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R ivista D iocesana N ovarese Bollettino Ufficiale per gli Atti del Vescovo e della Curia di Novara Sommario ANNO XCVII - Nº 3 - MARZO 2012 LA PAROLA DEL VESCOVO Una nuova etica del dono Primo Quaresimale sull’Economia e Finanza 131 Messaggio per il Funerale del Presidente Oscar Luigi Scalfaro 156 Omelia alla Messa funebre di mons. Giuseppe Cacciami 180 Discorso ai partecipanti alla Rota Romana 142 Incontro di inizio Quaresima con il clero di Roma 146 L’ultimo saluto al Presidente Oscar Luigi Scalfaro 154 CENTRO DIOCESANO GIOVANILE Veglia delle Palme 2012 135 UFFICIO Cammino quaresimale e Messa Crismale del Giovedì Santo 136 LA PAROLA DEL PAPA ORDINARIATO DEL CLERO 129 Relazione del Vicario Giudiziale 159 PASTORALE PELLEGRINAGGI Pellegrinaggi proposti nel 2012 174 INFORMAZIONI Dioecesis 177 IN MEMORIA Mons. Giuseppe Cacciami 178 Padre Lamberto Ferraris 185 TRIBUNALE ECCLESIASTICO PIEMONTESE Ufficiale per gli Atti di Curia Attività Pastorali in Diocesi Direttore Responsabile Mons. Giuseppe Cacciami Reg.Tribunale di Novara n. 4 del 18-08-1948 Per abbonamento: CANCELLERIA CURIA DIOCESANA Via Puccini 11 - 28100 NOVARA • Tel. 0321/661.661 • Fax 0321/661.662 C.C.P. n. 15682289 Copia distribuita solo in abbonamento ABBONAMENTO PER IL 2012 € 45 IN COPERTINA: Ritratto del BEATO INNOCENZO XI 101° Vescovo di Novara (1650-1656) e Sommo Pontefice (1676-1689) NEL 4° CENTENARIO DELLA NASCITA (foto don Tino) Edizione della Stampa Diocesana Novarese - Fotocomposizione in proprio Stampa - Poligrafica Moderna S.R.L. - Novara 130 LA PAROLA DEL VESCOVO Una nuova etica del dono Primo Quaresimale del Vescovo per l’Economia e Finanza Progetto Passio 2012 Università di Novara - 10 marzo 2012 Prendendo spunto dal cruciale dibattito sviluppatosi durante il “Primo Quaresimale per l’economia e la finanza”, abbiamo chiesto al nostro Vescovo Franco Giulio Brambilla un’intervista, in cui affrontare il tema dell’etica in questa mutata situazione, che tanto sta influenzando la nostra società. Il Vescovo ci offre una riflessione puntata soprattutto sul valore del dono, cioè della carità come fattore di sviluppo, come emerso con forza dal “Quaresimale”. Monsignor Brambilla, di fronte alla crisi che sta travagliando il mondo è emerso da più parti un nuovo bisogno di etica? Ma quale etica? Se il richiamo non vuole essere velleitario non può bastare l’appello a un’etica genericamente intesa. Affinché si generi un cambiamento reale, questa crisi deve influire soprattutto sugli stili di vita e sulla costruzione di un nuovo legame e responsabilità sociale, regole per il mercato che tutelino sia il risparmio sia il credito e, più ampiamente, il lavoro e lo sviluppo. Ma come si è giunti a questa situazione? La questione è innanzitutto antropologica. Una riflessione interessante su questi aspetti è quella presente nell’opera Consumo, dunque sono di Zygmunt Bauman, l’autore diventato famoso per l’immagine della “modernità liquida”. Bauman afferma che stiamo passando da una società della produzione a una società dei consumi, e che sotto l’avidità cui assistiamo quotidianamente bisogna leggere un processo più profondo. Il profitto non è da demonizzare in assoluto perché, nella misura in cui serve a migliorare e viene anche condiviso, non può essere condannato. C’è però in atto un mutamento più radicale che, in termini filosofico-culturali, appare strutturale e non congiunturale. Questa crisi è l’epifenomeno di un movimento più profondo, un cambiamento che sta avvenendo e che, culturalmente parlando, è il passaggio dalla modernità alla postmodernità, verso una società che Bauman definisce “consumistica” e non semplicemente “dei consumi”. Che effetti sta producendo questo mutamento sulla nostra realtà? Due citazioni descrivono bene la ricaduta antropologica di questo passaggio. La prima: “Il passaggio dal consumo al consumismo ha acquistato nella vita 131 LA PAROLA DEL VESCOVO della maggior parte delle persone un’importanza particolare se non centrale, trasformandosi nello scopo stesso dell’esistenza in cui la nostra capacità di volere, di desiderare, di agognare e specialmente di fare esperienza ripetuta di tali emozioni diventa l’effettivo fondamento dell’economia”. Si sta facendo avanti un altro tipo di società: quella dei consumi. È una società che rompe i legami e crea individui singoli ed isolati, determinando uno scollamento tra privato e società. La seconda: “Il desiderio umano di sicurezza e il sogno di uno stato stazionario e definitivo mal si accordano con la società dei consumatori. Nel percorso verso questa società il desiderio umano di stabilità deve trasformarsi, e in realtà si trasforma, da principale punto di forza del sistema nella sua principale forma di passività: potenzialmente fatale. Difficilmente le cose potevano essere diverse perché il consumismo, in netto contrasto con le forme di vita precedenti, associa la felicità non tanto alla soddisfazione dei bisogni, quanto piuttosto alla costante crescita della qualità e quantità di desideri; il che implica a sua volta il rapido utilizzo e la rapida sostituzione degli oggetti con cui si pensa e si spera di soddisfare questi desideri. Essa abbina l’insaziabilità dei bisogni all’impulso, all’imperativo di guardare costantemente alle merci per soddisfarli. Nuovi bisogni richiedono nuove merci, nuove merci richiedono nuovi bisogni e desideri”. L’avvento del consumismo non punta a preservare i beni per il futuro ma a smaltirli. Ecco la grande differenza. Come influisce questa dinamica sulla vita quotidiana, sulle persone? La cosa veramente scioccante è la diversa esperienza del tempo che la società dei consumi genera, un’esperienza del tempo frammentaria, puntinista, istantanea, per la quale qualcuno ha parlato di “dittatura dell’istante”. E come se uno vedesse isolatamente ogni istante della propria vita e volesse consumare il massimo nel minimo di tempo. Lo si vede essenzialmente in quegli strati sociali più assorbenti: le fasce giovanili, soprattutto adolescenziali, le quali pensano che l’istante sia il tutto e che il tutto sia presente nel frammento. Si vive di frammenti che non costruiscono una storia in progresso, ma ripartono sempre da capo. Guardiamo i sintomi: vi è un’enorme difficoltà a costruire storie che rimangano nella vita, dalla famiglia all’impresa ed alla professione. Il lavoro non è più concepito con ampio orizzonte, non è più un luogo d’investimento personale. A cosa andiamo incontro, dunque? Questi due aspetti – l’individualismo personale e la frammentazione del tempo – sono conseguenze del tema del consumo, anzi del consumismo, ossia dell’uomo che si percepisce prevalentemente come soggetto di bisogni. È chiaro che l’uomo e la donna sono anche soggetti di bisogno, ma la realtà ci dice che i loro bisogni più profondi non possono trovare risposte meramente materiali. 132 LA PAROLA DEL VESCOVO Quali indicazioni emergono per il mondo finanziario, della produzione e del lavoro? Dal nostro “Primo Quaresimale per il mondo dell’economia e della finanza”, promosso dal Progetto Passio, è emerso il valore del dono, cioè della carità come fattore dello sviluppo economico e della giustizia sociale. Lo strategico n. 34 della Caritas in Veritate è stato lo spunto decisivo che ha dominato gli interventi del convegno tenuto nell’aula magna dell’Università di Economia di Novara, che ci ha generosamente ospitati. L’idea del valore politico della carità proclama che il dono non è semplicemente accessorio al regime della giustizia che deve regolare i rapporti sociali. Il regno della Giustizia invoca la dimensione escatologica della giustizia del Regno (la comunione con Dio e la fraternità). Per non scadere nell’assolutismo di una giustizia “commutativa” (do ut des) che non si alimenta all’eccedenza del dono e per non mettere “a margine” la gratuità della carità come un rimedio privato (personale o di gruppo) all’impossibilità terrena della giustizia. L’ultimo paragrafo del n. 34 lo afferma esplicitamente. Per questo conviene citarlo: “Nell’affrontare questa decisiva questione, dobbiamo precisare, da un lato, che la logica del dono non esclude la giustizia e non si giustappone ad essa in un secondo momento e dall’esterno e, dall’altro, che lo sviluppo economico, sociale e politico ha bisogno, se vuole essere autenticamente umano, di fare spazio al principio di gratuità come espressione di fraternità”. Il principio, formulato nella sua limpida chiarezza, esige di essere mediato, mostrando come il mercato non può soggiacere solo alla logica mercantile della giustizia commutativa (di scambio), ma ha bisogno anche della giustizia distributiva a cui presiede l’istanza politica, finalizzata alla ridistribuzione dei beni in vista del bene comune. L’enciclica puntualizza che il mercato come luogo dell’economia di scambio non coincide subito con ideologia del profitto ad ogni costo. Si evoca indirettamente che l’economia di scambio si fonda sull’eccedenza del dono: gli uomini possono regolare i loro rapporti mediante scambi di beni solo se, scambiando beni, alimentano l’alleanza tra loro mediante l’eccedenza del dono: «La grande sfida che abbiamo davanti a noi [...] è di mostrare [...] che nei rapporti mercantili il principio di gratuità e la logica del dono come espressione della fraternità possono e devono trovare posto entro la normale attività economica. Ciò è un’esigenza dell’uomo nel momento attuale, ma anche un’esigenza della stessa ragione economica. Si tratta di una esigenza ad un tempo della carità e della verità» (si veda il n. 36 della stessa Caritas in Veritate). Come praticamente il valore del dono/carità mette in discussione sia la giustizia commutativa (di scambio) che quella distributiva (il welfare)? La logica del dono e della fraternità, in altri termini della carità, appare necessaria al regime della giustizia. Infatti, anche la logica di scambio non ha di mira solo lo scambio dei beni, ma tende ad aumentare l’alleanza sociale, a far crescere l’appartenenza comune alla città dell’uomo. Per questo anche nel 133 LA PAROLA DEL VESCOVO rapporto tra pari (io ti do una cosa e tu mi dai qualcosa in cambio) ha bisogno di una gratuità che prevede l’accrescimento della vita comune. La società mercantile non può vivere senza la speranza che nel dare e nel ricevere si accresce il patrimonio di umanità della vita sociale. Senza dono anche la giustizia dello scambio dei beni s’inaridisce in una logica mercantile sempre minacciata dall’avidità, dal carrierismo, dalla voracità personale e sociale. Ma anche il dono tra situazioni dispari, tra chi dona e chi ha bisogno, necessita della carità intesa non solo come soccorso al bisogno, neppure soltanto come rispetto della dignità del povero, ma come liberazione dal bisogno. Il modo con cui aiuto il povero, il sofferente, l’indigente, l’immigrato, è per dirgli fin dall’inizio – scommettendo sul tempo – che prima o poi (meglio prima che poi) anche lui dovrà diventare un cittadino “alla pari” che deve ridare quello che ha ricevuto, magari non a me e nelle stesse forme, ma alla vita comune della società civile. Per questo la carità (intesa non soltanto come relazione di aiuto, ma come esperienza di fraternità), rende gli uomini liberi, non li tratta solo da uguali, ma li fa soggetti attivi del destino comune della società degli uomini. E corregge anche una concezione solo pietistica del welfare che si ferma solo a soddisfare richieste, ma non vuole veramente che gli altri diventino autonomi e liberi, soggetti attivi della patria comune dove tutti si sentono a casa. È questo il cuore pulsante del messaggio papale. Questo è stato anche il messaggio forte del convegno, tenuto sotto le volte dell’Università di Economia di Novara. 134 CENTRO DIOCESANO GIOVANILE VEGLIA DELLE PALME 2012 Sabato 31 marzo A Ghemme In occasione della XXVII Giornata Mondiale della Gioventù, si terrà sabato 31 marzo a Ghemme la Veglia delle Palme. Tema della giornata sarà: “Prima persona plurale. SIAMO Chiesa” PROGRAMMA Accoglienza in piazza Antonelli (chiesa parrocchiale) a partire dalle 15.45 Adorazione Eucaristica animata e Confessioni dalle 16 alle 19 Concerto live della band musicale “Skortza” alle 16.30 in piazza Castello Evento speciale in piazza Castello dalle 17.30 alle 19.00 Interverranno: Gianpiero Perone (comico di Zelig e Colorado), Francesco Sportelli (cantante), Andrea Carretti (animatore), don Ildephonse (testimone del Burundi) Cena al sacco e animazione in oratorio dalle 19.00 Veglia delle Palme in piazza Castello alle 20.45, presieduta da Mons. Franco Giulio Brambilla 135 UFFICIO DEL CLERO Cammino quaresimale e Messa Crismale del Giovedì Santo INCONTRI DEL VESCOVO NEI VICARIATI Il Vescovo Mons. Franco Giulio Brambilla, nel periodo di Quaresima e Pasqua, ha programma la visita a tutti gli otto Vicariati. Il programma prevede la permanenza del Vescovo sul territorio per due giorni. Sono previsti tre incontri: con i sacerdoti, con i religiosi e le religiose, ed infine con gli operatori pastorali. In ciascuno dei vicariati, inoltre, il vescovo incontra alcune delle realtà ecclesiali e sociali significative che operano sul territorio. A conclusione della sua visita, tutti gli operatori del Vicariato partecipano al momento centrale: la celebrazione eucaristica. Calendario degli incontri nei Vicariati 20 febbraio 24 febbraio 5 marzo 6 marzo 13 marzo 15 marzo Ovest Ticino 19 marzo 22 marzo Verbano 26 marzo 28 marzo Aronese 16 aprile 18 aprile Cusio 23 aprile 24 aprile Valsesia 14 maggio 15 maggio Ossola 136 Novara Borgomanerese UFFICIO DEL CLERO GIOVEDI’ SANTO Anche quest’anno l’olio che verrà consacrato dal Vescovo proviene dagli uliveti confiscati dalla Magistratura e affidati alla Cooperativa sociale “Libera” di don Ciotti, che si propone il riscatto sociale e la formazione dei giovani in diverse zone del meridione d’ Italia. INDICAZIONI PER I SACERDOTI I Sacerdoti assumeranno i paramenti nella sala della Maddalena. Si recheranno in Cattedrale , nei posti loro assegnati, alle ore 9,15. La Messa Crismale avrà inizio alle ore 9,30. Tutti i Sacerdoti sono invitati a concelebrare, portando con sé il camice e la stola bianca. All’offertorio, utilizzando le buste distribuite, offriranno al Vescovo un contributo per far fronte alle necessità del Seminario. Anche quest’anno sarà offerto ai presenti un rinfresco presso il vescovado: occasione per uno scambio fraterno di auguri pasquali. IL SEGNO DELLA SOLIDARIETÀ QUARESIMALE “CARITASnet. Uno slogan per dire che la società civile, per essere più umana, è chiamata a divenire una “rete” di solidarietà. A cominciare, innanzitutto dalla conoscenza delle situazioni di disagio e delle iniziative in atto sul territorio per rispondervi. L’iniziativa è sostenuta da comitato Passio 2012 che offre spazi e opportunità alle iniziative di solidarietà dell’Associazione Il Solco, della Caritas vicariale novarese e dell’ANGSA Novara onlus (in collaborazione con il Rotary Club di Orta S Giulio), affinché queste realtà possano rendere note le loro attività e contattare nuovi potenziali sostenitori e collaboratori. COLLETTA PRO TERRA SANTA Eccellenza Reverendissima, l’attesa quaresimale della Pasqua del Signore è una occasione propizia per sensibilizzare l’intera Chiesa Cattolica a favore della Terra Santa, promuovendo particolari iniziative di preghiera e di carità fraterna. Rivolgo, perciò, un cordiale invito a tutte le comunità ecclesiali affinché si pongano al fianco dei cristiani di Gerusalemme, Israele e Palestina, come dei Paesi circostanti, Giordania, Siria, Libano, Cipro, Egitto, i quali compongono 137 UFFICIO DEL CLERO insieme quella Terra benedetta. Il Figlio di Dio fatto uomo, dopo averla attraversata per annunciare il Regno ed aver confermato la parola con prodigi e segni (cf At 2,22), è salito alla Santa Città per immolare Sé stesso: ha patito, è morto sulla Croce, è risorto e ci ha donato lo Spirito. Da allora ogni cristiano ritrova se stesso in quella Città e in quella Terra. Ciò è possibile perché ancora oggi i pastori posti dal Signore Gesù vi raccolgono i fratelli e le sorelle nella fede a celebrare l’amore di Colui che “fa nuove tutte le cose” (Ap 21,5). La Congregazione per le Chiese Orientali ricorda ai vescovi del mondo intero la costante richiesta di Papa Benedetto XVI affinché sia generosamente sostenuta la missione della Chiesa nei Luoghi Santi. E’ una missione specificamente pastorale, ma nel contempo offre a tutti indistintamente un encomiabile servizio sociale. Così cresce quella fraternità che abbatte le divisioni e le discriminazioni per inaugurare sempre di nuovo il dialogo ecumenico e la collaborazione interreligiosa. Ciò costituisce un’ammirevole opera di pace e di riconciliazione, tanto più necessaria oggi, preoccupati come siamo col Santo Padre “per le popolazioni dei Paesi in cui si susseguono tensioni e violenze, in particolare la Siria e la Terra Santa” (Discorso agli Ambasciatori presso la Santa Sede, 9 gen. 2012). Ed anche in seguito Sua Santità ha pregato accoratamente per la Siria, rinnovando “il pressante appello a porre fine alla violenzaYper il bene comune dell’intera società e della Regione” (Angelus, domenica 12 feb. 2012). Il giorno che i Sommi Pontefici hanno scelto per la Collecta pro Terra Sancta è il venerdì che precede la Pasqua, anche se ogni comunità potrà scegliere altra opportuna circostanza per proporre ai fedeli la solidale iniziativa. Il Venerdì Santo quest’anno sembra interpretare ancor più le necessità dei pastori e dei fedeli, le quali sono racchiuse nelle sofferenze di tutto il Medio Oriente. Per i discepoli di Cristo le ostilità sono il pane quotidiano che alimenta la fede e talora fanno risuonare l’eco del martirio in tutta la sua attualità. L’emigrazione cristiana è acuita dalla mancanza di pace, che tenta di impoverire la speranza, mutandosi nella paura di essere soli davanti ad un futuro che sembra non esistere se non come abbandono della propria patria. Come per l’evangelico chicco di frumento (cf Gv 12,24), la fatica dei cristiani di Terra Santa prepara senz’altro un domani di bene, ma chiede oggi di sostenere scuole, assistenza sanitaria, necessità abitative, luoghi di aggregazione e tutto quanto ha saputo suscitare la generosità della Chiesa. Quanta fede scopriamo nei giovani, desiderosi di testimoniare le beatitudini, amando i loro Paesi nell’impegno per la giustizia e per la pace con i mezzi della non violenza evangelica. Quanta orgogliosa fede, quanta fermezza, ci viene trasmessa da chi proferisce parole di riconciliazione e di perdono, sapendo di dover rispondere in tal modo alla violenza e talora al sopruso. 