SULLA DEFINIZIONE DEL MICENEO COME DIALETTO

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SULLA DEFINIZIONE DEL MICENEO COME DIALETTO
SULLA DEFINIZIONE DEL MICENEO COME DIALETTO GRECO
di
CARLO GALLAVOTTI
Il dialetto miceneo non è comparabile direttamente con gli idiomi greci
dell'VIII-IV secolo a. C., perché questi ne restano separati da un troppo
lungo intervallo di tempo. Gli avvenimenti capitali che si svolsero nel mondo
greco fra il XII e l'VIII secolo, le mistioni di genti, le trasmigrazioni, i
rivolgimenti politici, in un'età di contrazione culturale e di trasformazione
sociale, produssero mutamenti profondi anche nei linguaggi delle diverse
zone, e mistioni e divergenze e convergenze molteplici.
La sostanziale unità di una gran parte del mondo miceneo è dimostrata,
fra l'altro, dalla concordanza che intercorre fra Pilo e Crrosso nei documenti
scritti. Nell'età successiva, in quel periodo di contrazione e di eversione che
è il medio evo ellenico, quando · tale unità si dissolve, e il nuovo mondo dei
Greci sta per sorgere, noi possiamo intravvedere i fattori di molte trasformazioni, così sociali come linguistiche; a quell'età di mezzo sarà quindi attribuito anche l'assestamento linguistico, per cui si definirono e si determinarono
i caratteri dialettali della grecità nei diversi cantoni del territorio. I modi di
tale assestamento ci restano, purtroppo, oscuri.
Se si vuole stabilire un confronto fra il miceneo e i dialetti greci dell'età classica, bisogna accontentarsi di una definizione sommaria; né si deve
basarla unicamente sui dati fonetici o morfologici, sibbene occorre fondarla
specialmente su una prospettiva di tatti storici. Questi fatti a cui alludo sono
due principalmente:
1) la sommaria ma essenziale tripartizione originaria della stirpe greca;
2) la notizia sulla remota concentrazione e stabilità degli Ioni nella
regione dell'Attioa, e d'altro canto le notizie sulle successive trasmigrazioni
di Eoli dalla Tessaglia attraverso la Grecia centrale fino al Peloponneso.
È in questa prospettiva che acquista significato la mia definizione del
miceneo come dialetto e o l i c o: e intendo proto-eolico ai primordi, cioè
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agli inizi della differenziazione dell'eolico dalla restante grecità, che in prosieguo di tempo ci appare suddivisa in dorico e ionico.
I Greci distinguevano tre stirpi di genti greche con tre distinti dialetti: Ioni, Dori ed Eoli. È una divisione sommaria, che noi ripetiamo, >anche
se siamo in grado, come già facevano gli antichi, di riconoscere all'interno
di ciascuno di questi gruppi più precise ripartizioni linguistiche nel periodo
aroaico della grecità, fino all'avvento della koiné. Già gli antichi distinguevano attico e ionico, e all'interno del ionico un contemporaneo riusciva a
riconoscere alcune varietà idiomatiche (quattro parlate nel ionico d'Asia secondo Erodoto I 142). Acoanto al dorico propriamente detto si possono considerare le parlate del nord-ovest. Oltre al ionico e all'eolico, che è diverso
nel fondo linguistico della Tessaglia, della Beozia, e a Lesbo, è invalso il
criterio di riconoscere all'arcado-ciprio una propria fisionomia separatamente,
e magari anche al panfilico.
Ma la suddetta tripartizione dei dialetti greci, per quanto sommaria,
poggia la sua validità sopra questa base: le tre stirpi di gente greca. È una
base storica, non mitologica e leggendaria. Il racconto non è stato modellato,
in questo caso, sopra la pura fantasia di un mito; ma il mito qui è nato dalla
storia, e la rispecchia. Per il nostro argomento importa ,appunto di rilevare
che quel racconto delle tre genti greche non deriva, o non deriva soltanto,
dall'osservazione delle divergenze linguistiche, ma dalla storia stessa, cioè
dalle memorie 'antiche riguardanti costumi, credenze, insediamenti e trasmigrazioni di differenti gruppi etnici in età remota.
Erodoto per esempio sa che gli Orneati della Cinuria nel Peloponneso
sono antichi Ioni, anche se parlano dorico (VIII 73). E sa che gli Attici in
massima parte sono Pelasgi, anche se impararono a parlare ionico da tempi
remoti. Sono Ioni, secondo Erodoto {I 147), tutti quelli che celebrano le
feste Apaturie: come si vede, la sua definizione di una stirpe non obbedisce
a un concetto razziale né linguistico, sibbene culturale.
La distinzione fra attico e ionico fu stabilita da logografi e da grammatici in base all'osservazione linguistica; ma i due dialetti in età classica sono
talmente dissimili fra loro, che certo sarebbe sfuggita agli antichi la loro
monogenesi, e sarebbe stato creato accanto a Ione per gli Ioni un altro eponimo per gli Attici, se il racconto delle stirpi greche fosse nato dai gramma.
tici, e non dal ricordo e dalla considerazione di eventi storici.
Gli storici antichi non conoscono altra 'invasione' di Greci in territorio
greco se non quella dei Dori, verso il 1200. Non ne conoscono per l'età
antecedente, e per 'il semplice fatto - dobbiamo arguire - che non ci furono altre 'invasioni', sibbene lente infiltrazioni e rapide conquiste sporadiche. Il loro racconto è limpido e coerente. Quelli che poi si chiamarono
Dori, rimasero stanziati ad ovest del Pindo fino al termine della guerra
troiana. Ad Atene si era insediato il manipolo dei futuri Ioni: acquistò la
supremazia sui Pelasgi dell'Attica, che poi cambiarono la propria lingua e
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Carlo Gallavotti
adottarono quella greca. Gli Eoli, dalla Tessaglia, lungo la catena del Pindo,
erano scesi fino al Peloponneso in piccoli manipoli, lasciando i Dori ad ovest
e gli Ioni ad est nell' Attica inviolata. Quindi gli Eoli sono i Micenei, sono
gli Achei di Omero.
