Scambio di informazioni nel diritto antitrust

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Scambio di informazioni nel diritto antitrust
LO SCAMBIO DI INFORMAZIONI
NEL DIRITTO ANTITRUST ITALIANO
E DELL’UNIONE EUROPEA.
RECENTI SVILUPPI
di Luca Villani
Tar Lazio, Sezione I, sentenze 4 maggio 2016, nn. 6470, 6471, 6474, 6475, 6476, 6477, 6478, 6483,
6484, 6486, 6503
Con le sentenze in commento il TAR Lazio ha accolto i ricorsi presentati da alcune imprese attive nel
mercato dei servizi di post-produzione televisiva avverso il provvedimento tramite il quale l’AGCM aveva accertato la sussistenza di una violazione dell’articolo 2 della legge n.287/1990 consistente in una
intesa unica e continuata, avente ad oggetto uno scambio di informazioni ed il coordinamento delle
politiche di offerta in sede di partecipazione alle gare RAI.
Nella ricostruzione del TAR, non solo le informazioni scambiate non costituirebbero dati commerciali
sensibili, ma l’Autorità non avrebbe sufficientemente provato il raggiungimento di un accordo anticoncorrenziale relativo alla partecipazione alle gare.
Sommario: 1. Introduzione – 2. Il caso dei servizi di post-produzione di programmi televisivi RAI. – 2.1. Il procedimento I771-Servizi di post-produzione di programmi televisivi RAI. – 2.2. Le sentenze del TAR Lazio. – 3. Lo
scambio di informazioni tra concorrenti tra prassi e giurisprudenza nazionale ed europea. – 3.1. Cenni generali. – 3.2. Valutazione concorrenziale. – 3.2.1. Le caratteristiche del mercato rilevante. – 3.2.2. Le caratteristiche
delle informazioni scambiate. In particolare, le informazioni pubbliche. – 4. Conclusioni.
1.Introduzione
Con sentenze numero 6470, 6471, 6474, 6475,
6476, 6477, 6478, 6483, 6484, 6486 e 5603 del 4
maggio 2016 (depositate in data 6 giugno 2016),1
il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
ha accolto i ricorsi presentati da alcune società
attive nel mercato dei servizi di post-produzione
televisiva e dall’associazione di categoria New
Italian Broadcasting Association (da ora innanzi,
NIBA) avverso il provvedimento con il quale l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato
aveva ritenuto che le condotte oggetto di istruttoria costituissero una intesa unica e continuata.2
Reperibili sul sito internet www.giustizia-amministrativa.it.
Cfr. provvedimento n.25489 del 27 maggio 2015, caso
I771 – Servizi di post-produzione di programmi televisivi RAI,
in Boll.21/2015.
1
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Più in dettaglio, nella ricostruzione a suo tempo
operata dall’AGCM, l’intesa sarebbe consistita in
uno scambio di informazioni e nel coordinamento
delle politiche di offerta in sede di partecipazione
alle gare RAI per i servizi di post-produzione relativi ad alcuni programmi televisivi.
Le pronunce in commento presentano almeno
due profili di interesse. Da un lato, forniscono un
utile contributo circa il regime probatorio in materia di parallelismo di condotte; dall’altro, arricchiscono il filone giurisprudenziale – italiano ed
europeo – relativo ai parametri per determinare la
liceità di uno scambio di informazioni tra concorrenti.
Il presente contributo ha ad oggetto tale seconda tematica, ponendosi l’obiettivo – muovendo
dalle vicende poste alla base del provvedimento
dell’AGCM prima e delle sentenze del TAR Lazio
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Lo scambio di informazioni nel diritto antitrust italiano
poi – di fornire una breve disamina dello stato
dell’arte in materia di scambio di informazioni tra
concorrenti, con particolare riguardo al valore da
attribuire alle caratteristiche del mercato sul quale
insistono le condotte ed allo scambio di informazioni pubbliche.
A tal fine, dopo una breve ricostruzione del
procedimento istruttorio dinanzi all’AGCM (§2.1.)
e del percorso logico-argomentativo seguito dal
TAR Lazio (§2.2.), ci si soffermerà su taluni aspetti
dell’antitrust assessment in materia di scambio di
informazioni, così come ricostruiti dalla dottrina,
dalla soft law europea e dalla casistica europea e
nazionale (§3), per poi valutare eventuali profili di
discontinuità delle sentenze in commento con il
quadro precedentemente dettagliato (§4).
2. Il caso dei servizi di post-produzione di programmi televisivi RAI
2.1. Il procedimento I771 – Servizi di post-produzione di programmi televisivi RAI
Con provvedimento del 27 maggio 2015, l’AGCM
deliberava che NIBA e talune imprese attive nel
mercato dei servizi di post-produzione televisiva
avessero posto in essere una intesa unica e continuata nell’ambito delle gare per l’affidamento dei
servizi di post-produzione relativi a diversi programmi RAI per la stagione televisiva 2013-2014.3
L’istruttoria era stata avviata a seguito della presentazione, da parte di RAI-Radiotelevisione Italia
S.p.A., di una segnalazione relativa ad un presunto accordo che avrebbe avuto luogo nell’ambito
di alcune procedure selettive tenutesi tra agosto e
settembre 2013. In conseguenza di tale accordo,
i servizi oggetto di gara sarebbero stati aggiudicati ad un prezzo più elevato di quello praticato
in passato, o comunque a condizioni economiche
meno vantaggiose per la stazione appaltante rispetto a quelle che avrebbero potuto determinarsi
in presenza di un indisturbato confronto concorrenziale.
Le procedure di affidamento in questione
trovano la propria disciplina in fonti di auto-regolamentazione della RAI, atteso che, come rilevato nello stesso provvedimento, “i servizi di
post-produzione rientrano nell’ambito del setto3
I servizi di post-produzione raggruppano una categoria non omogenea di attività, tra cui montaggio di materiale
audio-video, riversamento materiale, correzione colore, sottotitolazione, inserzione dei titoli di testa e di coda, cambio
formato, cambio standard ed elaborazione grafica.
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re radiotelevisivo e pertanto, ai sensi dell’articolo
19, comma 1, lettera b) del [...] c.d. Codice degli
Appalti, sono esclusi dall’applicazione del codice
medesimo”.4 Ebbene, ai sensi delle Istruzioni interne per le procedure di affidamento dei contratti
aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture approvate dal CdA della RAI, l’affidamento dei servizi
avviene sulla base di una procedura selettiva ristretta, secondo il criterio del prezzo più basso.
La procedura prende avvio a seguito di formale
lettera di invito a partecipare, tramite la quale RAI
richiede ad almeno cinque fornitori di formulare
un’offerta secondo le prescrizioni contenute nella
lettera di invito. La scelta dei fornitori da invitare a
ciascuna procedura avviene sulla base di un principio di rotazione.5
Nella ricostruzione operata dall’Autorità, l’intesa avrebbe avuto ad oggetto “uno scambio di
informazioni e il coordinamento delle politiche
di offerta in sede di partecipazione alle gare RAI
con l’obiettivo di innalzare il livello dei prezzi
praticati”.6 Tali condotte sarebbero state agevolate
dallo schermo associativo di NIBA, che avrebbe
agito quale collettore dei dati provenienti dalle
imprese associate. In seguito, i dati raccolti sarebbero stati trasmessi sia alle stesse imprese associate, sia alla stazione appaltante, nel rispetto
di un modus procedendi che storicamente e per
richiesta del committente utilizzava il riferimento
ad un listino.
Sul piano delle evidenze, l’asserita condotta
anti-competitiva risulterebbe provata:
(i)dalla stessa costituzione dell’associazione di
categoria, che risponderebbe all’esigenza di “contrastare l’esagerata corsa al ribasso nelle offerte
per aggiudicarsi le gare [ed] individuare una stra4
Cfr. par. 51 del provvedimento. Sul punto si rileva come,
a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs.50/2016 (c.d. nuovo
codice degli appalti), la materia sia ora disciplinata dal relativo art. 17. Ad ogni buon conto, l’entrata in vigore del nuovo
codice non ha prodotto alcuna modifica sostanziale rispetto
al quadro legislativo richiamato nel provvedimento, posto
che tali servizi continuano ad essere esclusi dall’applicazione delle disposizioni in materia di appalti pubblici.
5
L’applicazione di un principio di rotazione è dovuta al
fatto che sebbene, come visto, il settore radiotelevisivo rientri
tra i cc.dd. settori esclusi, “la RAI è in ogni caso tenuta al
rispetto dei principi generali dell’[allora] articolo 27 del [codice degli appalti], in ciò differenziandosi dalle altre emittenti
televisive” (cfr. par. 61 del provvedimento). Anche in tale ipotesi, si rileva come l’entrata in vigore del nuovo codice degli
appalti non abbia sostanzialmente mutato il quadro normativo di riferimento, dato che le previsioni di cui all’articolo
27 citato nel provvedimento sono sostanzialmente confluite
nell’attuale art. 4.
6
Cfr. par. 193.
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Sezione Seconda
DIRITTO PUBBLICO DELL’ECONOMIA
tegia d’azione per ottenere la fissazione di un tetto
dell’offerta più bassa”7, nonché
(ii)da una serie di evidenze (prevalentemente email e dichiarazioni rese nell’ambito delle audizioni infra-procedimentali) comprovanti iniziative
di monitoraggio delle aggiudicazioni, aventi ad
oggetto le basi d’asta ed il prezzo di aggiudicazione delle gare cui le imprese associate avevano in
precedenza partecipato e
(iii) dall’aver commissionato ad una società di
consulenza esterna uno studio economico – poi
trasmesso alla stessa RAI – relativo alla determinazione del costo dei servizi di post-produzione,
al fine di evidenziare come i prezzi a baste d’asta
fossero superiori al costo unitario di fornitura del
servizio.
Per quanto di interesse ai fini del presente contributo si segnala che nel corso del procedimento
le parti avevano eccepito la natura non sensibile e
non strategica delle informazioni oggetto di scambio. Al contrario, esse avrebbero avuto natura storica, dovendosi dunque ritenere insuscettibili di
determinare ex ante strategie di partecipazione a
gare future. Del resto, ciascuna gara sarebbe caratterizzata da variabili sue proprie, del tutto imponderabili e comunque tali da non consentire alcuna
comparazione dei prezzi tra una gara e l’altra.
Nella ricostruzione operata dalle parti, scopo
di tale attività sarebbe stato “disporre di informazioni che fossero di supporto alla trattativa da condurre nei confronti di RAI nell’ottica di bilanciare
l’asimmetria informativa esistente a favore della
stazione appaltante”.8
2.2. Le sentenze del TAR Lazio
Il TAR Lazio fonda la propria pronuncia su due
macro-considerazioni.
In primo luogo, sulla inidoneità delle evidenze richiamate nel provvedimento a provare il raggiungimento di un accordo tra le parti, sia pure
nella forma della pratica concordata.9In secondo
luogo – e soprattutto, quanto ai fini del presenCfr. par. 72.
Cfr. par. 135.
9
Da questo punto di vista, ad avviso del TAR, mancherebbe la prova, anche solo “indiziaria o presuntiva, che siano
stati [in occasione delle riunioni] raggiunti accordi anticoncorrenziali riferiti alle […] gare prese in esame”. Sul tema, che
come accennato esula dai limiti del presente contributo, sia
consentito rinviare ex multis alla lucida analisi di F. Ghezzi,
M. Maggiolino, F. Scotton, I confini tra parallelismo consapevole e pratica concordata, nonché di F. Ghezzi, Pratiche
concordate: uno studio sulla giurisprudenza europea, reperibili online.