138 UFFICIO DEL CLERO Abbiamo il dovere di restituire il patrimonio spirituale ricevuto dalla loro millenaria fedeltà alle verità della fede cristiana. Lo possiamo e lo dobbiamo fare con la nostra preghiera, con la concretezza del nostro aiuto, con i pellegrinaggi. L’Anno della Fede, nel cinquantesimo del Concilio Ecumenico Vaticano II, fornirà motivazioni singolari per muovere i nostri passi verso quella Terra, peregrinando ancor prima col cuore tra i misteri di Cristo in compagnia della Santa Madre del Signore. Il prossimo Venerdì Santo, attorno alla Croce di Cristo, ci sentiremo insieme a questi nostri fratelli e alle sorelle: la solitudine che talora si affaccia fortemente nella loro esistenza sia vinta dalla nostra fraternità. Ed essi possano proclamare nella serenità del corpo e dello spirito che “Gesù è il Signore” (At 11,20), affinché “la porta della fede” (At 14,27) continui a spalancarsi proprio da quella Terra ad assicurare il perdono e la bontà di Dio per l=intera famiglia umana. La nostra Congregazione si fa portavoce della gratitudine che Papa Benedetto XVI esprime ai pastori, ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, ai giovani e a quanti si prodigano per la Terra di Gesù. Ed è sicura di interpretare il grazie della Diocesi patriarcale di Gerusalemme, della Custodia Francescana e delle locali Chiese Orientali Cattoliche. Con l’augurio migliore nella gioia del Signore Crocifisso e Risorto. Leonardo Card. Sandri Prefetto della congregazione per le Chiese Orientali 139 UFFICIO DEL CLERO Giornata di fraternità sacerdotale Seminario San Gaudenzio Lunedì 7 maggio Lunedì 7 maggio, in seminario, si terrà la Giornata di fraternità sacerdotale, tradizionale occasione per festeggiare i sacerdoti che nel 2012 ricordano un significativo anniversario di ordinazione: 25°, 50°, 60°, 65° e 70°. Quest’anno la Giornata si arricchirà di un altro significato: è la prima volta che il nuovo Vescovo mons. Franco Giulio Brambilla vivrà con noi questo gioioso incontro di fraternità. Il nostro Vescovo presenterà la riflessione di aggiornamento culturale e spirituale del clero sul tema: La famiglia tra lavoro e festa, nella qualità di Co-presidente del Comitato teologico pastorale che ha organizzato il Congresso Internazionale Teologico Pastorale, in occasione del Settimo Incontro Mondiale delle Famiglie, che si terrà a Milano dal 30 maggio al 1 giugno 2012. Nel contesto della Giornata, infine, alcuni seminaristi di II Teologia presenteranno al Vescovo la domanda di ammissione tra i candidati al Diaconato e al Presbiterato. Questo segno diventa un invito a tutti i sacerdoti a una attenta e responsabile pastorale vocazionale, aiutando i ragazzi e i giovani a scoprire una possibile chiamata al sacerdozio e ad accompagnarli in una generosa risposta. PROGRAMMA 9,15 Accoglienza 9,30 Santa Messa presieduta dal Vescovo Concelebrano tutti i sacerdoti presenti, provvisti di camice e stola bianca. I festeggiati portino solo il camice; indosseranno la casula che sarà messa a disposizione in seminario. 11,15 Nell’auditorium “Mons. Del Monte” il nostro Vescovo proporrà la riflessione sul tema: La famiglia tra lavoro e festa. 13,00 Pranzo. I sacerdoti sono invitati a ritirare il ticket di prenotazione all’arrivo in seminario. 140 UFFICIO DEL CLERO ANNIVERSARI 70 anni di Messa ( ordinato nel 1942) AVONDO ARMANDO 65 anni di Messa (ordinati nel 1947) AVVIGNANO FRANCO BIGNOLI GIACOMO GADDIA ALDO MORETTI MONS. GIOVANNI BATTISTA UDINI PIERO 60 anni di Messa (ordinati nel 1952) AGAZZINI GIUSEPPE FRIGERIO FAUSTO MAINARDI ANGELO TAMONE SERAFINO 50 anni di Messa (ordinati 1962) BERTOLOTTI ARMANDO CASTELLETTA ROBERTO MELLONI ARTURO PIUMARTA LUCIANO 25 anni di Messa (1987) BOTTA GIORGIO GALLI FRANCO MICOTTI ADRIANO SOLDAVINI TIZIANO VERDINA ARMANDO 141 LA PAROLA DEL PAPA Senza giustizia non c’è vero diritto «Nella Chiesa l’interpretazione della legge canonica» Discorso del Papa ai partecipanti alla Rota Romana Roma - 21 gennaio 2012 Cari Componenti del Tribunale della Rota Romana! E’ per me motivo di gioia ricevervi oggi nell’annuale incontro, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario. Rivolgo il mio saluto al Collegio dei Prelati Uditori, ad iniziare dal Decano, Mons. Antoni Stankiewicz, che ringrazio per le sue parole. Un cordiale saluto anche agli Officiali, agli Avvocati, agli altri collaboratori, e a tutti i presenti. In questa circostanza rinnovo la mia stima per il delicato e prezioso ministero che svolgete nella Chiesa e che richiede un sempre rinnovato impegno per l’incidenza che esso ha per la salus animarum del Popolo di Dio. Nell’appuntamento di quest’anno, vorrei partire da uno degli importanti eventi ecclesiali, che vivremo tra qualche mese; mi riferisco all’Anno della fede, che, sulle orme del mio venerato Predecessore, il Servo di Dio Paolo VI, ho voluto indire nel cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II. Quel grande Pontefice – come ho scritto nella Lettera apostolica di indizione – stabilì per la prima volta un tale periodo di riflessione «ben cosciente delle gravi difficoltà del tempo, soprattutto riguardo alla professione della vera fede e alla sua retta interpretazione».1 Riallacciandomi a una simile esigenza, passando all’ambito che più direttamente interessa il vostro servizio alla Chiesa, oggi vorrei soffermarmi su di un aspetto primario del ministero giudiziale, ovvero l’interpretazione della legge canonica in ordine alla sua applicazione.2 Il nesso con il tema appena accennato – la retta interpretazione della fede – non si riduce certo a una mera assonanza semantica, considerato che il diritto canonico trova nelle verità di fede il suo fondamento e il suo stesso senso, e che la lex agendi non può che rispecchiare la lex credendi. La questione dell’interpretazione della legge canonica, peraltro, costituisce un argomento assai vasto e complesso, dinanzi al quale mi limiterò ad alcune osservazioni. Anzitutto l’ermeneutica del diritto canonico è strettamente legata alla concezione stessa della legge della Chiesa. Qualora si tendesse a identificare il diritto canonico con il sistema delle leg- 142 LA PAROLA DEL PAPA gi canoniche, la conoscenza di ciò che è giuridico nella Chiesa consisterebbe essenzialmente nel comprendere ciò che stabiliscono i testi legali. A prima vista questo approccio sembrerebbe valorizzare pienamente la legge umana. Ma risulta evidente l’impoverimento che questa concezione comporterebbe: con l’oblio pratico del diritto naturale e del diritto divino positivo, come pure del rapporto vitale di ogni diritto con la comunione e la missione della Chiesa, il lavoro dell’interprete viene privato del contatto vitale con la realtà ecclesiale. Negli ultimi tempi alcune correnti di pensiero hanno messo in guardia contro l’eccessivo attaccamento alle leggi della Chiesa, a cominciare dai Codici, giudicandolo, per l’appunto, una manifestazione di legalismo. Di conseguenza, sono state proposte delle vie ermeneutiche che consentono un approccio più consono con le basi teologiche e gli intenti anche pastorali della norma canonica, portando ad una creatività giuridica in cui la singola situazione diventerebbe fattore decisivo per accertare l’autentico significato del precetto legale nel caso concreto. La misericordia, l’equità, l’oikonomia così cara alla tradizione orientale, sono alcuni dei concetti a cui si ricorre in tale operazione interpretativa. Conviene notare subito che questa impostazione non supera il positivismo che denuncia, limitandosi a sostituirlo con un altro in cui l’opera interpretativa umana assurge a protagonista nello stabilire ciò che è giuridico. Manca il senso di un diritto oggettivo da cercare, poiché esso resta in balìa di considerazioni che pretendono di essere teologiche o pastorali, ma alla fine sono esposte al rischio dell’arbitrarietà. In tal modo l’ermeneutica legale viene svuotata: in fondo non interessa comprendere la disposizione della legge, dal momento che essa può essere dinamicamente adattata a qualunque soluzione, anche opposta alla sua lettera. Certamente vi è in questo caso un riferimento ai fenomeni vitali, di cui però non si coglie l’intrinseca dimensione giuridica. Esiste un’altra via, in cui la comprensione adeguata della legge canonica apre la strada a un lavoro interpretativo che s’inserisce nella ricerca della verità sul diritto e sulla giustizia nella Chiesa. Come ho voluto far presente al Parlamento Federale del mio Paese, nel Reichstag di Berlino,3 il vero diritto è inseparabile dalla giustizia. Il principio vale ovviamente anche per la legge canonica, nel senso che essa non può essere rinchiusa in un sistema normativo meramente umano, ma deve essere collegata a un ordine giusto della Chiesa, in cui vige una legge superiore. In quest’ottica la legge positiva umana perde il primato che le si vorrebbe attribuire, giacché il diritto non si identifica più semplicemente con essa; in ciò, tuttavia, la legge umana viene valorizzata in quanto espressione di giustizia, anzitutto per quanto essa dichiara come diritto divino, ma anche per quello che essa introduce come legittima determinazione di diritto umano. In tal modo, si rende possibile un’ermeneutica legale che sia autenticamente giuridica, nel senso che, mettendosi in sintonia con il significato proprio della legge, si può porre la domanda cruciale su quel che è giusto in ciascun caso. 143 LA PAROLA DEL PAPA Conviene osservare, a questo proposito, che per cogliere il significato proprio della legge occorre sempre guardare alla realtà che viene disciplinata, e ciò non solo quando la legge sia prevalentemente dichiarativa del diritto divino, ma anche quando introduca costitutivamente delle regole umane. Queste vanno infatti interpretate anche alla luce della realtà regolata, la quale contiene sempre un nucleo di diritto naturale e divino positivo, con il quale deve essere in armonia ogni norma per essere razionale e veramente giuridica. In tale prospettiva realistica, lo sforzo interpretativo, talvolta arduo, acquista un senso e un obiettivo. L’uso dei mezzi interpretativi previsti dal Codice di Diritto Canonico nel canone 17, a cominciare dal «significato proprio delle parole considerato nel testo e nel contesto», non è più un mero esercizio logico. Si tratta di un compito che è vivificato da un autentico contatto con la realtà complessiva della Chiesa, che consente di penetrare nel vero senso della lettera della legge. Accade allora qualcosa di simile a quanto ho detto a proposito del processo interiore di Sant’Agostino nell’ermeneutica biblica: «il trascendimento della lettera ha reso credibile la lettera stessa».4 Si conferma così che anche nell’ermeneutica della legge l’autentico orizzonte è quello della verità giuridica da amare, da cercare e da servire. Ne segue che l’interpretazione della legge canonica deve avvenire nella Chiesa. Non si tratta di una mera circostanza esterna, ambientale: è un richiamo allo stesso humus della legge canonica e delle realtà da essa regolate. Il sentire cum Ecclesia ha senso anche nella disciplina, a motivo dei fondamenti dottrinali che sono sempre presenti e operanti nelle norme legali della Chiesa. In questo modo, va applicata anche alla legge canonica quell’ermeneutica del rinnovamento nella continuità di cui ho parlato in riferimento al Concilio Vaticano II,5 così strettamente legato all’attuale legislazione canonica. La maturità cristiana conduce ad amare sempre più la legge e a volerla comprendere ed applicare con fedeltà. Questi atteggiamenti di fondo si applicano a tutte le categorie di interpretazione: dalla ricerca scientifica sul diritto canonico, al lavoro degli operatori giuridici in sede giudiziaria o amministrativa, fino alla ricerca quotidiana delle soluzioni giuste nella vita dei fedeli e delle comunità. Occorre spirito di docilità per accogliere le leggi, cercando di studiare con onestà e dedizione la tradizione giuridica della Chiesa per potersi identificare con essa e anche con le disposizioni legali emanate dai Pastori, specialmente le leggi pontificie nonché il magistero su questioni canoniche, il quale è di per sé vincolante in ciò che insegna sul diritto.6 Solo in questo modo si potranno discernere i casi in cui le circostanze concrete esigono una soluzione equitativa per raggiungere la giustizia che la norma generale umana non ha potuto prevedere, e si sarà in grado di manifestare in spirito di comunione ciò che può servire a migliorare l’assetto legislativo. 144 LA PAROLA DEL PAPA Queste riflessioni acquistano una peculiare rilevanza nell’ambito delle leggi riguardanti l’atto costitutivo del matrimonio e la sua consumazione e la ricezione dell’Ordine sacro, e di quelle attinenti ai rispettivi processi. Qui la sintonia con il vero senso della legge della Chiesa diventa una questione di ampia e profonda incidenza pratica nella vita delle persone e delle comunità e richiede una speciale attenzione. In particolare, vanno anche applicati tutti i mezzi giuridicamente vincolanti che tendono ad assicurare quell’unità nell’interpretazione e nell’applicazione delle leggi che è richiesta dalla giustizia: il magistero pontificio specificamente concernente questo campo, contenuto soprattutto nelle Allocuzioni alla Rota Romana; la giurisprudenza della Rota Romana, sulla cui rilevanza ho già avuto modo di parlarvi;7 le norme e le dichiarazioni emanate da altri Dicasteri della Curia Romana. Tale unità ermeneutica in ciò che è essenziale non mortifica in alcun modo le funzioni dei tribunali locali, chiamati a confrontarsi per primi con le complesse situazioni reali che si danno in ogni contesto culturale. Ciascuno di essi, infatti, è tenuto a procedere con un senso di vera riverenza nei riguardi della verità sul diritto, cercando di praticare esemplarmente, nell’applicazione degli istituti giudiziali e amministrativi, la comunione nella disciplina, quale aspetto essenziale dell’unità della Chiesa. Avviandomi alla conclusione di questo momento di incontro e di riflessione, vorrei ricordare la recente innovazione - a cui ha fatto riferimento Mons. Stankiewicz - in forza della quale sono state trasferite ad un Ufficio presso codesto Tribunale Apostolico le competenze circa i procedimenti di dispensa dal matrimonio rato e non consumato e le cause di nullità della sacra Ordinazione.8 Sono certo che vi sarà una generosa risposta a questo nuovo impegno ecclesiale. Nell’incoraggiare la vostra preziosa opera, che richiede un fedele, quotidiano e impegnato lavoro, vi affido all’intercessione della Beata Vergine Maria, Speculum iustitiae, e volentieri vi imparto la Benedizione Apostolica. 1 Motu pr. Porta fidei, 11 ottobre 2011, 5: L’Osservatore Romano, 17-18 ottobre 2011, p. 4. 2 Cfr can. 16, § 3 CIC; can. 1498, § 3 CCEO. 3 Cfr Discorso al Parlamento Federale della Repubblica Federale di Germania, 22 settembre 2011: L’Osservatore Romano, 24 settembre 2011, pp. 6-7. 4 Cfr Esort. ap. postsininodale Verbum Domini, 30 settembre 2010, 38: AAS 102 (2010), p. 718, n. 38. 5 Cfr Discorso alla Curia Romana, 22 dicembre 2005: AAS 98 (2006), pp. 40-53. 6 Cfr Giovanni Paolo II, Allocuzione alla Rota Romana, 29 gennaio 2005, 6: AAS 97 (2005), pp. 165-166. 7 Cfr Allocuzione alla Rota Romana, 26 gennaio 2008: AAS 100 (2008), pp. 84-88. 8 Cfr Motu pr. Quaerit semper, 30 agosto 2011: L’Osservatore Romano, 28 settembre 2011, p. 7. 