Questo è sommariamente il quadro della storia greca nel secondo millennio che ci presentano Erodoto e Tuddide. Rinunziare ad esso significa
rinunziare a tutto, oppure pretendere di sostituire a questo sunto storico
(seppure minimo) una fantasia personale come base ipotetica di ogni nostra
ricostruzione storica e linguistica.
La nostra indagine ,ess.enziaJ.e sui documenti scritti dell'età micenea dovrà
consistere nel verificare, sotto l'aspetto linguistico, la validità di quella narrazione storica che gli autori antichi ci hanno trasmessa. La prima conferma
della sostanziale esattezza di una parte di quel racconto è parsa evidente: i
Dori sono assenti dal mondo miceneo, ossia i testi micenei non presentano
caratteristiche del dialetto dorico, quale è per noi documentato nell'età classica (per es. tcxp6c;); invece rivelano almeno una innovazione dialettale (assibilazione di -ti-), a cui il dorico si sottrasse.
La sucoessiva q~t1one, da un punto di vista unicamente linguistico, è
parsa quella di stabilire se il miceneo è « ionico » oppure « eolico », o magari
« arcadico », o un miscuglio di tutti. Ma in questo modo il problema non è
posto bene, perché non abbiamo documenti linguistid deH' Arcaclia o dell'Attica di età micenea, né possiamo sapere a p1'iori se già esistessero o fossero rilevanti le differenziazioni dialettali fra Ioni ed Eoli, fra i Greci Pelasgi dell'Attica e gli Achei del Peloponneso o di Creta.
Le premesse che abbiamo esposte, e il quadro storico che abbiamo accennato sulla fede degli autori antichi, ci suggeriscono piuttosto di porre la
quistione in questi termini precisi: le iscrizioni di Pilo, di Micene e di Cnosso
nel secondo millennio ci rivelano caratteri che sono propri del dialetto eolico
nell'età classica? E si possono individuare un sostrato o un parastrato ionici,
che abbiano influito su quella lingua ufficiale che i testi micenei del Peloponneso o di Creta ci documentano?
L'indagine che fu da me intrapresa secondo questa linea di ricerca, per
giungere a definire il miceneo come « eolico », partiva certamente da motivi
fonetici e morfologici, ma anche lessicali l, e si spingeva altresi fin dal prin.
cipio a cogliere eventuali concomitanze fra Pilo micenea e Lesbo classica
l Già nelle dispense del mio corso universitario del 1955-56 (Documenti e struttura
del greco nell'età micenea, passim); e più volte ho accennato in seguito a questo argomento. Ricordo in particolare: La triade lesbia in un testo miceneo (Riv. Fil. Class. 1956,
255-236); Il carattere eolico del greco miceneo (ibid. 1958, 113-133); Le nom du cheval
et les labiovélaires en mycénien (Athenaeum 1958, 369-382); Il nome della testa etc.
(Riv. Fil. Clas. 1962, 135-149); Sulla protostoria greca di Sicilia etc. (Kokalos 1964-65,
451-464); Quelques remarques de morphologie (Proc. Cambr. Collo 1966, 180-189).
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nell'àmbito della religione, fra Pilo e Rodi in campo sociale. È un panorama
complessivo che bisogna considerare, e in esso la componente linguistica è
soltanto uno degli elementi che definiscono il quadro generale dell'argomento.
Qui mi limiterò ad elencare br,evemente alcuni dati di fonetica e di morfologia, allo scopo di chiarire in quale modo io penso che si debba ragionare
sugli elementi documentari, e in quale senso credo che si possa parlare di
'eolico' a proposito del miceneo 2.
Come si vedrà, io non parlo affatto di un proto-eolico preesistente (che
si vada magari deterior.ando e mischiando con lo ionico), sibbene di un protoeolico che si è formato e si viene formando durante l'età micenea, con alcuni
caratteri che persisteranno nell'eolico classico (per es. O'' tu!J.cx, per O'''to!J.cx,)
e con altri caratteri che invece appaiono episodici (per es. armota per
èip!J.cx,"tcx,)e che sono destinati a regredire anche in eolico per il sensibile
influsso degli astrati greci, sia dorico sia ionico-attico, nei secoli successivi
(per es. la tendenza labializzante nell'àmbito delle labiovelari). Non parlo
quindi, ad esempio, dello sviluppo delle sonanti liquide e nasali nel timbro
-0- invece che -a-, sibbene della tendenza proto-eolica verso la pronunzia cupa
a>o in determinate circostanze, perché ritengo che lo sviluppo greco di tali
sonanti (nel timbro a) sia da ascrivere ad età premicenea.
Una graduazione di questo genere nelle nostre analisi è assolutamente
necessaria per le ragioni dette a principio, perché l'esame non può essere
fatto se non in una prospettiva panoramica che abbraccia diversi secoli, e
perché non è possibile operare con il sistema della grammatica sincronica
quando si voglia raffrontare il miceneo con uno qualunque dei dialetti greci
dell'età classica.
Tralasciando alcuni argomenti importanti che richiederebbero un troppo
lungo discorso (come la dinamicità articolatoria del digamma, la resistenza
delle labiovelari, la coniugazione tematica e atematica) mi limito ai seguenti
dati per uno scopo esemplificativo.
