Dimmi come ti vesti e ti dirò che politico sei

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Dimmi come ti vesti e ti dirò che politico sei
Dimmi come ti vesti e ti dirò che politico sei
di Caterina Cariola
1. Introduzione
L’idea di realizzare questo studio è nata in seguito allo scoppio degli scandali sessuali che hanno
coinvolto nel 2010 Silvio Berlusconi e alcune giovani donne del mondo della politica come Nicole Minetti,
personaggio già noto ai media per via della sua precedente carriera televisiva in veste di showgirl e hit
model. Considerando l’esperienza politica all’interno dei partiti di centro destra di quest’ultima e di altre
avvenenti ex starlette del mondo dello spettacolo, mi sono domandata in che misura abbia inciso l’aspetto
fisico sulla loro ascesa politica e in che modo esso sia stato messo al servizio del partito.
Partendo da tale riflessione andrò dunque ad indagare come il corpo delle donne nella politica
italiana attuale viene percepito dalle nuove generazioni che si affacciano nel mondo della politica a livello
locale, cercando di capire se, in questa realtà, si stanno attivando cambiamenti rispetto ad alcuni stereotipi di
genere, legati in particolare al corpo delle donne in politica, e se si stanno costituendo nuovi modelli
femminili di potere a cui ispirarsi.
Nel primo paragrafo verrà presentata una riflessione teorica sui significati del corpo del leader
politico donna e su come gli stereotipi di genere possono sia influenzare i corpi politici, sia agire attraverso
di essi, facendo riferimento in particolare alla teoria del capitale erotico della sociologa Catherine Hakim
(2012).
Nel secondo paragrafo verrà proposto un approfondimento del contesto sociale e politico in cui
questa ricerca si muove, mettendo in rilievo le conseguenze del sistema di rappresentanza della
<<democrazia del pubblico>> (Manin 1992, p.111) e gli effetti del processo di personalizzazione e di
spettacolarizzazione della politica italiana attuale.
Infine nella terza parte verranno presentati i risultati emersi dal confronto dei dati rilevati dai focus
groups con ragazzi e ragazze tesserati al Popolo della Libertà e Partito Democratico e dalle interviste a donne
con ruoli amministrativi all’interno di queste due coalizioni nel territorio dell’Alto mantovano e del Basso
Garda. L’analisi verrà suddivisa in due parti: nella prima sezione si indagherà la dimensione della politica,
con riferimento a come è definita dai partecipanti e alle riflessioni fatte rispetto al “ruolo ideale” di un
personaggio politico. Nella seconda parte verrà invece studiata l’immagine di quest’ultimo, analizzando
quali caratteristiche, in termini di abbigliamento e di atteggiamenti, conferiscono credibilità, a seconda del
genere e del partito di appartenenza.
2. Leadership femminile e bellezza
Partendo dall’analisi che Boni (2002, p.52) propone rispetto ai casi di leadership femminile, si può
notare che <<il ruolo socialmente definito di moglie e madre che ha accompagnato la donna nei secoli si
ripropone anche quando il suo corpo è corpo politico, anzi esasperandone le caratteristiche.>>. L’autore
propone due esempi di regine inglesi: Elisabetta I e Vittoria. La prima si presenta in panni maschili, descritta
come <<un’androgina vergine guerriera>> (Garber 1992, p. 33) ma mai come una donna. Il corpo di Vittoria
invece si allaccia alla dimensione riproduttiva e si presenta come il corpo della <<madre-terra>>
(Aldobrandini 1990, p.102) in quanto la regina <<era grande (grassa), gentile e saggia, dotata di poteri
magici>>(ibid.). Il connubio del corpo politico femminile, materno e mascolinizzato, viene incorporato
anche negli anni più recenti da Margareth Thatcher, la quale, secondo l’autore, era chiamata Lady di ferro e
veniva allo stesso tempo immortalata in foto a fianco al marito o alle figlie. Questa riflessione riguardo al
corpo delle donne in politica, in particolare di sovrane e leader appartenenti ad un passato più o meno
lontano, fa emergere quanto il corpo non sia solo <<portatore visibile del sé>> (Giddens 1995, p. 41) ma
come, spiega Giuliana Parotto (2007, p.53), contenga anche <<l’immagine , rivolta verso il futuro, di “ciò
che dovrebbe essere”, la proiezione di aspirazioni ideali, modelli e stereotipi.[…]. Il carattere progettuale del
corpo, per cui esso è espressione del soggetto e della volontà, si irrigidisce nelle maglie dello stereotipo e del
suo potenziale manipolativo>>.
Secondo Donatella Campus (2010), gli stereotipi di genere vanno a colpire le donne in politica in
termini sia di elettorato sia di copertura mediatica. L’autrice afferma che diversi studi hanno dimostrato che
gli elettori considerano i candidati in maniera diversa a secondo del loro genere: le donne sono viste
tendenzialmente <<più compassionevoli, più disposte a combattere per quello in cui credono, più disponibili
a lavorare duro. Gli uomini, invece, sono considerati più forti caratterialmente, più emotivamente stabili, più
bravi a prendere decisioni>> (Campus 2010, p. 30). Tali stereotipi di genere influenzano a loro volta anche le
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scelte e le azioni professionali delle stesse donne, agendo come una sorta di <<profezia che si auto avvera>>
(Zajczyk 2007, p.142). Ciò porterebbe quest’ultime, specialmente in posizioni apicali, a costruire un distinto
modello di potere femminile, che, se disatteso attuando uno stile per esempio aggressivo, le farebbe risultare
ai loro stessi occhi poco credibili.
Anche i media, come gli elettori e i cittadini, sono influenzati da tali stereotipi, in quanto, nel caso
delle donne in politica, tendono a mettere meno in evidenza i loro attributi di comando, caratteristiche
prettamente maschili e legate idealmente alla leadership, facendole risultare meno credibili per cariche di
potere. Campus (2010) inoltre delinea un parallelismo tra le caratteristiche e le competenze richieste dagli
elettori ad un leader politico, rispetto al quale emerge un modello dominante che rispecchia maggiormente
gli attributi e gli interessi comunemente legati al maschio e che i media non paiono mettere in discussione.
Secondo quanto è emerso finora sul modello del leader politico, si potrebbe ipotizzare che la donna
per aspirare a cariche esecutive di rilievo dovrebbe costruire la propria immagine basandosi su caratteristiche
che trasmettono forza e decisione e abbandonare quegli attributi tipicamente femminili quali, per esempio, la
compassione e l’ascolto. Purtroppo questo non sembra bastare in quanto si nota che una donna in posizioni di
leadership è soggetta anche al cosiddetto <<doppio vincolo>> (double bind). Secondo la teoria sviluppata da
Kathleen Jamieson (1995, p.194), <<spesso esiste una contraddizione tra gli attributi caratteriali che gli
elettori pretendono in un candidato e quel che vogliono da una donna. L’ambizione è vista come un plus in
un uomo, ma come limite in una donna. Gli uomini devono essere duri, ma la forza di carattere di una donna
