il colpevole non e` sempre il maggiordomo
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il colpevole non e` sempre il maggiordomo
1 VERITA’ NASCOSTE di CINZIA CAMPANI Fermaa! Fermatiii!!! Andrea ferma la macchina accostandosi il più possibile al bordo della strada, cercando di limitare i danni di quella brusca manovra poi, in preda all’agitazione, si rivolge alla sorella: ma cosa succede?! Tranquillo non succede niente, risponde in tutta calma Agnese. Ti metti a strillare come una pazza, rischiamo di provocare un macello per niente? Uff! Sei sempre il solito esagerato, devi solo tornare indietro ti sei fermato troppo distante. Cosa? tornare indietro? Si, metti la retromarcia e torni indietro, fino a quel cassonetto là, vedi? Quello che abbiamo appena passato. Scusa Agnese, risponde un po’ alterato Andrea, ma sei davvero fuori di testa? Ti rendi conto del traffico che c’è? Già è andata bene che non abbiamo creato un incidente con questa fermata assurda... e poi che diavolo c’è a quel cassonetto? C’è una cosa che devo prendere… al cassonetto? Si al cassonettooo! Bene, ho capito, se non vuoi tornare indietro vado a prenderla da sola; non aveva finito di parlare che già era scesa dall’auto e Andrea vede la sua figura, confusa dai rigagnoli di pioggia che percorrevano i vetri dell’auto, incamminarsi svelta lungo il tratto di strada che avevano appena percorso, non gli aveva dato neanche il tempo di ribattere e opporsi a quell’ idea malsana…Andrea cominciava davvero a non poterne più delle stravaganze della sorella, era buio, un freddo terribile e pioveva, una pioggerellina sottile e pungente che a momenti, spruzzata dal vento si abbatteva con incredibile violenza sul vetro dell’auto e, se questo non fosse bastato, erano in ritardo, in terribile ritardo, era la vigilia di Natale ed erano attesi per la cena in famiglia, c’era un traffico pazzesco, sua moglie aveva già telefonato due volte per sapere tra quanto pensavano di arrivare e questa matta lo fa fermare per andare a raccogliere chissà cosa ad un cassonetto, no era veramente troppo! Lo sfiora l’idea di andarsene e lasciarla lì, le servirebbe di lezione pensava ma non c’era da sperarci troppo, era capace di tornare in autostop e portare qualche sconosciuto a cena….poi dà uno sguardo all’orologio, sono già passati cinque minuti e di Agnese nessun segnale, cerca di guardare meglio fuori ma i vetri, velati dai continui scrosci di pioggia e dai bagliori dei fari delle auto, non lasciano intravedere niente, non ha nessuna voglia di scendere ed infilarsi in quella tempesta, pensa alla sorella uscita così senza neanche l’ombrello e la sua rabbia aumenta, si comporta come una bambina scema eppure ha quasi trent’anni, non crescerà mai?!…Altri cinque minuti e niente, insieme alla rabbia si insinua una leggera preoccupazione, ma che avrà combinato? Si chiede più volte Andrea mentre ancora cerca di vedere qualcosa attraverso i vetri, altri cinque minuti, la preoccupazione si sta sostituendo alla rabbia e gli tocca scendere, andare a cercarla, tira su il bavero del cappotto e prende l’ombrello, è un’impresa uscire dall’auto facendo attenzione ai veicoli in marcia, il vento è ancora più forte a fatica riesce ad aprire l’ombrello poi deve richiuderlo perché non serve a niente, gocce di pioggia ghiacciata urtano la pelle come pezzetti di vetro, guarda nella direzione della Sorella ma niente, prova a chiamarla, combattendo con l’imbarazzo di trovarsi a vociare in mezzo alla strada, nessuna risposta, prova a chiamarla al cellulare e una musichetta vivace inizia a suonare ma è dentro l’auto…l’ansia aumenta, non gli resta che incamminarsi verso quel cassonetto, tra ansia ed imprecazioni, nonché una certa fatica per la strada in salita, vi arriva….di Agnese nessuna traccia, si guarda intorno; dietro al cassonetto c’è un