145 LA PAROLA DEL PAPA «Siate umili e liberi dalle opinioni del mondo» Incontro di inizio Quaresima del Papa con il clero di Roma Roma, 23 febbraio 2012 Cari fratelli, è per me una grande gioia vedere ogni anno, all’inizio della Quaresima, il mio clero, il clero di Roma, ed è bello per me vedere oggi come siamo numerosi. Io pensavo che in questa grande aula saremmo stati un gruppo quasi perso, ma vedo che siamo un forte esercito di Dio e possiamo con forza entrare in questo nostro tempo, nelle battaglie necessarie per promuovere, per far andare avanti il Regno di Dio. Siamo entrati ieri per la porta della Quaresima, rinnovamento annuale del nostro Battesimo; ripetiamo quasi il nostro catecumenato, andando di nuovo nella profondità del nostro essere battezzati, riprendendo, ritornando al nostro essere battezzati e così incorporati in Cristo. In questo modo, possiamo anche cercare di guidare le nostre comunità nuovamente in questa comunione intima con la morte e risurrezione di Cristo, divenire sempre più conformi a Cristo, divenire sempre più realmente cristiani. Il brano della Lettera di san Paolo agli Efesini che abbiamo ascoltato (4,1-16) è uno dei grandi testi ecclesiali del Nuovo Testamento. Comincia con l’autopresentazione dell’autore: «Io Paolo, prigioniero a motivo del Signore» (v. 1). La parola greca desmios dice «incatenato»: Paolo, come un criminale, è in catene, incatenato per Cristo e così inizia nella comunione con la passione di Cristo. Questo è il primo elemento dell’autopresentazione: egli parla incatenato, parla nella comunione della passione di Cristo e così sta in comunione anche con la risurrezione di Cristo, con la sua nuova vita. Sempre noi, quando parliamo, dobbiamo parlare in comunione con la sua passione e anche accettare le nostre passioni, le nostre sofferenze e prove, in questo senso: sono proprio prove della presenza di Cristo, che Lui è con noi e che andiamo, in comunione alla sua passione, verso la novità della vita, verso la risurrezione. «Incatenato», quindi, è prima una parola della teologia della croce, della comunione necessaria di ogni evangelizzatore, di ogni Pastore con il Pastore supremo, che ci ha redenti «dandosi», soffrendo per noi. L’amore è sofferenza, è un darsi, è un perdersi, e proprio in questo modo è fecondo. Ma così, nell’elemento esteriore delle catene, della libertà non più presente, appare e traspare anche un altro 146 LA PAROLA DEL PAPA aspetto: la vera catena che lega Paolo a Cristo è la catena dell’amore. «Incatenato per amore»: un amore che dà libertà, un amore che lo fa capace di rendere presente il Messaggio di Cristo e Cristo stesso. E questo dovrebbe essere, anche per noi tutti, l’ultima catena che ci libera, collegati con la catena dell’amore a Cristo. Così troviamo la libertà e la vera strada della vita, e possiamo, con l’amore di Cristo, guidare a questo amore, che è la gioia, la libertà, anche gli uomini affidatici. E poi dice «Esorto» (Ef 4,1): è il suo compito quello di esortare, ma non è un ammonimento moralistico. Esorto dalla comunione con Cristo; è Cristo stesso, ultimamente, che esorta, che invita con l’amore di un padre e di una madre. «Comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto» (v. 1); cioè, primo elemento: abbiamo ricevuto una chiamata. Io non sono anonimo o senza senso nel mondo: c’è una chiamata, c’è una voce che mi ha chiamato, una voce che seguo. E la mia vita dovrebbe essere un entrare sempre più profondamente nel cammino della chiamata, seguire questa voce e così trovare la vera strada e guidare gli altri su questa strada. Sono «chiamato con una chiamata». Direi che abbiamo la grande prima chiamata del Battesimo, di essere con Cristo; la seconda grande chiamata di essere Pastori al suo servizio, e dobbiamo essere sempre più in ascolto di questa chiamata, in modo da poter chiamare o meglio aiutare anche altri affinché sentano la voce del Signore che chiama. La grande sofferenza della Chiesa di oggi nell’Europa e nell’Occidente è la mancanza di vocazioni sacerdotali, ma il Signore chiama sempre, manca l’ascolto. Noi abbiamo ascoltato la sua voce e dobbiamo essere attenti alla voce del Signore anche per altri, aiutare perché ci sia ascolto, e così sia accettata la chiamata, si apra una strada della vocazione ad essere Pastori con Cristo. San Paolo ritorna su questa parola «chiamata» alla fine di questo primo capoverso, e parla di una vocazione, di una chiamata che è alla speranza - la chiamata stessa è una speranza – e così dimostra le dimensioni della chiamata: non è solo individuale, la chiamata è già un fenomeno dialogico, un fenomeno nel «noi»; nell’«io e tu» e nel «noi». «Chiamata alla speranza». Vediamo così le dimensioni della chiamata; esse sono tre. Chiamata, ultimamente, secondo questo testo, verso Dio. Dio è la fine; alla fine arriviamo semplicemente in Dio e tutto il cammino è un cammino verso Dio. Ma questo cammino verso Dio non è mai isolato, un cammino solo nell’«io», è un cammino verso il futuro, verso il rinnovamento del mondo, e un cammino nel «noi» dei chiamati che chiama altri, fa ascoltare loro questa chiamata. Perciò la chiamata è sempre anche una vocazione ecclesiale. Essere fedeli alla chiamata del Signore implica scoprire questo «noi» nel quale e per il quale siamo chiamati, come pure andare insieme e realizzare le virtù necessarie. La «chiamata» implica l’ecclesialità, implica quindi la dimensione verticale e orizzontale, che vanno inscindibilmente insieme, implica ecclesialità nel senso di 147 LA PAROLA DEL PAPA lasciarci aiutare per il «noi» e di costruire questo «noi» della Chiesa. In tale senso, san Paolo illustra la chiamata con questa finalità: un Dio unico, solo, ma con questa direzione verso il futuro; la speranza è nel «noi» di quelli che hanno la speranza, che amano all’interno della speranza, con alcune virtù che sono proprio gli elementi dell’andare insieme. La prima è: «con ogni umiltà» (Ef 4,2). Vorrei soffermarmi un po’ di più su questa perché è una virtù che nel catalogo delle virtù precristiane non appare; è una virtù nuova, la virtù della sequela di Cristo. Pensiamo alla Lettera ai Filippesi, al capitolo due: Cristo, essendo uguale a Dio, si è umiliato, accettando forma di servo e obbedendo fino alla croce (cfr Fil 2,6-8). Questo è il cammino dell’umiltà del Figlio che noi dobbiamo imitare. Seguire Cristo vuol dire entrare in questo cammino dell’umiltà. Il testo greco dice tapeinophrosyne (cfr Ef 4,2): non pensare in grande di se stessi, avere la misura giusta. Umiltà. Il contrario dell’umiltà è la superbia, come la radice di tutti i peccati. La superbia che è arroganza, che vuole soprattutto potere, apparenza, apparire agli occhi degli altri, essere qualcuno o qualcosa, non ha l’intenzione di piacere a Dio, ma di piacere a se stessi, di essere accettati dagli altri e – diciamo – venerati dagli altri. L’«io» al centro del mondo: si tratta del mio io superbo, che sa tutto. Essere cristiano vuol dire superare questa tentazione originaria, che è anche il nucleo del peccato originale: essere come Dio, ma senza Dio; essere cristiano è essere vero, sincero, realista. L’umiltà è soprattutto verità, vivere nella verità, imparare la verità, imparare che la mia piccolezza è proprio la grandezza, perché così sono importante per il grande tessuto della storia di Dio con l’umanità. Proprio riconoscendo che io sono un pensiero di Dio, della costruzione del suo mondo, e sono insostituibile, proprio così, nella mia piccolezza, e solo in questo modo, sono grande. Questo è l’inizio dell’essere cristiano: è vivere la verità. E solo vivendo la verità, il realismo della mia vocazione per gli altri, con gli altri, nel corpo di Cristo, vivo bene. Vivere contro la verità è sempre vivere male. Viviamo la verità! Impariamo questo realismo: non voler apparire, ma voler piacere a Dio e fare quanto Dio ha pensato di me e per me, e così accettare anche l’altro. L’accettare l’altro, che forse è più grande di me, suppone proprio questo realismo e l’amore della verità; suppone accettare me stesso come «pensiero di Dio», così come sono, nei miei limiti e, in questo modo, nella mia grandezza. Accettare me stesso e accettare l’altro vanno insieme: solo accettando me stesso nel grande tessuto divino posso accettare anche gli altri, che formano con me la grande sinfonia della Chiesa e della creazione. Io penso che le piccole umiliazioni, che giorno per giorno dobbiamo vivere, sono salubri, perché aiutano ognuno a riconoscere la propria verità ed essere così liberi da questa vanagloria che è contro la verità e non mi può rendere felice e buono. Accettare e imparare questo, e così imparare ad accettare la mia posizione nella Chiesa, 148 LA PAROLA DEL PAPA il mio piccolo servizio come grande agli occhi di Dio. E proprio questa umiltà, questo realismo, rende liberi. Se sono arrogante, se sono superbo, vorrei sempre piacere e se non ci riesco sono misero, sono infelice e devo sempre cercare questo piacere. Quando invece sono umile ho la libertà anche di essere in contrasto con un’opinione prevalente, con pensieri di altri, perché l’umiltà mi dà la capacità, la libertà della verità. E così, direi, preghiamo il Signore perché ci aiuti, ci aiuti ad essere realmente costruttori della comunità della Chiesa; che cresca, che noi stessi cresciamo nella grande visione di Dio, del «noi», e siamo membra del Corpo di Cristo, appartenente così, in unità, al Figlio di Dio. La seconda virtù - ma siamo più brevi – è la «dolcezza», dice la traduzione italiana (Ef 4,2), in greco è praus, cioè «mite, mansueto»; e anche questa è una virtù cristologica come l’umiltà, che è seguire Cristo su questa strada della umiltà. Così anche praus, essere mite, essere mansueto, è sequela di Cristo che dice: Venite da me, io sono mite di cuore (cfr Mt 11,29). Questo non vuol dire debolezza. Cristo può essere anche duro, se necessario, ma sempre con un cuore buono, rimane sempre visibile la bontà, la mansuetudine. Nella Sacra Scrittura, qualche volta, «i mansueti» è semplicemente il nome dei credenti, del piccolo gregge dei poveri che, in tutte le prove, rimangono umili e fermi nella comunione del Signore: cercare questa mitezza, che è il contrario della violenza. La terza beatitudine. Il Vangelo di san Matteo dice: felici i mansueti, perché possederanno la terra (cfr Mt 5,5). Non i violenti possiedono la terra, alla fine rimangono i mansueti: essi hanno la grande promessa, e così noi dobbiamo essere proprio sicuri della promessa di Dio, della mitezza che è più forte della violenza. In questa parola della mansuetudine si nasconde il contrasto con la violenza: i cristiani sono i non violenti, sono gli oppositori della violenza. E san Paolo prosegue: «con magnanimità» (Ef 4,2): Dio è magnanimo. Nonostante le nostre debolezze e i nostri peccati, sempre di nuovo comincia con noi. Mi perdona, anche se sa che domani cadrò di nuovo nel peccato; distribuisce i suoi doni, anche se sa che siamo spesso amministratori insufficienti. Dio è magnanimo, di grande cuore, ci affida la sua bontà. E questa magnanimità, questa generosità fa parte proprio della sequela di Cristo, di nuovo. Infine, «sopportandovi a vicenda nell’amore» (Ef 4,2); mi sembra che proprio dall’umiltà segua questa capacità di accettare l’altro. L’alterità dell’altro è sempre un peso. Perché l’altro è diverso? Ma proprio questa diversità, questa alterità è necessaria per la bellezza della sinfonia di Dio. E dobbiamo, proprio con l’umiltà nella quale riconosco i miei limiti, la mia alterità nel confronto con l’altro, il peso che io sono per l’altro, divenire capaci non solo di sopportare l’altro, ma, con amore, trovare proprio nell’alterità anche la ricchezza del suo essere e delle idee e della fantasia di Dio. 149 LA PAROLA DEL PAPA Tutto questo, quindi, serve come virtù ecclesiale alla costruzione del Corpo di Cristo, che è lo Spirito di Cristo, perché divenga di nuovo esempio, di nuovo corpo, e cresca. Paolo lo dice poi in concreto, affermando che tutta questa varietà dei doni, dei temperamenti, dell’essere uomo, serve per l’unità (cfr Ef 4,11-13). Tutte queste virtù sono anche virtù dell’unità. Per esempio, per me è molto significativo che la prima Lettera dopo il Nuovo Testamento, la Prima Lettera di Clemente, sia indirizzata ad una comunità, quella dei Corinzi, divisa e sofferente per la divisione (cfr PG 1, 201-328). In questa Lettera, proprio la parola «umiltà» è una parola chiave: sono divisi perché manca l’umiltà, l’assenza dell’umiltà distrugge l’unità. L’umiltà è una fondamentale virtù dell’unità e solo così cresce l’unità del Corpo di Cristo, diventiamo realmente uniti e riceviamo la ricchezza e la bellezza dell’unità. Perciò è logico che l’elenco di queste virtù, che sono virtù ecclesiali, cristologiche, virtù dell’unità, vada verso l’unità esplicita: «un solo Signore, una sola fede, un solo Battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti» (Ef 4,5). Una sola fede e un solo Battesimo, come realtà concreta della Chiesa che sta sotto l’unico Signore. Battesimo e fede sono inseparabili. Il Battesimo è il Sacramento della fede e la fede ha un duplice aspetto. E’ un atto profondamente personale: io conosco Cristo, mi incontro con Cristo e do fiducia a Lui. Pensiamo alla donna che tocca il suo vestito nella speranza di essere salvata (cfr Mt 9, 20-21); si affida a Lui totalmente e il Signore dice: Sei salva, perché hai creduto (cfr Mt 9, 22). Anche ai lebbrosi, all’unico che ritorna, dice: La tua fede ti ha salvato (cfr Lc 17, 19). Quindi la fede inizialmente è soprattutto un incontro personale, un toccare il vestito di Cristo, un essere toccato da Cristo, essere in contatto con Cristo, affidarsi al Signore, avere e trovare l’amore di Cristo e, nell’amore di Cristo, la chiave anche della verità, dell’universalità. Ma proprio per questo, perché chiave dell’universalità dell’unico Signore, tale fede non è solo un atto personale di fiducia, ma un atto che ha un contenuto. La fides qua esige la fides quae, il contenuto della fede, e il Battesimo esprime questo contenuto: la formula trinitaria è l’elemento sostanziale del credo dei cristiani. Esso, di per sé, è un «sì» a Cristo, e così al Dio Trinitario, con questa realtà, con questo contenuto che mi unisce a questo Signore, a questo Dio, che ha questo Volto: vive come Figlio del Padre nell’unità dello Spirito Santo e nella comunione del Corpo di Cristo. Quindi, questo mi sembra molto importante: la fede ha un contenuto e non è sufficiente, non è un elemento di unificazione se non c’è e non viene vissuto e confessato questo contenuto della unica fede. Perciò, «Anno della Fede», Anno del Catechismo - per essere molto pratico sono collegati imprescindibilmente. Rinnoveremo il Concilio solo rinnovando il contenuto - condensato poi di nuovo - del Catechismo della Chiesa Cattolica. E un grande problema della Chiesa attuale è la mancanza di conoscenza della fede, è l’«analfabetismo religioso», come hanno detto i Cardinali venerdì scorso circa questa realtà. «Analfabetismo religioso»; e con questo analfabetismo non 150 LA PAROLA DEL PAPA possiamo crescere, non può crescere l’unità. Perciò dobbiamo noi stessi appropriarci di nuovo di questo contenuto, come ricchezza dell’unità e non come un pacchetto di dogmi e di comandamenti, ma come una realtà unica che si rivela nella sua profondità e bellezza. Dobbiamo fare il possibile per un rinnovamento catechistico, perché la fede sia conosciuta e così Dio sia conosciuto, Cristo sia conosciuto, la verità sia conosciuta e cresca l’unità nella verità. Poi tutte queste unità finiscono nel: «un solo Dio e Padre di tutti». Tutto quanto non è umiltà, tutto quanto non è fede comune, distrugge l’unità, distrugge la speranza e rende invisibile il Volto di Dio. Dio è Uno e Unico. Il monoteismo era il grande privilegio di Israele, che ha conosciuto l’unico Dio, e rimane elemento costitutivo della fede cristiana. Il Dio Trinitario - lo sappiamo - non sono tre divinità, ma è un unico Dio; e vediamo meglio che cosa voglia dire unità: unità è unità dell’amore. E’ così: proprio perché è il circolo di amore, Dio è Uno e Unico. Per Paolo, come abbiamo visto, l’unità di Dio si identifica con la nostra speranza. Perché? In che modo? Perché l’unità di Dio è speranza, perché questa ci garantisce che, alla fine, non ci sono diversi poteri, alla fine non c’è dualismo tra poteri diversi e contrastanti, alla fine non rimane il capo del drago che si potrebbe levare contro Dio, non rimane la sporcizia del male e del peccato. Alla fine rimane solo la luce! Dio è unico ed è l’unico Dio: non c’è altro potere contro di Lui! Sappiamo che oggi, con i mali che viviamo nel mondo sempre più crescenti, molti dubitano dell’Onnipotenza di Dio; anzi diversi teologi – anche buoni – dicono che Dio non sarebbe Onnipotente, perché non sarebbe compatibile con l’onnipotenza quanto vediamo nel mondo; e così essi vogliono creare una nuova apologia, scusare Dio e «discolpare» Dio da questi mali. Ma questo non è il modo giusto, perché se Dio non è Onnipotente, se ci sono e rimangono altri poteri, non è veramente Dio e non è speranza, perché alla fine rimarrebbe il politeismo, alla fine rimarrebbe la lotta, il potere del male. Dio è Onnipotente, l’unico Dio. Certo, nella storia si è dato un limite alla sua onnipotenza, riconoscendo la nostra libertà. Ma alla fine tutto ritorna e non rimane altro potere; questa è la speranza: che la luce vince, l’amore vince! Alla fine non rimane la forza del male, rimane solo Dio! E così siamo nel cammino della speranza, camminando verso l’unità dell’unico Dio, rivelatosi per lo Spirito Santo, nell’Unico Signore, Cristo. Poi da questa grande visione, san Paolo scende un po’ ai dettagli e dice di Cristo: «Asceso in alto ha portato con sé i prigionieri, ha distribuito doni agli uomini» (Ef 4,8). L’Apostolo cita il Salmo 68, che descrive in modo poetico la salita di Dio con l’Arca dell’Alleanza verso le altezze, verso la cima del Monte Sion, verso il tempio: Dio come vincitore che ha superato gli altri, che sono prigionieri, e, come un vero vincitore, distribuisce doni. Il Giudaismo ha visto in questo piuttosto un’immagine di Mosé, che sale verso il Monte Sinai per ricevere nell’altezza la volontà di Dio, i Comandamenti, non considerati come peso, ma come il dono di conoscere il Volto di Dio, la volontà di Dio. Paolo, alla fine, vede qui un’immagine dell’ascesa di Cristo che sale in alto dopo essere sceso; 151 LA PAROLA DEL PAPA sale e tira l’umanità verso Dio, fà posto per la carne e il sangue in Dio stesso; ci tira verso l’altezza del suo essere Figlio e ci libera dalla prigionia del peccato, ci rende liberi perché vincitore. Essendo vincitore, Egli distribuisce i doni. E così siamo arrivati dall’ascesa di Cristo alla Chiesa. I doni sono la charis come tale, la grazia: essere nella grazia, nell’amore di Dio. E poi i carismi che concretizzano la charis nelle singole funzioni e missioni: apostoli, profeti, evangelisti, pastori e maestri per edificare così il Corpo di Cristo (cfr Ef 4,11). Non vorrei