Tribunale di Lucca, sentenza del 9.12.2015, n. 2125

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Tribunale di Lucca, sentenza del 9.12.2015, n. 2125
Rivista scientifica di Diritto Processuale Civile
ISSN 2281-8693
Pubblicazione del 13.04.2016
La Nuova Procedura Civile, 2, 2016
Editrice
Comitato scientifico:
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ZACCARIA (Professore ordinario di diritto privato, componente laico C.S.M.).
Moglie che domanda i danni cagionati alla casa di proprietà del marito:
incapacità del marito a testimoniare
Colui che avrebbe potuto agire in giudizio per i danni domandati dall’attore, o
intervenire in detto giudizio per proporre simile domanda, è incapace a
deporre, sussistendo in capo al medesimo un interesse giuridicamente
rilevante ex art. 246 c.p.c. Pertanto, la deposizione di tale teste non è
utilizzabile ai fini della decisione. In tale ipotesi, ricade anche la deposizione del
marito della parte che, in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, deduca che
nell'eseguire alcuni lavori la controparte avrebbe danneggiato la casa familiare,
appunto di proprietà del teste in questione, dunque portatore di un interesse
che ne avrebbe legittimato la partecipazione al giudizio.
Tribunale di Lucca, sentenza del 9.12.2015, n. 2125
…omissis…
xxxx con il quale il tribunale di Lucca, su istanza di xxxxx le aveva ingiunto di
pagare la somma di € 7.000,00, oltre accessori e spese di procedura, dovuta
quale residuo compenso maturato dall'ingiungente per le prestazioni di opera
(realizzazione di pavimenti in resina) effettuate per conto dell'ingiunta. A
fondamento dell'opposizione deduceva, in sintesi, che: i lavori affidati al
prestatore d'opera non erano stati eseguiti a regola d'arte: il pavimento in
resina delle scale presentava rigonfiamenti, avvallamenti, buchi e abbondanti
colature nei gradini e nelle alzate; i pavimenti della taverna e del bagno non
erano stati completati, in più punti, nei bordi, era ancora visibile la rete di
sostegno; nell'eseguire i lavori l'opposto aveva danneggiato l'imbiancatura
della scala con schizzi di resina; per il corretto ripristino dell'opera era
necessario sostenere costi per € 7.000,00; l'opposto aveva applicato l'IVA al
20% mentre l'aliquota corretta era del 9%, trattandosi di IVA agevolata per
lavori su prima casa.
In forza di tali assunti, chiedeva, in via riconvenzionale, la condanna
dell'opposto al risarcimento dei danni subiti, quantificati in € 7.000,00, e,
quindi, dichiarare nullo e inefficace il decreto opposto e così respingere la
domanda di pagamento.
Radicatosi il contraddittorio, si costituiva in giudizio Dxxxxxx che, in via
preliminare, eccepiva la decadenza dell'opponente dalla garanzia per i vizi e la
prescrizione dell'azione risarcitoria; nel merito, contestava la sussistenza dei
vizi indicati nell'atto di citazione, chiedendo la conferma del decreto opposto.
Istruita con prove orali e CTU, la causa era trattenuta in decisione all'udienza
del 2.10.2015 sulle conclusioni trascritte in epigrafe.
Va dichiarata, anzitutto, l'incapacità a deporre del xxxx marito dell'opponente
(così intendendosi sciolta la riserva formulata all'udienza del 20.2.2013), in
quanto portatore di un interesse che ne avrebbe legittimato la partecipazione
al giudizio.
Secondo gli stessi assunti dell'opponente, nell'eseguire i lavori di resinatura dei
pavimenti l'opposto avrebbe danneggiato l'imbiancatura delle scale della casa
familiare, che è di proprietà del marito, come da quest'ultimo dichiarato in
sede di escussione testimoniale. Ne discende che costui avrebbe potuto agire
in giudizio per i danni in parola o intervenire in questo giudizio per proporre
simile domanda, donde la sussistenza di un interesse giuridicamente rilevante
ex art. 246 c.p.c. Pertanto, la sua deposizione non è utilizzabile ai fini della
decisione.
II contratto per cui è causa, tenuto conto delle modalità di esecuzione della
prestazione d'opera (i lavori di realizzazione dei pavimenti in resina sono stati
effettuati personalmente dall'opposto con un'organizzazione di mezzi minima,
costituita dai materiali e da una spatola; v. doc. 8-18 di parte opposta), può
essere ricondotto al tipo del contratto di lavoro autonomo.
Ne consegue che, in punto di garanzia per le difformità e i vizi dell'opera, la
norma applicabile è l'art. 2226 ce, che richiama l'art. 1668 ce, che disciplina la
garanzia de qua per il contratto d'appalto, salvo che per i più brevi termini
previsti per la denuncia (otto giorni anzichè sessanta giorni) e per la
prescrizione (un anno anzichè due anni dalla consegna).