1) Tendenza al timbro cupo delle vocali:
a> o in arepazoo / arepozoo
*&.À.ELq>cx,SOOC; (!J.vpE~6c;), forse pema / pemo
( O'1tÉp!J.cx, ) ;
euruqota (Eùpv~h'l1c;), wi;oqota ('Io~&."t'l1c;?), etc.;
anowoto &.voucx,"toc;, forse owowe da *ous1J-went- (quindi *ousa- >
=
=
2 Valutazioni differenti dei dati linguistici si leggono nei noti manuali di E. Vilborg
e di Thumb-Scherer2 • Ultimamente si vedano lo studio di W . C. Cowgill, Ancient Greek
Dialectology in the Light 01 Mycenaean, in «Ancient Indo-European Dialects» (1966)
pp. 77-95, e quello di E. Risch in « Proceedings Cambridge Colloquium» (1965) pp. 150157. (Si aggiungano ora i rapporti di M. Lejeune e di O. Szemerényi nel volume preparatorio del Primo Congresso Internazionale di Micenologia, « Atti e Memorie », 1967,
parte I, pp. 233-238 e 527-537, inoltre quello di M. Durante, ibid., II, pp. 51-59).
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contro *WE~ç, di contro a ep. oùa't"6E~ç da *oa't"a > oua't"a
con ampliamento dentale e allungamento metrico);
amo, amote, amota, amosi per &p(..La, &p(..La't"E, &p(..La't"a, &p(..La<T~ (di contro
ad arepate, ekamate, ekamapi; karaapi da *kras-1J-phi di contro a -karaore
da * kras-!- ) ;
forse kowo (xwaç) se non è da un neutro *ko[s]wos, plur. xWEa;
ono-karaore, seremo-karaore, con karaor- 'testa' come homo l1't"op (di
contro a xap1jap, l11tap, etc.), e aggiungerei amorama inteso per l1(..Lap
l1(..Lap (cfr. kypr. &(..La't"~ &(..La't"~ e myc. wetei wetei);
. forse eropaketa eropakeu rispetto ad erapo erapija (da E)...a<poç);
to (r) peza per 't"pa1tEsa, qetoro- aeoI. 1tE't"pO- per 'tÉ't"pa-, come anche enewo
per ÉwÉa, e forse dekoto (oÉxa'toç?);
paro per 1tapa, cfr. lesb. 1tapo (1tapE<T't"~);
uparakirija / uporakirija, epijatanija / epijotana;
a>u in damate / dumate e composti, sing. duma rispetto a homo M(..Lap, aeoI.
o6(..Lop't~ç, cfr. anche myc. dopota (oE<T1t6't"1jç?);
vedo dapu2razo e dupu2razo, wijatewe e wijuteu, forse tato e tuto;
o> u in apu = aeoI. a1tU per a1t6, tomako / tumako = k't"6(..Lapyoç come
lesb. <T't"u(..La per <T't"6(..La, aeoI. (..Luy~ç per (..L6y~ç;
forse upijakirija se composto con upi- per opi (É1tl.);
vedo inoltre oduruwe [o] duruwo oduruwijo e d'altra parte uduruwo
(cfr. "Oi}puç, "OOpU<TaL), così pure owasijo e uwata uwasijo. Nel cipriota
l'a desinenza micenea e arcadica di 3a perso -'t"OL è scritta -'t"UL; si ricordi
anche lesb. OEVpU per OEVPO.
Questo tipo speciale di articolazione, che si verifica principalmente in
presenza di una labiale o di una liquida, è caratteristico del dialetto eolico
nell'età classica; il timbro vocalico è uno degli elementi fonetici che oppongono nettamente l'eolico sia al dorico sia al ionico-attico. (Per l'arcadicocipria si veda più avanti).
òFaFE-ç
>
*òlJ.E~ç,
2) Tendenza all'articolazione stretta delle vocali:
u>i in aeoI. L~O~ per ù~ov, e forse in ipemedeja se vale ·Y1tEp(..L1)OELa (cfr.
IIEpL(..L1)o1j); vedo d'altra parte "havoç rispetto ad utano;
e> i in gen. atemito e dat. atimite (" Ap't"E(..L~ç, lyd. ArtimuS) , temi gen. timito,
temitija/ timitija, epasanati/ ipasanati, qamesijo e qamisijo, forse teqaja
e tiqajo;
dipa, duaI. dipae, per oÉ1taç;
iqo = L1t1tOç (da i.e. *ek!fos) generalizzato come vocabolo miceneo nel
greco;
forse edomeneu edomonewe e idomeneja (hom. 'Ioo(..LEVEuç, ma anche
"Eo(..Lwv, "Io(..Lwv), e forse otowowije femm. di otuwowe (j"Opi}FwF1jç, composto di * ou [s ] os 'orecchio');
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vedo anche qui sotto gli aggettivi di materia in -ejo/ -ijo, e l'arcado-ciprio
LV per Èv. Inversamente Mwua.c; rispetto a myc. Menuaz, Menuwa.
3) Aggettivi di materia in -eio / -ijo.
In eolico è costante il suffisso -tOC; per l'intera categoria dei nomi e aggettivi di materia (&.pyuptOC;, XPU<TtOC; per homo XPU<TEtOC;/ -EOC;, atto XPU<Touc;). Nel
miceneo, accanto alle forme in -e-jo ed in -e-o (wrinejos una voha, wrineos
più spesso, da FPw6c; 'pelle'), compaiono usualmente le forme in -i-jo (wrinijos, nel medesimo gruppo di documenti a Cnosso).
