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Marzo 2009 | n.29
PERCORSI PLURIDISCIPLINARI NEL LABIRINTO DEI DISTURBI AUDIO-VESTIBOLARI
NUMERO SPECIALE
GIORNATE DI VESTIBOLOGIA
5a Edizione
Simposio – Modena, 5-6 Settembre 2008
Il razionale diagnostico-terapeutico
nella Vertigine Vascolare
ANATOMO-FISIOLOGIA DEL MICROCIRCOLO LABIRINTICO
Augusto Pietro Casani
CLINICA DEI DISTURBI DEL CIRCOLO POSTERIORE
Marco Manfrin
I FATTORI DI RISCHIO E I MARKERS SPECIFICI E ASPECIFICI
Daniele Nuti
STRATEGIE TERAPEUTICHE
LA RICERCA DEL RAZIONALE DELLA TERAPIA MEDICA
NELLE VERTIGINI VASCOLARI
Sandra Sigala, Francesca Parini, PierFranco Spano
terza.ai
C
M
Y
CM
MY
CY
CMY
K
23-12-2008
10:12:40
RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO
1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE:
VESSEL® 250 ULS CAPSULE MOLLI.
VESSEL® 600 ULS/2 ML SOLUZIONE INIETTABILE
2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA:
Capsule molli: Sulodexide ULS 250
Fiale: Sulodexide ULS 600.
Per gli eccipienti, vedere 6.1
3. FORMA FARMACEUTICA:
Capsule molli.
Soluzione iniettabile.
4. INFORMAZIONI CLINICHE:
4.1 Indicazioni terapeutiche: Ulcere venose croniche.
4.2 Posologia e modo di somministrazione:
VESSEL® 250 ULS CAPSULE MOLLI: 1 capsula 2 volte al dì, lontano dai pasti.
VESSEL® 600 ULS/2 ML SOLUZIONE INIETTABILE: 1 fiala al dì, per somministrazione
intramuscolare o endovenosa.
Orientativamente si consiglia di iniziare la terapia con le fiale e, dopo 15-20 giorni,
proseguire con le capsule per 30-40 giorni. Il ciclo terapeutico completo va ripetuto
almeno due volte l’anno. A giudizio del medico, la posologia può essere variata in
quantità e frequenza.
4.3 Controindicazioni: Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli
eccipienti, verso l’eparina e gli eparinoidi. Diatesi e malattie emorragiche.
4.4 Avvertenze speciali e opportune precauzioni d’impiego: VESSEL®, per le sue
caratteristiche farmaco-tossicologiche, non presenta particolari precauzioni d’uso.
Comunque, nei casi in cui sia anche in atto un trattamento con anticoagulanti, è
consigliabile controllare periodicamente i parametri emocoagulativi. Tenere fuori dalla
portata dei bambini.
4.5 Interazioni con altri medicinali e altre forme di interazione:
Essendo Sulodexide una molecola eparino-simile può aumentare gli effetti
anticoagulanti dell’eparina stessa e degli anticoagulanti orali se somministrato
contemporaneamente.
4.6 Gravidanza e allattamento:
Per motivi cautelativi, se ne sconsiglia l’uso in gravidanza, anche se gli studi di tossicità
fetale non hanno messo in evidenza effetti embrio-fetotossici.
4.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari: VESSEL® non
influisce o influisce in modo trascurabile sulla capacità di guidare veicoli o di usare
macchinari.
4.8 Effetti indesiderati:
Segnalati occasionalmente: Capsule molli: disturbi dell’apparato gastroenterico con
nausea, vomito ed epigastralgie.
Fiale: dolore, bruciore ed ematoma in sede di iniezione. Inoltre, in rari casi, si può avere
sensibilizzazione con manifestazioni cutanee o in sedi diverse.
4.9 Sovradosaggio: L’incidente emorragico è l’unico effetto ottenibile da un sovradosaggio. In caso di emorragia occorre iniettare, come si usa nelle “emorragie epariniche”,
solfato di Protamina all’1% (3 ml i.v. = 30 mg).
5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE:
L’attività del Sulodexide si esplica mediante una spiccata azione antitrombotica sia sul
versante arterioso che venoso.
5.1 Proprietà farmacodinamiche:
Categoria farmacoterapeutica: Sulodexide è classificato tra i farmaci antitrombotici
eparinici - Codice ATC: B01AB11.
Meccanismo d’azione: Numerosi studi clinici condotti somministrando il prodotto per
via parenterale ed orale, dimostrano che l’attività antitrombotica del Sulodexide è
dovuta all’inibizione dose-dipendente di alcuni fattori coagulativi tra cui, in primo
luogo, il fattore Xattivato, mentre l’interferenza con la trombina, restando a livelli poco
significativi, evita in genere le conseguenze di una azione anticoagulante. L’azione
antitrombotica è sostenuta anche dall’inibizione della adesività piastrinica e
dall’attivazione del sistema fibrinolitico circolante e di parete. Il Sulodexide, inoltre,
normalizza i parametri viscosimetrici che di solito si ritrovano alterati in pazienti con
patologie vascolari a rischio trombotico: tale attività si esercita principalmente mediante la riduzione dei valori di fibrinogeno. Il profilo farmacologico sin qui descritto per
Sulodexide, è completato dalla normalizzazione dei valori lipidici alterati, ottenuta
mediante attivazione della lipoproteinlipasi.
Effetti farmacodinamici: studi volti ad evidenziare eventuali altri effetti, oltre a quelli
sopra descritti, che sono alla base dell’efficacia terapeutica, hanno permesso di
confermare che la somministrazione di VESSEL® non mostra effetti anticoagulanti.
5.2 Proprietà farmacocinetiche:
a) caratteristiche generali del principio attivo Sulodexide presenta un assorbimento
attraverso la barriera gastrointestinale dimostrabile in base agli effetti farmacodinamici
dopo somministrazione per via orale, intraduodenale, intraileale e rettale nel ratto di
Sulodexide marcato con fluoresceina.
Sono state dimostrate le correlazioni dose-effetto e dose-tempo nel ratto e nel coniglio
previa somministrazione per le vie sopraelencate. La sostanza marcata si accumula
inizialmente nelle cellule dell’intestino per poi essere liberata dal polo sierico nel circolo
sistemico. La concentrazione della sostanza radioattiva aumenta nel tempo significativamente a livello di cervello, rene, cuore, fegato, polmone, testicolo, plasma. Prove
farmacologiche eseguite nell’uomo con somministrazioni i.m. e i.v. hanno dimostrato
relazioni lineari dose-effetto. Il metabolismo è risultato principalmente epatico e
l’escrezione principalmente urinaria. L’assorbimento dopo somministrazione orale
nell’uomo, studiato con il prodotto marcato, ha evidenziato che un primo picco
ematico si determina alle 2 ore ed un secondo picco tra la quarta e la sesta ora, dopo di
che il farmaco non è più determinabile nel plasma e ricompare verso la dodicesima ora,
rimanendo quindi costante fin verso la quarantottesima ora. Questo costante valore
ematico riscontrato dopo la dodicesima ora è probabilmente dovuto al lento rilascio
del farmaco da parte degli organi di captazione ed in particolare dell’endotelio dei vasi.
Escrezione urinaria: utilizzando il prodotto marcato, si è registrata una escrezione
urinaria media del 55,23% della radioattività somministrata, nell’arco delle prime 96 ore.
Tale eliminazione mostra un picco attorno alle 12 ore, con un valore medio urinario,
nell’intervallo 0-24 ore, del 17,6% della dose somministrata; un secondo picco attorno
alla 36ma ora, con eliminazione urinaria tra le 24-48 ore del 22% della dose; un terzo
picco attorno alla 78ma ora con un’eliminazione di circa il 14,9% nel periodo 48-96
ore.Escrezione fecale: la radioattività totale recuperata nelle feci è del 23% nelle prime
48 ore, dopo di che non è più rilevabile la sostanza marcata.
b) caratteristiche di particolare interesse per il paziente
L’attività terapeutica di VESSEL® è stata sempre valutata in pazienti affetti da patologie
vascolari con rischio trombotico, sia sul versante arterioso che venoso. Il farmaco ha
dimostrato particolare efficacia in pazienti anziani ed in pazienti diabetici.
5.3 Dati preclinici di sicurezza:
-Tossicità acuta: somministrato nel topo e nel ratto, non provoca alcuna sintomatologia
tossica sino alle dosi di 240 mg/kg per os; la DL50 nel topo è di >9000 mg/kg/os e 1980
mg/kg/i.p.; nel ratto la DL50 è sempre >9000 mg/kg/os e 2385 mg/kg/i.p.
-Tossicità subacuta: somministrato per 21 giorni os alla dose di 10 mg/kg nel cane, non
ha dato luogo a fenomeni di intolleranza, a variazioni dei parametri ematochimici ed a
modificazioni anatomo-patologiche dei principali organi.
-Tossicità cronica: somministrato per os per 180 giorni alla dose di 20 mg/kg nel ratto e
nel cane, non ha presentato al termine del trattamento alcuna variazione di rilievo del
quadro ematologico, dei parametri urinari e fecali e dei parametri istologici a carico dei
principali organi.
-Tossicità fetale: alle prove di tossicità fetale nel ratto e nel coniglio (25 mg/kg per os) è
risultato privo di effetti embrio-feto-tossici.
-Mutagenesi: risulta sprovvisto di attività mutagena nei seguenti tests: Ames; sintesi
riparativa non programmata di DNA in linfociti umani (UDS); non disgiunzione in
Aspergillus; crossing over in Aspergillus; soppressori di metionina in Aspergillus.
6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE:
6.1 Elenco degli eccipienti:
VESSEL® 250 ULS CAPSULE MOLLI
Sodio laurilsarcosinato, silice precipitata, trigliceridi, gelatina, glicerolo, sodio
p-ossibenzoato di etile, sodio p-ossibenzoato di propile, biossido di titanio E 171, ossido
di ferro rosso E 172.
VESSEL® 600 ULS/2 ML SOLUZIONE INIETTABILE
Sodio cloruro, acqua per preparazioni iniettabili.
6.2 Incompatibilità: Sulodexide, essendo un polisaccaride acido, se somministrato in
associazioni estemporanee può reagire complessandosi con tutte le sostanze basiche.
Le sostanze in uso comune incompatibili nelle associazioni estemporanee per fleboclisi, sono: vitamina K, vitamine del complesso B, idrocortisone, jaluronidasi, gluconato di
calcio, sali di ammonio quaternario, cloramfenicolo, tetracicline, streptomicina.
6.3 Periodo di validità: 5 anni.
6.4 Speciali precauzioni per la conservazione: Conservare a temperatura non
superiore a 30°C.
6.5 Natura e contenuto del contenitore:
VESSEL® 250 ULS CAPSULE MOLLI: Astuccio di cartone contenente 2 blister da 25
capsule molli cadauno.
VESSEL® 600 ULS/2 ML SOLUZIONE INIETTABILE: Astuccio di cartone contenente
vaschetta di polistirolo da 10 fiale di soluzione iniettabile in vetro scuro.
6.6 Istruzioni per l’uso: Nessuna istruzione particolare.
7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO: ALFA
WASSERMANN S.p.A.
Sede legale: Via E. Fermi, n.1 - ALANNO (PE).
Sede amministrativa: Via Ragazzi del‘99, n. 5 – BOLOGNA
8. NUMERO(I) DELL’AUTORIZZAZIONE (DELLE AUTORIZZAZIONI)
ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO:
250 ULS 50 capsule molli: A.I.C. n° 022629113
600 ULS soluzione iniettabile 10 fiale: A.I.C. n° 022629101
9. DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE/RINNOVO
DELL’AUTORIZZAZIONE: 24/02/1982 – 01/06/2005
10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO: Settembre 2007. Medicinale soggetto a
prescrizione medica.
50 capsule (250 ULS) € 31,50 - 10 fiale (600 ULS) € 22,75. CLASSE C
COD. 01819192
Otoneurologia 2000
5a Edizione
Giornate di Vestibologia
Simposio – Modena, 5-6 Settembre 2008
PERCORSI PLURIDISCIPLINARI
NEL LABIRINTO DEI DISTURBI AUDIO-VESTIBOLARI
Serie editoriale:
CLINICAL CASE MANAGEMENT
Aggiornamento periodico:
OTONEUROLOGIA 2000
Marzo 2009 / n.29
Coordinamento Scientifico:
Dr. Giorgio Guidetti
Direttore del Servizio di Audio-Vestibologia e Rieducazione Vestibolare
Azienda Unitaria Sanitaria Locale di Modena
e-mail: [email protected]
NUMERO SPECIALE
Il razionale diagnostico-terapeutico
nella Vertigine Vascolare
L’appuntamento con le “Giornate di Vestibologia” di Modena,
giunto alla quinta edizione con il coordinamento scientifico di
Giorgio Guidetti, ha offerto ampia materia di formazione e
aggiornamento per i partecipanti ad un corso ECM accreditato
di specializzazione sull’argomento complesso delle vertigini,
presentato e discusso da clinici, ricercatori e tecnici, specialisti
in ORL, Audiologia, Audiometria, Neurologia, Otoneurologia,
Psicologia e Farmacologia.
Un focus dedicato al “Razionale diagnostico-terapeutico nella
Vertigine Vascolare” ha consentito ai relatori di mettere a fuoco,
con un approfondimento multidisciplinare, i progressi raggiunti
nella gestione e nel trattamento farmacologico di questa patologia di difficile inquadramento nosologico ed eziologico
SOMMARIO
Coordinamento editoriale
Grafica e Prestampa:
Mediserve Editoria & Formazione
Redazione: Adriana Russo
Anatomo-fisiologia
del microcircolo labirintico . . . . . . . . . . . . . ?
Augusto Pietro Casani
Clinica dei disturbi
del circolo posteriore . . . . . . . . . . . . . . . . . ?
Marco Manfrin
I fattori di rischio e i markers
specifici e aspecifici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ?
