Il Crea sul latte biologico

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Il Crea sul latte biologico
Il Crea ha partecipato al convegno promosso
da Cia Emilia-Romagna “Il latte biologico
italiano: analisi del contesto e indicazioni
per la crescita” con i ricercatori Giacomo
Pirlo e Monica Guarino Amato.
A cura dell’Ufficio Stampa
Latte, sempre più richiesto il bio
“Il settore è interessante ed in espansione, stiamo mettendo a punto un progetto di filiera cercando i
produttori in collaborazione con partner cooperativi e non, coinvolgendo allevatori di diverse zone del
paese. Obiettivo? Dare valore aggiunto al prodotto e più opportunità a realtà aziendali di piccole e
medie dimensioni”. A dirlo Antonio Dosi, presidente della Cia Emilia Romagna, introducendo il
convegno “Il latte biologico italiano: analisi del contesto e indicazioni per la crescita”, iniziativa
promossa a Bologna da Cia e Anabio, l’Associazione degli allevatori biologici della Cia. Al convegno
ha fatto seguito un dibattito sulle strategie da adottare per aumentare la produzione ed il consumo di
biolatte. Sulla base dei dati del Sinab, il Sistema nazionale di informazione sull’agricoltura biologica del
ministero per le Politiche agricole, il patrimonio nazionale dei bovini da latte bio raggiunge oggi circa
le 45mila unità, corrispondenti al 20% di tutto il bestiame bovino presente negli allevamenti biologici
(285mila). Relativamente alla produzione di latte, la stima registrata da Ismea per il 2014, parla di
un quantitativo totale superiore ai 300 milioni di litri (corrispondenti al 2,7% del totale di latte
prodotto in Italia), per un valore alla produzione di 158 milioni di euro (pari al 3,5% del valore della
produzione ai prezzi di base) con un premium price riconosciuto alla stalla del 28% superiore a quello
destinato al latte convenzionale. In Emilia Romagna le aziende zootecniche biologiche con bovini sono
280 e più di 50 sono miste, cioè con bovini e suini. “Un contesto di mercato che sottolinea una netta
controtendenza rispetto alla situazione di grave difficoltà in cui versa il settore lattiero caseario
convenzionale - ha affermato il presidente nazionale Anabio, Federico Marchini - rinforzata sul fronte
dei consumi da una crescita, nel primo semestre 2015, della spesa di oltre il 4%; cifra destinata a
crescere visto il trend positivo degli acquisti anche nel secondo semestre”. “Il comparto lattierocaseario rappresenta la terza categoria bio dietro quella dell’ortofrutta e dei derivati dei cereali,
coprendo una quota pari al 10/11% del totale delle referenze biologiche. In considerazione di queste
dinamiche di mercato i costi di produzione del latte biologico richiedono un attento monitoraggio al fine
di determinare il livello di redditività degli allevamenti”. Marchini ha continuato dicendo: “Il limitato
numero di aziende da latte certificate bio in passato hanno evidenziato risultati positivi a condizione che
si riesca ad organizzare un’efficace ed efficiente filiera, dalla produzione degli alimenti per il bestiame
alla vendita dei prodotti finali”.
Sulla questione è intervenuto anche Giacomo Pirlo del Crea, il Consiglio per la ricerca in agricoltura e
l’analisi dell’economia agraria, il quale ha considerato anche gli aspetti negativi, tra cui i maggiori costi
che devono sostenere gli allevatori per produrre latte biologico, affermando: “La conversione da
convenzionale a biologico pone tuttavia alcuni problemi ed incognite, ovvero un forte impegno per
l’investimento iniziale, l’adeguamento del carico di bestiame secondo i limiti imposti dal regolamento, la
modifica radicale del piano colturale e la necessità di valorizzare il prodotto”.
Alberto Menghi del Crpa, Centro ricerche produzioni animali, però, ha precisato: “Negli ultimi anni,
soprattutto con la crisi dei prezzi del settore lattiero caseario europeo ed italiano nel suo complesso
iniziata nel 2014, la domanda per i prodotti biologici ha continuato a crescere a ritmi che l’offerta
non è riuscita a coprire e si è generato un differenziale di prezzi tra latte biologico e convenzionale
interessante nell’ordine del 50%. Questo vantaggio di prezzo rende di nuovo appetibile per gli allevatori
la possibilità di una conversione dell’allevamento al metodo biologico”.
