formato pdf - Ilario Gobbi

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 Riconoscimenti e note Il presente racconto è condiviso con una licenza Attribution­NonCommercial­ShareAlike 4.0 International (CC BY­NC­SA 4.0) (​https://creativecommons.org/licenses/by­nc­sa/4.0/​): puoi modificare, redistribuire e utilizzare quest’opera per scopi non commerciali, a patto di citare come autore dell’opera originale “Ilario Gobbi (​www.ilariogobbi.it​)” e redistribuendo l’opera generata alle medesime condizioni sopra esposte. Questo racconto è stato pubblicato originariamente sulla piattaforma The Incipit: www.theincipit.com/2015/05/cybio­wars­vendetta­43­nickleby/ Un ringraziamento speciale ad Azia Medea Rubinia e a Fulvio Pazzaglia per gli spunti forniti per la creazione, rispettivamente, della protagonista e dell’ambientazione. Immagine di copertina: immagine di pubblico dominio, fonte: https://pixabay.com/it/ragazza­biondo­ritratto­barbie­487094/ Nota dell’autore​: in questo racconto sono presenti riferimenti a elementi storici e politici, impiegati al solo scopo di intrattenimento. Nessuna convinzione personale dell’autore è da intendersi impiegata nella presente storia. La vicenda narrata è di totale fantasia, nessuna verosimiglianza storica è assolutamente da ricercarsi. Dizionario del Cybio Wars Universe Energia di Xarathos Forma di energia geomagnetica originata presumibilmente dal nucleo terrestre e diffusa lungo il pianeta da canali sotterranei chiamati linee di Xarathos. Può essere accumulata all’interno delle cellule (umane o Xeniar) attraverso speciali connettori chiamati marchi di Xarathos. Marchi di Xarathos Sigilli alchemici collocati sulla schiena di ogni Xeniar, in un numero compreso tra uno e nove. Maggiore è il numero di sigilli, maggiore è il tempo che il potere porpora della riplasmazione richiede per riportare in vita gli Xeniar, ma superiore è anche la capacità degli stessi di assorbire l’energia di Xarathos per produrre effetti sull’ambiente in contrasto con le leggi fisiche (magia). Potere porpora della riplasmazione Processo bioelettrico proprio della fisiologia Xeniar, che consente ai figli di Xarathos di tornare in vita un attimo dopo la propria morte, sanando qualsiasi ferita subita: non è un potere attivabile dalla volontà dello Xeniar (tranne specifici casi) ma si aziona automaticamente con il trapasso del soggetto. La velocità di recupero dipende dal numero di marchi di Xarathos posseduti, in quanto più sono i sigilli detenuti e maggiore il tempo necessario affinché essi si ricarichino dell’energia di Xarathos. Tale dono non è in grado di resuscitare gli Xeniar da morti non violente ­ quali asfissia e annegamento ­ le quali comportano un trapasso definitivo. Vimana Aeronavi dalla forma molecolare instabile che può essere ridefinita dalla volontà dello stesso mezzo o da quella del pilota. Sono realizzati in Apeiron inferiore, una lega minerale­cristallina che consente loro di galleggiare sopra le linee di Xarathos e di fondersi agli Xeniar, essendo questi ultimi composti di una versione più avanzata del medesimo materiale, l’Apeiron superiore. Xeniar Detti anche “Figli di Xarathos”, “Precedenti” o “Razza Fenice”, sono una forma di vita artificiale creata con processi alchemici sconosciuti e alimentata dall’energia di Xarathos che scorre nelle vene della Terra. L’Apeiron superiore che li compone dona loro un aspetto umano e una biologia con simili caratteristiche, ma la loro forma “pura” non richiede né nutrimento né aria per sopravvivere. Hanno un aspetto immutabile che non cambia con il trascorrere dei secoli e la capacità di tornare in vita dopo la morte. Ciascuno di loro è stato creato secondo uno stampo mentale che ne determina il carattere, detto “virtù di Xarathos”. 1 MAMMA OCA CHIAMA Non trovo nessun piacere nella nicotina che mi scorre nelle vene, ma osservare la sigaretta spegnersi poco a poco mi aiuta a concepire lo scorrere del tempo, mentre aspetto che quegli allocchi addetti ai controlli terminino di verificare le mie credenziali. <<Scusi per l’attesa, signora, ma capisce, dobbiamo essere prudenti.>> si scusa l’ufficiale, un uomo calvo e barbuto che sembra essere stato estratto dalla naftalina e posto in quel ruolo appositamente per tediarmi. <<Scusi un cazzo. Siete bravi a perdere tempo quanto a perdere la guerra. Fa’ che non succeda più.>> gli ribatto scostandolo e afferrando il pass di grado A che mi restituisce. Qualunque altro operativo dei Servizi che osasse anche solo pensare a parole simili verrebbe messo agli arresti, ma sanno che se solo provassero a mettermi una mano addosso la perderebbero, la mano. Sapevo che collaborare con l’Intelligence britannica avrebbe messo i miei nervi a dura prova, ma se questo serve a fornirmi fondi e informazioni, posso sopportarlo. Con i controlli alle stelle a ogni aeroporto, a ogni porto marittimo, a ogni stazione ferroviaria, non posso più muovermi come un tempo, ho bisogno di appoggi in ogni Paese per fare il mio lavoro. Ho così tanto da vendicare, e soltanto due mani. Per fortuna, il dio pazzo che mi ha creata ha avuto il buon gusto di darmi un aspetto attraente: capelli biondi lunghi e sinuosi, occhi azzurri come turchesi, un fisico snello che mi consente sia di combattere con agilità che di lusingare con la propria avvenenza. Sospetto che mio padre avesse saputo fin dall’inizio che un bell’aspetto mi avrebbe aiutato nel mio lavoro. Oh, se l’ha fatto. Piego la manopola ed entro, ma seduta al posto di Achilles Armistead individuo la sua assistente. Una donna dai lunghi capelli biondi arricciati, porta occhiali dorati e un elegante cravatta di raso scuro. Forse, quando ero un uomo, avrei persino potuto trovarla attraente. <<Mother Goose mi ha fatta cercare. Dov’é?>> <<La stai guardando in questo momento.>> Di fronte alla mia esitazione, la donna riprende, senza scomporsi: <<Qualcosa non va, Vendetta?>> <<Oh, niente. Senza baffi e con un paio di tette in più non ti avevo riconosciuto, Sir Armistead.>> <<Ah, no.>> ridacchia <<Adesso sono io che mando avanti la baracca.>> <<Armistead si è dimesso?>> <<Si è dimesso dalla vita.>> mi risponde incrociando le mani. Simula compostezza e indifferenza, ma per una come me che ha incrociato lo sguardo di miliardi di esseri umani, è come se urlasse a squarciagola la sua pena. <<Come?>> <<Lo abbiamo ritrovato con la testa spappolata quanto una pera caduta dal quinto piano. Se non fosse stato per la fede che portava al dito, non avrei mai potuto identificarlo.>> <<Der Metzger. Si è fatto ancora più audace.>> Di tutti gli agenti infiltrati dei nazisti, questo è l’unico che non ama la discrezione. Polonia, Francia, Balcani, Russia, non c’è Paese in Europa che non gli debba almeno un cimitero. Nessuno che lo abbia mai visto in volto è sopravvissuto abbastanza a lungo da raccontarlo, ma tutto lascia supporre che si tratti di qualcuno con una forza che supera ogni immaginazione. <<Io non sono ancora convinta che Der Metzger esista. Potrebbe essere una messinscena dei Nazi per farci sovrastimare le loro forze.