Daniele Nuti
Strategie terapeutiche . . . . . . . . . . . . . . . 32
La ricerca del razionale della terapia medica
nelle vertigini vascolari
Sandra Sigala, Francesca Parini
© 2009 MEDISERVE S.r.l
Milano - Firenze - Napoli
numero speciale RAZIONALE DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO NELLA VERTIGINE VASCOLARE
Anatomo-fisiologia del microcircolo labirintico
Augusto Pietro Casani
Dipartimento di Neuroscienze, Sezione ORL - U.O. ORL I, Università degli Studi di Pisa
M essaggi chiave
1. La vertigine è considerata il sintomo più frequente e precoce (talvolta l’unico) di insufficienza vertebro-basilare (IVB), per la sensibilità alle
diminuzioni di flusso ematico caratteristica del distretto anatomico che comprende la maggior parte delle strutture neurali coinvolte nel
mantenimento dell’equilibrio.
2. Precarietà fisiologica del circolo V-B e peculiarità anatomo-funzionale di circolo terminale della micorcircolazione labirintica offrono una
base razionale all’inquadramento eziopatogenetico di alcuni quadri clinici (quali sordità improvvisa e/o vertigine) come deficit irrorativo
dell’orecchio interno.
3. La capacità autoregolatoria del microcircolo è compromessa dai meccanismi di risposta al danno dell’endotelio, sensibile (soprattutto nei
distretti microcircolatori) agli stimoli ischemici di carattere aterotrombotico e/o emodinamico che degradano lo strato di glicosaminoglicani (GAGs) del glicocalice della parete vasale.
4. La sintomatologia cocleo-vestibolare del deficit labirintico rimanda alla fisiologia del territorio in cui può essersi prodotta un’ischemia totale o parziale per ostruzione dell’arteria uditiva interna (AUI) o di uno dei suoi rami, oppure per danno immuno-mediato da vasculite.
5. Nelle forme vertiginose acute da danno microcircolatorio è fondamentale valutare gli indici flogistici ed emoreologici che possono rappresentare l’alterazione del glicocalice, e quindi della funzionalità endoteliale, dove i farmaci “di parete” (GAGs come ad es. il sulodexide)
hanno un ruolo terapeutico significativo.
I ntroduzione
C ircolo posteriore e IVB
La Vertigine Vascolare rappresenta uno dei temi di maggiore inte-
L’apporto vascolare al labirinto e alle strutture vestibolari centrali è
resse della Vestibologia. L’argomento è da lungo tempo affrontato
in campo otoneurologico, sia dai clinici che dai ricercatori, interessati alla definizione di criteri clinici o strumentali utili ad una diagnosi certa di vertigine di origine vascolare, da cui trarrebbe ovviamente vantaggio la gestione farmacologica del paziente vertiginoso. Strumenti terapeutici molto validi sono infatti disponibili per il
paziente la cui vestibulopatia periferica o centrale sia da ricondurre ad una problematica di tipo circolatorio.
Il razionale di impiego dei farmaci emoreologici si basa su criteri
anatomici e clinici ben evidenti, se si considera che la maggior
parte delle strutture coinvolte nel mantenimento dell’equilibrio si
trovano nell’area cerebrale compresa sotto il circolo vertebro-basilare, la cui portata di 200 ml/min corrisponde all’incirca al 20% del
circolo anteriore. Praticamente, il circolo posteriore si trova in una
condizione di precarietà fisiologica rispetto al circolo anteriore;
questa evidenza, illustrata da William e Wilson già nel 1962, giustifica il fatto che la vertigine possa essere considerata il sintomo
più frequente e più precoce dell’insufficienza vertebro-basilare.
Questi brevi cenni introduttivi da soli bastano a sottolineare l’importanza delle problematiche legate all’anatomo-fisiologia del
microcircolo labirintico.
di competenza del circolo posteriore vertebro-basilare. Poiché si
tratta di un distretto anatomico scarsamente irrorato, necessita di
una grande quantità di metaboliti ed è particolarmente sensibile alle
diminuzioni di flusso ematico. Questa area comprende la maggior
parte delle strutture neurali coinvolte nel mantenimento dell’equilibrio: ne consegue che la vertigine rappresenta il sintomo più frequente e precoce di insufficienza vertebro-basilare (IVB) (Figura 1).
Un aspetto significativo dell’anatomia del distretto vertebro-basilare da evidenziare è che, a differenza del circolo anteriore, quello
posteriore è caratterizzato da un’elevatissima incidenza di variazioni anatomiche. Ad esempio, molto spesso il calibro delle due
arterie vertebrali inferiori – posteroinferiore (PICA) e anteroinferiore (AICA) – è molto differente; è frequente inoltre la ipoagenesia o
addirittura la completa agenesia di una arteria vertebrale. Le
numerose variabili del circolo posteriore potrebbero giustificare
ulteriormente la particolare suscettibilità al danno ischemico, sia
trombo-embolico che emo-dinamico, delle strutture del distretto
vertebro-basilare (Figura 2) in cui, essendo vascolarizzato dall’arteria uditiva interna, è compreso l’orecchio interno, cioè il labirinto
auricolare che si compone di coclea (organo dell’udito) e di apparato vestibolare (organo dell’equilibrio).
Otoneurologia 2000 Marzo 09 n. 29
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Numero speciale RAZIONALE DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO NELLA VERTIGINE VASCOLARE
S indromi vertiginose da IVB centrale e
periferica
Figura 1. Peculiarità del circolo posteriore vertebro-basilare e sintomatologia vertiginosa da insufficienza vascolare.
L’orecchio interno è un elemento ancora più complesso, perché
l’arteria uditiva interna è un ramo puramente terminale, cioè non vi
sono reti anastomotiche rilevanti. È quindi chiaro che questi
distretti sono i più suscettibili e che, all’interno di queste aree, la
zona posta sotto il controllo dell’arteria vestibolare anteriore (calibro più piccolo rispetto agli altri), è ulteriormente esposta ai possibili danni ischemici.
La sindrome di Lindsay-Hemenway, ad esempio, è la conseguenza di un’ostruzione del ramo vestibolare anteriore: l’insulto ischemico a carico del canale semicircolare laterale e a carico dell’utricolo può dar luogo ad un distacco otolitico, a sua volta responsabile delle crisi posizionali recidivanti dopo l’episodio acuto. Esiste
la possibilità che, attraverso il ramo vestibolare della vestibolococleare, il canale semicircolare posteriore e anche il sacculo
rimangano indenni dall’insulto ischemico: si giustifica in tal modo il
fatto che nell’ambito delle forme vascolari si possano verificare
delle manifestazioni vertiginose che si caratterizzano per un interessamento del sistema vestibolare centrale, oppure delle forme
periferiche. Al riguardo esiste in letteratura una nutrita serie di dati
bibliografici: l’elevata incidenza della vertigine, come sintomo iniziale, ha l’insufficienza vertebro-vestibolare come causa comune
di vertigine in soggetti di età superiore ai 50 anni (Figura 3).
Figura 2. Decorso delle arterie vertebrali dalle quali origina l’arteria basilare che, attraverso l’arteria uditiva interna, vascolarizza l’apparato cocleo-vestibolare.
Legenda: PICA= arteria vertebrale posteroinferiore; AICA= arteria vertebrale anteroinferiore.
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Otoneurologia 2000 Marzo 09 n. 29
Casani – Anatomo-fisiologia del microcircolo labirintico
Figura 3. Approccio vestibologico alle forme centrali e periferiche di Insufficienza Vertebro-Basilare.
Legenda: UVL=unilateral vestibular loss; PPV=paroxysmal positional vertigo; SI=synchronization indices; AVA=anterior vestibular artery
Nel caso di un’ostruzione dell’arteria nella fossetta laterale del
bulbo, si può manifestare la sindrome di Wallenberg, associata a
sintomi neurologici, ma questa viene affidata al neurologo.
• Quali sono i casi che il vestibologo deve considerare?
Certamente i casi in cui la vertigine è isolata.
• È possibile dunque che esista una forma monosintomatica di insufficienza vertebro-basilare? Questo è un aspetto
che va studiato, perché si tende a sovrastimare, per
carenza di supporti diagnostici-strumentali validi, l’eziologia di alcune sindromi vertiginose. Questa sovrastima
non è scorretta, poiché numerose patologie che possono
essere indicate come episodio acuto di tipo periferico, in
realtà riconoscono un’origine centrale.
Sempre nell’ambito delle forme periferiche, gli episodi di “unilateral vestibular loss”, improvvisi o meno, seguiti da una vertigine
posizionale, rientrano nell’ambito della sindrome di LindsayHemenway. Questi esempi sottolineano l’importanza clinica di
valutare un’origine centrale e vascolare di problemi che apparentemente sembrano solo periferici, come bene evidenziato da un
recente lavoro (Lee et al, Neurology 2006) confermato da altri
studi, in cui si dimostra che almeno il 10% dei pazienti con infarto
cerebellare isolato hanno una situazione di vertigine come unico
sintomo della manifestazione ischemica; questo è un dato molto
importante (Figura 4).
L’esperienza del nostro Dipartimento nel valutare pazienti con sindrome vestibolare acuta, anche da un punto di vista centrale, ha
permesso, nell’arco di 4 mesi, di raccogliere 5 pazienti con infarto
cerebellare, a dispetto delle resistenza incontrate nell’eseguire
una risonanza urgente, aspetto che evidenzia come il problema
della diagnosi differenziale sia squisitamente pratico. Nella clinica
pratica un esame fondamentale per questi casi è il test di
Halmagyi, che rappresenta uno dei criteri diagnostici differenziali
più importanti, soprattutto in caso di normalità del test, ed è un ottimo indicatore per l’esecuzione degli accertamenti neuro-radiologiOtoneurologia 2000 Marzo 09 n. 29
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Numero speciale RAZIONALE DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO NELLA VERTIGINE VASCOLARE
Figura 4. Vertigine isolata come criterio diagnostico differenziale nell’infarto cerebellare.
Legenda: PICA=arteria vertebrale posteroinferiore; AICA= arteria vertebrale anteroinferior; SCA=arteria cerebellare superiore
ci, risonanza e angio-risonanza, che confermano poi l’origine centrale e vascolare della maggior parte dei casi di questi quadri clinici, di riscontro quotidiano nella pratica clinica della audio-vestibologia.
Nelle forme vascolari dell’orecchio interno ha un ruolo centrale la
fisiopatologia del microcircolo, la porzione del sistema vascolare
che finalizza il trasporto del sangue, cioè che porta nutrimento ai
tessuti attraverso l’endotelio.
I principali aspetti da sottolineare delle funzioni endoteliali sono:
• la capacità di sintetizzare i costituenti della matrice extracellulare, che sono gli elementi basali per l’adesione della cellula e
regolano il tono vascolare (es. endotelina - EDRF, endothelium-derived relaxing factor);
• il ruolo nell’angiogenesi (es. regolazione VEGF);
• il ruolo nei meccanismi della flogosi e dell’immunità, dato
importante per la clinica.
A utoregolazione del microcircolo e
Come si è detto, la risposta della parete vasale è modulata dalla
attività del glicocalice, attraverso il meccanismo di signaling, con lo
scambio di informazioni flusso-parete, in maniera molto simile a
quello che accade con i batteri nell’ambito del biofilm (Tabella 1).
risposta al danno endoteliale
L’endotelio, definito di recente gatekeeper, rappresenta l’unità funzionale vascolare più suscettibile a stimoli ischemici di carattere
aterotrombotico e/o emodinamico, soprattutto nei distretti microcircolatori. Alcuni autori lo definiscono “organo endoteliale”, per le
numerose funzioni che svolge nella regolazione della permeabilità
ad ossigeno e metaboliti e della emostasi, che in ultima analisi
definisce l’emoreologia del flusso e ne condiziona l’emodinamica
(Figura 5). L’endotelio non è una barriera inerte tra le macromolecole e i tessuti, bensì un’unità funzionale fondamentale per la
regolazione del microcircolo.
SIGNALING. Di particolare interesse è l’interfaccia attiva fra endotelio e flusso, definita glicocalice, che consiste di un sottile film di
glicosaminoglicani (GAGs), e garantisce lo scambio continuo di
informazioni fra elementi in circolo e struttura endoteliale, con un
processo definito signaling, che assicura la modulazione della permeabilità capillare, della viscosità ematica e quindi influenza i
meccanismi che sono alla base di una ipossia tissutale.
6
Otoneurologia 2000 Marzo 09 n. 29
MECCANISMO DI SIGNALING DEL GLICOCALICE
Elemento centrale nella stabilità fisiologica del microcircolo: tono
vascolare, permeabilità e bilancia emostatica vengono regolati dai
glicosaminoglicani (GAGs) a seconda degli stimoli (ad es. pressori)
•
•
•
•
•
•
Lo spessore del glicocalice va da un minimo di 0.5 μm dei capillari ai 4.5 μm della carotide.
I GAGs più rappresentati sono Eparina/Eparansolfato,
Dermatansolfato e Condroitinsolfato.
Regola l’uptake di macromolecole.
Attività antitrombotica specie per la presenza di
Dermatansolfato che inattiva la trombina tramite il Cof Hep II.
Protegge dai processi flogistici e protrombotici che si avviano
sulla parete vasale.
Il glicocalice contiene anche Glicoproteine (Selectine ed
Integrine) che lo legano alla cellule endoteliali.
TABELLA 1 – Il glicocalice di GAGs modula la risposta della parete
vasale (“signaling”).
Casani – Anatomo-fisiologia del microcircolo labirintico
Figura 5. Nell’autoregolazione del microcircolo, in cui intervengono parete vascolare ed endotelio, il glicocalice di GAGs ha un ruolo centrale di interfaccia attiva tra endotelio e flusso ematico.
In pratica questa struttura modula il tono vascolare e la permeabilità delle diverse esigenze metaboliche, per esempio in condizioni
di aumento o riduzione pressoria, o condizioni di stasi ematica e il
glicocalice di GAGs è di fondamentale importanza per evitare che
si verifichino eccessi di permeabilità capillare, che comporterebbero una ipossia tissutale, oppure un’attivazione di meccanismi
protrombotici che possono determinare la formazione di un coagulo capace di bloccare il circolo e quindi determinare a sua volta
ipossia tissutale.
