effetti della cancellazione della società dal registro imprese

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effetti della cancellazione della società dal registro imprese
Autori
Stefano Liso, Studio Associato
EFFETTI DELLA CANCELLAZIONE
DELLA SOCIETÀ
DAL REGISTRO IMPRESE
Eulex, Milan, D'Ambrosi,
Bernardoni, Arvalli
Efficacia della cancellazione della società dopo la riforma
Orientamento delle Sezioni Unite ed effetto “tombale”
Applicabilità della disciplina alle società di persone
Debiti sopravvissuti e crediti sopravvenuti
della società cancellata
Fallimento della società cancellata
dicembre 2012
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SOMMARIO
pagina
L’originario assetto normativo
04
La novella legislativa
06
Efficacia della cancellazione della società dopo la riforma:
questione conclusa?
06
Le decisioni delle Sezioni Unite: effetto “tombale”?
08
Applicabilità della disciplina alle società di persone
09
Effetti della novella legislativa sulle società cancellate prima della riforma
10
Debiti sopravvissuti e crediti sopravvenuti
le sopravvenienze attive dopo la riforma
11
della
società
cancellata:
Le sopravvenienze passive dopo la riforma
Conseguenze
processuali
dal registro delle imprese
della
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cancellazione
della
16
Fallimento della società cancellata: il ruolo dell’art. 10 legge fall.
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società
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L’originario assetto normativo
Prima della riforma organica della disciplina societaria dettata dal D.Lgs. 17.01.2003, n. 6, la
cancellazione delle società dal registro delle imprese era regolata dall’art. 2456 cod. civ. per le s.p.a. che, in
via estensiva, veniva applicato anche per gli altri tipi di società di capitali.
Sulla natura dell’iscrizione della cancellazione – se dichiarativa o costitutiva - si è per lungo tempo dibattuto
in dottrina e giurisprudenza proprio perché la disciplina ante riforma sul punto aveva lasciato spazio a
diverse interpretazioni.
Un primo orientamento, maggiormente accreditato in dottrina, attribuiva alla cancellazione della società di
capitali una vera e propria efficacia costitutiva dell’estinzione della società, con la conseguenza che dal
momento della cancellazione con l’approvazione del bilancio finale di liquidazione, la società doveva
ritenersi estinta senza attendere l'effettiva definizione di tutti i rapporti giuridici pendenti.
Ne derivava che i creditori insoddisfatti avrebbero potuto far valere i loro crediti soltanto nei confronti dei soci
o dei liquidatori purché il mancato pagamento fosse stato conseguenza di un loro comportamento colposo
(cfr.: Trib. Monza 12.02.2001, in Giur. comm., 2002, II, 91; Campobasso, Diritto commerciale, Le società, 2,
Torino, 1999, 124).
A conforto di tale tesi, la dottrina più autorevole precisava che anche la relazione al codice civile del ’42
aveva ritenuto « […] indispensabile regolare la cancellazione della società dal registro delle imprese, traendo
dalla pubblicità che in tal senso viene data alla chiusura della liquidazione la conseguenza che, dopo di
essa, i creditori insoddisfatti possono far valere i loro crediti soltanto nei confronti dei soci».
Secondo, invece, la giurisprudenza dominante, la cancellazione della società dal registro delle imprese
aveva solo una funzione dichiarativa di pubblicità producendo una presunzione di estinzione valida fino
alla prova contraria del mancato soddisfacimento dei creditori.
Tale ipotesi partiva dal presupposto che non si poteva far dipendere l'estinzione dell'impresa collettiva dalla
volontà esclusiva dei soci e dei liquidatori imponendo a quest’ultimi di ricostituire il patrimonio sociale
eventualmente distribuito ai soci (cfr., fra le tante, Cass. 12.06.2000, n. 7972).
Conseguenza di tale interpretazione giurisprudenziale era il permanere della capacità giuridica e della
soggettività in capo alle società commerciali anche dopo la cancellazione dell’iscrizione nel registro delle
imprese fornendo, in questo modo, piena garanzia ai creditori che avrebbero potuto agire direttamente non
solo nei confronti del singolo socio, nei limiti della somma a lui assegnata in base al bilancio finale di
liquidazione e dei liquidatori, ma anche e soprattutto nei confronti della stessa società cancellata.
La giurisprudenza di legittimità così stabiliva: «Posto che l'atto formale di cancellazione di una società
commerciale (nella specie, società a responsabilità limitata) dal registro delle imprese non ne determina
l’estinzione ove non siano ancora esauriti tutti i rapporti giuridici facenti capo alla società stessa e da questa
intrattenuti con i terzi, ne consegue che qualora, nel corso delle operazioni di liquidazione, sia stata omessa
la definizione di un determinato rapporto, il creditore, oltre che agire in via sussidiaria nei confronti dei soci
"pro quota" ex art. 2456, comma 2, cod. civ., può anche esperire azione autonoma e diretta contro la
società, in persona del liquidatore, allo scopo di far valere nei confronti della medesima il proprio credito
rimasto insoddisfatto» (Cass., Sez. II, 4.10.1999, 11021).
Tale posizione rispettava, dunque, la natura dichiarativa della pubblicità con l’affermazione del permanere di
una soggettività attenuata e di una limitata prosecuzione della capacità processuale della società cancellata.
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Giurisprudenza correlata
Orientamento ante riforma maggioritario – Efficacia dichiarativa della cancellazione
Cass., Sez. I, 8.07.2004, n. 12553
Lo scioglimento non comporta anche l'estinzione della società, che è determinata, invece, soltanto
dall’effettiva liquidazione dei rapporti giuridici pendenti, che alla società facevano capo, e dalla definizione di
tutte le controversie giudiziarie in corso con i terzi per ragioni di dare e avere; ne consegue che, verificatosi
lo scioglimento di una società di fatto per il venir meno, a causa della morte di uno dei due soci, della
pluralità (non ricostituita) degli stessi, il socio superstite conserva tale qualità (senza che rilevi in contrario la
circostanza che gli sia inibito il recesso) ed è, pertanto, assoggettabile a fallimento unitamente alla società.
