Anamorfosi / Testi - 1 - collana diretta da Annamaria

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Anamorfosi / Testi - 1 - collana diretta da Annamaria
Anamorfosi / Testi
-1collana diretta da Annamaria Laserra
Antoine-François Prévost
Storia del cavaliere des Grieux
e di Manon Lescaut
L’una e l’altra Manon,
il celebre romanzo e la sua misteriosa prosecuzione
a cura di
Alberto Beretta Anguissola
traduzione di
Arianna Benenati
Euno Edizioni
Anamorfosi / Testi
collana diretta da Annamaria Laserra
Comitato scientifico
Alberto Beretta Anguissola
Sebastiano Martelli
Valerio Viviani
© copyright 2012
Euno Edizioni
94013 Leonforte (En) - via Mercede 25
Tel. 0935 905300 - Fax 0935 905300
Ini copertina:
François Boucher, La Primavera, New York, Frick Collection
Finito di stampare nel gennaio 2012
da Fotograf - Palermo
Sommario
Introduzione
Cronologia
Cenni bibliografici
Nota
VII
LVII
LXVII
LXXII
Antoine-François Prévost
STORIA DEL CAVALIERE DES GRIEUX
E DI MANON LESCAUT
1
Avvertenza dell’autore
delle Memorie di un uomo di qualità
Parte prima
Parte seconda
3
7
111
Anonimo
STORIA DEL CAVALIERE DES GRIEUX
E DI MANON LESCAUT - SEGUITO
P199
Parte prima
Parte seconda
Storia di Cécile
201
297
373
François-Arséne Hussaye
STORIA DEL CAVALIERE DES GRIEUX
E DI MANON LESCAUT - FINALE
385
Note
397
PARTE PRIMA
Sono costretto a far risalire il lettore al tempo della
mia vita in cui incontrai per la prima volta il cavaliere
des Grieux. Fu circa sei mesi prima della mia partenza
per la Spagna.4 Per quanto io conducessi una vita piuttosto ritirata, per compiacere mia figlia mi capitava ogni
tanto di fare dei piccoli viaggi, che cercavo comunque
sempre di abbreviare il più possibile. Tornavo un giorno
da Rouen dove su sua richiesta mi ero recato per sollecitare presso il Parlamento di Normandia una pratica
riguardante alcune terre dell’eredità di mio nonno materno, di cui le avevo ceduto i diritti di successione. Presi la strada di Evreux, dove mi fermai a dormire. Arrivai
a Pacy,5 che ne dista cinque o sei leghe, il giorno seguente, verso l’ora di cena. Fui sorpreso, entrando in
quel borgo, di vedere gli abitanti in gran subbuglio. Si
precipitavano fuori dalle case per correre a frotte verso
una bieca locanda davanti alla quale sostavano due carri coperti. I cavalli, ancora attaccati e che sembravano
fumanti di fatica e di sudore, mostravano che le due vetture erano arrivate da poco. Mi fermai per chiedere
informazioni su quel trambusto ma non riuscii a sapere
granché da una folla di curiosi che, incurante delle mie
9
domande, proseguiva sulla via della locanda, spingendosi con molta confusione. Apparve infine sulla porta
una guardia cinta da una bandoliera e con un moschetto in spalla, cui feci cenno di avvicinarsi. La pregai di
dirmi il motivo di quello scompiglio.
– Niente di particolare, signore – mi disse – solo una
dozzina di prostitute che con i miei colleghi sto conducendo a Le Havre-de-Grâce, dove le faremo imbarcare
per l’America. Ve ne sono alcune di carine, e la cosa, a
quanto pare, desta la curiosità di questi bravi contadini.
Dopo questa spiegazione avrei proseguito, se non mi
avessero trattenuto le esclamazioni di una vecchia che
usciva dalla locanda giungendo le mani e urlando che era
una cosa da barbari, che faceva orrore e compassione.
– Cosa sta succedendo? – le chiesi.
– Ah! signore, entrate pure – rispose – e vedete se
non è uno spettacolo da spezzare il cuore!