Parecchi esempi se ne rilevano sia a Cnosso (kakijo per X&')..,XEOC;, ponikijo
ponikija per epOWCXEOC;, e il citato wirinijo) sia a Pilo (kuwanijo da xua.voc;,
erapija da E)..,a.epOC;, forse onitija da OPVtC; e qowija da ~ouc;). Ma sono frequenti anche le ~orme in -e(i)o: KN do(r)wejo da o6pu, we(r)weea da
Etpoc; (* werwos ), po ( r ) pureja da 1tOpepupa. (aeoI. 1tOpepuptOC;), po (i ) nikea ed
epipo (i) nikeja da epOLVtç, ka (l) keja da xa.À.x6c;, iqeja da L1t1tOC;, PY erepatejo
da ÈÀ.Éepa.c;, forse kupariseja, kutesejo, raeja, weareja, e rewotejo da À.Éwv,
forse wereneja o woroneja da &'pi)v, etc.
Potrebbe essere, nel miceneo (e quindi in eolico), un'alterazione in atto
-eo > -io; si tratterebbe di un' alterazione puramente fonetica (ved. n. 1), anche se favorita dalla frequenza del suffisso -ios in altre categorie di vocaboli.
Tale evoluzione fonetica si rivela persistente anche più tardi a Cipro e in
Beozia, con FÉ:r:ta. per E'tEa. (da *wetes-a), atto E't'l1.
4) Riduzione -io>-jo. _
Nei suddetti nomi di materia si nota a volte, spor,adicamente, che il
processo -eio > -eo > -io prosegue ancora fino alla consonantizzazione di -i- > -j-,
ossia -io>-jo, -ia>-ja: per es. PY aiza da *aikja per a.Ly-ÉCi (a.LY-EtOC;),
suza per aeoI. <TUxCa. homo <TuxÉ'l1 (bisillabo in sinizesi!), KN kaza per xa.)..,xCCi
( x&')..,XEtOc;). L'aggettivo di XPu<T6c; è scritto costantemente kuruso kurusa- peraeoI. xpucnoc; XPU<TCa., homo XPU<TEtOC; e XPU<TEOC; (anche in sinizesi).
Il fenomeno è tipico dell'eolico: ~à. per Ot&., Z6vvu<T<Toc; per Àt6vu<Toc;,
èipyup ( p ) oc; per &'PYUPEOC; (aeoI. -tOC;) , 1t6pepupoc; per 1tOpepUPEOC; (aeoI. -tOc;).
A proposito di lesb. 1t6pepupoc; vediamo che in miceneo, accanto al citato KN popureja, troviamo scritto KN popuro2, cioè scritto con il segno r02
che vale rjo (a meno che tale segno, al pari di ra2 = rja, non alluda addirittura alla geminazione eolica rro che in tali casi si produce, per es. thess.
èipyuppoC; citato, opp. xuppov per XUptov).
Il nome di uno stesso uomo è scritto tarazto (cioè tarjato) oppure
tarato, cioè -rja->-(r)ra, appunto come èipyuppoC; rispetto ad &.pyuptOC;.
5) Riduzione del dittongo antevocalico.
Il dileguo preistorico di jod intervocalico sembra continuarsi in eolico
(e in parte anche in attico) nella tendenza a eliminare il secondo elemento
di un dittongo in -i davanti a vocale: "A)..,xa.oc; per 'A)..,Xa.LOC;, MU'tt)..,i)va.oc;
per -a.LOC;, "Ioa.oc; homo 'Ioa.Loc;, uppa.OC; da vppa..
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Nel miceneo si possono segnalare gli antroponimi PY ramajo (Cn 285,
J n 692 = 725) e ramao (Vb 1316), KN rewa;o e PY rewao, forse PY
adamajo (nom.) e adamao (gen. dello stesso nome, ossia genitivo in -o, se
non è un errore grafico per -ojo ). Inoltre è un aggettivo in -Ct.LOç> -CXoç, a mio
parere, la parola eraterewao in Jo 438 e On 300, cioè un etnico al nominativo singolare, concordato con korete (nome in -'t'Tlp) , e non un genitivo plurale in -CXW\I del toponimo eraterewa; cfr. erateijo koreteri in On 300 e
tinwasijo korete in Jo 438.
Si veda qui avanti per l'incerto esempio di tojo e too (PY Eb 156 e
Un 1321).
6) Genitivo in -OLO.
A parte Omero e la tradizione poetica, i gemt1Vl micenel 10 -0;0 sono
documentati in Tessaglia (e prima ancora sporadicamente a Lesbo in un paio
di esempi dei poeti eolici); forse anche in Beozia, secondo l'attestazione di
grammatici antichi. L'alternanza micenea -ojo/-o per il genitivo dei temi in -o
potrebbe essere quella stessa alternanza -OLO/-OL che si documenta solo in Tessaglia 3.
Nella restante grecità il genitivo dorico ed eolico in -w, ionico-attico in
-ov, si ritengono contrazioni di -0-0 (*Hom.) da -o[iJo < *-o[sJjo (skr.
-asya). In tal caso avrebbe poca rilevanza il consenso del tessalico ( -beoticolesbio) -OLO con il miceneo -0;0. Ma tale derivazione di -o da *-os;o non è
dimostrabile, anzi è poco verosimile, se si valuta la cronologia delle prime
attestazioni del genitivo in -o (= w, ov): infatti la pretesa contrazione di
*-o[sJ;o > -o[jJo > -o appare già testimoniata in Omero (genitivo in -ov) e
nel sec. VIII epigraficamente (coppa ischitana: 't'OOE 7tO't'TlPLO e XCXÀ.À.LO"'t'EcP~vo 'ACPPOOL't'Tlç). Mi pare quindi più probabile porre -o da -00 < *-o[sJo,
e cioè pensare alla desinenza di genitivo in -so che si conosce dallo slavo,
e che è ~estimoniabile nel greco stesso per la forma pronominale homo 't'Éo
(sI. ceso). Forse tale desinenza -Es Jo è anche documentabile in miceneo nel
citato pronome too (mentre tojo sarebbe analogico sui genitivi in -ojo dei
nomi).