è una minaccia>>. Se il double bind limita la carriera di un leader donna che si presenta mascolina sia
nell’atteggiamento sia nel linguaggio, esso sembra influire negativamente anche su un modello di comando
che si costruisce su un’immagine di <<madre della nazione>> (Campus 2010, p. 39). Quest’ultimo, benché
presenti un tipo di leadership femminile che potrebbe essere culturalmente accettato può degenerare nel
prototipo di <<madre terrificante>> (Salza 200, pp.145-6). Campus (2010, p.39) fa l’esempio di Hilary
Clinton, alla quale, incorporando quest’ultimo modello e mostrando come punti di forza la competenza e un
carattere forte, è stata cucita addosso dai media un’immagine (negativa) di moglie prepotente e ambiziosa.
Un’altra conseguenza del double bind è il continuo bisogno da parte di una donna di dover
dimostrare di essere all’altezza del ruolo raggiunto, mettendo in primo piano le competenze e le abilità.
Osservando questo fenomeno nella realtà aziendale, dall’indagine di Zajczyk (2007, p.108) emerge che le
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intervistate hanno puntato maggiormente sulla loro preparazione professionale rispetto ai propri colleghi
maschi, i quali hanno raggiunto gli stessi ruoli di potere generalmente <<sviluppando attorno a sé, da parte di
superiori e colleghi, consenso, fiducia, stima>>.
Secondo Francesca Campus (2010), i media non solo mantengono in vita e rinforzano un modello
dominante di leadership maschile, ma sarebbero responsabili anche del processo di spettacolarizzazione e di
personalizzazione della politica, dove la continua intromissione nell’intimità dei politici e allo stesso tempo
la loro volontà di popolarizzarsi al pari di una celebrità non sembrerebbero essere vissute allo stesso modo
dai candidati maschi e femmine. L’autrice sostiene infatti che questo approccio non favorirebbe ancora una
volta le donne leader, in quanto la loro vita privata e la loro immagine sarebbero oggetto di uno scrutinio e di
un giudizio molto più rigido da parte dei cittadini e dei media rispetto a quelle dei colleghi maschi. In altri
termini <<una vita sentimentale non convenzionale e vestiti “sbagliati” possono minare la carriera politica di
una donna più di errori politici veri e propri>> (Campus 2010, p. 40).
Campus (2010, p.49) fa notare come esistano ancora <<pregiudizi ancestrali>> nei confronti delle
donne troppo seducenti, le quali, seppur attraggono l’attenzione, rischiano di essere oggetto di giudizi
negativi e di perdere la loro autorevolezza politica. Nel caso specifico dell’Italia, Danielle Hipkins (2011,
419) sostiene che nel nostro paese persiste una visione fortemente stigmatizzata della bellezza femminile:
essa rende le donne desiderabili ma se la si possiede si rischia di diventare automaticamente <<bad, stupid,
whore>>. L’implicito stigma dell’ <<oca>> (Zajczyk 2007, p.130) che serpeggia dietro alla bellezza
femminile, sembra essere stato portato al culmine dai format di intrattenimento lanciati negli ultimi anni
dalla televisione commerciale, dai quali si è affermato un nuovo prototipo femminile: la “velina”. Questo è il
termine più usato, secondo la studiosa, per definire tutti quei ruoli di donna mediatici che si presentano con
un corpo provocante e altamente sensuale, la cui funzione è prettamente decorativa: un’assistente silenziosa,
che sa eseguire semplici coreografie e che sta agli scherzi.
Dalla sua apparizione negli anni Ottanta, la figura della velina si è evoluta e da <<grechine>>
(Hipkins 2011, p. 414) nei programmi televisivi sono approdate nel mondo della politica italiana portando
alla ribalta la cultura del <<beauty contest>> (2011, p.419) fino ad allora visto come un aspetto culturale
sotterraneo e tipico del mondo dello spettacolo. Caterina Soffici (2010) cerca di spiegare la comparsa di
queste figure nel mondo della politica che hanno determinato gradualmente una sovrapposizione del mondo
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dello spettacolo a quello politico. L’autrice spiega che <<l’anello di congiunzione tra la soubrette e la velina
candidata>> (Soffici 2010, p.79) è stata Flavia Vento, il cui ingresso in politica risale al 2004. Dalla <<proto
velina>> (2010, p. 80) Flavia Vento si passa, secondo Soffici (2010, p.83), alla <<velina ministro>> con
l’elezione nel IV governo Berlusconi di Mara Carfagna, attraverso la quale, l’autrice afferma che <<la velina
supera l’aspetto decorativo e diventa essa stessa sostanza>> (ibid.). Ciò che accomuna queste due donne,
prese come esempio di altri casi, non è solo il fatto che vengono dal mondo dello spettacolo, ma rientrano
anche <<nella casistica della bella ragazza che viene catapultata nell’agone politico a scopi mediatici da un
capo maschio che la impone al partito>> (Soffici 2010, p. 96). Esse sono oggetto di scrutinio dello sguardo
degli uomini, i quali, monopolizzando ancora il mondo della politica, hanno il potere di proporle, eleggere o
galvanizzarle. Le donne in posizioni apicali dei nostri giorni, sembrano riconoscere con una certa
consapevolezza, in questo continuo proliferare di corpi- oggetto sia nello spettacolo sia nel <<teatrone della
politica>> (Ceccarelli 2003, p.9), i germi del vecchio <<mito della bellezza>> (Wolf 1991, p.5). Le
intervistate nell’indagine di Zajczyk (2007, p.130) giudicano negativamente l’uso della seduzione di una
donna sul posto di lavoro in quanto sembrano ritenere questa pratica un ritorno al passato, riportando
l’attenzione sul controllo patriarcale attraverso la bellezza in cui le nuove generazioni secondo loro stanno
ricadendo.
Se abbiamo visto fin qui un giudizio negativo dato dalle stesse donne rispetto all’uso del corpo
femminile come <<una scorciatoia per un riconoscimento sociale>>1 , in quanto interpretato come un
metodo di controllo patriarcale sulle donne che ambiscono a ruoli di potere, la sociologa Catherine Hakim
(2012) sostiene invece che tali condanne, soprattutto da parte del femminismo anglosassone, abbiano in
realtà rafforzato lo stigma moralista della bellezza femminile promossa dal sistema patriarcale vigente,
demonizzando il potere erotico delle donne come una forma imposta dagli uomini, invece che riconoscerlo
come un vantaggio su quest’ultimi. L’autrice spiega infatti che in media le donne tendono ad avere un
minore bisogno sessuale rispetto agli uomini e tale squilibro, in un’ottica di domanda-offerta, farebbe
aumentare automaticamente il valore del capitale erotico femminile, offrendo alle donne, qualora ne fossero
consapevoli,un vantaggio nelle relazioni sociali con gli uomini. Inoltre Hakim (2012) aggiunge che tale
1
L. Melandri, femminilità e realtà, http://www.universitadelledonne.it/lea-marzo11.htm [consultato l’ultima volta il gg/mm/aaaa]
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vantaggio è dovuto anche alla maggiore attenzione con cui le donne curano le proprie performance di genere
e il proprio aspetto, rendendole in media molto più attraenti rispetto agli uomini. In base a tali
