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Il 1700
1700
Il principe Charles Maurice de Talleyrand-Perigord, noto come “lo stregone della diplomazia” e “il diavolo zoppo”, è famoso anche per avere pronunciato una frase che diventerà memorabile: “Chi non ha
vissuto prima della Rivoluzione Francese non può capire che cosa sia la dolcezza del vivere”. Certamente doveva essere dolce Torino agli inizi del 1700. Da qualche anno era finita la terribile guerra di
successione spagnola e i francesi, sconfitti nel settembre del 1706 da Vittorio Amedeo II e dal principe
Eugenio di Savoia, avevano lasciato Torino dopo il lungo assedio. Dopo il trattato di Utrecht del 1713, il
ducato di Savoia diventa un regno. Vittorio Amedeo si pone sul capo dapprima la corona di Sicilia, che
poi nel 1718 cambia con quella del regno di Sardegna.
Torino conta circa 45 mila abitanti ed è in pieno sviluppo urbanistico. Illustri architetti vengono chiamati a progettare piazze e palazzi, per dare alla città un aspetto degno della capitale di un regno. Nell’attuale piazza Carignano si affaccia già il barocco Palazzo Carignano, una delle grandi opere di Guarino
Guarini, che lo aveva progettato nel 1680. Di fronte esiste un edificio chiamato Trincotto Rosso, dove
si pratica il “trincot”, un gioco simile alla francese pallacorda, e dove talvolta si esibiscono compagnie
comiche di passaggio. Il principe Luigi Amedeo di Carignano trasforma il Trincotto in teatro con l’aggiunta di palchi: è il Teatro della Commedia, progenitore dell’odierno Teatro Carignano.
1711
Secondo alcuni storici, il 1711 è la data del primo “conto” conosciuto del “Cambio”, che però non si chiama ancora così. Riguarda una fornitura a Casa Savoia di “orzate, portugall, sorbetti, bisquits, tazze di
cioccolato, confiture secche, marroni e vino di Nizza”. Destinatario il signor Giacomo Peyrotti, proprietario verosimilmente di una bottega adiacente al teatro.
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1721
L’acquavitaro Giovanni Marco Benedetto ottiene in sublocazione la bottega che funziona come “buvette” interna al Teatro. La gestisce insieme alla moglie e a due garzoni, servendo gli ospiti delle rappresentazioni anche dentro la sala.
1752
Cominciano i lavori per la costruzione del nuovo Teatro, su disegno di Benedetto Alfieri.
1757
Nasce ufficialmente il “Cambio”: è il 5 ottobre quando un certo Giuseppe Ignazio Baldassare Vigna,
assistito dalla madre in quanto ancora minore d’età, ottiene il permesso di edificare, su disegno dell’architetto Antonio Bellino, l’edificio che sarà sede del caffè e poi ristorante Del Cambio. Ma perché viene
chiamato così? Gli storici si dividono nel dare le loro spiegazioni. Il “cambio” poteva essere quello dei
cavalli di posta dei viaggiatori, in transito da e verso Parigi, che a quanto pare sostavano in quella zona.
C’è chi afferma invece che il nome sia legato al fatto che nel locale si cambiasse la moneta, visto che
la piazza era il ritrovo della “gente d’affari e di commercio”. C’è di più: il caffè sarebbe stato addirittura
“la borsa dei negozianti”. Dina Rebaudengo, memorialista della vecchia Torino e autrice di un libro sul
locale uscito in occasione del restauro del 1973, ritiene che il nome derivi invece dal “Consolato de’
Cambj, Negozi ed Arti in Torino”, da cui dipendeva l’Università dei confettieri e distillatori d’acquavite.
1759
É l’anno del passaggio del celebre avventuriero e seduttore veneziano Giacomo Casanova, che cita
espressamente il “Cambio” nelle sue memorie. Naturalmente ci capita per un intrigo amoroso.
1767
Il proprietario del caffè risulta il caffettiere, acquavitaro e confettiere Lorenzo Gazzola, che probabilmente lo gestisce fin dalla fondazione di dieci anni prima. Alla morte, poi, gli succederà la moglie
Margarita.
1768
L’edificio che ospita il caffè passa di proprietà. Il prezzo di vendita è cinquantacinquemila lire. Il nuovo
proprietario - dei muri, non dell’esercizio - è il banchiere Giovanni Francesco Domenico Morello. Il caffè
è ancora limitato alle sale più antiche: quelle oggi d’ingresso e sul retro, a volta. L’attuale salone
Risorgimento è ancora soltanto un porticato aperto.
1786
Un incendio distrugge buona parte del Teatro Carignano, che viene subito ricostruito.