Spinto dalla curiosità scesi dal mio cavallo, che affidai al mio servitore. Entrai a stento nella locanda,
aprendomi un varco fra la folla e vidi infatti una scena
assai commovente. Tra le dodici ragazze, incatenate sei
per sei alla vita, ve n’era una dall’aspetto e dal volto così poco conformi alla sua condizione che in qualsiasi altra situazione l’avrei presa per una persona di ottime
origini. La tristezza e la sporcizia dei suoi abiti l’imbruttivano così poco che vedendola provai un moto di rispetto e di pietà. Cercava di voltarsi, per quanto glielo
permettessero le catene, per sottrarre il volto alla vista
degli spettatori. Lo sforzo che faceva per nascondersi
era così naturale che sembrava suscitato da un senso di
pudore. Dato che le sei guardie che accompagnavano
quella banda d’infelici si trovavano anch’esse nella
stanza, presi a parte il capo e gli chiesi qualche spiega10
zione sulla sorte di quella bella fanciulla. Non seppe
dirmi molto purtroppo.
– L’abbiamo tirata fuori dall’Hôpital – mi disse – per
ordine del luogotenente generale di polizia. Non si può
certo pensare che vi sia stata rinchiusa per le sue buone
azioni. L’ho interrogata più volte lungo il tragitto, ma si
ostina a non rispondermi. Tuttavia, benché io non abbia
ricevuto alcun ordine di trattarla meglio delle altre, non
posso fare a meno di usarle qualche riguardo, perché mi
sembra che valga più delle compagne. Ecco lì un giovane – aggiunse la guardia – che potrebbe rendervi conto
meglio di me delle cause della sua disgrazia. L’ha seguita da Parigi in poi, senza mai smettere di piangere. Deve essere suo fratello, o un amante.
Mi voltai verso l’angolo della stanza dove quel giovane era seduto. Sembrava assorto in una profonda fantasticheria. Non ho mai visto immagine più pregnante
del dolore. Era vestito con grande semplicità, ma un uomo bennato e di buona educazione si riconosce subito.
Mi avvicinai a lui. Si alzò, e scorsi nei suoi occhi, nel suo
aspetto e in ogni suo atteggiamento un’aria così delicata e nobile che mi sentii spontaneamente portato ad apprezzarlo.
– Non vorrei disturbarvi – gli dissi sedendomi vicino
a lui – ma potreste assecondare la mia curiosità di conoscere quella fanciulla, che non mi sembra meriti la
triste condizione in cui la vedo?
Mi rispose con garbo che non poteva farmi sapere
chi fosse senza prima presentarsi, e che aveva forti motivi di voler mantenere l’anonimato.
– Comunque posso dirvi – proseguì indicandomi le
guardie – ciò che quei disgraziati sanno fin troppo bene:
che l’amo d’una passione talmente violenta da render11
mi l’uomo più infelice della terra. Ho tentato di tutto, a
Parigi, per farle avere la libertà. Le raccomandazioni,
l’astuzia e la forza non sono servite a nulla; allora ho deciso di seguirla, fosse anche in capo al mondo. M’imbarcherò con lei; andrò in America. Ma la cosa più disumana – soggiunse parlando delle guardie – è che quelle vili canaglie m’impediscono di avvicinarla. Volevo assalirle di sorpresa a qualche lega da Parigi. Avevo ingaggiato quattro uomini che mi avevano promesso il loro sostegno in cambio di un’ingente somma di denaro. Quei
traditori mi hanno lasciato nel momento della zuffa e
sono fuggiti con la mia borsa. L’impossibilità di riuscire
con la forza mi ha costretto a deporre le armi. Ho proposto alle guardie di permettermi almeno di seguirla, in
cambio di ricompense. Il desiderio di guadagno li ha
fatti consentire. Hanno voluto essere pagati ogni volta
che mi accordavano il permesso di parlarle. In poco
tempo la mia borsa si è esaurita e adesso che sono senza un soldo, hanno la crudeltà di respingermi malamente se solo faccio un passo verso di lei. Solo un momento
fa, per aver voluto avvicinami a lei nonostante le loro
minacce, hanno osato puntarmi contro i fucili. Per soddisfare la loro avarizia e per poter continuare a viaggiare a piedi sono persino costretto a vendere il mio ronzino, che mi è servito ad arrivare fin qui.
Pur avendo detto queste cose con apparente serenità, alla fine del discorso versò qualche lacrima. La sua
storia mi sembrò delle più straordinarie e commoventi.
– Non vi chiedo – gli dissi – di svelarmi il vostro segreto, ma se posso esservi utile, sarei felice di servirvi.
– Ahimè! – riprese – non v’è speranza. Devo rassegnarmi alla crudeltà della mia sorte. Andrò in America.