7
8
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te contributo – il TAR rileva come l’AGCM abbia
errato nel ritenere che le informazioni scambiate
avessero natura sensibile.
Tale considerazione poggia su tre pilastri concettuali. Ad avviso dei giudici amministrativi, le
informazioni scambiate:
(i)avevano sempre ad oggetto gare già svolte e
non procedure di affidamento future;
(ii)non erano idonee a rivelare le future intenzioni
commerciali delle Parti, anche laddove recenti ed
anche laddove aventi ad oggetto il prezzo a base
d’asta ed il prezzo proposto da ciascuna impresa
partecipante.
Tale considerazione risulta rafforzata dalle
caratteristiche del mercato rilevante, nel quale –
come accennato – è il committente a determinare
di volta in volta non solo il prezzo posto a base
d’asta, ma anche gli operatori da invitare alla procedura di gara;
(iii) avevano ad oggetto notizie ordinariamente accessibili in un nomale mercato concorrenziale, che in concreto rimanevano ignote solo per
decisione della stazione appaltante, posta in sostanziale posizione di monopsonio.10 Sul punto,
il TAR ha rilevato come “non si è in alcun modo
tenuto conto della peculiare struttura del mercato sul quale è stata concentrata l’indagine, fonte
di asimmetrie informative e comunque necessaria
chiave di lettura, in concreto non praticata, di una
spiegazione economica alternativa”.
La somma dei fattori di cui sopra, ad avviso
del TAR Lazio, indurrebbe a ritenere che le informazioni scambiate non possano considerarsi sensibili e dunque non fossero tali da influenzare il
comportamento delle altre imprese nella partecipazione alle gare, proprio perché non correlate,
né correlabili, a gare future.
10
Sul punto, valga riportare la accurata definizione fornita nel contributo Monopsony and Buyer Power, OECD
Competition Committee, reperibile online all’indirizzo
https://www.oecd.org/daf/competition/44445750.pdf, nel
quale si legge “negotiation power depends in principle on
the opportunities of the other market side to switch to alternatives. Monopsony power emerges when a buyer, or a
co-ordinate group of buyers such as a buying alliance, purchases such a large share of an upstream suppliers’ outputs
that the suppliers ability to switch to alternatives quickly
are limited. As a result, the monopsony buyer can obtain
lower input prices or favorable contract terms, typically by
withholding (or threatening to withhold) purchases […] a
monopsonist faces price-taking sellers, whose aggregate
supply curve is upward sloping – i.e. they will only produce
greater volumes if a higher price is offered as marginal costs
increase with the quality they supply”.
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Lo scambio di informazioni nel diritto antitrust italiano
3. Lo scambio di informazioni tra concorrenti tra
prassi e giurisprudenza nazionale ed europea
3.1. Cenni generali
Lo scambio di informazioni tra concorrenti costituisce una fattispecie tradizionalmente controversa nel diritto antitrust.11 Ciò è dovuto sostanzialmente a due fattori: da un lato, le forme di
manifestazione di scambi di informazioni sono
assai varie;12 dall’altro, la relativa analisi pone l’interprete dinanzi alla necessità di operare delicati
bilanciamenti di interessi contrapposti, come del
resto accaduto nel caso di specie.
Da questo punto di vista, infatti, se è certamente vero che uno scambio di informazioni è il sostituto perfetto di un cartello in senso stretto,13 non
è meno vero che la circolazione di informazioni
è una caratteristica comune a molti mercati concorrenziali, suscettibile di determinare vari tipi di
incrementi di efficienza.
Ma allora, quale alternativa preferire per tale
fattispecie: condanna o esaltazione? Parafrasando
11
Pressoché la totalità dei contributi appositamente dedicati al tema contengono considerazioni relative alla complessità della valutazione in punto di diritto antitrust delle
pratiche in commento. L. Käis, Regulating EU information
exchange – no further restrictions by object but enough
room for safe harbours, in European Competition Law Review (7), 2013, p.352ss. si riferisce ad una “complex subject
that needs structured approach”; G.P. Kyprianides, Critically
Evaluate Treatment of Information Exchange in TFEU Article
101 Cases, in European Competition Law Review (9), 2012,
p.406ss. opportunamente pone l’accento sulla presenza di
“grey regions which eliminate the confidence of the parties in
the market”; V. Verouden, A. Boutin, Information Exchanges
among Competitors, in Horizontal agreements and cartels in
EU competition law, Oxford University Press, 2015, p.427
ss., esordiscono sottolineando come lo scambio di informazioni tra concorrenti “probably counts among the most
complex subjects in modern competition law”; F. Wagner-von
Papp, Information Exchange Agreements, in I. Lianos, D. Gerardin (a cura di), Handbook on European Competition Law:
Substantive Aspects, Edward Elgar Publishing, 2013, p.130ss.
si riferisce a “one of the most subtle (and some would add
the most confused) branches of antitrust” e molti altri esempi
simili potrebbero essere proposti.
12
Ad esempio, ai fini e nei limiti della disciplina sulle
intese, ben potrebbero darsi casi di scambi di informazioni
non solo in senso orizzontale, ma anche verticale, allo stesso
modo in cui non è possibile tacere la potenziale rilevanza
della fattispecie ai sensi della disciplina in materia di abuso
di posizione dominante. Anche rimanendo focalizzati sui soli
casi di intese orizzontali, cui è dedicato il presente contributo, la casistica è imponente, come più diffusamente infra.
13
Espressione di F.Wagner-von Papp, Information Exchange
Agreements, in I. Lianos, D. Gerardin (a cura di), Handbook
on European Competition Law: Substantive Aspects, Edward
Elgar Publishing, 2013, p.130.
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le parole di una parte dei commentatori, 14 “la risposta è agevole per un avvocato: dipende”. Ed il
profilo di maggiore complessità risiede proprio in
ciò, che i fattori dai quali discende un giudizio circa la liceità di tali pratiche sono assai eterogenei.
Ne deriva, soprattutto, una non chiara percezione
da parte degli operatori del mercato circa le condotte da poter tenere al fine di evitare di incorrere
in violazioni del diritto antitrust.
Proprio per fornire una risposta a tali interrogativi e perseguire istanze di maggiore certezza del
diritto, la Commissione europea ha recentemente
dedicato all’argomento un apposito capitolo delle
Linee direttrici sull’applicabilità dell’articolo 101
del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli accordi di cooperazione orizzontale, che
da un lato opera un tentativo di sistematizzazione
della materia e dall’altro si prefigge di fornire alle
imprese elementi utili al fine di determinare quali
condotte poter tenere sul mercato.15
Cfr. F.Wagner-von Papp, cit., p.131.
2011/C 11/01, parr. 55-110. Una ricostruzione dell’evoluzione della soft law europea che ha condotto all’adozione delle attuali Linee Direttrici esula dai limiti del presente
contributo. A fini di chiarezza espositiva, valga rilevare quanto segue. La Commissione europea aveva affrontato la tematica dello scambio di informazioni tra concorrenti già nel
1968, quando nella propria Notice concerning agreements,
decisions and concerted practices in the field of cooperation
between undertakings (OJ C 84/14 [1968]) riconosceva che
in linea di principio gli scambi informativi potessero rientrare
nell’ambito di applicazione dell’allora articolo 81 TCE, ma
notava altresì come la valutazione di tali fattispecie potesse
variare a seconda della struttura e delle caratteristiche del
mercato sul quale insistevano le condotte. In seguito, nel Settimo Report on Competition Policy, la Commissione avrebbe
ulteriormente dettagliato i parametri della propria analisi,
anche alla luce della (sia pur giovane) prassi decisionale sul
punto. Più in dettaglio, la Commissione attribuiva espresso
rilievo alla struttura del mercato, alla natura ed all’oggetto
delle informazioni scambiate, nonché alla circostanza che
le informazioni fossero private o pubbliche. Come si vedrà
nel prosieguo, nella sostanza, tali parametri valutativi possono ancora ritenersi validi; ciononostante, fino all’adozione
delle Linee Direttrici, ogni riferimento allo scambio di informazioni sarebbe scomparso nei successivi atti comunitari ed
europei di soft law, contribuendo a generare il clima di incertezza di cui nel testo. Allo stato, la concreta utilità delle Linee
Direttrici è assai dibattuta dai commentatori, divisi tra coloro
i quali ne hanno criticato la formulazione – asseritamente
sbilanciata a favore della valorizzazione degli effetti anticompetitivi e povera di elementi a sostegno della natura potenzialmente pro-concorrenziale dello scambio – e coloro i
quali, all’opposto, hanno ritenuto che la previsione di un capitolo appositamente dedicato allo scambio di informazioni
tra concorrenti ne rappresenti la novità principale. Sul punto,
si ritiene di poter accedere ad una più mite interpretazione
mediana. Se, da un lato, non si può che accogliere con favore
l’intento di sistematizzazione che ha ispirato la Commissione (sempre apprezzabile per ragioni di certezza del diritto),
14
15
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Sezione Seconda
DIRITTO PUBBLICO DELL’ECONOMIA
Prima di esaminare la theory of harm in materia di scambio di informazioni alla luce delle Linee Direttrici, si ritiene però opportuna una breve
premessa.
La preoccupazione concorrenziale tradizionalmente connessa agli scambi di informazioni è che
essi possano favorire l’insorgere ed il consolidamento di scenari collusivi su mercati il cui livello
di trasparenza non sarebbe altrimenti sufficiente a
consentire alle imprese ivi operanti di raggiungere
ciò che la letteratura economica definisce “equilibrio collusivo”. Parafrasando la giurisprudenza
sul punto, in altri termini, la maggiore preoccupazione concorrenziale è che la circolazione di
informazioni riduca l’incertezza strategica relativa
al comportamento degli operatori di mercato.
Al fine di raggiungere l’equilibrio collusivo,
è principio ritenuto tradizionalmente valido che
le imprese debbano superare sostanzialmente tre
ostacoli. In primo luogo, sarà necessario identificare un equilibrio collusivo reciprocamente accettabile tra le molteplici possibilità che si parano
davanti agli operatori di mercato (let’s get together,
but where?). In secondo luogo, le imprese dovranno poter monitorare eventuali deviazioni da parte
degli altri partecipanti rispetto a quanto pattuito.
In terzo ed ultimo luogo, al fine di garantire stabilità allo scenario così raggiunto, le parti dovranno
predisporre un meccanismo sanzionatorio atto a
punire le deviazioni dall’equilibrio collusivo.16
Ebbene, è di palmare evidenza che uno scambio di informazioni aventi determinate caratteristiche, soprattutto se attuato in un mercato già di
per sé prono a scenari collusivi, consente di superare tutti gli ostacoli appena rappresentati, conseguentemente consentendo di raggiungere equilibri collusivi con riferimento a fattori strategici
dall’altro risulta necessario prendere pragmaticamente atto
della impossibilità di pretendere che uno strumento di soft
law quale una comunicazione possa fornire criteri sempre
validi per effettuare valutazioni di liceità antitrust di una fattispecie che, per le sue proprie caratteristiche, necessita di essere valutata tenendo ben presenti le caratteristiche del caso
concreto. È questa, a parere di chi scrive, la chiave di lettura
per interpretare correttamente le Linee Direttrici sul punto.
Esse non contengono petizioni di principio, né in un senso, né nell’altro: da un lato identificano mere comfort zone
con riferimento a fattispecie che è “improbabile” vulnerino la
concorrenza e dall’altro identificano alcune fattispecie che,
per le loro caratteristiche, presentano un rischio elevato – ma
non assoluto – di essere ritenute anti-competitive.