GAGs e fisiopatologia del microcircolo
Il ruolo chiave del glicocalice nei processi fisiopatologici dei
distretti microcircolatori si può riassumere considerando che
ogni alterazione circolatoria, quale ipertensione, ipotensione,
diabete, processi aterotrombotici, conducono ad una scorretta
risposta endoteliale che, in ultima analisi, si traduce in un processo ischemico a carico delle strutture cocleo-vestibolari
(Figura 6).
Un aspetto particolare, spesso misconosciuto, delle patologie
vestibolari di origine vascolare, è quello della ipotensione, che
può essere legata alla stasi, dunque ad un problema del circolo
venoso, che come l’iperviscosità e l’iperlipemia creano alterazioni del glicocalice, delle cellule endoteliali e a cascata: un aumento della adesione piastrinica e dei leucociti alla parete vascolare,
alterazioni di permeabilità e microtrombi che hanno come esito
finale il processo ischemico. Un aspetto fondamentale del funzionamento del glicocalice di GAGs è rappresentato dalla carica
negativa, cioè dai gruppi solfato (SO4--), che respingono le piastrine ed i leucociti inibendo l’adesione di questi mediatori infiammatori e trombogenici, garantendo le condizioni fisiologiche della
parete vascolare.
Otoneurologia 2000 Marzo 09 n. 29
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Numero speciale RAZIONALE DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO NELLA VERTIGINE VASCOLARE
Figura 6. Il danno endoteliale e la conseguente degradazione dei glicosaminoglicani (GAGs) producono nel microcircolo una cascata di eventi fisiopatologici culminanti nel processo ischemico.
Se un paziente ha un danno endoteliale indotto da patologie
vascolari di base (quali ipertensione, diabete, iperlipemia, iperviscosità ematica), l’alterazione dello strato di glicosaminoglicani
produce una serie di conseguenze emoreologiche e tissutali. In
particolare, si verificano:
1. una riduzione dell’attività contrattile (riduzione CBF – Cochlear
Blood Flow) e della fibrinolisi che aumentano la viscosità ematica ed il rischio trombotico (adesione piastrine, leucociti e formazione di microtrombi);
2. un’attivazione del VEGF (Vascular Endothelial Growth Factor),
che da un lato iperpermeabilizza alle macromolecole la parete
vascolare, riducendo l’ossigenazione e dall’altro favorisce la
degradazione della matrice extracellulare sbilanciando la produzione di enzimi, quali le metallo-proteasi, che regolano con
i loro inibitori (TIMPs) la produzione di collageno e definiscono
la tenuta delle struttura endoteliale (Tabella 2).
Prove di questi meccanismi fisiopatologici a livello dell’orecchio
interno sono state portate da recenti studi su cavie con sindrome
di Alport, in cui c’è un’alterazione chiara dell’omeostasi labirintica
ed un innalzamento della metallo-proteasi (Gratton et al, Am J
Pathol, 2005).Tali caratteristiche sono del tutto analoghe a quelle
riscontrabili nei pazienti aterosclerotici laddove ci sia una flogosi
endoteliale. Un altro studio, tra l’altro italiano, mostra come nelle
cavie esposte a shock acustico ci sia un aumento della espressione del VEGF, che segue il processo flogistico endoteliale iniziale,
condizione correlata ad una contemporanea riduzione del flusso
ematico (Picciotti et al, Hear Res 2006) (Tabella 3).
DANNO ENDOTELIALE E DEGRADAZIONE DELLO STRATO DI GAGS
Conseguenze Tissutali:
• Iperpermeabilità ed infiltrati leucocitari da cui deriva una diminuzione della perfusione di O2.
• Diminuzione dell’attività contrattile e proliferazione dei periciti per produzione di VEGF con ispessimento della membrana basale.
• Degradazione della matrice extracellulare per aumento di Metalloproteasi (MMP) che si accumula negli spazi extracellulari.
Conseguenze Emoreologiche:
• Adesione di piastrine e leucociti e formazione di aggregati prodromi di fenomeni microtrombotici.
• Rilascio di fattori protrombotici (Tissue Factor) e riduzione di fattori inibenti l’attività della trombina.
• Ridotta attività fibrinolitica.
• Ridotto flusso ematico (stasi) per inibizione alla produzione di NO e prevalenza dei radicali liberi di ossigeno (Alterazione della bilancia NOx
(ossido nitrico)/ROS (radicali liberi di ossigeno).
TABELLA 2 – Modello di risposta al danno endoteliale nella fisiopatologia del microcircolo.
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Otoneurologia 2000 Marzo 09 n. 29
Casani – Anatomo-fisiologia del microcircolo labirintico
STUDI RECENTI HANNO FORNITO PROVE DEI MECCANISMI FISIOPATOLOGICI ATTIVATI DAL DANNO ENDOTELIALE A LIVELLO DELL’ORECCHIO INTERNO.
•
Gratton MA, et al. Matrix Metalloproteinase Dysregulation in the Stria Vascularis of Mice with Alport Syndrome. Implications for Capillary
Basement Membrane Pathology. Am J Pathol 2005
Le cavie con sindrome di Alport, caratterizzate da alterazioni dell’omeostasi labirintica, mostrano un innalzamento dei livelli di MMP 2-9 (proteasi
di degradazione della matrice endoteliale) tipici del rimodellamento vasale osservabile nella aterosclerosi che segue la flogosi endoteliale.
• Picciotti PM, et al. Vascular endothelial growth factor (VEGF) expression in noise-induced hearing loss. Hear Res 2006
Il flusso ematico dell’orecchio interno si riduce in esposizione al rumore. Nelle cavie esposte al rumore si è riscontrato un del VEGF, espressione
del processo flogistico endoteliale.
TABELLA 3 – Vertigini e Microcircolo.
In sintesi nell’orecchio interno ritroviamo alcuni elementi
patologici che si possono riscontrare in tutti gli altri distretti
circolatori, ragion per cui le anomalie del microcircolo cocleovestibolare possono essere elementi causali di numerose
manifestazioni vestibolari e uditive che noi riscontriamo nella
pratica clinica.
V asculiti e danno immuno-mediato
dell’orecchio interno
È noto che una patologia dell’endotelio e del microcircolo può causare un problema a carico dell’orecchio interno, così come si riconosce che le vasculiti non sono altro che processi infiammatori
della parete vasale.
Se si ha dunque un’alterazione della parete vasale su base
infiammatoria, in questo caso su base autoimmunitaria, è logico
ipotizzare tutti quei meccanismi di alterazione del glicocalice e la
cascata di eventi tissutali ed emoreologici alla base del meccanismo ischemico, come nella sindrome di Chung-Strauss, la granulomatosi di Wegener, e tutte le patologie dei piccoli vasi
(Tabella 4, Figura 7).
VASCULITI DEI PICCOLI VASI
• Granulomatosi di Wegener
• Sindrome di Churg Strauss
Figura 7. Nelle vasculiti, l’alterazione del glicocalice può risultare dai
processi infiammatori (su base autoimmune) della parete vasale.
Già da tempo si è visto come l’arterite a cellule giganti abbia un’incidenza di vertigine posizionale che è del 20% verso il 2% della popolazione generale, dato oggettivo che non può essere trascurato; così
come un lavoro sulla crioglobulinemia mista essenziale del nostro
gruppo ha evidenziato delle anomalie del microcircolo e dei piccoli vasi
ed ha riscontrato un’elevata incidenza di vertigine parossistica posizionale. Queste evidenze orientano a considerare anche nei casi immunitari il ruolo del microcircolo nella genesi di questi disturbi. Ancora più
interessante risulta lo studio dei pazienti con la sindrome di Susac, rari
fortunatamente, ma utilissimi per comprendere gli aspetti vascolari che
nella clinica quotidiana sono apparentemente meno visibili. In questi
pazienti ci sono delle anomalie a carico dei piccoli vasi, indotte praticamente da vasculite, per la quale si evidenziano infiltrati perivascolari, senza necrosi fibrinoide che riducono il flusso ematico, tant’è che l’aspetto tipico della risonanza è quella delle aree iperintense in T2 diffuse sia a livello corticale che a livello sottocorticale (Figura 8, Tabella 5).
VASCULITI DEI VASI MEDI
• Poliangioite Microscopica
• Porpora di Schonlein-Henoch
• Vasculite Crioglobulinemica
• Vasculite Cutanea Leucocitoclastica
• PoliArterite Nodosa (PAN)
• Malattia di Kawasaki
• Vasculite Isolata del SNC
VASCULITI DEI GRANDI VASI
• Arterite Temporale a Cellule Giganti (GCA)
• Arterite di Takayasu
TABELLA 4 – Classificazione delle vasculiti in base al calibro del vaso.
Figura 8. Aspetto tipico della risonanza magnetica nei pazienti con sindrome di Susac: aree iperintense in T2 diffuse sia a livello corticale che
a livello sottocorticale, esito dei microinfarti per trombosi indotta da
vasculite dei piccoli vasi.
Otoneurologia 2000 Marzo 09 n. 29
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Numero speciale RAZIONALE DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO NELLA VERTIGINE VASCOLARE
RARA SINDROME CAUSATA DA UNA ENCEFALOPATIA SUBACUTA MULTIFOCALE ASSOCIATA A SINTOMI AUDIOVESTIBOLARI E OCULARI CAUSATI DA
FENOMENI DI MICROANGIOPATIA DA VASCULITE ANCHE IN ASSENZA DI ALTERAZIONI SIEROLOGICHE TIPICHE.
• Cefalea, disturbi della memoria comportamentali, cognitivi e atassia.
La RM mostra aree iperintense in T2 diffuse sia a livello sopra che sotto-tentoriale (DD con SM) indotte da microinfarti per trombosi indotta da
vasculite dei piccoli vasi (infiltrati perivascolari ma non necrosi fibrinoide).
• Ipoacusia bilaterale neurosensoriale a rapida progressione o improvvisa (F medio-basse).
Vertigini ed instabilità con segni sia periferici (per ripetuti microinfarti del labirinto) che centrali.
• Alterazioni segmentali bilaterali del campo visivo causate da occlusione di rami dell’arteria centrale della retina.
Diagnosi con Fluoroangiografia.
•
Prognosi buona se diagnosi precoce e terapia con steroidi e immunosoppressori.
TABELLA 5 – Sindrome di Susac.
aspetti diagnostici
terata emostasi, era fortemente aumentato, così come i livelli di
fibrinogeno e di lipoproteine, sia nella fase acuta sia nel follow-up
di questi pazienti (Figura 9).
Gli studi sperimentali, di anatomo-patologia e di microscopia elettronica permettono dunque di analizzare numerosi elementi del
microcircolo, ma è nella traduzione clinica che queste informazioni acquisiscono un peso nelle decisioni diagnostiche e terapeutiche dell’audiologo e del vestibologo. Gli aspetti diagnostici sono
essenziali, dalla ricerca dei fattori di rischio vascolare nella anamnesi cardio-vascolare del paziente, ai reperti degli esami strumentali (Eco-Color-Doppler Sovraortrico, ECD-TC, RMN, etc.), ai biomarkers emato-chimici dei test di laboratorio, come ad esempio il
D-dimero, il fibrinogeno e le lipoproteine, che danno una indicazione eziopatogenetica come riportato in figura 9, confrontando un
gruppo di pazienti con una forma acuta periferica rispetto ad un
gruppo di menièrici, si è visto che il D-dimero, espressione di un’al-
In letteratura non esistono dati certi. Un lavoro epidemiologico
tedesco recente ha valutato l’associazione delle patologie comuni alla vertigine incrociando i registri e riscontrando che statisticamente c’è una correlazione con iperlipemia e ipertensione,
mentre invece il diabete non ha mostrato questo tipo di rapporto
con il problema vertigine (Neuhauser et al, Neurology 2005); in
un altro lavoro del 2006 è stato notato come i pazienti con sordità improvvisa mostrino un incremento del fibrinogeno (Rudack
et al, Thromb Haemost 2006), dato confermato peraltro da
numerosissimi studi sperimentali sulla sordità, che non trova
ancora però una piena conferma nella patologia vestibolare
(Tabella 6).
A. Il livello ematico delle lipoproteine(a) si abbassa
durante la fase acuta di una forma vertiginosa periferica, mentre si innalzano gli indici generici di flogosi (CRP, fibronogeno, citochine ecc.).
B. Aumento dei livelli di fibrinogeno, D-dimero, lipoproteine(a), leucociti nei pz con APV, sia nella fase
acuta che nel periodo di followup,rispetto a pz con
malattia di Menière.
S indromi vertiginose:
Figura 9. Le alterazioni di alcuni biomarkers emato-chimici (D-dimero, fibrinogeno lipoproteine) danno una indicazione eziopatogenetica, nella diagnostica della
vertigine vascolare.
Legenda: APV=patologia vertiginosa acuta.
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Otoneurologia 2000 Marzo 09 n. 29
Casani – Anatomo-fisiologia del microcircolo labirintico
VERTIGINI E MICROCIRCOLO
• Rudack C, et al. Vascular risk factors in sudden hearing loss.
Thromb Haemost 2006
Possibile una correlazione tra livelli serici di Fibrinogeno e Sordità
improvvvisa.
Correlazione non significativa tra Lipidi ematici e Sordità improvvisa nei pz con infarto miocardio.
•
Neuhauser HK, et al. Epidemiology of vestibular vertigo: a neurotologic survey of the general population. Neurology 2005
Iperlipemia ed Ipertensione sono correlabili all’insorgenza di vertigini di origine vestibolare mentre l’associazione con il diabete appare
meno significativa.
TABELLA 6 – Iperlipemia e ipertensione correlano con la vertigine.
L’iincremento del fibrinogeno correla con la sordità improvvisa.
Tra i fattori di rischio cardiovascolari quello che sembra più correlato con la flogosi endoteliale sembra essere la CPR, la proteina
C-reattiva, che molti magari prescrivono quando hanno di fronte
un paziente con tonsilliti recidivanti, ma che in realtà è considerato uno dei markers di rischio vascolare più importanti.
Recentemente è stato dimostrato come una frazione delle
gamma-GT può essere considerata un elemento importante predittivo di rischio vascolare; la gamma-GT sembra possedere un’azione pro-ossidante, quindi ci sarebbe uno squilibrio del rapporto
tra agenti ossidanti e ossido nitrico. Effettivamente esiste la possibilità che questo marker, analizzato in maniera adeguata, possa
essere ulteriormente utilizzato per orientare la diagnosi.