Lì almeno, sarò libero con la persona che amo. Ho scrit12
to a uno dei miei amici che mi farà avere qualche aiuto
a Le Havre-de-Grâce. Per ora mi preoccupo solo di poterci arrivare e di procurare a questa povera creatura –
aggiunse volgendo uno sguardo triste alla sua amante –
qualche sollievo lungo la strada.
– Ebbene! – gli dissi – vi aiuterò io. Ecco del denaro.
Vi prego di accettarlo. Mi dispiace non potervi essere
utile in altro modo.
Gli diedi quattro luigi d’oro6 di nascosto dalle guardie, poiché avevo intuito che, se avessero saputo che disponeva di quella somma, avrebbero venduto più cari i
loro favori. Mi venne l’idea di trattare con loro, per dare modo al giovane innamorato di parlare liberamente
con la sua amante fino a Le Havre. Feci un cenno al capo di avvicinarsi, e gli accennai la proposta. Benché fosse un tipo spavaldo, parve a disagio.
– Signore – rispose con aria imbarazzata – non è che
gli impediamo di parlare a quella fanciulla, ma vorrebbe starle sempre vicino, e questo ci disturba; è giusto
che paghi per il disturbo.
– Ora vediamo – gli dissi – come evitarvelo.
Ebbe la sfrontatezza di chiedermi due luigi. Glieli
diedi subito.
– Ma state in guardia – gli dissi – che non vi scappi
qualche imbroglio, perché lascerò il mio indirizzo a
questo giovane, in modo che possa informarmene; e
sappiate che sono in grado di farvi punire.
Il tutto mi costò quindi sei luigi d’oro. La gentilezza
e la sentita riconoscenza con la quale mi ringraziò quel
giovane sconosciuto mi convinsero che fosse di buona
famiglia e che meritasse la mia generosità. Dissi due parole alla sua amante prima di andarmene. Mi rispose
con una modestia così delicata e attraente che non po13
tei fare a meno, uscendo, di perdermi in mille riflessioni
sul carattere incomprensibile delle donne.
Tornato a casa, nella mia consueta solitudine, non
ebbi più notizie sul seguito della vicenda. Trascorsero
quasi due anni che me la fecero dimenticare del tutto,
fino a che il caso non mi ripresentò l’occasione di conoscerne a fondo ogni circostanza. Ero in viaggio da Londra a Calais, in compagnia del marchese di ..., mio allievo. Prendemmo delle camere, se ricordo bene, al Lion
d’or, dove per qualche ragione fummo costretti a rimanere un giorno intero e a pernottarvi. Nel pomeriggio,
camminando lungo le vie della città, mi sembrò d’incrociare quello stesso giovane che avevo incontrato a Pacy.
Sembrava davvero malmesso e molto più pallido della
prima volta. Portava al braccio un vecchio borsone, e
sembrava essere appena arrivato in città. Tuttavia, era
troppo bello per passare inosservato e lo riconobbi subito.
– Dobbiamo parlare a quel giovane – dissi al marchese.
Quando a sua volta mi riconobbe, gli si dipinse in
volto una gioia indescrivibile.
– Ah! signore – esclamò baciandomi la mano – posso di nuovo esprimervi la mia eterna riconoscenza!
Gli chiesi da dove venisse. Mi rispose che giungeva,
via mare, da Le Havre-de-Grâce, dove aveva appena
fatto ritorno dall’America.
– Mi sembrate un po’ a corto di denaro, – gli dissi –
andate al Lion d’or, dove alloggio. Vi raggiungerò fra
un momento.
Vi tornai poco dopo, impaziente di sapere i particolari delle sue disgrazie e del suo viaggio in America. Mi
mostrai molto premuroso e ordinai che non mancasse
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di nulla. Senza farsi pregare, iniziò a raccontare la storia
della sua vita.
– Signore, – mi disse – mi trattate in modo così riguardoso, che mi dispiacerebbe troppo, come di una vile ingratitudine, tenervi nascosto qualcosa. Voglio farvi
sapere non solo le mie disgrazie e le mie pene, ma anche
i miei eccessi, e le debolezze che considero più indegne.
Sono certo che, pur condannandomi, non potrete fare a
meno di compiangermi.
A questo punto devo avvertire il lettore che scrissi
questa storia subito dopo averla ascoltata, e pertanto si
può essere certi che non v’è nulla di più esatto e fedele
di questa narrazione. Dico fedele fin nel riferire le riflessioni e i sentimenti che il giovane avventuriero7
esprimeva con grande garbo. Ecco, quindi, il racconto,
al quale non aggiungerò, fino alla fine, nulla che lui stesso non abbia detto.
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