In media viene infatti riconosciuto un prezzo del 28% superiore a quello del latte convenzionale.
“Abbiamo un biologico che ci pone tra le prime Regioni in Italia come produzioni biologiche - è
intervenuta Simona Caselli, l’assessore regionale all’Agricoltura - e la qualità del latte bio sottolinea la
capacità di fare qualità nella nostra regione. Ricordo - ha specificato in conclusione la Caselli - che il
30% delle risorse erogate dalla Regione, attraverso il Psr, è stato intercettato da imprese biologiche”.
Qualche dato sul consumo dei prodotti lattiero caseario
In base alle recenti indagini Sinab l’aumento dei consumi dei prodotti bio nella prima metà del 2015, ha
registrato un +10,4% per lo yogurt, +2,1% per formaggi e latticini e +0,7% per il latte fresco; è
risultato in flessione del 4,4% il latte Uht. Nel mondo i consumi di latte bio sono aumentati del
6,5% in due anni. In Italia il consumo di prodotti lattiero caseario vale oltre 100 milioni di euro nella
Gdo. Il latte nel comparto bio rappresenta l’87%; nei formaggi biologici, quelli a pasta dura bio sono il
57%.
Latte biologico: grande potenzialità in Emilia Romagna.
Convegno Cia e Anabio a Bologna
“Il settore è interessante ed in espansione, stiamo mettendo a punto un progetto di filiera cercando di
organizzare i produttori in collaborazione con partner cooperativi e non, coinvolgendo allevatori di
diverse zone del paese. Obiettivo? Dare valore aggiunto al prodotto e più opportunità a realtà aziendali
di piccole e medie dimensioni ”. Lo ha detto il presidente della Cia Emilia Romagna, Antonio Dosi, in
apertura del convegno “Il latte biologico italiano: analisi del contesto e indicazioni per la crescita”,
iniziativa promossa da Cia e Anabio (l’associazione degli allevatori biologici della Cia) a Bologna a cui
ha fatto seguito una tavola rotonda su quali strategie adottare per incrementare produzione e consumo
di ‘biolatte’.
Secondo i dati del Sinab (Sistema nazionale di informazione sull’agricoltura biologica del Ministero per
le Politiche agricole) il patrimonio nazionale dei bovini da latte bio raggiunge oggi circa le 45mila unità,
pari al 20% di tutto il bestiame bovino presente negli allevamenti biologici (285.000). Riguardo alla
produzione di latte, la stima elaborata da Ismea parla, per il 2014, di un quantitativo totale superiore ai
300 milioni di litri ( pari al 2.7% del totale del latte prodotto in Italia) per un valore alla produzione di
158milioni di euro ( pari al 3.5% della PPB nazionale, ovvero il valore della produzione ai prezzi di
base) con un premium price riconosciuto alla stalla del 28% superiore a quello destinato al latte
convenzionale. In Emilia Romagna sono 280 le aziende zootecniche biologiche con bovini è più di 50
miste, ovvero con bovini e suini.
“Un contesto di mercato che sottolinea una netta controtendenza rispetto alla situazione di grave
difficoltà in cui versa il settore lattiero caseario convenzionale – ha detto Federico Marchini, presidente
nazionale Anabio – rinforzata sul fronte dei consumi da una crescita, nel primo semestre 2015, della
spesa di oltre il 4%; cifra destinata a crescere visto il trend positivo degli acquisti anche nel secondo
semestre”. “Il comparto lattiero-caseario rappresenta la terza categoria bio dietro quella dell’ortofrutta e
dei derivati dei cereali, coprendo una quota pari al 10-11% del totale delle referenze biologiche. In
considerazione di queste dinamiche di mercato i costi di produzione del latte biologico richiedono un
attento monitoraggio al fine di determinare il livello di redditività degli allevamenti.
“Il limitato numero di aziende da latte certificate bio hanno in passato evidenziato risultati positivi a
condizione che si riesca ad organizzare un’efficace ed efficiente filiera – è stato detto – dalla
produzione degli alimenti per il bestiame alla vendita dei prodotti finali”.