Cass., Sez. II, 4.10.1999, 11021
Posto che l'atto formale di cancellazione di una società commerciale (nella specie, società a responsabilità
limitata) dal registro delle imprese non ne determina l’estinzione ove non siano ancora esauriti tutti i rapporti
giuridici facenti capo alla società stessa e da questa intrattenuti con i terzi, ne consegue che qualora, nel
corso delle operazioni di liquidazione, sia stata omessa la definizione di un determinato rapporto, il creditore,
oltre che agire in via sussidiaria nei confronti dei soci "pro quota" ex art. 2456, comma 2, cod. civ., può
anche esperire azione autonoma e diretta contro la società, in persona del liquidatore, allo scopo di far
valere nei confronti della medesima il proprio credito rimasto insoddisfatto.
Cass., Sez. II, 29.05.1999, n. 5233
La cancellazione dal registro delle imprese ha funzione di pubblicità, e non produce estinzione della società,
la quale rimane in vita fino a quando non siano liquidati i rapporti derivanti dall'attività sociale, o a questa
connessi, in tal caso spettando la rappresentanza processuale della società in questione ai liquidatori.
Cass., Sez. III, 11.03.1998, n. 2676
Lo scioglimento di una società di persone, come quello di una società di capitali, produce non l'estinzione
della società ma il mutamento del suo scopo: allo scopo di svolgere in comune un'attività economica al fine
di dividere gli utili subentra lo scopo di definire i rapporti derivati dall'attività sociale e di ripartire tra i soci
l'eventuale attivo.
Orientamento ante riforma minoritario – Efficacia costitutiva della cancellazione
App. Milano 29.11.2002
La cancellazione della società dal registro delle imprese determina la definitiva estinzione della stessa.
Pertanto, la carica di liquidatore cessa con la cancellazione della società dal registro delle imprese ed una
proroga dei suoi poteri di rappresentanza è possibile solo in base ad una procura espressa, rilasciata dagli
ex soci della società estinta.
Trib. Vercelli (decr.) 5.07.2002
Ai sensi dell'art. 2312 cod. civ., per ottenere la cancellazione dal registro delle imprese di una società in
liquidazione è necessario e sufficiente che si sia provveduto all'approvazione del bilancio finale di
liquidazione, mentre invece non occorre che risulti l'effettiva definizione di tutti i rapporti giuridici pendenti.
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Trib. Monza 12.02.2001
La cancellazione dal registro delle imprese individua il momento estintivo delle società di capitali (e
cooperative), non ostando all'estinzione la persistenza o il sopravvenire di passività o attività della società, e
a nulla rilevando il fatto che tali rapporti fossero noti o ignoti ai liquidatori.
La novella legislativa
Il contrasto interpretativo sorto attorno all’efficacia della cancellazione della società dal registro delle
imprese ha determinato l’intervento del legislatore che modificando le norme contenute nel vecchio art. 2456
cod. civ., con il D.Lgs. n. 6/2003, ha disciplinato all’art. 2495 cod. civ. gli effetti della cancellazione della
società dal registro delle imprese, il regime della responsabilità per i debiti non soddisfatti e delle
sopravvenienze attive e passive.
In particolare, la disciplina contenuta nel novellato art. 2495 cod. civ. prevede che «ferma restando
l’estinzione della società, dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro
crediti nei confronti dei soci, fino a concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di
liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi» (cfr. art.
2495 cod. civ.: «Approvato il bilancio finale di liquidazione, i liquidatori devono chiedere la cancellazione
della società dal registro delle imprese. Ferma restando l'estinzione della società, dopo la cancellazione i
creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza
delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il
mancato pagamento è dipeso da colpa di questi [cod. civ. 31, 2312, 2324]. La domanda, se proposta entro
un anno dalla cancellazione, può essere notificata presso l'ultima sede della società)».
Dunque, l’incipit del comma 2 testé riportato avrebbe o dovrebbe aver eliminato le incertezze e i contrasti
sorti in merito alla natura e all’efficacia giuridica dell’iscrizione nel registro delle imprese della cancellazione
della società.
Efficacia della cancellazione della società dopo la riforma:
questione conclusa?
Nonostante i primi commenti positivi e fiduciosi sulla novella legislativa che avrebbe dovuto
finalmente porre fine ai contrasti interpretativi sorti in materia, l’incertezza sulla natura dichiarativa o
costitutiva della cancellazione della società dal registro delle imprese è rimasta tra gli interpreti.
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Parte della giurisprudenza, infatti, ha continuato ad aderire al precedente orientamento maggioritario ante
riforma, secondo cui l’atto formale di cancellazione di una società dal registro delle imprese non
determinerebbe l’estinzione della stessa ove non siano esauriti tutti i rapporti giuridici ad essa facenti
capo a seguito della procedura di liquidazione, ovvero non siano definite tutte le controversie giudiziarie
pendenti.
Al di là di tali resistenze, la giurisprudenza più attenta pare essersi uniformata al nuovo precetto normativo
contenuto all’art. 2495 cod. civ. attribuendo alla cancellazione dal registro delle imprese efficacia costitutiva
ritenendo avvenuta l’estinzione della società anche in presenza di crediti insoddisfatti o in presenza di giudizi
pendenti o altri rapporti non definiti.
Giurisprudenza correlata
Orientamento post riforma minoritario – Funzione di pubblicità dell’iscrizione di cancellazione
Cass. pen., Sez. II, 12.05.2010, n. 35001
La cancellazione di una società commerciale, sia essa di persone o di capitali, dal registro delle imprese
costituisce una mera pubblicità dichiarativa che, in difetto dell’esaurimento di tutti i rapporti giuridici pendenti
e ad essa facenti capo, non determina l’estinzione della persona giuridica. Ne consegue la legittimazione
processuale della società e la prosecuzione del processo già iniziato nei confronti o su iniziativa di coloro
che già la rappresentavano o dei soci, anche con riferimento alle fasi di impugnazione.
Cass., Sez. III, 15.01.2007, n. 646
L'atto formale di cancellazione di una società in accomandita semplice dal registro delle imprese (che ha
solo funzione di pubblicità) così come il suo scioglimento con conseguente instaurazione della fase di
liquidazione non determinano l'estinzione della società stessa ove non siano esauriti tutti i rapporti giuridici
facenti capo alla medesima, a seguito della procedura di liquidazione.
Cass., Sez. III, 02.03.2006, n. 4652
L'atto formale di cancellazione della società dal registro delle imprese ha solo funzione di pubblicità, ma non
ne determina l'estinzione, ove non siano ancora esauriti tutti i rapporti giuridici facenti capo alla società
stessa a seguito della procedura di liquidazione.