Partendo dal presupposto che è impossibile avere una diagnosi di vertigine vascolare su base strumentale, poiché i referti
descrivono variazioni anatomiche del circolo vertebro-basilare
mal correlate con il dato clinico, è utile considerare i dati clinico-anamnestici e soprattutto i fattori di rischio vascolari,
basandoci su di una ipotesi microcircolatoria ricca di riferimenti clinici in altri distretti e di riscontri sperimentali nel
distretto anatomico proprio, quello cocleo-vestibolare.
Tali elementi pongono il danno microcircolatorio quale fattore causale rilevante delle forme vertiginose acute su base vascolare: è
fondamentale, quindi valutare i markers, cioè gli indici flogistici ed
emoreologici che possono rappresentare l’alterazione del glicocalice e quindi della funzionalità endoteliale, dove i farmaci di parete
possono avere un ruolo significativo (Figura 10).
Figura 10. I Glicosaminoglicani come il Sulodexide inibiscono la flogosi endoteliale e l’adesione delle piastrine andando a rivestire la parete del vaso
(glicocalice) e creando una barriera di cariche negative che respingono i leucociti (ricchi di cariche --) grazie ai gruppi solfati (SO4--).
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Numero speciale RAZIONALE DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO NELLA VERTIGINE VASCOLARE
B ibliografia
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Corrispondenza:
Prof. Augusto Pietro Casani, Dipartimento di Neuroscienze - Sezione ORL, Università degli Studi di Pisa – via Savi 10 56126 Pisa
e-mail: [email protected]
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Otoneurologia 2000 Marzo 09 n. 29
numero speciale RAZIONALE DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO NELLA VERTIGINE VASCOLARE
Clinica dei disturbi del circolo posteriore
Marco Manfrin
Sezione di Clinica Otorinolaringoiatrica - Dipartimento di Scienze Chirurgiche,
Rianimatorie-Riabilitative e dei Trapianti d’Organo, Fondazione IRCCS Policlinico “San Matteo” e Università di Pavia – Pavia
Messaggi chiave
1. Le manifestazioni di deficit labirintico sono tipiche di condizioni in acuto, in quanto il quadro clinico del deficit cronico sfuma in una aspecificità generica che è comune a vari meccanismi patogenetici.
2. Nella ischemia del ramo vestibolare propriamente detto la sintomatologia uditiva è assente, mentre è importante il quadro vestibologico
(s. di Lindsay-Hemenway).
3. Un’ischemia del ramo cocleare propriamente detto determina esclusivamente sintomi uditivi improvvisi, senza fluttuazione.
4. Un deficit acuto del ramo cocleo-vestibolare si associa a instabilità posturale intensa, spesso anche a nistagmo verticale-rotatorio verso
il basso, ipoacusia sulle frequenze acute e acufene. Di riscontro l’assenza dei VEMPs.
5. Il deficit cronico dell’arteria uditiva interna può presentare ipoacusia percettiva “in discesa” associata a instabilità e iporeflettività vestibolare.
6. L’inquadramento semeiotico è essenziale per l’identificazione delle parti dell’orecchio interno coinvolte nel deficit vascolare.
I ntroduzione
La ricerca di sintomi e segni del deficit labirintico su base vascolare, obiettivamente riconducibili ad un evento vascolare di qualsivoglia natura all’interno delle varie strutture, è possibile sul versante uditivo ma non su quello vestibolare. Si parla quindi di una
semeiotica otoneurologica, perché ipoacusia, acufeni, vertigini,
instabilità possono essere legati ad un evento dell’orecchio interno, ad un evento dell’VIII nervo cranico, ad eventi del parenchima
intra-assiale del tronco e anche a livello del lobo cerebellare.
Le manifestazioni di deficit labirintico che possono presentarsi
all’audiologo e al vestibologo sono tipiche di condizioni in acuto, in
quanto il quadro clinico del deficit cronico sfuma in una aspecificità
generica che è comune a vari meccanismi patogenetici. Le differenze sono rilevanti perché cambiano le strategie terapeutiche, la
prognosi, le decisioni e l’atteggiamento clinico.
D eficit labirintico acuto e cronico
La risonanza magnetica – esame che peraltro non viene eseguito
in acuto – non ha capacità discriminante per identificare dal punto
di vista clinico il deficit labirintico di natura vascolare. Questo
aspetto è stato bene sottolineato da un recentissimo lavoro su casi
di sordità associata a vertigine improvvisa esaminati con RMN
(Son et al. Laryngoscope, 2007), dal quale risulta che solo il 35%
dei pazienti è positivo per patologie vascolari e affini, cioè per altre
patologie che avevano probabilmente come ultimo effettore un
evento vascolare (Figura 1). Dai quadri radiologici è risultato che
l’1,1% dei casi è imputabile all’orecchio interno responsabile di
perdita improvvisa della funzione cocleo-vestibolare; il 6,5% di
patologie è identificabile in risonanza magnetica a livello del condotto uditivo interno dell’angolo ponto-cerebellare; il 3,4% è attribuibile a patologie a carico del tronco e il 22% a carico delle strutture intra-assiali del sistema nervoso centrale.
L’emorragia intra-labirintica è l’unico elemento distintivo certo, che in
RMN si può vedere con l’inconfondibile segnale iperintenso in T1
legato alla presenza di sangue all’interno del labirinto membranoso,
nelle prime ore di un evento acuto a carico dell’orecchio interno.
Vascolarizzazione dell’orecchio interno e danno ischemico
Come fare diagnosi differenziale? Sono di aiuto alcune considerazioni sulla vascolarizzazione dell’orecchio interno (Figura 2).
Nella maggioranza dei casi l’arteria uditiva interna (AUI) è un vaso
che nasce dall’arteria cerebellare antero-inferiore (AICA); si tratta
cioè di una circolazione di tipo terminale, anche se si comincia a
considerare rilevante il fatto che a livello microscopico le zone
recettoriali sono alimentate da due circuiti arteriosi: uno preferenziale detto metabolico, e un altro per la quota di sangue che “shunta” assicurando un parziale compenso emodinamico del microcircolo a livello di singole zone recettoriali.
Esistono inoltre dei piccoli circoli perforanti provenienti dall’AICA
soprattutto nel tratto prossimale dell’AUI che coadiuvano la circoOtoneurologia 2000 Marzo 09 n. 29
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Numero speciale RAZIONALE DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO NELLA VERTIGINE VASCOLARE
lazione, motivo per cui una patologia estrinseca occlusiva a questo livello può creare un danno vascolare a valle
tanto più importante, quanto più distale è l’occlusione;
questo spiega ad esempio perché piccole neoformazioni all’interno del condotto uditivo interno abbiano una
discreta quota (5%) nei casi di sordità improvvisa e di
vertigine acuta, come ad esempio nei casi di neurinoma
intra-canalicolare.
Un’altra considerazione di carattere fisiopatologico riguarda la distinzione fra eventi vascolari di natura emorragica
e di tipo ischemico. Nell’ambito dei meccanismi intrinseci
che possono sostenere l’ischemia, i meccanismi tromboembolici sono rari, in ragione della posizione anatomica
dell’arteria uditiva, la cui emergenza ad angolo retto
rispetto all’AICA garantisce una certa protezione dai meccanismi embolici provenienti dalla sezione sinistra del
cuore. Tuttavia, la posizione ad angolo retto dell’arteria
uditiva espone l’intima del vaso a zone di turbolenza (alterazioni emodinamiche), dunque a maggiori probabilità di
danno endoteliale e attivazione di quei meccanismi trombotici che conducono ad un evento vascolare acuto.
Sul piano clinico si può concludere che un evento
Figura 1. Il segnale iperintenso in T1 è legato alla presenza di sangue all’interno del vascolare acuto è più probabile di un infarto dell’orecchio interno, e che fra gli eventi vascolari acuti le
labirinto membranoso.
Legenda: CUI = condotto uditivo interno; APC = angolo ponto-cerebellare; SNC = sistema trombosi dell’arteria uditiva interna sono più probanervoso centrale.
bili di un’embolia.
Figura 2. Vascolarizzazione dell’orecchio interno. Le aree segnalate dai circoli individuano le afferenze sensoriali che innervano singoli territori cocleovestibolari.
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Otoneurologia 2000 Marzo 09 n. 29
Manfrin – Clinica dei disturbi del circolo posteriore
ARTERIA
TERRITORIO
SEMEIOTICA CANALARE
SEMEIOTICA OTOLITICA
SEMEIOTICA COCLEARE
Uditiva interna
Orecchio interno
Ny spontaneo orizzontale-rotatorio, persistente, stazionario monodirezionale, pluriposizionale diretto
verso il lato sano
Ocular tilt reaction verso il lato Anacusia, acufeni
leso Verticale visiva soggettiva
inclinata verso il lato leso VEMPs
assenti
Vestibolare anteriore
o superiore
Utricolo
CSL
CSA
Idem
OTR sfumata
VVS patologica
VEMPs presenti
Vestibolo-cocleare
Sacculo
Ny spontaneo verticale-rotatorio OTR sfumata
CSP
verso il basso
VVS normale
Giro basale della coclea
VEMPs assenti
Ipoacusia neurosensoriale in discesa sugli acuti,
acufeni
Giro intermedio
Giro apicale della coclea
Ipoacusia neurosensoriale in salita sui gravi e sui
medi, acufeni
Cocleare propria
Assente
Normale
Normoacusia
TABELLA 1 – Semeiotica del deficit labirintico acuto su base vascolare.
Danno ischemico da deficit acuto
Negli eventi vascolari acuti, quindi, il danno si può estrinsecare a
carico di tutta l’arteria uditiva interna, ovvero su una parte dell’orecchio interno, partizione che ha anche un corrispettivo dal punto
di vista neurale, in ragione della posizione delle afferenze sensoriali che innervano singole aree cocleo-vestibolari, accentrandosi
poi nelle varie branche del nervo vestibolare a livello cocleare.
• L’arteria vestibolare anteriore o superiore, o ramo vestibolare propriamente detto, ha il compito di fornire l’apporto arterioso al canale semicircolare superiore e a quello laterale, oltre
che all’utricolo. Nel caso di un evento vascolare acuto in questa
area, permane l’attività del circolo posteriore, del sacculo e della
coclea: la sintomatologia cocleare è completamente assente ma
vi è un importante quadro riferito caratterizzato della sindrome di
Lindsay-Hemeway (vertigini intense che si accentuano con i
cambiamenti del capo e vomito intenso), legata alla presenza di
otoliti che si distaccano dalla macula dell’utricolo e attivano il
canale semicircolare posteriore perfettamente conservato.
• Esiste poi una zona intermedia vascolarizzata dall’arteria
cocleo-vestibolare, che ha in comune l’area recettoriale del
canale circolare posteriore, la macula del sacculo e il giro
basale della coclea. Nel caso di un evento vascolare acuto in
questa area, dal punto di vista della semeiotica si distingue un
quadro molto complesso, con instabilità posturale intensa di
durata variabile, sintomatologia vestibolare legata alla patologia maculare spesso con nistagmo verticale-rotatorio di tipo
transitorio, e comparsa di deficit uditivo monolaterale sulle frequenze acute di grado variabile, associato ad acufene.
• Il deficit acuto del ramo cocleare propriamente detto, che è
responsabile della perfusione arteriosa del giro intermedio e
apicale, si presenta con ipoacusia improvvisa sulle frequenze
medie e gravi, senza segni né sintomi vestibolari.
• Il limite tra il ramo cocleare dell’arteria cocleo-vestibolare ed il
ramo cocleare propriamente detto è la porzione di coclea relativa alla frequenza 4KHz, che viene considerata come “l’ultimo
prato dell’ultimo prato” a livello cocleare, fatto che ne comporta
una maggiore esposizione a danni vascolari e di altra natura.
Sulla base di queste considerazioni sulle modalità di presentazione di una manifestazione clinica parziale o totale, l’inquadramento
semeiotico è essenziale per l’identificazione delle parti dell’orecchio interno coinvolte nel deficit vascolare.
In tabella 1 è riportata una sinossi della semeiotica cocleare, canalare e otolitica del deficit vascolare acuto dell’orecchio interno; in
rosso sono segnalati gli elementi più significativi.
• Se il danno è nell’arteria uditiva interna, la lesione interessa tutto l’orecchio interno – Elementi di semeiotica: nistagmo
spontaneo orizzontale o rotatorio con le caratteristiche della
perdita improvvisa della funzione vestibolare monolaterale;
sintomi otolitici acuti (ad es. ocular tilt reaction verso il lato
leso, verticale visiva alterata, VEMPs assenti); il soggetto si
presenta fortemente ipoacusico o ipoacusico con acufeni.
• Se il danno riguarda l’arteria vestibolare anteriore o superiore, sono lesionati l’utricolo, il sacculo e il canale semicircolare
anteriore o superiore – Elementi di semeiotica: il quadro si presenta con lo stesso tipo di nistagmo come l’arteria uditiva interna;
la semeiotica otolitica è sfumata, per il precipuo coinvolgimento
dell’utricolo che entra piuttosto nella verticale visiva patologica;
caratteristicamente VEMPs presenti; soprattutto normoacusia.
• Se il danno avviene nel contesto vestibolo-cocleare, la lesione interessa sacculo, canale semicircolare posteriore e giro
basale della coclea – Elementi di semeiotica: compare un nistagmo acuto verticale rotatorio verso il basso che non è di facile
riscontro in posizione primaria di sguardo a paziente seduto e
non lo si vede frequentemente, poiché si perde l’afferenza tonica
di un solo canale semicircolare posteriore, mentre tutti gli altri
canali e gran parte del sistema otolitico funzionano ancora.
Questo nistagmo è quindi più di tipo posizionale, ed ovviamente
non parossistico. Questo tipo di nistagmo spontaneo verticale
rotatorio verso il basso si associa alla scomparsa dei VEMPs per
danno sacculare e si ha ipoacusia neurosensoriale in discesa
sugli acuti (tipicamente scende dai 4 KHz in giù) con acufeni.