entrare adesso in un’esegesi dettagliata. E’ molto discusso qui che cosa voglia dire apostoli, profeti… In ogni caso, possiamo dire che la Chiesa è costruita sul fondamento della fede apostolica, che rimane sempre presente: gli Apostoli, nella successione apostolica, sono presenti nei Pastori, che siamo noi, per la grazia di Dio e nonostante tutta la nostra povertà. E siamo grati a Dio che ci ha voluto chiamare per stare nella successione apostolica e continuare ad edificare il Corpo di Cristo. Qui appare un elemento che mi sembra importante: i ministeri – i cosiddetti ministeri – sono chiamati «doni di Cristo», sono carismi; cioè, non c’è questa opposizione: da una parte il ministero, come una cosa giuridica, e dall’altra i carismi, come dono profetico, vivace, spirituale, come presenza dello Spirito e la sua novità. No! Proprio i ministeri sono dono del Risorto e sono carismi, sono articolazioni della sua grazia; uno non può essere sacerdote senza essere carismatico. E’ un carisma essere sacerdote. Questo - mi sembra - dobbiamo tenerlo presente: essere chiamato al sacerdozio, essere chiamato con un dono del Signore, con un carisma del Signore. E così, ispirati dal suo Spirito, dobbiamo cercare di vivere questo nostro carisma. Solo in questo modo penso si possa capire che la Chiesa in Occidente ha collegato inscindibilmente sacerdozio e celibato: essere in un’esistenza escatologica verso l’ultima destinazione della nostra speranza, verso Dio. Proprio perché il sacerdozio è un carisma e deve essere anche collegato con un carisma: se non fosse questo e fosse solamente una cosa giuridica, sarebbe assurdo imporre un carisma, che è un vero carisma; ma se il sacerdozio stesso è carisma, è normale che conviva con il carisma, con lo stato carismatico della vita escatologica. Preghiamo il Signore perché ci aiuti a capire sempre di più questo, a vivere sempre più nel carisma dello Spirito Santo e a vivere così anche questo segno escatologico della fedeltà al Signore Unico, che proprio per il nostro tempo è necessario, con la decomposizione del matrimonio e della famiglia, che possono comporsi solo nella luce di questa fedeltà all’unica chiamata del Signore. Un ultimo punto. San Paolo parla della crescita dell’uomo perfetto, che raggiunge la misura della pienezza di Cristo: non saremo più fanciulli in balia delle onde, trasportati da qualsiasi vento di dottrina (cfr Ef 4,13-14). «Al contrario, agendo secondo la verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa, tendendo a Lui» (Ef 4,15). Non si può vivere in una fanciullezza spirituale, in una fanciullezza di fede: purtroppo, in questo nostro mondo, vediamo questa fanciullezza. Molti, oltre la prima catechesi, non sono più andati avanti; forse 152 LA PAROLA DEL PAPA è rimasto questo nucleo, forse si è anche distrutto. E del resto, essi sono sulle onde del mondo e nient’altro; non possono, come adulti, con competenza e con convinzione profonda, esporre e rendere presente la filosofia della fede per così dire - la grande saggezza, la razionalità della fede, che apre gli occhi anche degli altri, che apre gli occhi proprio su quanto è buono e vero nel mondo. Manca questo essere adulti nella fede e rimane la fanciullezza nella fede. Certo, in questi ultimi decenni, abbiamo vissuto anche un altro uso della parola «fede adulta». Si parla di «fede adulta», cioè emancipata dal Magistero della Chiesa. Fino a quando sono sotto la madre, sono fanciullo, devo emanciparmi; emancipato dal Magistero, sono finalmente adulto. Ma il risultato non è una fede adulta, il risultato è la dipendenza dalle onde del mondo, dalle opinioni del mondo, dalla dittatura dei mezzi di comunicazione, dall’opinione che tutti pensano e vogliono. Non è vera emancipazione, l’emancipazione dalla comunione del Corpo di Cristo! Al contrario, è cadere sotto la dittatura delle onde, del vento del mondo. La vera emancipazione è proprio liberarsi da questa dittatura, nella libertà dei figli di Dio che credono insieme nel Corpo di Cristo, con il Cristo Risorto, e vedono così la realtà, e sono capaci di rispondere alle sfide del nostro tempo. Mi sembra che dobbiamo pregare molto il Signore, perché ci aiuti ad essere emancipati in questo senso, liberi in questo senso, con una fede realmente adulta, che vede, fa vedere e può aiutare anche gli altri ad arrivare alla vera perfezione, alla vera età adulta, in comunione con Cristo. In questo contesto c’è la bella espressione dell’aletheuein en te agape, essere veri nella carità, vivere la verità, essere verità nella carità: i due concetti vanno insieme. Oggi il concetto di verità è un po’ sotto sospetto perché si combina verità con violenza. Purtroppo nella storia ci sono stati anche episodi dove si cercava di difendere la verità con la violenza. Ma le due sono contrarie. La verità non si impone con altri mezzi, se non da se stessa! La verità può arrivare solo tramite se stessa, la propria luce. Ma abbiamo bisogno della verità; senza verità non conosciamo i veri valori e come potremo ordinare il kosmos dei valori? Senza verità siamo ciechi nel mondo, non abbiamo strada. Il grande dono di Cristo è proprio che vediamo il Volto di Dio e, anche se in modo enigmatico, molto insufficiente, conosciamo il fondo, l’essenziale della verità in Cristo, nel suo Corpo. E conoscendo questa verità, cresciamo anche nella carità che è la legittimazione della verità e ci mostra che è verità. Direi proprio che la carità è il frutto della verità - l’albero si conosce dai frutti – e se non c’è carità, anche la verità non è propriamente appropriata, vissuta; e dove è la verità, nasce la carità. Grazie a Dio, lo vediamo in tutti i secoli: nonostante i fatti negativi, il frutto della carità è sempre stato presente nella cristianità e lo è oggi! Lo vediamo nei martiri, lo vediamo in tante suore, frati e sacerdoti che servono umilmente i poveri, i malati, che sono presenza della carità di Cristo. E così sono il grande segno che qui è la verità. Preghiamo il Signore perché ci aiuti a portare il frutto della carità ed essere così testimoni della sua verità. Grazie. 153 ORDINARIATO L’ultimo saluto al Presidente Oscar Luigi Scalfaro Un novarese a servizio dell’Italia Si è spento, alle prime ore di domenica 29 febbraio a Roma, il presidente emerito e senatore a vita Oscar Lugi Scalfaro. Aveva 93 anni, essendo nato a Novara il 9 settembre 1918. E a Novara ha sempre risieduto, fino agli ultimi anni, trascorsi nella sua residenza romana. Nella sua città ha compiuto gli studi (fu liceale al classico Carlo Alberto), ha affrontato gli studi universitari laureandosi in Giurisprudenza alla Cattolica di Milano (1941), ha iniziato l’impegno ecclesiale nell’Azione Cattolica (di lui si ricorda l’inossidabile costanza nel portare il distintivo dell’Ac all’occhiello della giacca) fino a diventarne presidente diocesano nel 1940, si è impegnato nella Resistenza, ha svolto i primi compiti di magistrato come pubblico ministero presso la Corte d’Assise speciale e, nel 1946, per insistente richiesta del Vescovo mons. Leone Ossola, si presentò alle elezioni dell’Assemblea Costituente, per poi essere sempre eletto deputato per 12 legislature consecutive fino a diventare il nono presidente della Repubblica italiana. A Novara si era sposato nel 1943 con Maria Inzitari, morta l’anno seguente pochi giorni dopo aver dato alla luce la figlia Marianna, che sempre è rimasta a fianco del padre. La sua vita a servizio delle istituzioni repubblicane è così riassunta dal sito del Quirinale: “Viene eletto Deputato all'Assemblea Costituente il 2 giugno 1946 nelle liste della Democrazia Cristiana risultando capolista della circoscrizione Torino-NovaraVercelli. E' eletto Deputato al Parlamento in tutte le legislature dal 1948 al 1992. Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri dal 1954 al 1955 si adopera attivamente per il rientro di Trieste all'Italia, per l'accoglienza dei profughi giuliano-dalmati e per l'attuazione degli accordi De Gasperi-Gruber riguardanti l'Alto Adige. Sottosegretario di Stato al Ministero della Giustizia dal 1955 al 1958 promuove e porta all’approvazione la legge che consente alle donne l’accesso alla carriera di magistrato. Sottosegretario al Ministero dell'Interno dal 1959 al 1962 promuove e porta all'approvazione la legge che istituisce la Polizia femminile. Ministro dei Trasporti e dell'Aviazione Civile dal 1966 al 1968 e successivamente nel 1972 affronta per la prima volta nella storia delle Ferrovie il tema dell'Alta Velocità, avviando la costruzione della "direttissima" Roma-Firenze. In questa veste conclude con i sindacati delle Ferrovie anche il primo accordo riguardante l'esercizio del diritto di sciopero. 154 ORDINARIATO Ministro della Pubblica Istruzione nel 1972. Ministro dell’Interno dal 1983 al 1987 promuove e stipula i primi accordi internazionali con i Paesi della Comunità europea, con Israele e con i governi africani dell’area mediterranea per la lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata, affermando che in questo campo “nessuno vince da solo e nessuno perde da solo”. E' eletto Presidente della Camera dei Deputati il 24 aprile 1992 e Presidente della Repubblica il 25 maggio dello stesso anno. Sin dall'inizio del suo mandato Scalfaro è chiamato ad affrontare la più grave crisi della storia repubblicana con preoccupanti manifestazioni sul piano politico ed economico. Esplode il fenomeno di "Tangentopoli" che provoca un serio affievolimento della rappresentatività della politica e nel contempo si verifica anche una inquietante perdita della capacità di acquisto della moneta, con evidenti ripercussioni di carattere generale. Si sforza in ogni circostanza di rincuorare il Paese e di rassicurare gli osservatori internazionali sulla saldezza delle istituzioni italiane. E' anche frutto di questa azione se la lira, nonostante le previsioni negative di molti, giunge all'approdo nell'Euro. Durante questi "sette anni drammatici", come li definisce la stampa, Scalfaro difende costantemente i valori fondanti della Repubblica contenuti nella prima parte della Carta Costituzionale, auspicando che ogni possibile modifica della seconda parte della Costituzione avvenga a larga maggioranza con il concorso delle forze politiche sia di governo che di opposizione. Così per la legge elettorale. Anche sul piano internazionale è intensa la sua attività. Numerose sono le visite di Stato da lui compiute sia in Paesi ove mai in precedenza erano state effettuate sia in quelli ove è consistente la presenza italiana in termini di comunità e di relazioni economiche”. Al termine del settennato Scalfaro prosegue l’attività nell’altro ramo del Parlamento, come senatore a vita. Anni di impegno attivo in aula, con la proposizione di numerosi disegni di legge. Sono stati anche gli anni di un rinnovato impegno politico per il mantenimento della Costituzione italiana: è stato Presidente del Comitato “Salviamo la Costituzione”. Da presidente emerito, Oscar Luigi Scalfaro ha partecipato più volte, a Novara e nel novarese, ad incontri pubblici, in particolare tra gli studenti per ribadire e trasmettere alle nuove generazioni le ragioni del servizio al bene comune e dei valori fondanti della nostra Repubblica. Dopo la celebrazione dei funerali a Roma nella chiesa di Santa Maria in Trastevere, la sua salma venne accolta nel Battistero del Duomo di Novara. Martedì 31 gennaio mons. Renato Corti, con mons. Enrico Masseroni arcivescovo di Vercelli hanno celebrato la liturgia esequiale con la partecipazione di numerosi sacerdoti e molti novaresi e amici che hanno voluto dare l’ultimo saluto al Presidente che sempre è rimasto legato alla nostra terra. La sua salma venne sepolta nel cimitero di Cameri accanto alla tomba della moglie. 155 ORDINARIATO TELEGRAMMA DI PAPA BENEDETTO XVI Appresa la notizia della morte del senatore Oscar Luigi Scalfaro, Papa Benedetto XVI ha espresso il suo cordoglio in un telegramma inviato alla figlia dello statista scomparso, Marianna Scalfaro, e reso noto da L’Osservatore Romano. «Spiritualmente vicino in questo momento di dolore per la morte dell’amato genitore, Senatore Oscar Luigi Scalfaro, Presidente emerito della Repubblica Italiana, desidero porgere le mie più sentite condoglianze con l’assicurazione della mia sincera partecipazione al grave lutto che colpisce anche l’intera nazione italiana. Nel ricordare con vivo affetto e con speciale gratitudine questo illustre uomo cattolico di Stato, integerrimo magistrato e fedelissimo servitore delle istituzioni, che nelle pubbliche responsabilità ricoperte sempre si adoperò per la promozione del bene comune e dei perenni valori etico-religiosi cristiani propri della tradizione storica e civile dell’Italia, elevo fervide preghiere di suffragio invocando per la sua anima dalla divina bontà, per intercessione della Vergine Maria, da lui particolarmente venerata, la pace eterna e di cuore imparto a lei e a tutti i familiari la confortatrice benedizione apostolica». MESSAGGIO DEL NUOVO VESCOVO DI NOVARA PER IL FUNERALE DEL PRESIDENTE OSCAR LUIGI SCALFARO Mi unisco al cordoglio sentito di tutta la Nazione, abbraccio fraternamente i familiari e partecipo al lutto della città di Novara e della Regione tutta per la scomparsa dell’Onorevole Presidente Oscar Luigi Scalfaro. Grande personalità democratica e cattolico a tutto tondo ha servito per lunghi anni il paese in tutte le cariche della vita repubblicana, fino a raggiungere la più alta, in un non facile periodo di transizione. Convinto assertore della centralità del Parlamento, della rappresentanza dei deputati e senatori, dell’indipendenza della magistratura, pur nella convergenza dei poteri per il bene delle persone e della vita civile, ha tenuto come stella polare la Costituzione repubblicana, uscita dal patto tra le forze vive della società dopo l’ultimo terribile conflitto mondiale. Aggiungo anche due motivi personali di ricordo del Presidente Scalfaro. Egli è stato membro nobile del Consiglio di Amministrazione della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, nel momento glorioso della sua fondazione, con il Preside mons. Giuseppe Colombo, uno tra i massimi teologi italiani e fratello del compianto presidente del Senato Vittorino Colombo. Tutti ricordano l’Onorevole Oscar Luigi attento ai valori della fede intrecciata con le forme più alte della cultura. E per questo gliene sono sinceramente grati. E, anch’io personalmente, ne ho un’immagine vivida in un intervento nella mia parrocchia, sul tema a lui caro della devozione a Maria in un lungo e appassionato atto di testimonianza. Devozione professata con la semplicità del bambino e laicità democratica vissuta in modo integrale si sono in lui coniu- 156 ORDINARIATO gate nel discorso dinanzi al Parlamento dopo l’elezione alla Presidenza della Repubblica, non temendo di invocare al termine con le parole del sommo Poeta Dante, a protezione della Nazione tutta, la Vergine Madre, “umile e alta più che creatura”. Al Signore risorto e alla Madre di ogni misericordia lo affidiamo con tenerezza e riconoscenza. + Franco Giulio Brambilla Vescovo di Novara «Cristiano che seppe abitare la polis» Omilia di mons. Renato Corti Abbiamo già ascoltato dalla voce di don Gianni Colombo un commosso ricordo del Presidente Oscar Luigi Scalfaro. Per parte mia saluto di cuore i familiari e, in particolare la figlia Marianna. Mi lascio condurre a riflettere sulla vita del cristiano nel mondo a partire dalla sacra Scrittura. Premetto soltanto due riferimenti. Il primo: quando sono stato nominato Vescovo di Novara egli è venuto gentilmente a Milano per incontrarmi e farmi gli auguri sul futuro che mi attendeva. Il secondo: in questi vent’anni è stato fedele, fino a quando la salute glielo ha permesso, ad essere presente e partecipe alla festa di San Gaudenzio, unendosi nella preghiera a tutti gli altri fedeli. Mi soffermo, dunque su alcune pagine della sacra Scrittura. Le ho scelte perché mi sembra che esse, senza troppi commenti, interpretino bene gli impegni di vita che il Presidente Scalfaro ha testimoniato. 1. SALMO 1 Il primo testo esprime la preghiera di un antico credente ebraico. Sono posti in evidenza due modi opposti di intendere e affrontare la vita: quello del giusto e quello del malvagio. Mi soffermo su quello del giusto. Di lui si dice: “Beato l’uomo che non entra nel consiglio dei malvagi, non resta nella via dei peccatori e non siede in compagnia degli arroganti”. Chi fa questa coraggiosa scelta è proclamato beato; è un uomo la cui vita, agli occhi di Dio è piena. Lo è perché egli, per essere aiutato a percorrere i sentieri giusti, 157 ORDINARIATO “nella legge del Signore trova la sua gioia, la sua legge medita giorno e notte”. E’ dunque beato perché affronta ogni giornata lasciandosi condurre dalla parola di Dio che ha meditata. Questa è una scelta di base che qualifica la nostra vita di cristiani poiché assumiamo la parola di Dio come lampada sui nostri passi, luce sul nostro cammino. 2. FILIPPESI 1,27 Il secondo testo è dell’apostolo Paolo. Scrive alla piccola comunità cristiana della grande città di Filippi. Egli aveva molta stima ed affetto per quei primi frutti della predicazione del Vangelo. Quei cristiani dimostravano infatti di avere una fede ardente. La vivevano in un contesto tutt’altro che facile. Non mancavano infatti duri avversari. Ma essi non si lasciarono intimidire. Per quella comunità Paolo esprime un’esortazione singolare. Si tratta del modo di affrontare da parte loro, la realtà della città. Dice loro: “Comportatevi da cittadini degni del Vangelo”. Credo che, se Paolo fosse qui oggi, rinnoverebbe l’invito a noi cristiani del XXI secolo. Siamo chiamati a compiere le scelte e ad affrontare le sfide che ci vengono poste dal nostro inserimento nella storia, avendo come ispirazione e logica di fondo il Vangelo. Siamo chiamati ad avere a cuore la “polis”, la città e i suoi abitanti, la città e i suoi problemi, la città e la convivenza pacifica e costruttiva al di dentro di essa, la città e le nuove generazioni con le loro attese e i loro timori sul futuro. La politica è farsi carico di questo cammino comune. Anche i cristiani sono chiamati a questo appuntamento. Oscar Luigi Scalfaro da vero cristiano, non ha mancato all’appuntamento. 