In tal caso il genitivo omerico in -OLO sarà un arcaismo eolico-miceneo,
mentre nella restante grecità, tranne l'eolico di Tessaglia, si era generalizzata
la desinenza *-so>-o. Che tale estensione del genitivo in -[sJo fuori del miceneo risalga ad epoca antica, e che nell'età micenea fosse ancora vitale come
desinenza pronominale (too), parrebbe infatti risultare dal genitivo dei temi
in -a, che nei testi micenei è chiaramente -a-o; questa forma di genitivo è analogica sul genitivo di temi in -o, e quindi è valutabile come un -a( s) o su
-o( s )0, oppure come un -ao su -o[s Jo.
3
Vedo « Proceedings Cambridge Colloquium» (1966) p. 180 sgg.
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7) Suffisso -cpL.
Anche in questo caso il primo raffronto è con Omero, dove l'impiego
del suffisso -CPL è un arcaismo miceneo. È infatti ignoto alla grecità classica,
e tuttavia ce n'è traccia nel beotico (È1tL7tCl.'t"p6CPL-OC;), anzi gli scoliasti omerici
lo considerano un beotismo, ossia un eolismo. E ce n'è traccia d'altra parte in
poeti lirici, ma non per influsso di Omero: tanto l' OÙPCl.'VLCl.cpL di Alcmane
quanto il AE~UCl.CPL-yE'Vl)C; di Iblco non ripetono strutture omeriche.
Si può naturalmente supporre che in un greco primitivo premiceneo
fosse diffuso questo elemento morfologico che appartiene alla comunità indeuropea; ma dobbiamo certo ammettere che nell'area ionica il suffisso -CPL fu
molto presto eliminato, perché non ce n'è traccia nell'età storica. E d'altra
parte i residui che tale suffisso ha lasciato nei cosiddetti poeti 'dorici', come
pure nella Beozia dorizzata, risaliranno piuttosto al 'Vordorisches'.
8) Patronimici in -LOC;.
Questi sono caratteristici ed esclusivi delle tre aree eoliche (Lesbo, Tessaglia, Beozia), e non compaiono altrov-e, se non nei testi micenei: 'AÀ.EX't"pUW'V
'E't"EFoxÀ.EFÉtOC;, neqeu(s) etewoklewe'io(s), rouko kusamenijo, e cosi kekijo,
porudasijo, kurumenijo keto da kurumeno = KM(J.E'VOC;.
Persino i pochi e sporadici esempi di patronimici in -LOC;, che si citavano
per altre zone non propriamente eoliche, sono stati dimostrati inesistenti dal
Masson (<< Glotta », 1965, p. 217 sgg.).
In Omero i patronimici in -LO C; (Kp6'VLOC;, TEÀ.Cl.(J.W'VLOC;, KCl.'VCl.1tl)LOC;) sono
residui eolico-micenei, mentre quelli in -LOY)C; sono in realtà gentilizi che nello
stile omerico vengono ,assunti a differente funzione espressiva. Nelle epigrafi
greche è sempre usato il genitivo del nome paterno, non -LOY)C; e tanto meno
-LOC;: questo patronimico in -LOC; compare soltanto nei poeti di Lesbo e nelle
epigrafi eoliche.
L'eventuale sospetto che il patronimico in -LOC; potesse appartenere in
origine al proto-greco comune, appare gratuito ed è comunque aleatorio. Anche se ciò fosse stato vero per un'età remota, resta il fatto obiettivo che le
aree ioniche e doriche lo ignorano, a differenza di quelle eoliche, e quindi il
collegamento si istituisce in ogni caso fra lingua micenea e cultura eolica.
9) Preposizione peda e per.
L'eolico classico ignora (J.E't"a., sostituito da 1tEOa. (sporadicamente testimoniatoanche in Arcadia e altrove, nel nome del mese IIEOCl.YEL't"\lLw'V). Nel
miceneo di Cnosso è documentato peda nell'espressione peda wa(s)tu, cioè
si comincia qui ad affermare un neologismo che ci apparirà in prosieguo di
tempo come una caratteristica del lessico eolico.
Non ci deve meravigliare che nei testi micenei sia usata la preposizione
(J.E't"a. di antica provenienza (metakekumena, metakitito, meta-qe pei); ciò
che importa invece, ai fini della nostra comparazione diacronica e non sincronica, è il primo apparire di questo impiego di peda come preposizione a
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Cnosso, e proprio nel valore spaziale che la parola dovette avere (per via
della radice 7tEO-) nel suo primo trasferimento al ruolo di preposizione.
Anche 7tEpt è attestato in miceneo (periqota = IIEp~~tX'tTJ<;, perirawo =
IIEpO"cto<;, etc.); ma più importa rilevare che tale preposizione sembra assumere in miceneo quel nuovo aspetto semantico che avrà nell'eolico, fino al
punto di eliminare \I7tÉp e di sostituirsi ad esso nell'idioma di Lesbo: nel miceneo ciò parrebbe documentabile nel nome della regione perakoraija, che
è contrapposta nel regno di Pilo alla regione deweroakoraija, secondo il rapporto di 'trans' (7tÉp = \J7tÉp) a 'cis' (OEUpO) rispetto alla linea di demarcazione segnata dal Monte Aigaleo nella Trifilia.
***
La rapida lista di questi raffronti si potrebbe ancora un poco continuare,
ma qui si è voluto soltanto indicare una linea di ricerca, e non trattare l'intero
argomento. Già le categorie di esempi qui sopra addotte non sono tutte ugualmente probanti; ma quelle addotte ai nn. 1, 3, 4, 6, 8 hanno da sole, a mio
parere, un peso notevole nel problema del «carattere miceneo dell'eolico
classico ».