Orientamento post riforma maggioritario – Effetti costitutivi della cancellazione
Cass., Sez. I, 12.12.2008, n. 29242
Ai sensi dell'art. 2495, comma 2, cod. civ., nel testo introdotto dall'art. 4 D.Lgs. 17.01.2003, n. 6 ed entrato in
vigore il 1°.01.2004, la cancellazione dal registro delle imprese (nella specie, di società a responsabilità
limitata in liquidazione) produce estinzione della società anche in presenza di crediti insoddisfatti e di
rapporti ancora non definiti.
Cass., Sez. I, 28.06.2006, n. 8618
L'iscrizione nel registro delle imprese della cancellazione di una società di capitali ne produce l'estinzione,
con effetto costitutivo irreversibile, anche in presenza di crediti insoddisfatti e di rapporti di altro tipo non
definiti: il principio, che emerge dalla legge di riforma, concerne non la cancellazione in sé, bensì i suoi
effetti, e trova applicazione anche alle cancellazioni già iscritte in precedenza.
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Le decisioni delle Sezioni Unite: effetto “tombale”?
A comporre l’annoso contrasto interpretativo sono intervenute le Sezioni Unite con un trittico di
sentenze gemelle del 22.02.2010 nn. 4060, 4061 e 4062 fornendo la soluzione attraverso una ricostruzione
precisa e dettagliata dell’excursus interpretativo formatosi negli anni.
Le decisioni in commento enunciano i seguenti principi di diritto:
• l’’art. 2495, comma 2, cod. civ., è precetto innovativo e ultrattivo che disciplina gli effetti delle
cancellazioni di società capitali e cooperative avvenute anche in data antecedente a quella di entrata
in vigore del decreto legislativo di riforma (1°.01.2004);
• la novella legislativa ha determinato il superamento dell’orientamento interpretativo secondo cui
l’iscrizione della cancellazione della società dal registro delle imprese aveva solo una funzione
dichiarativa senza determinarne l’estinzione fino alla definizione di tutti i rapporti pendenti con
conseguente conservazione di capacità giuridica e legittimazione sia sostanziale che processuale.
Dunque, l’applicazione di tali principi pare aver definitivamente risolto la problematica in questione stabilendo
l’efficacia estintiva dell’iscrizione della cancellazione dell’impresa collettiva nel registro delle
imprese; resta, tuttavia, una deroga a tale principio.
Le Sezioni Unite, infatti, con due pronunce, le nn. 8426 e 8427 del 2010 (cfr. art. 2191 cod. civ.cancellazione d'ufficio: se un'iscrizione è avvenuta senza che esistano le condizioni richieste dalla legge, il
giudice del registro, sentito l'interessato, ne ordina con decreto la cancellazione [cod. civ. 2312]), hanno
ammesso la resurrezione delle società liquidate e cancellate dal registro delle imprese invocando
l’applicazione dell’art. 2191 cod. civ. nell’ipotesi in cui l’iscrizione della cancellazione sia avvenuta in
violazione delle norme che disciplinano il processo di liquidazione. La nuova iscrizione che dispone “la
cancellazione della cancellazione” riportando così in vita la società sortirebbe, secondo le Sezioni Unite,
l’effetto di pubblicità dichiarativa dell’inesistenza dell’estinzione (cfr. Cass., Sez. Un., 9.04.2010, n. 8426).
Dunque, il decreto di cancellazione dell’iscrizione di cancellazione della società avrebbe natura dichiarativa
con l’effetto di rendere pubblico il mancato esaurimento di tutti i rapporti giuridici pendenti facenti capo alla
società, la cui personalità non dovrà ritenersi estinta presumendosi, pertanto, la continuazione delle attività
societarie.
Tale diversa interpretazione delle Sezioni Unite stava, secondo alcuni, rimettendo in discussione il
precedente assunto ma la Suprema Corte con ordinanza 3.11.2011, n. 22863 si è subito affrettata a
riaffermarne il contenuto, circoscrivendo quindi gli effetti delle pronunce nn. 8426 e 8427 del 2010 all’ipotesi
specificamente prevista dall’art. 2191 cod. civ. (N.S. Di Paola, Scioglimento e liquidazione di società di
capitali, Milano, 76, 2012).
Giurisprudenza correlata
Cass., Sez. V, 03.11.2011, n. 22863
La cancellazione di una società dal registro delle imprese determina la sua estinzione, anche se vi sono
rapporti giuridici pendenti, e non ha rilievo il fatto che questi siano di natura tributaria.
Cass., Sez. Unite, 9.04.2010, n. 8426
In tema di dichiarazione di fallimento di una società, ai fini del rispetto del termine di un anno dalla
cancellazione dal registro delle imprese, previsto dall'art. 10 legge fall., l'iscrizione nel registro delle imprese
del decreto con cui il giudice del registro, ai sensi dell'art. 2191 cod. civ., ordina la cancellazione della
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pregressa cancellazione della società già iscritta nello stesso registro, fa presumere sino a prova contraria la
continuazione delle attività d'impresa, atteso che il rilievo, di regola, solo dichiarativo della pubblicità, se
avvenuta in assenza delle condizioni richieste dalla legge, comporta che l’iscrizione del decreto, emanato ex
art. 2191 cod. civ., determina solo l’opponibilità ai terzi dell’insussistenza delle condizioni che avevano dato
luogo alla cancellazione della società alla data in cui questa era stata iscritta e, di conseguenza, la stessa
cancellazione, con effetto retroattivo, dell’estinzione della società, per non essersi questa effettivamente
verificata; né è di ostacolo a tale conclusione l'estinzione della società per effetto della cancellazione dal
registro delle imprese, a norma dell'art. 2495 cod. civ., introdotto dal D.Lgs. 17.01.2003, n. 6, atteso che la
legge di riforma non ha modificato la residua disciplina della pubblicità nel registro delle imprese. (Massima
ufficiale).
