Tracce per un itinerario di catechesi sulla Speranza

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Tracce per un itinerario di catechesi sulla Speranza
Arcidiocesi di Siracusa
Ufficio Catechistico Diocesano
«Testimoni del Signore risorto»
Tracce per un itinerario di catechesi sulla speranza
2005-06
Introduzione
Finalità di questo sussidio è fornire uno strumento semplice per realizzare un itinerario di
catechesi da tenere in quest’anno, dedicato alla speranza, nelle parrocchie e nelle aggregazioni
laicali.
Punti di partenza sono il documento preparatorio del convegno ecclesiale di Verona 2006 e le
relazioni del convegno pastorale diocesano da poco conclusosi.
Considerando la relazione biblica del convegno pastorale come fondante e le altre due
complementari l’una all’altra, il sussidio propone quattordici incontri (nove biblici e quattro
tematici) che costituiscono un itinerario di ascolto e di revisione di vita comunitari, che potrebbero
condurre a maturare concrete opzioni pastorali per una testimonianza viva della speranza che è in
noi.
Le quattordici catechesi si sviluppano secondo una trama in sette «quadri»:
1. IL VIAGGIO DELLA SPERANZA: ABRAMO
2. LA SPERANZA E LA CONVERSIONE: LE DONNE DEI VANGELI
3. LA SPERANZA COME ATTESA: IL MESSIA
4. SEQUELA E NOVITÀ DI VITA
5. TESTIMONI DEL RISORTO DINANZI AL MORIRE DELL‟UOMO
6. EDUCATORI DI SPERANZA
7. COSTRUTTORI DI SPERANZA
I primi quattro quadri sono propriamente biblici e si articola in tre scene ciascuno; gli
ultimi tre quadri offrono tracce di catechesi di natura più sistematica (si giunge così ad un
totale di tredici incontri).
In appendice al sussidio si forniscono degli appunti metodologici per la conduzione
dei singoli incontri di catechesi.
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LA SPERANZA NELL’ORIZZONTE BIBLICO
Presentazione
Il tema della speranza attraversa tutta la Sacra Scrittura come una vena d‟acqua
sotterranea: pur essendo nascosta ad occhio nudo, non è difficile riconoscere in superficie i
frutti che da essa traggono la loro linfa vitale. Così la speranza – dono divino nascosto –
sembra determinare in modo particolare la storia di alcuni personaggi biblici, anche se non
se ne parla sempre in termini espliciti.
La proposta che segue desidera quindi costruire un piccolo percorso all‟interno della
Scrittura, per mettere a fuoco anzitutto i profili di alcuni di questi personaggi: raccontarne
la storia per far emergere la speranza da cui erano animati e di cui sono divenuti
testimoni. Nella conoscenza di queste pagine bibliche si potrà rintracciare l‟origine della
speranza in Dio. Nel confronto esistenziale, poi, si potrà avviare un percorso personale e
comunitario di revisione di vita, per convertire nuovamente il cuore alla vera speranza:
Gesù Cristo, Crocifisso e Risorto.
Tre sono i quadri in cui si articola questa proposta per la catechesi: il primo riguarda il
patriarca Abramo, il secondo alcune donne dei Vangeli, il terzo il Messia. Per ogni quadro
si propongono tre tappe – e una nota di approfondimento – per svolgere un percorso che
vada dalla lettura semplice del testo, alla sua conoscenza più approfondita, fino ad una
possibile traccia per la revisione di vita.
Quadri
1. IL VIAGGIO DELLA SPERANZA: ABRAMO
a) Il distacco dal passato: Gen 12,1-9
b) Fondato solo sulla promessa: Gen 15,1-18
c) Il Patriarca dell‟unità: Gen 17,1-5
2. LA SPERANZA E LA CONVERSIONE: LE DONNE DEI VANGELI
a) La speranza del perdono: la peccatrice (7,36-50)
b) La novità di vita: l‟adultera (8,1-11)
c) La gioia della risurrezione sperata: Maria di Magdala (Gv 20,1-10)
3. LA SPERANZA COME ATTESA: IL MESSIA
a) Il messia sta per venire: Is 11,1-9
b) Il messia è già venuto: Gv 1,19-34
c) Il messia verrà: 1Pt 1,6-7
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1a catechesi
1. IL VIAGGIO DELLA SPERANZA: ABRAMO
Il distacco dal passato
Testo: Gen 12,1-9
1Il
Signore disse ad Abram:
“Vàttene dal tuo paese, dalla tua patria
e dalla casa di tuo padre,
verso il paese che io ti indicherò.
2Farò di te un grande popolo
e ti benedirò,
renderò grande il tuo nome
e diventerai una benedizione.
3Benedirò coloro che ti benediranno
e coloro che ti malediranno maledirò
e in te si diranno benedette
tutte le famiglie della terra”.
4Allora Abram partì, come gli aveva ordinato il Signore, e con lui partì Lot. Abram
aveva settantacinque anni quando lasciò Carran. 5Abram dunque prese la moglie Sarai,
e Lot, figlio di suo fratello, e tutti i beni che avevano acquistati in Carran e tutte le
persone che lì si erano procurate e si incamminarono verso il paese di Canaan.
Arrivarono al paese di Canaan 6e Abram attraversò il paese fino alla località di Sichem,
presso la Quercia di More. Nel paese si trovavano allora i Cananei.
7Il Signore apparve ad Abram e gli disse: “Alla tua discendenza io darò questo
paese”. Allora Abram costruì in quel posto un altare al Signore che gli era apparso. 7Di
là passò sulle montagne a oriente di Betel e piantò la tenda, avendo Betel ad occidente e
Ai ad oriente. Lì costruì un altare al Signore e invocò il nome del Signore. 9Poi Abram
levò la tenda per accamparsi nel Negheb.
Conoscenza del testo
Con questo brano inizia il cosiddetto “ciclo di Abramo”, che si sviluppa lungo i capitoli 1225 del libro della Genesi, dalla sua vocazione sino alla sua morte.
Nel presente brano, la prima parola non è del Patriarca, ma di Dio: «Il Signore disse ad
Abram» (v. 1). Potremmo dire che nella storia del patriarca Abram – come per l‟intera
Scrittura – è subito chiaro che non è tanto l‟uomo a cercare Dio, quanto Dio a cercare
l‟uomo. O, se vogliamo, non è l‟uomo a sperare in Dio, quanto Dio a sperare nell‟uomo.
L‟inizio del brano è un invito perentorio e inatteso ad uscire dalla terra di Carran, dove
Abram risiedeva, per raggiungere la terra di Canaan: un percorso per certi versi impervio
e misterioso, dalla propria patria conosciuta e sicura verso una terra ignota ma donata da
Dio stesso (v. 7). Questa è la prima promessa sottesa alle parole di Dio. Segue la seconda
promessa, quella di una discendenza numerosa ed eterna (cfr. v. 7).
Il Signore chiede dunque subito una presa di distanze, un atteggiamento di distacco da
alcune consolidate certezze. Non tutte le certezze sono da abbandonare: Abram porterà
con sé gli affetti più cari e i suoi beni mobili. Si tratta, evidentemente, invece, di prendere
piuttosto le distanze da quelle sicurezze che possono in definitiva costituire un ostacolo
alla novità della fede: le sicurezze belle, ma statiche. Abram è chiamato ad una cesura
netta con la sua terra, senza che questa rottura con il passato sia sentita come una minaccia
per la sua identità più vera.
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Il testo biblico non indugia troppo sulle motivazioni offerte da Dio ad Abram, sulla loro
plausibilità, né si fa parole degli eventuali dubbi avanzati dal patriarca: una dinamica
narrativa analoga si ritrova nel Nuovo Testamento, nel racconto della vocazione dei primi
quattro discepoli, i pescatori Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni: anche loro, alla
proposta di Gesù, lasciano tutto e lo seguono (Mt 4,18-22). In queso modo il racconto
biblico invita a puntare l‟attenzione non sulla ragionevolezza della proposta divina,
quanto sull‟autorevolezza del proponente: Dio stesso.
Tutto il viaggio di Abram, del resto, viene raccontato come un viaggio a due, con la
presenza di Dio discreta, ma costante, lungo tutto il cammino. In altri termini, quello di
Abram non è un semplice viaggio in terra straniera, ma un vero e proprio pellegrinaggio
religioso. Una volta giunto nella sconosciuta terra di Canaan, infatti, farà tappa in due
località – Sichem (v. 6) e Betel (v. 7) – in cui edificherà un altare al Signore. Lì già abitano i
Cananei (v. 6), un popolo che esercitava il pieno possesso di quella terra: Abram arriva
come un pellegrino umanamente debole, ma forte della compagnia di Dio.