ciglio in parte ricoperto dall’erba e poco sotto un sentiero che costeggia, in un piano più basso, la strada maestra ma nascosto dagli alberi del bordo strada, sul ciglio due solchi freschi come se qualcuno avesse trascinato qualcosa di pesante, o qualcuno? Rabbrividisce a questo pensiero, che facciooo adessooo? Urla dentro di se Andrea mentre mille ipotesi gli si contorcono nella mente, dovevo correrle dietro subito, dovevo bloccarla, dove sarà quella pazza? Poi prende il cellulare deciso a chiamare i Carabinieri ma la batteria è andata, allora corre alla macchina per usare quello di sua sorella. L’auto è sempre là, ferma al bordo della strada, il traffico è diminuito si è quasi rarefatto, ormai tutti sono a cena, ma accanto all’auto…c’è qualcosa…ma cos’è…Andrea non riesce a mettere bene a fuoco, poi è talmente preso dall’ansia che non riesce neanche a ragionare più di tanto, quando improvvisamente una voce familiare gli squilla acuta nelle orecchie: ma dove accidenti eri finito? Agnese stava sotto l’albero vicino all’auto i capelli ed i vestiti appena umidi e accanto all’auto, quella sagoma strana, ora era a fuoco, una vecchia poltrona sbrindellata zuppa d’acqua e si, non c’era dubbio, anche terribilmente puzzolente, Andrea, fradicio da capo a piedi al 2 pari della poltrona, si prende qualche istante, l’ansia svanita di colpo non gli da il tempo di sentire sollievo, viene rimpiazzata in pochi secondi da una rabbia furente, vorrebbe prendere sua sorella e torcerle il collo, questo è il primo impulso poi, esplode la sua esasperazione, senza più preoccuparsi di vociare in mezzo ad una strada, urla contro Agnese: iooo dove sono finito ioooo??? Non ti passa per quella testa dura che ti ritrovi che non vedendoti tornare sono venuto a cercarti, ti rendi conto che sei sparitaaa? E adesso da dove sbuchi? Senti Andrea forse hai ragione sono stata via un po’ troppo, ma cerca di calmarti la colpa è un po’ anche tua, non sei voluto tornare indietro ed io dovevo assolutamente prendere quella antica poltrona così, arrivata al cassonetto, ho provato a sollevarla ma non ce la facevo, allora ho provato a trascinarla ma poi si è fermato un signore molto gentile che si è offerto di aiutarmi, l’ha caricata sul suo pick up e mi ha dato un passaggio fino qui, semplice! Agnese tu non immagini che voglia che ho di strozzarti! non so come si possa essere fratelli…io e te...proprio non lo so…ti fai aiutare da uno sconosciuto, sali sulla sua auto, ma ti rendi conto? Poteva essere un omicida un violentatore…io…io sono stato in ansia ho pensato ti avessero fatto del male! Mio Dio! Andrea sei proprio come la mamma, tu vedi assassini dappertutto, sei tu che sei malato, un po’ di fiducia nel prossimo e cos’è tutta questa diffidenza! Ascoltami bene “diffidenza”, adesso dobbiamo andare e di corsa, non penserai che io metta in macchina questa cosa marcia e puzzolente? Non puoi chiamare così questa poltrona perché stai bestemmiando! Pensa che si tratta di una vera e propria opera d’arte, risalente, all’incirca, a metà ottocento; legno di noce lavorato e scolpito a mano, tu non hai neanche la più minima idea del lavoro che ha fatto l’artigiano che l’ha costruita e con quale abilità! Senti Agnese l’artigiano sarà stato anche bravo e questa una volta, due secoli fa, come dici te, sarà stata anche una bella poltrona ma adesso è proprio una porcheria e non a caso l’hanno buttata! E’ vero che l’aspetto non è dei migliori adesso, ma solo perché degli idioti come te, anziché farla restaurare e ritappezzare, prima l’hanno usata come cuccia per il cane e poi l’hanno buttata e magari in casa hanno le sedie di plastica…quanti idioti ci sono a questo mondo trattare così un oggetto di questo valore! Agnese facciamola breve è tardiiii, sono bagnato fino alle ossa, Sali in macchina e andiamo-ce-neeee, Andrea, caro, forse