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Il 1800
1798–1814
A causa delle guerre in corso in Europa, il Piemonte viene occupato dai francesi di Napoleone Bonaparte. Torino diventa capoluogo del Dipartimento dell’Eridano. Dopo una breve parentesi di occupazione
russa fra il 1799 e i primi mesi 1800, Napoleone, vincendo la battaglia di Marengo, si riprende Torino e il
Piemonte fino al 1814, affidandone il controllo a Camillo Borghese e, soprattutto, a sua sorella Paolina
Bonaparte. Nei documenti e nelle guide di allora il “Cambio” – “Cambj” in piemontese – è citato come
Café du Change. In questo periodo, anche se non si sa esattamente quando, apre la Farmacia all’angolo
fra la piazza e l’attuale via Cesare Battisti.
1819–1831
Il proprietario del caffè, nel 1819, è Pietro Cavalchini. In città, intanto, sono tornati i Savoia. Sono anni di
lotte fra conservatori e fautori di un cambiamento del regno in senso costituzionale: la piazza è teatro
di moti e proteste popolari.
1831
Dopo la scomparsa di Carlo Felice, sale al trono Carlo Alberto, l’amletico sovrano che promuove comunque lo sviluppo del Piemonte e di Torino, riorganizzando l’economia e dando impulso all’istruzione.
Alla morte di Cavalchini, il caffè passa in mano a Pietro Cavallo, ultimo sindaco dell’Università dei distillatori e confettieri. Il nuovo gestore ha il merito di abbellire il locale, che sotto la sua guida diventa
anche ristorante.
1840
Il “Cambio” è fra i primi caffè, in città, a dotarsi dell’illuminazione a gas.
1842
Al termine di una lunghissima disputa legale, la famiglia Morello ottiene di poter chiudere, con una
struttura in legno e invetriate, la parte di portico antistante il caffè; i portici adiacenti, di pertinenza del
teatro, erano già stati chiusi negli anni precedenti. Nasce il “Salone” del “Cambio”, che diventerà luogo
d’incontro privilegiato dell’élite politica e culturale cittadina.
1848
È l’anno della “primavera dei popoli”. Il vecchio assetto politico europeo è sconvolto dalle rivoluzioni
democratiche. Ci si batte per l’indipendenza, la Costituzione, la libertà. Anche Torino è investita dalla
tempesta liberale, tanto che Carlo Alberto deve concedere lo Statuto e intraprendere, con esiti infausti,
la prima guerra d’indipendenza contro l’Austria.
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Palazzo Carignano diventa sede della Camera dei Deputati, Palazzo Madama del Senato. La città conta
adesso 130 mila abitanti.
1851-1860
Il signor Cavallo cede il caffè ai fratelli Michele e Giovanni Cornagliotto, che in seguito diventano anche
proprietari dei locali. Sono gli anni delle guerre d’indipendenza, in cui lo Stato sabaudo prende in mano
le sorti dell’Italia, fino all’unificazione. È il periodo in cui Camillo Benso, conte di Cavour, il regista, o
“Tessitore” da primo ministro, dell’Unità d’Italia, è frequentatore fisso del “Cambio”, che sulle testate
satiriche è chiamato “succursale” della Camera di Deputati, o anche “vice-Parlamento”. Il conto di un
pasto tipico del Conte, ossequiato al temine di ogni pranzo dal signor Cornagliotto, pare si aggiri intorno a una lira e 20 centesimi: vino, pane, polentina, costoletta, formaggio.
1861
Il 17 marzo il Parlamento sabaudo proclama la nascita del Regno d’Italia, consegnando la corona a
Vittorio Emanuele II. È il grande successo politico di Cavour, che morirà, a neanche cinquantun anni,
pochi mesi dopo.
1864
La capitale del regno viene trasferita da Torino a Firenze, tra tumulti di popolo e decine di morti in
piazza San Carlo: cittadini che protestano, uccisi a fucilare dai soldati. I giornali satirici, però, ironizzano sul trasloco dei deputati, immortalati mentre, andandosene a Firenze, si portano via anche suppellettili e mobili del Caffè del Cambio. Nelle guide dell’epoca si dice che il locale è molto frequentato
per il “déjeneur à la fourchette”, una sorta di antesignano del “brunch”, consumato in tarda mattinata
come seconda, e assai più corposa, colazione. A questa data esiste pure un collegamento diretto fra il
ristorante e il vicino teatro. Nel 1864, intanto, iniziano i lavori di costruzione della Mole Antonelliana.
1868
Nella piazza Carignano viene aperto un altro caffè: il Caffè del Mondo, che poi cambierà nome e
gestione fino a diventare, nel 1880, la Birreria Dreher. Nel 1928 i locali verranno occupati dalla Gelateria
Napoletana Pepino, nata nel 1890 in piazza Solferino, che vi si trova tutt’ora.
1875
La gestione del ristorante passa a Giuseppe Reale, promotore della ristrutturazione che dà al “Salone”
il suo volto attuale. Il pittore Roberto Bonelli esegue i dipinti delle “Quattro stagioni”, e la famosa caricatura di Cavour e di Costantino Nigra, diplomatico, uomo politico e letterato. Dai menù di quel tempo
si sa che una bottiglia di Bordeaux costa 4 lire, una di champagne 12, uno stufatino con patate 50
centesimi, un risotto 30 lire. Il personale, in quell’anno, è composto da 9 persone.