16
Tali considerazioni, sia pure nel parzialmente diverso
contesto di una valutazione di dominanza collettiva, sono
state fatte proprie anche dal Tribunale di Primo Grado, cfr.
caso T-342/99, Airtours, par. 62.
50
quali investimenti,17 quote di mercato,18 acquisti
e vendite,19 coordinamento sui prezzi20 o su altre
condizioni di vendita.21 Ed è proprio per questo
che le Linee Direttrici edificano la theory of harm
in materia di scambio di informazioni sui due pilastri dell’esito collusivo e della preclusione anticoncorrenziale.
Con l’espressione esito collusivo la Commissione ha inteso attribuire rilievo alla facilitazione del
coordinamento delle imprese derivante dall’artificiale incremento della trasparenza del mercato in
conseguenza dello scambio di informazioni sensibili.22 È proprio tale diluizione del grado di trasparenza del mercato a consentire di identificare, tra
i tanti possibili, un equilibrio collusivo reciprocamente accettabile, nonché di rilevare rapidamente
scostamenti rispetto a quanto pattuito.
Quanto, invece, alla potenziale preclusione
anticoncorrenziale (c.d. foreclosure effect) derivante da uno scambio di informazioni, essa rappresenta lo svantaggio concorrenziale subìto da
terzi e consistente nel vedersi preclusa la possibilità di accedere al mercato in ragione dell’esclusione dal sistema informativo. Sul punto, si
ritiene di accedere all’opinione di coloro i quali
hanno sostenuto che il concetto di “accesso al
mercato” di cui alle Linee Direttrici dovrebbe
essere interpretato restrittivamente, cioè “only in
contexts where the information is a key factor to
successfully operate in the market concerned”, al
fine di non pervenire al risultato di scoraggiare
anche gli scambi di informazioni aventi carattere
pro-competitivo.23
Nel caso in commento, l’Autorità avrebbe attribuito particolare rilievo all’elemento dell’esito
collusivo, nella misura in cui ha ritenuto che il
meccanismo di monitoraggio attuato dalle parti
fosse prodromico, tramite l’aumento della traspa-
17
Cfr. ex multis decisione Welded Steel Mesh, 1989 OJ
L 260/1.
18
Cfr. ex multis decisioni Sali di potassio, 1973 OJ L 217/3
e Vegetable Parchment, 1978 OJ L 70/54.
19
Cfr. ex multis decisione Cobelpa, 1977 OJ L 242/10.
20
Cfr. ex multis decisioni Plasterboard, IP/02/1744 e Food
flavour enhancer, IP/02/1907.
21
Cfr. ex multis decisioni IFTRA Glass, 1974 OJ L 160/1,
Vimpoltu, OJ L 200/44 e Wirtschaftsvereinigung Stahl, cit.
22
Come rilevato da V.Verouden, A. Boutin, op.cit., p.
430, la Commissione ha così fatto propri la teoria della c.d.
coordinazione tacita, il cui sviluppo discende dal lavoro di
G.J. Stigler, A Theory of Oligopoly, in Journal of Political Economy, 1964, 72(1), p. 44ss.
23
Cfr. F. Wijckmans, F. Tuytschaever, Horizontal agreements
and cartels in EU competition law, Oxford University Press,
2015, p.433.
IL NUOVO DIRITTO AMMINISTRATIVO 6/2016
Lo scambio di informazioni nel diritto antitrust italiano
renza del mercato da esso indotto, al raggiungimento di un accordo collusivo in sede di gara.
Tutto ciò premesso con riferimento ai potenziali effetti anti-competitivi di uno scambio informativo, deve però ribadirsi con forza che “competitors
cannot compete in a statistical vacuum: the more
information they have about market conditions,
the volume of demand, the level of capacity that
exists in an industry and the investment plans of
rivals, the easier it is for them to make rational and
effective decisions on their production and marketing strategies”.24
Quanto sopra è valido non solo su un piano
teorico (è noto che uno dei pilastri della teoria
economica della concorrenza perfetta è proprio la
possibilità per le imprese di operare in condizioni
di informazione completa e simmetrica), ma anche pratico, ove si consideri la frequenza sempre
maggiore con cui le imprese sono solite fare ricorso a strumenti di market intelligence per acquisire
informazioni di mercato, ad esempio ricorrendo a
società specializzate o a strumenti informatici di
comparazione.
Del resto, in linea generale, la circolazione di
informazioni fra imprese che operano in un determinato settore migliora la trasparenza sui prodotti disponibili e sui relativi prezzi, a potenziale vantaggio, in ultima istanza, dei consumatori.
Allo stesso modo, la diffusione di informazioni
su tecnologie e know-how può aumentare il numero di imprese idonee ad operare sul mercato,
mentre l’adozione di tecniche di benchmarking,25
attraverso la raccolta di informazioni che consentano di confrontare dati rilevanti per l’attività di
impresa, permette una più efficiente valutazione
delle proprie performance.26 A ciò si aggiunga
come la circolazione di informazioni agevoli il
superamento di vari tipi di asimmetrie (in primis
24
Cfr. R. Whish, D. Bailey, Competition Law, Oxford University Press, 2015, p.575.
25
La prassi del benchmarking, consistente nella raccolta di dati relativi ad una o più imprese concorrenti (cc.dd.
imprese benchmarked) e nella loro comparazione con i dati
dell’impresa c.d. benchmarking, è stata esaminata anche dalla Commissione europea nei propri Benchmarking the Competitiveness of European Industry COM (96) 463 del 9 ottobre 1996 e Benchmarking – Implementation of an Instrument
Available to Economic Actors and Public Utilities COM (97)
153 final del 6 aprile 1997.
26
In questi termini P. Fattori, M. Todino, La disciplina della
concorrenza in Italia, Il Mulino, 2010, p. 104. Del resto, già
F. Hayek, The use of knowledge in society, in American Economic Review, 1945, 35 (4), p.519, aveva identificato una
“symbiotic relationship between information exchange and
the efficiency of competitive markets”.
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contrattuali ed informative), suscettibili di generare fallimenti del mercato. Da questo punto di vista,
gli scambi informativi possono contribuire a ridurre le problematiche – tradizionalmente connesse
proprio a situazioni di asimmetria informativa –
della selezione avversa e dell’azzardo morale.
Ad esempio, nel caso Asnex-Equifax, lo scambio informativo sottoposto allo scrutinio della
Commissione, prima e della Corte di Giustizia
dell’Unione europea, poi, concerneva dati inerenti la solvibilità di potenziali clienti. Sul punto, le
parti avrebbero rilevato come esso fosse funzionale a ridurre il rischio legato all’attività di prestito,
riducendo la disparità informativa sussistente tra
istituti di credito e potenziali clienti. In quel caso,
la Corte di Giustizia avrebbe osservato che lo
scambio informativo, consentendo di ridurre il numero di clienti insolventi e dunque di migliorare il
funzionamento del sistema creditizio globalmente
considerato, avrebbe condotto ad una situazione
di mercato più efficiente, tale da non consentire di
giudicare tali condotte restrittive per oggetto. Un
ragionamento simile, mutatis mutandis, a quello
operato dal TAR nel caso di specie.27
In definitiva, nonostante uno scambio informativo possa potenzialmente favorire il raggiungimento di equilibri collusivi, esso è del pari suscettibile di produrre una maggiore conoscenza delle
caratteristiche e dinamiche di un dato mercato,
ben potendo incentivare, a vantaggio del benessere collettivo, condotte efficienti degli operatori
di mercato.
Ad avviso di chi scrive, risulta di fondamentale importanza tenere sempre a mente i potenziali
effetti pro-competitivi connessi ad uno scambio
informativo, soprattutto a fronte della percepibile
tendenza delle autorità della concorrenza europee
a non tenere in debita considerazione tale profilo. 28 A ben vedere, neanche nel provvedimento
Anche M. Bennet, P. Collins, The law and economics of
information sharing: the good, the bad and the ugly, in European Competition Journal, 2010, p.311ss., rilevano come
“asymmetric information (that is, one party having more information than another) is one of the three ways in which
markets can fail – the other ways being misuse of market
power and externalities. In a competitive market, firms should
strive to cater better to the information needs of consumers.
However, in order that consumers can provide the driving
force behind competition between firms they need to be able
to access, assess and act on relevant information”.
28
Rilevata anche da L.D.S. Morais, L. Tomé Feteira, Concerted practices and exchange of information: Recent developments in EU and national case law, reperibile su www.
concurrences.com. Nelle parole degli AA, “pro-competitive
effects of information exchange tend to be overlooked by
27
51
Sezione Seconda
DIRITTO PUBBLICO DELL’ECONOMIA
che ha dato origine alle sentenze in commento
vi è traccia di alcuna valutazione circa la natura pro-concorrenziale dello scambio, limitandosi
l’AGCM a statuire genericamente come l’intesa
presentasse un oggetto chiaramente anticoncorrenziale (conclusione di cui sembra possibile dubitare, come più diffusamente infra), pur avendo
anche avuto “effetti sul mercato in termini di aumento del prezzo applicato”. Per converso – come
si vedrà diffusamente nel paragrafo che segue – il
profilo effettuale, con particolare riguardo agli effetti pro-competitivi dello scambio, è stato decisivamente valorizzato dal TAR Lazio.
Ad ogni modo, proseguendo nell’analisi delle
Linee Direttrici, come accennato esse forniscono
un utile contributo in punto di sistematizzazione
della variegata casistica sul tema in commento.
Da questo punto di vista, la Commissione innanzitutto osserva come lo scambio possa avvenire in
maniera diretta, indiretta (i.e. attraverso una agenzia comune, come una associazione di categoria)
o attraverso l’interposizione di soggetti terzi (come
una entità che compia ricerche di mercato).
In secondo luogo, essa tratteggia la distinzione
tra scambio di informazioni c.d. puro (o naked) e
scambio c.d. strumentale (o ancillary).29 Ne deriva
la possibilità che gli scambi di informazioni vengano valutati:
(i)ex se, quale intesa restrittiva della concorrenza
(cc.dd. scambi puri). In questa ipotesi, che ricorre
ogniqualvolta al centro della condotta anticompetitiva vi sia proprio lo scambio informativo, la condotta “verrà di norma valutat[a] come un cartello
e subirà eventualmente le medesime ammende”;30
ovvero
(ii)quale elemento ancillare ad una più ampia
condotta, della quale lo scambio di informazioni costituisce una specificazione o un elemento
facilitante (c.d. scambio strumentale). In questa
ipotesi, lo scambio “verrà valutato come parte del
cartello”.31
Sebbene sia astrattamente condivisibile che “la
scelta a favore di una delle descritte ipotesi [...]
competition authorities. Although the vast majority of cases
involve exchange of information on prices, it should not be
assumed away that transparency created by the exchange of
information is necessarily negative”.
29
Si noti come nessuno dei precedenti atti di soft law (su
cui cfr. la nota precedente) menzionasse tale distinzione, che
però è sempre emersa con una certa chiarezza della prassi
decisionale della Commissione.
30
Cfr. par. 59 delle Linee Direttrici. Cfr. ad esempio il noto
caso Wood Pulp, 1984, OJ L 85/1.
31
Cfr. par. 59 delle Linee Direttrici.