Revisione di vita
- Abram viene descritto nella condizione in cui si trova al momento in cui si mette in
viaggio: l‟età, i legami familiari, i possedimenti. Parte da un punto specifico: Carran.
Possiamo chiederci in quale condizione del rapporto con Dio ci troviamo oggi. La fede di
ciascuno si trova idealmente in un luogo specifico: da lì il Signore invita a venire fuori per
intraprendere un cammino di maturazione. Pertanto, in che situazione mi trovo io, la mia
parrocchia, la Chiesa nazionale e quella sparsa in tutto il mondo oggi, nel momento in cui
mi raggiunge questa Parola di Dio?
- Il rapporto con Dio – come è stato per Abram – è sempre personale: ognuno di noi
conosce la propria condizione. Ad Abram viene chiesto un distacco: per certi versi il
distacco precede l‟assunzione della promessa. Non si riconosce il vero valore della
promessa, se non si lascia la terra natia. Si tratta di un distacco certo non nei confronti di
tutti i beni, ma di quelli che possono ostacolare una relazione dinamica e creativa con Dio.
Pertanto, quali sono i beni da custodire e quali quelli da cui prendere le distanze per
seguire con vera libertà e snellezza le proposte che vengono dalla Parola di Dio?
Per l’approfondimento
> «Lasciate le reti, lo seguirono» (Mc 1,16-20).
> «Va‟, vendi quello che hai... Poi vieni e seguimi» (Mc 10,17-22).
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2a catechesi
Fondato solo sulla promessa
Testo: Gen 15,1-18
1Questa
parola del Signore fu rivolta ad Abram in visione: “Non temere, Abram. Io
sono il tuo scudo; la tua ricompensa sarà molto grande”. 2Rispose Abram: “Mio
Signore Dio, che mi darai? Io me ne vado senza figli e l‟erede della mia casa è Eliezer di
Damasco”. 3Soggiunse Abram: “Ecco a me non hai dato discendenza e un mio
domestico sarà mio erede”. 4Ed ecco gli fu rivolta questa parola dal Signore: “Non
costui sarà il tuo erede, ma uno nato da te sarà il tuo erede”. 5Poi lo condusse fuori e gli
disse: “Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle” e soggiunse: “Tale sarà la
tua discendenza”. 6Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia. 7E gli
disse: “Io sono il Signore che ti ho fatto uscire da Ur dei Caldei per darti in possesso
questo paese”.
8Rispose: “Signore mio Dio, come potrò sapere che ne avrò il possesso? ”. 9Gli disse:
“Prendimi una giovenca di tre anni, una capra di tre anni, un ariete di tre anni, una
tortora e un piccione”. 10Andò a prendere tutti questi animali, li divise in due e collocò
ogni metà di fronte all‟altra; non divise però gli uccelli. 11Gli uccelli rapaci calavano su
quei cadaveri, ma Abram li scacciava. 12Mentre il sole stava per tramontare, un torpore
cadde su Abram, ed ecco un oscuro terrore lo assalì. 13Allora il Signore disse ad Abram:
“Sappi che i tuoi discendenti saranno forestieri in un paese non loro; saranno fatti
schiavi e saranno oppressi per quattrocento anni. 14Ma la nazione che essi avranno
servito, la giudicherò io: dopo, essi usciranno con grandi ricchezze. 15Quanto a te,
andrai in pace presso i tuoi padri; sarai sepolto dopo una vecchiaia felice. 16Alla quarta
generazione torneranno qui, perché l‟iniquità degli Amorrei non ha ancora raggiunto il
colmo”.
17Quando, tramontato il sole, si era fatto buio fitto, ecco un forno fumante e una
fiaccola ardente passarono in mezzo agli animali divisi. 18In quel giorno il Signore
concluse questa alleanza con Abram:
“Alla tua discendenza
io do questo paese
dal fiume d‟Egitto
al grande fiume, il fiume Eufrate”.
Conoscenza del testo
La promessa della discendenza e della terra che Dio aveva fatto ad Abram nel cap. 12
trovano ora una ripresa e una nuova formulazione nell‟episodio del cap. 17. Questo brano
è probabilmente frutto dell‟intreccio di più tradizioni antiche, che erano interessate a far
notare il legame tra il tema dell‟alleanza tra Dio e il patriarca Abram, e il tema della
discendenza e del possesso della terra. Ma, rispetto a Gen 12, il tono sembra più
consolatorio e personale.
L‟episodio è costruito come un dialogo tra il Signore e Abram, forse in un clima di visione
onirica (cfr. v. 1). Nuovamente – come per Gen 12,1-9 – è Dio a rivolgersi ad Abram per
primo. Le sue parole sono subito di conforto e di incoraggiamento. E la ragione di questo è
presto evidente: Abram lamenta di non avere un discendente (vv. 2-3). Il Signore torna a
rassicurare Abram, questa volta invitandolo a contemplare il cielo stellato, per aver fede
che la sua discendenza sarebbe divenuta numerosa come le stelle (vv. 4-5). Il Signore
riconosce ad Abram lo slancio di essersi fidato: in questo senso, Abram dimostra di essere
un vero credente (v. 6).
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Poi ricorda quanto ha già fatto per il patriarca, conducendolo fuori dalla sua terra di
origine per introdurlo nella terra promessa. Questa espressione del v. 7 riecheggia quella
analoga di Es 20,2. Si mettono così in parallelo l‟uscita di Abram da Ur dei Caldei con
l‟uscita del popolo d‟Israele dall‟Egitto: si tratta di due esodi, due percorsi di
affrancamento dalla schiavitù in vista di una novità di vita.
Ma Abram torna subito a vacillare, a volersi accertare della promessa (v. 8). In un breve
arco di tempo, mostra di avere perduto lo slancio che lo aveva caratterizzato sin dall‟inizio
del suo rapporto con Dio.
Segue allora la misteriosa scena della stipula del patto tra Dio e Abram. Si approntano tutti
gli elementi per il rito dell‟alleanza (vv. 9-10), perché la parola venga confermata anche dai
gesti rituali. Nuovamente in sogno (v. 12), il Signore preannuncia il tempo della schiavitù
in Egitto, nonché la morte dello stesso Abram (vv. 13-15). Il Signore non mente ad Abram e
non nasconde le difficoltà del percorso che lo attende. Bisognerà che il patriarca impari
l‟arte dell‟attesa. Ma il Signore ormai cammina con lui: questo è l‟elemento essenziale. Per
questo la speranza deve mantenersi viva: dopo la schiavitù ci sarà la liberazione e il
ritorno nella terra promessa (v. 16).
Infine, i vv. 17-18 descrivono la celebrazione del rito dell‟alleanza. Nell‟antichità, i
contraenti passavano attraverso le due metà degli animali squartati, giurando così fedeltà
al patto e attirando su di sé la medesima sorte degli animali in caso di tradimento del
patto. Ciò che, tuttavia, è significativo di questo episodio è il fatto che a passare lungo il
corridoio tra le carcasse degli animali è solo il Signore, simbolizzato con l‟immagine del
forno fumante e della fiaccola. In quella notte, quando le tenebre sono più fitte, la visione
di Abram è più impressionante: è Dio a giurare da solo, con un atto solenne di fiducia
unilaterale ed incondizionata nei confronti dell‟uomo.
La pericope, che si era aperta con l‟iniziativa autonoma di Dio, termina con un gesto
ancora una volta autonoma di Dio: Abram è solo il beneficiario di una alleanza
semplicemente da accogliere con fiducia.
Revisione di vita
- Con Abram Dio si sbilancia, impegnandosi in prima persona nell‟alleanza e, in
definitiva, riconoscendo la debolezza della sua controparte. Dio però dà la sua parola: non
nasconde le difficoltà future, ma promette forza per superare gli ostacoli e la gioia finale. A
questo progetto, insieme realistico e utopistico, si aspetta che si dia credito con coraggio e
larghezza di cuore. E noi, a quali facili promesse – o adulazioni – degli uomini crediamo?
In cosa riponiamo davvero la nostra speranza?
- Il Dio biblico non spiega ad Abram ogni dettaglio del suo futuro. Non dà spiegazioni
dettagliate sulla plausibilità delle sue parole. La sua promessa non è concretamente
verificabile. È piuttosto l‟autorevolezza della sua persona a convincere Abram a fidarsi di
lui. Per noi vale lo stesso criterio? Ci fidiamo della Parola di Dio, perché appunto “di Dio”,
oppure esigiamo sempre di verificare le ragioni e le garanzie delle promesse divine?
