Il giudice condanna l`Inail - Istituto Zooprofilattico Sperimentale della

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Il giudice condanna l`Inail - Istituto Zooprofilattico Sperimentale della
L’UNIONE SARDA
martedì 29 gennaio 2013 - www.unionesarda.it
OGLIASTRA
REDAZIONE: Lanusei
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Lanusei. Antonio Boi, escavatorista di Jerzu, restò incastrato sotto il mezzo Tortolì. Era taroccato
LANUSEI
Latte infetto:
controlli
nei depositi
di mangime
«La partita di latte contaminata da aflatossina,
conferita nello stabilimento caseario Silvio
Boi di Cardedu, è stata
neutralizzata». Recita
così la nota stampa diffusa ieri pomeriggio dalla Asl di Lanusei con la
quale viene proclamato
lo scampato pericolo e
annunciata un’indagine
capillare per individuare il responsabile. «Le
analisi verranno estese
agli allevamenti dei conferitori e alle partite di
mangime, veicolo della
aflatossina N1».
L’aflatossina, (una sostanza cancerogena)
viene sprigionata nel
latte degli animali che
hanno ingerito mangime avariato e contaminato da muffe. Per ora è
stata
individuata
l’azienda agricola che
ha venduto il latte infetto al caseificio Boi, ma
non basta. I tecnici del
servizio veterinario della Asl lavorano per scoprire al più presto le
cause del fenomeno e
capire se sia stato il pastore a conservare male
i sacchi di foraggio e favorire così la presenza
delle muffe o se il problema sia da ricercare
nei magazzini del rivenditore di mangime.
A Cardedu, intanto, si
fa di tutto per tornare
alla normalità e garantire prodotti certificati da
rimettere subito in commercio. «Siamo noi i primi consumatori e vogliamo che i prodotti
siano sani e certificati
come sempre. Stiamo
eseguendo decine di
analisi a nostre spese
per assicurare il ritorno
alla normalità», Mauro
Boi è uno dei titolari del
caseificio. «Sappiamo
chi ha portato quel latte
nella nostra azienda,
non voglio accusare
nessuno, ma sia chiaro
che non accadrà mai
più. Tutti i prodotti a rischio sono stati bloccati.
La nostra è un’azienda
seria che lavora e dà lavoro. Mi auguro solo che
si risolva tutto al più
presto».
M. C.
Centomila euro
al Gratta e vinci:
L’invalidità negata viene riconosciuta in tribunale tagliando falso
Il giudice condanna l’Inail
L’incidente del 5 novembre del 2006 avvenne durante il turno di lavoro.
All’operaio è stata riconosciuta un’invalidità del 20
per cento e il pagamento
di tutti gli arretrati.
L’invalidità negata dall’Inail è
stata riconosciuta dal giudice:
Antonio Boi, escavatorista sessantacinquenne di Jerzu, avrà
la pensione e tutti gli arretrati
che gli erano sempre stati negati.
La sentenza del giudice del
tribunale di Lanusei, Nicola Caschili, è arrivata al termine di
una causa giudiziaria durata
oltre cinque anni, durante la
quale gli avvocati Maurizio
Corda e Gemma Demuro, sono
riusciti a dimostrare che l’infortunio del 5 novembre di sei
anni fa era avvenuto durante
l’orario di lavoro e non, come
sostenuto dall’Istituto nazionale, mentre la vittima stava sistemando la porcilaia sul retro
della sua casa in paese.
L’uomo era stato costretto a
letto per trecento giorni a causa delle gravi ferite riportate alla gamba sinistra, rimasta
schiacciata sotto il cingolato.
L’INCIDENTE. Quella mattina
d’autunno, Antonio Boi era al
lavoro nelle campagne di Jerzu, in località S’Urgidda: stava
Il tribunale di Lanusei
arando il terreno di un suo
compaesano, Salvatore Corda.
All’improvviso, mentre si trovava a monte della proprietà
sul ciglio di un’altura, forse a
causa di un guasto meccanico,
l’escavatore è precipitato a val-
le. Antonio Boi è andato giù
con il suo mezzo, un volo di più
di quattro metri che si è concluso sul pavimento di cemento del cortile sottostante: la
gamba sinistra dell’escavatorista è rimasta incastrata sotto il
mezzo pesante.
Sul posto era intervenuto il
personale del 118 che aveva
accompagnato l’operaio all’ospedale San Francesco di
Nuoro dove i dottori avevano
diagnosticato fratture al bacino, alla gamba sinistra e a una
costola, oltre a un forte trauma
cranico.
PRATICA BOCCIATA. Al rientro a
casa, Antonio Boi avviò le pratiche per ottenere dall’Istituto
nazionale per gli infortuni sul
lavoro la pensione d’invalidità.