• Se c’è compromissione dell’arteria cocleare propria a
livello del giro intermedio e apicale della coclea – Elementi
di semeiotica: assenza di nistagmo e di deficit otolitici; ipoacuOtoneurologia 2000 Marzo 09 n. 29
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Numero speciale RAZIONALE DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO NELLA VERTIGINE VASCOLARE
sia neurosensoriale in salita sui toni gravi e medi che frequentemente viene interpretata anche come idrope endolinfatica.
Se consideriamo valida questa classificazione, l’unico dato che
manca riguarda i casi di sordità improvvisa su tutte le frequenze,
per la quale è poco probabile un’origine vascolare, ad eccezione
dei casi in cui alla sordità improvvisa pan-frequenziale si associa
l’assenza dei VEMPs, dato che indica un coinvolgimento del sistema otolitico.
D iagnosi differenziale
Una forma di deficit acuto del labirinto su base vascolare o di altra
natura è praticamente indistinguibile da un evento emorragico o
ischemico nel territorio dei rami laterali della PICA, poiché si manifesta con uno stesso quadro nistagmico. La prognosi è chiaramente molto differente nei due casi e la diagnosi differenziale può
essere fatta con la semeiotica al letto del paziente, per esempio
eseguendo il test di Halmagyi e con la stimolazione simultanea
fredda. L’episodio potrebbe essere confuso anche come una sordità improvvisa, segno di come una vertigine acuta possa essere
espressione di una sofferenza di un ramo dell’AICA, ovvero il prodromo iniziale di una sindrome di Wallenberg in cui subentrino cluster di sintomi neurologici come la paralisi del facciale, la disartria,
etc. . Questa considerazione motiva la necessità del ricovero e del
monitoraggio nelle prime 48-72 ore per i pazienti con cocleo-vestibolopatie in acuto.
La stimolazione fredda simultanea permette inoltre di escludere gli
eventi a livello del sistema nervoso centrale, poiché in questo caso
i due labirinti porterebbero ad una inibizione simultanea e il nistagmo spontaneo non si modificherebbe.
Figura 3. Quadro audiometrico di ipoacusia da deficit cocleare.
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Otoneurologia 2000 Marzo 09 n. 29
La diagnosi differenziale più frequente in clinica è quella di esclusione dell’evento infettivo neuronitico vestibolare, per la quale
si considerano un insieme di caratteri e criteri clinici (dalla tipologia di paziente, al tipo di neurite:vestibolare/cocleare/cocleo-vestibolare), ma anche criteri epidemiologici, eziologici, radiologici,
audiologici e terapeutici.
• Le forme di nevrite infettiva a carico del nervo vestibolare colpiscono in età diversa da quella standard per gli eventi vascolari (over 50) – prevalentemente quindi interessano giovani
privi di fattori di rischio cardiovascolari – e presentano una
certa periodicità.
• Esistono poi criteri eziologici per i quali è ormai accertata l’incidenza dell’origine virale di queste forme di neurite, soprattutto da Herpes simplex, agente patogeno che arriverebbe molto
facilmente attraverso le anastomosi acustico-facciali al nervo
vestibolare superiore (molto importante lo studio dei VEMPs).
• Si considerano inoltre i criteri audiologici, secondo i quali qualora sia coinvolto il nervo cocleare, difficilmente ci può essere
un recupero e di frequente risulta pan-frequenziale.
• Nei criteri radiologici si discute molto se sia possibile con la
risonanza magnetica vedere una neurite infettiva. Non esistono tuttavia dati certi da un punto di vista statistico, piuttosto
segnalazioni di esperienze personali su prese di contrasto in
T1 con gadolinio multifocali del nervo, che non hanno trovato
riscontro in altri studi.
• Fra i criteri terapeutici ex juvantibus, si riscontra un netto
miglioramento con l’impiego dell’antivirale e del cortisonico
nelle forme d’origine infettiva.
Sul versante cocleare quando si ha un’ipoacusia come quella
riportata in figura 3, è difficile capire cosa sia successo nell’orecchio interno o lungo il nervo cocleare.
Manfrin – Clinica dei disturbi del circolo posteriore
Questo quadro può essere comune alle due forme (neuronite –
deficit su base vascolare), ma l’assenza dei VEMPs segnala l’esistenza di un problema di tipo vascolare all’interno del vestibolo
cocleare. Infatti, in presenza di un evento acuto ischemico, le cel-
lule ciliate interne sono le prime a perdere funzionalità, come nel
caso riportato in figura 4, caratterizzato da una curva tonale che
interessa le frequenze gravi e medie: l’ipoacusia che supera i 60
decibel interessa la zona di competenza di queste cellule.
Figura 4. Quadro audiometrico di ipoacusia che supera i 60 decibel, interessando la zona di competenza delle cellule ciliate interne.
Quindi il deficit acuto su base vascolare si può distinguere facilmente da un primo attacco idropico, perché difficilmente nella
malattia di Menière si ha un’ipoacusia che supera i 60 decibel e il
danno prevalente è a carico delle cellule ciliate esterne (Figura 5).
Figura 5. Quadro audiometrico di ipoacusia che non supera i 60 decibel, compatibile con attacco di idrope endolinfatica. La zona d’interesse è quella
delle cellule ciliate esterne.
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Numero speciale RAZIONALE DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO NELLA VERTIGINE VASCOLARE
Deficit labirintico cronico su base vascolare
Il deficit labirintico cronico su base vascolare sfuma in un quadro
di aspecificità sul versante cocleare e sul versante labirintico
posteriore. In tabella 2 è segnalata la vertigine parossistica posizionale nei soggetti vascolari, ma in realtà in una popolazione di
pazienti labirinto-litiasici i segni vascolari accertati sono compresi
dal 2% all’11% dei casi.
Per quanto riguarda la coclea, la semeiotica strumentale indica
SEDE
SINTOMI
un’ipoacusia neurosensoriale che ha una morfologia variabile,
poiché il deficit della coclea su base vascolare s’intreccia oltre
che con una comorbilità sistemica di ordine endocrinologico,
metabolico, diabetico, ecc. anche con altre patologie multifattoriali dell’orecchio interno come ad esempio la presbiacusia, il trauma acustico, il vasospasmo, il difetto arterioso in corso di trauma
acustico e, come nella patogenesi vascolare, anche con l’idrope
endolinfatica.
SEMEIOTICA FISICA
SEMEIOTICA STRUMENTALE
COCLEA
Ipoacusia (bilaterale)
Acufeni (+/-)
Negativa
Ipoacusia neurosensoriale (<60 dB)
con morfologia variabile (piatta, in
discesa, in salita); recruitment (+/-)
LABIRINTO POSTERIORE
Instabilità
Negativa NyPP da CSP o CSL
Iporeflettività bilaterale VEMPs (+/-)
TABELLA 2 – Semeiotica del deficit labirintico cronico su base vascolare.
CASO CLINICO. Nella pratica clinica quotidiana dell’audiologo
e del vestibologo l’età è spesso l’unico elemento di discrimine
per valutare la probabilità che un evento vascolare dell’orecchio interno si sia verificato o possa verificarsi nel soggetto
esaminato.
L’età di un soggetto anziano e una storia anamnestica delle
eventuali patologie cardiovascolari acute e croniche sono le uniche informazioni sulle quali orientare il sospetto diagnostico nella
maggior parte dei casi.
In realtà, è possibile in diversi casi trarre ulteriori indicazioni
semplicemente dall’osservazione dell’orecchio esterno; la plicatura del lobulo è infatti una circolazione di tipo terminale e un
segno di distrofia in questa sede (Figura 6) rivela quasi sempre
un soggetto iperteso, infartuato o dislipidemico; è quindi un indicatore delle condizioni della microcircolazione del paziente nell’area anatomica di interesse.
Figura 6. L’atrofia del lobo dell’orecchio esterno è un segno indicatore di
deficit della microcircolazione nell’area anatomica di riferimento.
B ibliografia
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•
Lee H, Ahn BH, Baloh RW. Sudden deafness with vertigo as a sole manifestation of anterior inferior cerebellar artery infarction. J Neurol Sci
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Lee H, Sohn S-I, Cho YW, Lee S-R, Ahn BH, Park B-R, Baloh RW. Cerebellar infarction presenting isolated vertigo. Frequency and vascular topographical patterns. Neurology 2006;67:1178-83.
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Son EJ, Bang JH, Kang JG. Anterior inferior cerebellar artery infarction presenting with sudden hearing loss and vertigo. Laryngoscope
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Corrispondenza:
Prof. Marco Manfrin, Sezione di Clinica Otorinolaringoiatrica - Fondazione IRCCS Policlinico “San Matteo” e Università di Pavia - P.le Golgi, 2 27100 PAVIA
e-mail: [email protected]
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numero speciale RAZIONALE DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO NELLA VERTIGINE VASCOLARE
I fattori di rischio e i markers specifici e aspecifici
nelle vertigini vascolari
Daniele Nuti
U.O.C. di Otorinolaringoiatria, Policlinico Le Scotte - Università degli Studi di Siena
Messaggi chiave
1. La ricerca dei fattori di rischio e dei markers viene orientata nella maggioranza dei casi su base arteriosclerotica a carico delle arterie
succlavie, delle vertebrali e della basilare.
2. Nei pazienti con disturbi dell’equilibrio (dizziness) bisogna considerare fattori favorenti il sintomo vertiginoso, come l’ipotensione o le
malformazioni arteriose congenite o acquisite del sistema vertebro-basilare.
3. La vertigine è il sintomo cardine anche nella sindrome occlusiva dell’arteria vertebrale da rotazione della testa (“sindrome dell’arciere”),
per interruzione del flusso da compressione meccanica, se coesistono una agenesia di una vertebrale e una spondilosi controlaterale.
4. Altro fattore predisponente è a dolicoectasia vertebro-basilare, costituita da dilatazioni e tortuosità del sistema vertebro-basilare, congenita nei giovani o espressione di arteriosclerosi negli anziani.
5. L’emicrania basilare, che si presenta con una serie di sintomi e segni che sono tipici dell’ischemia vertebro-basilare, è un fattore di rischio
di malattie vascolari.
A spetti di diagnosi differenziale
Un “marker” classico delle vertigini vascolari, che non è un fattore
di rischio nel senso stretto del termine, è rappresentato dal tipo di
vertigine del paziente. Quando il soggetto racconta di ripetuti episodi vertiginosi che durano alcuni minuti e sono abbastanza ben
raggruppati in un certo lasso di tempo (15, 20 giorni, un mese), fra
le possibilità sul campo la più probabile è quella che si tratti di una
vertigine di origine vascolare. Questo è stato appurato da lavori di
epidemiologia ben fatti della scuola di Los Angeles.
Un’altra possibilità è che si tratti di una vertigine di tipo emicranico, che è comunque un tipo di affezione che può riguardare la
circolazione, rientrando nell’ambito delle vasculopatie. Questo tipo
di vertigini può presentarsi associato o meno ad altri sintomi di tipo
neurologico e nei casi di crisi ripetute nel tempo, si associa ad altri
sintomi di tipo tronco-encefalico, quali disartria, dismetria, ecc. In
questi casi la possibilità che si tratti di una vertigine di tipo vascolare aumenta senz’altro.
Fra le vertigini vascolari, quelle meglio identificabili sono dovute a
una ipoperfusione del sistema vertebro-basilare con ischemia
simultanea di più aree a livello periferico e/o centrale; quando
è tutto il sistema vertebro-basilare ad essere ipoperfuso, la sede di
origine va ricercata dal cuore ai grossi vasi del torace, al collo,
all’arteria vertebrale, e all’arteria basilare In molti casi comunque la
ipoperfusione avviene a carico di un singolo vaso, quindi con una
ischemia ben circoscritta quale può essere quella del territorio
vestibolare solamente, o quella del territorio uditivo. La sede di origine in questi casi è vicina all’origine del piccolo vaso (Tabella 1).
VASCULITI DEI PICCOLI VASI
• Ipoperfusione del sistema Vertebro-Basilare, con ischemia
simultanea di più aree (periferiche e centrali)
• Possibile sede di origine: cuore, grossi vasi del torace, collo,
arterie vertebrali, arteria basilare
• Ipoperfusione di un singolo vaso, con ischemia di un’area circoscritta
• Sede di origine: vicina alla origine del piccolo vaso
TABELLA 1 – Possibile sede d’origine dell’ischemia nelle vertigini
vascolari.
Quando la vertigine vascolare è caratterizzata da un’ischemia di un
piccolo vaso è praticamente impossibile effettuare una diagnosi
differenziale tra vertigini di tipo vascolare e vertigini di tipo
virale, essendo clinicamente analoghi i quadri di deficit da neurite
vestibolare e da ischemia del territorio dell’arteria vestibolare. Si utilizzano allora criteri indicativi valutando, ad esempio, se il soggetto
è anziano, iperteso, ipercolesterolemico, diabetico, casi nei quali
sarà più probabile che si tratti di una vertigine di tipo vascolare.
Le due categorie, cioè ipoperfusione di tutto il sistema oppure di un
ramo terminale non sono mutualmente esclusive, quindi si possono sommare e questa è l’evenienza più frequente. È possibile,
infatti, avere un’assenza di sintomi nell’affezione dei piccoli vasi per
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Numero speciale RAZIONALE DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO NELLA VERTIGINE VASCOLARE
il compenso di rami collaterali, mentre quando si somma, si realizza una ipoperfusione del sistema vertebro-basilare e allora l’espressione sintomatica può essere di ischemia focale o infarto.
La ricerca dei fattori di rischio e dei markers viene orientata nella
maggioranza dei casi su base arteriosclerotica a carico delle arterie succlavie, delle vertebrali e della basilare (Figura 1).
zione atriale che danno origine a embolia o trombo-embolia,
malattie del ritmo cardiaco (Tabella 3).
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Ipertensione
Fumo
Diabete
Ipercolesterolemia-iperlipidemia
lipoialinosi
Ipertrofia ventricolare
Fibrillazione atriale (embolia)
Malattie del nodo del seno-asistolia-blocco A-V
Sesso
Età
Familiarità
TABELLA 3 – Fattori di rischio.
Figura 1. Un ictus ischemico può derivare da patologie delle arterie di
maggiore calibro o dei vasi di piccolo calibro (arterie perforanti).
Legenda V=Rami perforanti.