Si può obiettare che alcuni caratteri eolico-micenei (per es. tX7t\J per tX7t6
oppure il timbro -0- in corrispondenza di originarie sonanti) sono documentabili anche in arcadico, sia pure sporadicamente. Ma ciò non interferisce
sosvanzialmente sulla mia ddinizil()ne del miceneo come proto-eolico o preeolico, se l'arcadico o l'arcado-ciprio debbono in qualche modo rientrare originariamente in uno dei tre rami delle stirpi greche. L'arcadico è un dialetto
che conserva notevoli arcaismi; ma scarsamente e tardivamente documentato,
ci appare partecipe di caratteri sia eolici sia non eolici, cioè ionici, e tale
mescolanza può risalire in parte ad epoca antica (poiché non si esclude la
presenza di elementi ionici nel Peloponneso durante l'età micenea), ma in
parte sarà dovuta all'influenza della cultura ionico-attica nell'età arcaica o
postmicenea (cioè prima che l'Arcadia diventasse veramente un'isola in mezzo
ai Dori, lontana da ogni rapporto con l'Attica).
Il particolare più notevole che avvicina l'arcadico al miceneo è la desinenza -'tOL nella 3a perso sing. dei tempi principali. Ma non è questo un elemento «congiuntivo », se -'tO~ è originario di contro all'innovazione -'tct~,
che è pangreca, ma valutabile come recenziore. Il valore « congiuntivo» o
« separativo » di un fonema o di un morfema va generalmente còlto nell'innovazione (cioè nell'« errore» linguistico) e non nella conservazione. Un
arcaismo sarà pure l'arcadico O"q>E'i:<;, se si ravvisa a Pilo nell'espressione metaqe
pei (IJ.E'ttX 'tE O"q>EL<;), di contro a gr. O"q>CO"L.
È stata anche rilevata a Cnosso la preposizione posi a confronto con la
forma arcado-cipria 7t6<;. Ma posi (*7toO"{.) non è altro che l'assibilazione di
7tO'ti. (dorico), assibilazione che - come risulta da numerosi esempi - è
Sulla definizione dci mkeneo come dialetto greco
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quasi del tutto compiuta in miceneo, mentre non appare avvenuta nella Tessaglia eolica (7to'ti.). L'assibilazione nel miceneo, come in eolico e in ionicoattico, è dunque effetto del sostrato pelasgico che i Greci incontrarono nella
marcia verso il sud, e da cui i Dori non furono affetti. In Omero è usato
anche 7tpo'ti., accanto a 7tp6c;; in dorico anche 7tò't di fronte all'arcado-ciprio
7t6C;; se in ionicoe nell'eolico di Lesbo è prevalso 7tp6c;, tutto ciò non testimonia nulla per l'età più antica.
Persino l'arcado-ciprio L\I per È\I non offre un elemento « separativo » dal
miceneo, che mantiene È\I come tutto il greco.
Per avvalorare l'idea di una parentela esclusiva tra miceneo ed arcado,ciprio è stato addotto un rilievo sintattico, cioè l'uso di &'7tÒ o di È1; con il
dativo in arcadico in luogo del genitivo, di fronte all'uso di 1tC~pà. con il dativo
in miceneo in luogo del genitivo (per es. paro pomene, 7ta.pà. 7tO~llÉ\I~). In
tal caso si dà per certo che paro + dativo in miceneo esprima il concetto
di provenienza o moto da luogo; cioè si esclude, ed è una presunzione, che
paro con il dativo corrisponda regolarmente al normale 1tC~pà. con il dativo,
che è usuale in greco nel senso di « presso ».
Non si può certo dedurre dall'attico 1;v\I, concordante con il miceneo
kusu (1;v\I) contro la forma a-ÌJ\I più diffusa nella grecità classica, un originario legame fra attico e miceneo. Ancor meno si può sorprendere un legame
del mkeneo con ionico-attico, se posedao ( = Poseidaon) e l'aggettivo posida'io
( = Posidiiios) sembrano concordare perfettamente con homo IIocn:~O&.w\l (ion.
IIoa-e:~OÉw\l) e IIoa-~o1)~oc;; ma la forma lesbia IIoa-e:i.o(i\l non è diversa da quella
micenea, solo è contratta; e neppure è diversa quella arcadica IIoa-o~o(i\l, a
parte la secondaria assimilazione; differente ed anzi più arcaico è solo il dorico, con le forme scevre dall'assibilazione, IIo'te:~oiX.w\l e IIo't~oiX.~oc;. Ancora
una volta debbo ripetere che il raffronto di tipo sincronico non è attuabile
fra il miceneo da una parte e i dialetti classici dall'altra, ma occorre ricostruire per i singoli dialetti nelle diverse zone quello che poteva essere il
loro stato nell'età micenea.
Nel miceneo c'è solo un elemento, a mio parere, che è proprio del ionicoattico in età classica, ed è la congiunzione é\'te: (aeoI. <ha.; doro ClCa.), ammesso
che ote valga proprio c'te: in PY T a 711 (e non per esempio wi}e:\I oppure
w'te:). Da questo solo caso, incerto in se stesso, non si possono ricavare conclusioni di maggiore impegno, tanto più che la forma eolica in -a. «ha.) potrebbe significare soltanto una equiparazione dell'originario c'te: a preposizioni
e avverbi in -a., ed essere quindi innovazione postmicenea; d'altro canto è
possibile che la morfologia della forma dorica ClCa. sia sostanzialmente diversa
da quella di c'te 4.