Cass., Sez. Unite, 22.02.2010, n. 4060
In tema di società, una lettura costituzionalmente orientata dell'art. 2495, comma 2, cod. civ., come
modificato dall'art. 4 D.Lgs. 17.01.2003, n. 6, nella parte in cui ricollega alla cancellazione dal registro delle
imprese l'estinzione immediata delle società di capitali, impone un ripensamento della disciplina relativa alle
società commerciali di persone, in virtù del quale la cancellazione, pur avendo natura dichiarativa, consente
di presumere il venir meno della loro capacità e soggettività limitata, negli stessi termini in cui analogo effetto
si produce per le società di capitali, rendendo opponibile ai terzi tale evento, contestualmente alla pubblicità
nell'ipotesi in cui essa sia stata effettuata successivamente all'entrata in vigore del D.Lgs. n. 6/2003, e con
decorrenza dal 1°.01.2004 nel caso in cui abbia avuto luogo in data anteriore.
Applicabilità della disciplina alle società di persone
“Quid juris”: L’art. 2495, comma 2, cod. civ., regolando la cancellazione delle società di capitali
dal registro delle imprese, può essere estensivamente applicato anche alle società di persone? Sul punto la
giurisprudenza è parsa sin da subito concorde nell’affermare che la normativa in commento è disposizione
portatrice di un principio generale in grado di armonizzare il sistema con riguardo all’effetto della
cancellazione di tutte le società dal registro delle imprese (G.P. Alleca, «Le Sezioni Unite e l’estinzione delle
società a seguito della cancellazione», in Riv. dir. civ., 2010, 6, 637).
Il ragionamento espresso dalla Corte di legittimità si basa sui seguenti presupposti:
• le società di persone, come quelle di capitali, sono società registrate che devono tener conto delle
stesse esigenze di certezza delle situazioni giuridiche delle società di capitali;
• garanzia e parità di trattamento dei terzi creditori di entrambi i tipi di società.
Giurisprudenza correlata
Cass., Sez. Un., 22.02.2010, n. 4062
La natura costitutiva riconosciuta per legge a decorrere dal 1°.01.2004 degli effetti delle cancellazioni già
iscritte e di quelle future per le società di capitali che con esse si estinguono comporta, anche per quelle di
persone, che, a garanzia della parità di trattamento dei terzi creditori di entrambi i tipi di società, si abbia una
vicenda estintiva analoga con la fine della vita di queste contestuale alla pubblicità, che resta dichiarativa
degli effetti da desumere dall'insieme delle norme pregresse e di quelle novellate, che, per analogia iuris,
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determinano un’interpretazione nuova della disciplina pregressa delle società di persone. Per queste ultime,
come la loro iscrizione nel registro delle imprese ha natura dichiarativa, anche la fine della loro legittimazione
e soggettività è soggetta a pubblicità della stessa natura, desumendosi l'estinzione di esse dagli effetti della
novella dell'art. 2495 cod. civ., sull'intero titolo V del libro quinto del codice civile dopo la riforma parziale di
esso, ed è l'evento sostanziale che la cancellazione rende opponibile ai terzi (art. 2193 cod. civ.) negli stessi
limiti temporali indicati per la perdita della personalità delle società oggetto di riforma.
Cass., Sez. II, 15.10.2008, n. 25192
In tema d'interpretazione del nuovo diritto societario, la modifica dell'art. 2495 cod. civ., ex art. 4 D.Lgs. n.
6/2003, secondo la quale la cancellazione dal registro delle imprese determina, contrariamente al passato,
l'estinzione della società, si applica anche alle società di persone, nonostante la prescrizione normativa
indichi esclusivamente quelle di capitali e quelle cooperative ed, inoltre la norma, per la su funzione
ricognitiva, è retroattiva e trova applicazione anche in ordine alle cancellazioni intervenute anteriormente al
1°.01.2004, data di entrata in vigore delle modifiche introdotte dal citato D.Lgs. n. 6/2003, con la sola
esclusione dei rapporti esauriti e degli effetti già irreversibilmente verificatisi.
Effetti della novella legislativa sulle società cancellate prima
della riforma
Le Sezioni Unite con le sentenze nn. 4060, 4061 e 4062 del 2010, poc’anzi citate, enunciano
l’ulteriore principio in forza del quale il giorno dell’entrata in vigore della riforma delle società (1°.01.2004)
costituisce il momento rilevante per la produzione dell’effetto estintivo anche per le società cancellate
prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 6/2003.
In sostanza, per le società cancellate dopo il 1°.01.2004, l’effetto estintivo decorre dal giorno dell’iscrizione
della cancellazione mentre, per le società cancellate prima di tale momento, l’effetto estintivo decorre
comunque dal giorno dell’entrata in vigore della novella legislativa posto che, rileva la corte di legittimità, la
novella non ha natura interpretativa e ricognitiva della previgente disciplina, né è espressamente prevista
come retroattiva (M. Bina, Riv. dir. proc., 2011, 1, 203).
Giurisprudenza correlata
Cass., Sez. Unite, 22.02.2010, n. 4062
L'art. 2495 cod. civ., comma 2, modificato dall'art. 4, D.Lgs. n. 6/2003, recante disposizioni sulla riforma del
diritto societario è norma innovativa ed ultrattiva. La disciplina sugli effetti delle cancellazioni delle iscrizioni
di società di capitali e cooperative intervenute deve dunque ritenersi operante anche precedentemente
all'entrata in vigore.
Cass., Sez. Unite, 22.02.2010, n. 4061
La norma non costituisce interpretazione della disciplina previgente, ma è innovativa e ultrattiva, sicché trova
applicazione anche alle cancellazioni iscritte prima del 1°.01.2004, data di entrata in vigore della disciplina,
per le quali l'effetto estintivo si produce non già dall’iscrizione ma soltanto dal momento dell'entrata in vigore
della nuova disciplina.
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Debiti sopravvissuti e crediti sopravvenuti della società
cancellata: le sopravvenienze attive dopo la riforma
La costante giurisprudenza nel periodo ante riforma riteneva possibile la sopravvivenza della
società anche dopo l’avvenuta cancellazione fino a quando tutti i rapporti patrimoniali che ad essa facevano
capo non si fossero esauriti (cfr. ex multis: Cass. 12.06.2000, n. 7972).
Gli esiti di tale ricostruzione erano i seguenti:
• per le sopravvenienze passive: i creditori sociali anche dopo la cancellazione, potevano agire nei
confronti della società in persona del liquidatore che avrebbe dovuto recuperare dai soci le quote di
liquidazione ancora dovute o illegittimamente distribuite.
• per le sopravvenienze attive: la società in persona del liquidatore poteva agire nei confronti del
debitore per la tutela dei propri crediti.