considerazioni, l’autrice sostiene che il capitale erotico, definito da quest’ultima come una <<combinazione
di attrattive estetiche, visive, fisiche, sociali e sessuali >> (Hakim 2012, p. 20) acquista potenzialmente un
maggiore valore in quelle realtà in cui << la vita privata e quella pubblica si intrecciano indissolubilmente,
come avviene in politica e nei settori dei media e dell’intrattenimento […]. Il potere erotico, non dipende
sempre dal sex appeal e dalle competenze sessuali: in alcuni contesti la priorità è data alle competenze
sociali>> (Hakim 2012, p. 27)
La ricerca di Anna Maria Lorusso (2006) mostra invece quanto le donne della politica nazionale
tendono, quando sono ospiti a programmi televisivi, a “spersonalizzarsi”, a non esprimere le passioni che le
contraddistinguono, ponendosi più come <<rappresentanti>> (Molfino 2006, p. 119) di uno schieramento o
di una cultura piuttosto che come un modello in cui identificarsi, un corpo attraverso cui veicolare una
<<modalità femminile di individualizzazione e personalizzazione>> (2006, p. 121). Emerge dunque che
quest’ultime, volendo evitare di cadere nella trappola dello stereotipo della donna- oggetto, rinunciano alla
loro femminilità e si rifiutano di usare il loro corpo. Tale atteggiamento fa dedurre che le donne in posizioni
di potere in Italia non abbiano ancora dei modelli femminili né da imitare né da proporre, dimostrando di
avere un rapporto ambiguo con la propria immagine e di non saperla gestire a livello mediatico, una
prerogativa che sembra ormai necessaria nell’era della spettacolarizzazione della politica in cui gli uomini in
posizioni di prestigio sembrano essersi adattati prima.
Partendo dall’analisi proposta della letteratura e prendendo in considerazione la recente teoria sul
capitale erotico teorizzata dalla sociologa Catherine Hakim (2012), che, per quanto criticabile, ha avuto il
merito di evidenziare la forza delle stereotipizzazioni legate al corpo femminile, questo studio si propone di
indagare come il corpo delle donne nella politica italiana attuale viene percepito dalle nuove generazioni che
si affacciano in questo mondo a livello locale e se ci sono dei cambiamenti rispetto agli stereotipi di genere
fin qui esposti e alla costruzione di nuovi modelli femminili di potere a cui ispirarsi.
3. Contesto sociale e politico
Nell’era della <<democrazia del pubblico>> (Manin 1992, p. 150), i mass media ricoprono un ruolo
preminente nel veicolare la comunicazione politica. In particolare, i new media e l’evoluzione tecnologica
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della televisione hanno permesso ai cittadini di formare le proprie opinioni politiche accedendo in maniera
sempre più veloce, economica e multimediale ad informazioni neutrali rispetto alle ideologie partitiche.
Secondo Manin (1992, p.165) starebbe aumentando il numero dell’elettorato <<mobile>> il quale si informa,
si interessa e la cui scelta di voto, oltre a rispecchiare <<un orientamento personale duraturo>> (Bellucci,
Segatti 2010.p.188) verso un determinato schieramento politico, è influenzato soprattutto da fattori di breve
termine come i temi proposti e le personalità politiche che calcano la scena della campagna elettorale.
La perdita del ruolo centrale dei partiti nella sfera politica avrebbe portato dunque ad una
trasformazione dei partiti in strumenti al servizio di un leader e conseguentemente ad una scelta di voto degli
elettori che tiene conto più della personalità e dell’<< l’attitudine a prendere delle decisioni appropriate>>
(Manin 1992, p. 156) di un candidato piuttosto che del programma politico proposto. La <<mediatizzazione
della comunicazione politica>> (Raniolo 2002, p.188) ha facilitato un’apertura alla partecipazione dal basso
spostando la fiducia dall’asse partito-cittadino a quello più personale tra candidato e ed elettore, permettendo
a quest’ultimo di esprimere le proprie preferenze in modo più diretto. Un mezzo efficace è rappresentato dal
sondaggio d’opinione di cui il mondo della politica ne fa un ampio uso per vedere come i cittadini
reagiscono alle proprie proposte e nel caso modificarle. Un altro modo è l’adesione a movimenti o ad
organizzazioni sociali, gruppi d’interesse che i governanti consultano e con cui fissano <<incontri
informali>> in cui <<si svolge una discussione deliberativa, nella quale le posizioni non sono strettamente
fissate in anticipo. >> (Manin 1992, p. 165).
Malgrado tale apertura alla partecipazione dal basso della scena politica che caratterizza la
<<democrazia del pubblico>> (Manin 1992, p.150), si rileva in realtà una crescente distanza tra la società e i
governanti, dove la prima si organizza in contesti più ristretti e a livello locale e l’elettorato si trasforma in
<<un pubblico che reagisce ai termini che vengono offerti e proposti sulla scena pubblica. >> (ibid.). Questa
distanza è percepita soprattutto dalle nuove generazioni le quali manifestano un crescente senso di rifiuto e
insofferenza nei confronti della politica istituzionale, attivandosi in forme di partecipazione alternative,
dando nuovi significati alla partecipazione, ai valori e conferendo una maggiore importanza a problemi legati
più all’agenda sociale piuttosto che a quella politica.
Questa ricerca si muoverà dunque all’interno del contesto politico e sociale appena descritto,
cercando di sviluppare una riflessione sugli stereotipi di genere a partire da una realtà locale, nella quale i
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cittadini sembrano riorganizzarsi e in cui la politica si ricompone. Le <<subculture politiche>> (Diamanti
2009, p.38) infatti, che davano omogeneità ad ampie zone geopolitiche, si stanno frammentando al loro
interno facendo risaltare << l’importanza delle tradizioni politico-culturali locali e dei meccanismi che ne
riproducono gli effetti di voto.>> (Bellucci, Segatti 2010, p. 186). Venendo meno le tradizioni politiche a
livello di macro - area, il contesto provinciale diventa più rilevante nel comprendere gli sviluppi elettorali e i
comportamenti individuali di voto. In questa ricerca si tratteranno inoltre due province lombarde (Mantova e
Brescia) che appartengono alla zona del Nord-Ovest dove, Bellucci e Segatti (2010, p.181) hanno rilevato, in
seguito alla << ristrutturazione del tessuto sociale e produttivo che ha seguito il declino della grande
industria>> una erosione della tradizione politica di centro - sinistra in quanto è venuta meno <<una
componente molto importante del suo consenso, gli operai delle grande fabbriche in Piemonte e in
Lombardia. >> (ibid.)
L’analisi inoltre si svilupperà su due dimensioni: nella prima si cercherà di indagare le possibili
influenze sulla percezione degli oggetti di studio determinate dalla differenza generazionale dei partecipanti
e nella seconda quelle che derivano dal tesseramento al Popolo della Libertà e al Partito Democratico, che
