadimento. La
sua concentrazione è determinata dal conteggio del numero dei γ emessi dai suoi
figli 214Po (609 KeV) e 214Bi (295.2 KeV e 351.9 KeV). L'equilibrio tra il Radon
e i suoi figli sarà raggiunto dopo tre ore. La scelta del polonio (Da altre parti
dicono che sia piombo non polonio da chiedere) e del bismuto è fatta a causa del
loro breve tempo di dimezzamento. I carboni attivi hanno, per loro stessa natura,
un comportamento passivo, per cui assorbono ed emettono Radon che decade
anche durante il tempo di esposizione. In tal modo si comprende come le
informazioni sulla sua quantità, presente nell'ambiente in esame, siano
incomplete fornite in questi termini. Si riesce a superare l'ostacolo eseguendo
un'opportuna calibrazione dei canestri, che consente così di conoscere la
concentrazione di Radon presente nell'ambiente durante il periodo di misura.
L'EERF impiega due camere di calibrazione in, cui sono esposti i canestri per
determinare quali sono le concentrazioni di radon e dei suoi figli simulando le
diverse condizioni ambientali, in cui le misure possono essere eseguite.
Abbiamo già detto della natura passiva dei carboni attivi che, oltre al Radon,
possono per questo assorbire anche acqua dall'aria. Un fattore ambientale
importante diventa così l'umidità insieme alla temperatura. Variando
opportunamente tali fattori dall'esterno, è possibile studiarne gli effetti sulla
risposta dei canestri.
Le variazioni imposte sono:
1.
2.
3.
4.
Umidità relativa: 10% ÷ 90%.
Temperatura: 0°C ÷ 40°C.
Nuclei di condensazione: 103/ml ÷ 106/ml.
Concentrazione del Radon: 10 pCi/l ÷ 1000 pCi/l.
La curva di calibrazione (CF) dipende dalla quantità di acqua immagazzinata e
dal tempo di esposizione. Il modo più semplice per calcolare CF è supporre che
esso possa essere fattorizzato in una parte dipendente solo dalla massa d'acqua
guadagnata per un tempo di esposizione fissato ( 48 ore) e un'altra dipendente
solo dal tempo di esposizione (fattore di aggiustamento), anch'essa normalizzata
rispetto a un'esposizione di 48 ore.
Dai dati sono stati ricavati i valori sperimentali da fittare, sia di CF in funzione
della quantità di acqua per un'esposizione di 48 ore, che di AF in funzione del
tempo in tre condizioni diverse di umidità. I risultati delle curve di best fit sono i
seguenti:
CF ( w ) = e( −2.248 − 0.045w + 6.168 10
−4
w2 )
(3.6)
In cui w è il guadagno di acqua in grammi.
Per tempi superiori a 48h occorre modificare tale formula con il fattore di
aggiustamento AF che varia a seconda del livello di umidità:
AF ( T ) = e( −1.658−0.014T + 4.71310
−5
T2 )
umidità 20%
AF ( T ) = e( −1.697 −0.015T +3.67810
−5
T2)
umidità 50%
AF ( T ) = e( −1.586−0.022T +3.66710
−5
T2)
umidità 80%
in cui T = tempo di esposizione in ore.
In definitiva il fattore di calibrazione totale, da usare poi nella ricerca della
concentrazione di Radon, è dato da
CF ( w, T ) = CF ( w ) ⋅
AF ( T )
AF ( 48 ore )
(3.7)
3.1.4 Misure con canestri
Prima di esporre il canestrino all’aria è necessario compiere alcune operazioni
preliminari.
Il canestro va prima cotto in un forno a una temperatura di circa 250°C per
permettere all'acqua presente in esso di evaporare, poi va pesato e infine è
possibile esporlo all'aria per la rilevazione del Radon.
Al termine dell’esposizione (dai tre ai sette giorni) si deve misurare il peso del
canestrino e sigillarlo con del nastro isolante. Raggiunto l'equilibrio secolare
(circa 3 ore) è possibile misurare l'emissioni γ e calcolare la concentrazione per
mezzo della formula:
CRn[ Bq / m3 ] = T ⋅ε ⋅ΔF [T ]⋅CF [ ΔmDec
]⋅( AF [T ]/ AF [48h ])
N
(3.8)
Dove:
NDec = Rappresenta il numero di decadimenti.
T = Tempo di esposizione in ore.
CF[Δm] = Coefficiente di calibrazione visto in dettaglio nell'equazione 3.6.
AF[T]/AF[48] = Coefficiente di aggiustamento che va inserito se vengono
superate le 72 ore di esposizione.
ε = Efficienza del rivelatore.
ΔF[T] = Coefficiente dove si tiene conto della probabilità del decadimento del
222
Rn. E' dato dalla formula:
ΔF [T ] = e− β ⋅t = e
 ln 2⋅T 
−
 2⋅T 222 Rn 
 1/2

(3.9)
Il termine è stato introdotto perché la concentrazione del canestrino osservata
durante la misura in realtà è il risultato dei decadimenti di 222Rn, intrappolati
durante tutto il periodo di esposizione del canestrino. Quindi, ad esempio, i
nuclei intrappolati all’inizio della settimana daranno alla concentrazione
misurata un contributo minore dei nuclei intrappolati alla fine.