Quid juris: a seguito della riforma cosa accade nell’ipotesi in cui sorgano elementi attivi dopo l’avvenuta
liquidazione e cancellazione della società?
Parte della dottrina ha ipotizzato che si potrebbe adottare una soluzione simile a quella prevista per l’eredità
giacente che si verifica quando un complesso di beni e di rapporti appartenuti al de cuius sono privi di
titolare perché i chiamati alla successione non l’hanno ancora accettata (V. Salafia, «Sopravvenienza di
attività dopo la cancellazione della società dal registro imprese», in Società, 2008, 8, 931).
La soluzione prospettata parte dal presupposto secondo cui, data l’irreversibile estinzione della società, le
eventuali sopravvenienze attive non consentono la reviviscenza o persistenza della società già estinta,
dacché il venir meno del soggetto titolare del credito non estingue il credito stesso che ricade in comunione
ordinaria tra gli ex soci in proporzione della loro quota di conferimento (M. Porzio, «La cancellazione»,
in Il nuovo diritto delle società, Liber amicorum G.F. Campobasso, Torino, 2007, 4, 91).
Anche parte della giurisprudenza ha di recente fatto propria detta soluzione stabilendo che «le
sopravvenienze attive emerse successivamente alla cancellazione della società dal Registro delle imprese
danno luogo ad un fenomeno di successione in capo ai soci, che ne comporta il riparto tra loro, in regime di
comunione ordinaria ai sensi degli artt. 1100 cod. civ. e segg.» (cfr. Trib. Bologna, Sez. III, 8.10.2010).
Alla tesi testé riportata se ne contrappone un’altra che ravvisa in tal caso l’applicabilità del precetto
normativo contenuto all’art. 2191 cod. civ., di talché in caso di sopravvivenze o sopravvenienze attive deve
essere disposta “la cancellazione della cancellazione” della società dal registro delle imprese (a contrariis:
Trib. Catania, decr., 9.04.2009, secondo cui «l’esistenza di posizioni debitorie della società non costituisce
elemento che possa essere valutato dal conservatore del registro delle imprese all’atto dell’iscrizione della
cancellazione di una s.r.l., al fine di impedirla, in quanto il legislatore fa scaturire dall’esistenza di creditori
sociali insoddisfatti non già un impedimento alla cancellazione, bensì una responsabilità dei soci e/o del
liquidatore» - massima non ufficiale -).
La soluzione qui prospettata sostiene che fino a che vi siano sopravvenienze attive, note o ignote che siano,
il processo di liquidazione non possa dirsi definitivamente completato e, del resto, la dottrina più attenta non
ha tardato a notare come la mancanza di una disposizione di legge ad hoc, nonché la difficoltà di individuare
con precisione un titolo idoneo a determinarne l’acquisto in capo agli ex soci, conduca a ritenere che la
titolarità dei beni sopravvissuti o sopravvenuti sia ancora della società cancellata, dando luogo alla
cancellazione della cancellazione della società d’ufficio secondo le modalità previste dall’art. 2191 cod. civ.
(Spolidoro, «Seppellimento prematuro. La cancellazione delle società di capitali dal registro delle imprese ed
il problema delle sopravvenienze attive», in Riv. soc., 2007, 4, 824, nt. 1 837; Trib. Como 24.04.2007).
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A supporto di tale tesi si rimanda alla succitata decisione delle Sezioni Unite n. 8426/2010 (cfr. supra).
Giurisprudenza correlata
Sopravvenienze attive - Effetto estintivo - Successione e Comunione
Trib. Treviso 19.02.2009
La cancellazione di una società di capitali dal registro delle imprese produce l'effetto irreversibile
dell'estinzione della società indipendentemente dalla sopravvivenza o la sopravvivenza di cespiti attivi e
passivi.
Trib. Bologna 30.09.2010
Posto che, ai sensi dell'art. 2495, comma 2, cod. civ., la cancellazione delle società dal registro delle
imprese ha efficacia costitutiva e comporta sine conditione l'estinzione dell'ente con effetto irreversibile, le
eventuali sopravvenienze attive non valgono a richiamarlo in vita. In tal caso, si determina un fenomeno di
successione in capo ai soci, e il residuo attivo andrà ripartito tra loro in regime di comunione ordinaria e in
misura proporzionalmente corrispondente al conferimento. In tal modo, i soci saranno legittimati all'esercizio
dei diritti corrispondenti direttamente, senza condizioni e senza dover ricorrere alla nomina di un curatore
speciale.
Sopravvenienze attive - Cancellazione della cancellazione della società
Trib. Como 24.04.2007
Nel (solo) caso di scoperta di sopravvivenze (o d'insorgenza di sopravvenienze) attive la cancellazione della
società non è avvenuta nel rispetto delle condizioni previste dalla legge. La legge nel caso di cancellazione
ex art. 2495 cod. civ. collega a tale istanza l'effetto costitutivo dell'estinzione della società in quanto presume
che non vi siano sopravvivenze (o sopravvenienze) attive. L'estinzione della società presuppone che, ai
sensi dell'art. 2492, comma 1, cod. civ., sia stata "compiuta la liquidazione": qualora si scopra l'insussistenza
di tale presupposto sostanziale la cancellazione è stata effettuata non validamente e si deve ordinarne la
cancellazione dal registro delle imprese.
Trib. Padova 2.03.2011
Presupposto della cancellazione di una società dal registro delle imprese ex art. 2495 cod. civ. è l'effettivo
compimento della liquidazione. Pertanto, ove il liquidatore dimostri che in realtà la liquidazione non è
terminata, può provvedersi ai sensi dell'art. 2191 cod. civ. alla cancellazione della cancellazione della società
dal registro delle imprese.
Le sopravvenienze passive dopo la riforma
L’art. 2495, comma 2, cod. civ., stabilisce che i creditori sociali rimasti insoddisfatti al termine del
procedimento di liquidazione potranno far valere le loro ragioni (i crediti) nel caso in cui i soci (rectius: ex
soci) abbiano riscosso somme di denaro in base al bilancio finale di liquidazione ovvero, nei confronti dei
liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di quest’ultimi nella fase di scioglimento e
liquidazione della società.
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Sistema Società - dicembre 2012
La normativa stabilisce che i creditori non possono più far valere i loro diritti nei confronti della società,
poiché una volta che questa si è estinta, l’eventuale domanda nei confronti della società verrebbe rigettata
per difetto di legittimazione passiva della stessa.