Per l’approfondimento
> «Abramo ebbe fede in Dio e ciò gli fu accreditato come giustizia» (Rm 4,1-25).
> «La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si
vedono» (Eb 11,1).
> «Cercate il regno di Dio, e queste cose vi saranno date in aggiunta (Lc 12,22-32).
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3a catechesi
Il Patriarca dell’unità
Testo: Gen 17,1-5
1Quando
Abram ebbe novantanove anni, il Signore gli apparve e gli disse:
“Io sono Dio onnipotente:
cammina davanti a me
e sii integro.
2Porrò la mia alleanza
tra me e te
e ti renderò numeroso
molto, molto”.
3Subito Abram si prostrò con il viso a terra e Dio parlò con lui:
4“Eccomi:
la mia alleanza è con te
e sarai padre
di una moltitudine di popoli.
5Non ti chiamerai più Abram
ma ti chiamerai Abraham
perché padre di una moltitudine
di popoli ti renderò”.
Conoscenza del testo
Sono passati quindici anni (cfr. Gen 12,4) da quando il vecchio Abram ha lasciato
Carran, la sua terra, fidandosi della parola di Dio, per una storia che era là da venire.
Nuovamente il Signore lo invita a camminare, a non fermarsi lungo la via della giustizia
(v. 1). L‟alleanza resta “l‟alleanza di Dio” (v. 2a), in cui cioè è Dio stesso l‟assoluto
protagonista: questa certezza assicura ad Abram l‟irrevocabilità della promessa di una
discendenza. Lungo tutto il cap. 17 di Gen non si fa che ripetere (per ben 14 volte!) la
parola berít, “alleanza”.
Abram, inoltre, non solo sarà iniziatore di una discendenza perenne, ma ne sarà
padre in senso pieno (vv. 4-5). Per sancire questa paternità, il suo nome viene modificato
da “Abram” in “Abraham” (per noi “Abramo”): è segno dell‟inizio di una vita nuova.
Infatti, nel mondo semitico il nome dice la personalità di colui che lo porta. Ora
Abram diventa Abramo ed è come se nascesse una seconda volta: da semplice uomo a
padre nella fede. È ora finalmente “padre”, non solo di Isacco, ma di una moltitudine di
figli: in lui si riconosceranno tutti quegli uomini che, in realtà, guardano a Dio come unico
Padre. Si tratta dell‟umanità nuova, quella in cui “Dio sarà tutto in tutti” (1Cor 15,28).
Revisione di vita
- Il cambiamento del nome indica una novità radicale nella vita di Abramo.
L‟alleanza con il Signore lo trasforma in un uomo rinnovato e lo proietta verso un futuro
di benedizione, ricco di speranza. Cosa possiamo chiedere al Signore di trasformare in noi,
per essere testimoni coraggiosi di speranza?
- Ai nostri giorni è di attualità la questione del confronto tra religioni, soprattutto tra le tre
religioni monotestiche cosiddette “abramitiche” (Ebraismo, Cristianesimo ed Islam), che
riconoscono cioè in Abramo il loro “padre nella fede”. Ma spesso proprio la religione
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sembra essere alla base di tensioni, se non di veri e propri conflitti. Quali vie il cristiano
può individuare e praticare per edificare una cultura del dialogo interreligioso?
Per l’approfondimento
> «Abramo è padre per tutti noi» (Rm 4,13-15).
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2. LA SPERANZA E LA CONVERSIONE: LE DONNE DEI VANGELI
4a catechesi
La speranza del perdono: la peccatrice
Testo: Lc 7,36-50
36Uno
dei farisei lo invitò a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise
a tavola. 37Ed ecco una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella
casa del fariseo, venne con un vasetto di olio profumato; 38e fermatasi dietro si
rannicchiò piangendo ai piedi di lui e cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava
con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di olio profumato.
39A quella vista il fariseo che l‟aveva invitato pensò tra sé. “Se costui fosse un profeta,
saprebbe chi e che specie di donna è colei che lo tocca: è una peccatrice”. 40Gesù allora
gli disse: “Simone, ho una cosa da dirti”. Ed egli: “Maestro, dì pure”. 41“Un creditore
aveva due debitori: l‟uno gli doveva cinquecento denari, l‟altro cinquanta. 42Non
avendo essi da restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi dunque di loro lo amerà
di più? ”. 43Simone rispose: “Suppongo quello a cui ha condonato di più”. Gli disse
Gesù: “Hai giudicato bene”. 44E volgendosi verso la donna, disse a Simone: “Vedi
questa donna? Sono entrato nella tua casa e tu non m‟hai dato l‟acqua per i piedi; lei
invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. 45Tu non
mi hai dato un bacio, lei invece da quando sono entrato non ha cessato di baciarmi i
piedi. 46Tu non mi hai cosparso il capo di olio profumato, ma lei mi ha cosparso di
profumo i piedi. 47aPer questo ti dico: le sono perdonati i suoi molti peccati, poiché ha
molto amato. 47bInvece quello a cui si perdona poco, ama poco”. 48Poi disse a lei: “Ti
sono perdonati i tuoi peccati”. 49Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: “Chi è
quest‟uomo che perdona anche i peccati?”. 50Ma egli disse alla donna: “La tua fede ti ha
salvata; va‟ in pace!”.
Conoscenza del testo
Il presente brano si inserisce nel cuore della predicazione di Gesù in Galilea (Lc 3,1-9,50).
L‟evangelista Luca indugia volentieri nel descrivere in chiave senz‟altro positiva le figure
femminili che accompagnano Gesù (cfr. 8,1-3) e quelle che incontra occasionalmente nel
suo cammino verso Gerusalemme.
L‟episodio di Lc 7,36-50 si svolge in un contesto conviviale di amicizia, in cui ci si aspetta
un clima umano di affetto e di intima intesa. Gesù è invitato a consumare un pasto in casa
del fariseo Simone. Ma il quadro è dominato da una donna senza nome, qualificata solo
come peccatrice (v. 37), che irrompe inattesa sulla scena. La sua presenza in casa di un
fariseo e i suoi gesti arditi di venerazione nei confronti di Gesù rendono la situazione
imbarazzante. Gesù, però, tace e lascia fare la donna.
Di fronte ai pensieri sospettosi di Simone, Gesù finalmente interviene e racconta una
parabola, quella del creditore che condona il debito a due suoi debitori che gli devono cifre
differenti (vv. 41-42). Il fariseo capisce che si sta parlando non solo della donna, ma anche
di lui. Gesù gli spiega di avere apprezzato il comportamento della peccatrice più del suo,
perché si è dimostrata animata da un amore profondo e sincero. Un simile amore merita il
perdono di Dio: «Le sono perdonati i peccati perché ha molto amato...: “Ti sono perdonati
i tuoi peccati”» (vv. 47a.48).
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Gesù realizza così un rovesciamento umanamente inatteso, che al contempo rivela il modo
di pensare di Dio: il fariseo che si crede giusto, deve riconoscere la sua grettezza di cuore,
mentre la donna peccatrice trova il perdono grazie al suo coraggio di amare Gesù,
sfidando ogni protocollo sociale. È questo coraggio a meritarle una vita nuova, in cui la
pace, forse non più nemmeno sperata, è stata invece ritrovata: «La tua fede ti ha salvata;
va‟ in pace!» (v. 50).
Revisione di vita
- La storia della donna peccatrice può illuminare la situazione di chi sente anzitutto il peso
di una condizione di peccato, dalla quale può essere difficile uscire: non si tratta di singoli
peccati occasionali, ma di condizioni di vita consolidate. Se ne sente il peso e il disagio,
soprattutto di fronte al Signore, il Dio buono e giusto: si teme di non poter nemmeno
sperare che le cose possano cambiare. Quali condizioni strutturali di peccato riconosciamo
nella nostra vita, dalle quali temiamo di non poter uscire?
- La peccatrice dell‟episodio lucano non parla di sé, non si giustifica, né si colpevolizza.
Semplicemente dimostra in concreto il suo amore per il Signore. Alla luce di questo
slancio, Gesù le schiude un orizzonte nuovo: dalla disperazione di una vita di peccato, alla
speranza della salvezza e della pace. Un gesto di amore sincero, che Gesù trasforma in
speranza. Abbiamo mai pensato che la salvezza non è frutto tanto del timore di peccare,
quanto del coraggio di amare?
Per l’approfondimento
> «La carità copre ogni peccato» (1Pt 4,7-11).