rappresentano i due principali partiti a livello nazionale durante il periodo in cui è stata condotta la ricerca
(2012/2013). Le tecniche utilizzate in questo studio sono di tipo qualitativo: sono stati costituiti due focus
groups con ragazzi e ragazze dai 18 ai 35 anni tesserati alle due coalizioni (più uno pilota) e quattro interviste
semi-strutturate faccia a faccia a donne dai 39 ai 54 anni che ricoprono ruoli istituzionali e gestionali
all’interno dei due partiti.
4. Risultati: dimensione della politica e credibilità dell’immagine del personaggio politico
4.1.La Politica
I membri di entrambi i focus groups concordano sulla dimensione pubblica della politica, la quale
deve essere al servizio della popolazione e non deve al contrario essere piegata alle esigenze personali.
Anche le intervistate dei due partiti sembrano condividere quest’ultima posizione, affermando che la politica
deve avere la capacità di affrontare le problematiche della società e di fornire una “visione lungimirante” alle
persone che operano in essa e per essa. Rispetto a questo quadro comune, le intervistate del PD dimostrano
di avere un atteggiamento più propositivo verso la politica rispetto alle colleghe del PdL, dalle quali affiora
invece un maggior senso di delusione e di disagio nei confronti della politica, definita da quest’ultime come
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una realtà vecchia, poco collaborativa al suo interno e che trasmette l’immagine di una “casta chiusa”,
piegata ad interessi personali.
Le intervistate inoltre riconoscono una generale mancanza di formazione politica, considerata dalle
stesse una credenziale importante per un politico, da parte delle nuove generazioni, le quali appaiono meno
preparate, più ambiziose e meno determinate rispetto alla loro. Tutto ciò sarebbe frutto del fallimento da
parte della loro stessa generazione nell’assicurare tale formazione ai più giovani. Si tratta di una severa
autocritica rispetto a come è stata gestita e costruita negli anni la cosa pubblica e su come le “vecchie”
generazioni stiano tuttora ostacolando l’accesso alla politica ai giovani, indispensabili per un suo
rinnovamento e sopravvivenza.
4.2. Il buon politico
Secondo i partecipanti e le partecipanti ai focus groups un buon politico dovrebbe agire in maniera
trasparente e credibile.
In particolare, la trasparenza sembra essere considerata una qualità più morale che riferibile alla
competenza, in quanto, un buon politico dovrebbe perseguirla sia nella vita privata sia nella carriera. Inoltre
dalle dichiarazioni riportate si rileva una certa associazione di tale caratteristica all’onestà, la quale emerge
come uno dei valori considerati prioritari per un buon politico dai membri di entrambi i gruppi.
I partecipanti ai focus groups sembrano invece adottare posizioni più discordanti sull’interpretazione
del significato da attribuire alla credibilità. Seppur venga considerata come una caratteristica principale di un
buon politico, essa può essere talvolta strumentalizzata per costruire una certa immagine socialmente
desiderabile e favorire una persona nel momento del voto o addirittura contribuire a celare opere non troppo
nobili.
Un’altra caratteristica messa in rilievo dai partecipanti e dalle partecipanti ai focus groups è il
carisma, che pare rappresentare più di tutti un concetto dal significato ambiguo, in particolar modo per i
giovani e le giovani del Partito Democratico, in quanto rappresenta una caratteristica innata, “una marcia in
più” per un politico “che ce l’ha”, e per tal motivo può essere un aspetto fuorviante e non “meritocratico” da
distaccare dai valori morali della trasparenza e della coerenza. Il carisma è visto quindi come una qualità
personale quasi necessaria da impiegare nelle funzioni pubbliche di “seduzione” dell’elettorato da parte di un
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politico e, secondo soprattutto i giovani e le giovani PD, un cittadino, per maturare un’adeguata scelta
elettiva, dovrebbe essere cosciente della forza di persuasione di questa qualità.
La maggior parte dei valori di stampo partitico sono stati messi invece in secondo piano rispetto a
quelli riferiti alla morale e alle competenze sopra elencati. Questa scelta sembra rispecchiare le esperienze
politiche dei partecipanti, poiché la maggior parte di loro ha iniziato a far politica in liste civiche o in
associazioni indipendenti e rifletterebbe in parte il contesto politico/sociale locale evidenziato nel paragrafo
precedente.
4.3. Donne in politica
Secondo quanto esplicitato dalle quattro rappresentanti PD e PdL, le donne appaiono avere maggiori
difficoltà nel gestire la propria immagine pubblica e nell’affermarsi nel mondo della politica a causa di
retaggi culturali che legittimano maggiormente gli uomini ad ambire ai ruoli di potere e fanno sì che la donna
sia ancora relegata nella sfera della gestione familiare. Secondo le intervistate, il sistema politico non sembra
aiutare le donne sia nel permettere loro di far conciliare la vita familiare con le attività lavorative, sia
nell’investire su di loro, scoraggiandole nel perseguire una carriera politica che è vista più come una scelta
che come un’opportunità. Le difficoltà elencate dalle intervistate si inseriscono pienamente in quelle
categorie di ostacoli che secondo Cedroni (2001) incidono sullo scarso reclutamento delle donne per cariche
rappresentative. Il primo ordine di ostacoli è di tipo strutturale in quanto si riferiscono al sistema partitico
che non sembra sostenere effettivamente le candidature delle donne e non mette a loro disposizione i fondi
necessari per la loro candidatura. Il secondo ordine di ostacoli invece è di tipo culturale: in altre parole, c’è
una << saturazione dell’arena pubblica da parte degli uomini che formulano le regole del gioco politico e
fissano lo standard di valutazione per entrare in politica.>> (Cedroni 2001, p. 45).
Le intervistate, inoltre, sottolineano una serie di caratteristiche tipiche del loro modo di “fare”
politica che le distingue dai propri colleghi maschi. Emerge che le donne sono più determinate e concrete,
hanno una maggiore sensibilità alle problematiche sociali, ambiscono meno al potere “gerarchico” e sono
meno aggressive rispetto agli uomini. Inoltre, per via delle esperienze di cura e di conciliazione quotidiana,
riescono ad essere più equilibrate e a fare scelte maggiormente etiche e propense al bene comune.
Le rappresentanti PD e Pdl sembrano dunque riproporre la differenza emersa dall’indagine di
Zajczyk (2007) tra un potere di tipo maschile e uno di tipo femminile, dove quest’ultimo viene descritto
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come << l’abilità di fare le cose, la capacità di migliorare la vita dei cittadini>> (Cantor, Bernay1992, p. 39)
e di cercare di comprendere le problematiche ponendosi in una posizione di ascolto.
Tabella 1 - Confronto tra le dimensioni età e appartenenza partitica dei/ delle partecipanti allo studio
rispetto alla politica.
PD
PdL
GIOVANI