>> <<Vendetta, credere alle leggende è il nostro lavoro.>> riprende Mother Goose paziente, sfogliando un corposo fascicolo color camoscio. <<Albion 6​ ​è una specie di barzelletta per le altre unità del MI6. Ci considerano dei ciarlatani che si sono guadagnati una poltrona approfittando delle paranoie del Primo Ministro. Nessuno prende sul serio le manie occulte di Hitler, ma nessuno che abbia letto i rapporti dei nostri agenti sugli esperimenti che stanno compiendo i suoi scienziati va a dormire senza un brivido lungo la schiena.>> <<Armistead. Come è successo?>> taglio corto. <<Sir Armistead non si fidava di nessuno. A malapena accennava i suoi piani a me, che ero la sua assistente e sua moglie. E ciò nonostante, sono arrivati a lui, l’hanno ucciso in casa nostra. Capisci dove voglio arrivare?>> <<Una talpa.>> concludo brusca. Mi fa un cenno con la mano. Controllo immediatamente se qualcuno ci sta ascoltando da dietro la porta, ma il corridoio è del tutto sgombro. <<L’autista di Sir Armistead, Matthew Jones, lavorava per i tedeschi. Mio marito l’ha avuto al suo fianco per quasi sei anni e non si è mai accorto di niente. Non ho modo di sapere chi altri del Dipartimento fa il doppio gioco.>> <<Fammelo interrogare.>> <<Non posso. Ha ingoiato una capsula di cianuro prima di essere condotto nella sua cella. Le sue ultime parole sono state “Heil Hector”.>> La sua espressione neutra mi suggerisce che nemmeno lei capisca il senso di queste parole. <<”Heil Hector”? Cos’è, uno scherzo?>> <<Uno scherzo che non fa ridere. Purtroppo le risposte ce l’ha Jones, ma è troppo cadavere per rispondere.>> <<Non per me. Portami dove tenete il corpo.>> 2 LASCIAMO PARLARE I MORTI Il patetico ammasso di carne e ossa che una volta era Matthew Jones dorme il suo sonno dei dannati nel gelido obitorio di Albion 6: prima viveva in un appartamento niente male a Oxford Circus ma, visto che non si lamenta, immagino che anche il tavolo mortuario gli vada a meraviglia. <<​È​ il morto più in forma che abbia mai visto.>> constato, mentre mi arrotolo la manica della giacca di cuoio e scosto il lenzuolo dal viso del nostro adorabile defunto. <<Abbiamo applicato il procedimento criogenico sperimentale dello scienziato tedesco Werner Steiner per impedire la decomposizione. Immaginavamo ti servisse il corpo in buono stato. Come funziona la faccenda?>> mi chiede la direttrice di Albion 6, incerta. <<Sacrificherò un capretto a un demone dei gironi inferiori per richiamare l’anima di questo infame. Tu dovrai cospargere la stanza di sangue di vergine mentre balli nuda con un candelabro in mano.>> <<Molto divertente.>> risponde seccata dalla mia ironia <<Fa’ quello che devi fare, allora.>> Non mi piace che gli umani sappiano troppo dei miei poteri, anche se ormai molto della mia razza è noto ai Moderni. Ma gli alleati di oggi sono i nemici di domani, e meno informazioni hanno su di me, meno modi escogiteranno in futuro per darmi la caccia. Quando poggio le dita della mano destra sul volto di Jones, sento distintamente il suo desiderio di vendetta postumo, immagazzinato nel suo cervello sotto forma di impulsi neurali inattivi. Ma l’elettricità può essere trasferita, e usando la lega che mi compone come conduttore, posso condurre un po’ di energia dal mio corpo a quello di questo stronzo. Tanta fatica per riportarlo in vita e neanche mi ringrazierà, adesso che ci penso. <<Dove… dove…>> balbetta come l’idiota quale è, non appena riapre gli occhi. Sento distintamente Mother Goose perdere un battito cardiaco, alla vista del morto che torna a parlare e a scuotersi. <<Sei ancora sulla Terra. Ma non ti ci abituare.>> Gli concedo abbastanza libertà motoria da poter voltare occhi e testa: la mia ricompensa è il terrore che lo assale non appena si riconosce come cibo per i vermi. <<No, non può essere…>> <<L’indigestione di cianuro fa questo effetto, non lo sapevi? Congratulazioni, il tuo prossimo lavoro sarà succhiare l’uccello a Satana per l’eternità.>> <<No, mio dio, no…>> urla a squarciagola non appena comincia davvero a comprendere in che incubo si è cacciato. <<Magari potremmo ritardarlo un po’. Se mi dici chi ha ingaggiato der Metzger per uccidere Sir Armistead, per esempio.>> <<Sì, capisco. Tu sei la creatura.>> mi risponde infine, calmo, fissandomi con quegli occhi gonfi e le labbra tumefatte <<Herr Professor aveva detto che ti saresti immischiata.>> <<Jones. Quanto ti hanno pagato per far morire mio marito?>> ci interrompe Mother Goose, fredda. Non serve un fine ascoltatore per cogliere il tono di rancore nella sua voce. <<Pagato? Credi la mia ricompensa fossero i soldi? Stupida donna.>> sputacchia, annaspa aggrappandosi agli ultimi brandelli di vita che gli scivolano via. <<Noi eletti abbiamo visto l’ultimo ​Führer​, il potere finale. La Geistmorgen​ ​vincerà la guerrà che porrà fine a tutte le guerre.>> Maledizione, sta scivolando via! Il tessuto cerebrale non è integro, non riesco a trasmettere la mia bioelettricità per mantenere attiva la sua coscienza. <<Non puoi uccidere chi è già un fantasma! Heil Hector!>> continua, insulso come un disco rotto. <<Il nome! Maledetto, dammi il nome!>> cerco di estorcergli qualche altra informazione, ma il fervore che lo muoveva in vita sembra non averlo abbandonato neanche nella tomba. <<D​i​e​ ​Zukunft von morgen​>> ​è il suo unico commiato: trae un ultimo respiro fatto di niente, e il capo cade scomposto privo di qualsiasi forza a sostenerlo. <<Cos’ha detto?>> <<”Il futuro di domani”. Deve essere qualcuno dei loro inni di fanatici del cazzo. Congratulazioni, avevate a stipendio un fedele seguace di papà Adolf.>> <<No, non intendevo questo. Zukunft… questa parola, mi ricorda qualcosa.>> Mentre risaliamo a piani superiori di Albion 6, rifletto su quanto sono riuscita a estrarre da quel morto con il dono della parola: tranne il precedente e l’attuale Mother Goose nessuno sa esattamente chi sono io. Ma questo “herr professor” aveva previsto il mio intervento. Mi secca ammetterlo, ma mi conviene lavorare ancora un po’ con gli Inglesi fino a quando non vengo a capo di questa storia. Torniamo all’ufficio di Mother Goose, la donna chiama qualcuno dal suo telefono privato e poi inizia a scartabellare dentro un cassetto. <<Ha chiamato, madam?>> domanda un ragazzino dai capelli scarmigliati e dalla camicia bianca imbrattata da macchie di inchiostro sparse. <<Sì, vieni, prego. Vendetta, questo giovanotto è Tom Piccadilly, ma noi lo chiamiamo Pic. Lui sarà il tuo nuovo assistente.>> 3 IN CERCA DEL FUTURO <<È un onore conoscerla di persona, signorina. Lei è una leggenda.>> <<Nel vero senso della parola.