pdf - Fondazione Internazionale Menarini
Transcript
pdf - Fondazione Internazionale Menarini
n° 349 - marzo 2011 © Tutti i diritti sono riservati Fondazione Internazionale Menarini - è vietata la riproduzione anche parziale dei testi e delle fotografie Direttore Responsabile Lucia Aleotti - Redazione, corrispondenza: «Minuti» Via Sette Santi n.1 - 50131 Firenze - www.fondazione-menarini.it Henri Matisse, le contaminazioni e l’originalità Un genio del ventesimo secolo in bilico tra la rivendicazione orgogliosa della modernità e una sorprendente attrazione per la classicità La vita e il percorso creativo di Henri Émile Benoît Matisse (1869-1954) originario di Le CateauCambrésis, nel nord della Francia, sono per certi versi sovrapponibili a quelli di tanti altri artisti europei vissuti a cavallo tra Ottocento e Novecento. Primogenito della famiglia, trascorre gli anni dell’infanzia a Bohainen-Vermandois, nella Francia Nord-orientale, dove i genitori commerciano in sementi. Nel 1887 si trasferisce a Parigi per studiare legge; comincia a dipingere a venti anni, in occasione della convalescenza a seguito di un attacco di appendicite. Scopre «una sorta di Paradiso», come dirà più tardi, decidendo di intraprendere la carriera nell’arte con grande disapprovazione del padre, e nel 1891 torna a Parigi, per studiare all’Académie Julian, divenendo allievo di William-Adolphe Bouguereau e Gustave Moreau. Dipinge nature morte e paesaggi di impostazione accademica, ottenendo un discreto successo. Nel 1896 espone cinque dipinti al salone della Société Nationale des Beaux-Arts, nel 1897 incontra il pittore John Peter Russell che lo introduce all’Impressionismo e ai lavori di Van Gogh (buon amico di Russell, ma all’epoca assolutamente sconosciuto). Lo stile di Matisse cambia completamente, e successivamente dirà: «Russell fu il mio maestro e mi insegnò la teoria del colore». Influenzato dai lavori dei post-impressionisti Cézanne, Gauguin, Van Gogh e Signac, ma anche dall’arte giapponese, fa del colore l’elemento cruciale dei suoi dipinti. Nel 1898 è a Londra a studiare la pittura di William Turner. Attorno al 1904, Matisse incontra Pablo Picasso, di 12 anni più giovane. I due divengono grandi amici, nonché artisticamente rivali. Tra il 1905 e il 1908 è tra i promotori insieme a Rouault, Braque, Dufy, Derain, Vlaminck e Marquet di una corrente artistica che sarà denominata Fauves (Bestie selvagge), che tiene una collettiva al Salon d’Automne di Parigi nell’anno 1905; i fauves si caratterizzano per l’esaltazione della «pittura pura» e del «colore esplosivo» che dovevano da soli creare la forma e divenire realtà. Henri Matisse: Pianista e giocatori di dama - Washington, National Gallery of Art, Collection of Mr. and Mrs. Paul Mellon, 1985.64.25, © Succession H. Matisse by SIAE 2010, Image courtesy National Gallery of Art, Washington Nel 1917 Matisse si trasferisce a Cimiez, un sobborgo di Nizza. I lavori del decennio che segue questo trasferimento mostrano un rilassamento e un ammorbidimento del suo approccio: il “ritorno all’ordine” è tipico di buona parte dell’arte dopo la prima guerra mondiale. Le opere delle odalische orientaleggianti sono caratteristiche di questo periodo. Dopo il 1930, un nuovo vigore e una coraggiosa semplificazione appaiono nel suo lavoro. Il collezionista statunitense Albert C. Barnes lo convince a produrre pag. 2 un grande murale per la Barnes Foundation di Filadelfia, La danza II, completato nel 1932. Nel 1941 gli viene diagnosticato un cancro e, in seguito a un’operazione, l’artista è ridotto in una sedia a rotelle. Con l’aiuto degli assistenti realizza dei grandi collages, le gouaches découpées. La sua serie di Nudi Blu rappresenta il principale esempio della tecnica denominata «dipingere con le forbici». Nel 1947 pubblica “Jazz,” un libro in edizione limitata, contenente stampe a colori di collages, accompagnate dai suoi pensieri. Lo straordinario valore espressivo del colore in Matisse è il suo tratto più conosciuto dal pubblico; meno noto l’interesse per la forma e i volumi che segna la sua esperienza in scultura, caratterizzata da un intimo rapporto con la classicità e in particolare con l’opera di Michelangelo. Ne troviamo convincente e inaspettato riscontro nell’esposizione che si tiene a Brescia, al Museo di Santa Giulia, fino al 12 giugno prossimo con il titolo