Dimensione partecipativa
Linguaggio politico “ideale”
Politica della morale



Dimensione individualista
Linguaggio politico “concreto”
Politica della morale
ADULTE



Dimensione partecipativa
Visione politica più positiva
Potere femminile e morale



Dimensione individualista
Politica chiusa, vecchia, inesistente
Potere femminile e morale
4.4.L’Immagine
Dalle dichiarazioni dei partecipanti e delle partecipanti alla ricerca viene evidenziata la dimensione
simbolica del corpo, considerato come il <<portatore visibile di identità del sé>> (Giddens 1995, p.41). La
progettualità dell’aspetto del corpo è riconducibile alle decisioni e alla responsabilità dell’individuo, il quale
può utilizzarlo per trasmettere un’immagine desiderabile di se stesso e uno status sociale che può
corrispondere o meno allo stile di vita reale. Dai focus groups emerge anche che la propria immagine deve
rispettare delle << regole di condotta>> (Goffman 1988, p.53), in quanto un individuo tende a comunicare il
proprio ruolo non solo attraverso le azioni nelle interazioni con gli altri, ma anche indossando determinati
abiti e accessori che fungono da marcatori di frames. Goffman (1988), in particolare, sostiene che le
istituzioni oltre a possedere il codice della legge, della morale e dell’etica devono seguire anche quello
dell’etichetta che governa le regole e le espressioni cerimoniali, le quali guidano la condotta quando il suo
significato viene considerato secondario garantendo agli individui di agire correttamente e di ricevere ciò che
gli è dovuto durante le interazioni sociali.
Durante i focus groups, sono state mostrate delle immagini che presentavano delle anomalie tra
messaggio dell’abito e contesto con l’intento di analizzare le reazioni dei partecipanti e delle partecipanti
davanti a casi in cui l’etichetta viene disattesa. In particolare sono state proposte delle fotografie che
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ritraevano i membri del Pirate Party, vestiti con bandane, magliette e jeans durante una seduta nel parlamento
di Berlino2.
I tesserati e le tesserate del PD hanno assunto un atteggiamento riflessivo, discutendo sull’efficacia
del messaggio che i membri del Pirate Party volevano trasmettere attraverso il loro stile non convenzionale.
Dai giovani e dalle giovani del PD è emersa una legittimazione dell’immagine dell’anticonformista come
mezzo per farsi sentire e come uno strumento per i parlamentari più giovani per ottenere visibilità in un
sistema politico considerato “vecchio”. I giovani e le giovani del Popolo della Libertà invece hanno
mostrano un atteggiamento completamente diverso, giudicando gli esponenti del Pirate Party non solo fuori
luogo ma soprattutto irrispettosi ed inefficaci, spogliando in tal modo i vestiti del loro significato politico.
I due atteggiamenti mostrati dai membri del Partito Democratico e Popolo della Libertà possono
essere ricondotti alla loro appartenenza partitica, in quanto i tesserati e le tesserate PdL hanno mostrato un
atteggiamento più conservatore e legato alla tradizione rispetto a quelli del PD, legati ad una storia politica
più vicina ad atti di dissenso, espressa anche tramite l’adesione di codici d’abbigliamento meno
convenzionali.
I partecipanti e le partecipanti alla ricerca inoltre tendono a mettere in evidenza la differenza dei due
schieramenti in una logica contrappositiva noi/loro, utilizzando una serie di stereotipi legati alla ideologia di
destra e di sinistra a cui i membri dei due partiti sarebbero legati nell’immaginario comune. I partecipanti e le
partecipanti ai focus group sembrano dare per scontato che alcuni accessori e modalità d’immagine siano
schematicamente riconducibili all’uno o all’altro schieramento politico facendo emergere l’idea della politica
come costruita intorno all’asse destra-sinistra.
Le intervistate del Popolo della Libertà infine sembrano dare un maggior peso rispetto a quelle del
PD alla costruzione dell’immagine del partito e dei membri che lo costituiscono, i quali cercano di costruire
un’immagine di esclusività del proprio schieramento politico.
4.5. Immagine e genere in politica
Sia da parte dei membri dei focus groups che delle intervistate si è rilevata una particolare attenzione
verso la figura dei politici donne. Partendo dalla differenza di stile determinato dal partito di appartenenza,
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Pirate Party UK: https://www.pirateparty.org.uk/
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sia le intervistate sia le giovani tesserate, tendono a definire diverse tipologie di donne presenti all’interno dei
due schieramenti.
Le rappresentanti del Partito Democratico per esempio, identificano principalmente due tipologie di
donne appartenenti allo schieramento politico opposto. La prima categoria si riferisce all’immagine della
professionista, della donna in carriera, di cui fornisce un esempio la famosa avvocata penalista Giulia
Buongiorno, la quale fino al 2010 ha fatto parte del PdL3; mentre la seconda tipologia pare ricalcare la
descrizione data da Soffici (2010, p.83) della <<velina-ministro>> , cioè di una donna la cui candidatura è
stata appoggiata da politici per attirare l’attenzione dell’elettorato e di cui le esponenti PD sembrano avere
un’immagine molto precisa, soprattutto a livello nazionale.
Questa seconda categoria di donna definita come “dipendente” da una figura maschile viene
presentata anche dalle intervistate dello stesso partito dalla quale vogliono prendere le distanze. Le
intervistate PdL infatti sembrano collocare la velina (in politica) allo stesso livello di una “ragazza facile”
facendo emergere la contrapposizione tra competenze e seduzione rilevata nell’indagine di Zajczyk (2007).
Le giovani tesserate Pd in particolare tendono a generalizzare la categoria delle Veline a tutte le
donne del PdL, insinuando che la bellezza fisica rappresenti una qualità essenziale per una ragazza per
accedere al Popolo della Libertà. Le ragazze del Pd inoltre tendono a metter in primo piano la differenza tra
l’aspetto fisico e l’immagine, facendo emerge anche in questo caso il difficile rapporto che le donne hanno
con il proprio corpo pubblico. Esse specificano che bisogna distinguere la bellezza legata alla corporeità
(qualità innata) dalla cura della propria presentazione estetica, in quanto l’accesso ad una carica pubblica e
l’operato politico non dovrebbero essere influenzati da una caratteristica ascritta come l’aspetto fisico in
quanto renderebbe il sistema di selezione non meritocratico e discriminatorio. Da questa riflessione si delinea
anche l’immagine che le donne del PD hanno dello schieramento opposto, nonché quella di un partito che
non le valorizza per le proprie competenze e che presenta dei forti limiti strutturali per il loro accesso in esso.
Le intervistate del Partito Democratico sembrano inoltre associare la femminilità ad uno stile sobrio
e classico, come quello di Nilde Iotti4, in quanto questo stile permetterebbe alla donna di piacersi, di
trasmettere un’immagine d'indipendenza rispetto agli uomini e di acquisire una maggiore credibilità pubblica
e professionale. Questo tipo di femminilità, secondo le intervistate del PD, si andrebbe a contrapporre al loro
3
4
Giulia Buongiorno: http://www.camera.it/29?shadow_deputato=301529
Nilde Iotti: http://storia.camera.it/presidenti/iotti-nilde
13
immaginario delle donne del PdL, le quali ostentando uno stile tendenzialmente provocante, risulterebbero
meno “intelligenti” e preparate rispetto alle colleghe della sinistra, il cui stile sobrio rispecchierebbe
“naturalmente” il loro essere più colte.
Attraverso la riflessione sull’immagine delle donne nella politica italiana, le intervistate PD in
particolar modo, fanno emergere una diversità tra le esponenti dei due schieramenti anche in termini di
esperienza e carriera politica. La senatrice Anna Finocchiaro (PD)5 per esempio sarebbe giunta ad ottenere
un ruolo amministrativo grazie ad una formazione ed ad una esperienza politica lenta e collaborativa
all’interno dei partiti, molto diversa rispetto a quella su cui potrebbe contare Michela Brambilla (PdL) 6 la
quale rientra, invece secondo le intervistate del PD , nella logica della “carriera politica veloce”. Viene
individuata quindi nella mancanza di una formazione politica, definita all’inizio dell’analisi uno dei mali
della politica attuale, una delle cause della diversità di atteggiamento e di stile delle esponenti dei due
schieramenti: le donne di sinistra si rispecchiano in un’immagine che è frutto di una storia politica duratura
(e collettiva) rispetto a quella del centro destra, il quale ha voluto rinnovarsi e adattarsi alla situazione
attuale, proponendo un’immagine più contemporanea maggiormente legata al mondo commerciale (e
individualista).
Per quanto riguarda gli uomini nel mondo della politica non si rileva una sostanziale differenza in
termini di abito tra i due partiti. Entrambi i gruppi concordano sull’uso di un completo d’ordinanza che
prevede: giacca e camicia, variando in caso l’uso della cravatta, portata più frequentemente dai politici del
PdL. Si può concludere dunque che sia i partecipanti e le partecipanti ai focus groups, sia le intervistate
tendono a giudicare maggiormente l’immagine di una donna in politica rispetto a quella di uomo attivo nello
stesso settore e ,prescindendo dal genere e dal partito, sembrano concordare che, lo stile di un politico deve
trasmettere un messaggio d’ufficialità, in quanto si pone come un rappresentante di un’istituzione.
5
6
Anna Finocchiaro: http://www.senato.it/leg/17/BGT/Schede/Attsen/00000991.htm
Michela Brambilla: http://nuovo.camera.it/29?shadow_deputato=302838
14
Tabella 2 - Confronto tra le dimensione età e appartenenza partitica dei/ delle partecipanti allo studio
rispetto all’immagine.
PD
GIOVANI