Figu
ura 3.1: deccadimenti.
ne dei riisultati
3.2 Interprretazion
Per rilevare laa concentrrazione dii 222Rn in alcune zo
one dell'allto maceraatese sonoo
uddivisi in
n coppie (un elettrrete e unn
statii esposti 3 canestrri e 3 eleettreti, su
caneestro) nei paesi Mu
uccia e Caastelraimon
ndo. Ognii canestro ed elettreete è statoo
espoosto per unn tempo ch
he va dallle 130 allee 135 ore, dopodichhé sono staati sigillatii
e successivam
mente analizzati.
3.2.1 Analiisi degli elettretti
Nellla tabella 3.1 sono riportati i dati rigu
uardanti glli elettreti.. Le conceentrazionii
sonoo state callcolate atttraverso laa formulaa 3.1 e gli errori atttraverso laa formulaa
3.4.
N°
Luoggo
Temp
T
Esp
VI
VF
Radiazzione
di fondo
Alltezza
Concentra
C
zione
1
Muccia
130h
1
7112V 683V
V 0.0004R
R
4544m
85
5±6 Bq/m3
2
Castelraim
mondo
135h
1
6993V 667V
V 0.0004R
R
3077m
69
9.5±4.2
Bq
q/m3
3
Castelraim
mondo
135h
1
7337V 694V
V 0.0003R
R
3077m
12
22.8±7.4
Bq
q/m3
Ta
Tabella 3.1: elettreti.
Gli elettreti sono stati posti in tre diverse zone:
• Il primo è stato esposto per un tempo di 130 h in un piano interrato di una
casa a Muccia e riporta una concentrazione di 85±6 Bq/m3.
• Il secondo è stato esposto per un periodo di 135 h in un secondo piano di
una casa a Castelraimondo(Mc) e riporta una concentrazione di 69.5±4.2
Bq/m3.
• Il terzo è stato esposto per un periodo di 135 h in un piano interrato (poco
arieggiato) della stessa casa del campione 2 e riporta una concentrazione
di 122.8±7.4 Bq/m3.
3.2.2 Analisi dei canestri
Nella tabella 3.2 sono riportati i dati preliminari dei canestri contenenti carboni
attivi.
N°
Luogo
Tempo
Esposizione
Δm
Temp
acquisizione
1
Muccia
130h
8g
1h
2
Castelraimondo
135h
7g
1h
3
Castelraimondo
135h
15g
1h
Tabella 3.2: dati preliminari.
Siccome l'efficienza (ε) del rivelatore al Germanio iperpuro non era nota, la
formula 3.8 è stata modificata togliendo il parametro di efficienza e al suo posto
sono stati introdotti i coefficienti τ e N0.
canes
 A609
τ =  Sorg
 A609
canes
  A352
 +  Sorg
  A352
canes
  A295
 +  Sorg
  A295
Sorg
  1 TMisura
  ⋅ ⋅ canes
  3 TMisura
(3.10)
Il parametro τ è la media tra i rapporti delle aree dei picchi a 609 KeV, 352 KeV
e 295 KeV.
Il rapporto è così composto:
- nel numeratore è presente l'area del picco dello spettro calcolata con il canestro
ai carboni attivi.
- nel denominatore è presente l'area calcolata con una sorgente di 226Ra calibrata.
infine è necessario moltiplicare il tutto per il rapporto tra i tempi d'acquisizione
dei due spettri.
Il coefficiente N0 è il valore in Bq dell'attività della sorgente di calibrazione al
tempo dell'acquisizione, in questo caso è 735.22 Bq.
La formula che risulta è quindi la 3.11:
3
τ ⋅ N0
CRn[ Bq / m ] = T ⋅ΔF [T ]⋅CF [ Δm ]⋅( AF [T ]/ AF [48h ])
(3.11)
Le rilevazioni sono state fatte con una scheda multicanale e un multicanale
software che acquisisce i dati da una DAQ. La sorgente di calibrazione è stata
però acquisita con la sola scheda multicanale, pertanto per la misurazione con la
DAQ è stato necessario introdurre un coefficiente di scalamento perché il
multicanale software ha un lag molto maggiore del multicanale hardware. Nel
caso del multicanale software i segnali devono essere mandati dalla DAQ al
processore per permettere al programma di analizzarli. Quest'ultimo deve
rinviare il segnale alla scheda per comunicarle che può acquisire un altro
segnale, mentre nella scheda multicanale tutte queste operazioni vengono fatte,
in modo hardware all'interno della scheda, per questo motivo la latenza è molto
più bassa.