>> gli rispondo senza tante cerimonie. Il giovane fesso mi tende la mano ossequioso, che mi preoccupo di scansare con sgarbo. <<E questo marmocchio chi sarebbe?>> domando alla bionda direttrice di Albion 6 <<Uno della sezione speciale?>> <<Oh no, è un crittoanalista. È il migliore dei nostri decrittatori.>> <<Ah, capisco. È un rompipalle che speri finisca ammazzato, esatto?>> Il giovanotto non sembra prendere bene la mia deduzione e ritrae la mano confuso. Mother Goose si massaggia la punta del naso a contatto con gli occhiali e sbuffa tanto forte da sollevare i fogli sulla scrivania. <<Non prenderlo alla leggera per la sua giovane età. Pic ha inventato un algoritmo di decodificazione che ha contribuito non di poco al lavoro dei ragazzi di Bletchley Park.>> <<Ma pensa. A sentire te, sembra che siate a un passo dal decifrare anche la macchina Enigma.>> <<In realtà, abbiamo già provveduto a decodificare il sistema di trasmissione tedesco, ma la notizia non è stata fatta trapelare.>> chiarisce il pupo <<Ed è così che siamo venuti a conoscenza di alcune comunicazioni dal senso incerto. Credevamo fossero messaggi fasulli introdotti per confondere le nostre analisi, visto che terminavano con l’assurda espressione ‘Heil Hector’.>> Quanti tecnicismi. Quante chiacchiere. Sono stufa di tutte queste parole che gli umani impiegano per complicare le cose. C'è il lavoro. C'è la missione. Non riesco a concentrarmi… <<Pic è insuperabile nel suo lavoro. Ha una... intuizione, potremmo dire, per le macchine. Nessuno riesce a comprenderle bene quanto lui. Vendetta, voglio che in questa missione lui ti affianchi e che tu lo protegga.>> <<Sai, bionda, ho sentito parlare di una certa sgradevole allergia al piombo che mina la salute di quelli come te.>> la derido. <<Allora cambiare aria gli farà bene.>> risponde la direttrice, mentre fa cenno al ragazzo di chiudere la porta alle nostre spalle <<Questa “Geistmorgen” di cui parlava Jones, qualunque cosa sia, è riuscita a piazzare uno dei suoi agenti nell'ufficio di mio marito. La più alta carica di Albion 6. Cosa le impedisce di pagare qualcuno per avvelenare i nostri caffè o per piazzare una bomba sotto la mia auto? No, per come stanno le cose al momento, sento che Pic è più al sicuro con un’agente della tua esperienza che non nella nostra base. Non possiamo perdere uno del suo talento.>> <<Niente da fare, bella, io lavoro da sola. Se vuoi proteggere il tuo bimbo, mammina, continua a farlo succhiare dai tuoi capezzoli. Ti saluto.>> <<Signorina, è ora che io e te stabiliamo chi comanda qui dentro!>> tuona Mother Goose, sbattendo con energia i palmi sul tavolo. Devo dire che resto sorpresa, è da quella volta sulle Ardenne nel '14 che nessuno mi urla contro. Senza avere un fucile carico in mano. <<Forza, vai avanti.>> la sfido, mentre già mi immagino la sua camicia candida assumere una colorazione rosso scuro. Noto il giovanotto tremare quanto un marinaio che realizza di essersi infilato dentro una tempesta. <<Se ti rifiuti di ubbidire a un mio espresso ordine, ti farò radiare da Albion 6 e i tuoi pass saranno revocati. Senza i nostri fondi e le nostre informazioni, e considerando che fai fuori tutti quelli che possono tradirti, sono curiosa di scoprire come proseguirai le indagini.>> Le mani mi prudono, avrei voglia di creare la mia spada per tagliare quella lingua che sputa soltanto stronzate. Ma poi realizzo che avere contro l'intera intelligence britannica mi costringerebbe a fuggire, a nascondermi. Un'enormità di tempo che non potrei spendere per vendicarmi. <<Tu dammi qualcosa di sostanzioso su cui lavorare, poi ne parliamo.>> <<Signorina, madam, credo di avere qualcosa.>> si intromette Pic, e poggia sul tavolo la cartella che aveva con sé. <<Geistmorgen significa “fantasma del domani”. All'inizio ipotizzavamo si trattasse di nome in codice di qualche arma sperimentale, ma cercando sull'elenco delle pubblicazioni tedesche ho trovato questo saggio, “Der Geistmorgen”, un farneticante trattato antropologico scritto da un certo ​Ernst Heinrich Tschurtschenthal. Ipotizza la prossima scomparsa di tutte le “specie umane non evolute” a favore di una “razza progredita” che riemergerà dal nostro passato.>> <<E come ci aiuta tutto questo?>> domando impaziente. <<Da quanto Hitler ha scoperto il suo saggio, ha voluto Tschurtschenthal come consigliere di prim’ordine. Lo ritiene un veggente, secondo alcuni. E futuro, in tedesco, si dice zukunft.>> <<Forse abbiamo una traccia per scoprire cosa sia questa Geistmorgen. E Tsch.. Zukunft ­ chiamiamolo così, per fare prima ­ sembra avervi qualcosa a che fare.>> <<Magnifico. Vuoi che inizi a perlustrare l’intera Germania per trovarlo?>> <<Non serve andare così lontano.>> risponde ancora una volta il bimbo <<Zukunft è in visita diplomatica qui a Londra. Non immaginerete mai dove lo abbiamo rintracciato!>> 4 L’ABRAXAS CIRCLE <<Un altro goccio di sherry, herr Tschurtschenthal? Lo facciamo giungere direttamente dalla Spagna.>> <<Ah, signori, la vostra deliziosa accoglienza non mi fa rimpiangere i pregiati vini della mia natia Württemberg.>>​ ​rispose il corpulento ambasciatore tedesco. La figura di Tschurtschenthal era la più imponente tra tutte quelle presenti nella sala incontri dell’Abraxas Circle: la sua consistente epa, enfatizzata dalla specie di rozzo saio bruno che l’uomo indossava come abito, spuntava prepotentemente definendo la sua figura come pingue ma al contempo maestosa. La barba gli scendeva copiosa come una grigiastra massa filamentosa sul collo tozzo ma spesso, i capelli lanosi dello stesso colore si distribuivano in maniera disordinata su un cranio che si agitava vigorosamente a dispetto della staticità che la sua stazza suggeriva. <<Come può constatare, non tutti gli inglesi sono dei barbari privi di gusto e di buona creanza. E di certo non noi dell’Abraxas Circle. Siamo abituati ad apprezzare ciò che gli altri rifuggono.>> concluse sir Brandon accavallando le gambe, sistemandosi sulla raffinata poltrona rivestita in pelle. <<La ringraziamo nuovamente per averci offerto la sua compagnia, herr Tschurtschenthal.>> continuò sir Reginald, il più anziano dei due: i persistenti dolori all’ernia e l’età avanzata lo costringevano a muoversi con l’ausilio di un bastone da passeggio, il cui ticchettio a terra accompagnava persistentemente il suono delle sue parole <<Anche se i nostri Paesi sono in guerra non significa che dobbiamo esserlo anche noi. C’è molto della vostra cultura che vorremmo apprendere.>> <<Per esempio? Le opere di Goethe? I film dell’adorabile Zarah Leander?>> rispose sornione Zukunft, versandosi un altro bicchiere del dolce nettare al quale evidentemente non sapeva rinunciare. <<Siamo interessati ad arti un po’ più antiche.>> rispose Brandon, lanciando sul tavolo una moneta d’argento con su impresso un triskell bluastro. Zukunft abbandonò per un attimo l’espressione compiaciuta in cambio di una corrucciata. <<La nostra intelligence non è più tanto brava a mantenere in segreti.