London Agreement

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London Agreement
Associazione Italiana dei Consulenti ed Esperti in Proprietà Industriale di Enti o Imprese
Segretario
Presidente
Dr. Sergio Lasca
Dr. Francesco Macchetta
Dr. Daniele Pieraccioli
Tesoriere
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Accordo di Londra sulla semplificazione delle traduzioni richieste
secondo Art 65 Convenzione sul Brevetto Europeo.
Il punto di vista di AICIPI.
Milano, 30 Maggio 2008.
Con la definitiva ratifica da parte della Francia, l’Accordo di Londra sulla semplificazione
delle procedure relative alle traduzioni richieste per i brevetti europei (London Agreement)
è entrato in vigore dal 1° maggio 2008. Con questo Accordo, che è facoltativo per gli Stati
Membri della Convenzione sul Brevetto Europeo, gli Stati contraenti rinunciano a
richiedere obbligatoriamente la traduzione del testo del brevetto europeo quale requisito
per convalidare il medesimo nel proprio territorio nazionale, consentendo un notevole
risparmio economico ai titolari di un brevetto europeo.
L’Accordo prevede che gli Stati Membri con una delle tre lingue ufficiali della Convenzione
sul Brevetto Europeo (CBE), ovvero francese, inglese e tedesco, non richiedano più la
traduzione nella propria lingua in fase di convalida nazionale. Gli altri Stati Membri, che
non hanno come lingua ufficiale una di queste tre, hanno la facoltà di richiedere, se non
già altrimenti disponibile, la traduzione del brevetto europeo in una delle tre lingue ufficiali
CBE a loro scelta, e la traduzione delle sole rivendicazioni nella propria lingua ufficiale.
L’Accordo è stato firmato ad oggi da tredici Stati Membri della CBE.
Dal 1° maggio non è quindi più necessario tradurre il brevetto europeo per poterlo
convalidare in Francia, Germania, Lussemburgo, Monaco, Regno Unito e
Svizzera/Lichtenstein, mentre Croazia, Danimarca, Islanda, Lettonia, Olanda, Slovenia e
Svezia richiedono la traduzione delle sole rivendicazioni nella lingua nazionale.
Questa importante modifica permetterà di limitare, almeno in parte, lo svantaggio in termini
di costo complessivo, del sistema europeo rispetto ad esempio a quello Statunitense che a
parità sostanziale di durata e popolazione potenzialmente interessata, risulta più elevato,
essenzialmente a causa dei costi delle traduzioni del brevetto concesso nelle varie lingue.
AICIPI invita quindi le competenti autorità ad una riflessione sulle ragioni di opportunità a
favore dell’adesione dell’Italia, che è tra i Paesi che non hanno ancora aderito all’Accordo.
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Oltre alle già menzionate ragioni, è secondo noi necessario considerare anche
l’eventualità, a medio termine, che i titolari dei brevetti europei per ragioni di contenimento
dei costi, seppur in funzione di ulteriori considerazioni quali la dimensione del mercato e la
rilevanza dei concorrenti, concentrino le validazioni dei propri brevetti europei in quei
Paesi che aderiscono all’Accordo di Londra, a scapito dei Paesi non aderenti, che
entrerebbero quindi in una lista di seconda scelta e conseguente progressiva minor
importanza di fatto.
Una delle motivazioni più utilizzate a difesa dell’obbligo di traduzione in italiano dei brevetti
europei è quella di rendere disponibile al pubblico una descrizione in italiano delle
tecnologie avanzate brevettate per facilitarne l’accesso da parte delle industrie italiane, in
particolar modo delle Piccole e Medie Imprese. Va rilevato tuttavia che tale traduzione
viene depositata dopo la concessione del brevetto europeo che generalmente avviene
alcuni anni (almeno cinque o sei) dopo il deposito della relativa domanda e della sua
pubblicazione in una delle lingue ufficiali della CBE (che nella maggioranza dei casi è
l’inglese). Al momento del deposito della traduzione del brevetto nella lingua nazionale, la
tecnologia descritta nel brevetto in molti campi non è quindi più all’avanguardia, essendo
spesso superata o perfezionata da soluzioni descritte in domande di brevetto o
pubblicazioni scientifiche successive. Non vi è quindi alcuna azienda italiana impegnata
nell’innovazione tecnologica che possa permettersi di aspettare un tale periodo prima di
prendere conoscenza delle attività, in campo sia brevettuale che tecnologico, dei propri
concorrenti. Per competere efficacemente sul mercato, soprattutto a livello internazionale,
infatti, anche le aziende italiane devono occuparsi delle posizioni brevettuali dei propri
concorrenti sin dal momento della prima pubblicazione delle relative domande di brevetto.
A conferma di ciò, si deve osservare che l’inglese è la lingua tipicamente utilizzata dalle
aziende che operano nei settori tecnologicamente più avanzati per svolgere le proprie
attività internazionali e mantenere il proprio aggiornamento sulle evoluzioni recenti della
tecnologia, compresa naturalmente anche la letteratura brevettuale.
Un’altra motivazione a difesa dell’obbligo di deposito della traduzione in italiano è quella di
aumentare la consapevolezza dell’esistenza di privative da parte delle industrie italiane.
AICIPI ritiene che questo approccio non sia adeguato ma che anzi possa essere
controproducente, come delineato in precedenza, anche in considerazione del fatto che
già la pubblicazione della domanda di brevetto europeo fornisce dati e informazioni sulla
rilevanza tecnica e possibile valenza esclusiva di un data innovazione tecnologica di terzi,
avente possibili effetti in vari Paesi europei, Italia compresa.
A questo proposito, riteniamo che la formazione di esperti in grado di supportare all’interno
delle aziende una informazione sistematica e consapevole in materia di brevetti sia
estremamente utile per il posizionamento competitivo delle aziende italiane non solo sul
mercato nazionale ma anche a livello internazionale ed invitiamo quindi a percorrere
questa strada, piuttosto che intraprendere una battaglia “dì retroguardia” che si focalizzi
sul mantenimento dell’obbligo della traduzione in italiano del brevetto europeo concesso.
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Con l’entrata in vigore dell’Accordo di Londra anche per l’Italia, le aziende italiane che
fanno innovazione tecnologica potrebbero dunque dedicare alle finalità sopra indicate le
risorse oggi destinate alle traduzioni dei propri brevetti europei, rendendo anche più
intensa la propria attività di brevettazione su scala internazionale a consolidamento dei
propri vantaggi competitivi.
In conclusione, per le ragioni che abbiamo cercato qui di delineare, auspichiamo una
rapida ratifica dell’Accordo di Londra da parte dell’Italia.
Francesco Macchetta
Presidente
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