immagine dell’anticonformista


l’idea della politica come costruita
intorno all’asse destra-sinistra
bellezza: criterio di selezione non
meritocratica

l’immagine rispecchia “naturalmente” le
competenze di una Politica
maggior importanza alla vita collettiva
nel partito
divisione tra competenze e sensualità per
una donna in politica



ADULTE
PdL





immagine tradizionale/rispetto
dell’etichetta
l’idea della politica come costruita
intorno all’asse destra-sinistra
potere ingannevole dell’immagine
immagine di esclusività in quanto
rappresentanti della destra
posizione individualista nel partito
divisione tra competenze e sensualità
per una donna in politica
4.6. Credibilità dell’immagine del politico
Si rileva in generale che le caratteristiche principalmente evidenziate dai soggetti che hanno
partecipato allo studio rispetto all’immagine di un politico sono: la sobrietà, l’ordine e la compostezza.
Si nota in primo luogo che le ragazze del PdL si pongono in maniera del tutto diversa rispetto
all’immaginario della figura femminile associata al Popolo della Libertà. Esse non fanno riferimento ad uno
stile estremamente professionale ma si limitano alla conformità dell’immagine rispetto all’ambiente. Tale
adesione generale alla sobrietà, soprattutto da parte dei più giovani, può essere letta in concomitanza con la
maggiore importanza data alla trasparenza e all’onestà nella riflessione sui valori dei politici. In un periodo
di transizione politica viene richiesto un maggiore rigore da parte della classe politica che deve essere
espresso anche dall’immagine del partito: ciò spiegherebbe forse la distanza tra le considerazioni delle
ragazze PdL della ricerca e l’immaginario comune creato sul mondo femminile di tale partito, testimoniando
una possibile inefficacia dello stile attuale dei membri del Popolo della Libertà i quali rischiano di apparire
ancora più distanti dalla società.
4.7.Credibilità dell’immagine: esempi
Dalle attività riguardanti la credibilità delle figure dei politici, si rileva un certo interesse verso la figura di
Dario Franceschini (PD)7. Benché sia stata osservata una certa somiglianza di stile da parte dei giovani
7
Dario Franceschini: http://leg16.camera.it/29?shadow_deputato=300246
15
tesserati e delle giovani tesserate al Partito Democratico tra Franceschini ed Enrico Letta (PD)8, il primo
viene scartato in quanto considerato troppo di destra. I giovani e le giovani Pd considerano più credibile
Enrico Letta per il suo modo di porsi più pacato che conferirebbe a quest’ultimo un’aria più professionale.
La pacatezza legata all’immagine di Enrico Letta trasmetterebbe invece per i ragazzi e le ragazze del PdL
una mancanza di preparazione e di carisma, una caratteristica indispensabile per rendere credibile un
politico.
Il personaggio che è stato considerato invece particolarmente carismatico dai partecipanti e delle
partecipanti di entrambi i focus groups è stato Ignazio La Russa9. Emerge che il carisma è una caratteristica
associata tendenzialmente dai membri dei due focus groups all’uomo di destra, in quanto La Russa è stato
per entrambi i gruppi il più votato tra i personaggi del Popolo della Libertà presentati durante i focus.
Un atteggiamento grintoso e passionale invece non sembra sempre esser apprezzato nelle donne in
politica. Alcuni giovani del Pd per esempio mettono in dubbio la trasparenza della senatrice Anna
Finocchiaro, per via del suo atteggiamento “grintoso” e una “retorica spinta e gaiarda”, che farebbe trapelare
il fatto “che te la sta raccontando […]”.Si rileva inoltre una maggiore attenzione data all’immagine della
senatrice rispetto ai colleghi maschi, della quale i partecipanti e le partecipanti allo studio mettono in
evidenza alcuni dettagli estetici legati alla sfera della competenza (e non al carisma) che la rendono credibile
rispetto al ruolo. Anna Finocchiaro sembra riassume dunque le caratteristiche della donna di sinistra, in
quanto può contare su una preparazione politica solida e la trasmette naturalmente attraverso un’immagine
elegante (capelli corti e non tinti, occhiali).
Uno stile elegante e sobrio sembra essere riproposto anche da alcune donne del PdL, in particolare da
Mara Carfagna (PdL)10 il cui rinnovamento d’immagine (taglio di capelli corto, tailleur, poco trucco) unito
all’operato politico da ministra (riconosciuto positivamente) l’ha aiutata a slegarsi, secondo i partecipanti
allo studio, dal mondo dello spettacolo da cui proveniva. Le intervistate, in particolare, sottolineano la
bravura di Mara Carfagna, descrivendola come una bella donna che però ha preferito portare avanti i propri
progetti da “dietro le quinte” senza approfittare della sua prestanza fisica per ottenere visibilità.
8
Enrico Letta: http://www.camera.it/leg17/29?shadow_deputato=300127&idpersona=300127&idlegislatura=17
Ignazio La Russa: http://leg16.camera.it/29?shadow_deputato=33410
10
Mara Carfagna: http://leg16.camera.it/29?shadow_deputato=301531
9
16
Maria Stella Gelmini (PdL)11 sembra invece rappresentare, per i tesserati e le tesserate appartenenti
sia al Pd sia al PdL, l’esempio di una donna in politica che si è costruita un’immagine sobria e professionale
ma che non poggia su una credibilità in termini di azione politica. Gelmini si presenta ordinata, composta,
con uno stile impeccabile che emana stabilità e sicurezza ma in realtà questa sua presentazione viene messa
in secondo piano rispetto alla sua carriera politica a cui soprattutto i giovani e le giovani del PdL, tesserati al