Meno frequenti, ma comunque possibili sono gli emboli, la dissezione e le arteriti, la policitemia, la tromboangioite, le sindromi da
ipercoagulazione ed anche ovviamente i traumi e in particolare
alcuni tipi di trauma (Tabella 2).
CAUSE
• Arteriosclerosi delle arterie succlavie, vertebrali e basilare
• Emboli
• Dissezione
• Arteriti-vasculiti
• Policitemia
• Tromboangioite obliterans
• S. da ipercoagulazione
• Traumi
TABELLA 2 – L’eziologia su base arteriopatica è la più frequente.
Oltre ai fattori di rischio maggiore (età, ipertensione, fumo, diabete, ipercolesterolemia) che danno indicazioni sul trattamento da
effettuare, ce ne sono altri come l’ipertrofia ventricolare, la fibrilla-
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Otoneurologia 2000 Marzo 09 n. 29
Uno dei fattori di rischio più importanti è sicuramente la familiarità
per le malattie cerebro-vascolari, anche nei pazienti giovani che
abbiano avuto nella famiglia episodi di ictus o ischemia a carico
del miocardio; questi soggetti sono maggiormente predisposti
rispetto a quelli che non hanno familiarità ischemica cerebrale; se
poi la familiarità di ictus si somma a una familiarità per ipertensione, diabete o ipercolesterolemia, ovviamente il rischio di contrarre
una vertigine di tipo vascolare aumenta esponenzialmente.
L’identificazione di markers di ipotetico danno endoteliale del
microcircolo dell’orecchio interno (Tabella 4). può essere
importante, ma non sempre ci si può basare esclusivamente su
questi, come ad esempio nei pazienti che non hanno vere vertigini, crisi vertiginose, vertigini ricorrenti, o grandi vertigini isolate, ma
piuttosto dei disturbi dell’equilibrio (dizziness) o delle presbiastasie, per i quali bisogna considerare anche fattori di rischio o
favorenti il disturbo vertiginoso, come l’ipotensione, le malformazioni arteriose congenite o acquisite del sistema vertebro-basilare,
la compressione estrinseca e l’emicrania.
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D-dimero (Alterazione del sistema emostatico)
Lipoproteine (Diminuzione livello ematico durante forma vertiginosa acuta)
Proteina C-reattiva (Marker dei processi arteriopatici)
Fibrinogeno, citochine (Aumento dei comuni indici di flogosi)
TABELLA 4 – Markers del danno endoteliale del microcircolo labirintico.
IPOTENSIONE. È un fattore favorente il disturbo vertiginoso con
una dualità di sintomi: il sintomo da ipotensione ortostatica, che
esprime un ridotto afflusso cerebrale diffuso, non è una vera vertigine, ma piuttosto un’instabilità; protraendosi nel tempo, l’ipoafflusso può provocare un vero episodio vertiginoso, a causa dell’insorgere di una ischemia transitoria o meno.
MALFORMAZIONI ARTERIOSE CONGENITE O ACQUISITE.
Sono sicuramente un fattore di rischio vascolare importante per le
Nuti – I fattori di rischio e i markers specifici e aspecifici
vertigini, soprattutto se sommate a una compressione estrinseca.
L’asimmetria di calibro tra le arterie vertebrali anche significativa è
presente nel 50% delle persone. Nel 20% degli individui l’arteria
vertebrale è emodinamicamente insufficiente; i neurologi e gli specialisti che si occupano di angiografia ritengono che un calibro di
almeno 2 mm sia indispensabile per un buon flusso. Quindi, il
riscontro di una arteria vertebrale normale e di una arteria vertebrale ipoplasica, se non addirittura assente, è un indicatore certo
che il cervelletto, il tronco e il labirinto sono esposti ad un rischio
maggiore di possibile sofferenza da ipoafflusso, specialmente se
coesiste una spondilosi cervicale che in qualche modo può comprimere il vaso più grande e pervio. La spondilosi cervicale è molto
frequente soprattutto dopo una certa età, ma sono molto rari i casi
documentati di compressione meccanica sulle arterie vertebrali.
Le lesioni arteriosclerotiche riguardano principalmente l’origine
delle vertebrali e della succlavia, mentre il secondo e il terzo segmento delle arterie vertebrali sono più vulnerabili ai traumi, alla
dissecazione spontanea, alla displasia fibrosa e alla compressione da parte di osteofiti che è comunque abbastanza rara.
Sindrome occlusiva dell’arteria vertebrale da rotazione
della testa
Una forma non frequente di insufficienza vertebro-basilare (IVB) è
quella descritta come Bow Hunter Syndrome, cioè la “sindrome
dell’arciere”, che ruota la testa a 90° rispetto all’asse sagittale,
movimento che in casi aprticolari può determinare un meccanismo
per cui l’arteria vertebrale controlaterale compressa provoca un’ischemia a livello tronco-encefalico (Figura 2).
La sede dell’ostruzione di solito è antero-occipitale e si tratta di una
compressione meccanica dell’arteria vertebrale da parte di estensioni muscolari e/o tendinee, di osteofiti o altre modificazioni degenerative derivanti da spondilosi cervicale. Deve coesistere inoltre
una stenosi o malformazione del vaso verso cui si ruota la testa (ipo-
plasia dell’arteria vertebrale, sua confluenza nella PICA). La rotazione della testa verso un lato a circa 90° determina la compressione verso la vertebrale controlaterale; se la testa ruota verso il lato
stenotico viene compressa l’arteria vertebrale dominante e si ha
un’interruzione del flusso con la vertigine come sintomo cardine. Ci
possono essere anche acufeni e se l’occlusione diventa importante
si avranno anche altri sintomi da deficit irrorativo.
Questa IVB, descritta da autori della scuola tedesca, è caratterizzata da un nistagmo di tipo irritativo, però si può avere spesso un
nistagmo di tipo eccitatorio. Tale condizione comporta un rischio
imminente di infarto cerebellare e la diagnosi si fa con il doppler
trans-cranico, che mette in evidenza un significativo decremento
della velocità di flusso nell’arteria vertebrale con la rotazione della
testa; in alternativa si esegue un’angiografia dinamica, più specifica.
CASI CLINICI. Un paziente con disturbi dell’equilibrio, trattato con
delle manipolazioni cervicali di tipo rotazionale, non stretching, ha
sviluppato immediatamente singhiozzo e vertigine prolungata, ed è
giunto alla nostra osservazione mostrando segni analoghi ad una
sindrome di Wallenberg causata da torsioni del collo. Se gli arcieri
sono pochi e i fisioterapisti sono tanti, i golfisti sono addirittura milioni ed esiste una “sindrome del golfista” che dipende dalla necessità
di ruotare in modo importante le spalle, condizione che può realizzare quanto sopra descritto. In letteratura sono descritti casi di stroke
vertebro-basilari in giocatori di golf, avvenuti durante la partita.
Dolicoectasia vertebro-basilare
Un altro fattore di rischio predisponente alle vertigini è la dolicoectasia vertebro-basilare, costituita da dilatazioni, allungamenti e tortuosità del sistema vertebro-basilare (Figura 3). Questa può essere l’espressione di una arteriosclerosi negli anziani, cioè l’arteria vertebrale o comunque il sistema vertebro-basilare si può dilatare enormemente e quindi rallenta il flusso di sangue che deve arrivare al
Figura 2. Sindrome dell’arciere, in un quadro di spondilosi cervicale (++ a livello atlanto-assiale C1-2).
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Numero speciale RAZIONALE DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO NELLA VERTIGINE VASCOLARE
cervello, ma può essere anche dovuta nei giovani a un difetto congenito della parete vasale.
Questa sindrome può avere un decorso asintomatico, ma può dare
anche disturbi neurologici, da compressione del deflusso liquorale,
da compressione sul tronco, sui nervi cranici, tipo conflitto neurovascolare, e più facilmente determina una compromissione dell’apporto ematico al sistema vertebro-basilare. In uno studio su 23
pazienti con deficit condolico-basilare, il 52% aveva vertigini ricorrenti per minuti e ore e il 13% aveva avuto un unico episodio di vertigine prolungata. In molti di questi pazienti c’era un deficit unilaterale, ma in ben 4 su 23 c’era un deficit vestibolare bilaterale, quindi
il deficit di flusso interessava entrambi i labirinti. I sintomi uditivi e
vestibolari possono avere origine per compressione sul nervo o più
facilmente per difetto di perfusione delle strutture labirintiche.
Emicrania
L’emicrania può essere considerata come un importante fattore di
rischio per le vertigini vascolari e iniziano ad essere numerosi i
lavori che lo comprovano. Si tratta di una malattia genetica, multigenica, ed esistono molte sindromi emicraniche dovute a mutazioni dei geni dei canali ionici. La più nota è l’emicrania familiare emiplegica, che si accompagna a volte a vertigine, a nistagmo riscontrabile in molti familiari, ma anche nell’emicrania basilare è stato
individuato un gene, la cui mutazione è causa della malattia. I canali ionici del calcio, potassio e sodio sono critici per il mantenimento
del potassio nell’endolinfa e per l’eccitabilità neuronale (il calcio
entra e il potassio esce). Un loro difetto provoca una reversibile
depolarizzazione delle cellule ciliate e gli attacchi vertiginosi tipici
della vertigine ricorrente benigna dell’adulto, ma giustifica anche la
possibilità di un’associazione tra emicrania e malattia di Menière.
Ma per il coinvolgimento del gene del calcio si può avere un vasospasmo delle branche vestibolari dell’arteria uditiva interna.
Quindi sono numerose le segnalazioni di vertigini emicraniche con
ischemia o con infarto del labirinto e d’altra parte la International
Headhache Society fra le complicanze dell’emicrania riconosce la
Figura 3. Angiografia digitale di dolicoectasia vetebro-basilare.
possibilità di un infarto emicranico che può riguardare il sistema
vertebro-basilare, oltre quello carotideo.
Il torcicollo parossistico infantile, che è un precursore della vertigine
parossistica infantile, è stato attribuito ad una possibile aura senza
cefalea per ischemia del tegmentum mesencefalico; anche nei bambini quindi l’emicrania sarebbe un fattore di rischio di malattie vascolari. L’emicrania basilare, di cui recentemente da una scuola italiana
è stato identificato il gene responsabile, si presenta con una serie di
sintomi e segni che sono tipici dell’ischemia vertebro-basilare, quindi anche questo costituisce un fattore di rischio importante. Nei
pazienti emicranici vi è un elevato rischio di sviluppare la vertigine
posizionale parossistica, presumibilmente per un danno ricorrente
dell’orecchio interno da vasospasmo che predispone ad un disturbo
del microcircolo e che può facilitare il distacco otolitico.
B ibliografia
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Brandt T, Baloh RW. Rotational vertebral artery occlusion: a clinical entity or various syndromes? Neurology 2005;65:1156-7.
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Corrispondenza:
Prof. Daniele Nuti, U.O.C. di Otorinolaringoiatria, Policlinico Le Scotte – Viale Bracci 16 53100 Siena
email: [email protected]
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Otoneurologia 2000 Marzo 09 n. 29
numero speciale RAZIONALE DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO NELLA VERTIGINE VASCOLARE
Strategie terapeutiche
La ricerca del razionale della terapia medica nelle vertigini vascolari
Sandra Sigala, Francesca Parini, PierFranco Spano
Dipartimento Scienze Biomediche e Biotecnologie, Sezione di Farmacologia - Centro Universitario di Studio e Ricerca D.I.F.F.
"Documentazione, Informazione e Formazione sul Farmaco", Università degli Studi di Brescia
Messaggi chiave
1. L’impiego dei farmaci emoreologici nella vertigine vascolare mira al ripristino della funzione dell’organo endoteliale nella fisiologica autoregolazione del microcircolo, quando l’equilibrio emostatico è compromesso da un danno della parete e del glicocalice nel sistema cocleovestibolare.
2. I fattori di rischio vascolare sono la causa di fenomeni microtrombotici nel microcircolo e possono provocare la manifestazione di una vertigine vascolare.
3. Le alterazioni del glicocalice e dei glicosaminoglicani (GAGs) che lo costituiscono provocano, a livello della struttura della parete del capillare, iperpermeabilità, perdita della produzione di monossido d’azoto insieme a conseguenze di tipo emoreologico con la formazione di
microtrombi.
4. Nel paziente con una vertigine di tipo vascolare bisogna certamente trattare il sintomo, ma è molto importante procedere con una terapia di tipo causale.
5. L’associazione GAGs/eparina (come il Sulodexide) inibisce la flogosi endoteliale e l’adesione delle piastrine andando a rivestire il glicocalice e creando una barriera di cariche negative che respingono i leucociti (ricchi di cariche negative) grazie ai gruppi SO4 --.
6. Grazie alle componenti (80% Eparina-20% Dermatansolfato) Sulodexide presenta attività antitrombotica-profibrinolitica e inibizione dei
processi infiammatori a carico della parete vascolare, con indiretto effetto antiaggregante.
E ndotelio: un organo con diverse funzioni
Le basi razionali dell’uso di farmaci emoreologici e dell’applicazione
di strategie terapeutiche antitrombotiche nelle vertigini vascolari
poggiano sul ruolo dell’organo endoteliale nella patogenesi
ischemica e trombotica, che trova riscontro nel distretto cerebrale
(Small Vessel Disease) e nei prati terminali del sistema cocleo-vestibolare, dove le variazioni emodinamiche (flusso), emoreologiche
(fibrinogeno) ed emostatiche (microtrombi), locali o sistemiche,
favoriscono un impoverimento dell’apporto di ossigeno e nutrienti
alle cellule nervose nei diversi letti microcircolatori (Figura 1).
L’endotelio non è infatti una semplice barriera tra il sangue e la
parte extracellulare, ma è un organo estremamente vitale e dinamico (Tabella 1), caratterizzato da una struttura funzionale denominata glicocalice (vedi Box).
RAPPRESENTA UNA BARRIERA CON PERMEABILITÀ SELETTIVA
• Funge da filtro di “segnali” originati nel sangue
• È sia l’origine che il target di fattori che modificano la risposta
biologica
• Modula eventi fisiopatologici locali
REGOLA IN MODO DINAMICO:
• I fenomeni di emostasi e di trombosi
• Il tono vascolare
• La crescita ed il rimodellamento vascolare
• Le reazioni immunitarie ed infiammatorie
Figura 1. Meccanismi patogenetici delle vertigini vascolari.