52
non è cruciale ai fini dell’applicazione del divieto di intese restrittive della concorrenza [poiché]
quando uno scambio di informazioni (sensibili)
ricade in uno dei menzionati scenari, tanto basta
per istruire un caso”,32 a ben vedere la distinzione
non è priva di ogni pregio. Invero, dalla prassi decisionale delle autorità della concorrenza emerge
la tendenza a scrutinare in maniera maggiormente
approfondita le caratteristiche dello scambio nelle
ipotesi di scambi puri, mentre l’eventuale giudizio
di illiceità di scambi ancillari sovente discende dal
fatto che essi vengono posti a sostegno di un più
ampio disegno collusivo giudicato illecito, quasi a
predicare una forma di illiceità derivata della condotta di scambio.
Tale considerazione trova conferma nella prassi decisionale della Commissione europea33 e
dell’AGCM.34 Ad esempio, in alcuni casi aventi
ad oggetto scambi ancillari, l’Autorità ha ritenuto
come non sia necessario spingersi fino a valutare
32
Cfr. L.C. Ubertazzi, Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza, 2016, p. 3164.
33
Ciò è quanto accaduto, ad esempio, nel caso
COMP/F/38.899 – Apparecchiature di comando con isolamento in gas. In tale ipotesi, la Commissione era chiamata
a valutare una asserita intesa finalizzata alla spartizione del
mercato sulla base delle quote di mercato storiche dei partecipanti. A tal fine, le imprese coinvolte avevano predisposto
un vero e proprio accordo scritto, contenente anche norme
volte a disciplinare lo scambio di informazioni necessario al
funzionamento dell’intesa. Ebbene, nonostante la rilevanza
che la fattispecie dello scambio informativo avesse al fine di
sostenere il più ampio disegno criminoso, la Commissione
non si sarebbe soffermata con elevato livello di dettaglio sulle
caratteristiche dello scambio, limitandosi al contrario a predicarne l’illiceità in funzione di quella del cartello lato sensu considerato. Più di recente, nella pronuncia resa nel caso
Dole, su cui cfr. infra, il Tribunale di Primo Grado avrebbe
precisato come “l’argomento in base al quale uno scambio di
informazioni può costituire una restrizione della concorrenza
per oggetto solo se rientra in accordi collusivi più ampi, quali
le intese relative alla fissazione dei prezzi reali o delle parti
di mercato è destituito di qualunque fondamento di diritto”,
par. 59.
34
Cfr. inter alia provvedimenti del 8 giugno 1994, I74 – Assicurazioni rischi di massa, del 20 marzo 1997, I210 – Mercato del calcestruzzo preconfezionato di Olbia e del 24 ottobre
1996, I207 – Associazione Vendomusica/Case discografiche
multinazionali – Federazione Industria Musicale Italiana, in
cui l’Autorità si è limitata a qualificare lo scambio di informazioni come “funzionale” alla realizzazione ed attuazione
di accordi più ampi, senza scandagliarne a fondo la natura anti-competitiva. Il caso Vendomusica è particolarmente
interessante ai fini del presente contributo, atteso che
esso aveva ad oggetto uno scambio di informazioni tra le
principali case discografiche circa i prezzi praticati ai propri
distributori, gli aumenti dei costi applicabili e le modalità con
cui tali aumenti erano riportati nei listini tramite lo schermo
della associazione di categoria.
IL NUOVO DIRITTO AMMINISTRATIVO 6/2016
Lo scambio di informazioni nel diritto antitrust italiano
che “lo scambio di informazioni […] costituisca
oggetto di specifica contestazione”.35
Per converso, nelle ipotesi di scambi di informazioni puri, lo scrutinio delle autorità della concorrenza è tipicamente più approfondito.36 Del
resto, in ottica di antitrust enforcement, perseguire
scambi di informazioni cc.dd. puri risulta di fondamentale importanza, atteso che “highly innovative and rapidly advancing information technology
in the modern economy makes it increasingly difficult for antitrust authorities to find the so-called
smoking guns indicating a cartel […] therefore, it
has become increasingly important to prevent collusion, in particular where it is facilitated through
information exchanges”.37
Il caso oggetto di commento rappresenta una
interessante variante, nella misura in cui l’AGCM
aveva ritenuto sussistente una intesa unica e complessa, composta anche da uno scambio di informazioni. Ebbene, se i giudici amministrativi
– come accennato – hanno inteso attribuire un
Cfr. inter alia provvedimento del 26 aprile 2006, I603 –
Sapio produzione idrogeno ossigeno – Rivoira – Società Italiana Acetilene e Derivati – S.I.A.D. – Società Ossigeno Napoli
– S.O.N. – Linde Gas Italia – Air Liquide Italia – SOL.
36
La Commissione europea ha scrutinato uno scambio
di informazioni puro per la prima volta nel caso Acidi grassi,
decisione 87/1/EEC [1987] OJ L 3/17. Come efficacemente
sintetizzato da F. Russo, M.P. Schinkel, A. Gunster, M. Carree, European Commission Decisions on Competition, Cambridge University Press, 2011, p. 109, le condotte avevano
avuto luogo tra “producers of oleochemicals representing
90 percent of the European fatty acid market”, che avevano
raggiunto un vero e proprio accordo relativo ad uno scambio periodico di informazioni relative ai dati di vendita. La
Commissione avrebbe osservato come “historical information
may also facilitate collusive behavior between competitors, in
particular enabling the parties to determine their respective
traditional position on a given market and thus to spot any
future deviation from past market behaviors”.
37
Cfr. V. Verouden, A. Boutin, Information Exchanges
among Competitors, in Horizontal agreements and cartels in
EU competition law, Oxford University Press, 2015, p.427.
Sul punto l’analisi degli AA è particolarmente lucida, nella
misura in cui essi sottolineano come “[preventing collusion
facilitated through information exchanges] involves setting a
clear policy line that can send strong enough signals to discourage harmful information exchanges, while leaving intact
the incentives for firms to engage in information exchanges
when they are efficiency-enhancing and pro-competitive”.
Dello stesso avviso anche A. Capobianco, Information exchange under EC Competition Law, in Common Market Law
Review (41), 2004, p.1247ss, il quale osserva come “one
plausible reason for the constantly increasing attention given
to exchanges of information as a self-standing infringement
[...] can be the difficulty of detecting and proving tacit collusion in real cases. Antitrust authorities have therefore concentrated their efforts and resources on eliminating those facilitating factors to defeat collusion more effectively”.
35
IL NUOVO DIRITTO AMMINISTRATIVO 6/2016
ruolo rilevante alla valorizzazione delle caratteristiche delle informazioni oggetto di scambio (e
dunque agli effetti delle condotte delle parti), così
non è stato per l’AGCM, la cui analisi sul punto si
limita ad alcune generiche considerazioni relativamente alla natura “puntuale” dello scambio di
informazioni che “attengono a prezzi e condizioni
economiche praticate dai concorrenti per singole
gare”.38
3.2. Valutazione concorrenziale
Una volta tratteggiato, sia pur per sommi capi, il
quadro generale in materia di scambio di informazioni, è possibile spendere alcune considerazioni
in materia di antitrust assessment di tali fattispecie, con particolare riguardo ai profili di maggiore
interesse ai fini delle pronunce in commento.
Similmente a quanto accade con riferimento alle altre fattispecie suscettibili di violare l’art.
101 TFUE o i propri omologhi nazionali, la valutazione in punto di diritto antitrust della liceità di
uno scambio di informazioni tra concorrenti deve
muovere innanzitutto dalla verifica della riconducibilità dello scambio ad una delle condotte tipizzate da tali disposizioni (i.e. accordo, pratica concordata o decisione di associazione di imprese).39
Nel provvedimento n. 25512, caso I776-Mercato della produzione di poliuretano espanso flessibile, l’AGCM
avrebbe ravvisato l’esistenza di una intesa unica e complessa “volta alla condivisione delle politiche commerciali
e alla ripartizione del mercato e della clientela realizzata
tramite più strumenti di concerto (scambi di informazioni,
accordo di cessione della clientela”. In quel caso, lo scrutinio dell’Autorità fu piuttosto approfondito, nella misura in
cui quest’ultima avrebbe attribuito rilievo sia al fatto che le
parti scambiassero dati sensibili relativi a quantità, prezzi
e clienti, sia alle caratteristiche del mercato rilevante, “caratterizzato da una domanda relativamente frammentata e
nel quale, negli ultimi anni, gli ingressi di nuovi operatori
sono stati molto limitati e anzi si sono registrate uscite”. Tali
considerazioni sarebbero poi state confermate dal Tar Lazio
con sentenza 2668/2016.
39
Sul punto si rileva però che secondo la giurisprudenza
della Corte di Giustizia dell’Unione europea la distinzione
tra accordo, pratica concordata e decisione di associazione
di imprese è dovuta, più che alla previsione di un cogente requisito definitorio, all’intenzione di comprendere fra i
comportamenti vietati dalle disposizioni del Trattato forme
diverse di coordinamento e collusione tra imprese. La Corte di Giustizia avrebbe esteso tale principio anche alla fattispecie dello scambio di informazioni tra concorrenti nella
propria pronuncia del 23 novembre 2006, causa C-238/05,
Asnex-Equifax, statuendo come “una precisa qualificazione
della natura della cooperazione di cui alla causa principale
non potrebbe modificare la valutazione giuridica che si impone ai sensi [dell’allora] art.81 CE”. Si segnala la interessante
considerazione di A. Capobianco, cit., p. 1248, il quale nota
38
53
Sezione Seconda
DIRITTO PUBBLICO DELL’ECONOMIA
In secondo luogo, al solito, si renderà necessario valutare se tali condotte siano restrittive per oggetto o per effetto, con le note conseguenze.40 Sul
punto, le Linee Direttrici postulano che scambi informativi tra concorrenti circa dati individualizzati
relativi a prezzi o quantità previsti in futuro dovrebbero essere considerati una restrizione della
concorrenza per oggetto, insieme agli scambi di
natura privata tra concorrenti in merito alle rispettive intenzioni individualizzate relative ai prezzi o
alle quantità previsti per il futuro.41
Tale approccio sembrerebbe essere stato ulteriormente rafforzato da una recente pronuncia
della Corte di Giustizia, che ha avuto modo di
precisare come “lo scambio di informazioni tra
concorrenti può risultare contrario alle regole della concorrenza qualora riduca o annulli il grado di
incertezza in ordine al funzionamento del mercato
di cui trattasi [..] in particolare, si deve ritenere che
abbia un oggetto anticoncorrenziale uno scambio
di informazioni che sia idoneo ad eliminare talune incertezze nei soggetti coinvolti in relazione al
momento, alla portata e alle modalità dell’adeguamento che l’impresa interessata deve effettuare”.42
come la categoria dello scambio di informazioni non rientri tra quelle tipizzate dall’art. 101 TFUE. Ciò contribuisce a
complicare ulteriormente l’analisi della materia, atteso che
la totalità dei profili ad essa connessi – da quelli definitori a
quelli applicativi – sono frutto della prassi e della giurisprudenza europee e nazionali. Da questo punto di vista, sia sufficiente ricordare a noi stessi che è principio monolitico nel
diritto antitrust che adeguarsi intelligentemente alle condotte
tenute sul mercato dai propri concorrenti non costituisce un
illecito, come sancito dalla Corte di Giustizia dell’Unione
europea, inter alia, nei casi Suiker Unie, Zuchner, John Deere, Thyssen Stahl e T-Mobile Netherlands. Cionondimeno,
il requisito della indipendenza ed autonomia delle condotte
sul mercato preclude ogni contatto, diretto o indiretto, tra
operatori del mercato il cui effetto o oggetto sia creare condizioni competitive che non corrispondono alle normali condizioni del mercato in questione.