A corredo della sua istanza,
una cartella clinica zeppa di
certificati e prescrizioni mediche. Niente da fare. La sua richiesta venne bocciata perché
il terreno che stava arando la
mattina del 5 novembre del
2006, secondo i funzionari dell’Inail, era di sua proprietà. Il
giudice del tribunale di Lanusei, però, ha creduto alla versione dell’operaio. A fare da
super testimone è stato proprio
il datore di lavoro Salvatore
Corda che ha assicurato in aula di aver commissionato l’incarico all’escavatorista e di
aver sottoscritto un regolare
contratto.
Ad Antonio Boi è stata così
riconosciuta un’invalidità del
venti per cento. Ora l’Inail dovrà corrispondergli un’indennità mensile, alla quale verranno sommati tutti gli arretrati.
Le motivazioni verranno depositate tra sessanta giorni.
Mariella Careddu
Arzana. Il sindaco frena: «L’istituto porta il nome di monsignor Virgilio»
Una scuola per Susanna
L’appello per dedicare l’asilo alla mamma scomparsa
La nuova scuola dell’infanzia intitolata a Susanna Figus. È questo il desiderio dei
cittadini di Arzana, amici,
colleghi e parenti della giovane mamma scomparsa
tragicamente
mercoledì
scorso in un incidente stradale sull’Orientale sarda,
mentre si recava a lavoro
nella scuola materna di Villasimius.
Sono trascorsi solo sei
giorni dall’apertura della
pagina Facebook “Susanna,
è così che ti ricorderemo”,
ma si contano già mille e
settecento sostenitori. Tra le
centinaia di commenti, parole di stima e affetto, anche
l’appello con il quale si chie-
de di dare il suo nome alla
scuola del paese. «Vorrei
lanciare una petizione con
richiesta di adesioni tramite
questa pagina perché a Susanna venga intitolata una
scuola» scrive Maria Elena
Rosu. La morte della donna,
insegnante di trentacinque
anni, sposata e madre di
due bambini, ha sconvolto
tutti, anche chi non la conosceva.
Le motivazioni di questo
desiderio sono diverse.
«Amava molto i bimbi della
scuola in cui insegnava per
lei era anche una missione:
tutti i giorni percorreva centinaia di chilometri per andare a lavoro per poi torna-
re a casa dai due figli e dal
marito». Per aderire alla petizione è necessario cliccare
sulla voce mi piace, lo hanno già fatto più di quattrocento persone.
«Ricordare chi non c’è più
fa sempre bene», dice Marco Melis, sindaco di Arzana.
«Purtroppo non è possibile
intitolarle la scuola materna
perché l’edificio è già stato
dedicato al monsignore
Emanuele Virgilio. Non sarebbe corretto - prosegue il
primo cittadino - sostituirlo.
Ma abbiamo altre strutture
importanti senza un nome e
rifletteremo sull’idea di dedicarne uno a Susanna».
Giovanna Falchetto
Susanna Figus
Un Gratta e vinci
Zio Paperone per qualche ora. Fin quando
l’illusione di diventare milionario non è
stata spezzata da una inappellabile sentenza del terminale: quel Gratta e vinci (serie miliardario da 5 euro) non era vincente per il sistema della Lottomatica ma solo
perfettamente modificato. Ignaro che il biglietto fosse un tarocco, un uomo di mezza età ha visto sfumare la possibilità di portare a casa la lauta somma di centomila
euro.
IL FATTO. Si è recato di buon’ora, ieri mattina, nel tabacchino-ricevitoria La Perla, in
via Umberto. Gratta e vinci in mano, sguardo disteso quasi a voler allontanare qualsiasi sospetto dagli occhi degli altri clienti.
L’uomo, che secondo indiscrezioni vive in
un paese del circondario, sa di avere con sé
il tagliando che gli cambierà la vita. Si presenta davanti al banco per mostrarlo alla
commessa, che effettua un primo controllo sommario. Stessa impressione del fantomatico vincitore: sotto il numero 34 c’è indicata la somma di 100 mila euro. Per avere la certezza occorre verificare la serie sul
terminale, ma per questa operazione bisogna attendere l’arrivo della titolare. L’uomo
s’infila il Gratta e vinci in tasca e si allontana. Qualche ora dopo, si presenta di nuovo nella ricevitoria. Attende il test decisivo.
Il tempo di far leggere alla lente ottica del
computer la stringa del biglietto e il suo
status di milionario si sbriciola. Incredulo,
va via a capo chino. Il tagliando della serie
Miliardario lo aveva trovato chissà dove,
forse per strada o forse sul bancone di una
ricevitoria. A primo sguardo le modifiche
artigianali sulla patina dorata erano praticamente impercettibili.