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1891
Avviene un nuovo passaggio di proprietà: Giacomo Bonotto, insieme ad alcuni soci che poi abbandonano l’impresa, prende le redini del locale, ormai entrato nella storia. Nel 1894 viene aperto il déhors,
delizioso “giardino” sulla piazza. Frequenti, sulla stampa di allora, le inserzioni che ricordano come il
“Cambio” resti aperto tutta la notte in occasione di rappresentazioni teatrali, feste e veglioni. Torino,
nel frattempo, persa la sua centralità politica, si sta convertendo in grande città industriale, soprattutto
in virtù dell’automobile. Nel 1898 nasce la FIAT, destinata a trasformarla nella “capitale dell’auto”.
Gli Agnelli saranno di casa nei locali di piazza Carignano.
Il 1900
1912
Bonotto cede il locale ad Amato Scavarda. Sono gli anni in cui Torino scopre la sua vocazione cinematografica, con la produzione dei primi kolossal come “Cabiria”. Il poeta Guido Gozzano, che si divide
fra il Caffè Baratti e il “Cambio”, paragona Torino a una piccola Parigi.
1933
Il locale passa a Luigi Cappellino, entrato al ristorante come cameriere dopo la prima guerra mondiale.
Nel 1947 Cappellino diventa anche proprietario dei muri, acquisiti dagli eredi Cornagliotto. La città,
negli anni del fascismo, cambia fisionomia; è il centro cittadino, in particolare, a essere investito dalla
riprogettazione architettonica in chiave razionalista. Ne è un esempio la nuova via Roma, con i suoi
monumentali portici. Al “Cambio”, adesso, oltre alla borghesia industriale e ai divi del cinema e del
teatro, si vedono i gerarchi del partito fascista.
1940–1945
Scoppia la guerra; l’Italia di Mussolini vi entrerà nel 1940. Gli aerei inglesi, e successivamente quelli
americani, bombardano a più riprese le nostre città. Torino è particolarmente colpita. Per fuggire al
pericolo si stima che circa 465 mila abitanti, sul totale di 600 mila, abbandonano le loro case. Dopo l’8
settembre 1943, comincia la Resistenza contro i nazifascisti. La città dà un contributo importante al
movimento partigiano. Nei giorni della Liberazione nel palazzo del “Cambio” si insedia un raggruppamento di Giustizia e Libertà.
1958
Michele Parandero eredita dalla vedova Cappellino locali ed esercizio del “Cambio”, dove era entrato
da cameriere vent’anni prima. Sono gli anni del boom economico e della grande immigrazione dal Sud
Italia, che il regista Gianni Amelio racconterà nel film “Così ridevano”, vincitore del Leone d’Oro al
Festival di Venezia alla fine degli anni Novanta; una delle sequenze più belle del film viene girata proprio
al “Cambio”.
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Accanto alla nuova élite economica, al ristorante di piazza Carignano resiste una componente aristocratica, raffinata e mondana. Tra questi giovani rampolli si distinguono gli habitué del saloncino al
primo piano del ristorante, poi caduto in disuso. Era il ritrovo di compagnie gaudenti come quella dei
“Mandrilli”, nata nell’ambito del nobilissimo Circolo del Whist.
1965
In una curiosa guida di Carla Perotti, “Torino-Come”, uscita nel 1965, del “Cambio” di Michele Parandero si scrive così: “Vi incontrerete i due duchi (di Bergamo e di Genova, ndr), molti nobili con figli nella
divisa del “Carlo Alberto”, industriali che chiamano al telefono Londra e Stoccolma, uomini politici che
viaggiano per inaugurare trafori, dighe, acquedotti”. Della cucina si celebra “la fonduta con i tartufi,
gli agnolotti alla piemontese, le bistecche di sanato alla valdostana”. Il vino è un tripudio di “Barolo,
Barbaresco e Grignolino”. Il maître, infine, conclude la Perotti, “vi indicherà il tavolo al quale pranzava
Cavour”. 1973
La società Publirosa, della storica azienda Cinzano, acquista il ristorante da Parandero, che resta però
proprietario dei locali. È l’anno dell’ultima, importante ristrutturazione prima di quella appena conclusa (che inizierà esattamente 40 dopo: il 1° aprile 2013). A condurre il restauro è chiamata la famosa
ditta francese Jansen, che li affida all’architetto Pierre Perrot. La conferenza stampa di presentazione
del locale rinnovato si tiene l’11 novembre 1973.
1995
La fama del ristorante si è ormai spinta fino agli estremi confini. A novembre una troupe giapponese
sbarca al “Cambio” per girare uno spot dedicato al tartufo, commissionato dall’azienda Ajinomoto.
Nello stesso anno, a dicembre, nei locali di piazza Carignano viene consegnato il premio Mario Pannunzio al noto giornalista Alberto Ronchey, che commenta: “Da 23 anni non entravo in questo saloni.
Quando ero a Torino venivo tutte le domeniche”.
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