40
Per mero scrupolo, si ricorda a noi stessi come la differenza tra infrazioni per oggetto e infrazioni per effetto attiene
alla circostanze che talune forme di collusione tra imprese
possono essere considerate, per loro stessa natura, nocive al
buon funzionamento del normale gioco della concorrenza,
come monoliticamente sancito dalla giurisprudenza europea
a decorrere dalle sentenze Beef Industry Development Society e T-Mobile Netherlands.
41
Per alcuni esempi nazionali relativi a scambi informativi di prezzo, cfr. le decisioni rese dall’OFT nei casi Independent Schools, Loans to large professional service firms,
Replica Football Kits e Dairy retail price initiatives, nonché il
caso francese Hotel Le Bristol v Minister of Economy, Finance
and Industry ed il caso danese Dansk Transport og Logistik
(‘DTL’).
42
Cfr. sentenza del 19 marzo 2015, Dole Food e Dole
Fresh Fruit Europe c. Commissione, causa C-286/13, punto
121ss. Il caso in questione è particolarmente interessante
54
La Corte avrebbe dunque proseguito nel ritenere
come uno scambio di informazioni possa ritenersi
restrittivo per oggetto a prescindere dal fatto che
esso riguardi i soli prezzi al dettaglio, ponendosi le
norme in materia di concorrenza non solo a tutela
degli interessi immediati di singoli concorrenti o
consumatori, ma della “struttura del mercato”.43
Nel caso oggetto del presente commento,
l’AGCM avrebbe rilevato come l’intesa in questione presentasse “un oggetto chiaramente anticoncorrenziale”, pur avendo anche avuto “effetti sul
mercato in termini di aumento del prezzo applicato nell’ambito delle forniture di servizi di postproduzione a favore di RAI”.44 Come accennato,
in altri termini, l’Autorità avrebbe ritenuto che le
sotto il profilo della distinzione tra scambi informativi restrittivi per oggetto e per effetto. In tale ipotesi, la Commissione avrebbe rinvenuto una restrizione per oggetto, in quanto
concernente la fissazione ed il monitoraggio del livello dei
prezzi. Più in dettaglio, la Commissione avrebbe ritenuto
come comunicazioni relative a fattori rilevanti al fine di determinare i prezzi (come le condizioni di vendita, fornitura
e domanda in grado di influenzare i livelli di prezzo per le
settimane successive) fossero in grado di eliminare o ridurre
l’incertezza legata agli andamenti di prezzo dei beni oggetto
delle condotte, rigettando l’argomento delle parti secondo le
quali esse non potessero in concreto fissare alcun prezzo in
ragione del regime regolatorio applicabile al mercato delle
banane. Ad avviso della Commissione, in altri termini, nelle
ipotesi di cartelli di prezzo né la struttura del mercato, né l’esistenza di buyer power, né l’esistenza di asseriti incrementi
di efficienza sarebbero fattori sufficienti a far venire meno la
restrittività per oggetto.
43
Di nuovo, la questione della restrittività per oggetto
o per effetto di uno scambio di informazioni non interessa che incidentalmente ai fini del presente contributo. Ciononostante, si ritiene utile riportare le considerazioni di K.
Hugmark, M. Becher, Dole v Commission: exchange of information, between competitors, on price-related parameters,
in Journal of European Competition Law&Practice, 2015,
Vol.6, N.9, p.652, i quali rilevano come “The Court’s initial
case law description may at first glance indicate that any
reduction in uncertainty is an infringement by object, but
that is likely to read too much into the judgment. What may
reasonably be concluded […] and in line with the Commission horizontal guidelines, is that an exchange of parameters relevant for future pricing, between people involved in
price-setting, is presumed to restrict competition by object,
and in those cases, the presumption will apparently be difficult to rebut […] the judgment does, however, not provide
much further guidance on what the correct definition of a
restriction by object is”.
44
In ciò conformandosi all’orientamento europeo rilevato da F. Wagner Von Papp., op.cit., ad avviso del quale “the
effects analysis does not, however, require a case-by-case enquiry into the actual effects on the market; instead, it suffices
to show that the agreement has potential effects on competition in the actual context in which it occurs”, come rilevato
nei casi C-7/95, John Deere, parr.72-78 e T-238/05, Asnef
Equifax, parr.49-50.
IL NUOVO DIRITTO AMMINISTRATIVO 6/2016
Lo scambio di informazioni nel diritto antitrust italiano
condotte delle parti fossero restrittive per oggetto;
cionondimeno, a scopo cautelativo, essa ha precisato che il giudizio circa la liceità di tali condotte
non sarebbe mutato quand’anche l’analisi fosse
stata compiuta sotto il profilo degli effetti.
Quanto al giudizio di restrittività per oggetto,
sembra lecito dubitare – come del resto fatto dal
TAR – delle conclusioni dell’AGCM, laddove non
sembrerebbe di immediata percezione come i dati
circolati potrebbero essere idonei a rivelare strategie future delle parti. Ed in effetti la peculiare posizione detenuta da RAI sul mercato, unita ad una
certa, intrinseca imponderabilità delle variabili di
gara, rende difficile per l’osservatore comprendere
come inferire previsioni circa condotte future dalle informazioni scambiate.
Quanto, invece, alla eventuale restrittività per
effetto, alla luce delle Linee Direttrici il fatto che
uno scambio di informazioni abbia o meno effetti restrittivi sulla concorrenza dipende sia dalle
condizioni economiche sui mercati rilevanti che
dalle caratteristiche delle informazioni scambiate. Da questo punto di vista, il giudizio di liceità di uno scambio di informazioni dipende da
numerosi fattori, la cui natura eterogenea ne rende
particolarmente difficile la sistematizzazione. Alla
luce della casistica europea ed italiana, confermata dall’approccio adottato nel caso in commento,
si ritiene però di poter proporre la seguente schematizzazione.
(i) Caratteristiche del mercato sul quale insistono
le condotte:
– trasparenza?
– grado di concentrazione?
– particolari complessità?
– significative fluttuazioni di domanda e/o offerta
(o, all’opposto, sostanziale stabilità)?
– caratteristiche delle imprese ivi operanti (e.g. i
players sono simili in termini di strutture di costo,
capacità produttiva)?
(ii)Caratteristiche delle informazioni scambiate:
– hanno natura strategica?
– sono idonee a rivelare futuri comportamenti sul
di mercato?
– sono disaggregate o agevolmente disaggregabili?
– hanno natura confidenziale (e dunque non
pubblica)?
– sono storiche?45
45
Sebbene, come accennato supra nel testo, l’età dei dati
oggetto di trasmissione (concernenti gare passate e dunque
inidonei a determinare le future strategie delle parti) sia uno
IL NUOVO DIRITTO AMMINISTRATIVO 6/2016
(iii)
Caratteristiche dello scambio, lato sensu
considerato:
– copertura del mercato?
– Frequenza?46
Sul punto, si ritiene di dover precisare come
tutti gli elementi di cui sopra concorrano su un
piano di parità alla determinazione del carattere eventualmente illecito della condotta.47 Coerentemente con tale approccio, come accennato
al §2.2., nel caso di specie il TAR Lazio avrebbe
valorizzato tanto le caratteristiche del mercato sul
quale si sono verificate le condotte asseritamente
anticompetitive, quanto le caratteristiche delle informazioni oggetto di scambio (ritenute non sensibili perché storiche ed ordinariamente accessibili
in un mercato concorrenziale).
3.2.1. Caratteristiche del mercato rilevante
Il mercato sul quale insistono le condotte delle
parti è la lente attraverso la quale valutare le caratteristiche delle informazioni oggetto di scambio,
anche tramite una comparazione delle relative dinamiche di funzionamento ante e post scambio
informativo. Invero, uno scambio di informazioni
degli elementi presi in considerazione dai giudici amministrativi nella propria pronuncia di annullamento, una analisi approfondita di tale aspetto esula dai limiti del presente
contributo. Del resto, la natura storica delle informazioni
rappresenta, forse più di ogni altro, il tratto distintivo la cui
analisi è maggiormente dipendente dalle caratteristiche del
caso concreto. Sul punto, nelle Linee Direttrici ci si limita
ad affermare come sia “improbabile” che lo scambio di dati
storici possa condurre ad esiti collusivi, posto che è improbabile che tali dati possano essere indicativi del futuro comportamento dei concorrenti sul mercato. Peraltro, rispetto a
quanto ricordato supra nel testo con riferimento al raggiungimento di equilibri collusivi, la Commissione correttamente
sottolinea come sia improbabile che lo scambio di dati storici
possa consentire il monitoraggio delle deviazioni da quanto
illecitamente pattuito. Ciò posto, però, non esiste una soglia
predeterminata superata la quale i dati diventano storici. Essa
andrà valutata su base casistica, anche sulla base del tipo e
livello di aggregazione dei dati, della frequenza degli scambi
e delle caratteristiche del mercato rilevante.
46
A voler essere rigorosi, alla luce della giurisprudenza
europea e nazionale, si deve ricordare come la frequenza
con la quale le imprese scambiano informazioni sensibili
non assurga ad elemento costitutivo dell’illecito, riverberando i propri effetti esclusivamente in punto di quantificazione
della sanzione. Tale impostazione ha consentito in numerose
occasioni, sia alla Corte di Giustizia che alla Commissione
europea, di ritenere che anche un episodio isolato potesse
costituire un illecito.
47
Sul punto, L.C. Ubertazzi, op.cit., p. p. 3164, con riferimento al trend decisionale dell’AGCM, osserva come non si
possa più ritenere “che la struttura concorrenziale di un mercato basti di per sé ad escludere l’illiceità di uno scambio”.
55
Sezione Seconda
DIRITTO PUBBLICO DELL’ECONOMIA
avente determinate caratteristiche posto in essere
nell’ambito di un mercato –, oligopolistico ed assai
trasparente e stabile, andrà valutato diversamente
rispetto ad un altro avente le medesime caratteristiche, ma occorso nell’ambito del mercato –, diametralmente opposto al mercato –. Ne deriva che
operatori attivi in un mercato avente caratteristiche ritenute potenzialmente problematiche dalla
Commissione saranno sottoposti ad uno scrutinio
maggiormente approfondito da parte delle autorità della concorrenza.48
La rilevanza del mercato sul quale insistono
le condotte delle imprese in punto di valutazione della portata anticompetitiva di uno scambio
di informazioni è stata riconosciuta in maniera
piuttosto esplicita dalla Corte di Giustizia nel caso
Asnef-Equifax, in cui i giudici di Lussemburgo
hanno statuito come “la compatibilità con le norme comunitarie in materia di concorrenza di un
sistema di scambio di informazioni […] non può
essere valutata in modo astratto. Essa varia in base
alle condizioni economiche dei mercati interessati
e alle caratteristiche proprie del sistema in questione [...]”.49
In concreto, il primo approdo della prassi decisionale e della giurisprudenza europee è stato
attribuire rilievo alla natura oligopolistica del
mercato. Nel caso John Deere, ad esempio, il Tribunale di Primo Grado – con considerazioni confermate dalla Corte di Giustizia50 – ha osservato
come “in un mercato effettivamente concorrenziale la trasparenza fra gli operatori economici è
tale da contribuire a intensificare la concorrenza
fra i fornitori, dato che [...] il fatto che un operatore economico tenga conto delle informazioni sul
funzionamento del mercato di cui dispone grazie
al sistema di scambio di informazioni per adeguare il suo comportamento sul mercato, considerato
il carattere atomizzato dell’offerta, non è tale da
ridurre o annullare, per gli altri operatori economici, qualsiasi incertezza sul carattere prevedibile
del comportamenti dei propri concorrenti”.