“La conversione da convenzionale a biologico pone tuttavia alcuni problemi ed incognite – ha spiegato
Giacomo Pirlo del Crea, Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria – ovvero
un forte impegno per l’investimento iniziale, l’adeguamento del carico di bestiame secondo i limiti
imposti dal regolamento, la modifica radicale del piano colturale e la necessità di valorizzare il
prodotto”.
Gli allevatori hanno poi a che fare con i costi più alti per produrre latte biologico. “Negli ultimi anni però,
soprattutto con la crisi dei prezzi del settore lattiero caseario europeo ed italiano nel suo complesso
iniziata nel 2014, la domanda per i prodotti biologici ha continuato a crescere a ritmi che l’offerta non è
riuscita a coprire – ha spiegato Alberto Menghi del Crpa, Centro ricerche produzioni animali – e si è
generato un differenziale di prezzi tra latte biologico e convenzionale interessante nell’ordine del 50%.
Questo vantaggio di prezzo rende di nuovo appetibile per gli allevatori la possibilità di una conversione
dell’allevamento al metodo biologico”. Mediamente infatti, viene riconosciuto un prezzo del 28%
superiore a quello del latte convenzionale. “Abbiamo un biologico che ci pone tra le prime regioni in
Italia come produzioni biologiche – è intervenuta l assessore regionale all’Agricoltura Simona Caselli- e
la qualità del latte bio sottolinea la capacità di fare qualità nella nostra regione. Ricordo – ha detto infine
la Caselli- che il 30% delle risorse erogate dalla Regione attraverso il Psr, piano di sviluppo rurale, è
stato intercettato da imprese biologiche”.
I NUMERI DEL LATTE BIOLOGICO IN ITALIA
Yogurt e latte bio (fresco) in crescita nel 2015.
Da recenti indagini Sinab (Sistema nazionale di informazione sull’agricoltura biologica del Ministero per
le Politiche agricole) emerge che il patrimonio nazionale dei bovini da latte bio, raggiunge oggi circa le
45mila unità, pari al 20% di tutto il bestiame bovino presente negli allevamenti biologici. Riguardo alla
produzione di latte, la recente stima elaborata da Ismea parla, per il 2014, di un quantitativo totale
superiore ai 300 milioni di litri per un valore alla produzione di 158 milioni di euro, con un premium price
riconosciuto alla stalla del 28% superiore a quello destinato al latte convenzionale. I capi bovini biologici
in Italia sono più di 285000, di cui quelli da latte 45.000.
L’aumento dei consumi dei prodotti bio ei primi sei mesi del 2015 hanno registrato un +10,4% per lo
yogurt, +2,1% per formaggi e latticini e +0,7% per il latte fresco; solo il latte Uht, risulta il flessione del
4,4%. Nel mondo i consumi di latte bio sono aumentati del 6.5% in due anni. In Italia il consumo di di
prodotti lattiero caseario vale oltre 100 milioni di euro nella gdo. Il latte nel comparto bio rappresenta
l’87%. Nei formaggi biologici, quelli a pasta dura bio sono il 57%.
AGRA PRESS
"Il settore e' interessante ed in espansione, stiamo mettendo a punto un progetto di filiera cercando di
organizzare i produttori in collaborazione con partner cooperativi e non, coinvolgendo allevatori di
diverse zone del paese. obiettivo? dare valore aggiunto al prodotto e piu' opportunita' a realta' aziendali
di piccole e medie dimensioni", ha detto il presidente della Cia Emilia Romagna Antonio DosI, in
apertura del convegno "il latte biologico italiano: analisi del contesto e indicazioni per la crescita",
organizzato da Cia e Anabio (l'associazione degli allevatori biologici della cia) a cui ha fatto seguito una
tavola rotonda su quali strategie adottare per incrementare produzione e consumo di 'biolatte'. per il
latte bio si registra - ha detto Federico Marchini, presidente nazionale Anabio - "un contesto di mercato
in netta controtendenza rispetto alla situazione di grave difficolta' in cui versa il settore lattiero caseario
convenzionale, rinforzato sul fronte dei consumi da una crescita della spesa di oltre il 4% nel primo
semestre 2015,; cifra destinata ad aumentare visto il trend positivo degli acquisti anche nel secondo
semestre". "il comparto lattiero-caseario - ha specificato Marchini - rappresenta la terza categoria bio
dietro quella dell'ortofrutta e dei derivati dei cereali, coprendo una quota pari al 10-11% del totale delle
referenze biologiche. in considerazione di queste dinamiche di mercato i costi di produzione del latte
biologico richiedono un attento monitoraggio al fine di determinare il livello di redditivita' degli
allevamenti". Giacomo Pirlo del Crea, Consiglio per la icerca in agricoltura e l'analisi dell'economia
agraria, ha fatto presente che "la conversione da convenzionale a biologico pone tuttavia alcuni
problemi ed incognite". Alberto Menghi del Crpa, centro ricerche produzioni animali, ha spiegato che
tra latte biologico e convenzionale c'e' un differenziale di prezzi dell'ordine del 50%. "siamo tra le prime
regioni in italia come produzioni biologiche -ha affermato l'assessore regionale all'agricoltura simona
Caselli - e la qualita' del latte bio sottolinea la capacita' di fare qualita' nella nostra regione". "ricordo ha concluso Caselli- che il 30% delle risorse erogate dalla regione attraverso il psr, piano di sviluppo
rurale, e' stato intercettato da imprese biologiche".