non ci siamo capiti, senza la poltrona io non mi muovo di quiiii, tu non sai quanto volentieri ti lascerei qui insieme a quest’immondizia, proprio neanche lo immagini, ma non voglio dare un dispiacere alla mamma, quindi Agnese, te lo chiedo per nostra madre: sali su questa macchina e andiamo...viaaa! Non tirare in ballo la mamma e piuttosto aiutami a caricare la poltrona, prometto che ti ripulisco l’auto centimetro per centimetro, Agnese non se ne parla neanche...vedi non c’entra neppure, certo che ci entra, basta che butti giù il sedile posteriore, poi ci mettiamo questo bel telo così non insudiciamo questo gioiello di auto! E la puzza dove la metti? Rimarrà per giorni e mia moglie, per la quale grazie alle tue trovate dovrò già litigare per questo inspiegabile ritardo, mi farà una scenata da manuale! Uff! Che problema c’è spruzzi un po’ di deodorante… deodorante? Caterina ha un naso che sente tutto…specie gli odori che cerchi di nascondere…certo come naso è messa bene, puoi dirlo forte, Agnese per favore! Non sapevo però che avesse anche il fiuto del cane antidroga! Agnesee bastaaa, bene fratellino allora per non urtare l’olfatto bionico della tua signora, spenderemo qualche minuto per togliere la tappezzeria, è quella che puzza, tanto è logora e si strappa facilmente, così trasportiamo solo lo scheletro, Agnese io non metto le mani su questa cosa è chiarooo? Bene lo farò io, ci vorrà un po’ di più...ma tanto abbiamo tempo… Agnese ti prego andiamo via, uff.! un secondo va bene? Solo un secondo farò prestissimooooo. Agnese amava da morire tutto ciò che era antico ma, in particolare, quello che si poteva restaurare, non c’era niente che le desse più soddisfazione di ridare vita a vecchi oggetti maltrattati, specialmente se erano di legno, questa passione le veniva certamente dal nonno materno, che non a caso, faceva il restauratore di mobili, da bambina Agnese passava ore nella sua bottega, adorava l’odore della cera, tutti quegli arnesi piccoli e grandi con strane forme e si incantava a guardare le mani del nonno che scartavano il vecchio legno e lo facevano riapparire giovane, nuovo, questa possibilità di rigenerazione muoveva in lei una grande emozione che trasponeva anche nelle persone; gli piaceva dialogare, specie con gli anziani e aveva l’impressione che il raccontarsi, generasse su loro stessi il solito effetto che la carta a vetro produceva sul vecchio legno. Adesso aveva tra le mani questa magnifica poltrona, pensava di ripulire e restaurare il legno e poi l’avrebbe ritappezzata con una 3 bella stoffa robusta, sarebbe tornata come nuova e sorrideva, dentro di se, pensando a che faccia avrebbe fatto suo fratello. Così con piglio deciso Agnese afferra i logori lembi di stoffa e con energici strappi li tira via dal telaio dalla poltrona, è facile si staccano con niente, in poco tempo la parte superiore è pulita, adesso rimane la seduta, questa è un po’ più resistente, sotto ci sono delle molle ancora ben fissate, per velocizzare l’operazione Agnese colpisce la seduta col piede e un poco cede, allora insiste, intanto Andrea la osserva con una certa ripugnanza: ti sporcherai anche gli stivali in questo modo, li pulirò non preoccuparti e in macchina terrò i piedi sollevati, così non sporco….c’è qualcosa che oppone resistenza, è strano, Agnese prova a girare la poltrona per osservare il sotto e lancia un grido di gioia: meravigliosooo Andrea c’è il marchio a fuoco della ditta che l’ha prodotta e la data o che bellezza guarda Andreaaa, per favore Agnese non mi interessa vediamo di andare, muoviti! certo se mi aiutavi…ma...c’è…c’è…qualcosa di strano….