Gli anni oscuri di Bergoglio
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Gli anni oscuri di Bergoglio
Javier Cámara - Sebastián Pfaffen Gli anni oscuri di Bergoglio Una storia sorprendente INTRODUZIONE – Pronto? – Pronto? Sì? Chi parla? – Jorge Bergoglio. – Come? – Jorge Bergoglio. – … Veramente mi dice … Santo Padre? – Sì! Vuoi che te lo dica in cordovese6? Lunedì 3 febbraio 2014, prima di mezzogiorno, Jorge Bergoglio, papa Francesco, chiama al telefono di casa mia. Otto mesi prima, nel luglio 2013, avevo cominciato a investigare sui giorni che l’attuale pontefice della Chiesa aveva trascorso a Córdoba, sia come novizio, tra il 1958 e il 1960, sia dopo, come sacerdote, tra il 1990 e il 1992. In poco tempo la storia che avevo fra le mani diventava più grande di me e andai dal collega e amico Sebastián Pfaffen, testimone diretto a Roma come inviato speciale di Canale 12 di Córdoba, dello storico conclave che ha eletto il primo papa argentino e latino americano, la stessa persona che per alcuni anni era stata un vicino cordovese. Così, Sebastián diventò coautore di questo libro, e abbiamo cominciato a scrivere questa storia in prima persona plurale. Nel dicembre 2013 abbiamo appreso che l’arcivescovo di Córdoba, monsignor Carlos Ñáñez, sarebbe andato in Vaticano per incontrarsi con Francesco. È stata sufficiente un’e-mail perché questo pastore, con una generosità e una dolcezza ammirabili, facesse sapere al Pontefice che due giornalisti cordovesi stavano scrivendo un libro su di lui e sul suo legame con questa provincia argentina, sulla sua storia e sulla sua N.d.E.: Non esiste in castellano (spagnolo) parlato in Argentina un vero e proprio dialetto cordovese. Si tratta di un caratteristico accento che facilmente identifica, per la sua tendenza a cantare le parole, i nativi della provincia di Córdoba. 6 15 gente7. Alcuni giorni dopo, monsignor Carlos Ñáñez ci avvisò che il Santo Padre si era mostrato disposto a collaborare e che proprio Francesco gli aveva consegnato un foglietto con un indirizzo e-mail al quale avremmo potuto scrivergli in merito a quello che stavamo facendo. Quel lunedì 3 febbraio 2014, con la semplicità di un papà che chiama il figlio per salutarlo, papa Francesco telefonò a casa mia cambiandomi il ritmo cardiaco e facendomi capire veramente la proporzione di questo lavoro giornalistico. Mai abbiamo fatto un’intervista ufficiale al Papa. Però durante le conversazioni chiarì vari dubbi e ci regalò alcuni commenti e ricordi importantissimi in merito alla nostra ricerca che abbiamo condiviso con lui. È stata un’esperienza indimenticabile, incredibile, inimmaginabile. Qualcuno può dirsi pronto per parlare con il Papa, o ad ascoltare il successore di Pietro, il Servo dei Servi di Dio, l’uomo – per tanti – più importante del mondo, che domanda: “Quando vuoi che ti chiami?”. Francesco sorprende sempre. E con questo libro lo fa, per esempio, raccontando, tra le altre cose, come e quando ha conosciuto Perón ed Evita, e chiarendo, finalmente, la sua vera – e molte volte strumentalizzata – relazione con il peronismo8. Chi è papa Francesco? Chi è Jorge Mario Bergoglio? Chi è l’Eminentissimum ac reverendissimum Dominum Georgium Marium Sanctae Romanae Ecclesiae Cardinalem Bergoglio? Chi è questo porteño9 che è diventato, senza che nessuno se lo potesse immaginare, l’argentino più importante della storia? N.d.E.: La provincia di Córdoba, con la omonima città capitale, è situata al centro dell’Argentina e vanta di essere la più antica e nobile delle colonie spagnole, per la sua cultura ed architettura. La città di Córdoba è anche soprannominata “La Docta”, lì i gesuiti fondarono la prima università della nazione e tale rimase per più di due secoli. 8 N.d.E.: Con il termine “peronismo” si indica quel movimento politico che ebbe origine dal presidente argentino Juan Domingo Perón (1895-1974), per tre volte democraticamente eletto dal popolo argentino. Oggi, dopo più di 40 anni dalla sua morte, il peronismo è ancora presente come concetto politico populista. 9 N.d.E.: si chiamano così le persone nate nei pressi della città di Buenos Aires, capitale dell’Argentina. 