I melograni di Jacques

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I melograni di Jacques
I melograni di Jacques
di Mauro Gurioli
Vedo la casa sulla collina, coi melograni intorno. I colori
dell’autunno e quell’aria strana (un presagio dell’inverno) che fa
correre un leggero brivido lungo la spina dorsale. Il fuoco del
tramonto, laggiù, all’orizzonte, e la luce che lentamente
abbandona la terra. Fuori, il silenzio e le foglie umide, i funghi
spuntati dopo l’ultima pioggia. Dentro, il camino crepitante e le
braci accese. E il buon Jacques con la sigaretta in bocca, di
fronte alla fiamma cordiale di ogni sera. Sul tavolo di quercia, di
fianco a una ciotola piena di melagrane, un foglio:
Signor Netturbino,
troverà questo biglietto sul cancello il giorno della mia
partenza. Grazie per la gentilezza che ha avuto in questi anni…
Avrà mie notizie dalla mia anziana zia, che presto verrà ad
abitare qui. Con riconoscenza e affetto. Jacques.
Ps: come mio ricordo le lascio questa poesia…
Il melograno
Grazie
per avermi amata
dalle radici
alle foglie avvizzite:
quando calasti
la scure
sul mio tronco
ero già troppo viva
per sentire dolore
Ho letto questo biglietto un giovedì mattina. Un vero poeta,
il buon Jacques. Saggio, ma anche stravagante. Non mi stupì il
fatto che fosse sparito da un giorno all’altro: era nel suo stile.
Parlavamo spesso di come le cose possano cambiare in un
attimo, irreversibilmente. Diceva che con la mia sensibilità non
avrei dovuto fare il netturbino, ma il filosofo. Povero pazzo…
Ha lasciato il giardino perfettamente in ordine, a parte qualche
cumulo di terra vicino ai melograni. Materiale di scarto delle
talpe, forse.
Durante la pausa pranzo quel giovedì ho chiamato Michelle.
Stiamo insieme da ottobre. Era sconvolta.
“Michelle, calmati, cos’è successo?”
“Non ce la faccio a parlarne al telefono”
“Ok arrivo”
Ho preso un permesso e sono volato da lei. Era a letto.
Pallida e con lo sguardo vuoto.
“Non ho avuto nemmeno la forza di chiamarti”
“Michelle, mi vuoi dire che diavolo è successo?”
Si è messa a sedere e ha cominciato a raccontare.
“E’ stato ieri sera: vado al cinema con Denise, ci salutiamo e
torno da sola al parcheggio, quello vicino al parco. Arrivo alla
macchina, tiro fuori le chiavi e…”
“E?”
“E mi accorgo che di fianco al posto di guida c’è qualcuno!”
“Cosa?”
“Sì, hai capito bene. Allora penso: ho sbagliato macchina.
Guardo la targa: era proprio la mia”
“Oh, Michelle…”
“E in quel momento tlak, lo sportello si apre. Io paralizzata.
Poi sento questa voce: signorina, mi scusi, mi sono persa… era
una vecchietta”
“Una vecchietta?”
“Già. Gobba, con un cappello col velo e un vestito rosa di
pizzo. E mi dice: scusi se sono entrata, ma non sapevo dove
andare ed ero tanto stanca”
“Ma tu avevi lasciato la macchina aperta?”
“No! Fammi parlare. Insomma questa mi chiede se posso
accompagnarla a casa e io d’istinto dico va bene. Mi siedo al
posto di guida, e allora…”
E’ scoppiata a piangere, ma si è ricomposta in fretta,
lisciandosi i capelli con dei movimenti rapidi.
“E allora mi abbasso per sistemare l’autoradio e vedo che dal
pizzo della manica escono dei ciuffi di peli neri. Neri più dei
tuoi!”
“Cosa?”
“Metto in moto, senza sapere quello che faccio. Esco dal
parcheggio e Dio mi manda due fari gialli sulla corsia opposta.
Mi ci butto addosso a tutto gas. Un frontale con un taxi”
“E la vecchia?”
“E’ corsa via subito, e ha pure perso la gobba”
“Michelle, ma è pazzesco. Chi diavolo può…”
“Sono andata subito alla polizia. La macchina era stata
scassinata. Nel baule hanno trovato una scure e dei sacchetti del
pattume, come quelli che distribuisci tu. In questa zona sono
scomparse una decina di donne. Di loro hanno trovato soltanto
pezzi di braccia o di gambe, chiusi dentro i tuoi maledetti
sacchetti!”
Per una settimana non sono riuscito a lavorare. Allora ho
deciso di andare dal buon Jacques a tirare fuori la mia sensibilità
da filosofo, ma poi mi sono ricordato che era partito.
Sono passato lo stesso alla casa dei melograni. Ero curioso di
conoscere la zia del mio vecchio amico…
In giardino c’era una vecchietta.
Gobba.
Con un abito rosa di pizzo.
“Buongiorno signor netturbino, sono la zia di Jacques. Mi ha
parlato così bene di lei…”
“D…davvero?”
“Ma certo! Si accomodi, assaggi una melagrana: Jacques
conosce certi trucchetti per farle crescere più saporite…”
“Mi dispiace, devo scappare.”
Sono volato alla polizia. Hanno arrestato il buon Jacques
dopo qualche ora, spogliandolo del suo abito rosa di pizzo e
della sua gobba posticcia.
Pochi giorni fa hanno cominciato a scavare nel giardino, in
prossimità dei melograni. Hanno trovato vari busti di donna
semidecomposti. Vicino ad ognuno c’era un biglietto, dove a
fatica si leggeva…
Il melograno
Grazie
per avermi amata
dalle radici
alle foglie avvizzite:
quando calasti
la scure
sul mio tronco
ero già troppo viva
per sentire dolore