Per evitare dunque che i creditori sociali corrano il rischio di una totale insoddisfazione delle proprie ragioni
creditorie, il legislatore ha quindi previsto che i soci rispondano fino a concorrenza di quanto percepito in
sede di liquidazione; limitazione questa che va letta come diretta conseguenza del principio di limitazione
di responsabilità dei soci prevista per le società di capitali agli artt. 2325 cod. civ. (per i soci di s.p.a.) e 2462,
comma 1, cod. civ. (per i soci di s.r.l.) - (G. Niccolini, “sub art. 2495”, in Società di capitali, commentario a
cura di G. Niccolini e A. Stagno d’Alcontres, Napoli, 2004, 1842).
In punto di prescrizione dei diritti dei terzi nei confronti dei soci occorre poi occuparsi delle questioni legate
alla decorrenza del termine di prescrizione e alla sua durata.
Per quanto riguarda il primo profilo occorre far riferimento alla data in cui la società viene cancellata dal
registro delle imprese (V. Sangiovanni, «Cancellazione delle società di capitali e responsabilità di soci e
liquidatori», in Danno e responsabilità n. 12/2011, 1139).
Per quanto concerne il secondo aspetto (la durata del termine di prescrizione), nel silenzio della normativa in
commento occorre verificare se si debba fare riferimento a una delle ipotesi di prescrizione breve previste
dagli artt. 2947 e segg. cod. civ. oppure se si debba applicare l’ordinario termine decennale di prescrizione
ordinaria ex art. 2946 cod. civ.
Ad avviso della Corte di legittimità, «i rapporti sociali ai quali si applica la prescrizione breve di cui all'art.
2949 cod. civ. si riferiscono a quei diritti che derivano dalle relazioni che si istituiscono fra i soggetti
dell'organizzazione sociale in dipendenza diretta con il contratto di società e delle situazioni determinate
dallo svolgimento della vita sociale, mentre ne restano esclusi tutti gli altri diritti che trovano la loro ragion
d'essere negli ordinari rapporti giuridici che una società può contrarre al pari di ogni altro soggetto» (Cass.,
Sez. II, 1.06.1993, n. 6107). Restano dunque esclusi gli altri diritti che trovano la loro ragion d’essere negli
ordinari rapporti giuridici che una società può contrarre al pari di ogni altro soggetto. Pare del resto difficile
ipotizzare che il rapporto tra creditore sociale ed ex socio possa rientrare tra quelli descritti dalla Suprema
Corte.
Per quanto concerne l’ulteriore ed eventuale responsabilità prevista in capo al liquidatore, il comma 2
dell’art. 2495 cod. civ., richiede la sussistenza di due dati:
• il mancato pagamento di quanto spetta ai creditori sociali (dato oggettivo);
• il mancato pagamento deve essere diretta conseguenza del comportamento colposo del liquidatore
(dato soggettivo).
Quanto all’elemento soggettivo, la giurisprudenza di merito ha stabilito che «affinché vi possa essere
risarcimento per comportamento illegittimo dell’amministratore o del liquidatore, occorre che sia provata non
solo illiceità del comportamento, ma anche la conseguenza dannosa che da questa discende, in modo
causalmente connesso» (Trib. Milano, Sez. VIII, 14.11.2007; Trib. Torre Annunziata 16.12.2008, ord.).
Quid juris: qual è la natura e la durata del termine di prescrizione dell’azione nei confronti dei liquidatori?
Dottrina e giurisprudenza concordano nel ritenere che l’azione di responsabilità nei confronti dei liquidatori,
proponibile in via cumulativa o alternativa a quella verso la società cancellata o gli ex soci, abbia natura
extracontrattuale soggiacendo, pertanto, al termine quinquennale per la proposizione dell’azione che
inizierà a decorrere dal giorno dell’iscrizione della cancellazione della società dal registro delle imprese
(Cass., Sez. Un., 22.02.2010, n. 4061).
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Sistema Società - dicembre 2012
Giurisprudenza correlata
Carenza di legittimazione passiva
Cass., Sez. III, 10.11.2010, n. 22830
Nel caso in cui una società di capitali, dopo aver promosso un procedimento civile, si estingua e venga
cancellata dal registro delle società in pendenza di giudizio, non è possibile emettere una pronuncia di
condanna contro di essa, in quanto soggetto non più esistente; ne consegue che, ove una tale condanna sia
comunque pronunciata, va dichiarata inammissibile l'impugnazione proposta nei confronti della società
estinta (fattispecie relativa a società cancellata dal registro delle imprese in data anteriore all'entrata in
vigore del D.Lgs. n. 6/2003, per la quale l'effetto estintivo si è, pertanto, verificato dal 1°.01.2004). (Rigetta,
App. Milano 20.09.2005).
Responsabilità degli ex soci – Limite del risarcimento
Trib. Milano 24.01.2007
Il nuovo testo dell’art. 2495 cod. civ. stabilisce in modo inequivoco che la cancellazione della società dal
registro delle imprese ne comporta l’estinzione […] di conseguenza, i creditori insoddisfatti possono agire nei
confronti degli ex soci nei limiti di quanto da essi ottenuto a seguito della liquidazione, o contro i liquidatori se
il mancato adempimento dipende da colpa di costoro.
Responsabilità dei liquidatori – natura - prescrizione
Trib. Roma 20.03.2000
Sussiste la responsabilità del liquidatore ove il creditore dimostri l'esistenza di una massa attiva nel bilancio
finale di liquidazione che sarebbe stata sufficiente a soddisfare il suo credito ed è stata invece distribuita ai
soci, oppure l'imputabilità della mancanza di attivo, da destinarsi al pagamento dei debiti, alla condotta
colposa o dolosa del liquidatore.