7 16 Quando il 13 marzo 2013 il cardinale protodiacono francese JeanLouis Tauran, lottando contro il morbo di Parkinson, annunciò che Bergoglio era stato eletto Papa, molte persone caddero in ginocchio, piangendo dall’emozione, alcuni sopra quelle stesse vecchie mattonelle cordovesi su cui il nuovo Pontefice della Chiesa Cattolica aveva camminato anni addietro. La storia che lega Bergoglio a Córdoba, i giorni che l’odierno papa Francesco trascorse in questa città e in questa provincia come novizio gesuita e successivamente come sacerdote dell’Ordine ignaziano, sono vitali per comprendere i gesti del pontefice e la sua visione di Dio, della Chiesa, della vita, della storia, della politica e di se stesso. Qui, durante il suo noviziato, il giovane Bergoglio configurò la sua vita con la spiritualità ignaziana, quella che permette alle persone di fede una consegna radicale della propria persona al Vangelo di Gesù e una cosmovisione del mondo – e delle esperienze proprie e altrui – che non si possono inserire nelle categorie del mondo di destra o di sinistra, di ortodossia o eterodossia, di conservatorismo o progressismo. Bergoglio, papa Francesco, vive e incita a vivere secondo il discernimento spirituale che fa ogni giorno in preghiera, parlando con Dio, con Gesù, con la Vergine Maria, e chiedendo l’intercessione di san Giuseppe, al quale è particolarmente devoto. Tutto quello che lui ha gestito e gestisce nella sua vita, in relazione al potere, all’autorità e alle relazioni interpersonali, è passato attraverso il setaccio del suo disciplinato discernimento spirituale delle anime. Un discernimento che comprende il fatto che quello che viene da Dio, cioè il buono, il vero e il bello, necessariamente deve rispondere al cammino di Gesù incarnato. Che significa questo? Significa che per l’uomo che oggi guida la Chiesa, le cose sono di Dio quando imitano il cammino di Gesù: un cammino di umiltà, al servizio del prossimo, dell’abbassamento, dell’umiliazione e della croce. Nella sua seconda permanenza a Córdoba, esiliato, zittito e silenzioso, messo da parte per essere diventato un sassolino nella scarpa di molti, Bergoglio percorse questo cammino evangelico di silenzio e umiliazione. È stato un periodo di “purificazione interiore”, dice oggi il Papa. Per opera e grazia della Provvidenza nella quale lui crede e 17 confida, negli anni la pietra scartata si è convertita nella pietra sopra la quale Gesù stesso edifica la sua Chiesa. Questa pietra angolare che oggi emoziona il mondo, è la stessa persona che nel 1958, quando era un novizio gesuita nel quartiere Pueyrredón della città di Córdoba, pranzava in ginocchio, baciava i piedi ai suoi superiori, si lavava con acqua fredda in pieno inverno e passava fino a un mese senza parlare con nessuno – ad eccezione del suo maestro – durante gli esercizi spirituali che tutti i giovani religiosi dovevano fare. È lo stesso novizio che si commosse fino alle lacrime quando scopri che l’infermo agonizzante che accudiva in una stanza dell’Ospedale di Córdoba, veniva tradito dalla moglie con un medico, in un episodio che lui ricorda come la scoperta della “piaga sociale dell’infedeltà”. Questo Papa che sta riformando la Curia Vaticana è lo stesso giovane che pregava il rosario sotto la pianta di araucaria che tutt’ora si trova nel patio del complesso di appartamenti che vennero costruiti dove prima c’era il noviziato, in via Buchardo n. 1750. Lui, che ogni sabato e domenica mattina andava nel quartiere Pueyrredón alla ricerca dei bambini e delle bambine più poveri per insegnare loro il catechismo, farli giocare e condividere con loro una tazza di tè ed un pezzo di pane. È lo stesso che, quando era un giovane novizio, si sorprese della pietà popolare degli abitanti della piccola località di Impira, nell’entroterra cordovese; fedeli che, per la festa patronale, cantavano un inno alla Vergine con un’emozione incontenibile. Il Papa ne ricorda ancora l’intonazione e parte delle parole di questo inno. È lo stesso che, nella città della provincia di Córdoba chiamata Río Segundo, incontrò un modello sacerdotale di vicinanza totale con i suoi fedeli nel parroco di allora, del quale però non ricorda il nome ma ancora ammira. È l’uomo che, come vicecancelliere dell’Università Cattolica di Córdoba, ha condotto un’opera di riordine economico e ha disposto, tra le altre cose, di dare la priorità al pagamento dei contributi previdenziali che si andavano accumulando, affinché nessun