4 Una donna della vicina Attica a Micene potrebbe essere otowowije (MY V 659),
se s'intende -ije da -ija; ma il nome proprio non è probante, oltre che incerto all'analisi,
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Carlo Gallavotti
Infine vorrei notare come sia illegittimo il confronto che si pretende di
istituire fra myc. toto (nell'espressione toto weto, cioè 'tov'to E'tOC;) e la testimonianza di 't0't0 in attico, nelle epigrafi più antiche. Infatti è lunga, come
risulta dal metro, la prima vocale dell'attico epigrafico 'to'tO e pertanto il segno O nella prima sillaba vale in sostanza OU, cioè un o lungo secondario
(contratto da -00): quindi la forma attica e pangreca 'tc'tO j'tov'to deriva dal
genitivo 'to'to (= 'tou'tou) e rappresenta un livellamento di paradigma, dopo
la contrazione *'t60 > 'tov (= to). La forma attica non comporta dunque al
nominativo la pura ·e semplice ripetizione dell'elemento pronominale secondo
il tipo indeuropeo, quale si rileva invece nel miceneo to-to = *'t6'to.
* * *
Nel senso qui sopra indicato, e ragionato per via d'esempi, io credo
che il miceneo si possa definire come dialetto proto-eolico. In maniera analoga ha ragionato Michel Sakellariou, nella breve esposizione Les Achéens
tenuta al Congresso delle Scienze Preistoriche e Protostoriche (1965, Atti,
voI. II, pp. 98-101). Anche Hugo Miihlestein aveva indicato nell'àmbito dell'eolico alcuni caratteri fonetici del miceneo 5. Molte altre tesi sono state esposte in questi anni su tale .argomento, ma si possono forse conciliare in buona
parte fra loro, sulla linea da me indicata, se si considera l'argomento in una
visione storica dei processi linguistici, come ho detto a principio.
Una tesi è che il miceneo sia ancora un proto-greco indifferenziato. Ma
l'assenza di dOl'ismi e la coloritura eolica, a mio parere, sono innegabili.
Oppure che sia un misto di tutti i dialetti, non essendo mai esistito un
proto-greco comune. Ma a ciò si perviene solo attraverso il bruto raffronto dei
dati linguistici su un piano sincronico che appare inattuabile.
Ovvero una mistione di proto-ionico e di proto-eolico. Questo però si
deduce soprattutto da un esame di forme con e senza digamma, attraverso
analisi che a me sembrano sostanzialmente arbitrarie o suscettibili di altra
impostazione 6.
Parecchi sostengono che sia l'antenato dell'arcado-dprio. Ma le coincidenze distintive con l'arcado-ciprio sono quelle stesse, come si è visto qui
sopra, che rientrano nel più generale concetto di eolico.
e d'altra parte non abbiamo una prova che il tipo ionico &').."l}Ei" da &.)..i)l}E~a fosse già
costituito nell'Attica in età micenea. Altro elemento ionico solo a Micene potrebbe essere
un caso di labializzazione delle labiovelari nel toponimo teqai, tepa, qualora si ammettesse che anche tepa sia lo stesso toponimo (®i)~,,) e non un vocabolo differente da teqai.
5 Si vedano la rassegna bibliografica di W. C. Cowgill nello studio qui sopra citato,
e gli altri autori qui sopra citati alla n. 2.
6 Alle valutazioni che esposi nel terzo Colloquio di Wingspread del 1961 (Le grafie
del wau etc., « Myc. Stud. Wings. », spec. pp. 63-65) si oppongono quelle del Georgiev
nel successivo Colloquio del 1965 (<< Proc. Cambr. Collo », pp. 104-124).
Sulla definizione dci
m~ceneo
come dialetlto greco
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Si è anche detto che il miceneo sia una koinè tradizionale, e in sostanza
quindi artificiosa nella scrittura e nella grammatica. Ma il divario cronologico
fra i documenti di Cnosso e di Pilo è forse molto minore di quanto si riteneva da principio. .
Oppure che sia una lingua di scuola, appresa dagli scribi insieme alla
scrittura e ripetuta meccanicamente salvo qualche infrazione. Anche questa
tesi, come la precedente, dipende da una valutazione aprioristica della documentazione e mi pare indimostrabile; in ogni caso, saranno appunto le infrazioni a gettare luce sul linguaggio parlato.
Infine si sostiene che il miceneo dei documenti si può ripartire in 'normale'e 'speciale'. E questa è una tesi descrittiva dell'intero contesto documentario,
in rapporto ai differenti scribi, ma non spiega e non definisce il linguaggio
dei documenti nel suo complesso. Diventa poi una tesi fantasiosa se si vuole
intendere che la ripartizione rispecchi una distinzione fra la classe dei nobili
e la classe dei plebei.
In questi ultimi tempi si sta facendo grande conto delle diverse mani che
verga no i documenti, per stabilire che una data caratteristica dialettale, o un
certo numero di tali caratteristiche, siano proprie di certi scribi e non di
altri. È un esame utile sotto il rispetto filologico, ma particolaristico dal punto
di vista della lingua. Se dal particolare risaliamo al generale, resterà sempre
da dare una definizione del complesso. In ogni ambiente sociale c'è il conservatore e l'innovatore, chi par~a meglio e chi peggio 7. Le divergenze idiomatiche fra i diversi scribi a me sembrano la prova della spontaneità espressiva
che è da ravvisare in questi documenti contabili; non quindi una koinè artificiosa e scolastica, né d'altra parte una mistione di due diversi dialetti. Il
miceneo è un momento linguistico nella storia della grecità: riflette un ambiente linguistico nella sua naturale evoluzione, con grammatica più antica
e grammatica più nuova insieme congiunte, in un progresso verso nuovi modi
e mezzi espressivi, senza il controllo della scuola né la remora della letteratura. Noi dobbiamo valutare insieme tradizione e innovazione. Negli esempi
più sopra addotti, secondo la spiegazione che ne abbiamo data, l'innovazione
si muove in direzione « eolica », cioè rivela caratteri idiomatici che si riscontrano più tardi, in maggiore o minore misura, in quello che chiamiamo dialetto eolico.