3. MATTEO 22, 15-21 Il testo dell’apostolo Paolo ha già suggerito qualche indicazione sul cristiano nella città. In questa linea va anche la pagina evangelica con parole famose di Gesù: “Date a Cesare quel che è di Cesare, a Dio quello che è di Dio”. Il Regno di Dio non è un regno di questo mondo, ha detto ancora Gesù in un’altra occasione. C’è una giusta laicità da elaborare e praticare. Essa è distante da ogni integralismo religioso e, nello stesso tempo, da una antropologia che ignora o nega ogni riferimento trascendente a Dio. Il cristiano ha i piedi ben piantati nel mondo, ma adora soltanto Dio. Oscar Luigi Scalfaro lo ha fatto. *** Il Presidente Scalfaro nella sua lunga vita ha meditato e praticato le indicazioni delle sacre scritture su cui mi sono brevemente soffermato. Come Maria, le ha meditate nel cuore per poi tradurle nel contesto delle sue responsabilità che sono state molto grandi. Proprio a Maria, Regina di tutti i Santi, vorrei affidarlo, insieme con voi mentre egli ha ormai raggiunto la Gerusalemme celeste. Insieme con lui, vorrei affidare ognuno di voi, specialmente voi laici. Il luogo nel quale Dio vi ha posti è il luogo della vostra santità. 158 TRIBUNALE ECCLESIASTICO Relazione del Vicario Giudiziale sull’attività del Tribunale Ecclesiastico Regionale Piemontese - Anno 2011 Torino 2012 Eccellenza Reverendissima ed Eccellentissimi Vescovi, Autorità Civili e Militari, Signore e Signori. Anche quest’anno ho l’onore di porgere il benvenuto a tutti gli ospiti che partecipano all’inaugurazione del 73° anno giudiziario del Tribunale Ecclesiastico Regionale Piemontese. Un carissimo e fraterno ringraziamento al Vicario Giudiziale, mons. Paolo Rigon, del Tribunale Ligure che saluto insieme al suo Vicario Giudiziale Aggiunto, don Novara, che ci onorano della loro presenza. Esprimo sentimenti di stima al Vicario Giudiziale del Tribunale di Appello Lombardo, mons. Paolo Bianchi, che non ha potuto essere presente, ma che sento vicino grazie alla presenza del Vicario giudiziale Aggiunto, don Vajani. Permettetemi di salutare i rappresentanti degli avvocati dei fori ecclesiastici piemontese, ligure e lombardo e il nutrito numero di avvocati appartenenti ai Collegi dell’Ordine Piemontesi che partecipano a questa giornata. Un particolare cenno di riconoscenza al Presidente dell’Autorità garante per la privacy, prof. Francesco Pizzetti, che ha voluto onorarci della sua presenza e al professore don Davide Cito che terrà la prolusione concernente gli aspetti penali che hanno attinenza con le cause di nullità matrimoniale. Sono riconoscente all’Arcivescovo Moderatore per le parole contenute nel Suo saluto nei confronti di tutto il Tribunale pedemontano ed in particolare per il rimando al prezioso lavoro del personale della cancelleria e della segreteria che mi permette di ricordare ancora una volta don Renato Mazzola, che il Signore ha chiamato a sé dopo quarant’anni di servizio al Tribunale Ecclesiastico Regionale come notaio, economo e cancelliere. Con Lui permettetemi di ricordare altre persone che sono mancate: l’avv. Manni e il can. avv. Frignani. Questa mattina a margine della Celebrazione Eucaristica la dottoressa Barbara Marengo ha prestato il suo giuramento assumendo il gravoso compito di Capo della Cancelleria: a lei l’augurio di un proficuo e attento lavoro di coordinamento e di servizio, con l’auspicio che sappia veramente “collaborare col Vicario Giudiziale nell’organizzazione generale e nel funzionamento del Tribunale”, come ricordato dall’art. 9 del nuovo Regolamento Interno. 159 TRIBUNALE ECCLESIASTICO Reverendissimo Moderatore, citando l’ultima allocuzione alla Rota Romana di Benedetto XVI, Ella ha ricordato ancora una volta il nucleo fondamentale che contraddistingue il processo canonico matrimoniale e l’operato di un tribunale, sottolineandone la sua singolare, essenziale e solida indole ecclesiale. “… la retta interpretazione della fede non si riduce certo a una mera assonanza semantica, considerato che il diritto canonico trova nelle verità di fede il suo fondamento e il suo stesso senso, e che la lex agendi non può che rispecchiare la lex credendi. La questione dell’interpretazione della legge canonica, peraltro, costituisce un argomento assai vasto e complesso, dinanzi al quale mi limiterò ad alcune osservazioni. Anzitutto l’ermeneutica del diritto canonico è 1 strettamente legata alla concezione stessa della legge della Chiesa” . La realtà del Tribunale ecclesiastico è spesso fraintesa e manipolata da campagne massmediali che ne travisano il vero volto e, qualche volta, lo deformano concentrando l’attenzione su aspetti che concorrono a sminuirne la reale portata di servizio alla persona umana. Diritto e pastorale, in un tribunale con esclusive competenze matrimoniali, non sono alternativi, ma convergono e si rimandano l’uno all’altra. Ne consegue che il diritto canonico in generale, e in specie quello matrimoniale e processuale, richiedono certamente una peculiare preparazione, ma la conoscenza dei suoi aspetti basilari e pratici costituisce un’esigenza formativa di primaria rilevanza per tutti gli operatori pastorali, in particolare per coloro che agiscono nella pastorale familiare, così come può essere un approccio interessante e arricchente anche per gli operatori del diritto statale. Siamo consapevoli che questo orizzonte ecclesiale, richiamato nell’ultima allocuzione alla Rota Romana da Benedetto XVI, si gioca in concreto, partendo da un’attenta ed illuminata centralità della persona umana che come christifidelis è situata nella communio ecclesiae. La peculiarità irripetibile del matrimonio, anche in quanto realtà giuridica, legittima lo strumento processuale come un mezzo autorevole, imparziale e sicuro per pronunciare un giu2 dizio secondo verità . Ecco perché ancora una volta sento la necessità di ribadire come l’oggetto della causa di nullità del matrimonio, espressione della piena e riconosciuta autonomia giurisdizionale della Chiesa, non possa essere per nulla ricondotto alla rivendicazione di un diritto o di un interesse personale sul quale si può anche giungere ad un accordo transattivo che soddisfi, o almeno non scontenti, le parti contendenti; né si possono ridurre le cause di nullità ad un luogo di recezione di una volontà autocertificativa delle stesse. Come non sono ammissibili interpretazioni e applicazioni del diritto nelle quali: “manca il senso di un diritto oggettivo da cercare, poiché esso resta in balìa di considerazioni che pretendono di essere teologiche o pastorali, ma alla fine sono esposte al rischio dell’arbitrarietà”3, così non c’è spazio per una pastorale del compromesso che mortifichi le esigenze del procedimento giudiziale, pur avendo ben presenti le persone coinvolte e le loro problematiche. 160 TRIBUNALE ECCLESIASTICO Ogni rimando al Magistero, al quale va tutta la nostra attenzione e il nostro ossequio, va colto nell’essenziale riferimento alla carità nella verità e alla rigo4 rosità dell’operato della giustizia ecclesiale che è essenziale nella Chiesa , come sono essenziali alla vita della Chiesa il matrimonio e la famiglia. Viviamo in un contesto nel quale si sta smarrendo insieme al senso e alla realtà del matrimonio anche la reale portata dell’essere Chiesa. La crisi della cristianità, a volte identificata con la crisi del mondo occidentale, può spingere qualcuno a pensare ad un cristianesimo senza “cristianità” o addirittura senza “chiesa” ovvero senza il bisogno di incarnarsi in una comunità visibile e 5 distinguibile nella storia del mondo . L’esito è quello di un cristianesimo non solo senza una concreta compagine ecclesiale, ma addirittura senza Cristo. Analogicamente l’unione dell’uomo e della donna è per lo più concepita senza il matrimonio e senza la garanzia dell’esserci di Cristo nel coniugio, attraverso e mediante il Sacramento, che è segno efficace della Sua Grazia offerto agli sposi. È pertanto sempre più difficile cogliere la portata dell’espressione “chiesa 6 domestica” introdotta dal Concilio Vaticano II che voleva sintetizzare la valenza ecclesiale e comunitaria del matrimonio e della famiglia, superandone una visione giuridista ed individualista e, nel contempo, una deriva sentimentalista. Sono le caratteristiche stesse dell’amore coniugale, sia esso “naturale” o assunto nel Sacramento, a reclamare un’apertura, a fondare relazioni, a tendere ad esprimersi in una forma comunitaria che ha in sé anche una valenza giuridica. 1. La dimensione di servizio all’uomo in ricerca di se stesso e di un “Disegno buono” che non può darsi da sé, deve sempre accompagnare questo strumento giudiziale della Chiesa che, tuttavia, si muove in una realtà sempre più complessa e schizzata nella quale coesistono la paura del “per sempre” e quella opposta della “precarietà”. “Concentrati su un qui e ora puramente corporei, abbiamo ucciso tutti gli dei e reso la bellezza l’unica nostra religione. Non abbiamo più sogni, non coltiviamo progetti, non sopportiamo il silenzio, facciamo rumore per vincere la solitudine, sradicati come siamo dalle nostre origini, incapaci di amare, di insegnare ai 7 nostri figli e di imparare dai nostri padri. E siamo pieni di paura” . Vittorino Andreoli nel suo ultimo recentissimo libro, fotografando il destino dell’uomo contemporaneo, sembra offrire più di uno spunto per uno sguardo veramente umano capace di cogliere i mutamenti senza offrire ricette preconfezionate, ma suggerendo chiavi di lettura capaci di guardare con speranza anche alla crisi dell’istituto matrimoniale. “L’uomo di oggi galleggia su una società liquida, scivola sulla propria pelle, non ha più anima. E rischia di morire: di bellezza, di stupidità, di potere, di denaro. Eppure non è questo l’uomo e non è questo il mondo. La gioia si cala nel 8 mistero che portiamo nascosto dentro” . 161 TRIBUNALE ECCLESIASTICO La percezione di questa precarietà e complessità epocale ci deve spingere ben al di là di una adeguata preparazione dottrinale e professionale, sia pur necessaria. Il nostro operato deve trovare la sua sorgente e la sua foce in un “con-sentire ecclesiale” perché sappiamo bene che il nostro è un compito difficile. Esso esige un esercizio della ragione molto delicato per giungere a quella certezza morale che consente al giudice di pronunciare la sentenza stessa. Tutti noi siamo e dobbiamo essere umili collaboratori del munus dei Vescovi, ai quali spetta l’esercizio della potestà giudiziale. La giornata odierna giunge ad un anno e mezzo dal rinnovo dell’Organico del Tribunale e a due mesi dall’entrata in vigore del nuovo regolamento rivisitato, ampliato e corretto alla luce dell’Istruzione Dignitas Connubii. Questo strumento è stato approvato dalla Conferenza Episcopale del Piemonte e Valle d’Aosta riunita a Susa il 14 settembre 2011. Spetta ai ministri del Tribunale la massima vigilanza nel mantenere fede alla retta dottrina, alle direttive del Magistero, alla legge canonica e alla giurisprudenza che garantisce quella corretta applicazione della legge richiamata nell’ultima Allocuzione del Santo Padre. Un grazie al Moderatore e a quei Vescovi piemontesi che con generosità e pazienza ci seguono e ci sostengono. 2. Il Tribunale Ecclesiastico interviene dopo il fallimento del matrimonio nella vita di quelle persone, credenti e non credenti, cattolici e non, che si rivolgono alla giustizia della Chiesa. Proprio questo contesto giurisdizionale nella ricerca della verità, trascendente rispetto alle persone e agli interessi delle parti in causa, consente e giustifica un loro atteggiamento concorde e convergente, in quanto la verità sul matrimonio, a suo tempo contratto, non è di interesse unilaterale, ma un bene pubblico. Le parti sono chiamate a collaborare nell’accertamento della verità sul loro stato di vita. Indicazioni preziose ci vengono dall’Istruzione Dignitas Connubii, dove si può leggere in quest’ottica il disposto dell’art. 95, § 1: “Perché venga accertata più facilmente la verità e riceva miglior tutela il diritto di difesa, è quanto mai opportuno che entrambi i coniugi prendano parte al processo di nullità di matrimonio”. “Accertare più facilmente la verità” non significa, come qualcuno purtroppo ancora pensa anche in ambienti del foro civile, che sia sufficiente che le parti si mettano d’accordo per ottenere la declaratoria di nullità. Esiste l’onere della prova e il contraddittorio nel processo matrimoniale canonico è sempre dato dalla necessaria presenza della Parte pubblica; di qui il delicato e fondamentale compito del Difensore del Vincolo e, laddove è utile o in alcuni casi necessario, quello del Promotore di Giustizia. La loro presenza nel nostro Tribunale non è solo formale: essa sostanzia un ruolo attivo in tutto l’iter del processo. Posso inoltre dire ad alta voce che nel Tribunale Piemontese non esistono “corsie privilegiate” accessibili per qualcu- 162 TRIBUNALE ECCLESIASTICO no forte di conoscenze o quant’altro. Nessuno può collocarsi al di sopra, o ai margini, della legge canonica e non ci possono essere strappi alla giustizia e alla legalità anche nell’ordinamento ecclesiale. Tuttavia, per riprendere un’immagine evocata dal Procuratore Caselli nel suo libro “Assalto alla Giustizia”, concernente la visione tradizionale del giudi9 ce inteso come “bocca della legge” , con orgoglio posso asserire che nei duemila anni dell’ordinamento ecclesiale, che si caratterizza per singolarità e finalità, mai il giudice canonico ha potuto “nascondersi dietro il dito” della mera applicazione della norma e, nel dipanarsi dei secoli, nella giurisprudenza canonica è sempre stata presente la possibilità di una “interpretazione evolutiva della legge” non solo sotto il profilo applicativo dell’equitas canonica, ma anche in appoggio al sensus fidei del popolo di Dio e alla necessità per la Chiesa di cogliere “i segni dei tempi”. In realtà il matrimonio è un bene pubblico dell’ordinamento ecclesiale e pertanto la sua esistenza o meno non può essere lasciata né alla libera disponibilità né alla mera coscienza delle parti in causa. I fedeli che si rivolgono alla giustizia canonica non si impegnano ad autocertificare la fine di una coabitazione, ma concorrono nella ricerca della verità circa il loro effettivo status vitae, cioè circa la validità o meno del vincolo contratto. La fatica di queste cause sta sia nel duro coinvolgimento del vissuto personale, sia nel rigore con cui esse sono istruite ed espletate. 3. Dovendo relazionare sulla vita del Tribunale Regionale, il primo rimando è riservato agli operatori: Giudici, Difensori del Vincolo, Cancelliere, Notai, Patroni stabili, Avvocati e Periti. L’organico non è praticamente cambiato, fatta salva la nomina del nuovo cancelliere. La presenza dei laici di anno in anno si fa sempre più significativa e fondamentale per il funzionamento del Tribunale. Anche oggi rinnovo un accorato appello agli Eccellentissimi Vescovi delle diocesi piemontesi, perché si favori10 sca lo studio del diritto canonico da parte di sacerdoti giovani . Se ciò non avverrà e i presbiteri relativamente giovani saranno lasciati al Tribunale, ma gravati da due o tre incarichi nella loro diocesi di incardinazione, nel prossimo triennio, viste anche le nuove disposizioni della CEI circa l’assunzione di giudici e Difensori del Vincolo laici e le sempre più contenute risorse economiche, non sarà più possibile avere un organico adeguato e operativamente funzionante. Le verifiche amministrative - gestionali e i suggerimenti per il funzionamento e il futuro di questa istituzione ecclesiastica forniti in questi mesi dall’Ufficio Giuridico della CEI sono state preziose ed importanti. Non posso non ringraziare mons. Adolfo Zambon per la sua amabile disponibilità ed il suo prezioso interessamento. Sono certo che i frutti si raccoglieranno nei prossimi anni, anche se ci aspettano tempi tutt’altro che facili. Il passaggio da una giu- 163 TRIBUNALE ECCLESIASTICO stizia che si manteneva prevalentemente con gli oneri che gravavano sulle parti e che ne facevano uno strumento di élite, alla riforma voluta dalla CEI che ne ha assunto i costi di gestione con una quota dei proventi dell’“otto per mille”, è un processo benefico ed irreversibile per la Chiesa italiana. 4. La competenza del Tribunale Regionale Piemontese si estende alle 17 Diocesi del Piemonte e della Valle d’Aosta come Tribunale di prima istanza. In quanto Tribunale di Appello giudica le cause matrimoniali provenienti dalle 7 Diocesi della Liguria. Ovviamente l’attenzione del Tribunale è mirata ai matrimoni canonici o celebrati con rito concordatario secondo i fori di competenza stabiliti dalla legge. Le cause del Tribunale Ligure vengono da noi trattate in sede di appello, mentre il Tribunale Lombardo è il nostro Tribunale di secondo grado. È doveroso, anche quest’anno, ringraziare i colleghi dell’uno e dell’altro foro per la costante collaborazione. Nell’ultimo anno il TERP ha deciso in primo grado di giurisdizione e con sentenza 133 cause di nullità, alle quali si devono sommare 3 cause rinunciate o perente e 2 ritirate; di esse 109 sono state le sentenze affermative e 24 sono state quelle negative. Le sentenze affermative sono state trasmesse d’ufficio a Milano. Solo quelle che hanno avuto una risposta diversa dal primo grado necessitano di un terzo grado (quello spettante alla Rota Romana). Di fronte a sentenze negative in primo grado di Torino, una ha appellato direttamente in Rota, la quale agisce anche come Tribunale di secondo grado. Contro le decisioni negative del nostro Tribunale in secondo grado, nel 2010, gli appelli in Rota sono stati 2. 