In un secondo momento, la Corte avrebbe rafCfr. M. Jephcott, Law of Cartels, Jordans, 2011.
Corte di Giustizia dell’Unione europea, caso AsnexEquifax, cit.
50
E reiterando il medesimo approccio della Commissione, che pure aveva attribuito espressamente rilevanza al fatto
che i paciscenti detenessero una quota di mercato aggregata
pari a circa l’80%, cfr. decisione UK Agricultural Tractor Registration Exchange. Per la pronuncia del Tribunale di Primo
Grado, Cfr. decisione del 27 ottobre 1994, John Deere Ltd
v Commission of the European Communities, causa T-35/92;
per la pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione europea, Cfr. decisione del 28 maggio 1998, causa C-7/95.
48
49
56
finato ulteriormente la propria analisi, sancendo il
carattere potenzialmente illecito di uno scambio
di informazioni anche in mercati non oligopolistici. Il punto di svolta sul tema è costituito dalla
sentenza resa nel caso Thyssen Stahl AG,51 nella
quale si legge che “contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, un sistema di scambio di
informazioni può costituire una violazione delle
regole di concorrenza anche nel caso in cui il mercato in questione non sia un mercato oligopolistico fortemente concentrato. Senza dubbio la citata
sentenza del Tribunale Deere/Commissione […]
ha concluso che il mercato [rilevante] presentava
tale natura. Tuttavia, le dette sentenze prendono in
considerazione a questo proposito un insieme di
criteri, laddove il solo principio generale accolto in
materia di struttura del mercato è quello che l’offerta non deve avere un carattere frammentato”.52
Ne deriva come, sebbene non possa in principio
escludersi la rilevanza a fini antitrust di scambi di informazioni in mercati non oligopolistici,
ciò quantomeno ponga in capo alle autorità della
concorrenza un onere probatorio assai rafforzato.
Si segnala inoltre la decisione resa dalla Commissione nel caso EUDIM,53 nel quale essa ha inteso esentare uno scambio di informazioni notificato dall’associazione EUDIM in quanto avente
natura pro-concorrenziale, atteso che esso avrebbe consentito ai membri dell’associazione di
incrementare il proprio potere contrattuale nei
confronti dei suppliers, riuscendo dunque a competere più efficacemente con concorrenti aventi costi inferiori. In altri termini, sebbene i dati
scambiati avessero natura individuale e sensibile, la Commissione avrebbe ritenuto prevalente
il dato per cui la natura frammentata del mercato avrebbe impedito un utilizzo distorto dei dati
scambiati.54
Più di recente,55 le Linee Direttrici da un lato
Cfr. decisione del 2 ottobre 2003, Krupp Hoesch Stahl
AG contro Commissione delle Comunità europee, causa
C-195/99 P.
52
Par. 86.
53
Caso No. IV/33.815, 35842 – EUDIM.
54
Il TAR Lazio in commento ha adottato un reasoning per
alcuni versi simile, come confermato infra nel testo.
55
Per una ulteriore ipotesi nella quale la Commissione
avrebbe attribuito rilevanza alle caratteristiche del mercato, cfr. la decisione Wirtschaftsvereinigung Stahl, O.J. 1998,
L1/10. Peraltro, la decisione in oggetto sarebbe stata riformata dal tribunale di primo grado (cfr. caso T-16/98), che
avrebbe rilevato come, al contrario di quanto accaduto nel
caso UK Agricultural Tractor Registration Exchange, in cui i
dati scambiati erano talmente precisi da consentire l’individuazione di ciascuna vendita effettua dalle parti, nel caso
51
IL NUOVO DIRITTO AMMINISTRATIVO 6/2016
Lo scambio di informazioni nel diritto antitrust italiano
hanno recepito i dettami della giurisprudenza appena menzionata, dall’altro l’hanno superata in
punto di valorizzazione di alcune caratteristiche
del mercato potenzialmente suscettibili di favorire
un esito collusivo. Nelle parole della Commissione, ciò è infatti “più probabile […] su mercati che
sono sufficientemente trasparenti, concentrati,
semplici, stabili e simmetrici”.
Mentre sul grado di concentrazione del mercato si è già detto,56 quanto alla rilevanza attribuita al grado di trasparenza, la maggiore facilità di
raggiungere un equilibrio collusivo su tale tipo di
mercati deriva dal fatto che le imprese ivi operanti
non solo avranno maggiore facilità nella individuazione dei termini del coordinamento, ma anche nel conferire all’equilibrio collusivo raggiunto
maggiore stabilità. Quanto al carattere della semplicità, esso ha varie potenziali declinazioni, ma
il nucleo duro sembra essere il fatto che la Commissione ritiene più agevole raggiungere un equilibrio collusivo relativamente a prodotti omogenei
piuttosto a prodotti eterogenei, tendenzialmente
aventi anche caratteristiche di prezzo differenti. Similmente, quando il mercato è poco stabile
(i.e. domanda ed offerta sono sottoposte ad oscillazioni consistenti e frequenti) sarà proporzionalmente più difficile sostenere l’equilibrio collusivo
raggiunto, anche perché le eventuali segnalazioni
tra concorrenti circa le relative preferenze collusive dovranno essere più frequenti e precise. Da
questo punto di vista, la volatilità della domanda,
la frequenza dell’ingresso di nuove imprese sul
mercato, ovvero ancora una sostanziale crescita
interna delle imprese ivi operanti potrebbero indicare che la situazione di mercato non è sufficientemente stabile da supportare adeguatamente un
equilibrio collusivo.57
Proprio le caratteristiche del mercato rilevante hanno assunto un peso determinante nel giudizio del TAR Lazio nel caso in commento, nella
misura in cui – come accennato supra – i giudici
amministrativi hanno censurato la mancanza di
approfondimento del provvedimento sanzionatooggetto di scrutinio i dati scambiati avrebbero consentito
esclusivamente di operare una stima indicativa delle quote
di mercato delle parti.
56
In aggiunta a quanto osservato, valga rilevare quanto
statuito dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea, causa
C-8/95, New Holland Ford, par.67, laddove si legge che “the
fact that a trader takes into account information made available to him in order to adjust his conduct on the market is not
likely, having regard to the atomized nature of the supply, to
reduce or remove for the other trader any uncertainty about
the foreseeable nature of its competitors”.
57
Sul punto, cfr. caso John Deere, cit., par. 78.
IL NUOVO DIRITTO AMMINISTRATIVO 6/2016
rio dell’Autorità delle caratteristiche di tale mercato, con particolare riguardo alla rilevata posizione
di monopsonio detenuta da RAI. È proprio in ragione di tale peculiare caratteristica del mercato
rilevante, infatti, che il TAR Lazio ha inteso non
attribuire alle informazioni scambiate “un vero e
proprio carattere di segretezza”, leggendo il requisito della natura pubblica o meno delle informazioni oggetto di scambio tramite la “lente” delle
caratteristiche del mercato rilevante, attribuendo
rilievo alla mitigazione dell’asimmetria informativa conseguente allo scambio.
3.2.2. Le caratteristiche delle informazioni scambiate. In particolare, le informazioni pubbliche
Come è agevole intuire, non tutte le informazioni – e conseguentemente non tutti gli scambi di
informazioni – hanno la medesima rilevanza in
ottica antitrust. Da questo punto di vista, le Linee
Direttrici attribuiscono carattere di potenziale illiceità allo scambio di informazioni “sensibili”.
È solo lo scambio di questo tipo di informazioni,
infatti, a poter generare quell’aumento della trasparenza del mercato suscettibile di facilitare il
coordinamento delle imprese. Tutto sta, dunque,
a comprendere quali siano le informazioni che la
Commissione considera sensibili.
Ad esempio, sono certamente sensibili le informazioni cc.dd. strategiche, ovvero quelle che
riducono l’incertezza strategica del mercato.58 Le
Linee Direttrici ricordano come le informazioni
relative a prezzi e quantità, seguite da quelle sui
costi e sulla domanda, siano quelle maggiormente
strategiche.
Ciò posto, tra le varie caratteristiche cui le autorità della concorrenza hanno attribuito rilevanza
al fine di qualificare un certo tipo di informazione
come sensibile rientra anche la natura pubblica
della stessa. Da questo punto di vista, infatti, le
Linee Direttrici giudicano “poco probabile” che
58
Da questo punto di vista, si ritiene utile segnalare il
provvedimento dell’AGCM del 4 giugno 2015, n. 25508,
caso I770 – Arca/Novartis-Italfarmaco. Sebbene il procedimento avesse ad oggetto una fattispecie piuttosto specifica
(c.d. accordo di co-marketing nel settore farmaceutico, i cui
profili di intersezione con gli scambi di informazioni sarebbero meritevoli di un apposito contributo), vale rilevare
come, al fine di considerare adeguatamente risolte le proprie
preoccupazioni concorrenziali, l’AGCM avrebbe accolto inter alia l’impegno delle parti a trasmettere informazioni caratterizzate da un minore livello di attualità, proprio al fine
di evitare “la conoscenza […] del potenziale competitivo di
Italfarmaco nell’ambito di partecipazione alle gare”, conseguentemente riducendo i margini di incertezza sul mercato.
57
Sezione Seconda
DIRITTO PUBBLICO DELL’ECONOMIA
scambi di informazioni effettivamente pubbliche
costituiscano una violazione dell’articolo 101
TFUE.
Sul punto, si ritiene di non accedere all’opinione di chi ha criticato l’approccio della Commissione, ritenendo eccessivo considerare punibile
anche solo in via astratta uno scambio di informazioni pubbliche. Sembra infatti a chi scrive che
anche la circolazione di un dato già nella disponibilità di tutti gli operatori del mercato potrebbe essere dotata di valore patogeno per la concorrenza,
in quanto la circolazione di quel dato (e proprio
di quel dato) potrebbe facilitare il raggiungimento
di un equilibrio collusivo, per esempio attirando
l’attenzione dei concorrenti sulla modifica delle
caratteristiche (magari di prezzo) di uno dei fattori
della produzione.
Di conseguenza, il focus dell’interprete dovrebbe spostarsi su quali informazioni ritenere
pubbliche. In presenza di tali informazioni sarà
posto sul capo dell’autorità della concorrenza un
onere probatorio rinforzato, dovendo dimostrare
l’effetto anticompetitivo delle stesse sulla base di
altri parametri, e.g. le caratteristiche del mercato,
la frequenza dello scambio, il livello di aggregazione dei dati, ecc. Ciò che non sarebbe accaduto
nel caso di specie, nel quale non solo le informazioni non sono state considerate pubbliche
in ragione della peculiare posizione di RAI, ma
neanche le caratteristiche del mercato e dei dati
scambiati sono state ritenute dal TAR tali da corroborare un giudizio di illiceità delle condotte.
Tornando alla disciplina di soft law europea in
materia di informazioni pubbliche, le Linee Direttrici introducono la distinzione tra informazioni
“effettivamente pubbliche” ed informazioni “di
pubblico dominio”, la differenza consistendo in
ciò, che queste ultime sono informazioni in genere facilmente accessibili per tutti i concorrenti
ed i consumatori in termini di costi di accesso.
Affinché una informazione possa essere ritenuta
effettivamente pubblica, invece, è necessario che
i costi che i clienti e le imprese non partecipanti
allo scambio dovrebbero sopportare per raccogliere le informazioni scambiate non siano tali
da “scoraggia[re] le altre imprese ed altri clienti
dall’agire in tal senso”.