TABELLA 1 – Funzioni dell’organo endoteliale.
Otoneurologia 2000 Marzo 09 n. 29
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Numero speciale RAZIONALE DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO NELLA VERTIGINE VASCOLARE
GLICOCALICE
STRUTTURA
DELL’ENDOTELIO
•
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–
–
–
FUNZIONALE
Garantisce coesione tra le cellule endoteliali
Influenza:
permeabilità capillare
viscosità ematica
processi coagulativi
Anche in cardiologia lo studio di endotelio e glicocalice è sempre
più importante nella indagine fisiopatologica, tanto da aprire
spazi di formazione nei corsi universitari sulla farmacologia dell’endotelio. L’azione dei nuovi farmaci cardiovascolari è mirata al
ripristino di una corretta funzionalità sia dell’endotelio che del glicocalice.
L’endotelio è un organo che bilancia i fattori pro-aggreganti con
quelli anti-aggreganti (bilancia emostatica) e questo equilibrio nel
microcircolo diventa estremamente delicato (Figura 2).
L’endotelio inoltre produce monossido d’azoto ad azione vasodilatante, e subisce un’azione vasocostrittrice ad opera dell’angiotensina II oppure ad opera dell’endotelina. Esistono poi l’azione
anticoagulante svolta dagli anticoagulanti fisiologici come l’eparina e un’azione pro-coagulante svolta da una serie di fattori dell’emostasi.
Un aspetto rilevante da sottolineare è che il glicocalice di GAGs è
il reservoir di una serie di interleuchine pro-infiammatorie che si
liberano quando la struttura di glicosaminoglicani viene alterata in
condizioni patologiche, cioè sotto l’azione di fattori di rischio
vascolari meccanici (es. IVB), metabolici (iperglicemia, alterazioni
ormonali) e trombotici. Il glicocalice inoltre limita il legame delle
citochine circolanti all’endoltelio e quindi l’attivazione di tutti i processi infiammatori (Tabella 2).
Il glicocalice è una pellicola estremamente idratata, simile a un gel,
con uno spessore variabile da 0.5 a 3 micron che riveste la parte
luminale dell’endotelio di tutto l’albero circolatorio, dal microcircolo ai vasi di maggiore calibro. Ha un ruolo importante, in particolare a livello dei capillari che costituiscono la più ampia area di
scambio con i tessuti e che sono costituiti da solo endotelio.
Il film semifluido del glicocalice è costituito da un intreccio di glicoproteine, glicosaminoglicani (GAGs), proteoglicani e proteine plasmatiche.. In superficie (zona esterna) è composto prevalentemente da GAGs, rappresentati soprattutto da eparina, dermatansolfato
ed eparansolfato (acido ialuronico). Numerosi GAGs vanno a coniugarsi con proteine (formando proteoglicani) o con lipidi (formando
glicolipidi).
Un aspetto fisiologico fondamentale del glicocalice è la presenza di
cariche negative esposte verso il lume endoteliale, costituite da
gruppi solfidrilici e carbossilici, le quali respingono leucociti e piastrine (soprattutto i leucociti che hanno carica negativa), impedendo che inizino il processo di rimarginazione, adesione e fissazione
all’endotelio che attiva i processi di infiammatori della parete
vascolare.
All’interno di questa struttura estremamente idratata si trovano
tutta una serie di proteine che hanno un ruolo importante per il
mantenimento della funzionalità del microcircolo, come l’aantitrom bina III (fattore anti-coagulante), la superossido-dismutasi extracel lulare, cioè un enzima che riduce la quantità di radicali liberi circolanti. Oltre a queste proteine esiste una serie di sostanze che
hanno un’azione anti-coagulante contenute a livello del glicocalice
e liberate nel sangue, fra le quali la lipoproteinlipasi che influisce
sulla lipidemia. Altri fattori di crescita, come il VEGF, stimolano la
proliferazione sia della muscolatura che del connettivo dei vasi e la
superossido-dismutasi.
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Otoneurologia 2000 Marzo 09 n. 29
Figura 2. L’endotelio è un organo che mantiene in equilibrio i fattori proaggreganti e anti-aggreganti (bilancia emostatica).
Sigala et al. – Strategie terapeutiche
FATTORI VASCOLARI
Antitrombina III
Cofattore Eparinico II
TFPI
FGFr
Ec-SOD
IL2, 3, 4, 5, 7, 8, 12 RANTES (CCL5)
FUNZIONI VASCOLARI PRINCIPALI
Potente inattivatore di proteasi pro-coagulanti quali: trombina, fattori Xa e IXa; l’attività viene amplificata dall’eparina e dal glicocalice di GAGs.
Inattivazione della trombina. Viene attivato dal dermatansolfato nel glicocalice endoteliale.
Anticoagulante - Inibitore del Tissue Factor plasmatico (fattore VII attivato) Proteina anticoagulante
che blocca il fattore VIIa e Xa. LPL Enzima coinvolto nel breakdown delle lipoproteine a bassa densità. VEGF Potente stimolatore dell’angiogenesi. TGF‚1/2 Fattore di crescita che regola la differenziazione delle cellule muscolari lisce, il tono vascolare e la reattività.
Fattore di crescita coinvolto nella proliferazione cellulare e nella angiogenesi.
Quencher extracellulare di specie reattive dell’ossigeno.
Chemiotassi dei leucociti nel sub-endotelio; coinvolto nella adesione e diapedesi. Il glicocalice riduce il legame delle citochine ai recettori della superficie della parete.
TABELLA 2 – Fattori vascolari la cui funzione fisiologica dipende dalla interazione con il glicocalice endoteliale (Reitsma et al. Pflugers Arch – Eur J
Physiol, 2007).
L’analisi in vivo della sezione trasversale di un capillare (Figura 3)
mostra le strutture polisaccaridiche anioniche (formate da glicoproteine, proteoglicani e GAGs) che associate a plasma-proteine
(es. albumina, fibrinogeno), fattori di crescita (es. VEGF), enzimi
(es. LPL, SOD) acqua, costituiscono uno strato idratato simile ad
un gel e mantengono la pellicola di glicocalice in posizione. Risulta
A. La sezione trasversale di un capillare miocardico in vivo
mostra nel lume endoteliale:
- Glicocalice e strutture polisaccaridiche
evidente come la funzione endoteliale sia espressione del glicocalice: infatti, questa interfaccia flusso-endotelio è sensibile all’azione di enzimi degradanti i glicosaminoglicani come la ialuronidasi,
che determina l’avvio dell’infiammazione con la formazione di
edema perivascolare e l’attivazione e la perdita della funzionalità
endoteliale.
B. Dopo un’ora di perfusione con ialuronidasi, il capillare
mostra:
- Perdita del glicocalice
- Sviluppo di edema perivascolare
Figura 3. Lume endoteliale di un capillare miocardico (sezione trasversale in vivo) prima (A) e dopo perfusione con enzima degradante il glicocalice
(B) (van den Berg et al. Circ Res 2003).
I fattori di rischio vascolare influenzano la costituzione del glicocalice e la funzionalità endoteliale. Una recentissima meta-analisi dei
lavori sperimentali e clinici pubblicati (Tabella 3) ha mostrato come
una serie di fattori di rischio vascolare, tra i quali la stasi e/o il
basso shear stress di parete del flusso, così come l’iperglicemia, il
diabete e l’iperlipidemia provochino danni a livello della struttura
del glicocalice, con conseguente perdita di produzione del monossido d’azoto (NO) a livello endoteliale e contestuale riduzione della
vasodilatazione capillare (Figura 4). La produzione del monossido
d’azoto è fondamentale per l’emodinamica dei distretti vascolari e
la sua regolazione sembra essere legata alle proteine che fluttuano all’interno del glicocalice e trasmettono alla parete i segnali
meccanici (pressione), chimici (es. glicemia) e biologici (es. enzimi) che circolano nel flusso ematico, garantendo una fine modulazione che adegua, momento per momento, la risposta vascolare
alle esigenze metaboliche.
È noto che i fattori di rischio vascolare sono la causa di fenomeni
microtrombotici nel microcircolo e possono provocare la manife-
Otoneurologia 2000 Marzo 09 n. 29
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Numero speciale RAZIONALE DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO NELLA VERTIGINE VASCOLARE
Aree di shear stress insufficiente
• Stimolo del flusso insufficiente per la produzione di NO (Caro et al., Kelly and Snow, Arisaka et al.)
Iperglicemia
• Azzeramento della risposta allo shear stress (Kelly et al.)
• Danno endoteliale (Nieuwdorp et al.)
Diabete
• Danno endoteliale (Nieuwdorp et al.)
Iperlipidemia
• Danno endoteliale (Vink et al.)
• Riduzione della resistenza capillare (Constantinescu et al.)
• Adesione dei leucociti (Constantinescu et al.)
TABELLA 3 – Effetti dei fattori di rischio aterosclerotici su costituzione del glicocalice e funzionalità endoteliale (Noble et al. QJM 2008).
Figura 4. Effetti dei fattori di rischio aterosclerotici sul glicocalice endoteliale e le sue funzioni. (Noble et al. QJM 2008).
stazione di una vertigine vascolare. Le alterazioni del glicocalice e
dei glicosaminoglicani che lo costituiscono provocano, a livello
della struttura della parete del capillare, iperpermeabilità, perdita
della produzione di monossido d’azoto insieme a conseguenze di
tipo emoreologico con la formazione di microtrombi (Tabella 4).
DISFUNZIONE ENDOTELIALE AREA COCLEO-VESTIBOLARE
Su queste basi, quando un paziente arriva all’osservazione
con una vertigine di tipo vascolare, bisogna certamente trattare il sintomo, ma se esiste il razionale per una vertigine
vascolare, è molto importante procedere con una terapia di
tipo causale.
MECCANISMO FISIOPATOLOGICO
FISIOPATOLOGIA VASCOLARE
Iperpermeabilità
Alterazione equilibrio
perilinfa/endolinfa (Na+/K+)
Alterazione funzione Hair Cells
(Na+/K+ dipendente)
Perdita funzione
Cocleo-Vestibolare
Infiammazione
Microcircolo
Cocleo-Vestibolare
Disfunzione endoteliale
- Adesione leucociti
- Adesione piastrine
- produzione NO
Disfunzione microcircolo
- Iperpermeabilità
- Microtrombi
- Tono vascolare
Trombogenesi
Microcircolo cerebrale
Disfunzione endoteliale
- Microtrombi (es. Arteria uditiva interna)
Disfunzione microcircolo
- Ischemia
Tono vascolare ( NO)
Microcircolo
Cocleo-Vestibolare
TABELLA 4 – Alterazione del glicocalice di GAGs nel microcircolo cocleo-vestibolare).
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Otoneurologia 2000 Marzo 09 n. 29
Sigala et al. – Strategie terapeutiche
Figura 5. Terapia sintomatica dell’attacco vertiginoso.
S trategie terapeutiche
Terapia sintomatica
Per definire la strategia terapeutica è fondamentale definire il
razionale dell’impiego di determinati farmaci ed il loro scopo. È
dunque importante chiarire che per terapia sintomatica generalmente ci si riferisce a una terapia soppressiva della funzione vestibolare e alla terapia anti-emetica (Figura 5).
I farmaci utilizzati in quest’ambito vanno proprio ad agire sui neurotrasmettitori che giocano un ruolo fondamentale nella regolazione di queste funzioni, quali il GABA, l’istamina, l’acetilcolina e la
dopamina. Si tratta quindi di farmaci che agiscono sui recettori per
l’istamina (antistaminici), per l’acetilcolina (anticolinergici), per la
dopamina (antidopaminergici), per il GABA (benzodiazepine); un
discorso a parte meritano la betaistina e la flunarizina, in quanto
farmaci con meccanismi d’azione particolari (vedi Box).
La maggioranza dei farmaci sintomatici non presentano una selettività d’azione, nel senso che non sono in grado di agire su un solo
recettore, ma agiscono su più recettori.
Terapia causale
Nella patogenesi delle vertigini di origine vascolare il ruolo dell’endotelio, del microcircolo e dei glicosaminoglicani (glicocalice) è fondamentale come precedentemente descritto. Su queste basi è pos-
sibile individuare, per la terapia causale, i farmaci che mirano al
trattamento dei fattori all’origine della vertigine vascolare. Si tratta
dunque di farmaci che agiscono sulla coagulazione del sangue, tra
i quali gli antiaggreganti, gli anticoagulanti ed i farmaci di parete.
ANTIAGGREGANTI. Acido acetilsalicilico (ASA) e ticlopidina
sono i farmaci maggiormente usati (Figure 7, 8).
• L’ASA viene utilizzato come antiaggregante ad una dose di 100
mg al giorno ed è in grado di inibire l’aggregazione piastrinica,
andando a inibire la sintesi del trombossano 2, che è una
sostanza con una forte azione pro-aggregante, attraverso l’inibizione irreversibile della ciclo-ossigenasi, enzima che catalizza la
formazione del trombossano a partire dall’acido arachidonico.
L’ASA agisce anche a livello della cellula endoteliale, andando
ad inibire la sintesi di prostacicline, sostanza con proprietà
antiaggreganti (al contrario del trombossano): dunque l’effetto
antiaggregante si limita al flusso e non coinvolge la parete.
Infine l’ASA risulta ototossico, aspetto che esclude ogni possibile ruolo causale nella terapia delle vertigini vascolari.
• La ticoplidina è in grado di inibire l’aggregazione piastrinica
mediante l’inibizione dell’aggregazione ADP-mediata, nel senso
che si lega a un recettore per l’adenosina presente sulle piastrine, e va ad aumentare la produzione dell’AMP-ciclico con conseguente inibizione dell’aggregazione piastrinica. Viene impiegata a dosi di 250 mg fino a due volte al giorno.