>> constatò contrariato. <<Sa, è quello che succede quando il numero due del ​Führer ​finisce in mano all’esercito inglese. Onestamente, non sappiamo se herr Hess volesse davvero perorare una proposta di pace per conto suo o se fosse in missione per conto del nostro governo. La paura per i bolscevichi fa strani scherzi.>> continuò Brandon <<Ma il nostro primo ministro è rimasto sordo ai suoi appelli. Noi, invece, abbiamo tenuto le orecchie ben aperte.>> <<E abbiamo sentito parole molto interessanti.>> puntualizzò Reginald. <<Parole come Geistmorgen. Parole come SmaragdSturm.>> Zukunft poggiò definitivamente il bicchiere e si voltò dalla parte opposta dei suoi interlocutori, massaggiandosi il mento barbuto. Infine, tornò a fissare Brandon e Reginald. <<I V1 a Peenemunde non sono che dei modellini in confronto a quanto realizza la Geistmorgen. Un’unità scientifica segreta che impiega i suoi sforzi nella ricerca di wunderwaffen realizzate in ere antiche.>> precisò l’inglese più anziano. <<Anche se lo raccontaste al’MI6, nessuno vi crederebbe. Non avete modo di fermarci.>> ribatté Zukunft. <<Fermarvi?>> ridacchiò Reginald <<Herr Tschurtschenthal, noi siamo dalla vostra parte. Le idee di Hitler sono patetiche, le sue convinzioni sulla razza banali e traviate. Ma le scoperte del suo ​altro ​datore di lavoro, quelle sì… sono illuminanti.>> <<Noi vogliamo conoscerlo, Tschurtschenthal. L’ultimo ​Führer, il potere finale. Diventare fantasmi in un mondo di morti, per non morire più.>> gli occhi di Brandon fissavano con bramosia il tedesco, il quale lo ricambiava con aria cupa. <<Come faccio a sapere che non siete in combutta con l’MI6?>> <<Crediamo di avervi dato già prova della nostra buona fede, usando la nostra influenza per far assumere Matthew Jones ad Albion 6. Se ciò non bastasse...>> Reginald si avvicinò alla libreria della stanza, e ne estrasse un volume dall’aria piuttosto vissuta, il peso della polvere su di esso sembrava superare quello del volume stesso. <<Sappiamo che i suoi colleghi della Gesitmorgen hanno condotto un’esplorazione piuttosto massiccia in Nepal. Senza rinvenire quanto stavano cercando. Il circolo Abraxas conta agganci in ogni parte del mondo, ritrovare vestigia del passato perduto fa parte del nostro lavoro. Noi le offriamo questo volume, come prova del nostro sostegno alla sua causa. Noi le offriamo l’Antiquis Temporibus.>> Zukunft prese in mano l’antico tomo e lo sfogliò con emozione. I segni in essi tracciati erano vergati con una calligrafia sbiadita e incomprensibile, ma gli occhi del tedesco coglievano il senso delle parole come una spugna assorbe l’acqua. <<Signori, questa è la chiave per risvegliare il potere degli dei. Heil Hector!>> <<Heil Hector!>> fecero eco i due inglesi. 5 POTENZA! <<Davvero… quanto riportato in quel libro può aiutarvi a sconfiggere gli Alleati?>> <<Signor Reginald: quando lo SmaragdSturm sarà attivo, non ci sarà più nessuno da chiamare “Alleato”.>> rispose ebbro di soddisfazione il corpulento tedesco:le sue dita scorrevano veloci sulle pagine ingiallite, ma infine riuscì a sopprimere la brama di sapere e a richiudere l’ambito tomo. <<Bene, quando partiamo?>> chiese impaziente Brandon. <<Noi?>> <<Ma certo. Se un ordinario autista come Jones ha avuto il diritto di assistere al grande potere, perché non noi? Anche noi vogliamo dissetarci alla sua fonte.>> <<Spiacente, signori. Sapete cosa si dice di chi tradisce una volta.>> <<Non così in fretta, specie di botte barbuta.>> gl intimò Reginald, puntandogli il dito come se fosse una pistola carica <<Potrebbe scapparmi una certa telefonata. Se ci preclude un posto sull’Olimpo, noi le precluderemo l’immunità diplomatica. Una telefonata al Primo Ministro e…>> <<Vuole telefonare, herr Reginald? Ma se non ha nemmeno il fiato per parlare.>> <<Co… cos..>> iniziò a farfugliare il Lord, seguito a ruota dal suo compagno. Brandon fece per rivolgersi alla porta ma i muscoli non rispondevano ai suoi comandi: si aggrappò alla riccamente rifinita tovaglia ricamata del tavolo, rovesciando il pregiato set di tazzine in argento. <<A.. aiut…>> boccheggiarono invano, per poi accasciarsi a terra, i visi contriti, le mani strette attorno alla gola, le pupille in avanti come protese a cogliere l’ossigeno che era loro negato. <<Avrei dovuto raccontarvi del mio rapporto privilegiato con gli elementali dell’aria, ma temevo non mi avreste creduto. Auf Wiedersehen.>> si accomiatò il corpulento tedesco, infilandosi in una tasca del saio la moneta con il triskell impresso e prendendo sotto braccio il tanto ambito tomo. <<MI6, un indagine ufficiale. Ci lasci entrare.>> esortò Pic all’usciere dell’Abraxas Circle. <<Inaudito, Lord Reginald è amico intimo del Primo Ministro!>> <<Per me può essere anche lo scaldaletto della Regina, lasciaci passare o lascerò passare i miei pugni.>> si aggiunse Vendetta. Zukunft, dall’interno del club, incrociò per un momento lo sguardo dei due fuori dalla porta, e non faticò a immaginare chi fosse l’oggetto della loro ricerca. <<È lui. Tschurtschenthal, si fermi!>> gli urlò Pic, al che il tedesco fece l’esatto opposto, guadagnando lesto l’uscita posteriore. Nonostante la sua mole non proprio esigua percorse in pochi secondi la strada che lo separava dalla sua limousine parcheggiata dall’altro capo del viale. <<Presto, Hans, all’aeroporto. Non c’è tempo di recuperare i nostri effetti.>> <<Devo avvertire il suo uomo, padrone?>> chiese l’autista. <<Non serve, gli elementali dell’aria portano le mie notizie. Corri, presto!>> intimò il veggente, e il guidatore non se lo fece ripetere due volte, spingendo a tavoletta sul pedale e iniziando la folle corsa. Dietro di loro l’auto di ordinanza dell’MI6 cercava vanamente di tenere il passo. <<A bordo di quella ​Saloon ​nera. Datti una mossa, moccioso, lo perdiamo!>> sbraitò Vendetta, sporgendosi dal finestrino della vettura. Le risposte che cercava rischiavano di prendere il volo a causa di una troppo rigorosa osservanza del codice della strada. <<Faccio il possibile, ma ci sono troppe auto in mezzo. Chiama la centrale, c’è una ricetrasmittente la dietro.>> <<Sì, come no. Mantieniti esattamente dietro di loro, al resto penso io.>> La materia di Vendetta iniziò a rispondere alla sua volontà, le sue molecole a ridisporsi secondo il nuovo tracciato che la sua mente delineava. Nelle sue mani ora apparivano un paio di dischi seghettati affilati, argentei e micidiali. <<Ma cosa stai…>> domandò sbigottito il giovane. La donna non si curò di rispondergli, tanto era intenta a prendere la mira. Lo shuriken attraversò senza alcuna difficoltà il vetro posteriore e si conficcò nel collo dell’autista. Zukunft fece in tempo a vedere il sangue del suo servitore zampillare sul cruscotto, prima che l’auto, priva di alcun controllo, si abbattesse contro un’altra vettura che proseguiva in senso contrario, e ribaltandosi nello scontro. Il tedesco fece appello a tutte le sue forze per aprire la portiera nonostante la tempia che gli batteva a mille. Puntò il suo mefistofelico tocco contro la sua assalitrice ma, rimase sbigottito nel constatare che esso non sortiva nessun effetto. <<Non è possibile… perché non funziona?