è incastrato…sembra una scatola di ferro è incastrata nel telaio...accidentiii, oh mio Dio! Agnese ti prego lascia stare potrebbe essere qualcosa di pericoloso vuoi lasciar perdereeee!!! No, no e no hai capito adesso? Agnese sferra un ultimo calcio con tutta la sua forza e sull’asfalto cade una scatola ma di legno, stretta e lunga, subito la raccoglie, è molto bella e ben conservata, ha dei bellissimi disegni nota Andrea mantenendosi sempre a distanza di sicurezza, non sono disegni, sono intarsi di pietre dure guarda è incredibileee! Agnese ha le lacrime agli occhi per la meraviglia, accendi i fari la guardiamo meglio, questa volta Andrea obbedisce senza replicare, alla luce dei fari le pietre, umide per la pioggia, sono splendide, bisogna aprirla senza sciuparla dice Agnese, pensi davvero...possiamo aprirla a casa… credi che io possa aspettare di arrivare a casa? No…la…apr…pro adesso! Con un po’ di fatica Agnese solleva il coperchio: Andreaaaa c’è un manoscritto guardaaa, caspita! Dammi fammi leggere, cosa? Adesso ti interessa? Si sorellina ora mi interessa, ma come vuoi toccarlo? E se fosse pericoloso? Magari chi l’ha scritto aveva una malattia contagiosa, oh! Agnese in tutti questi anni saranno morti anche i virus, eh! chissà? E se sono mutati?...Oppure è scritta con l’inchiostro avvelenato, basta Agnese! Facciamo così, buttiamo in macchina questo pezzo di legno e saliamo anche noi, tu tieni le carte e leggiamo insieme, grazie fratellino non mi rendo mai abbastanza conto di quanto mi vuoi bene! Sistemata la poltrona salgono sull’auto Agnese estrae con cura le carte dalla scatola, sono due pagine strappate ad un diario, c’è uno stemma impresso sulla carta, una bella carta pesante…Gentilissimo Sig. Zinnelli, spero che trovi questo mio appello, Lei è la mia ultima speranza, come sicuramente avrà sentito, alla Villa è avvenuto un orribile delitto il 24 Dicembre, la nostra giovane cameriera Marì, una ragazzina di soli 16 anni, è stata brutalmente seviziata ed uccisa da mio marito, si ha capito bene da mio marito il Conte Alviano della Porta, da tempo la molestava ed io lo tenevo d’occhio ero preoccupata e con ragione, purtroppo, per quella povera creatura. La sera del delitto l’ho visto entrare nella cucina, tutti i domestici erano già congedati, non so perché lei fosse tornata indietro, forse l’ha attirata lì con l’inganno, così l’ho seguito, lui non mi ha vista e quando ha afferrato quella povera piccina ho preso il palo della tenda pronta a colpirlo gridandogli di lasciarla stare ma tutto inutile, aveva la furia di un animale; mi ha scaraventata a terra picchiandomi a sangue, mentre mi percuoteva speravo che Marì fuggisse ed invece non ce l’ha fatta, è rimasta immobile col sangue gelato dalla paura ad attendere la propria sorte nefasta, io non riuscivo a muovermi né più a parlare ma i miei occhi hanno assistito a quell’orrenda brutalità impotenti, una tale crudeltà non l’avrei mai immaginata neppure in una belva feroce, finito il suo divertimento l’ ha afferrata per l’esile collo con la sua mano da orco e in un secondo ha stroncato quella giovane vita, poi ha fatto in modo che quella brava persona del Maggiordomo fosse accusata di tale scempio. Io sono stata segregata nelle mie stanze, così ho strappato la tappezzeria della poltrona pregando di portarla alla sua bottega per sistemarla e prego Dio affinché Lei trovi la mia missiva e la porti in gendarmeria. Con speranza, Contessa Lucrezia.25 Gennaio 1885. Fratello e sorella si guardano impalliditi, poi Agnese cerca di sdrammatizzare lo vedi? Il colpevole non è sempre il maggiordomo! Tu ti saresti fermato alle apparenze, alla cosa ovvia, io invece…Tu invece? Io ho raccolto la poltrona sporca e puzzolente ed ho trovato una verità nascosta da secoli…questa volta hai ragione ma ora andiamo a casa, andiamo a casa, ripete Agnese, però…però cosa? Appena finite le feste ci mettiamo ad 4 indagare, abbiamo una missione da compiere, dobbiamo rendere giustizia al povero maggiordomo, ovviamente sorellina!.