Il coefficiente di scala è stato ricavato prendendo una sorgente di 226Ra ed
eseguendo una misura contemporaneamente con entrambi i multicanali per un
periodo di 30 minuti. In seguito sono state determinate le aree dei picchi 609
KeV 352 KeV e 295 KeV, fatto il rapporto tra le aree prese con i due multicanali
e calcolata la media delle 3 per ottenere un valore più accurato.
Figgura 3.2: so
orgente di 2226Ra acquissita con mu
ulticanale hhardware.
Fiigura 3.3: sorgente
s
di 2226Ra acquiisita con mu
ulticanale ssoftware.
Picco
Areea
A
Area
Rapporti Media
M
dei rapporti
Softw
ware Hard
dware
2995
606
67
3122667
37.43
3552
1022
25
4277942
41.56
6009
835
53
2599973
42.85
40.6613
Tabella 3.33: coefficien
nte di scalam
mento.
In cconclusionne la forrmula del la concen
ntrazione del
multticanale sooftware è:
C [ Bq
CRn
q / m3 ] = a ⋅
(
222
Rdd calcolata con ill
τ ⋅ N0
T ⋅ΔF [T ]⋅CF [ Δm ]⋅( AF [T ]/ AF
A [48h ])
)
(3.12))
dovee a è il coeefficiente di scalam
mento e valle 40.613.
Il prrimo canesstro è stato
o esposto per un tem
mpo di 130
0 ore, conn una variaazione di
massa di 8g e un tempo
o d'acquisiizione di 3600
3
secon
ndi in un ppiano interrrato di
una casa a Muuccia (Mc).
3 è possibile esamiinare il paannello fro
ontale delll'applicaziione
Nellla figura 3.4
2
Elabbora file.vvi, in basso
o si può ossservare ill valore di concentraazione di 222
Rn
3
nell''aria pari a 81.3 Bq//m .
Figu
ura 3.4: con
ncentrazion
ne del primo
o canestro.
Nel caso dellaa misuraziione con ill multican
nale hardw
ware la conncentrazio
one di
222
3
R
Rn nell'ariaa è 81±4.8 Bq/m .
Il seecondo cannestro è sttato espossto per un periodo di
d 135 ore con una variazione
v
e
di m
massa di 7gg e un tem
mpo d'acquuisizione di
d 3600 secondi in uun secondo
o piano dii
una casa a Caastelraimon
ndo(Mc).
222
q/m3.
La cconcentrazzione di Rn nell'aaria nel seccondo canestrino è ddi 68.5 Bq
Figurra 3.5: conccentrazionee del second
do canestroo.
Nel caso dellaa misuraziione con ill multican
nale hardw
ware la conncentrazio
one di
222
3
R
Rn nell'ariaa è 70.8±7.1 Bq/m .
Il teerzo canesttro è stato
o esposto pper un perriodo di 135 ore conn una variazione dii
mpo d'acquuisizione di 3600 secondi inn un piano
o interratoo
massa di 15gg e un tem
ondo camp
pione
(pocco arieggiaato) nella stessa cassa del seco
222
3
La cconcentrazzione di Rn nell'aaria nel seccondo canestrino è ddi 124.6 Bq/m
B
.
Fig
gura 3.6: cooncentrazion
ne del terzo
o canestro.
nale hardw
ware la conncentrazio
one di
Nel caso dellaa misuraziione con ill multican
222
3
R
Rn nell'ariaa è 132±10
0 Bq/m .
3.2.3 Confrronto de
ei risulttati
Nellla tabella 3.4
3 è riporrtato il connfronto traa le tre teccniche di m
misura.
N°
Elettrete
Multicaanale Softw
ware Mu
ulticanale H
Hardwaree
1
85±6
81.3
81±44.8
2
69.5±4.2
68.5
70.8±±7.1
3
122.8±7.4
4
124.6
132±±10
Tabel
ella 3.4: con
nfronto datii.
3 si posssono osserrvare le tree tecnichee di misuraa messe a confrontoo
Nellla Figura 3.7
con i relativi errori. Si può notarre come le tre pratiiche portinno a risultati moltoo
simiili (entro l'errore speerimentalee).
Figura 3.77: confronto
o dati con errori.
e
La cconcentrazzione di 2222Rn, riscoontrata neei campion
ni analizzaati, è da 2 volte a 4
3
voltee maggiorre della media marcchigiana(29 Bq/m ).
F
Figura
3.8 distribuzion
d
ne del radon
n in Italia aggiornata
a
aal 2008
Il raadon è preesente in concentraazione maaggiore in ambienti sotterran
nei e pocoo
venttilati, infaatti, il Rn
R entra prevalenteemente dalle
d
fessuure esisteenti nellee
fonddazioni, peer una diversa conceentrazionee del gas che
c c’è traa esterno ed interno.
Queesto è eviddenziato anche
a
dallla tabella 3.4, infattti, la conccentrazion
ne rilevataa
nel ccampione 2 (posto al
a secondoo piano) è circa la metà
m del caampione 3 (posto inn
una cantina).