>> Vendetta agguantò per il collo l’obeso veggente e, a dispetto della mole, lo sollevò come un fuscello. <<Tu non sei… un essere umano…>> bofonchiò nella stretta micidiale. <<Tutti i crucchi sono arguti come te? Adesso, panzone, dimmi dove si trova Der Metzger o la prossima di queste lame te la infilo in un occhio.>> <<Certo che lo dico. È proprio dietro di te.>> <<Sì, certo, come…>> Vendetta non riuscì a terminare la frase. Una potenza inaudita contenuta in un solo pugno si abbatté sul volto della donna, scaraventandola contro la portiera di una delle auto, che si piegò per l’immenso urto. 6 RIUNIONE DI FAMIGLIA <<Potenza… allora Der Metzger sei tu.>> ringhio in direzione di una delle due gigantesche sagome identiche che mi sembra di scorgere. Merito di una commozione cerebrale, senza dubbio. <<Brillante deduzione, cara. Noto con piacere che il tuo intelletto non è scemato con l’età.>> <<Come mai non ho percepito la tua presenza?>> <<Merito di questo nuovo corpo.>> ribatte il gigante, battendosi il petto <<Dopo ​tutto ciò che è successo​ sono rinato in una nuova forma. Anche tu sei diversa, o sbaglio? Ma per fortuna hai ancora tutte le curve al posto giusto…>> mormora languido. È​ ancora più imponente di quanto non ricordassi. I capelli deve averli dimenticati nell’Aldilà, ma porta ancora quella barba ispida ­ stavolta nera anziché rossa ­ che un’infinità di volte gli avevo detto di far sparire. Un lungo cappotto verde scuro che gli scende fino agli stivali, sotto cui si intravede una camicia non più tanto bianca, merito sicuramente della sua celebre cura per l'igiene. <<Fermi, tutti e due! In alto le mani!>> grida uno di due poliziotti sopraggiunti nel frattempo, mentre il suo collega soffia nel fischietto. <<Indietro, scarafaggi! È una riunione di famiglia!>> urla Potenza e, afferrata con una mano la portiera di una delle due vetture che abbiamo fatto a pezzi, la scaglia contro gli sciagurati al pari di un frisbee. Non posso fare a meno di vedere la testa di uno dei due agenti spiccare il balzo dal collo come sospinta da una molla, mentre l’altro invoca la Vergine e qualche santo di contorno. Altra vendetta da consumare. Altro lavoro. <<Quindi ti sei scoperto tutto a un tratto un feticista della svastica?>> mi isso sulle braccia nel tentativo di rialzarmi, e sputo a terra il sangue che mi ristagna in bocca. <<I regni degli umani vanno e vengono, io e te ne abbiamo visti una infinità, sorellina. Ma stavolta è diverso.>> ora lo fisso negli occhi, e la sua espressione non mi è familiare. È​ impressionato. <<La nostra eredità non è andata persa, Vendetta. I nazisti hanno raccolto una parte di ​quel potere​... il loro regno potrà davvero durare dei millenni. Tu ti unirai a noi, oppure ti toglierò di mezzo!>> Non ho alcuna intenzione di fare ancora da sacco da allenamenti. Cercare di sconfiggere Potenza sul piano della forza fisica è pura follia. Devo essere veloce, veloce quanto non sono mai stata. Rimodello un po’ della mia massa per creare una lama sottile che conficco nel piede di mio fratello. Colto di sprovvista dal dolore, approfitto dello spazio che mi cede per girare su me stessa e allontanarmi dalla sua portata, estraggo la pistola di ordinanza e faccio fuoco. Il bello di un bersaglio tanto grande è che difficilmente posso mancarlo, ma avrei bisogno di una vagonata di proiettili per metterlo fuori gioco. Lo colpisco all’addome due o tre volte, poi lui ringhia e mi carica come un toro inferocito, mi schianta contro un auto frantumandomi qualche costola. Poi mi afferra per il polso e lo spappola come una pera matura. <<Sono molto, molto deluso, sorella. In fin dei conti dovremmo essere entrambi dalla parte dei nazisti. La potenza del loro regno ha ampliato i miei poteri, e sono certo che la portata dei loro crimini ha ampliato la tua forza vendicativa.>> <<Sta zitto, bestia! Per te è piacere, per me è tormento!>> <<Vendetta, ​in bocca al lupo​!>> Sento la voce del giovane Pic alle mie spalle. Inizialmente credo si stia prendendo gioco di me, ma voltando la testa scorgo una manciata di piccole sfere di metallo volare nella mia direzione. Nonostante i sensi annebbiati dal dolore reagisco di istinto: le afferro al volo e le getto di impeto nella bocca spalancata del gigante. Un secondo dopo, una mostruosa detonazione squarcia orribilmente il corpo di mio fratello, e cado a terra senza tanti complimenti. Lo osservo con il petto squarciato, ciò che una volta erano i suoi organi interni strisciano via come una massa caotica di vermi Non voglio rischiare. Creo dal mio corpo cinque lame, con quattro delle quali trafiggo in profondità in ciascuno dei suoi arti. La quinta ­ con soddisfazione, la conficco nel suo collo, così a fondo che la sento scalfire il terreno. <<Cosa diavolo erano quelle cose?>> chiedo al moccioso sopraggiunto. <<Cariche di C4 miniaturizzate. Un prototipo che costa più di un anno dei nostri stipendi messi assieme.>> <<E come mai li avevi tu?>> <<Mi sembra ovvio. Dovevo usarle per fermarti se fossi uscita di testa.>> In un’altra occasione l’avrei preso a pugni per una simile insolenza, ma devo dire la sua risolutezza non mi dispiace. <<Un momento… e il crucco?>> ci voltiamo in ogni direzione, ma del grassone non vi è più traccia <<Avrà approfittato della confusione per svignarsela.>> <<Faccio diramare un avviso di blocco alle autorità.>> propone Pic. <<Fa’ venire anche una dozzina di agenti. Questo bestione non resterà morto a lungo. Voglio farci una bella chiacchierata.>> 7 HECTOR Base Nuova Thule n.14. Isola di Alden (Norvegia). <<Regola la pressione della criopompa al 40%, fa’ ricaricare il i serbatoi di azoto e argon. L’ospite non deve assolutamente riattivare le funzioni cognitive primarie.>> <<Jawohl, herr professor. Mi scusi, ci sarebbe un’altra cosa…>> farfugliò timidamente il soldato semplice mentre porgeva al suo superiore il modulo da firmare <<Gli uomini che abbiamo messo di guardia all’ospite… si sono suicidati. Di nuovo.>> <<Scegline altri due fra quelli nuovi. E fa’ presente che, se non trovano soddisfazione nelle loro mansioni, c’è un biglietto di sola andata per Dachau che li attende.>> Nel frattempo un altro combattente della ​Wehrmacht​ fece la comparsa nella stanza, accompagnato da un uomo di grado chiaramente maggiore. <<Una visita per lei,​ ​professor Koltz. ​Heil Hector!