Il latte biologico è sempre più ricercato
La crescente attenzione dei consumatori verso il latte biologico e i suoi derivati è di certo legata al
divieto di impiego, lungo tutta la filiera di produzione, di concimi chimici, pesticidi, antibiotici, ormoni e
promotori della crescita.
Il latte biologico è, perciò, ottenuto da bovini nutriti ed allevati secondo gli standard dell’agricoltura
biologica e nel rispetto della loro salute. Negli allevamenti biologici si preferisce, infatti, scegliere razze
autoctone, che ben si adattano alle condizioni ambientali locali e che mostrano una buona resistenza
alle malattie. Gli animali hanno libero accesso al pascolo, quando le condizioni esterne lo consentono e
la loro alimentazione è rigorosamente biologica, essendo composta di foraggio e mangimi di alta qualità
e OGM-free.
Tutto questo influisce positivamente sia sul benessere degli animali sia sulla qualità nutrizionale del
latte e dei prodotti derivati. Alcune ricerche scientifiche confermano che il latte biologico presenta livelli
elevati di vitamina E, di acidi grassi essenziali Omega 3, di antiossidanti e di altre sostanze nutritive
benefiche. Scegliere il latte biologico e i suoi derivati significa, dunque, tutelare la propria salute.
Il patrimonio nazionale dei bovini da latte biologico raggiunge circa le 45 mila unità, secondo i dati del
Sinab, pari al 20% di tutto il bestiame bovino presente negli allevamenti biologici (285 mila). Quanto alla
produzione di latte, la stima di Ismea parla, nell’ultimo anno, di un quantitativo superiore ai 300 milioni
di litri (pari al 2,7% del totale del latte prodotto in Italia) per un valore alla produzione di 158 milioni di
euro (pari al 3,5% della PPB nazionale, ovvero il valore della produzione ai prezzi di base) con un
“premium price” riconosciuto alla stalla del 28% superiore a quello destinato al latte convenzionale.
Questi i dati diffusi nel corso del convegno “Il latte biologico italiano: analisi del contesto e indicazioni
per la crescita”, l’iniziativa promossa da Cia e Anabio a Bologna.
“Il settore è interessante e in espansione -ha detto in apertura di lavori il presidente della Cia Emilia
Romagna e vicepresidente nazionale, Antonio Dosi-. Stiamo mettendo a punto un progetto di filiera
cercando di organizzare i produttori in collaborazione con partner cooperativi e non, coinvolgendo
allevatori di diverse zone del paese. Obiettivo? Dare valore aggiunto al prodotto e più opportunità a
realtà aziendali di piccole e medie dimensioni”. In Emilia Romagna, ha ricordato Dosi, sono 280 le
aziende zootecniche biologiche con bovini è più di 50 miste, ovvero con bovini e suini.