suo stesso partito, sembrano non volerle fare sconti.
Emerge dunque che lo stile ideale delle donne in politica, sia di destra sia di sinistra, dovrebbe
trasmettere un messaggio di professionalità e di compostezza, che deve essere supportato al contempo da una
credibilità nell’attività politica. Si nota dunque che quest’ultime, oltre ad essere giudicate maggiormente per
la loro presentazione estetica rispetto ai colleghi maschi, devono anche dimostrare di essere altrettanto
preparate e all’altezza del ruolo. Questo aspetto viene esposto chiaramente da un’intervistata PD la quale fa
l’esempio di un confronto televisivo tra due amministratori, uno donna e l’altro uomo, rispetto al quale
sostiene che:
[…] una donna è portata a preparasi di più...nel senso che noi dobbiamo sempre dimostrare
qualcosa,...perché ce lo chiedono, perché comunque insomma è inutile che ce lo nascondiamo, ma per le donne
è più difficile arrivare e quindi se arrivi lo stereotipo è che:... o arrivi perché sei una bella donna, quindi questo
stereotipo berlusconiano…oppure arrivi perché hai delle doti particolari, quindi intelligenza spiccata e tutta una
serie di cose […]
In questa citazione l’intervistata esplicita la necessità per le donne che vogliono fare carriera nel
mondo della politica di non rimanere intrappolate in due tipologie di stereotipi di genere. Uno è legato
all’immagine di una donna che per arrivare a cariche di prestigio elevato deve dimostrare una particolare
intelligenza e dedizione per l’attività che sta facendo con il rischio di dover sacrificare la propria vita privata
e famigliare. Questo modello negativo appare come l’estremizzazione della figura della donna di sinistra che
per le intervistate del PdL è incarnato da colei che è stata presidente del Partito Democratico dal 2009 fino al
2013, Rosy Bindi (PD)12
Il secondo tipo di stereotipo invece sembra esasperare alcune caratteristiche legate alla figura della
donna di destra, la quale è maggiormente esposta ai pregiudizi legati alla dimensione della bellezza fisica ed
11
Maria Stella Gelmini: http://nuovo.camera.it/29?shadow_deputato=301449
Rosy Bindi: http://leg16.camera.it/29?shadow_deputato=35410
12
17
è legata ad una presentazione estetica più appariscente. Rispetto a questo secondo tipo di modello negativo di
donna in politica sono state messe in evidenza due rappresentati del Partito della Libertà: Michela Vittoria
Brambilla e Nicole Minetti.
I giovani e le giovani di entrambi i gruppi concordano sul fatto che Michela Vittoria Brambilla non
sia riuscita ad ottenere nessun risultato di rilievo nella sua carriera politica e alcuni tesserati del PdL
insinuano anche che quest’ultima sia giunta ad avere un ruolo a livello nazionale solo tramite conoscenze e
favori. I ragazzi e le ragazze del Partito Democratico invece tendono ad associare la sua scarsa credibilità da
Politica ad un’immagine poco coerente con l’ambiente in cui lavora. Quest’ultima infatti risulta scegliere
vestiti troppo provocanti e sembra non essere dotata di una dialettica particolarmente accattivante. Se
Vittoria Michela Brambilla rappresenta lo stereotipo di donna che ostenta troppo risultando fuori luogo e
volgare, Nicole Minetti13 incarna la figura dell’arrampicatrice sociale che si serve della propria bellezza
fisica per trarre vantaggi personali, contribuendo allo “svuotamento” della politica. Secondo i giovani e le
giovani PD, Minetti sembrerebbe aver raggiunto il proprio ruolo da consigliera regionale grazie a favori
sessuali che l’hanno portata ad essere inclusa nel listino bloccato dell’ex Presidente della regione Lombardia,
Roberto Formigoni. Al contrario dell’immagine di Brambilla che si presenta troppo provocante non solo per
il suo ruolo ma presumibilmente anche per la sua età, la figura di Minetti appare invece legittimata anche dal
partito, in quanto la sua carriera è strettamente legata alla sua immagine e a quella di alcuni uomini che
parrebbero favorirla. Si presume che la carriera di questo tipo di donne possa essere breve in quanto non
porterebbero contributi interessanti nel mondo della politica e la loro carriera, essendo legata alla fisicità, è
destinata a scemare. Un’intervistata del Popolo della Libertà tende a giustificare la presenza di questa
tipologia di ragazze (politiche-veline) presenti soprattutto nel centro-destra sostenendo che inizialmente la
loro funzione non sarebbe stata solo quella di far ottenere più voti ma è anche quella di cercare di riportare
l’attenzione dei cittadini verso la politica. Questa manovra portata avanti in particolar modo da Silvio
Berlusconi, sarebbe in seguito stata strumentalizzata secondo l’intervistata per screditare non solo
l’immagine del mondo femminile del PdL ma anche di quello del sistema politico italiano attuale.
13
Nicole Minetti: http://www.consiglio.regione.lombardia.it/Consiglieri/-/consiglieri/244
18
Tabella 3 - Credibilità dell’immagine per partito e genere: modelli vincenti.
UOMO
PD
PdL
DONNA

Enrico Letta (Il ministro)
Pacatezza = preparazione - PD

Anna Finocchiaro (La donna di partito)
Competenza ed eleganza - PD/ PdL

Ignazio La Russa (L’anchorman)
Carismatico - PD/ PdL

Mara Carfagna (La ministra educata)
Ha acquisito competenze e ha assunto
un’ immagine sobria - PD/ PdL
Tabella 4 - Immagini stereotipate dei politici per genere e partito.
INCOMPETENZA

SEDUZIONE
SOBRIETÀ


COMPETENZA
Nicole Minetti
(Velina)
Michela Brambilla
(Rossa del Centrodestra)