>> L’ufficiale rivolse un’occhiata traboccante di disprezzo alla guardia che osava storpiare in quel modo l’inno del partito, poi rivolse la sua attenzione all’ufficiale scientifico. Frederick Koltz portava piuttosto bene i suoi quarant’anni scarsi, fatta eccezione per i capelli biondi che andavano perdendo lucentezza e per la postura atletica che a causa di anni sopra i libri si andava incurvandosi. <<O​berst­Gruppenführer ​Herr Schreiber, che piacere. Gradisce il clima rigido di queste terre?>> chiese Koltz. <<E lei? Sa, mi sovviene di quel suo predecessore con la sua stessa passione per le reliquie, Otto Rahn. Morto congelato.>> aggiunse, soffermandosi sulle ultime due parole <<Veniamo subito al sodo. Sono quasi cinque anni che le è stata affidata la guida della Geistmorgen. Aveva promesso ai suoi amici della ​Ahnenerbe di trovare traccia di quelle creature mitologiche che animano la loro fantasia. I risultati scarseggiano, vero?>> <<Forse, se il nostro amato ​Führer ​si concentrasse su un solo progetto bellico, anziché finanziarne mille, non avremmo dovuto assistere a una disfatta come quella di Stalingrado.>> <<Come si permette? Ho guidato personalmente un battaglione di uomini valorosi in quel frangente!>> <<Appunto.>> ribatté secco lo scienziato. Il gelo tra i due si era tramutato in fuoco ardente. <<Ah, stavo per dimenticare la seconda ragione per cui sono venuto.>> riprese l’ufficiale con un ghigno di soddisfazione <<La pacchia è finita, caro il mio dottor Frankenstein. Qualcuno a Berlino ha notato la sua allegra gestione dei fondi della divisione. Il ​Führer mi ha detto qualcosa del tipo… “​Fate chiudere quel circo di mostri​”.>> Il professor Koltz lesse rapidamente la missiva che che il Gruppenführer gli porgeva. Anche se ​Göring gli aveva concesso ampio margine di azione, era conscio che Himmler ambiva a riportare sotto le SS i fondi e gli uomini che il professore aveva preteso per i suoi studi. E non poteva tollerarlo, ora che era giunto così vicino al traguardo. <<Lasci che le mostri cosa realizziamo qui. Glielo assicuro, la lascerò senza parole.>> Schreiber seguì lo scienziato, certo di poter denigrare qualsiasi arma o scoperta potesse avere realizzato. Koltz lo condusse verso un hangar presidiato da un paio di guardie, che con timore aprirono la porta blindata per richiuderla subito alle sue spalle. Lo spettacolo lasciò l’ufficiale senza parole. Una specie di enorme globo squamoso, un carapace color pece grottesco e inquietante fluttuava in aria, trattenuto da salde catene e da flussi di vapori congelanti che senza sosta venivano emessi da un sistema di raffreddamento collocato sul soffitto. <<Osservi, ​Schreiber. Lo abbiamo rivenuto durante i nostri scavi nell’entroterra norvegese.​ Un essere vivente composto esclusivamente da cellule cerebrali, una terrificante potenza psichica racchiusa in un carapace organico più resistente dell’acciaio. Noi lo chiamiamo Hector. ​È​ la parola nella nostra lingua più vicina al nome che ci ha rivelato.>> <<Questo essere… parla?>> domandò inorridito l’ufficiale. <<Fa molto di più che parlare. Esso rivela. Non lo sente?>> <<Mein Gott, questi pensieri… è orrendo, mi aiuti!>> gridò disperato ​Schreiber, le mani alla testa, i piedi pesanti come la base di una statua.​ Koltz gli batté leggermente la mano sulla spalla <<Se trova il tocco di Dio raccapricciante, c’è un modo per liberarsene.>> Con delicatezza estrasse la pistola dalla fondina dell’uomo e gliela poggiò in mano, richiudendo dolcemente le dita attorno al calcio. <<Le rivelo un segreto, amico mio.>> gli sussurrò a l’orecchio <<A Hitler serve la Geistmorgen, ma alla Geistmorgen non serve Hitler.>> Il professore abbandonò la stanza di ricerca: l’eco dello sparò che risuonò poco dopo lo informò che non avrebbe dovuto preoccuparsi nell’immediato di pressioni politiche atte a distoglierlo dal suo lavoro. Un lavoro che stava per subire una brusca accelerazione, come dedusse dal cerimonioso arrivo di Zukunft. <<Herr Tschurtschenthal. Ha avuto problemi con i sudditi di Sua Maestà?>> <<Sono riuscito a prendere l’aereo appena in tempo. Purtroppo, temo che Der Metzger sia caduto in mano degli inglesi. Ma le ho portato un premio di consolazione.>> Zukunft si inginocchiò omaggioso di fronte al suo capo, porgendogli il prezioso tomo che aveva ottenuto in dono dall’Abaraxas Circle. <<Una autentica copia dell’Antiquis Temporibus, contenente le coordinate per rintracciare e attivare il meraviglioso SmaragdSturm. Heil Hector!>> 8 TEMPESTA DI SMERALDO Londra, sede centrale di Albion 6. Il mio polso è una manciata di schegge ossee trattenute da tendini compromessi e da articolazioni saltellanti, ho più bende che pelle nuda addosso, ma le mie doti di guarigione sono già all’opera. Sempre a rimettermi al lavoro. Maledette. Il giovane Piccadilly mi raggiunge mentre siedo pensierosa nell’ufficio di Mother Goose. <<Come va il polso?>> mi fa, porgendomi un bicchiere di caffè caldo. <<Guarisco in fretta.>> <<Sì, ho visto, anche se non ci credo. Tu che crei armi a piacimento dal tuo corpo. Quell’energumeno che è tornato in vita con un mare di lampi sprigionati dal suo stesso corpo.>> si prende una pausa e sorseggia il liquido fumante. <<Sai, metà Albion 6 sostiene che sei una montatura realizzata ad arte per far venire la strizza ai Fritz. L'altra metà che sei un demone fuggito dall'inferno.>> <<Scommetto che lo dici a tutte le ragazze.>> Ridacchia, e mi scopro a fare altrettanto. Non ricordavo nemmeno più che suono avesse la mia risata. <<Posso chiederti perché lo fai? Né per i soldi, né per amor di patria, vero?>> <<Prima tu.>> <<Due nonni ebrei in Baviera che non erano apprezzati. Scomparsi nel nulla oltre un anno fa.>> Butto giù tutto di un fiato il contenuto del bicchiere, blande particelle di energia confluiscono nelle mie vecchissime vene. <<Tutti i giorni vado a dormire, e sento le grida. Li sento ammassati come animali, uomini, donne e bambini, che implorano un dio cieco e sordo. Poi mi accorgo che non è un incubo, mi accorgo che è la realtà. Lui mi ha creata per vendicarli.>> <<Lui…>> <<Ci hanno chiamato in molti modi. Anunnaki, Sennin, Precedenti, Razza Fenice. Io preferisco Xeniar. Eravamo in nove. Quello che hai conosciuto, Potenza, è uno dei miei fratelli.>> Scommetto che la mente analitica del giovanotto gli impone di catalogare sotto la voce “favole” quanto gli sto raccontando, ma la sua esperienza delle ultime ore gli impone di restare ad ascoltarmi con serietà. <<Nostro padre ci aveva creato per tenere gli esseri umani sotto controllo: ispiravamo miti e leggende, li opprimevamo per impedire loro di distruggersi a vicenda. Ma, nella nostra immutabile stagnazione, ci siamo esacerbati, siamo diventati sempre più alienati, più grotteschi. Cercavamo il potere senza sapere cosa farne, annoiati e disgustati dalla nostra immortalità. Abbiamo compiuto mostruosità tali che a confronto Hitler è candido come Heidi.