.
Un processo in atto nel miceneo ci è dato di costatare per quella assibilazione di -ti-, per la quale dal dorko (e tessalico) si troverà distinto l'eolico di Lesbo (e ionico-attico); altro processo in fieri, per esempio, viene d~
7 Quando esaminiamo papiri greci e codici bizantini, annotando gli errori di ortografia e di morfologia degli amanuensi, noi indaghiamo cosi quali trasformazioni si siano
compiute e si stiano compiendo nella pronuncia e nella grammatica del greco complessivamente, e meno ci importa che gli scribi siano molti e diversi, o che uno scriba cada più
spesso di un altro nei medesimi errori.
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Carlo GaI1avotri
noi considerato nel miceneo la pronunzia condizionata a>o, per cui dal
dorico (e ionico-attico) si distinguerà l'eolico. Se si pensa invece ad una
evoluzione già avvenuta, non ci rendiamo conto della concomitanza di -ti-/ -siin miceneo (tinwasija tinwatijao) e della persistenza di -ti- in tessalico e
non in lesbio, né ci rendiamo conto che alcune spinte innovatrici finiranno
per regredire nel greco (myc. korisijo, gr. KOPL\Ii}LOç), e che alGll11e spinte eolizzanti finiranno per regredire anche in eolico (myc. amota, gr. ap!J.a:t'(x').
Per questa via, naturalmente, saremo indotti a considerare innovazioni
di età postmicenea più d'una delle caratteristiche dell'eolico classico, e non
abbiamo il modo di controllare che sia"esatta tale supposizione. Ma neppure
abbiamo il modo di accertare che in Attica non s'era già verificato in età
micenea il passaggio a>e, né possiamo stabilire una datazione abbastanza
approssimata per la susseguente meta tesi quantitativa che caratterizza lo ionicoattico fin dalle prime testimonianze letterarie ed epigrafiche. In tutto questo
problema non dobbiamo dimenticare il fatto che a tutt'oggi non possediamo
documenti micenei dell' Attica.
Il processo per cui si formarono e si definirono i dialletti greci dell'età
classica, fu senza dubbio molto più complesso di quanto ameremmo immaginare; influenze ed incroci fra lontane regioni, attraverso commerci e trasmigrazioni, sono pensabili con facilità durante il medioevo ellenico e nei primordi della nuova civiltà colonizzatrice. Ci può essere dunque una caratteristica eolica comune a Lesboe Tessag1ia in età classica, che non siamo in
grado di attribuire già al miceneo: possiamo tuttavia assegnarla ad età posteriore, per esempio la dittongazione del tipo -ais da -ans (-as), o l'estensione
della coniugazione in -!J.L'. L'innovazione in tal caso si sarà prodotta, fra Lesbo
e la Tessaglia, attraverso quei contatti ancestrali fra le due genti, che furono
rinnovati senza posa in età micenea e più tardi, sulle medesime rotte solcate
già da molti secoli; la stessa cosa che avvenne fra l'Attica e la Ionia, al di là
dell'Egeo. In mancanza di più precise testimonianze saranno appunto le coerenze e le concordanze linguistiche a farci in tal caso supporre - non dico
dimostrare - l'esistenza di rapporti durevoli fra isole e continente, fra gli
Achei di Lesbo e gli Eoli di Tessaglia.
Prima del 1200 non si può parlare di Ioni e di Eoli distinti fra loro linguisticamente e culturalmente come lo sono dopo il 900; ma possiamo invece
dire, se la nostra tesi è accettabile, che la lingua dei Micenei si continua meglio nell'idioma mitilenese di Saffo e di Alceo che in quello ateniese al tempo
di Solone e di Pisistrato.
Come la lingua, così la cultura e la popolazione. Influenze della civiltà
micenea del Peloponneso sono da ravvisare nelle costumanze, nella società,
nella religione di Lesbo (attraverso Agamennone e gli Atridi secondo la tradizione); e sono pure da ravvisare in altri insediamenti che appaiono dorizzati nell'età classica e che rivelano tuttavia persistenti vestigia di 'Vordorisches' nel dialetto. La tradizione micenea in Attica e nelle colonie ioniche ha
Sulla definizione del miceneo come dialetto greco
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seguito altre vie, distinte rispetto a quelle del Peloponneso, e risalenti forse
a un'epoca che era anteriore all'ultima età micenea. I Pelasgi dell'Attica, che
impararono a parlare greco dopo l'arrivo di Xuto e di Ione ad Atene, non
accolsero nel loro idioma quelle innovazioni linguistiche che i discendenti di
Eolo, partiti dalla Tessaglia, stavano attuando nelle regioni da essi occupate,
a Creta e nel Peloponneso, e che ci sono appunto testimoniate nei documenti
di Cnosso e di Pilo.
È questo ciò che importa per la storia, al di là della stretta analisi linguistica, quando si vogliano illustrare le differenti culture della Grecia classica. Ad un certo momento, nel racconto degli storici antichi sembra che il
mondo greco si assommi nella coesistenza e nel contrasto fra Atene e Sparta,
fra Ioni e Dori. Ma la componente eolica, ossia la tradizione eolico-micenea
che si forma dalla Tessaglia al Peloponneso e che di qui si diffonde, sarà da
valutare come un fattore essenziale e inconfondibile della civiltà ellenica.