professore o impiegato riscontrasse un giorno problemi per andare in pensione. Papa Francesco è lo stesso che visse due anni in una stanza fredda, rumorosa, senza bagno privato, nella Residenza della Compagnia, la 18 cui finestra si può vedere oggi dalla strada pedonale in via Caseros, nel centro della città di Córdoba. È lo stesso che si rimboccava le maniche della camicia dell’abito nero dei gesuiti per lavare i suoi fratelli religiosi più anziani, infermi e agonizzanti. Il Papa, niente di meno che il Papa, è quell’uomo serio, di basso profilo, silenzioso, che tra il 1990 e il 1992, poteva essere visto da qualsiasi cordovese camminare per le strade e nell’area pedonale del centro della città per andare alla Basilica di Nostra Signora della Mercede, che frequentava con una certa assiduità per pregare dinanzi all’immagine di san Giuseppe con il bambino Gesù, che sta sopra il tabernacolo. Il Sommo Pontefice della Chiesa Cattolica, guida spirituale di milioni di fedeli, è quel sacerdote che cucinava, tutta la notte fino all’alba senza dormire, affinché una giovane coppia di fidanzati cordovesi di umili condizioni potessero offrire ai loro familiari un piatto da mangiare per la festa del loro matrimonio. Francesco è tutto questo. E molto di più. È l’uomo più importante del mondo che il giorno dopo la prima conversazione telefonica con uno degli autori di questo libro, lo stesso giorno in cui tutti i giornali del mondo parlavano della sua agenda, in particolare della conferma dei suoi futuri incontri con il presidente degli Stati Uniti d’America e con la regina di Inghilterra, telefonò nuovamente per dire che si era dimenticato di menzionare una persona “importante” della sua storia cordovese: Cirilo Rodríguez, il fratello portiere, che 56 anni prima gli aveva aperto la porta del noviziato del quartiere Pueyrredón. Per tutto questo, la tesi di questo libro è che non esisterebbe papa Francesco, così come lo conosciamo oggi, senza quei due intensi anni di formazione gesuita nel noviziato cordovese, e senza quei due anni posteriori di “purificazione interiore” che padre Jorge Bergoglio trascorse nella Residencia Mayor della Compagnia di Gesù. Non si vogliono disprezzare le sue origini, la sua vita familiare da bambino e adolescente, le sue esperienze pastorali, di professore o di governo all’infuori di Córdoba. Ancor meno si vuole svilire il suo inequivocabile essere porteño. Ma vogliamo solo affermare che queste due esperienze cordovesi sono state momenti cardine nella vita di chi oggi è 19 il Pastore supremo della Chiesa. Tutto questo cerchiamo di raccontare in queste pagine. E lui, il Papa, lo sa. Ed è d’accordo. Quando gli abbiamo domandato il significato per la sua vita religiosa delle sue due lunghe tappe nella città di Córdoba, i suoi anni di formazione, le sue successive visite, le opere e le azioni intraprese come provinciale della Compagnia, rispose con convinzione: “I miei anni a Córdoba hanno determinato, in qualche modo, la mia solidità spirituale, perché sono stato lì prima come novizio, e poi i due anni come sacerdote, tra il ’90 e il ’92, che furono come una notte, con una certa oscurità interiore, ma che mi hanno permesso di condurre il mio lavoro apostolico aiutandomi a consolidarmi come pastore”. Il fatto che Córdoba sia il posto dove papa Francesco consolidò il suo essere pastore è certamente importante ed è per questo motivo che abbiamo deciso di scrivere questo libro. La famiglia Bergoglio e Córdoba nella storia Il cognome Bergoglio e la provincia di Córdoba hanno vincoli storici che lo stesso Papa riconosce e ricorda. I Bergoglio Tosco, che hanno un grado di parentela con il pontefice e che hanno dato a questa provincia alcune personalità di spicco, si stabilirono a Córdoba nel 1884. Venivano dal nord Italia, più precisamente da Santena10 in Piemonte, un comune nella provincia di Torino, che attualmente conta poco più di 13.000 abitanti. I Bergoglio Tosco, nonostante i legami di sangue, non erano molto in contatto con la famiglia più stretta dell’odierno papa Francesco. “Loro – ha commentato il Santo Padre – sono del ramo dei Bergoglio N.d.E.: Gli autori dell’edizione argentina, di questo libro, hanno confuso il comune di Santena, a una ventina di chilometri da Torino, con il comune di Santhià che, pur essendo nel Piemonte, appartiene attualmente alla provincia di Vercelli. Sebbene il cognome Bergoglio sia originario di Santena, i registri degli antenati del Papa arrivano fino a un suo bisnonno che, nel 1864, comprò una casa a Bricco Marmorito, provincia di Asti. Anni dopo, si spostarono a Portacomaro, Asti, dove nacque Giovanni Angelo Bergoglio, il nonno del Papa. Nel 1920 Giovanni Angelo si trasferì con sua moglie e i suoi sei figli, a Torino e nel 1929 partirono per l’Argentina, arrivando a Paraná. 