>> <<Abbiamo un problema.>> ci interrompe Mother Goose, che sopraggiunge trafelata. <<Uno solo?>> <<Il gigante. Dice che, se non lo raggiungi subito, farà crollare l’edificio sotto il suo stesso peso. Può farlo veramente?>> Quattro occhi titubanti mi fissano, ma stavolta non so rispondere con la mia familiare arroganza. Potenza aveva ragione, con le atrocità commesse dal Reich la mia potenza vendicativa si è moltiplicata, non riesco nemmeno a immaginare quanto possa essere cresciuta la sua. <<Fammi strada.>> taglio corto. Scendiamo ai livelli inferiori della base, vecchie carceri del secolo scorso riadattate in celle di contenimento di massima sicurezza. Quando sei qualcosa che non dovrebbe esistere, nessuno si preoccupa che tu venga rinchiuso solo dopo un giusto processo. La cella di Potenza è collocata nell’area più remota del livello sotterraneo: un prototipo con pareti in diciotto centimetri di acciaio rinforzato, la porta difesa da una coppia di mitragliatrici automatiche Vickers modificate in grado di crivellare il riottoso prigioniero di oltre 2.300 proiettili per volta. Sufficiente per tenere il suo testosterone a bada. Forse <<Cominciavo a pensare che volessi evitarmi.>> mi dice, da uno dei fori per l’aria applicati nelle pareti. <<Annusati, e scoprirai il perché. Troppo impegnato per un bagno?>> <<In effetti sì. Ho girato il mondo e ho visto un sacco di cose interessanti. Ho visto i nazisti in Norvegia giocare con l’acqua pesante. Gli americani spaccare in due l’atomo. Così mi sono detto: perché non tirare fuori uno dei nostri vecchi gingilli?>> <<Cosa stai…>> un nodo alla gola mi sale istantaneamente, vecchie colpe che tornano a prendermi d’assalto. <<Come sai, non sono mai stato un grande fan degli umani, a differenza del nostro fratello più giovane. Ma la Geistmorgen…>> tira su con il naso, c’è qualcosa di simile alla commozione nella sua voce <<L’uomo che la guida, Frederick Koltz, è un genetista con il pallino dell’archeologia. Ha usato i soldi della Luftwaffe per portare alla luce una delle Bestie Profonde che hanno creato nostro padre. E questi ha parlato loro del Tempesta di Smeraldo, lo SmaragdSturm.>> <<Non può…>> arranco, sbigottita. <<Te lo ricordi, vedo. Una nave volante da combattimento alimentata con l’energia tenebra che anima l’universo, la stessa che ci ha creati. Chi credi vincerà la guerra, adesso?>> 9 RELIQUIE DIMENTICATE Una settimana dopo. Massiccio montuoso del Nanda Devi. Queste vette sono state conquistate meno di dieci anni fa, e sono più i passi non segnati sulle mappe di quelli conosciuti. Il vento mi frusta il volto senza tregua, ma rimango ugualmente seduta a gambe incrociate sugli aspri ciottoli, in attesa di un segnale. <<Non sei un po' leggera, con soltanto quella giacca di cuoio addosso?>> mi domanda Pic, così imbacuccato che da lontano lo scambierei per un orso bianco <<Con tutta la rabbia che ho in corpo, sentirei caldo anche al Polo Nord.>> <<Comunque sia, puoi spiegarmi cosa stiamo aspettando qui?>> mi domanda, sfregandosi le mani così intensamente che mi aspetto prendano fuoco da un momento all'altro. <<Koltz ha le coordinate esatte del Tempesta di smeraldo, io soltanto frammenti di ricordi di millemila anni fa. Potenza ha detto che lo SmaragdSturm si trova da queste parti, ma la conformazione geologica è cambiata da l'ultima volta che sono stata qui. Sto provando a rilevare l'aura emozionale dei nostri avversari.>> <<La... cosa?>> mi domanda interdetto. Gli uomini, accampati una decina di metri più in basso di noi, ci osservano contrariati. Sono soldati scelti di Albion 6, hanno combattuto in Francia, sulle Alpi, in Tunisia, ma questa situazione li stranisce. Non capiscono bene cosa stanno cercando, e mal digeriscono una donna al comando. <<Un cervello umano funzionante produce un campo elettromagnetico, o aura, che si unisce a quella prodotta da tutti gli altri esseri senzienti. Quando uccidi qualcuno – non importa quanto ne vai fiero ­ il tuo cervello registra un seppur minimo senso di colpa, una “deviazione” nel tuo comportamento naturale. Posso rintracciare anche a grande distanza questa aura di colpevolezza per individuare chi devo punire, e scommetto che i Fritz non sono esattamente candidi come il culetto di un neonato.>> <<Uhm, capisco.>> mente spudoratamente <<Ma non ti suggerirei di parlarne agli uomini. Si vede che…>> <<Fa silenzio. Ho percepito qualcosa, da quella parte!>> grido rimettendomi in piedi. Il sergente fa un segnale con il braccio e i soldati tornano in posizione nel giro di dieci secondi. Con la massima velocità che ci consente il terreno aspro ci dirigiamo in direzione est: la luce non manca, ma a queste altitudini l'ossigeno inizia a diventare un bene prezioso, le forze si esauriscono rapidamente. Dopo circa mezz'ora di cammino il terreno si interrompe bruscamente: un dirupo si frappone fra noi e il resto della strada. <<Cerco un sentiero alternativo, comandante?>> mi chiede il sergente Williams. <<Aspetta, sento qualcosa sotto di noi. Potrebbero esserci delle grotte. Fa calare qualcuno per verificare.>> Uno dei soldati viene fatto scendere con delle corde, e in un paio di minuti ritorna per confermare la mia sensazione. Lo imitiamo tutti quanti, e in effetti dei crepacci naturali si aprono lungo le rocciose pareti scoscese. <<Uomini, tenetevi pronti.>> li esorto non appena penetriamo nei cunicoli <<Rischio sentinelle. Sparate solo quando necessario.>> Mezza dozzina di semiautomatici Charlton scattano sull'attenti, ma in cunicoli così bui accendendo anche solo un fiammifero potremmo essere subito beccati. Procediamo passo dopo passo in una marcia estenuante per la sua lentezza, più di una volta qualcuno inciampa e si morde la lingua per non irrompere in improperi che ci renderebbero dei bersagli ancora più facili. A un tratto l'ossigeno consumato che ci giunge alle narici ci porta anche un odore fetido nelle nostre immediate vicinanze: qui non dovrebbero esserci animali, cosa potrebbe decomporsi? Decido di controllare, faccio estrarre a uno degli uomini una lanterna cieca e, con movimenti millimetrici, lascio trapelare un fioco raggio luminoso. Lo spettacolo è raccapricciante, persino per una come me. Dieci, forse venti, soldati tedeschi sospesi per aria, impalati da stalattiti e stalagmiti e lasciati come quarti di bue a gocciolare il loro sangue fetido per il cunicolo. <<Santa Vergine immacolata.>> sbraita Williams <<Come hanno fatto quei disgraziati a fare una fine simile?>> <<Una volta su queste cime sorgeva una città della mia gente. Dopo la Guerra dei Creatori le macerie delle nostre roccaforti sono sprofondate, inghiottite dalla terra stessa, che avida del nostro potere agisce per difenderne i resti. Mai sentito parlare di Agarthi?>> <<Ma allora anche noi…>> chiede titubante Pic. <<No, la roccia imbevuta di energia di Xarathos percepisce che io sono una Xeniar. Chi è con me non ha nulla da temere.