TEATRO DELLE VITTORIE. Dall’inizio dell’anno in città la dea bendata gioca a nascondino. Finora nessuna vittoria sensazionale, solo qualche colpetto da cinquecento euro. Tuttavia la tabaccheria La Perla non è
nuova a vincite super: il 31 dicembre un
uomo di Tortolì aveva vinto diecimila euro
sempre con un Miliardario da cinque. Pochi giorni prima, all’edicola dei fratelli Muceli in viale Arbatax, la fortuna aveva baciato una disoccupata quarantenne con altri diecimila euro. (ro. se.)
Arzana. Arnaldo Spacocci rintraccia la ricamatrice centenaria conosciuta dal padre
Zia Cicita e la coperta senza tempo
Zia Cicita Manca,
la centenaria di
Arzana, mentre
ricama nella sua
casa e Arnaldo
Spacocci, l’ex
forestale di
Arezzo, con la
divisa
dell’associazione
nazionale ranger
d’Italia [ETTORE LOI]
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Durante il Ventennio numerosi manipoli della milizia nazionale forestale vennero spediti in Ogliastra.
Missione sulla carta proibitiva: sorvegliare i terreni devastati dagli incendi dalle mire di greggi affamate
e pastori riottosi. Nel 1933, undicesimo dell’era fascista, Rodolfo Spacocci, toscano di Arezzo, divenne il
capo del reparto di Villagrande, stazione con giurisdizione da Arzana a
Corr’e Boi. Terra di fiere e banditi,
pecore e pastori. In egual misura
poveri e dignitosi. Ai piedi del monte Idolo Spacocci conobbe una graziosa fanciulla di nome Francesca,
abilissima ricamatrice, e le commissionò una coperta. Il primo filo
di questa trama.
Zia Cicita Manca avrebbe custodito per ottant’anni il ricordo di quell’incontro. Il forestale strangiu venuto a casa sua, sposato a Mamoiada con una certa Gonaria. Coper-
te ne avrebbe fatto tantissime, nei
suoi centoun anni ricamati a mano. Ma la prima non si dimentica.
«Aveva un cervo in ogni angolo e
un grande angelo al centro. Sicuramente esiste ancora, era fatta bene». Parole sante.
Qualche giorno prima di Natale,
ad Arezzo, il signor Arnaldo Spacocci, ex forestale in pensione, riceve una telefonata dalla Sardegna.
«Sull’Unione Sarda c’è un articolo
in cui si parla di tuo padre, dice di
una certa coperta».
Arnaldo salta dalla seggiola.
Quella coperta esiste ancora, ha tenuto al caldo prima lui e poi i suoi
figli.
Ottant’anni suonati e perfettamente accordati, sardo di conio,
(nativo di Mamoiada), toscano di
lingua. Vive oltremare da qualche
anno, dopo una vita nell’isola, forestale come il padre. Anche lui a
sorvegliare pascoli e e innamorarsi di tutto.
«Quando ho letto la storia di Zia
Cicita sono stato travolto dai ricordi. Un’emozione fortissima, la voglia disperata di voler ricostruire la
storia. Cosa ho fatto? Ho chiamato
il parroco di Villagrande, don Serrau, che mi ha dato il numero di
quello di Arzana. Don Pirarba mi
ha messo in contatto con la Pro loco e loro con la famiglia di zia Cicita, centouno anni. Dovevo dire a
quella famiglia che in casa avevamo ancora la coperta».
I fili si intrecciano per la seconda
volta. Spacocci non perde tempo e
subito invia a Barigau una pergamena con alcune rime vergate di
suo pugno. Versi dedicati al paese a
cui è legato: Arzana, dove il cielo è
sempre azzurro, la terra sempre
ospitale, dove in ogni casa ci si disseta, dove ogni donna ha pazienza
e benedice il figlio. «Questa l’ho
scritta perché sono tutti un po’ banditi..», ridacchia Spacocci. Per la ricamatrice Francesca ha parole
commosse: Come pianta sempre
verde che abbarbicata in profondo
terreno rimane salda e ancorata in
attesa del nuovo giorno.
La Pro loco Siccaderba, guidata
da Raffaele Sestu, ha invitato Spacocci a trascorrere qualche giorno
in paese, per rincorrere (coperta alla mano) i ricordi e ricucire i sentieri. Per scoprire come i centenari
siano diventati l’orgoglio del paese,
il passato e il futuro. L’ex forestale
è dubbioso, un po’ per l’età, un po’
per il viaggio, un po’ per la preoccupazione di figli e i nipoti.
Ma lascia intendere che alla fine
dell’inverno passerà di nuovo il mare, per ritrovare la sua isola calda
come una coperta.
Simone Loi