10 20 Tosco, parenti della famiglia di mio padre tramite i miei bisnonni, però hanno poco legame con noi. I miei familiari più diretti arrivarono in Argentina parecchio tempo dopo di loro e rimasero nella città di Paraná, a Entre Ríos”. Invece i suoi cugini si stabilirono a Córdoba e, obbedienti al mandato biblico “siate fecondi e moltiplicatevi”, si sparsero rapidamente per tutto il territorio del centro argentino. Attualmente ci sono diverse famiglie con questo cognome, adesso di risonanza internazionale, nelle città di Córdoba, Río Cuarto, Jesús María, Marcos Juárez, Villa Dolores, General Deheza, Río Tercero, Villa Allende, Cosquín, Río Ceballos, Las Varillas; e nelle località di Santa Rosa de Calamuchita, Tancacha, Luque, Inriville, Almafuerte, Los Cóndores e Alicia. L’elenco telefonico locale ne è una testimonianza: nella provincia di Córdoba ci sono 61 numeri di persone che hanno lo stesso cognome del Papa. Ad ogni modo, l’allora padre Jorge ha conosciuto i cugini cordovesi solo nel 1973: “Ho preso contatto con loro in un viaggio che ho fatto a Córdoba quando io ero già Provinciale (superiore della Provincia argentina della Compagnia di Gesù). In quell’occasione ho preso contatto con Remo Bergoglio e con la sua famiglia”. Il dottor Remo Bergoglio è un illustre specialista in malattie infettive, in pensione, di 96 anni, che trascorre la vita in compagnia della moglie, circondato dai figli e dai numerosi nipoti. Problemi di salute gli impediscono oggi di raccontare in maniera dettagliata quella relazione fraterna che ebbe con chi allora passava per Córdoba diverse volte l’anno, a motivo delle sue responsabilità di governo dell’Ordine ignaziano. Quando il più famoso membro della famiglia venne eletto papa, una delle figlie di Remo Bergoglio, María Inés, disse alla giornalista Eugenia Mastri, del giornale La Voz del Interior: “Mio padre e il Papa sono legati da uno stesso bisnonno. Si sono frequentati abbastanza. Jorge era solito inviargli biglietti con gli auguri di Natale e di Pasqua e anche libri con dediche. Sempre con molto affetto e dolcezza”. Dal 1975 i Bergoglio cordovesi si riunirono frequentemente e fra gli invitati veniva sempre incluso il parente sacerdote che è stato dapprima vescovo, poi cardinale e adesso “Sua Santità”. E anche se mai ha potuto partecipare di persona a queste riunioni familiari, alcuni pa21 renti affermano comunque che si ricordava e si ricorda tuttora di loro. Carlos Bergoglio, uomo di fede, conosciuto nell’ambiente dei mezzi di comunicazione per essere il portavoce di un’importante ditta che lavorava con lo Stato argentino, andò nell’ottobre 2013 a Roma per far visita al suo parente Francesco in Vaticano: “Sono stato con il Papa: mi ha ricevuto con l’umiltà di sempre e gli ho lasciato la foto dell’ultima riunione familiare che abbiamo fatto con tutti i Bergoglio di Córdoba. Lui si ricordava dell’invito che gli era arrivato e mi ha domandato se avessimo mangiato la bagna cauda”. La maggior parte dei Bergoglio cordovesi, ad oggi, hanno una copia dell’albero genealogico che dimostra che sono parenti del Papa, che hanno lo stesso sangue. L’albero genealogico che ha mostrato ai mezzi di comunicazione, orgoglioso, Martín Bergoglio, vicino di Jesús María, quando il cugino è stato eletto Pastore universale della Chiesa Cattolica, risale all’anno 1609. Dal primo registro del cognome Bergoglio che esiste nel comune di Santena, risulta che in quell’anno contrassero matrimonio Franceschino Vareone e Anna Bergoglio, abitante di Galli (attuale provincia di Vercelli). Le ricerche che hanno condotto i membri della famiglia mostrano le origini della linea di sangue diretta fino a un certo Giovanni Bergoglio nato negli ultimi anni del secolo XVII. C’è poi un altro ceppo familiare, anche se acquisito, non di sangue, tra il