5. Le cause di nullità di primo grado introdotte nell’anno 2011 (110) hanno riscontrato una pesante battuta d’arresto nei confronti della leggera ripresa dell’anno precedente. Il numero delle cause introdotte continua a diminuire rispetto agli anni passati (-17). Le cause di secondo grado (96) sono ulteriormente diminuite rispetto al 2010 (-9). È ormai un dato generalizzato in tutti i Tribunali Regionali il calo delle cause introdotte. In realtà questo fenomeno può essere letto non solo come frutto di una diffusa disinformazione nelle comunità ecclesiali ancora ferme all’idea di una giustizia per privilegiati, ma anche come un fenomeno indotto da fattori economici e dalla forte secolarizzazione che ha determinato il costante calo, di anno in anno, del numero di matrimoni concordatari (si vedano a questo proposito i dati prodotti e le statistiche offerte dall’ISTAT). Anche in sede civile si sta assestando il numero complessivo delle separazioni e dei divorzi, perché in realtà ci si sposa sempre meno ed in età sempre più avanzata. Il numero dei matrimoni celebrati nell’Arcidiocesi di Torino negli ultimi quindici anni si è più che 11 dimezzato , così è anche per le altre diocesi piemontesi. 164 TRIBUNALE ECCLESIASTICO Il rapporto tra divorzi e cause di nullità concluse in Italia è di 4 nullità ogni 100 divorzi. Le cause canoniche ancora presentano una incidenza in proporzione davvero esigua. 6. Consentitemi ancora alcuni accenni alla durata dei processi e alle cause pendenti. Nel 2011 si sono conclusi tra il primo e il secondo grado 237 processi contro i 281 dell’anno precedente, con un significativo decremento della giurisdizione di entrambi i gradi (-44 cause rispetto al 2010). Nel 2008 le cause concluse nei due gradi di giurisdizione erano state 280. Questi dati vanno letti in rapporto al numero complessivo delle cause introdotte e senza perdere di vista il numero delle cause pendenti, sia in primo che in secondo grado definitivo. Dico ciò, perché l’impegno di diminuire le pendenze e i tempi dell’espletamento delle cause sta mostrando effetti ormai ben assestati. La nuova organizzazione della distribuzione del lavoro ha accelerato i tempi e ci ha permesso di smaltire non poche pendenze. Già negli anni scorsi esse erano contenute in termini fisiologici (il 2009 si era concluso con 228 pendenze di primo grado) e i risultati del 2010 vedevano per la prima volta, rispetto agli ultimi venti anni, le cause pendenti sotto il numero di 200 (197). Il 2011 annovera tra le pendenti solo 169 cause. Pur tenendo conto del minor numero dei libelli presentati posso asserire che si è lavorato di più, anche se con una certa discontinuità nel corso dell’anno. Tuttavia tra le pendenti ve ne sono alcune che possono prestare il fianco ad accuse di “justitia retardata”: 4 le cause pendenti introdotte nel 2008; 7 le pendenti introdotte nel 2009; 19 e pendenti del primo quadrimestre del 2010. Anche le cause pendenti di secondo grado si sono contratte ancora e ben al di là del numero in calo delle cause giunte da Genova. Le pendenti erano 46 allo scadere del 2010 contro le 75 del 2009. Al 31 dicembre 2011 le pendenti sono 36 così ripartite: 17 rinviati ad Esame ordinario; 19 in attesa di decisione. Purtroppo tra gli esami ordinari si contano 5 supplementi di istruttoria iniziati nel 2009, 5 cause iniziate nel 2010, mentre sono 7 gli esami ordinari iniziati nel 2011. Al 31 dicembre 2010 era pendente 1 mandato di Tribunali Apostolici e nessuna rogatoria di Tribunali italiani o esteri. Nel 2011 sono pervenuti complessivamente 21 mandati. Il nostro Tribunale ha eseguito 19 rogatorie e pertanto il 2011 si è concluso con 3 pendenze per rogatorie giunte, tuttavia, tra ottobre e dicembre. Il TERP espleta questo servizio con una media di 45 giorni, mentre mediamente si deve attendere dai due ai sei mesi per ricevere quelle richieste ai Tribunali di altre diocesi. 165 TRIBUNALE ECCLESIASTICO Permane ancora forte il desiderio e l’obiettivo di rimanere nei tempi previsti dal dettato codiciale, almeno per buona parte delle cause introdotte. La stragrande maggioranza delle cause di secondo grado (87) è stata confermata con decreto, tuttavia 17 sono state decise con esame ordinario e 2 sono andate perente. La media del tempo necessario per giungere al decreto è stata quest’anno di 87 giorni contro i 112 dell’anno precedente. Un buon lavoro è stato fatto nello smaltire e nell’accelerare la minor durata delle cause di primo grado per raggiungere il traguardo dei tempi del processo canonico, così come sono disposti dal codice, cioè 12 mesi in primo grado. Vi invito a consultare la tabella 1.15. Il 77% delle cause di primo grado, contro il 75% dell’anno scorso, è durato meno di due anni. Ma significativo è il dato che più si avvicina ai parametri codiciali. Infatti 72 cause (il 52%) su 138 concluse nel 2011 hanno avuto una durata al di sotto dei 14 mesi. Con l’inaugurazione dell’anno scorso auspicavo uno sforzo: “affinché almeno il 50% delle cause decise in un anno si avvicini alla tempistica prevista dal codice”; questo risultato è stato ampiamente raggiunto. Sono soltanto più 32, pari al 23%, le cause pendenti la cui durata supera i due anni anche se occorre non adagiarci sui risultati ottenuti. Le cause del protrarsi dell’istruttoria sono sempre le stesse e sono per lo più segnate dal grande contenzioso delle parti, o dalle lunghe attese per avere la perizia d’ufficio nelle cause di incapacità consensuale. A volte i patroni, chiedono dilazioni dei termini che poi non rispettano per il deposito delle difese. 7. Quest’anno l’Ufficio degli Avvocati Patroni Stabili, messi a disposizione dal Tribunale, al quale si può ricorrere senza spese, ha affrontato 628 colloqui per un ammontare di 257 nuove situazioni matrimoniali esaminate, effettuando evidentemente più incontri di approfondimento. Questo istituto, voluto e sovvenzionato dalla CEI, ha offerto una possibilità di assistenza tecnica, sia nella fase di consulenza anteriore all’introduzione della causa, sia nella causa stessa a favore dei fedeli più deboli economicamente, psicologicamente e culturalmente. Il servizio dislocato in alcune diocesi è stato utile ed efficace; il numero dei patroni è rimasto di tre con l’apporto di don Cheula che ha espletato il suo tirocinio e sostituirà l’avv. Pia Negri dopo il 30 giugno 2012. Nel 2010 i Patroni Stabili avevano introdotto 35 cause su 127, nel 2011 invece hanno presentato 41 libelli su 110 e indicato un procedimento amministrativo per inconsumazione; sono state inoltre difese 7 parti convenute. I Patroni Stabili non solo consigliano l’introduzione della causa esclusivamente nei casi in cui ravvisino una fondatezza della stessa, come d’altronde fanno anche i Patroni di fiducia, ma sempre presentano l’albo degli avvocati a coloro che, viste le possibilità economiche, possono rivolgersi al libero patrocinio professionale. 166 TRIBUNALE ECCLESIASTICO Gli Avvocati dell’Albo, come liberi professionisti sono considerati un’ulteriore qualificata risorsa del Tribunale stesso. Lo spirito di dialogo ha contraddistinto i rapporti tra l’Associazione dei Patroni di fiducia e il Tribunale anche nell’anno 2011 e ha portato ad ottimi frutti quale il lavoro per la revisione del regolamento del Tribunale approvato dai Vescovi nell’autunno. La posizione scandalistica e mistificatrice di certi organi di stampa sembra dura a morire, per lasciare il passo ad uno sguardo più obiettivo sui Tribunali ecclesiastici e sulla loro funzione. Purtroppo, non solo i mezzi di comunicazione di massa, ma anche internet, diventano spesso cassa di risonanza di luoghi comuni infondati, con una disinformazione sulle procedure e sui costi delle cause di nullità, o, in forme più gravi e subdole, occasione di pubblicità di chi si inventa esperto e consulente, attribuendosi riconoscimenti ecclesiali inesistenti e spacciandosi per “avvocato ecclesiastico”. Tutte queste situazioni creano confusione nei fedeli, fino a giungere all’inganno della loro buona fede. Certi comportamenti non possono essere tollerati e possono anche essere perseguiti penalmente all’interno dell’ordinamento canonico. La relazione del prof. Cito non mancherà di offrire spunti al riguardo. Ringrazio l’Ufficio Comunicazioni Sociali della Curia Torinese per l’apporto dato, anche in questa occasione, ad una informazione completa, esaustiva e trasparente. 8. Tra le cause delle due regioni, Piemonte e Valle d’Aosta, decise nell’anno 2011, i capi di nullità che si configurano in rapporto all’identità cristiana del matrimonio cioè il gruppo dei difetti del consenso o simulazioni hanno ceduto il passo, ma per poche unità, alle incapacità consensuali. I difetti del consenso si verificano quando si contrae con una visione e impostazione soggettiva del matrimonio in aperto rifiuto del matrimonio stesso o di uno o più requisiti essenziali (esclusione dell’indissolubilità, della sacramentalità, della prole, della fedeltà, del bene dei coniugi). Consultate il grafico nel fascicolo che vi è stato dato e vi renderete conto come, sotto il profilo quantitativo, le cosiddette immaturità abbiano una grande portata. Su 242 capi di nullità giudicati, infatti, 112 appartengono alle simulazioni: 42 hanno ottenuto sentenza affermativa, 15 sono stati respinti. Le simulazioni più ricorrenti sono l’esclusione dell’indissolubilità (20) e della prole (29). Sovente la seconda consegue alla prima: infatti, l’incertezza sulla consistenza e serenità del proprio matrimonio, che genera una riserva contro la permanenza del vincolo, si può ripercuotere sull’impegno procreativo fino al punto di escluderlo o condizionarlo al buon esito dell’unione coniugale. Il 2011 ha visto la decisione pro nullitate di una causa la cui vicenda matrimoniale è stata segnata dall’esclusione dell’indissolubilità operata da una parte cristiano-ortodossa. I capi di natura psicologica sono purtroppo esponenzialmente in crescita rispetto all’anno scorso: 116 unità su 242, di cui però 14 sono stati respinti. Essi riguardano sia il grave difetto di discrezione di giudizio di una o dell’altra 167 TRIBUNALE ECCLESIASTICO parte, a fronte dei diritti e doveri essenziali del matrimonio, sia l’assenza di libertà interna, sia l’incapacità per cause di natura psichica di assumere gli obblighi essenziali del matrimonio. Anche quest’anno è emerso un mondo di gravissime sofferenze con non pochi contatti con l’ordinamento statale ed il suo ambito penale, dal quale sempre abbiamo avuto la massima collaborazione possibile. Sono uno spaccato di quelle situazioni che purtroppo popolano, a volte morbosamente, la cronaca nera dei mezzi di comunicazione. È in questo contesto generale che si fa ancor più urgente una rinnovata attenzione agli atti preparatori delle nozze. Anche nel 2011 sono state diverse le occasioni di collaborazione del Tribunale con la pastorale familiare, sia a livello di singole diocesi che a livello regionale: davanti a noi abbiamo un grande sfida, quella di non permettere di mascherare con una parvenza di “coppia” una sostanziale vita da “single”. Nelle 106 cause provenienti dalla Liguria e decise nel 2011 in secondo grado di giurisdizione dal nostro Tribunale, si nota una sostanziale conformità rispetto ai dati presentati per il Tribunale di prima istanza. Sia per le cause di primo, come per il secondo grado, la somma dei capi di nullità ammessi o respinti non corrisponde al numero dei decreti di conferma o delle sentenze, poiché in alcuni casi i provvedimenti hanno definito più capi di nullità o sono intervenute, sia con decreto che con sentenza di secondo grado di giurisdizione, conferme solo parziali. Scorrendo ancora velocemente i dati, evidenzierei come la percentuale delle sentenze negative (32, pari 13%) insieme alle cause rinunciate o perente (7) la dica lunga sulla rigorosità delle procedure e delle decisioni in linea con le indicazioni del Magistero. La sentenza negativa dichiara non constare la nullità del matrimonio. Per le sentenze liguri, 87 sono state le decisioni prese con rito abbreviato e quindi confermate totalmente o anche solo parzialmente, 17 quelle decise dopo il rinvio all’esame ordinario, perché necessitanti un maggiore approfondimento istruttorio. Tra queste ultime 9 hanno prodotto una sentenza di conferma quanto meno parziale e 8 hanno portato ad un pronunciamento difforme, cioè negativo rispetto al primo grado di giurisdizione; 2 sono state le cause rinunciate o archiviate in questo secondo grado di giurisdizione. I numeri e le percentuali smentiscono ancora una volta coloro che parlano di “facilità” nell’ottenere sentenze di nullità di matrimonio, perché l’esito di una causa è sempre tutt’altro che scontato. 9. Continua la disinformazione riguardo al costo delle cause, nonostante i molteplici sforzi posti in essere in passato anche non tanto recente e spesso ci si ferma ad alcuni circoscritti abusi o alle tariffe del Tribunale della Rota Romana, nei rari casi in cui ci si rivolga al Tribunale Apostolico. La Conferenza Episcopale Italiana, dopo un triennio di sperimentazione, ha promulgato norme definitive per tutto il territorio nazionale. Il contributo per i costi di causa (si tratta di un semplice contributo) è stato fissato per tutto il territorio nazionale in euro 525,00 per la parte attrice e di euro 262,50 per la parte convenu- 168 TRIBUNALE ECCLESIASTICO ta che si costituisce, a fronte di un costo reale che si aggira sui 3.000 euro, comprensivo dell’attività del Tribunale di primo grado e del Tribunale di Appello. Sempre la Conferenza Episcopale Italiana ha stabilito “una forbice”, che è stata aggiornata nel 2010, da un minimo di 1.575 euro a un massimo di 2.992 euro per l’onorario degli Avvocati. Qualora il Tribunale d’Appello ritenga opportuno rinviare all’esame ordinario la causa decisa dal primo grado, la CEI ha previsto un supplemento di onorario per gli avvocati sempre tra un minimo ed un massimo. Questo regime patrimoniale è pienamente vigente nel Tribunale Piemontese con una prassi che è stata recepita anche dal nuovo regolamento. Si è voluto riconoscere la professionalità e il lavoro dei Patroni, senza tralasciare la vigilanza, affinché le parti siano sempre adeguatamente e preventivamente informate dei reali costi e onorari dovuti ai professionisti. A fronte di una precisa documentazione viene comunque sempre accordata una congrua riduzione delle spese fino al gratuito patrocinio per chi si trova in difficoltà economiche. La grande maggioranza di chi ricorre al Tribunale non è certo costituita da persone ricche o famose. Fatta salva la possibilità di rivolgersi ai Patroni Stabili, che non sono assimilabili nel nostro ordinamento ai difensori d’ufficio, considero una reale garanzia per le parti quella di affidarsi ai professionisti iscritti all’albo del nostro Tribunale, perché in questo ambito esiste la possibilità di un ulteriore controllo da parte del Collegio degli avvocati ecclesiastici, e del Tribunale stesso, circa il corretto approccio deontologico e il rispetto delle tariffe previste dai Vescovi italiani. 10. Concludo questa relazione sull’attività del Tribunale Ecclesiastico Regionale con la speranza di essere stato chiaro ed esauriente. Non è facile far recepire all’opinione pubblica, meno avvertita e meno difesa dalle impulsività emozionali, il valore e la verità del matrimonio, e del matrimonio-sacramento in particolare, e in questo contesto spiegare il munus di chi non “annulla”, ma si pone alla ricerca della verità su un vincolo contratto in modo difforme, incompleto o inadeguato rispetto ad un progetto inscritto nel cuore dell’uomo, con un disegno che viene da Dio. “Non esiste, pertanto, un matrimonio della vita ed un altro del diritto: non vi è che un solo matrimonio, il quale è costitutivamente vincolo giuridico reale tra l’uomo e la donna, un vincolo su cui poggia l’autentica dinamica coniugale di vita 12 e di amore” . Nel matrimonio canonico diritto divino e diritto naturale interagiscono fondendosi in un unicum prezioso e di incomparabile bellezza e maestosità, come certe nostre montagne così amate dal mio Vescovo e dal mio predecessore don Carbonero. Un unicum nel quale umano e divino non sono dicotomicamente presi: “Ius naturale est quod in Lege et Evangelio continetur” per dirla con il maestro Graziano. Una bellezza, non superficiale, che viene dal profondo di un uomo e di una donna che progressivamente scoprono, o riscoprono, la vita come vocazione e, cioè, non solo come “libertà da” ma come “libertà di”. 