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Sistema Società - dicembre 2012
Schema riassuntivo delle conseguenze dell’estinzione
in caso di sopravvivenze e/o sopravvenienze
Cancellazione della società dal registro imprese:
effetti sulle sopravvivenze e/o sopravvenienze
In caso di sopravvivenze o
sopravvenienze
passive,
efficacia
costitutiva
della
cancellazione
Comunione tra
soci
delle
poste attive e
estinzione
società
Estinzione
irreversibile
della società
Azione
nei
confronti
dei
soci fino a
concorrenza
del perceptum
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In caso di sopravvenienze
attive, esistono contrasti
interpretativi:
Applicazione
art. 2191 cod.
civ.
cancellazione
dell’iscrizione
di
cancellazione
Azione
nei
confronti
dei
liquidatori, se il
mancato
pagamento è
dipeso da loro
colpa
l
o
Sistema Società - dicembre 2012
Conseguenze processuali della cancellazione della società
dal registro delle imprese
Prima della modifica dell’art. 2495, comma 2, cod. civ., l’orientamento giurisprudenziale prevalente
riteneva che anche dopo la cancellazione dell’iscrizione della società nel registro delle imprese questa
conservasse sia la capacità giuridica, sia la legittimazione attiva e passiva in giudizio.
Lo jus superveniens ha però indotto la giurisprudenza a un ripensamento, adottando la soluzione fornita con
la già citata sentenza delle Sezioni Unite n. 4062/2010 che fa discendere dall’estinzione della società la
perdita della legittimazione (sostanziale) e della capacità processuale della stessa.
Questi in sintesi i passaggi fondamentali:
• la cancellazione della società di capitali dal registro delle imprese determina l’estinzione della società
di talché le azioni dei creditori sociali, dopo la cancellazione, vanno rivolte nei confronti dei soci o dei
liquidatori;
• per le società di persone come la loro iscrizione nel registro delle imprese ha natura dichiarativa
anche la fine della loro legittimazione e soggettività è soggetta a pubblicità della stessa natura,
sicché anche per le società di persone, come per quelle di capitali, vale la regola secondo cui dal
momento della loro cancellazione dal registro delle imprese, esse non sono più soggetti giuridici
dotati di legittimazione attiva o passiva (Trib. Varese 8.03.2010).
Ciò posto, vanno però distinti i casi in cui il giudizio al momento della cancellazione della società non è
ancora pendente dall’ipotesi in cui lo è.
Con riferimento ai processi cosiddetti "futuri", cioè quelli iniziati dopo l’estinzione della società, si presume
che questi possano terminare con una pronuncia di “rito” quale conseguenza automatica di chi ritiene che la
cancellazione della società comporti sempre l’estinzione della "capacità di essere parte".
Dal lato attivo, la società essendosi estinta con la cancellazione perde la legittimazione processuale e
sostanziale e non può più intraprendere nuovi giudizi. Viceversa, dal lato passivo, va ricordato ancora una
volta che l’art. 2495, comma 2, cod. civ., attribuisce ai creditori sociali il diritto di far valere i loro crediti anche
dopo l’estinzione delle società soltanto nei confronti degli ex soci e dei liquidatori.
Appare invece irrisolta la questione relativa agli effetti dell’estinzione della società in pendenza di giudizio,
essendo state prospettate al riguardo diverse soluzioni:
• secondo un primo modello interpretativo, l’effetto costitutivo estintivo della cancellazione della
società anche in presenza di crediti insoddisfatti e di rapporti di altro tipo non definiti esclude che i
soci siano (attivamente o passivamente) legittimati a stare in giudizio quali suoi successori a titolo
universale o particolare con la conseguenza che non può dichiararsi l’interruzione del processo
dovendo al contrario essere dichiarata la cessazione della materia del contendere (App. Napoli,
Sez. I, 28.05.2008).
• un secondo modello interpretativo, che come il precedente indirizzo nega la successione dei soci a
titolo particolare o universale, in caso di cancellazione della società in corso di causa ritiene che non
vi siano soggetti cui spetta proseguire il processo di cui la società estinta sia stata parte dovendo il
giudice dichiarare l’interruzione del processo per l’irreversibile estinzione della società (Cass. n.
25192/2008) ma l’eventuale riassunzione della causa nei confronti dei soci dovrà essere dichiarata
inammissibile (Trib. Torino 17.05.2010);
• un terzo modello, in caso di cancellazione in corso di causa della società convenuta, il processo
deve essere interrotto per l’irreversibile estinzione della società che ne determina la perdita della
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Sistema Società - dicembre 2012
capacità giuridica ed eventualmente riassunto dall’attore nei confronti dei soci cessati, che vanno
qualificati come successori a titolo universale della società ai sensi dell’art. 110 cod. proc. civ. (Trib.
Verona 30.05.2011).
• un quarto modello, ritiene invece che il giudice dichiarata l'interruzione del processo, la sua
riassunzione potrà essere effettuata nei confronti dei soci cessati, successori a titolo particolare della
società estinta (Trib. Verona 30.05.2011).
• un quinto modello, infine, sostiene che il processo possa proseguire in applicazione del principio
sotteso alla disciplina prevista dall’art. 111 cod. proc. civ., nei confronti dei soci cessati, che vanno
considerati quali successori a titolo particolare della società e il meccanismo di prosecuzione del
processo va attuato attraverso la chiamata in causa dei soci stessi ad opera dell’attore.
Interessante in questo senso l’esame dei cinque modelli testé riportati fatta dal Tribunale scaligero, che
ritiene maggiormente convincente la soluzione adottata dal quarto modello, secondo cui la cancellazione
della società in corso di causa determina l’interruzione del processo con la possibilità per l’attore di
riassumere l’azione nei confronti degli ex soci, quali soggetti che hanno indebitamente diviso tra loro le
residue sostanze della società cancellata.
Si prospetterebbe allora una successione a titolo particolare da parte dei soci cioè nei limiti del perceptum
secondo le risultanze del bilancio finale di liquidazione.
Soluzione questa che pare essere in linea con quanto sancito dalle Sezioni Unite con la sentenza n.
4060/2010 in cui la cancellazione della società dal registro delle imprese avrebbe un irreversibile effetto
costitutivo/estintivo al pari dell’evento morte per la persona fisica capace di determinare l’effetto interruttivo
del processo con conseguente possibilità di riassunzione dello stesso nei confronti dei soci cessati che
succedono alla società estinta a titolo particolare in ragione del limite sancito dall’art. 2495, comma 2, cod.
civ. e cioè solo se e nei limiti in cui questi abbiano riscosso somme di denaro in base al bilancio finale di
liquidazione.