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5a catechesi
La novità di vita: l’adultera
Testo: Gv 8,1-11
1Gesù
si avviò allora verso il monte degli Ulivi. 2Ma all‟alba si recò di nuovo nel
tempio e tutto il popolo andava da lui ed egli, sedutosi, li ammaestrava. 3Allora gli
scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo,
4gli dicono: “Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. 5Ora Mosè,
nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici? ”. 6Questo
dicevano per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo. Ma Gesù, chinatosi, si
mise a scrivere col dito per terra. 7E siccome insistevano nell‟interrogarlo, alzò il capo e
disse loro: “Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei”. 8E
chinatosi di nuovo, scriveva per terra. 9Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per
uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi.
Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo. 10Alzatosi allora Gesù le disse: “Donna,
dove sono? Nessuno ti ha condannata? ”. 11Ed essa rispose: “Nessuno, Signore”. E
Gesù le disse: “Neanch‟io ti condanno; va‟ e d‟ora in poi non peccare più”.
Conoscenza del testo
A Gerusalemme è in corso di svolgimento la festa delle capanne, una delle più importanti
dell‟anno liturgico ebraico. I Giudei sanno della presenza di Gesù in città e lo cercano per
ascoltarne la predicazione: ma le reazioni al suo insegnamento dividono il suo uditorio.
Gli oppositori, soprattutto tra i capi del popolo, si fanno minacciosi e il clima è rovente. In
questo contesto si inserisce il nostro brano, allorché Gesù all‟alba di un nuovo giorno
ritorna dal Monte degli Ulivi a Gerusalemme, per insegnare al tempio.
Dell‟adultera dell‟episodio giovanneo non si sa nulla. Si intuisce che non è stata soggetta
ad alcun processo perché colta in flagranza di reato (v. 4). Tra le righe si può intuire una
certa ironia da parte dell‟evangelista: è, infatti, interessante questo zelo di scribi e farisei
nel fare giustizia solo a lei, dal momento che un adulterio si compie sempre in due...
Ma è chiaro che gli scribi e i farisei hanno deciso di velocizzare i tempi: vogliono chiudere
al più presto la faccenda, profittando per mettere in difficoltà Gesù. Hanno fretta: in fondo,
la sentenza è già stata emessa (v. 5). Invece Gesù, consultato con malizia, sembra voler
ritardare la sentenza (cfr. v. 6). La sua risposta – “Chi è senza peccato scagli la prima
pietra” (v. 7) – sembra rimettere le cose al loro giusto posto, riportando tutti i presenti allo
stesso livello della donna: sono anche loro bisognosi di perdono. Nessuno è escluso. In
realtà, il giudizio di condanna o di assoluzione spetta solo a Dio.
Rimasto solo con l‟adultera, una volta che tutti non hanno potuto non riconoscere la
propria condizione, Gesù la chiama “donna”. È questo un termine caro a Giovanni e
riservato a pochissime predilette nel suo Vangelo. Anzitutto a Maria, madre di Gesù (Gv
2,4); poi alla Samaritana (Gv 4,21); infine, a Maria di Magdala (Gv 20,13.15): sono tutte
donne che nell‟incontro con il Cristo hanno visto cambiare la loro vita. Così, anche alla
peccatrice del cap. 8 di Gv, Gesù rivolge una parola di novità e di speranza: «Io non ti
condanno: va‟ e d‟ora in poi non peccare più» (v. 11).
Revisione di vita
- Nelle relazioni con gli altri non è difficile ergersi a giudici, dimenticando con facilità la
necessaria distinzione tra il peccato e il peccatore. Ci si convince – a volte anche a ragione
– di aver individuato un comportamento sbagliato negli altri, ma si finisce per condannare
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la persona di colui che lo ha compiuto. Così, si punta il dito, sino a dimenticare di essere
allo stesso livello di coloro che accusiamo senza appello. In questo modo, chiudiamo
l‟altro in una sorta di gabbia dalla quale non può più sperare di uscire. Siamo consapevoli
che la speranza che gli altri hanno di cambiare dipende anche dalla distinzione che
trasmettiamo loro di una differenza sostanziale tra un comportamento sbagliato e la
persona che ne è protagonista?
- Gesù rilancia per l‟adultera la speranza di una vita nuova, non più appesantita dal
peccato. Le dice infatti: «Va‟ e d‟ora in poi non peccare più». Spesso ci si sforza di afferrare
la chiave della speranza, ma non ci si impegna a prendere le distanze dagli atteggiamenti
sbagliati che sono concepiti nel nostro cuore. Il perdono di Gesù non è indifferenza al
peccato, ma forza liberante per tornare alla comunione con il Padre e per rimuovere ciò
che ostacola una vita di santità. In che modo viviamo il perdono gratuito di Dio, che si
esprime anzitutto nel sacramento della riconciliazione sacramentale?
Per l’approfondimento
> «Forse che io ho piacere della morte del malvagio – dice il Signore – o non piuttosto che
desista dalla sua condotta e viva?» (cfr. Ez 18,23.32; 33,11).
> «E chi sei tu che giudichi il tuo fratello» (Gc 4,1-12).
13
6a catechesi
La gioia della risurrezione sperata: Maria di Magdala
Testo: Gv 20,11-18
11Maria
stava all‟esterno vicino al sepolcro e piangeva. Mentre piangeva, si chinò
verso il sepolcro 12e vide due angeli in bianche vesti, seduti l‟uno dalla parte del capo
e l‟altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. 13Ed essi le dissero: “Donna,
perché piangi? ”. Rispose loro: “Hanno portato via il mio Signore e non so dove lo
hanno posto”. 14Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù che stava lì in piedi; ma
non sapeva che era Gesù. 15Le disse Gesù: “Donna, perché piangi? Chi cerchi? ”. Essa,
pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: “Signore, se l‟hai portato via tu,
dimmi dove lo hai posto e io andrò a prenderlo”. 16Gesù le disse: “Maria! ”. Essa
allora, voltatasi verso di lui, gli disse in ebraico: “Rabbunì! ”, che significa: Maestro!
17Gesù le disse: “Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va‟ dai
miei fratelli e dì loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”.
18Maria di Màgdala andò subito ad annunziare ai discepoli: “Ho visto il Signore” e
anche ciò che le aveva detto.
Conoscenza del testo
La figura di Maria di Magdala è nota a tutti gli evangelisti nei racconti della Passione di
Gesù: ma solo Giovanni racconta del suo incontro con Gesù Risorto. Così, nel Quarto
Vangelo, è una donna, la Maddalena appunto, a risultare un testimone chiave dell‟evento
centrale della fede della Chiesa: la risurrezione di Gesù di Nazaret.
Il cap. 20 di Gv si apre con la visita di Maria di Magdala al sepolcro. Trovandone la pietra
ribaltata (v. 1), corre a chiamare Pietro e il discepolo amato perché vengano a constatare
l‟accaduto. I due entrano nel sepolcro, constatano l‟assenza del corpo del Cristo e tornano
perplessi a casa. Maria, invece, resta lì, all‟esterno del sepolcro.
Nel nostro brano, la troviamo così, ancora rivolta e china verso la tomba vuota di Gesù, in
lacrime (v. 11). Poi, nei vv. 12-13, inizia il suo dialogo con i due angeli che appaiono seduti
all‟interno del sepolcro.
A questo punto, Maria si volta indietro per dialogare con Gesù, che si trova fuori dal
sepolcro alle sue spalle: ma non lo riconosce (vv. 14-15). Infine, chiamata per nome da
Gesù, Maria si volge per la seconda volta a colui che finalmente riconosce come il suo
Maestro (v. 16). In definitiva, da una posizione statica e ricurva verso la tomba, Maria
progressivamente si volge totalmente verso il Signore Risorto, protendendosi anche verso
di lui (v. 17).
Così anche la sua visione cambia: prima “vede” gli angeli (v. 12), poi “vede” Gesù ma
credendo ancora che sia il custode del giardino (v. 15), infine solo quando porta l‟annuncio
ai fratelli dice di “avere visto il Signore” (v. 18). Maria non può fermarsi a godere
egoisticamente del Risorto, perché l‟incontro completo e definitivo con lui avviene nella
comunità dei credenti. Per questa ragione, Gesù la invita a non fermarsi, ma a correre dai
discepoli a raccontare l‟accaduto (v. 17).
C‟è dunque un progresso nella fede della Maddalena. L‟affetto per Gesù l‟ha portata al
sepolcro: Gesù ora la invita ad abbandonare quel sepolcro e le lacrime, per voltarsi
definitivamente verso di lui Risorto. Il limite ultimo dell‟esistenza umana, la tomba, è
oramai vuota: la speranza non è stata vana. Ma è necessario voltarsi del tutto, compiere
una conversione radicale, per vedere e finalmente riconoscere il Signore Risorto, nostra
speranza.