169 TRIBUNALE ECCLESIASTICO A fondamento del nostro operato, per nulla arbitrario o manipolatore, rimane comunque e sempre la legge canonica, che a me piace richiamare nella definizione formale e classica di San Tommaso d’Aquino: “Quaedam rationis ordinatio ad bonum commune, ab eo qui curam communitatis habet, promulgata”. Fedeltà alla legge non positivisticamente intesa e dimensione di servizio servono a rendere sempre meno inadeguato lo strumento giudiziale, rispetto al fine ultimo del processo canonico matrimoniale e, cioè, la “dignitas connubii” e la “salus animarum”. Tra breve ascolteremo il relatore prof. Don Davide CITO, docente di diritto penale alla Pontificia Università della Santa Croce e Consultore presso la Congregazione del Clero. Egli ci introdurrà in un tema alquanto delicato, muovendosi con la sua chiarissima esposizione nel complesso rapporto tra processo matrimoniale e diritto penale canonico. Ringrazio tutti per l’attenzione. Chiedo ora all’Arcivescovo nella sua funzione di Moderatore di dichiarare aperto il 73° anno giudiziario del Tribunale Ecclesiastico Regionale Piemontese. Don Ettore Signorile 1 2 3 4 5 BENEDETTO XVI, Allocuzione alla Rota Romana, 21 gennaio 2012. Cfr. BENEDETTO XVI, Allocuzione alla Rota Romana, 28 gennaio 2006. BENEDETTO XVI, Allocuzione alla Rota Romana, 21 gennaio 2012. Cfr. BENEDETTO XVI, Allocuzione alla Rota Romana, 21 gennaio 2012. Cfr. GIOVANNI FERRETTI, Essere cristiani oggi: il nostro cristianesimo nel moderno mondo secolare, ELLEDICI, 2011, p. 35-68. 6 Lumen Gentium n. 11. 7 VITTORINO ANDREOLI, L’uomo di superficie, Rizzoli 2012, p. 105. 8 Ut supra, p. 95-96 9 GIAN CARLO CASELLI, Assalto alla Giustizia, Melampo, 2011, p. 34. 10 PCLT, Instr. Dignitas Connubii, 25 ian. 2005: “Pertanto, i Vescovi hanno il grave obbligo di provvedere che per i propri tribunali vengano formati con sollecitudine idonei amministratori di giustizia e che questi vengano preparati con un opportuno tirocinio in foro canonico a istruire secondo le norme e decidere secondo giustizia le cause matrimoniali in tribunale” (Proemium Instructionis). 11 Cfr. scheda n. 9 12 BENEDETTO XVI, Allocuzione alla Rota Romana 170 TRIBUNALE ECCLESIASTICO DATI STATISTICI RELATIVI ALL’ATTIVITA’ GIUDIZIARIA NELL’ANNO 2011 TRIBUNALE ECCLESIASTICO REGIONALE PIEMONTESE CAUSE DI NULLITÀ DI MATRIMONIO IN PRIMO GRADO Istanze provenienti dalle 12 Diocesi della Provincia Ecclesiastica di Torino (Torino, Acqui, Alba, Aosta, Asti, Cuneo, Fossano, Ivrea, Mondovì, Pinerolo, Saluzzo, Susa) e dalle 5 Diocesi della Provincia Ecclesiastica di Vercelli (Vercelli, Alessandria, Biella, Casale, Novara) riunite nella Regione Ecclesiastica Piemonte. Situazione Pendenti il 31 dicembre 2010 Introdotte nell’anno 2011 Concluse nell’anno 2011: Decise con sentenza Perente o rinunciate Archiviate Totale Pendenti il 31 dicembre 2011 197 110 133 3 2 Esito delle 133 cause decise nell’anno 2011 Sentenze affermative (consta la nullità del matrimonio) Sentenze negative (non consta la nullità del matrimonio) 138 169 109 (82%) 24 (18%) Capi di nullità esaminati nelle 133 cause decise nell’anno 2011 ammessi respinti Incapacità consensuale per insufficiente uso di ragione 0 1 Incapacità consensuale per grave difetto di discrezione di giudizio circa i diritti e i doveri matrimoniali essenziali 49 25 Incapacità di assumere gli obblighi essenziali del matrimonio 21 20 Matrimonio ottenuto con dolo 4 3 3 Simulazione per esclusione del matrimonio (simulaz. totale) 1 20 30 Simulazione per esclusione dell’indissolubilità del vincolo 32 17 Simulazione per esclusione del bonum prolis Simulazione per esclusione della fedeltà coniugale 5 0 Simulazione per esclusione del bonum coniugum 1 1 Simulazione per esclusione della dignità sacramentale 0 2 1 1 Matrimonio celebrato per effetto di violenza o timore grave Esclusione del matrimonio 0 2 Condicio 0 1 Impotenza 1 1 Totale 145 97 171 TRIBUNALE ECCLESIASTICO N.B. La somma dei capi di nullità ammessi o respinti non corrisponde al numero delle sentenze, in quanto in diversi casi una sentenza ha definito più capi. Condizione sociale delle parti nelle 133 cause decise nell’anno 2011 Impiegati Operai Liberi professionisti Commercianti e artigiani Disoccupati Insegnanti Casalinghe Pensionati Militari ed equiparati Dirigenti Imprenditori Non dichiarata In attesa di occupazione Magistrati Totale Parte attrice 83 31,20% 41 15,41% 31 11,65% 24 9,02% 18 6,77% 14 5,26% 13 4,89% 11 4,14% 9 3,38% 7 2,63% 7 2,63% 4 1,50% 3 1,13% 1 0,38% 266 100% 46 34,59% 16 12,03% 16 12,03% 9 6,77% 4 3,01% 11 8,27% 6 4,51% 7 5,26% 7 5,26% 3 2,26% 5 3,76% 0 0,00% 2 1,50% 1 0,75% 133 100% Parte convenuta 37 25 15 15 14 3 7 4 2 4 2 4 1 0 133 27,82% 18,80% 11,28% 11,28% 10,52% 2,26% 5,26% 3,01% 1,50% 3,01% 1,50% 3,01% 0,75% 0,00% 100% Durata della convivenza coniugale nelle 133 cause decise nell’anno 2011 Meno di un anno Da uno a due anni Da due a tre anni Da tre a cinque anni Da cinque a dieci anni Oltre dieci anni 25 15 17 23 31 22 media media media media media media giorni mesi mesi mesi anni anni 199 18,13 30,28 45,99 33 15,69 (18,80%) (11,28%) (12,78%) (17,29%) (23,31%) (16,54%) Numero di figli in costanza di matrimonio nelle 133 cause decise nell’anno 2011 Nessun figlio Un figlio Due figli Tre figli Quattro o più figli 106 20 5 1 1 (79,70%) (15,04%) (3,76%) (0,75%) (0,75%) 172 TRIBUNALE ECCLESIASTICO Diocesi di provenienza delle 138 cause concluse nell’anno 2011 Torino Vercelli Acqui Alba Alessandria Aosta Asti Biella Casale 59 (42,75%) 1 (0,72%) 5 (3,62%) 3 (2,17%) 10 (7,25%) 1 (0,72%) 14 (10,14%) 4 (2,90%) 6 (4,35%) Cuneo Fossano Ivrea Mondovì Novara Pinerolo Saluzzo Susa 2 1,45%) 1 (0,72%) 4 (2,90%) 4 (2,90%) 20 (14,49%) 2 (1,45%) 1 (0,72%) 1 (0,72%) Durata del processo nelle 138 cause concluse nell’anno 2011 Inferiore a sei mesi Da sei mesi a un anno Da un anno a un anno e mezzo Da un anno e mezzo a due anni Oltre due anni 2 24 46 34 32 media media media media media giorni mesi mesi mesi anni 111 10,52 14,58 21,13 2,72 (1,45%) (17,39%) (33,33%) (24,64%) (23,19%) Contributo economico delle parti nelle 133 cause decise nell’anno 2011 A totale pagamento Con riduzione delle spese Senza spese 124 7 2 (93,23%) (5,26%) (1,50%) N.B. Il contributo per le spese processuali a carico della parte che intenta l’azione è stato stabilito dalla Conferenza Episcopale Italiana in euro 525,00. Parte convenuta, se si costituisce con proprio Avvocato, è tenuta a versare al Tribunale il contributo di euro 262,50. Tali somme sono comprensive di ogni spesa (incluse perizie e rogatorie presso altri Tribunali) per i due gradi di giudizio. L’onorario dell’Avvocato di fiducia per le parti è invece fissato dalla C.E.I. tra un minimo di € 1.575,00 e un massimo di € 2.992,00, oltre gli accessori fiscali di legge. Chi inizia una causa riceve una informativa circa la possibile forbice nell’onorario del patrono di fiducia che sottoscrive. Con la presentazione delle difese il Presidente di causa determina l’importo dell’onorario all’avvocato e liquida le eventuali ulteriori spese dell’avvocato certificate e sottoscritte dalla parte. Chi si avvale del Patrono Stabile non è gravato da onorari di Avvocato né in prima né in seconda istanza. 173 PASTORALE PELLEGRINAGGI “Al servizio della gioia e della speranza” Pellegrinaggi proposti nel 2012 Partecipare a un pellegrinaggio è sicuramente una forte esperienza di fede. Oltre agli aspetti organizzativi è quindi necessario che ciascuno predisponga la mente e il cuore. A questo scopo l’Ufficio diocesano è a disposizione di coloro che intendono promuovere il pellegrinaggio come speciale opportunità pastorale, offrendo assistenza organizzativa e spirituale sia per la programmazione che, se richiesto, per l’accompagnamento. A coloro che fossero interessati alle iniziative proposte, potremo inviare il quantitativo richiesto di depliant. E’ inoltre possibile avviare una collaborazione per la raccolta delle adesioni, concordandone le modalità. L’Organizzazione tecnica dei Pellegrinaggi 2012 è affidata alle seguenti Agenzie: SpiderViaggi - Borgosesia, SogeviTour - Vercelli, Rusconi Viaggi Lecco, Duomo Viaggi - Milano, ORP-Roma e altre. 2-3 GIUGNO 2012 - VII INCONTRO MONDIALE DELLE FAMIGLIE PARTECIPAZIONE AGLI EVENTI CON IL SANTO PADRE Sabato 2 giugno - ore 20.30 Festa delle Testimonianze alla presenza del Papa Benedetto XVI La partenza dalle diverse località di provenienza è prevista nel primissimo pomeriggio. Domenica 3 giugno – ore 10.00 Solenne Celebrazione Eucaristica presieduta da Sua Santità Benedetto XVI La partenza dalle diverse località di provenienza è prevista nella primissima mattinata (indicativamente ore 4,30/5,00). La Diocesi mette a disposizione l’organizzazione dei pullman per i trasferimenti a Milano - Parco Nord / Aeroporto di Bresso, l’area che ospiterà gli incontri con il Santo Padre. 174 PASTORALE PELLEGRINAGGI Per chi desidera partecipare ai due eventi, è possibile prevedere il pernottamento con sacco a pelo presso l’aera degli incontri (siamo ancora in attesa che l’organizzazione ci comunichi eventuali possibili sistemazioni). Per poter accedere agli incontri è obbligatorio il pass. Il Pass per i soli due eventi è gratuito, il costo per i trasferimenti è stato fissato in € 11,00 ad evento. Iscrizioni entro il 5 maggio. POLONIA sui passi di Giovani Paolo II 15/19 maggio 2012 - in aereo Quota € 800,00 con Rusconi Viaggi LOURDES 23/25 maggio 2012 - in aereo Quota € 450,00 con Duomo Viaggi 4-8 settembre 2012 - in aereo Quota indicativa € 410,00 (soggetta a riconferma in base alla quotazione aerea all’atto dell’iscrizione) con SpiderViaggi LE REPUBBLICHE BALTICHE con Stoccolma e Helsinki Accompagnatore spirituale: don Gianni Colombo 30 giugno - 8 luglio 2012 Quota € 2100,00 con SogeviTour PARAY LE MONIAL, Lione, la Cattedrale di Santa Maria Maddalena Vezelay e il Monastero Benedettino di Saint-Marie de la Pierre-qui-Vire 5/8 luglio 2012 MARSIGLIA e L’ISOLA DI LERINS 31 agosto /2 settembre 2012 FATIMA - In occasione dell’Anniversario 12/15 ottobre 2012 Quota € 620,00 con SogeviTour PARIGI - RUE DU BAC, Montmartre, Notre Dame e Paray Le Monial 25/28 novembre 2012 GIORDANIA e GERUSALEMME Accompagnatore spirituale: don Gian Mario Lanfranchini Ottobre/Novembre 2012 175 PASTORALE PELLEGRINAGGI ITINERARI DI PREGHIERA A MEDJUGORJE Promossi dalle aggregazioni laicali con l’assistenza spirituale di don Maurizio Gagliardini in pullman: 1/4 marzo - 29 aprile/02 maggio 24/27 giugno - 30 settembre/3 ottobre Quota indicativa € 310,00 in aereo: 10/14 luglio - 17/20 luglio Quota indicativa € 370,00 (soggetta a riconferma in base alla quotazione aerea all’atto dell’iscrizione) con SpiderViaggi. POMERIGGI DI SPIRITUALITÀ Fontanelle di Montichiari, Maria Rosa Mistica con cadenza mensile: prime date fissate 28 marzo, 17 aprile, 09 maggio Maccio di Villa Guardia (CO), Santuario della SS. Trinità Misericordia. PER INFORMAZIONI E PRENOTAZIONI: Ufficio per la Pastorale dei Pellegrinaggi via Puccini 11 - int. Canonica 31 - 28100 NOVARA Tel./Fax 0321.661633 - email: [email protected] sito: www.novaria.org/siti/pellegrinaggio/index.html ORARIO UFFICI: dal lunedì al venerdì - ore 9.30/12.00 cell. 333 4713875 dal lunedì al venerdì ore 10/16 Responsabile dell’Ufficio Pellegrinaggi: don Maurizio Gagliardini - cell. 338 5288679 176 INFORMAZIONI DIOECESIS Cronaca breve del territorio gaudenziano NOMINE In data 14 marzo 2012 il Vescovo ha accettato la rinuncia all’Ufficio di parroco delle parrocchie “S. Albino” in Pella e “S. Giovanni Battista” in Alzo di Pella di don Salvatore Maniscalco. Con decreto Vescovile in data 1° marzo 2012 Don Alberto Olivo è stato nominato parroco di Gargallo. AGGIORNAMENTO INDIRIZZARIO Con decreto Vescovile in data 15 marzo 2012 Don Salvatore Maniscalco è stato nominato Vicario parrocchiale di Gozzano, Baraggia di Gozzano, Auzate, Bugnate, Vacciago e Bolzano Novarese dove sarà sacerdote di riferimento per la comunità parrocchiale. Il Santo Padre Benedetto XVI, in data 21 marzo 2012, ha nominato Vescovo Prelato di São Félix (Brasile) S.E. Mons. Adriano Ciocca Vasino, finora Vescovo di Floresta. RINUNCE In data 29 febbraio 2012 il Vescovo ha accettato la rinuncia all’Ufficio di parroco della parrocchia “S. Pietro” in Gargallo (NO) di don Giuseppe Zanetta. CAVAGNA don GIOVANNI cell. 333/7260249 D’ANGELO don MARIO Via Canonico Diana, 33 28066 GALLIATE NO cell. 338/7715390 FLORIANI don BRUNELLO e-mail: [email protected] MASSERONI don GIANCARLO cell. 349/2852752 OLIVO don ALBERTO piazza S. Pietro, 2 28010 GARGALLO NO tel. 0322/94813 cell. 338/5450602 e-mail: [email protected] [email protected] ZARA don GIOVANNI e-mail: [email protected] 177 IN MEMORIA Mons. Giuseppe Cacciami Giovane sacerdote ha iniziato il ministero pastorale nella sua Valsesia, prima a Grignasco (con una prolungata parentesi in Trentino per motivi di salute) e quindi cappellano a Valmaggiore di Quarona. Nel 1953 giunse a Verbania (che diverrà la sua città di adozione e di cui diventerà cittadino onorario) come vicerettore della Famiglia Studenti di Intra – una struttura di ospitalità per giovani – e assistente di Gioventù Studentesca. Sono gli anni in cui divenne attivo protagonista della vita sociale verbanese anche iniziando una fruttuosa collaborazione con ilrinnovato settimanale diocesano con una testata tutta dedicata a quel territorio: “Il Verbano”. Monsignor Giuseppe Cacciami, direttore emerito dei nostri settimanali, si è spento la sera di sabato 17 marzo, all’età di 87 anni. Era ricoverato da alcune settimane presso la clinica de “I Cedri” di Fara Novarese, dopo l’aggravarsi del suo stato di salute. Da otto anni era ritornato nella sua Grignasco, dove era nato il 5 settembre 1924, presso l’abitazione di famiglia per trascorre i suoi ultimi anni dopo aver lasciato l’attività pubblicistica presso i settimanali diocesani, di cui è stato direttore responsabile dal 1964 al 2001, incarico lasciato a don Bartolo Fornara, pur proseguendo la direzione e, in particolare, la famosissima rubrica de “Gli Spilli”, fino a quando la salute glielo ha consentito. Era stato ordinato sacerdote quasi 65 anni fa il 28 giugno 1945 nella cattedrale di Novara da mons. Leone Ossola, il vescovo della Liberazione della città. Per volontà del Vescovo Placido Maria Cambiaghi, desideroso di dare nuovo impulso alla stampa cattolica, don Giuseppe venne nominato direttore responsabile della catena dei settimanali diocesani nel 1964, con la stretta collaborazione di don Germano Zaccheo e don Bartolo Fornara. Contemporaneamente all’attività giornalistica don Giuseppe si impegnò in campo educativo e sociale. Grande opera di cui andava fiero è stata la riedificazione e l’ampliamento della Famiglia Studenti (di cui diventa direttore nel 1968) e infine alla sua trasformazione, mutate le necessità della città, ne “Il Chiostro”, 178 IN MEMORIA prestigioso centro di ospitalità per servizi non solo pastorali ma anche luogo di accoglienza per anziani e per gruppi, ristorante per lavoratori, riconosciuto centro di iniziative culturali per la città. Una città che, da un punto di vista più strettamente ecclesiale, lo ebbe, dal 1975 al 2001, dapprima come vicario foraneo di Intra, poi vicario territoriale del Verbano. Sono anche gli anni in cui don Giuseppe (diplomato in giornalismo e critica cinematografica) promosse la stampa cattolica a livello nazionale e internazionale, facendole acquisire maggiore visibilità, peso, capacità di iniziativa e prestigio. I suoi funerali, lunedì 20 marzo nella chiesa parrocchia di Grignasco, sono stati presieduti da monsignor Franco Giulio Brambilla (di cui viene pubblicata di seguito l’omelia) con la partecipazione di molti sacerdoti concelebranti, che in lui hanno trovato un amico e un “fratello maggiore” severo, ma capace di dare consigli saggi, gli esponenti delle autorità civili (tra i quali il presidente della Provincia del VCO Massimo Nobili, il sindaco di Verbania Marco Zacchera e quello di Grignasco Roberto Beatrice), tanti giornalisti a salutare un maestro (il direttore di Tv2000 Dino Boffo, quello dell’agenzia Sir Paolo Bustaffa, il presidente Fisc Francesco Zanotti e il direttore dei settimanali diocesani Antonio Maio) e soprattutto la gente di Verbania e Grignasco. A metà degli anni ’70 collaborò alla nascita della Federazione italiana settimanali cattolici di cui venne nominato vicepresidente, per diventarne presidente dal 1980 fino al 1986, gli anni in cui ha avviato l’agenzia d’informazioni della Cei, il Sir. Successivamente divenne presidente nazionale del Consis e in quegli stessi anni è vicepresidente della Federation internationale de la presse d’église; quindi diventò membro della Commissione Cei per le Comunicazioni sociali, membro del Gruppo di lavoro per la promozione del sostegno economico della Chiesa italiana e consigliere nel Cda di “Avvenire”. Nel 1992 venne nominato monsignore. Don Roberto Salsa, successore di mons. Cacciami nell’incarico di vicario territoriale del Verbano, ha portato il ringraziamento delle comunità verbanesi: «Era un uomo di elevata statura morale, ma anche culturale. Egli sapeva cogliere le dinamiche storiche e al contempo esprimeva una voglia di futuro con la quale leggeva, i fatti che poi raccontava attraverso il giornale. Mons. Cacciami ci lascia anche un’altra eredità, ovvero l’impegno a essere cristiani al servizio della città, con una fede incarnata, immersa nella vita del popolo e del territorio». Il parroco di Grignasco don Gianfranco Regalli ha ricordato come: «Verbania era il luogo della battaglia. La nostra parrocchia, invece, era il luogo degli affetti, del rifugio durante la malattia. Finché la salute glielo ha concesso ha sempre celebrato Messa alla Monsignor Cacciami ottenne anche l’onorificenza di Grande ufficiale al merito della Repubblica italiana, dopo essere stato Commendatore e, tra i segni più graditi, la cittadinanza onoraria di Verbania. 