>> <<Wunderbar. Allora ho fatto bene ad aspettarvi.>> Un uomo biondo e slanciato fa la sua comparsa dal fondo oscuro del tunnel. Porta una divisa da ufficiale nazista, ma al posto della svastica sul cappello troneggia un triskell. Un simbolo della mia gente. Al suo fianco, il trippone barbuto che riconosco essere Zukunft. <<Lasciate che mi presenti, sono il professor Frederick Koltz. Immaginavo che le antiche armi della tua gente avessero portentosi sistemi di difesa, così ho fatto più attenzione nel muovermi di quanto non ne abbiano posta i miei subalterni. E pensare che deridevano i miei studi.>> conclude rivolto a un cadavere con un buco grande quanto un pallone in mezzo alla pancia. <<Saresti così gentile da disattivarle, fräulein?>> <<Impara a contare, Otto. Sei Charlton fanno più male di una P38.>> I soldati di Albion 6 tendono le armi, ma un attimo dopo le lasciano cadere per portarsi le mani alla gola. Annaspano, gorgogliano spasmi soffocati, anche Pic si accascia a terra, mi stringe l'orlo dei pantaloni in cerca di soccorso. <<Herr Tschurtschenthal ha messo a disposizione della mia causa il suo dono di controllo telecinetico delle molecole ­ o dominio degli elementali, come ama chiamarlo. ​Fraulein​, intendi seguirci senza fare storie, oppure preferisci piangere la scomparsa di tanti bravi soldati?>> 10 TENEBRE, FINALMENTE Alzo la mano in segno di resa, e osservo la catasta di corpi inerti ai miei piedi. <<Per il momento hanno soltanto perso i sensi. Ma se tenterai di giocarci qualche scherzo, mi assicurerò che il loro sonno diventi definitivo.>> calca la scena Zukunft. <<​Halt​. Non c'è tempo per diatribe infantili. Portaci allo SmaragdSturm, presto!>> Proseguiamo per gli angusti cunicoli ricavati nella roccia, Koltz mi segue a ruota e il veggente chiude la fila. La pistola che lo scienziato mi punta non basterebbe a uccidermi, ma un colpo sbagliato potrebbe farci franare metà montagna sulla zucca. Infine, bagliori di luce naturale si propagano per le gallerie naturali, rendendo inutile la lanterna. La luce del sole non può penetrare tanto a fondo nel sottosuolo, è la prova che siamo giunti a destinazione. <<Guardi, herr professor!>> si esalta Zukunft raccogliendo dal terreno una scaglia di cristallo brillante <<Deve essere un frammento del leggendario materiale dei Precedenti. Duro come il diamante ma malleabile quanto lo stagno.>> <<Molto bene, ​fraulein​.>> mi esorta Koltz massaggiandomi la tempia con la sua P38 <<Non hai dimenticato le chiavi di casa, ​nicht wahr​?>> La voce di casa, inudibile per altri, per me risuona prepotente quanto un gong. Chiudo gli occhi e apro il canale della mente per raccogliere la rifrazione dei nostri antichi cimeli, onde radio che viaggiano avanti e indietro in un loop infinito da migliaia di anni, e che oggi trovano in me uno spirito familiare a rispondere. Raccolgo il segnale e la parete di roccia, solida e antichissima, inizia a ritrarsi come un'onda che si infrange sullo scoglio: una crepa sempre più vasta si disegna sul muro di pietra, dietro la quale uno spettacolo celato da secoli si rivela a occhi indegni. Entriamo tutti e tre nell'enorme sala scolpita nella roccia, i tedeschi non riescono a trattenere lo stupore d'innanzi all'inconcepibile spettacolo. Un'enorme massa cristallina vagamente simile a una ciclopica manta ricopre l'intera volta della sala, terminando a terra con quattro appendici filamentose dalla superficie ondulata: protuberanze pari a consistente gocce si sporgono dallo scafo e appaiono come in procinto di staccarsi, ma in ogni istante si racchiudono in sé stesse. <<Lo SmaragdSturm, stupefacente! Ma... non ha né ali, né turbine. Come può volare con questa forma?>> domanda stupefatto la botte barbuta. <<Sono aeronavi mutanti con un campo gravitazionale proprio. Non seguono la gravità della Terra. Noi Xeniar le chiamiamo Vimana.>> <<Ti siamo molto obbligati, ​fraulein​.>> ribatte Koltz, puntandomi la semiautomatica al volto <<L'intera Germania ti è debitrice.>> <<Potrebbe ancora servirci…>> ipotizza Zukunft. <<Nein, se la lasciamo vivere attiverà qualche arma a nostre spese.>> <<No, non lo farò.>> e per la seconda volta in tanti secoli, riscopro il piacere di sorridere <<L'ho già fatto.>> Una delle protuberanze pendenti dal Vimana si solidifica sotto forma di una aguzza stalattite che, in un baleno, sprofonda a terra infilizando Zukunft come il porco allo spiedo che era. <<Ecolocazione, come i pipistrelli.>> spiego al crucco rimanente, toccandomi la tempia <<Ho codificato nelle mie onde theta un protocollo di difesa contro gli invasori. Preparati a seguire il tuo amico.>> <<Io non seguo nessuno, io precedo tutti.>> Una seconda colonna appuntita mira alla sua giugulare, ma si ferma a un centimetro da essa non appena il tedesco estrae dalle tasche una moneta argentea con un triskell impresso sulla sua superficie. <<Dischi di controllo remoto, disattivano le direttive primarie. Ho alleati che mi hanno spiegato dove rinvenire alcuni dei vostri meravigliosi manufatti. Grazie, Hector!>> Con uno di quelli Koltz può davvero attivare il Vimana! Non c'è più tempo, mi scaglio contro di lui con tutta la mia velocità. Il primo colpo di pistola mi manca, il secondo mi sfiora il bacino, ma con il terzo mi centra un polmone alla perfezione. Mentre la gola mi si riempi di sangue mi getto su di lui e con il mio peso lo faccio cadere a terra. <<Sei solo una povera creatura infelice che non ha altro che scopo che uccidere, mentre io voglio rendere migliore il mondo.>> mi urla <<Un mondo puro, libero dalle razze inferiori e dalla feccia dell’umanità!>> <<Per quanto riguarda la feccia, sto per accontentarti.>> È ​un lampo, e finiamo entrambi trafitti, dilaniati dalla lama implacabile della nave. <<Come… non poteva...colpirmi…>> rantola Koltz, sputa bava mista a sangue. <<Lo so. Gli ho ordinato di colpire me.>> gli spiego, e non sto molto meglio di lui. <<Io sono Koltz... la mia morte non è... contemplata...tornerò…>> Le sue ultime parole sono stronzate come tutte quelle precedenti. Non posso lasciare che gli inglesi mettano le mani su queste armi, un giorno potrebbero farne un uso anche peggiore dei tedeschi. Con le mie ultime forze mi trascino verso la breccia e richiudo mentalmente la grotta. Senza di me non riusciranno mai a ritrovarla e a riaprirla. So già che il mio maledetto potere mi riporterà in vita, ma ora che sono vicino al Vimana, posso trasferire a lui la mia forza e ritardare il processo. Le tenebre della morte che scendono finalmente a reclamarmi. Un oblio pietoso che attutisce le grida dei disperati che tormentano i miei sogni da quando sono nata. Forse durerà soltanto pochi giorni, forse qualche anno, ma ora posso smettere di essere Vendetta. Posso chiudere gli occhi, dormire... e non essere più nessuno.