Ciò premesso, l'eccezione di decadenza dalla garanzia è infondata, perchè
l'espletata istruttoria ha dimostrato che l'opera non fu accettata e che anzi nel
corso della sua esecuzione vi furono diverse contestazioni della committente.
In particolare, il teste xxxxx di professione elettricista, che ha eseguito lavori
di sua competenza sulla casa familiare dell'opponente nello stesso periodo in
cui vi lavorò l'opposto, ha riferito che ci furono "delle discussioni tra le parti
sull'esecuzione dei lavori", anche se ha aggiunto di non conoscerne i contenuti.
Il xxxxx che nello stesso periodo stava eseguendo i lavori di imbiancatura
sull'immobile, ha confermato il capitolato di prova di parte opponente,
confermando, fra l'altro, i capitoli di prova n. 2, 5, 6, 7, 11, 12, relativi sia alla
denuncia dei vizi per cui è causa e alle discussioni intervenute tra le parti in
punto di corretta esecuzione dell'opera, sia ai tentativi dell'opposto di eliminare
i vizi, i cui risultati furono però contestati dall'opponente.
In senso contrario non può argomentarsi dalla deposizione della xxxxx, amica
dell'opposto, ha riferito che in sua presenza l'opponente ebbe a manifestare
"soddisfazione sui lavori fatti"; deposizione, questa, valutativa e generica,
posto che l'opponente ha ammesso che una parte dei lavori era stata eseguita
bene e con sua piena soddisfazione (v., in questo senso, anche il video in atti,
doc. 18 di parte opposta), ma non che tutti i lavori erano stati eseguiti in
maniera corretta e a regola d'arte (tanto che aveva pagato due acconti ma non
il saldo).
L'esistenza delle contestazioni risulta indirettamente anche dalla lettera di
messa in mora del 26.3.2010, spedita xxxxxxxxxx in cui si dice: "Mi preme di
farVI osservare che, in ordine all'intervento in questione, siete stati ben edotti
dalla mia assistita di quelle piccole discrepanze che si potevano creare in esito
ai lavori trattandosi di intervento di natura non solo squisitamente artigianale
ma anche di tipo artistico, talchè avete provveduto a sottoscrivere, in pari data
al preventivo 10.11.2009, l'adeguata informativa. Ad ogni buon conto, in
occasione dell'effettuato video avete manifestato pieno apprezzamento
dell'opera, quindi...". Espressioni il cui significato, in difetto di preventive
contestazioni dell'opponente, sarebbe difficilmente comprensibile.
Alla luce di tali elementi, non può dirsi, quindi, che l'opera fu accettata
nonostante l'esistenza di vizi visibili, questi furono contestati dall'opponente
che non accettò nemmeno il risultato finale dopo l'intervento eseguito
dall'opposto diretto alla loro eliminazione.
Infondata è poi l'eccezione di prescrizione.
L'opera fu consegnata nel novembre 2009. Due lettere di contestazioni spedite
dal difensore dell'opponente in data 9.2.2010 e in data 25.2.2010 tornarono al
mittente, poichè il destinatario si era trasferito in quei periodo altrove senza
lasciare il nuovo indirizzo (v. doc. 3-4 di parte opponente). Una nuova lettera
di contestazione fu spedita, a mezzo fax, in data 26.3.2010, dal legale
dell'opponente al legale dell'opposto, nel frattempo incaricato di recuperare il
credito (v. doc. 5-6 di parte opponente).
Al riguardo, va applicato il consolidato orientamento della corte di legittimità,
secondo il quale l'efficacia interattiva della prescrizione va riconosciuta all'atto
di costituzione in mora anche quando sia indirizzato al rappresentante del
debitore e tale qualità deve riconoscersi al difensore del debitore che agisca in
nome e per conto del debitore medesimo (Cfr., fra le altre, Cass. civ.
17/3/2015, n. 52081; Cass. civ. 5/12/2011, n. 25984; Cass. Sez. L.
21/6/2007, n. 14517).
Pertanto, la lettera xxxxxxx che aveva richiesto, in nome e per conto del
cliente, xxxx., il pagamento del compenso - in cui si contestano di nuovo i vizi
e si richiamano le precedenti contestazioni del 9.2.2010 e del 25.2.2010
(lettere con le quali il difensore aveva minacciato di agire in giudizio per il
recupero del credito risarcitorio se la questione non fosse stata definita in via
bonaria) e si assume che niente sia dovuto al Bxxxxxin quanto il credito per il
corrispettivo per la prestazione d'opera sarebbe estinto per compensazione con
il maggior credito risarcitorio (quantificato nella lettera in € 5400,00, oltre
IVA)-, ha valenza interruttiva della prescrizione, essendo idonea a mettere in
mora il debitore. L'effetto interruttivo è stato poi tempestivamente rinnovato
con la proposizione della domanda giudiziale contenuta nell'atto d'opposizione
notificato in data 11.3.2011.