14
In questo modo, se all‟inizio del brano Maria di Magdala “stava” e “piangeva” (v. 11), alla
fine del brano “andò di corsa” e “rese testimonianza” (v. 18) dell‟incontro di cui era stata
protagonista.
Revisione di vita
- Il dolore per un evento triste della vita o la constatazione dei mali e delle ingiustizie
presenti nel mondo a volte possono indurci a disperare e possono frenare il coraggio di
vivere. Avviene così in noi quello che accadde anche a Maria di Magdala, ferma e in
lacrime di fronte al sepolcro di Gesù. In quali situazioni di sofferenza mi trovo oggi,
allorché il Risorto mi chiede di tornare a volgere il mio sguardo a lui?
- La speranza è spesso concepita anche da noi cristiani come una semplice proiezione
fiduciosa in una vita migliore nell‟aldilà. Ma questa forma di speranza può degenerare in
un alibi al nostro impegno coraggioso nella storia. Mentre Gesù si avvia ad ascendere al
cielo, affida alla Maddalena un compito: annunciare ai fratelli la gioia della Risurrezione,
perché tutti i discepoli vivano da risorti. Cosa vuol dire vivere da risorto il tuo impegno di
cristiano nella storia?
Per l’approfondimento
> «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura» (Mc 16,9-16).
> «Io sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo» (Mt 28,16-20).
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3. LA SPERANZA COME ATTESA: IL MESSIA
7a catechesi
Il messia sta per venire
Testo: Is 11,1-9
1Un
germoglio spunterà dal tronco di Iesse,
un virgulto germoglierà dalle sue radici.
2Su di lui si poserà lo spirito del Signore,
spirito di sapienza e di intelligenza,
spirito di consiglio e di fortezza,
spirito di conoscenza e di timore del Signore.
3Si compiacerà del timore del Signore.
Non giudicherà secondo le apparenze
e non prenderà decisioni per sentito dire;
4ma giudicherà con giustizia i miseri
e prenderà decisioni eque per gli oppressi del paese.
La sua parola sarà una verga che percuoterà il violento;
con il soffio delle sue labbra ucciderà l‟empio.
5Fascia dei suoi lombi sarà la giustizia,
cintura dei suoi fianchi la fedeltà.
6Il lupo dimorerà insieme con l‟agnello,
la pantera si sdraierà accanto al capretto;
il vitello e il leoncello pascoleranno insieme
e un fanciullo li guiderà.
7La vacca e l‟orsa pascoleranno insieme;
si sdraieranno insieme i loro piccoli.
Il leone si ciberà di paglia, come il bue.
8Il lattante si trastullerà sulla buca dell‟aspide;
il bambino metterà la mano nel covo di serpenti velenosi.
9Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno
in tutto il mio santo monte,
perché la saggezza del Signore riempirà il paese
come le acque ricoprono il mare.
Conoscenza del testo
Questo brano tratto dal libro del profeta Isaia è ben noto ai cristiani, anche perché inserito
nella liturgia d‟Avvento (2a domenica dell‟anno A). Si divide in due parti: nei vv. 1-5
primeggia la figura del “virgulto di Iesse” (v. 1), cioè una persona della famiglia di Iesse,
eletta da Dio per un ruolo speciale; i vv. 6-9, invece, rappresentano con immagini
fantastiche uno scenario di pace paradisiaca.
Il personaggio che si nasconde dietro l‟espressione “virgulto di Iesse” (v. 1) è il giovane
Davide, figlio appunto di Iesse. Dalla sua storia narrata nell‟Antico Testamento, sappiamo
che Davide venne unto con olio dal profeta Samuele per diventare il grande re di Israele: e
questo per volontà del Signore (cfr. 1Sam 16) e non per qualità o meriti speciali (cfr. 1Sam
16,7). L‟unzione è il segno che su di lui riposa lo Spirito di Dio, i cui doni (v. 2) abilitano
Davide a diventare la giuda coraggiosa e saggia del popolo eletto (vv. 3-4). In particolare,
nonostante le sue indubbie debolezze, egli si qualificherà per la giustizia e la fedeltà che
mostrerà nel governo e nel rapporto con il Signore.
16
Con i vv. 6-7 si passa ad una scena diversa: si immagina che animali carnivori convivano
pacificamente insieme con altri erbivori. È il sogno di un mondo diverso, pacificato anche
a livello della creazione: è come un tuffo in una storia non più segnata dal peccato, dalla
violenza e dalla morte. Riecheggiano qui altri brani sempre del profeta Isaia, nei quali
purtroppo si constata come i fratelli del popolo d‟Israele si fronteggiano ancora tra di loro
come fanno le belve feroci (cfr. Is 9,18-20; 11,13). La visione del cap. 11, invece, prospetta
un mondo in cui il più debole vive in pace con il più forte, come il bambino gioca con il
serpente nel v. 8.
Proprio alla luce della seconda parte del brano, l‟identificazione del “virgulto di Iesse” dei
vv. 1-5 non può limitarsi alla persona singola del re Davide: sarà piuttosto il Messia
definitivo a dare avvio ad un mondo radicalmente nuovo. Eserciterà una giustizia capace
di difendere davvero i più deboli e di stabilire una pace duratura. Alla luce del Nuovo
Testamento, questo Messia è Gesù, principe della pace (cfr. Is 9,5; Gv 20,19), venuto a
testimoniare l‟amore preferenziale di Dio per i più piccoli (Lc 10,21).
Revisione di vita
- I profeti dell‟Antico Testamento rilanciano la speranza di un futuro in cui la parola
d‟ordine sia “pace”. Si tratta dello shalom ebraico, cioè di una vita vissuta in pienezza in
virtù di un rapporto finalmente pacificato con Dio, con gli altri, con la creazione e con se
stessi. Ma noi come immaginiamo il nostro futuro? Quale pace sogniamo per il mondo
intero?
- Richiamando l‟elezione di Davide, il “virgulto di Iesse”, il profeta Isaia ricorda il modo
di agire di Dio: l‟uomo guarda l‟apparenza, Dio guarda il cuore. Così la sua attenzione
ricade non su chi appare più forte, ma su chi è più aperto alla grazia. Allo stesso modo,
una Chiesa che mostrasse i muscoli e non servisse umilmente il Vangelo, rischierebbe di
non riporre la sua speranza in Dio. La speranza biblica, invece, non poggia sulla forza
degli uomini, ma sulla fiducia assoluta in Dio che non abbandona il giusto. Su cosa poggia
la nostra speranza? Sappiamo avere fiducia nel Signore, che fa grandi cose in chi è onesto e
umile?
Per l’approfondimento
> «Vidi un angelo forte che proclamava a gran voce: “Chi è degno di aprire il libro e di
scioglierne i sigilli?”. Ma nessuno, né in cielo, né in terra, né sottoterra era in grado di
aprire il libro e di leggerlo. Uno dei vegliardi mi disse: “Non piangere più; ha vinto il leone
della tribù di Giuda, il Germoglio di Davide, e aprirà il libro e i suoi sette sigilli”» (Ap 5,2-5).
> «Il Signore ha guardato l‟umiltà della sua serva. Grandi cose ha fatto in me
l‟Onnipotente» (Lc 1,46-55).
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8a catechesi
Il messia è già venuto
Testo: Gv 1,19-34
19E
questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da
Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: “Chi sei tu? ”. 20Egli confessò e non negò,
e confessò: “Io non sono il Cristo”. 21Allora gli chiesero: “Che cosa dunque? Sei Elia? ”.
Rispose: “Non lo sono”. “Sei tu il profeta? ”. Rispose: “No”. 22Gli dissero dunque: “Chi
sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di
te stesso? ”. 23Rispose:
“Io sono voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
come disse il profeta Isaia”. 24Essi erano stati mandati da parte dei farisei. 25Lo
interrogarono e gli dissero: “Perché dunque battezzi se tu non sei il Cristo, né Elia, né il
profeta? ”. 26Giovanni rispose loro: “Io battezzo con acqua, ma in mezzo a voi sta uno
che voi non conoscete, 27uno che viene dopo di me, al quale io non sono degno di
sciogliere il legaccio del sandalo”. 28Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano,
dove Giovanni stava battezzando.
29Il giorno dopo, Giovanni vedendo Gesù venire verso di lui disse: “Ecco l‟agnello di
Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo! 30Ecco colui del quale io dissi: Dopo di
me viene un uomo che mi è passato avanti, perché era prima di me. 31Io non lo
conoscevo, ma sono venuto a battezzare con acqua perché egli fosse fatto conoscere a
Israele”. 32Giovanni rese testimonianza dicendo: “Ho visto lo Spirito scendere come
una colomba dal cielo e posarsi su di lui. 33Io non lo conoscevo, ma chi mi ha inviato a
battezzare con acqua mi aveva detto: L‟uomo sul quale vedrai scendere e rimanere lo
Spirito è colui che battezza in Spirito Santo. 34E io ho visto e ho reso testimonianza che
questi è il Figlio di Dio”.