Matisse. La seduzione di Michelangelo, che evidenzia quanto profondo sia stato il legame intercorso tra l’artista francese e il genio italiano del Cinquecento, che porta Matisse alla formulazione del concetto dell’arte come semplificazione assoluta, alla luce del suo studio proprio della scultura di Michelangelo. L’arte di Michelangelo costitusce per Matisse un riferimento e una conti- nua fonte di riflessione che gli permette di lavorare sul perpetuo rapporto tra linea, colore e volume. La mostra presenta 180 opere del maestro francese - dipinti, disegni, incisioni, gouaches découpées - in grado di seguire tutto il suo itinerario creativo, dalle prime opere fauve a quelle realizzate nella parte finale dell’esistenza, dedicata alla scoperta poetica delle illustrazioni dei libri e della rivista Verve e all’invenzione rivoluzionaria delle gouaches découpées. A esse, si affiancano diversi calchi di alcune delle più importanti sculture di Michelangelo tra cui quelle delle Cappelle Medicee. Particolarmente suggestivo è il confronto tra due delle opere più importanti di Matisse, provenienti dalla National Gallery di Washington, come il grande dipinto Pianista e Giocatori di dama e la grandissima gouache découpée intitolata Venere, affiancata da un disegno originale di Michelangelo raffigurante, per l’appunto, due Veneri. È proprio il rapporto tra scultura e pittura a esprimere l’urgenza di Matisse di superare continuamente i propri limiti, ed è proprio attraverso la scultura che egli si riallaccia più apertamente alla tradizione che lo ha preceduto. Michelangelo è in questo il suo maestro supremo: «Si potrebbe far rotolare una statua di Michelangelo - affermava - dall’alto di una collina fino a far scomparire la maggior parte degli elementi di superficie: la forma rimarrebbe comunque intatta», e ancora: «Sono ritornato studente… Disegno La Notte, studio il Lorenzo de’ Medici: cerco di impadronirmi della concezione chiara e complessa che è alla base della costruzione di Michelangelo». Del genio italiano condivide la passione sempre insoddisfatta per l’opera, mentre ne ammira la capacità di sperimentare, fino all’equilibrio estremo, la forza e la tensione che distorcono i corpi. Al capolavoro miche- sopra Grande nudo seduto - Le Cateau-Cambresis, Musee départemental Matisse, © Succession H. Matisse by SIAE 2010, Photo Adam Rzepka a lato Busto in gesso, bouquet di fiori - San Paolo, Museu de Arte de São Paulo Assis Chateaubriand © Succession H. Matisse by SIAE 2010 Photo by João Musa pag. 3 langiolesco L’Aurora conservato nella Sacrestia Nuova delle Cappelle Medicee a Firenze - Matisse si rifà esplicitamente nel realizzare quella statuetta del Nudo disteso che ricomparirà in tanti dipinti. A Michelangelo tornerà per trovare nuove soluzioni spaziali nei tormentati anni Venti. E non a caso, la sua più sofferta scultura sarà proprio quel Grande nudo seduto che si riferisce esplicitamente a Michelangelo e che Matisse trascorrerà ben sei anni a modellare e rimodellare, fino a considerarla la sua opera più importante. Successivamente, altri saranno i problemi che lo coinvolgeranno, ma ancora, nella serie di dipinti dal 1921 al 1940, la figura centrale, a volte dipinta, a volte solo abbozzata, assumerà una profondità spaziale e monumentale di michelangiolesca memoria. La conseguenza del suo intenso interrogarsi sulla plasticità dei corpi in rapporto con il loro sfondo decorativo, troverà infine una soluzione inattesa nella geniale invenzione delle gouaches découpées, che riconcilieranno finalmente l’elemento pittorico e quello scultoreo dell’opera in un procedimento di fusione di cui Matisse stesso dirà: «Ritagliare a vivo nel colore mi ricorda il procedimento diretto della scultura». L’operazione sembra quella di voler riempire il volume della forma propria della scultura con la potenza delle campiture di colore puro sul piano. Egli giunge così al definitivo superamento dell’aspetto bidimensionale e di quello tridimensionale dell’opera, fino a creare un nuovo universo di forme colorate che di entrambe hanno mantenuto la capacità di sintesi e la tensione. lorenzo gualtieri Il ratto d’Europa - Canberra, National Gallery of Australia © Succession H. Matisse by SIAE 2010 Odalisca con il cofanetto rosso - Nizza, Musée Matisse © Succession H. Matisse by SIAE 2010 Photo Ville de Nice, Service photographique