Passando al merito della questione, va osservato che l'opponente non ha
proposto l'azione di riduzione del prezzo, nè l'azione di eliminazione dei vizi
(contemplate dall'art. 1668 ce, richiamato dall'art. 2226 ce), ma ha proposto
l'azione di risarcimento del danno, parametrando il danno ai costi che dovrà
sostenere per eliminare i difetti e, quindi, proponendo l'azione risarcitoria per
equivalente in funzione sostituiva/alternativa dell'azione di adempimento
specifico (azione di eliminazione dei vizi).
Non ha proposto, inoltre, eccezione di compensazione tra i contrapposti crediti.
Da ciò discende che l'opposizione, nella parte in cui chiede la revoca del
decreto opposto e il rigetto della domanda di pagamento, in ragione del
raccogli mento della domanda riconvenzionale risarcitoria, va respinta.
L'opposizione va respinta anche in ordine al credito di rivalsa IVA.
L'applicazione dell'aliquota agevolata, per gli interventi edilizi di recupero,
manutenzione ordinaria o straordinaria, è subordinata, infatti, ad una
dichiarazione da parte del committente, rilasciata al prestatore di servizi, in
merito all'effettuazione dei servizi per la realizzazione delle opere soggette ad
IVA agevolata.
L'opponente non ha dato prova di avere fornito al prestatore di servizi tale
dichiarazione, nè ha chiesto prima del giudizio la correzione della fattura,
previa consegna al prestatore della predetta dichiarazione.
La domanda riconvenzionale di danni merita invece accoglimento, sia pure per
la minore cifra quantificata nella CTU.
Questa, cui si rimanda per relationem, ha escluso l'esistenza dei vizi della
pavimentazione in resina delle scale e della rifinitura tra il piano in resina e le
pareti delle stanze (v. pag. 8 e 9, n. 2 della perizia) e ha rimarcato come con
l'impiego di resine autolivellanti, in due o più colori, stese a mano, come
avvenuto nel caso di specie, sia naturale proprio l'effetto finale ritenuto viziato
dall'opponente. Quello che può sembrare un risultato estetico opinabile sottolinea il CTU - è in realtà proprio l'aspetto tipico della lavorazione (artistica)
richiesta dall'opponente. Lo stesso si può ripetere per le denunciate colature
delle alzate delle scale (v. pag. 9, n. 2 della perizia).
La CTU ha invece accertato:
i) che alcuni lavori sono rimasti incompleti (mancata rifinitura dei cavedi sotto
il forno e il barbecue);
ii) che altri non possono ritenersi eseguiti a regola d'arte (cattiva rifinitura della
pavimentazione bicolore sotto il bordo);
iii) che non sono stati rimossi gli schizzi di resina sul bordo del piatto-doccia e;
iv) che, infine, sono presenti danni agli intonaci dei fianchi della scale con
deterioramento del velo dovuti alla presenza degli schizzi di resina. Si tratta,
secondo il CTU, di problematiche riconducibili ad un operato frettoloso e non
accurato del convenuto/opposto, per la cui soluzione sono necessari interventi
di "non rilevante estensione ma che debbono essere effettuati con attenzione e
cura previe operazioni di protezione" e il cui costo è quantificato, proprio in
ragione delle particolari modalità esecutive, in complessivi € 3000,00 (v. pag.
9, n. 1 CTU).
Non sono state addotte ragioni per discostarsi dalle conclusioni del CTU, se non
una riferita, dal convenuto, eccessiva quantificazione del costo di detti
interventi. Questo rilievo è però formulato in termini generici, sicchè finisce per
contrapporre alla valutazione del CTU quella della parte, non offrendo elementi
per disattendere la prima. Tenuto conto che dalla data di espletamento della
CTU non sono intervenute significative variazioni nel costo della vita, il danno
quantificato nella CTU può essere ritenuto ancora attuale.
Nessuna prova è stata offerta degli altri danni, genericamente allegati a pag. 3,
righi 21-24 della citazione.
Pertanto, la domanda riconvenzionale merita accoglimento nei limiti della
quantificazione operata dal CTU del costo degli interventi di eliminazione dei
vizi.
La parziale soccombenza reciproca giustifica la compensazione delle spese di
lite nella misura di due terzi. Per il resto fanno carico alla parte opponente che
è la soccombente prevalente e sono liquidate nella misura indicata in
dispositivo.
Le spese di CTU sono poste in via definitiva per due terzi a carico
dell'opponente e per un terzo a carico dell'opposto.
p.q.m.
Il tribunale di Lucca, definitivamente decidendo, così provvede: respinge
l'opposizione; accoglie la domanda riconvenzionale nei limiti della motivazione
e, per l'effetto, condanna Dxxx in favore di xxxx a titolo di risarcimento danni,
la somma di € 3.000,00; condanna xxxxx a pagare in xxxx. le spese di lite che
si liquidano in € 912,66 per compenso professionale e in € 15,03 per spese
vive, oltre rimborso spese generali (15%) ed accessori di legge (IVA e CAP, se
dovuti); pone le spese di CTU in via definitiva per due terzi a carico
dell'opponente e per un terzo a carico dell'opposto.