Giurisprudenza correlata
1° modello
App. Napoli, Sez. I, 28.05.2008
Ai sensi dell'art. 2495 cod. civ., nel testo novellato dal D.Lgs. n. 6/2003, di riforma del diritto societario,
entrato in vigore il 1°.4.2004, l'iscrizione nel registro delle imprese della cancellazione di una società di
capitali ne produce l'estinzione, con effetto costitutivo irreversibile, anche in presenza di crediti insoddisfatti e
di rapporti di altro tipo non definiti (Cass. n. 8618/06). Deve pure escludersi che, una volta estinta la società,
i soci siano (attivamente o passivamente) legittimati a stare in giudizio quali suoi successori a titolo
universale o particolare.
2° modello
Trib. Torino 18.05.2010
Poiché a norma dell'art. 2495, comma 2, cod. civ., i soci di una società a responsabilità limitata rispondono
dei debiti da questa contratti e rimasti insoddisfatti solo se e nei limiti in cui hanno riscosso somme in base al
bilancio finale di liquidazione, ne deriva che gli stessi non possono essere considerati successori universali
né successori a titolo particolare della società medesima nel vincolo obbligatorio, con la conseguenza, sul
piano processuale, che non vi sono soggetti cui spetta proseguire il processo di cui la società estinta sia
stata parte; pertanto, sulla domanda proposta contro la società che in corso di causa si cancelli del registro
delle imprese, il giudice non può più statuire nel merito e le domande proposte nella causa eventualmente
riassunta nei confronti dei soci e del liquidatore della società dovranno essere dichiarate inammissibili.
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Sistema Società - dicembre 2012
4° modello
Trib. Verona 30.05.2011
Qualora la cancellazione della società dal registro delle imprese (la quale, ai sensi dell'art. 2495, comma 2,
cod. civ., comporta l'estinzione della società indipendentemente dall'esistenza di crediti insoddisfatti o di
rapporti non ancora definiti) intervenga in pendenza di un giudizio in cui sia parte la società, dovrà essere
dichiarata l'interruzione del processo e la sua riassunzione potrà essere effettuata nei confronti dei soci
cessati, successori a titolo particolare della società estinta.
Fallimento della società cancellata:
il ruolo dell’art. 10 legge fall.
Con la normativa previgente si era già affrontato il problema relativo alla possibilità o meno di
poter dichiarare il fallimento di una società cancellata dal registro delle imprese e, in caso ciò fosse stato
possibile, verificare gli eventuali presupposti di applicabilità o meno del limite temporale di un anno previsto
dall’art. 10 legge fall. La Corte Costituzionale con la nota sentenza n. 319/2000 era intervenuta sulla
questione statuendo che i creditori insoddisfatti potevano chiedere il fallimento della società in stato di
insolvenza entro un anno dalla loro cancellazione dal registro delle imprese.
Il giudice delle leggi con la decisione anzi detta dichiarava pertanto l’incostituzionalità dell’art. 10 legge fall.
ante riforma nella parte in cui non prevedeva che il termine di un anno per la dichiarazione di fallimento della
società cessata decorresse dal giorno dell’iscrizione della cancellazione nel registro delle imprese.
Nonostante l’intervento della Corte, si sono succedute nel tempo pronunce di merito che avevano invece
diversamente stabilito: secondo alcuni tribunali di merito la cancellazione della società pur essendo requisito
necessario non era per nulla sufficiente dovendo altresì sussistere la totale definizione di tutti i rapporti e
situazioni giuridiche pendenti sia attive che passive (Trib. Padova 13.08.2004).
Si è reso dunque necessario l’intervento definitivo del legislatore che con la novella dell’art. 10 legge fall.,
intervenuta con il D.Lgs. n. 5/2006, recependo le indicazioni della Corte Costituzionale ed eliminando ogni
incertezza interpretativa ha espressamente sancito che «gli imprenditori individuali e collettivi possono
essere dichiarati falliti entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese, se l’insolvenza si è
manifestata anteriormente alla medesima o entro l’anno successivo».
Pacifico, pertanto, secondo l’attuale formulazione dell’art. 10 legge fall., che il termine annuale decorre a
partire dalla data di cancellazione dal registro, senza differenza da imprese individuali o collettive e, con
riferimento a tali ultime, senza distinzione tra società di capitali o di persone (Lamanna, “sub art. 10”, in Il
nuovo diritto fallimentare, diretto da A. Jorio, Bologna, 2007, 1, 258).
Giurisprudenza correlata
Corte Costituzionale 21.07.2000, n. 319
È costituzionalmente illegittimo l'art. 10 R.D. 16.03.1942, n. 267, nella parte in cui non prevede che il termine
annuale, dalla cessazione dell'esercizio dell'impresa collettiva per la dichiarazione di fallimento della società,
decorra dalla cancellazione della società stessa dal registro delle imprese. La norma, infatti - così come
interpretata, in termini di diritto vivente, nel senso che l'anno decorra dal compimento della fase liquidatoria,
coincidente con la liquidazione effettiva dei rapporti facenti capo alla società - risulta sostanzialmente
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inapplicabile, poiché detto termine inizia a decorrere dal momento in cui, essendo stato definito ogni
rapporto passivo relativo alla società stessa, non può nemmeno ipotizzarsi l'esistenza dello stato di
insolvenza, presupposto della dichiarazione di fallimento. E ciò in violazione del principio di ragionevolezza,
il quale postula che la norma con la quale viene fissato un termine, non sia congegnata in modo tale da
vanificare completamente la ratio che presiede alla fissazione di quel termine, rendendolo così del tutto
inutile.
App. L'Aquila 16.06.2012
In caso di scioglimento della società in nome collettivo per il venir meno della pluralità di soci (nel caso di
specie il decesso di uno dei due soci), il fallimento della società e del socio superstite può essere dichiarato
sino a quando sia decorso un anno dalla cancellazione della società dal registro delle imprese e non già dal
verificarsi della causa di scioglimento, atteso che, pur se le cause di scioglimento operano di diritto, al
verificarsi di una di esse, la società non si estingue, ma entra in stato di liquidazione e rimane in vita sino al
momento della cancellazione.
Contra:
Trib. Padova 13.08.2004
La cancellazione di una società di persone dal registro delle imprese, che sia stata effettuata in pendenza di
rapporti di debito o di credito facenti capo alla società, è illegittima e, non producendo l'effetto estintivo
dell'ente, stante l'efficacia solo dichiarativa dell'iscrizione, va cancellata d’ufficio.
www.diritto24.ilsole24ore.com/SistemaSocieta
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