In ogni caso si anticipa che, a parere di chi
scrive, il vero portato innovativo delle Linee Direttrici in materia di informazioni pubbliche non è
costituito da tali nozioni generali – con riferimento alle quali il tono della Commissione sembra descrittivo, limitandosi a porre problemi più che a
fornire soluzioni – quanto piuttosto dal fatto che,
58
secondo le Linee Direttrici, “anche se i dati sono
disponibili al pubblico […] l’esistenza di un ulteriore scambio di informazioni da parte dei concorrenti può avere effetti restrittivi sulla concorrenza,
se contribuisce ulteriormente a ridurre l’incertezza
strategica sul mercato. In questo caso, le informazioni incrementali potrebbero essere determinanti
per sbilanciare la situazione del mercato verso un
esito collusivo”. La portata di tali considerazioni
sarà resa più chiara infra.
Quanto agli arresti giurisprudenziali sul punto,
un celebre caso posto all’attenzione della Corte di
Giustizia dell’Unione europea59 riguardava una serie di riunioni durante le quali sarebbe avvenuta la
circolazione di informazioni relative a prezzi futuri
tra operatori nel settore dello zucchero.60 Ebbene,
le parti del procedimento avrebbero sostenuto, tra
l’altro, che le informazioni diffuse erano già note
al mercato. Conseguentemente, per quanto fosse
innegabile che i concorrenti sarebbero venuti a
conoscenza di tali informazioni di prezzo prima
della diffusione ufficiale sul mercato, comunque
ciò sarebbe accaduto dopo che esse fossero condivise con consumatori e fornitori. Di contro, la
Commissione rilevava che i concorrenti avevano
ricevuto tali informazioni in modo più rapido ed
affidabile rispetto al caso in cui essi stessi avessero dovuto procacciarsele autonomamente. Anche
il Tribunale di primo grado, chiamato a pronunciarsi sul punto, avrebbe concordato sul fatto che
l’avvenuta comunicazione ai clienti non rendeva
il dato comunicato immediatamente reperibile sul
mercato.61 Peraltro, lo scambio generava un clima
di mutua sicurezza relativamente alle future politiche di prezzo di concorrenti diretti.
In un altro caso,62 il Tribunale di Primo Gra59
Cfr. decisione del Tribunale di Primo Grado del 12 luglio 2001, Tate&Lyle, causa T-202/98, poi appellata dinanzi
alla Corte di Giustizia dell’Unione europea, decisione del 29
aprile 2004, causa C-359/01.
60
Durante una di tali riunioni, una delle imprese avrebbe
altresì distribuito agli altri partecipanti una tabella dei suoi
prezzi per lo zucchero industriale in rapporto ai quantitativi
di acquisto.
61
Ciò è sostanzialmente confluito nelle Linee Direttrici,
il cui paragrafo 109 fornisce l’esempio di imprese cui appartengono tutti i distributori di benzina di un dato Paese, che
si scambiano per telefono i prezzi concorrenti della benzina.
Ebbene, i dati sui prezzi scambiati per telefono non sono,
ad avviso della Commissione, effettivamente pubblici, perché per ottenere le stesse informazioni in altro modo sarebbe
necessario un considerevole dispendio di tempo e notevoli
costi di trasporto.
62
Cfr. decisione del Tribunale di Primo Grado del 30 settembre 2003, causa T-191/98 e da T212/98 a T-214/98, Atlantic
Container Line AB e altre c.Commissione, punti 1153-1154.
IL NUOVO DIRITTO AMMINISTRATIVO 6/2016
Lo scambio di informazioni nel diritto antitrust italiano
do avrebbe invece rilevato come la pubblicazione
dovuta ad un obbligo di legge di informazioni poi
oggetto di scambio avrebbe comportato l’impossibilità di “vedersi contestare dalla Commissione
[...] il fatto di aver convenuto di comunicarsi reciprocamente tali dati. Infatti, considerata la pubblicazione del contenuto delle clausole essenziali,
la comunicazione tra le parti […] rappresenta uno
scambio di informazioni pubbliche. Ora, secondo
la giurisprudenza, un tale sistema di scambio di
informazioni non è idoneo a violare le regole di
concorrenza del Trattato”.
Più di recente, la Corte ha affrontato il tema
della natura pubblica dei dati nel già citato caso
Dole.63 In tale ipotesi, a fronte di uno scambio
restrittivo per oggetto, la Commissione avrebbe
rilevato come la circolazione di informazioni tra
concorrenti potrebbe avere natura anticompetitiva
anche se tali informazioni fossero già note a clienti o concorrenti. Da questo punto di vista, vale
però rilevare come sia il Tribunale di Primo Grado, sia la Corte di Giustizia dell’Unione europea,
pur confermando la decisione della Commissione, non abbiano assunto una posizione tanto netta
sul punto, limitandosi a negare che, in concreto,
le informazioni scambiate potessero ritenersi pubbliche e statuendo – piuttosto condivisibilmente
– come quand’anche una data informazione sia di
pubblico dominio, l’opinione di un dato operatore del mercato su quella informazione circa l’impatto che essa potrebbe avere sul proprio business
ben potrebbe essere sensibile in ottica antitrust.64
Quanto agli orientamenti nazionali, è d’obbligo un accenno al caso IAMA.65 Il procedimento
Cfr. sentenza del 19 marzo 2015, Dole Food e Dole
Fresh Fruit Europe c. Commissione, causa C-286/13, punto
279.
64
B.Batchelor, M. Mudrony, Information exchange: top
EU court affirms zero-tolerance standard, reperibile online.
65
Dilungarsi sulla prassi decisionale dell’AGCM sul punto è, infatti, operazione che esula dalle finalità del presente
contributo. Ciononostante, sembra rilevante anche menzionare sia pur brevemente il caso I777 – Tassi sui mutui nelle
Province di Bolzano e Trento, provvedimento n.25882. in
tale ipotesi, infatti, l’AGCM avrebbe accertato come, contrariamente a quanto sostenuto dalle parti, “lo scambio di informazioni […] ha avuto ad oggetto informazioni non disponibili pubblicamente (in quanto rese disponibili tramite il sistema
informativo RIS, che ha accesso a tutti i dati riservati delle
singole Casse, ovvero direttamente dai rappresentanti delle
Casse) […] pertanto, appare priva di pregio la contestazione
avanzata in sede di memorie finali per cui il carattere riservato
di un dato (in quanto non disponibile al “pubblico” non ne
comporterebbe automaticamente la natura di dati sensibile,
in quanto nel caso in esame emerge che alla non conoscibilità
pubblica del dato si associa la natura sensibile dello stesso”.
63
IL NUOVO DIRITTO AMMINISTRATIVO 6/2016
dinanzi all’AGCM aveva preso le mosse da due
comunicazioni volontarie di intesa effettuate da
altrettante compagnie assicurative ed aventi ad
oggetto l’acquisto di una banca dati fornita da una
società di consulenza e concernente prodotti assicurativi vita e previdenziali.
La banca dati consentiva di accedere alle caratteristiche specifiche di una serie di prodotti
assicurativi.66 Nella ricostruzione operata dalle
compagnie assicurative, l’acquisto del prodotto
avrebbe comportato una mera esternalizzazione,
ad esclusivi fini di benchmarking, di dati pubblici autonomamente raccolti da fonti pubbliche da
parte del gestore della banca dati. L’AGCM, di
contro, avrebbe ritenuto che le informazioni contenute nella banca dati – in ragione della loro natura sensibile ed apparente complessità – potessero facilitare forme di coordinamento orizzontale
tra gruppi assicurativi.67
Il provvedimento appena descritto sarebbe stato oggetto di impugnazione prima dinanzi al TAR,
che lo avrebbe annullato e poi dinanzi al Consiglio di Stato, che avrebbe invece – piuttosto sorprendentemente – riformato in appello la sentenza dei giudici di prime cure.
Il TAR, con espressione oramai tralatizia, avrebbe affermato che “laddove dei dati siano pubblici,
non è ravvisabile, in corrispondenza di essi, alcuna
particolare “incertezza”, “opacità” o “zona d’ombra” che possa favorire la concorrenza, e che per
tale ragione debba essere salvaguardata”. Inoltre, i
giudici di primo grado, pur ritenendo ragionevole
E.g. nominativo dell’impresa di assicurazione, canale
distributivo, condizioni di adesione, modalità di versamento
dei premi, costi per il cliente.
67
L’AGCM sarebbe giunta a tali conclusioni per il tramite
della distinzione tra “dati pubblici” e “dati di pubblico dominio”, che curiosamente ricorda quella che, qualche anno
dopo, la Commissione avrebbe inserito nelle proprie Linee
Direttrici. Più in dettaglio, ad avviso dell’Autorità, nei rapporti di mercato le informazioni relative a prezzi e condizioni
contrattuali inevitabilmente costituiscono oggetto di comunicazione alla clientela e dunque hanno, per definizione, natura pubblica. Pertanto, nella valutazione concorrenziale di
scambi di informazioni tali variabili non rileverebbe la natura
pubblica dei dati in questione, bensì il fatto che esse siano
di pubblico dominio, laddove le informazioni “di pubblico
dominio” sarebbero quelle immediatamente accessibili senza oneri e realmente utilizzabili da chiunque interessato ad
acquistarle. Il criterio adottato dall’Autorità al fine di determinare la liceità di uno scambio di dati di pubblico dominio
viene rinvenuto nei costi di reperimento individuale delle
informazioni oggetto di scambio. Ove tali costi non fossero
apprezzabili, i tempi di acquisizione non fossero lunghi e le
informazioni risultassero sufficientemente attendibili, il contributo di un siffatto scambio di informazioni ad un accordo
collusivo sarebbe irrilevante.
66
59
Sezione Seconda
DIRITTO PUBBLICO DELL’ECONOMIA
l’esistenza di “un differenziale di costo tra le diverse modalità a disposizione di ciascun operatore del settore onde procacciarsi materialmente le
informazioni pubbliche in questione”, avrebbero
considerato che tale differenziale non potrebbe
essere elevato a discrimine tra liceità ed illiceità
antitrust, chiamando esso in causa unicamente
scelte di razionalità economica orientate al contenimento dei costi. La sentenza del TAR avrebbe altresì accolto i rilievi dei ricorrenti con riferimento
all’inesistenza, in concreto, di informazioni “immediatamente accessibili senza oneri da chiunque”, posto che qualsiasi attività di raccolta di dati
comporta costi e richiede tempi tecnici.
Come accennato, la pronuncia in commento
sarebbe poi stata riformata dal Consiglio di Stato,
sulla base dell’assunto per cui “la natura “pubblica” dei dati scambiati non è idonea a rendere irrilevante una intesa”. Secondo i giudici di Palazzo
Spada, “contrariamente a quanto considerato nella sentenza impugnata, [i dati oggetto di scambio]
non erano facilmente rinvenibili sul mercato nelle
stesse forme e con le stesse modalità consentite
dalla condivisione del data-base in questione e
cioè in modo completo, aggregato, periodico e
comparato”.
Sennonché, a parere di chi scrive, il fatto che
il data-base consentisse di disporre di un certo
quantitativo di informazioni in maniera più rapida
ed efficiente non sembrerebbe poter ragionevolmente assurgere ad indice di illiceità della condotta, ma al più di utilità dello strumento informatico.
E nemmeno pienamente condivisibile sembra
l’opinione di chi68 ha rilevato come “un punto nodale del caso […] è che IAMA sarebbe stata ben
felice di vendere il suo prodotto a chiunque, ed
anzi era in trattativa per la vendita di Aequos ad
una associazione di consumatori al tempo dell’istruttoria. È vero che Aequos veniva elaborato grazie alla preziosa collaborazione delle compagnie
e consentiva un raffronto di prezzi e condizioni
commerciali, ma è altresì vero che era disponibile a chiunque volesse acquistarlo. Il club non era
chiuso”.