Maria Stella Gelmini
(Finta ministra di sinistra)
Rosy Bindi
(Zitella)
4.8 Bellezza: un’arma a doppio taglio
Dallo studio inoltre è emerso che l’immagine, mediata e costruita attraverso i mezzi di
comunicazione quali la televisione, può giocare un forte impatto sul ruolo di un personaggio pubblico.
Secondo le tesserate PD la tv commerciale e i new media, hanno portato la società ad essere più sensibile alla
presentazione estetica di un individuo, il quale se di bella presenza e con un atteggiamento cordiale e aperto
sembra essere agevolato nelle interazioni quotidiane (“ […]l’abito non fa il monaco ma lo aiuta!”).
La cura dell’aspetto viene riconosciuta come un vantaggio più per il mondo femminile che per quello
maschile e può essere usato dalle donne a proprio favore nella carriera. Secondo i partecipanti e le
partecipanti ai focus groups, nel mondo della politica per esempio una donna può trarre vantaggio dalla cura
del proprio aspetto in termini di relazioni sociali, in quanto avrebbe meno problemi ad emergere rispetto ad
una collega con un aspetto meno curato, riuscendo ad ottenere una maggiore visibilità e consenso.
La bellezza fisica denota dunque una caratteristica innata che può avvantaggiare una donna nella
carriera politica, proprio come agisce il carisma nel processo di costruzione della figura di un uomo nello
stesso ambiente. Entrambe le qualità però devono essere calibrate in quanto un uso eccessivo di esse
19
potrebbe rendere i personaggi che le posseggono fuori luogo. Per quanto riguarda il carisma esso è indicato
dai tesserati e dalle tesserate di sinistra come una caratteristica importante soprattutto per un politico di
partito in quanto gli permette di risultare più comunicativo nella sua azione politica e di ottenere un maggior
consenso da parte dell’elettorato. La bellezza, benché sia riconosciuta dai partecipanti allo studio di entrambi
gli schieramenti essere una caratteristica che avvantaggia le donne a prescindere dal colore politico, sembra
essere una qualità legata tendenzialmente al mondo femminile del Popolo della Libertà. Da questo partito
sono stati messi in evidenza sia esempi negativi di donne che hanno basato la propria carriera soprattutto
sulla propria fisicità ma anche positivi come il caso di Mara Carfagna. Quest’ultima pare essere stata
avvantaggiata dalla propria bellezza fisica e dalla precedente carriera nello spettacolo al momento del voto
ed è riuscita, una volta ottenuto il ruolo di ministra, a distaccarsi dal mondo di provenienza e ottenere un
certo grado di credibilità assumendo un’immagine pacata e professionale che sembra essere il modello
vincente per una donna in politica.
5. Conclusioni
In questo studio si è cercato di indagare come il corpo delle donne, nella politica italiana attuale,
viene percepito dalle nuove generazioni che si affacciano nel mondo della politica a livello locale cercando
di capire se, in questa realtà, si stanno attivando cambiamenti rispetto agli stereotipi di genere, i quali
possono sia influenzare i corpi politici, sia agire attraverso di essi, proponendo nuovi modelli femminili di
potere a cui ispirarsi.
Per cercare di rispondere a tali quesiti, si partirà considerando i dati di contesto emersi riguardo al
rapporto tra i partecipanti allo studio e la realtà locale in cui vivono. In particolare è emersa durante l’analisi
dei valori politici una distanza rispetto alla politica istituzionale, in quanto i giovani e le giovani tesserate del
PD e del PdL hanno indicato come valori indispensabili per un buon politico delle qualità ascrivibili alla
morale delle virtù, come la trasparenza, l’onestà e il coraggio, ponendo in secondo piano i valori legati
all’ideologia dei partiti. Tale scelta fa percepire un crescente senso di sfiducia verso l’intera classe politica
nazionale, rispetto alla quale le nuove generazioni, a prescindere dal partito di appartenenza, richiedo una
maggiore trasparenza. Tale scollamento viene esplicitato anche dalle intervistate del PD e del PdL, le quali
spiegano che a livello locale le donne incontrano minori limiti sia d’accesso sia di carriera all’interno del
partito rispetto alla dimensione nazionale, la quale viene definita dalle rappresentanti del PdL una realtà
20
chiusa, vecchia e inesistente. Quest’ultime hanno manifestato, rispetto alle colleghe del PD, una posizione
tendenzialmente più negativa verso la dimensione politica e tale malcontento potrebbe testimoniare maggiori
limiti strutturali che il Popolo della Libertà porrebbe nei confronti delle donne anche a livelli più bassi.
Le intervistate del Pd e del PdL inoltre sembrano proporre la divisione, riscontrata anche
nell’indagine di Zajczyk (2007), tra un potere di tipo maschile più propenso al dominio personale, rispetto ad
uno di tipo femminile più dedito all’ascolto e ad una maggiore attenzione verso le problematiche sociali. Tali
caratteristiche corrispondono inoltre a quelle comunemente associate dagli elettori ad un tipo di leadership al
femminile, rispetto alle quali Zajczyk (2007) individua un meccanismo di profezia auto-avverante assunto
dalle stesse donne in politica.
Emerge inoltre che tale potere femminile deve essere trasmesso attraverso un’immagine ordinata e
consona alla situazione, un principio di stile a cui sia le ragazze sia le intervistate dei due partiti sembrano
aderire. I partecipanti allo studio trattano la sobrietà come la “norma” per la costruzione di un’immagine
credibile di un personaggio politico donna, sostenendo inoltre che l’ostentazione della bellezza e della
sensualità possono avvantaggiare una donna in termini relazionali all’inizio della propria carriera politica,
ma che,nel lungo tempo, rischiano di penalizzarla veicolando un messaggio di minore preparazione e serietà.
Tale aspetto è messo particolarmente in rilievo dalle partecipanti del Pdl le quali sembrano avere un
approccio più critico ed attento rispetto alla costruzione dell’immagine, facendo dedurre di volersi distaccare
dall’immagine della “velina” comunemente associata alle donne del proprio partito a livello nazionale. Si
riscontra dunque la contrapposizione tra competenze e seduzione rilevata nell’indagine di Zajczyk (2007,
p.130), dove le donne in posizioni apicali per contrastare gli stereotipi negativi dell’ <<oca>> che fa carriera
<< opponevano quella della competenza priva di sesso>> .
Lo studio ha fatto emergere dunque una generale adesione ai tipi di modelli femminili di potere
riportati in letteratura, i quali mettono in risalto le competenze e la professionalità (da riprovare
continuamente) e non l’aspetto carismatico, caratteristica vincente per un leader maschio (double bind)14.
L’esposizione di corpi femminili più “sensuali” nella scena politica nazionale degli ultimi anni non risulta
quindi aver prodotto un sostanziale cambiamento rispetto alla percezione dell’immagine delle donne in
posizioni apicali, le quali dimostrano di avere ancora un rapporto ambiguo con la propria bellezza soprattutto
14
Jamieson K.H. 1995 Beyond the double bind. Women and leadership, Oxford University Press, Oxford.
21
quando viene esposta mediaticamente. Il processo di spettacolarizzazione avvenuto negli ultimi anni sembra
piuttosto aver contribuito ad aumentare il fenomeno di <<stigmatizzazione della bellezza femminile>>
(Hipkins, 2011, p.419) allontanando la politica nazionale dalla base, realtà nella quale le donne sono più
attive.
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