Conoscenza del testo
Dopo il suo Prologo inaugurale (Gv 1,1-18), il Quarto Vangelo avvia la sua narrazione sul
Figlio di Dio partendo dal suo primo e più illustre testimone: Giovanni il Battista. Il nostro
episodio si inserisce a questo punto e racconta della vita e delle parole del Battista in due
distinte giornate: la prima ai vv. 19-28 e la seconda ai vv. 29-34.
Al tempo di Gesù, in Palestina, il Battista era noto a molti per la sua attività di predicatore
e di battezzatore presso il fiume Giordano: il suo invito pressante era rivolto alla
conversione del cuore, in vista dei tempi ultimi. Nessuna meraviglia allora che, in un clima
diffuso di attesa della venuta di un personaggio divino, portatore di pace e libertà,
Giovanni venga scambiato per il Messia stesso. Ma egli si premura subito di negare
risolutamente di essere il Messia (cfr. vv. 20.21): assume invece per sé il ruolo di colui che
ne prepara la venuta imminente (v. 23).
Per questo motivo, il suo stile di vita estremamente sobrio (cfr. Mc 1,6), la sua predicazione
e il gesto del battesimo al Giordano assumono i tratti di un richiamo al pentimento dei
peccati e alla conversione, per farsi trovare pronti al momento in cui il Messia arriverà.
Anzi, c‟è di più: il Messia è già arrivato ed è nascosto in mezzo al popolo (v. 26-27).
Il giorno successivo (v. 29), Giovanni vede Gesù al Giordano e ne confessa la vera identità:
quegli è l‟Agnello di Dio (v. 29), un essere divino eterno (v. 30), ricolmo di Spirito Santo (v.
32). Si tratta quindi senz‟altro del Messia atteso vagamente da tutti, ma secondo un profilo
per certi versi scioccante: è l‟ “agnello di Dio”, cioè debole e vittorioso come il Servo
sofferente del profeta Isaia (Is 42,1-4; 49,1-6; 50,4-9; 52,13-53,12); è un essere divino ed
18
eterno, come Dio Padre (cfr. Gv 1,1-18; 8,58; 17,5); è ricolmo di quello Spirito che donerà
dall‟alto della croce (Gv 19,30; cfr. 3,5.34; 7,38-39).
Gesù è, dunque, il Figlio di Dio nel senso pieno del termine, è l‟eletto. Con lui inizia una
stagione nuova della storia dell‟umanità. Il Signore è entrato definitivamente nella storia:
l‟uomo non è più solo. Così, il battesimo con acqua deve ormai cedere il passo al battesimo
in Spirito Santo (v. 33).
Revisione di vita
- Giovanni testimonia la venuta del vero Messia. Non ci si deve attendere nulla di nuovo
da parte di Dio, ma si devono far fruttare i semi di speranza presenti nella storia. Il Figlio
ha seminato salvezza nella storia umana, assumendo la condizione di uomo: ora viene il
tempo della Chiesa, impegnata a custodire e far crescere questi semi. Quali sono i segni di
risurrezione, di salvezza e di speranza presenti nella storia contemporanea, in quella
ecclesiale e in quella personale?
- La speranza cristiana rimanda al futuro, ma si basa sulla certezza che il Messia è già
venuto ed ha percorso le strade della Palestina duemila anni fa. La Sacra Scrittura ci
racconta la sua storia, perché la nostra fede in lui sia solida e la speranza sempre viva. Ma
quale frequentazione abbiamo con la Bibbia, e con i racconti evangelici in particolare? La
nostra è una conoscenza del Cristo vaga e per sentito dire, oppure si radica nella
rivelazione biblica?
Per l’approfondimento
> «Ecco, io invierò il profeta Elia prima che giunga il giorno grande e terribile del
Signore» (Ml 3,22-24)
> «Elia è già venuto e non lo hanno riconosciuto» (Mt 10-13).
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9a catechesi
Il messia verrà
Testo: 1Pt 1,6-7
«6Siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere un po‟ afflitti da varie prove,
7perché il valore della vostra fede, molto più preziosa dell‟oro – che pur destinato a
morire, tuttavia si prova con il fuoco – torni a vostra lode, gloria e onore nella
manifestazione di Gesù Cristo».
Conoscenza del testo
Tra gli scritti del Nuovo Testamento, la tradizione della Chiesa ci ha tramandato la Prima
lettera di Pietro come opera appunto dell‟apostolo Pietro, la “roccia” su cui Gesù volle
edificare la Chiesa. Presumibilmente, fu scritta a Roma nella seconda metà del I sec. d.C.,
in un momento delicato per il neonato Cristianesimo, soggetto già alle prime pericolose
persecuzioni.
In un clima almeno di sospetto, se non di vera e propria persecuzione (v. 6), la 1Pt
indica per i cristiani come fondamento della loro speranza, tra l‟altro, l‟imminente ritorno
del Signore. Le sofferenze del tempo presente, quindi, non sono definitive né possono
allontanarci dall‟amore di Dio per noi (cfr. Rm 8,35): anzi, proprio queste difficoltà,
sofferte a motivo della fede nel Signore Gesù, possono costituire una necessaria
purificazione di una fede che deve maturare (v. 7).
In quella “manifestazione del Signore” (v. 7), cioè alla fine dei giorni, allora, tutti
dovremo personalmente rendere conto al Signore: per tutti indistintamente verrà il
Signore, giudice della storia. Verrà a giudicare con misericordia, ma anche con verità. E se
sembra ritardare, questo è perché vuole dare tempo per la conversione. Sulla stessa linea,
l‟evangelista Marco, all‟inizio del suo vangelo, aveva registrato le parole di Gesù: «Il
tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino: convertitevi e credete al vangelo» (Mc 1,15).
Dal NT sappiamo che Gesù invitava a guardare al ritorno del “Figlio dell‟uomo” con
fiducia (Mt 16,24-28), senza definirne i tempi esatti (At 1,17), ma invitando solo a farsi
trovare pronti (Mc 13,35). La paura della fine deve cedere il posto alla gioia (v. 6), alla
vigilanza e alla fiducia in Dio. Nel giorno del suo ritorno nella gloria, infatti, il Signore
riconoscerà i meriti di quanti hanno perseverato: chi ha sofferto con Cristo, con lui anche
risorgerà (cfr. 1Pt 4,13-16).
Alla luce di questa speranza finale, nella certezza di condividere la stessa sorte del Signore
Gesù Crocifisso e Risorto, la grazia da chiedere è quindi solo quella della fedeltà a lui in
ogni circostanza (cfr. 1Pt 5,13).
Revisione di vita
- Nell‟immaginario comune i tempi ultimi hanno dei contorni catastrofici. La
Scrittura invita invece ad attendere con gioia “la manifestazione del Signore”, cioè il suo
ritorno. Quali sono oggi le nostre idee e i nostri sentimenti sulla fine dei tempi? Quanto
queste idee e sentimenti si accordano con la rivelazione biblica?
- La 1Pt non nasconde che la fede comporta gioie miste a dolori. Ancora più
chiaramente, afferma che la fede viene purificata come l‟oro sul fuoco. Quale idea ci siamo
fatti della nostra fede? Che posto ha la fedeltà al nostro Signore, soprattutto nelle difficoltà
della vita?
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Per l’approfondimento
> «Ecco lo sposo, andategli incontro» (Mt 25,1-13)
> «Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli» (Lc 12,35-48).
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4. SEQUELA E NOVITÀ DI VITA
10a catechesi
Testo: Gv1, 35-39.
Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e , fissando lo sguardo su Gesù
che passava, disse:« Ecco l’agnello di Dio !».
E i due discepoli sentendolo parlare cosi, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò , vedendo che lo
seguivano, disse:« Che cercate?».
Gli risposero:« Rabbi ( che significa maestro), dove abiti?». Disse loro :« Venite e vedrete».
Andarono dunque e videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di lui erano circa le quattro
del pomeriggio.
Spiegazione del tema
All‟inizio del suo ministero Gesù, propone ad alcuni uomini di seguirlo, per
condividerne la missione, la vita , il destino.
Egli non intende operare da solo, cerca dei collaboratori, gente normale che lavora
con impegno e fatica ogni giorno.