“Un contesto di mercato che sottolinea una netta controtendenza rispetto alla situazione di grave
difficoltà in cui versa il settore lattiero caseario convenzionale -ha evidenziato Federico Marchini,
presidente nazionale di Anabio- rinforzata sul fronte dei consumi da una crescita, nel primo semestre
2015, della spesa di oltre il 4%; cifra destinata a crescere visto il trend positivo degli acquisti anche nel
secondo semestre”. Il comparto lattiero-caseario “rappresenta la terza categoria bio dietro quella
dell’ortofrutta e dei derivati dei cereali -ha aggiunto- coprendo una quota pari al 10-11% del totale delle
referenze biologiche. In considerazione di queste dinamiche di mercato i costi di produzione del latte
biologico richiedono un attento monitoraggio al fine di determinare il livello di redditività degli
allevamenti.
Il limitato numero di aziende da latte certificate bio hanno in passato evidenziato risultati positivi a
condizione che si riesca a organizzare un’efficace ed efficiente filiera, dalla produzione degli alimenti
per il bestiame alla vendita dei prodotti finali. “La conversione da convenzionale a biologico pone
tuttavia alcuni problemi e incognite -ha spiegato Giacomo Pirlo del Crea, Consiglio per la ricerca in
agricoltura e l’analisi dell’economia agraria- ovvero un forte impegno per l’investimento iniziale,
l’adeguamento del carico di bestiame secondo i limiti imposti dal regolamento, la modifica radicale del
piano colturale e la necessità di valorizzare il prodotto”.
Gli allevatori hanno poi a che fare con i costi più alti per produrre latte biologico. “Negli ultimi anni però,
soprattutto con la crisi dei prezzi del settore lattiero caseario europeo ed italiano nel suo complesso
iniziata nel 2014, la domanda per i prodotti biologici ha continuato a crescere a ritmi che l’offerta non è
riuscita a coprire -ha spiegato Alberto Menghi del Crpa, Centro ricerche produzioni animali- e si è
generato un differenziale di prezzi tra latte biologico e convenzionale interessante nell’ordine del 50%.
Questo vantaggio di prezzo rende di nuovo appetibile per gli allevatori la possibilità di una conversione
dell’allevamento al metodo biologico”. Mediamente infatti, viene riconosciuto un prezzo del 28%
superiore a quello del latte convenzionale. “Abbiamo un biologico che ci pone tra le prime regioni in
Italia come produzione -è intervenuta l’assessore regionale all’Agricoltura Simona Caselli- e la qualità
del latte bio sottolinea la capacità di fare qualità nella nostra regione. Ricordo che il 30% delle risorse
erogate dalla Regione attraverso il Psr, piano di sviluppo rurale, è stato intercettato da imprese
biologiche”.
Ma come possono le imprese agricole rimanere sul mercato e svilupparsi? “Sono tre i filoni che la Cia
persegue: impresa, territorio e mercato, tre elementi che devono essere soddisfatti per consentire alle
imprese di resistere alla crisi ed essere pronte quando finalmente usciremo dal tunnel -ha sottolineato il
presidente nazionale della Cia Dino Scanavino. L’impresa ha la necessità di avere regole certe e
semplici, con poca burocrazia, inoltre a maggior ragione l’azienda biologica necessita di forti
connotazioni innovative perché l’approccio ‘arcaico’ al bio è finito -ha proseguito- e bisogna andare
avanti con l’innovazione”.
Scanavino ha ricordato che il ‘brand’ Italia è un marchio potente. “Con l’allarme lanciato dall’Oms sulla
carne rossa abbiamo assistito a un calo dei consumi di carne nei primi 20 giorni che hanno fatto seguito
alla notizia -ha evidenziato- ma al contrario la carne Made in Italy ha venduto un 10% in più. Questo
vuol dire che abbiamo un marchio che trasmette positività, compreso il biologico, che da un ulteriore
‘plus’ alle produzioni e a cui non possiamo rinunciare. Nelle produzioni lattiero-casearie abbiamo poi un
forte legame con il territorio che dà valore aggiunto, una ulteriore componente che promuove i nostri
prodotti”. Un territorio, ha proseguito il presidente nazionale della Cia, che “deve anche essere
inclusivo, in termini sociali. Ovvero dobbiamo essere attenti, nel rispetto dei lavoratori, dell’ambiente e
degli animali: è ciò che dobbiamo comunicare. Il welfare animale sarà infatti l’elemento distintivo delle
produzioni dei prossimi anni. Poi c’è il mercato: va perseguita una filiera contrattualizzata in modo tale ha concluso Scanavino- da redistribuire in modo equo il valore delle produzioni”.