Otoneurologia 2000 Marzo 09 n. 29
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Numero speciale RAZIONALE DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO NELLA VERTIGINE VASCOLARE
TERAPIA SINTOMATICA SOPPRESSIVA DELLA FUNZIONE
VESTIBOLARE
ANTISTAMINICI. Non agiscono esclusivamente sui recettori H1 e, soprattutto quelli di
prima generazione, presentano anche un’azione anticolinergica, alfalitica e antidopaminergica, il che rende ragione degli importanti effetti collaterali, primo tra tutti la sedazione. Per ovviare al problema della sedazione la ricerca ha creato farmaci sempre più
selettivi, rappresentati dagli antistaminici di ultima generazione, tra i quali la classe delle
difenilpiperazine che presentano, oltre a un’attività propriamente emoreologica, anche
un’attività calcio-antagonista. Il più usato è la cinnarizina che oltre ad agire come antistaminico è in grado di inibire la vasocostrizione periferica. A questa famiglia appartiene anche la flunarizina che presenta un meccanismo d’azione specifico, comportandosi da calcio-antagonista e bloccando i canali per il calcio di tipo T.
BENZODIAZEPINE. Il farmaco più impiegato è il diazepam, che potenzia l’azione del
neurotrasmettitore inibitorio GABA, importante a livello dei circuiti nervosi che regolano la funzione vestibolare ed il centro del vomito. L’attività GABA-ergica delle benzodiazepine viene inoltre sfruttata per l’effetto ansiolitico e sedativo.
ANTICOLINERGICI (ANTAGONISTI DEI RECETTORI MUSCARINICI). Vengono impiegati
quelli a struttura non quaternaria, che permette loro di passare la barriera ematoencefalica, e tra questi, la scopolamina.
ANTIDOPAMINERGICI. Antagonizzano i recettori della dopamina sia a livello centrale
che periferico. Vene utilizzata soprattutto la trietilperazina, che appartiene alle classi
delle fenotiazine: è in grado di agire sui recettori per la dopamina; presenta anche
un’attività ·1-bloccante e anticolinergica.
BETAISTINA. Analogo strutturale della istamina, da un punto di vista farmacodinamico
viene classificata come agonista dei recettori H1 per l’istamina e soprattutto come
antagonista dei recettori H3 dell’istamina; agisce sui vasi, sul sistema nervoso centrale e sull’orecchio interno e il suo meccanismo d’azione viene ricondotto sia perifericamente che centralmente. Perifericamente va ad agire da antagonista sui recettori
H3, quindi aumentando innanzitutto il flusso ematico vestibolo-cocleare e riducendo
anche il funzionamento asimmetrico degli organi vestibolari. Centralmente agisce sugli
auto-recettori H3, che sono dei recettori presinaptici deputati alla regolazione e al
feedback negativo del rilascio di istamina. La betaistina, agendo da antagonista, va ad
aumentare il rilascio di istamina dai nuclei vestibolari.
ANTICOAGULANTI. Nei pazienti che presentano un elevato rischio cardiovascolare può essere indicato l’impiego di anticoagulanti orali, farmaci con impatto di maggiore entità sulla coagulazione, ma meno maneggevoli,
soprattutto per l’elevato rischio di sanguinamento.
Acenocoumarolo e warfarin, sostanze analoghe da
un punto di vista chimico, si differenziano per caratteristiche farmacocinetiche.
• Il warfarin presenta un’emivita più lunga. Sono in
grado di inibire la coagulazione del sangue andando
ad inibire l’enzima epossido-reduttasi, che riattiva la
vitamina K che è stata consumata nel cosiddetto processo di carbossilazione, dei fattori della coagulazione vitamina K-dipendenti.
FARMACI DI PARETE. L’organismo possiede anticoagulanti fisiologici – le eparine e i glicosaminoglicani (anche
l’eparina è un glicosaminoglicano) – che sono definiti “farmaci di parete” perché permettono di mantenere l’integrità
dell’endotelio attraverso un’azione che si esplica con: riduzione di adesione di piastrine e di leucociti al lume endoteliale; inibizione dell’attivazione piastrinica; inibizione dell’accrescimento del trombo; lisi di un trombo già costituito;
hanno inoltre un’attività pro-fibrinolitica (Tabella 5).
• Esistono due forme di eparina: le eparine ad alto peso
molecolare (eparina calcica – 30.000 Dalton) ed eparine a basso peso molecolare (EBPM) (3-6.000
Dalton). La differenziazione in base al peso molecolare delle eparine si traduce in clinica nell’utilizzo delle
EBPM per via iniettiva, come anticoagulanti in
fase acuta, e dei glicosaminoglicani (es. sulodexide), per via iniettiva e/o orale, come antitrombotici di parete.
Figura 7. L’attività di antiaggregante piastrinico dell’acido acetilsalicilico consiste nell’inibire la sintesi di Trombossano A2 (TXA2), determinando l’acetilazione irreversibile di una Ser vicina al sito attivo della COX 1. Inoltre inibisce il fattore trascrizionale NF-kB
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Otoneurologia 2000 Marzo 09 n. 29
Sigala et al. – Strategie terapeutiche
• La principale differenza nel meccanismo d’azione
fra anticoagulanti (EBPM) e antitrombotici di parete (glicosaminoglicani-GAGs) consiste nel fatto
che i primi inibiscono selettivamente il Fattore Xa,
importante nella fase acuta di embolizzazione
(distacco dalla parete vascolare) del trombo formato, mentre i secondi inibiscono anche gli altri fattori della cascata coagulativa, fondamentali nella formazione del trombo sulla parete vascolare danneggiata. Le EBPM hanno il pentasaccaride, strettamente
specifico per il fattore Xa, e un numero inferiore a 13 di
unità di saccaridiche. Tutti i GAGs a basso e medio
peso molecolare (3-9.000 Dalton) (Chest ACCP 2008)
a differenza della Eparina calcica, hanno un’attività limitata sul Fattore IIa (antiaggregante), determinante per il
rischio emorragico delle eparine.
Tali caratteristiche rendono, da un punto di vista pratico (sicurezza e maneggevolezza), le EBPM e gli
Antitrombotici di Parete (es. Sulodexide) rispettivamente utili nel Tromboembolismo Arterioso (TEA) e
nel trattamento/prevenzione delle microtrombosi a
carico dei sistemi microcircolatori.
Figura 8. Ticlopidina e clopidogrel inibiscono l’aggregazione ADP-dipendente, inibendo in modo irreversibile (formazione di un ponte S-S) il recettore per l’adenosina
P2Y12 (che induce aggregazione piastrinica in seguito ad inibizione della produzione
di cAMP).
Nuove prospettive terapeutiche dell’associazione
GAGs/Eparina
Eparine e glicosaminoglicani giocano un ruolo fondamentale nel mantenimento dell’integrità della funzione
endoteliale. L’associazione GAGs/eparina inibisce la flogosi endoteliale e l’adesione delle piastrine andando a
rivestire il glicocalice e creando una barriera di cariche
negative che respingono i leucociti (ricchi di cariche
negative) grazie ai gruppi SO4 --.
• Sulodexide è un’associazione tra eparina e glicosaminoglicani. È costituito per l’80% da eparina a
basso e medio peso molecolare (6-8.000 Dalton) e per
il 20% da dermatansolfato (antitrombotico fisiologico).
• Presenta attività farmacologiche che sono da
ricondurre all’attività di entrambe le componenti
che lo costituiscono (Figura 9).
1. Alla frazione eparinica (80%) spetta l’azione antitrombotica di parete che Sulodexide esplica
mediante l’inibizione sui fattori IIIa e Xa, e l’inibizione
dell’adesione piastrinica all’endotelio, attraverso la
ricostituzione del glicocalice di parete.
FARMACI DI PARETE: EPARINE A BASSO PESO MOLECOLARE (EBPM) e GLUCOSAMINOGLICANI (GAGs)
• Conferiscono atrombogenicità al lume vasale (ridotta adesione di piastrine e leucociti)
• Inibiscono la formazione del trombo (inibizione dell’attivazione piastrinica)
• Inibiscono l’accrescimento del trombo (inibizione del Cof Eparinico II)
• Favoriscono la lisi di un trombo già costituito (attività anti-Xa)
• Stimolano la fibrinolisi (azione emoreologica su tPA e PAI)
TABELLA 5 – Anticoagulanti fisiologici: eparine e glucosaminoglicani (GAGs).
Otoneurologia 2000 Marzo 09 n. 29
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Numero speciale RAZIONALE DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO NELLA VERTIGINE VASCOLARE
Figura 9. Attività farmacologiche del Sulodexide riconducibili alle componenti: eparina (80%) e dermatansolfato (20%).
2. Alla frazione dermatanica spetta un’azione antitrombotica
dovuta all’inibizione specifica del Cofattore II dell’eparina,
determinante nel depostio di trombina al trombo in formazione
adeso alla parete endoluminale e importante anche nel rilascio
di un fattore pro-trombotico come il Tissue Factor (TF).
3. La componente dermatanica presenta anche una potente
azione fibrinolitica perché aumenta la liberazione dell’attivatore tissutale del plasminogeno (tPA) e riduce la liberazione
dell’inibitore del plasminogeno attivato (PAI), che insieme
costituiscono la bilancia fibrinolitica fisiologica.
• L’azione più importante, evidenziata con gli studi più recenti,
riguarda l’inibizione dei processi infiammatori a carico
della parete vascolare, che sono quasi sempre alla base dei
processi ischemici (iperpermeabilità e riduzione del tono
vascolare) e trombotici (adesione piastrinica e cascata coagulativa). Un effetto indiretto, ma di fondamentale importanza
riguarda l’azione antiaggregante per la riduzione dell’aggregazione piastrinica mediata dai leucociti.
Infine è da sottolineare che una delle prime azioni scoperte per
questo farmaco di origine biologica riguarda l’attività di normalizzazione dei valori lipidici, per aumento della liberazione delle lipoproteinlipasi, dal quale deriva l’unità di misura ULS (Unità
Lipasemiche Sistemiche).
La figura 10 riassume l’attività antitrombotica del Sulodexide,
dovuta sia alla componente eparinica che dermatanica, e l’attività
fibrinolitica dovuta alla componente dermatanica.
30
Otoneurologia 2000 Marzo 09 n. 29
•
Una prova dell’azione antiflogistica di parete (ridotta adesione dei leucociti alla parete vascolare) del Sulodexide riguarda l’inibizione dei valori di proteina C-reattiva (PCR) in circolo,
cioè di un marker specifico di rischio cardiovascolare. Uno studio del 2005nel ha valutato la capacità del Sulodexide di inibire il valore di PCR, dimostrando una riduzione della sua produzione e del suo deposito a livello dell’endotelio. Analoga inibizione avviene per le frazioni di complemento che costituiscono il MAC, per cui si riduce l’attivazione del complemento
e il suo deposito a livello delle cellule endoteliali. Sulodexide si
è dimostrato inoltre efficace anche nella riduzione della percentuale di zona infartuata suscettibile a riperfusione cardiaca,
indicando un’altra possibile indicazione nella riduzione del
rischio di riperfusione in seguito ad ischemia.
Altri studi recenti hanno inoltre dimostrato un’azione favorevole del
Sulodexide nelle microangiopatie diabetiche, per la capacità di
ridurre la proteinuria, riconosciuta a livello internazionale (Società
di Diabetologia e Ipertensione) come importantissimo biomarker
del Rischio Cardio-Vascolare per tutti i letti vascolari e non più solo
per quello renale. La proteinuria rappresenta la quantità di albumina che passa dal microcircolo alle urine ed è un indice affidabile
della permeabilità endoteliale. Nei soggetti microalbuminurici (30300 µg/dl) e macro-albuminurici (> 300 µg/dl) l’eccesso di albumina che passa nelle urine indica una iperpermeabilità microcircolatoria. Per i soggetti diabetici e/o ipertesi l’aumento della proteinuria è un marker del danno endoteliale su tutti i letti vascolari, com-
Sigala et al. – Strategie terapeutiche
Figura 10. Attività antitrombotica-profibrinolitica del Sulodexide.
preso quello sovraortico cerebrale, che muove il Rischio CV di
eventi acuti, TIA ed Ictus compresi da 2 a 8 (odd ratio) rispetto ai
pazienti ipertesi e/o diabetici con normoalbuminuria.
La normalizzazione della proteinuria da parte di farmaci come
il Sulodexide riduce la progressione della microangiopatia diabetica e, nel caso di disturbi audio-vestibolari di origine
microangiopatica, mostra un forte razionale di terapia causale.
Da un punto di vista farmacocinetico Sulodexide presenta due
picchi ematici, segno che viene captato da organi di deposito
come l’endotelio e viene lentamente rilasciato. Presenta infatti un
volume di distribuzione di 71 lt, elevato quindi, tipico dei farmaci
che vengono accumulati negli organi di deposito; l’escrezione è
prevalentemente urinaria. Da sottolineare inoltre la scarsità degli
effetti collaterali soprattutto in termini di un basso rischio di sanguinamento.
In conclusione, per una terapia causale nei disturbi audio-vestibolari di origine vascolare, è da considerare il ruolo dell’endotelio e del glicocalice dove il Sulodexide mostra un razionale in
termini di mantenimento dell’integrità dell’endotelio.
• Da un punto di vista clinico, il razionale è stato testato da diversi
studi, fra i quali citiamo il Vascular Vertigo, (Vasc Vert Study) che
ha mostrato l’efficacia del Sulodexide nell’ambito delle vertigini
vascolari. I soggetti con diagnosi di vertigine vascolare studiati,
dopo essere stati stratificati in base ai fattori di rischio, sono stati
suddivisi in base al trattamento: quelli già trattati con ASA o con
ticlopidina hanno continuato questa terapia; quelli non ancora in
trattamento sono stati messi in terapia con Sulodexide. Dopo
due mesi di terapia, sia gli antiaggreganti sia il Sulodexide si
sono dimostrati efficaci nella riduzione dei sintomi, intesi come
stabilità posturale e anche sintomi neurovegetativi.
B ibliografia
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Corrispondenza:
Prof. Sandra Sigala, Dipartimento Scienze Biomediche e Biotecnologie – Sezione di Farmacologia – Centro Universitario di Studio e Ricerca D.I.F.F.
"Documentazione, Informazione e Formazione sul Farmaco", Università degli Studi di Brescia – viale Europa, 11 25123 Brescia
e-mail: [email protected]
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Otoneurologia 2000 Marzo 09 n. 29