Gesù passando guarda, chiama l‟uomo si sente coinvolto nel suo stesso cammino.
Il suo guardare non è neutrale, non è un accorgersi casuale ma è uno sguardo che penetra
il cuore di colui che è visto. Gesù vede come vede Dio che, nell‟A.T., non ignora mai in
modo distaccato la storia dell‟uomo; ma interviene per liberare, per scegliere, affidare un
compito: è un vedere che vuole trasformare la realtà, le persone, che non sono più come
prima.
La chiamata di Gesù alla sua sequela si realizza in un contesto “consueto”, nel
quotidiano di ciascuno, e il suo invito assume la forma di un comando che spesso
capovolge i progetti e i percorsi già intrapresi dagli uomini. Abbandonare , distaccarsi da
ciò che prima dava sicurezza, per muoversi verso il Signore. Questo distacco anticipa la
disponibilità che Gesù chiederà più tardi a rinnegare se stessi, a portare la propria croce
ogni giorno, condividendo fino in fondo, fino al Calvario, il suo cammino di Messia
umiliato e ucciso, per poi partecipare all sua Gloria. Il cristiano nella sequela di Cristo sa
che sarà presente la sofferenza a causa proprio della stessa fede, ma è grazie a questa che
«avrà la vita eterna e sarà condotto dalla morte alla vita».[Gv 5,24]
Con la sua gratuita iniziativa, il Signore Gesù stabilisce subito un legame, seguirlo
significa condividere la vita con Lui, camminargli accanto, diventando testimoni delle sue
opere e della sua parola.
Stare con il Signore significa comprendere la sua vera identità e professarlo come
Messia.
I due discepoli descritti in Giovanni seguono Gesù e rimangono con Lui, vivono un
esperienza di intimità con il Signore. La chiamata alla sequela di Gesù è una nuova
creazione, capace di restituire l‟uomo a se stesso, Gesù non chiede di imparare una
dottrina nuova, ma un modo diverso di vivere.
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Revisione di vita
La sequela di Gesù è un invito anche per te, perché tu comprenda il significato per la tua
vita. Pensa al momento in cui sei stato chiamato alla fede, alla vita, pensa al tuo Battesimo,
con cui si diventa creature nuove.
Nell‟atteggiamento dei discepoli chiamati si evidenzia il “subito” della loro risposta, i
chiamati abbandonano gli strumenti di lavoro, il mestiere, il padre la madre e la famiglia,
tutto. Questo indica lo spostamento del centro della propria vita.
Fino a che punto sei disposto a decentrarti per stare dietro al Signore?
Per l’approfondimento
Gesù disse loro: «Seguitemi vi farò diventare pescatori di uomini» (cfr. Mc 1,16-20; 3,13-19)
«Egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì» (Cfr. Lc 5,27-32)
«In verità, in verità vi dico: Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha
la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita» (Gv 5,24)
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5. TESTIMONI DEL RISORTO DINANZI AL MORIRE DELL‟UOMO
11a catechesi
Testo: Ap 21, 3-4
Udii allora una voce potente che usciva dal trono: «Ecco la dimora di Dio con gli
uomini!Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno suo popolo ed egli sarà il “Dio-con-loro”. E
tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né
affanno,perché le cose di prima sono passate».
Spiegazione del tema
La speranza radicale dell‟uomo è la vittoria sulla morte. Per i cristiani ciò si realizza
mediante la pasqua di Gesù.
L‟uomo è chiamato all‟esistenza da un atto di amore Dio, che proprio come atto di
amore è aperto alla possibilità del rifiuto. Se ogni atto di amore è una autolimitazione ed
un‟accoglienza dell‟altro, Dio si autolimita ed accoglie anche l‟uomo peccatore – l‟uomo
che vive nel rifiuto di Dio – nella croce di Gesù.
Come l‟atto creatore di Dio è un atto di amore, l‟atto redentore del Padre che si
compie nella croce di Gesù è un atto di morte. Proprio nell‟esperienza del limite, e del
limite radicale della morte, irrompe la novità assoluta della resurrezione di Gesù. L‟intera
storia dell‟umanità si ri-comprende nella Risurrezione: tutta la creazione dimora in Dio,
mistero del mondo, ed è chiamata a divenire sempre più la dimora di Dio, fino all‟ottavo
giorno, la Domenica, senza tramonto, in cui Lui sarà tutto in tutti (1Cor 15, 28).
La nostra vita si apre allo spazio infinito di Dio. Dinanzi ad un bambino che muore, ad
una giovane vita stroncata da una malattia o un incidente, dinanzi ad un vecchio
sofferente, dinanzi ad ogni vittima della violenza, possono risuonare le parole di Giobbbe:
«Anche te intende sottrarre dalla gola dell'angustia: avrai in cambio un luogo ampio, non
ristretto e la tua tavola sarà colma di vivande grasse» (Gb 36, 16). Il Risorto apre a noi
quello spazio infinito, quello «spazio ampio», in cui ogni vita umana giungerà al
compimento a cui era destinata, perché Dio nulla lascia incompiuto. Il Dio fedele alla sua
alleanza porta a compimento ogni cosa. «Noi non moriamo nel nulla con la morte non
entriamo nel nulla, ma in Dio non perdiamo né noi né gli altri, bensì saremo accolti nel
grande amore. L‟amore non solo ci accoglierà quando cadremo, ma ci farà nascere
nuovamente, dando inizio a duna nuova creazione. “Ecco io faccio nuove tutte le cose”
(Ap. “1, 5). Nella creazione nova “ogni lacrima sarà asciugata”: non si dice che non vi
saranno più lacrime, ma tutte le lacrime saranno asciugate, vale a dire che il nostro
quotidiano, le fatiche, la sofferenza e il dolore saranno redenti. Non una vita aliena dalla
storia, ma proprio la nostra storia sarà ricondotta tutta alla gioia messianica.
Revisione di vita
- Come mi interpella la sofferenza e la morte di familiari e amici?
- Se la luce del Risorto illumina la nostra vita, quale testimonianza siamo chiamati a
rendere?
- Cosa significa per me e la mia comunità sperare a fianco di chi non ha ragioni di
speranza?
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Per approfondire il tema:
La predicazione della sapienza della croce (1Cor 1, 22-23)
Rendere conto della speranza che è in noi (1Pt 3, 15)
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6. EDUCATORI DI SPERANZA
12a catechesi
Testo: Gv 6,67-69
Disse allora Gesù ai dodici :« Forse anche voi volete andarvene?».Gli rispose Simon Pietro:
«Signore da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna noi abbiamo creduto e conosciuto
che tu sei il Santo di Dio»
Spiegazione del tema
L‟uomo non può fare a meno di sperare per vivere, nonostante le situazioni negative che
gli si presentano dinanzi.
La speranza anche oggi è possibile, è possibile attraverso la confessione di fede in Gesù
Cristo.
Anche noi come l‟apostolo Pietro possiamo dire al Signore : « Signore da chi andremo? Tu
solo hai parole di vita eterna».
Quindi la speranza cristiana è strettamente legata alla fede, educare alla speranza significa
essere testimoni del Cristo, Figlio di Dio, venuto al mondo per farsi vicino ad ogni uomo e
per fare di questo la misura del suo amore.
Egli ha insegnato con la sua vita, con i suoi gesti concreti della quotidianità, con il suo
modo di incontrarsi con le persone. L‟affabilità e l‟incoraggiamento all‟incontro, il tratto
delicato e coraggioso con le donne, la sua familiarità con i peccatori, la sua pazienza con il
difficile cammino della fede degli apostoli, la fermezza di fronte all‟ipocrisia, la decisione
coerente nel realizzare la volontà del Padre: tutta la sua vita traduce la novità del
messaggio evangelico.
Per l‟uomo che a volte dubita, che è incerto, sfiduciato di fronte alla vita e alla stessa fede,
Gesù si propone come il compimento delle promesse di Dio, Egli dà fondamento alle
speranze dell‟uomo e le assume.
In Gesù le promesse di Dio che riguardano la salvezza, la beatitudine, la vita piena e
duratura si sono realizzate.
La salvezza che viene da Cristo irradia una luce particolare nella vita del discepolo, con la
virtù della speranza. Questa ricchezza spirituale è la ferma convinzione che l‟amore di Dio
non delude perché è fedele, è come costruire la casa sulla roccia per cui nessuna tempesta
nessun terremoto potrà abbatterla. Significa in definitiva affidarsi con sincera sicurezza
all‟abbraccio amoroso di Dio.
Revisione di vita
Solo una persona che si sente amata può essere fiduciosa e guardare con speranza al futuro. Ti senti
amato da Dio? Fai degli altri la misura del suo amore?