179 IN MEMORIA Casa di Riposo». Ha poi letto il messaggio di partecipazione del cardinal Lajolo. Il suo compagno di seminario, il Vescovo Gianbattista Moretti così ricordò il giovane don Giuseppe: «era il leader della nostra classe. Capace di animarci, di darci energia, di insegnar- ci l’entusiasmo per le nuove sfide». Il direttore del Sir Paolo Bustaffa ha portato il ringraziamento da parte della Stampa cattolica nazionale: «Don Giuseppe ha saputo unire la carità del sorriso alla carità intellettuale con una professionalità giornalistica fondata sulla fatica e sulla bellezza del pensare». OMELIA DEL VESCOVO NELLA MESSA FUNEBRE Considero per me un privilegio e un segno dall’alto che il mio primo gesto di congedo a un sacerdote, dopo l’ingresso nella diocesi di Novara, avvenga per un grande sacerdote, uomo di forte fede e penetrante cultura. È un privilegio perché quando il vescovo consegna al Padre un proprio prete, è come se una parte della sua Chiesa, anzi della Chiesa di Gesù, venisse a mancare. Ho conosciuto solo recentemente mons. Giuseppe Cacciami ai Cedri, il giorno in cui sono andato a trovarlo una settimana dopo il mio ingresso. Era assopito e forse non mi ha riconosciuto. Abbiamo pregato insieme. Sabato prima di ricevere la notizia della scomparsa di mons. Giuseppe, con il segretario don Gianluigi, dovevamo decidere dove pernottare a Verbania, scegliendo il posto fra i due offerti da don Roberto Salsa. Senza saperlo abbiamo scelto, prima ancora che mancasse don Giuseppe, la Famiglia Studenti, la prima grande opera di mons. Cacciami. Così ieri sono stato tutto il giorno nella sua casa, e ne ho respirato l’intuizione e ascoltato la voce. Tutto lì parlava dei suoi ricordi, ma soprattutto della forza del suo sogno. Sono ricordi che ci donano una luce abbagliante in questo momento di dolore per la scomparsa di mons. Cacciami. La sua vita, per usare un’espressione biblica, è terminata colma di giorni. Non avendo conosciuto direttamente don Giuseppe, ho raccolto solo alcune testimonianze su di lui. Partirei con una definizione molto bella che ho trovato in un articolo di un amico che dice così: “Lottatore con la penna in mano”. “Si lotta” – rispondeva a quelli che andavano a trovarlo nel momento della malattia –: ecco Lui era un “lottatore con la penna in mano”. Una delle cose che mi sorprende sempre di più nella lettura dei testi biblici è che Paolo descriva la vita cristiana con la metafora sportiva, ma egli parla degli sport “duri”: il pugilato, la lotta greco romana, la corsa di resistenza, ecc. Le persone diventano grandi proprio così, solo se sono lottatori. Ho scelto come piccolo canovaccio due quadri della parola di Dio per rappresentare al vivo la figura di don Giuseppe. 1. Il primo è preso dalla Seconda lettera ai Corinti, dal versetto due al versetto sei del terzo capitolo, dove leggo così: «La nostra lettera siete voi, lettera 180 IN MEMORIA scritta nei nostri cuori, conosciuta e letta da tutti gli uomini. È noto, infatti, che voi siete una lettera di Cristo composta da noi, scritta non con l’inchiostro, (parliamo di una persona che di inchiostro ne ha usato tanto) ma con lo spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra ma sulle tavole di carne dei vostri cuori» (2Cor 3,2-3). Credo che don Cacciami sia stato proprio questo. Un grande giornalista che ha dato molto sulla scena nazionale e internazionale, perché è stato un uomo che ha imparato a scrivere le parole sui cuori degli uomini e a partire dal cuore degli uomini del suo tempo. La sua Famiglia Studenti ne è testimonianza viva. Ha concepito l’ardito progetto di fare sulle sponde del Verbano una casa, a cui attrarre studenti dall’Italia e dalle nazioni vicine. Se non scriviamo la nostra parola nella carne della vita quotidiana dell’uomo, le parole che poi scriviamo sui giornali, sulle lettere, sulla stampa, sono parole senza carne, senza vita, senza forza, senza profondità. Non toccano, non portano la vita nel cuore dell’uomo e della donna. Questo è il suo mistero, la forza dirompente del temperamento di don Giuseppe. Egli per tanti anni a Verbania ha concepito questo grande sogno. Lui che era valsesiano, è diventato l’interprete di un territorio molto diverso, più secolarizzato, ma non si è spaventato. Perché era un uomo che aveva fiuto, ma il fiuto non nasce dal nulla, nasce dalla forza di questo incontro tra la carne e la parola, tra la vita e il senso che trasforma tutte le cose. Potrei dirlo con le parole di un grande giornalista, Montanelli. Credo che le abbia scritte a proposito di un altro amico di don Cacciami (non so se l’ha conosciuto, ma certamente ne avrà letto gli editoriali pungenti come i suoi Spilli), il canonico Spada, anche lui all’origine di un miracolo giornalistico, l’Eco di Bergamo. Alla sua morte, Montanelli scriveva così di questo grande personaggio, ma credo che si possa dire anche don Cacciami. È una frase fulminante: «Il guaio di questo tipo di uomini che è anche il loro pregio è quello di dire (e scrivere) ciò che pensano e di pensare ciò che dicono (e di scriverlo)». Ecco il guaio che è anche il pregio del grande giornalista! Più semplicemente direi di ogni grande uomo. Ho trovato anche quest’altra espressione di don Dante Airaga per il 60° di sacerdozio di don Giuseppe, un amico che scriveva così: «Don Giuseppe è stato un infaticabile rabdomante, alla ricerca della sorgente zampillante e ha stimolato i suoi giovani, i suoi collaboratori alla ricerca della verità, sempre alla luce del Vangelo». Ecco questa è la prima immagine, la prima icona per leggere la testimonianza di don Giuseppe, che lascia dietro di sé anche una forza vitale, che si prolunga oltre lui stesso, perché questi uomini, che hanno fatto accadere un avventuroso e inimmaginabile scambio tra la vita e la parola, lasciano dietro di sé delle sorprese. Così a Novara ha lasciato tante testate giornalistiche di ispirazione ecclesiale, quando a Milano sono scomparse tutte. Per far questo basta un uomo, un uomo appassionato. 2. La seconda immagine, è quella che viene dal Vangelo che abbiamo ascoltato: «Passato il sabato, Maria di Magdala e le altre donne, di buon mattino, il primo giorno dopo il sabato, vennero al sepolcro al levar del sole…». Quelli 181 IN MEMORIA come don Cacciami sono uomini che, in un periodo storico, vedono già dal levar del sole come va a finire il giorno. E continua: «Esse dicevano tra loro: “Chi ci rotolerà via il masso dall’ingresso del sepolcro”. Ma guardando che il sasso era già stato tolto, entrando nel sepolcro videro un giovane, seduto alla destra, vestito di una veste bianca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: “Non abbiate paura. Voi cercate Gesù Nazareno il Crocifisso?». Le donne, che sono le custodi della memoria, degli affetti, della tenerezza, dell’attenzione, lo cercano nel luogo della memoria, e invece l’angelo dice loro: “Voi lo cercate dalla parte sbagliata, nel luogo della memoria. Invece è risorto, non è qui! Dove voi lo cercate non c’è, è dall’altra parte”. E don Giuseppe, questa è l’immagine che voglio lasciarvi, è stato uno che ha fatto cercare dall’altra parte, dentro questa vita che lui intravedeva proiettata sul futuro. Era un personaggio “visionario”, colui che vede prima le cose, che invece noi con i nostri occhi appannati non vediamo perché siamo ripiegati su noi stessi. Questa è la seconda immagine che portiamo nel cuore e di cui abbiamo bisogno. Dico che sono veramente contento di celebrare il mio primo funerale di una persona così importante, perché autenticamente cristiana. Ve lo esprimo a questo punto leggendovi il Messaggio del Cardinale Ruini, con cui don Giuseppe ha intrecciato un intenso rapporto. Eccellenza Reverendissima, Le sono molto grato di avermi informato tanto tempestivamente della morte del caro amico Don Giuseppe Cacciami. Mi legava a lui un rapporto che è nato nel 1986 e ho sempre ammirato la sua straordinaria intelligenza e la sua dedizione di vero apostolo del nostro tempo, innamorato del Vangelo e intenzionato a comunicarlo per le vie e con gli strumenti di oggi. A lui anche personalmente devo molto e perciò mi unisco con tutto il cuore alla preghiera di Vostra Eccellenza, dei sacerdoti e della gente della Diocesi di Novara, chiedendo al Signore che lo accolga nel suo amore misericordioso e porti a compimento ciò per cui Don Giuseppe ha speso tutto se stesso. Grazie ancora, Eccellenza, La saluto con grande amicizia. Camillo card. Ruini E vorrei terminare con un suo testo, scritto nel 2005, con il Papa Giovani Paolo II ormai anziano e sfiancato dalla malattia: sentite la penna del lottatore… in questo incipit! KAROL WOITJLA NELLE VESTI DI MOSÈ L’abitudine crea l’attesa. Così avviene ogni anno per la lettera che il papa manda a tutti i cristiani. Stavolta Carol Woitila veste i panni di Mosè nella lettera che arriverà per la prossima quaresima. Commenta le parole di Mosè rivolto al popolo per invitarlo a fare alleanza con Jahvè. Confesso candidamente di essere allergico a quel pettegolume in uso nelle curie e nei palazzi romani per deprecare la situazione precaria del Papa ammalato che spiccica le parole ad una ad una con fatica molte volte finendo con un rantolo. 182 IN MEMORIA Ma leggiamo la lettera per sommi capi. Titolo “La vecchiaia come dono”. Karol invita a riflettere sul ruolo che noi vecchi siamo chiamati a svolgere nella società e nella Chiesa. Per questo il Papa chiede un’attenzione più marcata alla cosiddetta terza età. Se si invecchia nella luce della fede si comprende meglio il mistero della croce. Occorre far crescere la consapevolezza che noi vecchi non siamo rottami o scartine inutili ma una risorsa profonda da valorizzare. Proprio per questo il vecchio ha il suo ruolo nella società. L’uomo infatti vive della eredità di quelli che l’hanno preceduto, anche morale, e il suo futuro dipende dal modo come gli sono stati trasmessi i valori della cultura. Così camminiamo verso una civiltà più completa se cercheremo di mantenerci aperti verso i fratelli e le sorelle ridotti nelle loro capacità dai disagi dell’età o della malattia. Essere vecchi cristiani vuol dire mantenersi fedeli all’alleanza con Jahvè. Gronda di ottimismo la lettera quaresimale del Papa che si chiude consigliandoci a pensare con fiducia al mistero della morte perché l’incontro finale avvenga in un clima di pace interiore nella certezza che ad accoglierci è colui che ci ha voluti a sua immagine e somiglianza. Di fatto questa promessa di vita fa di noi vecchi una risorsa da valorizzare e ci aiuta a trovare un posto e un ruolo specifico nella società senza rassegnarsi al pessimismo e al nichilismo. Questo è il ruolo importantissimo che Karol Woitjla riveste pur essendo vecchio e ammalato e menomato nel suo vigore fisico. Il Papa nota che per meriti della scienza e della medicina si assiste a un allungamento della vita umana e a un incremento del numero degli anziani. Per questo il problema della terza età è il più grande problema delle comunità ecclesiali e civili del mondo occidentale. La soluzione del problema può avvenire all’unica condizione che tutti gli anziani affrontino questi interrogativi di fondo per affrontare il proprio ruolo nella società; una società di vecchi in cammino verso una forma di civiltà più completa. Inoltre, siccome gli anziani camminano verso la morte il Papa ci incita ad abituarci a pensare con fiducia al mistero della morte perché l’incontro con Dio avvenga in un clima di pace interiore. Sarebbe auspicabile che gli anziani leggano tutti questa lettera che noi pubblicheremo e che costituisce un fatto sociale di immensa rilevanza e che smentisce tutte le fasulle campagne retoriche sulla perenne giovinezza, su una forma di salutismo becero, ma si radica in un realismo animato dalla fede. Dobbiamo constatare che quanto si fa per la nostra vecchiaia ci offre la possibilità di affrontare interrogativi di fondo che prima forse avevamo trascurato. Una stagione giovanile dunque se ci convinciamo che pur essendo vecchi possiamo avere e dedicarci a quell’essenziale che è il modo di vivere del buon cristiano. L’essenziale che non viene danneggiato e logorato dall’usura degli anni. Se durante questa Quaresima, leggendo personalmente la lettera del Papa, i 183 IN MEMORIA vecchi si convinceranno della ricchezza del dono che essi possono dare all’umanità può cominciare una nuova stagione dove l’ottimismo diventa obbligato. Se il vecchio risponde all’appello di Mosè di stringere un’alleanza con Jahvè nel paese di Moab non in forma simbolica ma facendone un tempo assiduo di preghiera e di ascolto della Parola abbiamo senza retorica acquisito una garanzia per il nostro futuro. Grignasco, febbraio 2005 don Giuseppe Cacciami Concludo. Il giorno in cui sono stato a trovarlo, la sua fedele collaboratrice lo aiutava a pregare, dicendo un’espressione dell’Ave Maria dopo l’altra, che don Giuseppe flebilmente ripeteva con la voce. Arrivato alla frase: … e nell’ora della nostra morte, don Giuseppe non la disse, ma dopo l’invito a ripeterla, con un ultimo filo di voce rispose: e nell’ora della nostra morte…. Così muoiono i grandi uomini, perché hanno vissuto da uomini grandi! + Franco Giulio Brambilla 184 IN MEMORIA Padre Lamberto Ferraris Decano dei sacerdoti e degli oblati novaresi dopo una breve agonia, San Giuseppe ha accompagnato padre Lamberto al grande “Incontro”. L’intenso e lungo cammino – 103 anni di vita, 82 anni di sacerdozio, 74 di oblazione – di padre Ferraris può essere sintetizzato in sette tappe. All’inizio della celebrazione padre Giancarlo Julita, attuale prevosto degli oblati diocesani, ha così ripercorso il cammino di padre Lamberto. La prima: l’ordinazione. In una fredda mattina di sabato 20 dicembre 1930, nella Cappella del Seminario di Novara don Lamberto venne ordinato sacerdote da mons. Castelli. Il giorno seguente celebrava la sua prima Messa a Santa Cristina, dove era nato il 14 aprile 1908, circondato dall’affetto della famiglia e di quella fervorosa comunità cristiana. Mercoledì 21 marzo è stata celebrata la liturgia esequiale di padre Lamberto Ferraris, come da sua volontà testamentaria, nel Santuario di Re, presieduta dal nostro Vescovo, con la presenza di mons. Amedèe Grab, vescovo emerito di Coira, di casa a Re da più di trent’anni, dei Padri Oblati e di molti sacerdoti. La salma di padre Lamberto è stata tumulata nel piccolo cimitero di Re accanto a quella dell’amico e compagno padre Gaspare Uccelli. La presenza dei parrocchiani di san Giuseppe in Novara, con i “ragazzi” di padre Lamberto, hanno reso struggente e pieno di speranza la celebrazione: la consegna al Signore di un vero “pastore secondo il cuore di Cristo, un vero capolavoro della grazia di Dio”. Lunedì 19 marzo, presso la casa “Cuore Immacolato di Maria” di Re Il primo servizio pastorale fu quello di coadiutore in Cattedrale a Novara e cappellano dell’Altare del Santissimo Sacramento, mentre nel pomeriggio assisteva i ragazzi presso il Circolo Regaldi. Nel 1935 mons. Castelli lo nominò parroco a San Rocco di Premia e Salecchio: due parrocchie della Valle Antigorio. Qui si trovò a suo agio. Anche le vette della Formazza lo entusiasmavano. 185 IN MEMORIA Nel 1938 la voce del Signore attraverso Padre Fasola, in quel momento Prevosto degli Oblati, si fa chiara: “Vieni a Novara, entra nella Congregazione degli Oblati per vivere il progetto di don Gallotti: la Societas Missionariorum Mariae”. rio, tra i suoi penitenti alcuni erano sacerdoti anche provenienti dalle diocesi vicine. Nell’estate 2006 salì a Miasino per il tempo estivo e là si trovò bene con i confratelli, con don Giacomo De Giuli, ma a Miasino rivisse soprattutto la situazione della prima tappa: il Tabernacolo. Era spesso in Cappella: viveva alla lettera il messaggio di Padre Chautard. Ed ecco la quarta tappa: oblato e responsabile dei giovani nella nuova parrocchia di San Giuseppe che stava muovendo i primi passi. Questa quarta tappa è la più intensa. I suoi ragazzi, che gli sono stati accanto fino agli ultimi giorni rivelano l’intensità con la quale Padre Lamberto si è dedicato alla loro formazione. Ma la Madonna lo attendeva quassù, a Re, dove per la prima volta era giunto (1922) accompagnato dal suo incomparabile maestro il Servo di Dio, don Silvio Gallotti. Nel pomeriggio dell’Epifania 2011, appena dimesso dall’ospedale di Domodossola, giunse a Re. E qui rimase. E in questi ultimi quindici mesi visse con il medesimo fervore di quando era giovane prete: meditazione, letture del giorno e preghiera. Sabato scorso fu portato a Domodossola perché accusava un dolore e mentre attendevamo l’esito dell’esame il Padre con profonda lucidità mi disse: “Ricordi il motto di Padre Pianzola? Sì! Tutto per Gesù. Cerchiamo di fare anche noi adesso”. E per Gesù visse e con Gesù morì! E noi in comunione con il nostro padre venerabile Silvio Gallotti, il servo di Dio, padre Fasola, l’indimenticabile padre Franzi, e con i fratelli e le sorelle che padre Lamberto ha amato, con la sua famiglia, le sue cognate e i suoi nipoti, diciamo con la liturgia: “Ti accolga Cristo che ti ha chiamato fin dalla giovinezza e ti ha dato la grazia di perseverare fino all’ultimo respiro”. Riposa in Corde Matris nostrae dulcissimae. Nel 1956 mons. Gremigni affidò il Santuario di Cannobio a due Oblati diocesani: padre Preti e padre Ferraris. Una copia perfetta e insieme per quattordici anni si impegnano, in quell’angolo della Diocesi, come apostoli del messaggio della Santissima Pietà e custodi della tomba del “Padre”, don Silvio Gallotti. Padre Lamberto si recò anche in Germania per apprendere la lingua tedesca utile per accogliere i numerosi visitatori provenienti da oltralpe. Con una piccola moto, donatagli dai suoi fratelli, raggiungeva per il ministero anche le piccole parrocchie della Cannobina. Nel 1970 ritornò alla parrocchia di San Giuseppe in Novara, questa volta non per i giovani, ma per gli ammalati e gli anziani. Di questi trentacinque anni ricordiamo tre attenzioni: gli ammalati, non c’era casa dove Padre Ferraris non arrivava; i poveri, una lunga fila di questuanti lo attendeva davanti alla porta della Chiesa; era disponibile alle confessioni senza ora- Padre Giancarlo Julita 186