Papa e Córdoba. Perché uno degli zii, nonni del Papa, che si installarono a Paraná appena giunti in Argentina, si sposò con una cordovese. Proprio Francesco ha fatto emergere questo dato: “Mia zia Elisa Aragni, sposa di Juan Lorenzo Bergoglio, era cordovese”. Ed è stata precisamente questa zia che raccontò già molti anni addietro all’allora padre Jorge dell’impresa di pavimenti e costruzioni a cui hanno dato vita i Bergoglio a Paraná tra gli anni 1922 e 1932, per realizzare un importante lavoro nella Stazione dei treni di Córdoba. Il Papa non ricorda se fosse la stazione Mitre o la stazione Belgrano, però considera questo aspetto come un laccio in più che lega la sua famiglia a questa città. Jorge Mario Bergoglio, che nacque nel quartiere porteño di Flores il 17 dicembre 1936, è venuto per la prima volta a Córdoba nel 1953, quando aveva 17 anni. “È stato durante un campeggio che abbiamo 22 fatto a Carlos Paz11, con la Parrocchia San José di Flores (Buenos Aires), quando io ero un ragazzo di 17 anni”, ha rivelato il Papa. Quel giovane aveva già segni di vocazione alla vita religiosa, però solo lui lo sapeva. Neanche si immaginava che quella chiamata vocazionale lo avrebbe portato a Carlos Paz cinque anni dopo, come novizio gesuita. Effettivamente, il secondo “contatto” di Bergoglio con Córdoba è stato un po’ più lungo e stabile, tra il marzo 1958 e marzo del 1960. In questo periodo il giovane Jorge rimase nel Noviziato della Sacra Famiglia, che si trovava in via Buchardo Est, tra la via General Deheza e via Lamadrid (attualmente questa via si chiama via Ana María Janer). E quasi tutti i giovedì dell’anno li trascorreva nella Quinta del Niño Dios (La villa del Bambin Gesù), la casa di riposo e ricreazione che avevano i gesuiti in Villa Carlos Paz, dove oggi c’è una parrocchia che fa parte dell’Arcidiocesi di Córdoba. La seconda tappa del vincolo cordovese, a partire dalla nomina di padre Bergoglio come provinciale della Compagnia di Gesù in Argentina (la massima autorità della Provincia gesuitica argentina, giurisdizione ecclesiastica che copriva tutto il paese e che attualmente include le case e i religiosi che l’ordine ignaziano ha in Uruguay) per l’odierno pontefice è stata ugualmente ricca di esperienze, anche se il papa non ha risieduto a Córdoba. “Come padre provinciale ho avuto molte relazioni con Córdoba – dice il Papa evocando quegli anni – perché andavo a fare le visite canoniche alle comunità cordovesi e altre volte quando passavo per la provincia, da Buenos Aires, per andare alla casa che aveva la Compagnia nella città di La Rioja, dove alcune volte entravo per Mendoza, per la località di Guandacol, o da Córdoba, per Patquía”12. 11 N.d.E.: L’attuale città di Carlos Paz è lontana soltanto 40 chilometri dalla cittàcapitale di Córdoba. È la zona estiva più importante della provincia. Negli ultimi decenni, il turismo ha acquistato notevole rilevanza nazionale, in particolare per le produzioni teatrali. Più avanti vedremo come la bellezza delle montagne (Las Sierras) che circondano la città di Carlos Paz sia rimasta nel ricordo di papa Francesco. 12 N.d.E.: Non essendoci molte strade per accedere alla città di La Rioja, probabilmente queste due piccole località sono rimaste impresse nella memoria di papa Bergoglio, perché il bus che lo portava avrà fatto lì qualche fermata. 23 La terza tappa della relazione dell’odierno Papa con questa provincia è stata, come già si è detto, tra il 1990 e il 1992, quando è stato inviato come confessore presso la Residencia Mayor della Compagnia di Gesù a Córdoba. Lì visse un’esperienza vitale che racconteremo in questo libro. In sintesi, questo lavoro mostra papa Francesco nei suoi anni di formazione come novizio e nell’esercizio del suo sacerdozio da gesuita; tra luci e ombre che ha attraversato; nelle persone che ha conosciuto e che in qualche modo hanno segnato il suo cammino; nelle prove, nelle sfide, nelle desolazioni e nelle consolazioni. In paesaggi, edifici e strade che ha percorso e che ancora ricorda. Questo libro mostra il Papa “venuto dalla fine del mondo”, camminando sulle stesse strade che tutti i cordovesi percorrono ogni giorno, come felice monito che la Provvidenza di Dio agisce in ogni angolo del mondo, e può farlo in qualunque cuore umano, sia dove sia. Inclusa Córdoba. 24