Sono in grado di mettermi alla scuola di Gesù per poter essere testimone di speranza, di
fede e carità ?
Quale luce porta la bella notizia di Gesù che salva, che offre vita piena a coloro che
ascoltano e vanno verso di Lui?
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Per approfondire il tema
«Va e anche tu fa‟ lo stesso» (Cfr. Lc 10,25-37)
«Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (Cfr. Gv 15,111)
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7. COSTRUTTORI DI SPERANZA
13a catechesi
Testo: Mc 6, 7-13
Allora chiamò i Dodici, ed incomincio a mandarli a due a due e diede loro potere sugli
spiriti immondi. E ordinò loro che, oltre il bastone, non prendessero nulla per il viaggio: né
pane, né bisaccia, né denaro nella borsa; ma, calzati solo i sandali, non indossassero due
tuniche. E diceva loro: “Entrati in una casa, rimanetevi fino a che ve ne andiate da quel
luogo. Se in qualche luogo non vi riceveranno e non vi ascolteranno, andandovene scuotete
la polvere di sotto i vostri piedi, a testimonianza per loro”. E partiti, predicavano che la
gente si convertisse, scacciavano molti demoni, ungevano di olio infermi e li guarivano
Spiegazione del tema
Il filosofo esistenzialista ateo J.-P. Sartre nella sua vecchiaia scriveva : «il nostro
pianeta è abitato oggi dai poveri, gli estremamente poveri, e dai ricchi, gli estremamente
ricchi. Con questa terza guerra mondiale, che può scoppiare in qualsiasi momento, con
questo insieme miserabile che è il nostro pianeta, la disperazione ricomincia a tentarmi.
L‟idea che non la faremo mai finita con tutto ciò, che non esiste finalità, ma solo piccoli fini
per i quali combattiamo […] Facciamo piccole rivoluzioni, ma non esiste un fine umano,
non c‟è niente che interessi all‟uomo, esiste solo il disordine […] Il mondo pare brutto,
cattivo e senza speranza. Questa sarebbe la disperazione di un vecchio che è già morto
interiormente. Ma io resisto, e so che morirò nella speranza. Ma questa speranza dovremo
fondarla»
Noi cristiani guardiamo il mondo a partire dal fatto della resurrezione di Cristo, per
questo manteniamo la nostra speranza. Dell‟apparente sconfitta abbiamo fatto un
elemento di vittoria e vittoriosi ci presentiamo al mondo. Perché nonostante tutto abbiamo
speranza? Per i cristiani la speranza è un modo di vivere. Abbiamo un‟esistenza di
speranza. Viviamo l „apertura a Dio attraverso lo Spirito santo. I doni di Dio sono segni di
doni futuri. Come dice il teologo J. Comblin, «ogni momento ci è dato come segno,
promessa, e preparazione del momento seguente, in una evoluzione che arriverà alla
pienezza, al di là del tempo».
Il contenuto della speranza cristiana non si esaurisce in progetti politici di liberazione
o di costruzione del progresso, o della democrazia. Certamente i cristiani – come persone
di speranza – sono chiamati a partecipare alla costruzione della polis, della città dell‟uomo;
proprio in quest‟opera della costruzione della città terrena però, i cristiani, devono
apportare il loro contributo originale: la profezia del futuro di Dio che getta luce sul nostro
presente. Quando i progetti umani di liberazione, di progresso restano chiusi in se stessi,
senza una critica permanente diventano sistemi oppressivi. «I ricchi non sono felici perché
non possiedono speranza. Per loro la speranza non significa niente, essi dispongono di
mezzi per godere del presente a spese dei poveri. Essi ridono e sono sazi, indifferenti a
quelli che soffrono. Pensano al futuro solo come prolungamento della propria
soddisfazione presente. Non gli interessa un progetto sociale che alteri l‟ordine stabilito».
La profezia dei cristiani è una «riserva» critica che riconduce sempre ogni progetto al
bene della persona e al suo compimento trascendente.
La persona nella sua interezza è destinataria dell‟annuncio cristiano, per questo la
relazione tra fede e politica, tra chiesa e società è inevitabile. Occorre però porre le
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necessarie distinzioni evitando le confusioni, così come le opposizioni. La persona nella
sua interezza non è solo destinataria dell‟annuncio, è anche il soggetto della fede. Per
questo categorie come pubblico e privato sono inadeguate per esprimere tali rapporti. La
fede non è né pubblica né privata, ma personale e in quanto tale è un‟adesione libera e
individuale all‟azione di Dio, ma con una rilevanza sociale per il semplice fatto che orienta
la vita del credente e genera una comunità, quella dei credenti.
Revisione di vita
- Il cristiano è chiamato ad una doppia militanza: nella chiesa e nel mondo. Come vivi il
rapporto tra la comunità cristiana e la società?
- Quali forme di cittadinanza attiva si possono vivere realizzando la profezia propria della
chiesa?
Per approfondire il tema
«I governanti infatti non sono da temere quando si fa il bene, ma quando si fa il male. Vuoi
non aver da temere l'autorità? Fa' il bene e ne avrai lode» (Rom 13, 3)
«Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio» (Mt 22, 21)
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Orientamenti bibliografici per la consultazione
BONHEFFER D., Sequela, Queriniana, Brescia 1971
BULTMANN R., voce “elpij"” (“speranza”), in G. KITTEL – G. FRIEDRICH (a cura di), Grande Lessico del Nuovo Testamento, vol. III, Paideia, Brescia 1967, coll. 507-548.
CAZELLES H., Il Messia della Bibbia, Borla, Roma 1993.
COMITATO PREPARATORIO DEL IV CONVEGNO ECCLESIALE NAZIONALE, Testimoni di Gesù
risorto speranza del mondo (Documenti chiese locali 125), EDB, Bologna 2005.
DI SANTE C., Il futuro dell’uomo nel futuro di Dio, LDC, Leumann 1994
GRELOT P., La speranza ebraica al tempo di Gesù, Borla, Roma 1981.
MANICARDI L., La speranza del cristiano, «Testi di meditazione - 67», Qiqajon,
Magnano (VC) 1995
MAZZEO M., Lettere di Pietro. Lettera di Giuda, Paoline, Milano 2002.
PEGUY, I misteri, Jaca BooK, Milano 1991.
SCHNACKENBURG R., Il cristiano e il futuro del mondo, in L’esistenza cristiana secondo il
Nuovo Testamento, trad. it., EP, Modena 1972, 275 – 305
SIMIAN-YOFRE H., I testi isaiani dell’Avvento. Esegesi e liturgia, EDB, Bologna 1996.
SKA J.L., Abramo e i suoi ospiti. Il patriarca e i credenti nel Dio unico, EDB, Bologna
2003.
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Appunti di metodo per un incontro di catechesi
Schema di ogni singolo incontro:
Ogni incontro si articola in quattro momenti:
1. Testo
2. Conoscenza del testo/presentazione del tema
3. Revisione di vita
4. Approfondimento
Modo di lavoro:
ACCOGLIENZA
-
preghiera o canto iniziale
presentazione del programma della serata: il parroco/catechista introduce la serata
annunciando il tema e il modo di lavoro.
Lettura del testo biblico
CONOSCENZA DEL TESTO / PRESENTAZIONE DEL TEMA
Utilizzando le indicazioni del sussidio («Conoscenza del testo») l’animatore invita a
rieleggere personalmente il brano biblico, a partire dalla propria esperienza personale
REVISIONE DI VITA
Utilizzando le domande formulate per ogni singolo incontro si condivide la riflessione
personale nello stile della revisione di vita.
PER APPROFONDIRE IL TEMA
In gruppo o singolarmente si può approfondire il tema attraverso le lettura dei testi suggeriti
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INDICE
Introduzione
LA SPERANZA NELL’ORIZZONTE BIBLICO
Presentazione
IL VIAGGIO DELLA SPERANZA: ABRAMO
Il distacco dal passato
Fondato solo sulla promessa
Il Patriarca dell’unità
LA SPERANZA E LA CONVERSIONE: LE DONNE DEI VANGELI
La speranza del perdono: la peccatrice
La novità di vita: l’adultera
La gioia della risurrezione sperata: Maria di Magdala
LA SPERANZA COME ATTESA: IL MESSIA
Il messia sta per venire
Il messia è già venuto
Il messia verrà
SEQUELA E NOVITÀ DI VITA
TESTIMONI DEL RISORTO DINANZI AL MORIRE DELL‟UOMO
EDUCATORI DI SPERANZA
COSTRUTTORI DI SPERANZA
Orientamenti bibliografici per la consultazione
Appunti di metodo
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