A ben vedere, per quanto sia assolutamente
condivisibile la perplessità relativa all’opportunità
68
Cfr. S.Gambuto, Lo scambio di informazioni nella giurisprudenza antitrust e nella prassi decisionale delle autorità
nazionali della concorrenza europee e della Commissione:
per una critica del caso IAMA in ottica comparata, in Dir.
comm.internaz. (3), 2012, p. 519ss. A considerazioni sostanzialmente simili perviene M. Frigessi di Rattalma, Lo scambio
di informazioni nel settore assicurativo, in La disciplina della
concorrenza in ambito assicurativo, Giappichelli, 2014.
60
di negare che uno scambio di informazioni i cui
esiti vengano addirittura commercializzati possa
essere ritenuto pubblico,69 un po’ meno condivisibile è ritenere che la successiva apertura a terzi di
uno scambio di informazioni sia ex se sufficiente
a rendere pubblico il dato scambiato (e dunque lo
scambio potenzialmente privo di effetti anticompetitivi). D’altra parte, come accennato, le Linee
Direttrici sul punto pongono problemi più che
fornire soluzioni (e si è anche già detto che non
potrebbero fare altrimenti), dunque si comprende
la necessità di cercare un criterio generale per stabilire quali informazioni considerare pubbliche.
A parere di chi scrive, il criterio deve essere
rinvenuto risalendo ai principi generali in materia
di scambio di informazioni così come ricostruiti
dalle stesse Linee Direttrici: se è vero come è vero
che in tanto uno scambio informativo è illecito in
quanto esso sia idoneo a ridurre il grado di incertezza strategica del mercato, è su tale parametro
che dovrà fondarsi il giudizio anche in materia di
dati pubblici. Del resto, ciò è confermato anche
dal già citato passaggio delle Linee Direttrici nel
quale si legge che “anche se i dati sono disponibili
al pubblico […] l’esistenza di un ulteriore scambio
di informazioni da parte dei concorrenti può avere effetti restrittivi sulla concorrenza, se contribuisce ulteriormente a ridurre l’incertezza strategica
sul mercato […]”. In altri termini, a prescindere
dalla distinzione tra informazioni effettivamente
pubbliche e di pubblico dominio – un sofisma
che rischia di generare confusione e la cui portata sembra prevalentemente descrittiva – il criterio
ultimo identificato dalla Linee Direttrici al fine di
determinare la natura pubblica o meno delle informazioni scambiate è quello della suscettibilità
a ridurre l’incertezza strategica sul mercato, i.e.
a qualificarle come strategiche, i.e. a qualificarle
come sensibili. Del resto, attribuire eccessiva enfasi alla distinzione tra informazioni effettivamente pubbliche e di pubblico dominio rischia di porre l’interprete di fronte ad un blocco logico, tale
per cui uno scambio di informazioni di pubblico
dominio non avrebbe, di fatto, ragione di esistere, mentre ogni altro scambio finirebbe per essere
vietato, posto che la raccolta di qualsiasi tipo di
informazioni comporta dei costi e posto che per
Del resto, già il Tribunale di Primo grado nel citato leading case John Deere aveva attribuito rilevanza alla esclusione di soggetti terzi rispetto ai paciscenti, valorizzando “la
diffusione generalizzata [di informazioni] fra i principali fornitori e, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, ad
esclusivo vantaggio di questi ultimi e, quindi, ad esclusione
degli altri fornitori e dei consumatori”.
69
IL NUOVO DIRITTO AMMINISTRATIVO 6/2016
Lo scambio di informazioni nel diritto antitrust italiano
le imprese all’interno di un qualsiasi circuito informativo i dati saranno sempre accessibili con
maggiore facilità.
Ciò che, a ben vedere, non è nulla di diverso rispetto a quanto aveva già adombrato il TAR
nel caso IAMA, laddove i giudici amministrativi –
più che al criterio dei costi da parte delle imprese
escluse dal circuito amministrativo – avevano attribuito rilievo alla presenza di “zone d’ombra” da
salvaguardare al fine di favorire al concorrenza.
A parere di chi scrive, tale chiave di lettura risulta pienamente compatibile anche con la sentenza in commento. Ed infatti, i giudici amministrativi avrebbero ritenuto pubbliche le informazioni
scambiate non perché le imprese non partecipanti
allo scambio avrebbero dovuto sopportare costi
limitati o nulli per accedervi (e del resto, come
sottolineato supra, quale informazione non ha
un costo di acquisizione?), ma perché in ragione
della posizione detenuta da RAI, del fatto che lo
scambio era reso manifesto alla stazione appaltante e delle precipue caratteristiche delle gare quei
dati non erano sufficienti a ridurre il grado di incertezza strategica del mercato.
Alla luce di tutto quanto precede, sembra possibile trarre le seguenti conclusioni.
La sentenza del TAR Lazio si pone in (apprezzabile) discontinuità con una parte della precedente giurisprudenza nazionale ed europea e con
una certa interpretazione delle Linee Direttrici,
adottando un approccio pragmatico che ben si attaglia alle specificità della fattispecie dello scambio informativo.
Da questo punto di vista, è opinione di chi
scrive che un percorso logico-argomentativo più
coerente con la casistica e la soft law in materia
sarebbe stato, per l’AGCM (come in parte apprezzabilmente fatto dal TAR Lazio), scrutinare la fattispecie quale potenziale restrizione per effetto e
dunque esaminare in tale ottica le caratteristiche
dello scambio e del mercato nel quale esso ha
avuto luogo.70 Del resto, le stesse Linee Direttrici
ricordano come, nella valutazione circa la restrittività per oggetto o per effetto di una data condotta, sia necessario prestare “particolare attenzione
al contesto giuridico ed economico in cui avviene
lo scambio di informazioni”. Ebbene, proprio in
ragione di quanto ricordato in sede introduttiva
con riferimento alle caratteristiche del mercato rilevante, sembrerebbe ragionevole ritenere come i
dati scambiati non fossero suscettibili di eliminare
incertezze nei soggetti coinvolti con riferimento a
variabili strategiche.
Ciò avrebbe condotto a ritenere che, in ragione
(i) degli effetti pro-competitivi connessi alla possibilità di riequilibrare asimmetrie nel mercato rilevante, le cui specificità sarebbero dovute essere
prese in maggiore considerazione; (ii) del carattere non strategico delle informazioni oggetto di
scambio, in quanto dati relativi a gare già scadute
ed aventi dinamiche difformi l’una dall’altra non
può sostanzialmente ridurre l’incertezza relativa
al comportamento delle imprese sul mercato rilevante e (iii) della natura pubblica delle informazioni oggetto di scambio derivante dalla assenza
di zone d’ombra da tutelare, lo scambio non fosse
suscettibile di produrre alcun effetto anti-competitivo (anzi, semmai pro-competitivo, in quanto in
grado di appianare l’asimmetria informativa che
caratterizzava il mercato).
Tutto ciò, si noti, sembra a chi scrive coerente con la ratio della disciplina e della casistica in
materia. Ad esempio, valorizzando le specificità
della posizione della stazione appaltante nel mercato rilevante, il TAR Lazio ha opportunamente
confermato la relazione sinergica sussistente tra
caratteristiche del mercato rilevante e delle informazioni scambiate ai fini della valutazione della
liceità di questo tipo di condotte: in questo caso,
effettivamente vi è stato un paritario concorso di
tali elementi al fine di ricostruire la natura pubblica dei dati scambiati secondo la lente delle caratteristiche del mercato rilevante. È stato alla luce
delle caratteristiche del mercato – e dunque della
valorizzazione della posizione di RAI – che si è
determinata la natura non pubblica e non strategica delle informazioni scambiate.
70
Con riferimento al caso IAMA, la cui conclusione è stata precedente alle Linee Direttrici, S.Lembo, The Italian Last
Instance Administrative Court confirms the legitimacy of the
Competition Authority’s decision, quashed by the Court of
First Instance, according to which the exchange of commercial information which are not “genuinely public” are, per se,
anticompetitive (IAMA), reperibile su www.concurrences.
com, ha condivisibilmente sostenuto come “it could therefore be argued that if the Consiglio di Stato ruling had been
rendered after the publication of the New Commission GL,
the reasoning in the IAMA case would most likely have been
different. The Consiglio di Stato would have pointed out that
the exchange of information on insurance products through
the Aequos data base did not amount to a restriction of competition by object and that, even though it was likely to have
anti-competitive effects, the ICA did not analyse the adverse
impact of the alleged exchange of information on the market”.
4. Conclusioni
IL NUOVO DIRITTO AMMINISTRATIVO 6/2016
61
Sezione Seconda
DIRITTO PUBBLICO DELL’ECONOMIA
In ogni caso, a prescindere dalla valutazione
più o meno adesiva rispetto alle conclusioni cui è
pervenuto il TAR Lazio, non si può non osservare
come le autorità della concorrenza stiano adottando – per le motivazioni di cui nel testo, relative
alla difficoltà nel reperire la famosa smoking gun
– un approccio piuttosto severo nella valutazione delle fattispecie di scambi informativi71 e come
la materia si presti per le proprie caratteristiche
all’ambiguità descritta nei paragrafi precedenti.
A ciò si aggiunga la particolare attenzione con la
quale le autorità della concorrenza hanno dimostrato e dimostrano di guardare l’operato delle associazioni di categoria, che rappresentano un foro
privilegiato per la circolazione di informazioni.
71
Sul punto, sia sufficiente rilevare come nel momento in
cui viene realizzato il presente contributo risultano pendenti
dinanzi alla sola AGCM ben sette procedimenti per intesa
coinvolgenti profili di scambio di informazioni. È possibile
osservare il medesimo trend anche in ambito europeo: da
questo punto di vista, si segnala la sentenza recentemente
resa dalla Corte di Giustizia nel caso E-turas, in quanto coinvolge attuali profili relativi allo scambio di informazioni veicolato da una piattaforma online. Per un primo commento
sul caso, sia consentito per brevità rinviare a L. Villani, The
E-Turas case: when concerted practices meet technology, reperibile online su www.eurojus.it.
62
Da questo punto di vista, si ritiene tra l’altro auspicabile che imprese operanti in mercati
aventi caratteri identificati come potenzialmente
problematici dalle Linee Direttrici – nonché le relative associazioni di categoria – affrontino specificamente il tema dello scambio di informazioni
nell’ambito, ad esempio, della predisposizione
ed implementazione di efficaci programmi di
antitrust compliance. Le cautele che potrebbero
adottarsi sono molte: si pensi alla possibilità di
prevedere che i membri degli organi apicali delle associazioni di categoria siano soggetti distinti dalle omologhe figure delle imprese associate,
nonché di definire apposite regole di condotta per
i rappresentanti degli associati in seno all’associazione di categoria,72 ovvero ancora di effettuare
training specifici alle funzioni aziendali di imprese
operanti in mercati potenzialmente problematici,
che siano tailor-made sulle specifiche caratteristiche del mercato concreto, che tanta rilevanza assumono a questo fine.
Sul tema dei rapporti tra diritto antitrust ed associazioni
di categoria, si segnala l’utile contributo di Confindustria, Le
associazioni di imprese e il diritto antitrust, 24 maggio 2010,
reperibile online.
72
IL NUOVO DIRITTO AMMINISTRATIVO 6/2016