Scambio di informazioni nel diritto antitrust
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Scambio di informazioni nel diritto antitrust
LO SCAMBIO DI INFORMAZIONI NEL DIRITTO ANTITRUST ITALIANO E DELL’UNIONE EUROPEA. RECENTI SVILUPPI di Luca Villani Tar Lazio, Sezione I, sentenze 4 maggio 2016, nn. 6470, 6471, 6474, 6475, 6476, 6477, 6478, 6483, 6484, 6486, 6503 Con le sentenze in commento il TAR Lazio ha accolto i ricorsi presentati da alcune imprese attive nel mercato dei servizi di post-produzione televisiva avverso il provvedimento tramite il quale l’AGCM aveva accertato la sussistenza di una violazione dell’articolo 2 della legge n.287/1990 consistente in una intesa unica e continuata, avente ad oggetto uno scambio di informazioni ed il coordinamento delle politiche di offerta in sede di partecipazione alle gare RAI. Nella ricostruzione del TAR, non solo le informazioni scambiate non costituirebbero dati commerciali sensibili, ma l’Autorità non avrebbe sufficientemente provato il raggiungimento di un accordo anticoncorrenziale relativo alla partecipazione alle gare. Sommario: 1. Introduzione – 2. Il caso dei servizi di post-produzione di programmi televisivi RAI. – 2.1. Il procedimento I771-Servizi di post-produzione di programmi televisivi RAI. – 2.2. Le sentenze del TAR Lazio. – 3. Lo scambio di informazioni tra concorrenti tra prassi e giurisprudenza nazionale ed europea. – 3.1. Cenni generali. – 3.2. Valutazione concorrenziale. – 3.2.1. Le caratteristiche del mercato rilevante. – 3.2.2. Le caratteristiche delle informazioni scambiate. In particolare, le informazioni pubbliche. – 4. Conclusioni. 1.Introduzione Con sentenze numero 6470, 6471, 6474, 6475, 6476, 6477, 6478, 6483, 6484, 6486 e 5603 del 4 maggio 2016 (depositate in data 6 giugno 2016),1 il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio ha accolto i ricorsi presentati da alcune società attive nel mercato dei servizi di post-produzione televisiva e dall’associazione di categoria New Italian Broadcasting Association (da ora innanzi, NIBA) avverso il provvedimento con il quale l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato aveva ritenuto che le condotte oggetto di istruttoria costituissero una intesa unica e continuata.2 Reperibili sul sito internet www.giustizia-amministrativa.it. Cfr. provvedimento n.25489 del 27 maggio 2015, caso I771 – Servizi di post-produzione di programmi televisivi RAI, in Boll.21/2015. 1 2 46 Più in dettaglio, nella ricostruzione a suo tempo operata dall’AGCM, l’intesa sarebbe consistita in uno scambio di informazioni e nel coordinamento delle politiche di offerta in sede di partecipazione alle gare RAI per i servizi di post-produzione relativi ad alcuni programmi televisivi. Le pronunce in commento presentano almeno due profili di interesse. Da un lato, forniscono un utile contributo circa il regime probatorio in materia di parallelismo di condotte; dall’altro, arricchiscono il filone giurisprudenziale – italiano ed europeo – relativo ai parametri per determinare la liceità di uno scambio di informazioni tra concorrenti. Il presente contributo ha ad oggetto tale seconda tematica, ponendosi l’obiettivo – muovendo dalle vicende poste alla base del provvedimento dell’AGCM prima e delle sentenze del TAR Lazio IL NUOVO DIRITTO AMMINISTRATIVO 6/2016 Lo scambio di informazioni nel diritto antitrust italiano poi – di fornire una breve disamina dello stato dell’arte in materia di scambio di informazioni tra concorrenti, con particolare riguardo al valore da attribuire alle caratteristiche del mercato sul quale insistono le condotte ed allo scambio di informazioni pubbliche. A tal fine, dopo una breve ricostruzione del procedimento istruttorio dinanzi all’AGCM (§2.1.) e del percorso logico-argomentativo seguito dal TAR Lazio (§2.2.), ci si soffermerà su taluni aspetti dell’antitrust assessment in materia di scambio di informazioni, così come ricostruiti dalla dottrina, dalla soft law europea e dalla casistica europea e nazionale (§3), per poi valutare eventuali profili di discontinuità delle sentenze in commento con il quadro precedentemente dettagliato (§4). 2. Il caso dei servizi di post-produzione di programmi televisivi RAI 2.1. Il procedimento I771 – Servizi di post-produzione di programmi televisivi RAI Con provvedimento del 27 maggio 2015, l’AGCM deliberava che NIBA e talune imprese attive nel mercato dei servizi di post-produzione televisiva avessero posto in essere una intesa unica e continuata nell’ambito delle gare per l’affidamento dei servizi di post-produzione relativi a diversi programmi RAI per la stagione televisiva 2013-2014.3 L’istruttoria era stata avviata a seguito della presentazione, da parte di RAI-Radiotelevisione Italia S.p.A., di una segnalazione relativa ad un presunto accordo che avrebbe avuto luogo nell’ambito di alcune procedure selettive tenutesi tra agosto e settembre 2013. In conseguenza di tale accordo, i servizi oggetto di gara sarebbero stati aggiudicati ad un prezzo più elevato di quello praticato in passato, o comunque a condizioni economiche meno vantaggiose per la stazione appaltante rispetto a quelle che avrebbero potuto determinarsi in presenza di un indisturbato confronto concorrenziale. Le procedure di affidamento in questione trovano la propria disciplina in fonti di auto-regolamentazione della RAI, atteso che, come rilevato nello stesso provvedimento, “i servizi di post-produzione rientrano nell’ambito del setto3 I servizi di post-produzione raggruppano una categoria non omogenea di attività, tra cui montaggio di materiale audio-video, riversamento materiale, correzione colore, sottotitolazione, inserzione dei titoli di testa e di coda, cambio formato, cambio standard ed elaborazione grafica. IL NUOVO DIRITTO AMMINISTRATIVO 6/2016 re radiotelevisivo e pertanto, ai sensi dell’articolo 19, comma 1, lettera b) del [...] c.d. Codice degli Appalti, sono esclusi dall’applicazione del codice medesimo”.4 Ebbene, ai sensi delle Istruzioni interne per le procedure di affidamento dei contratti aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture approvate dal CdA della RAI, l’affidamento dei servizi avviene sulla base di una procedura selettiva ristretta, secondo il criterio del prezzo più basso. La procedura prende avvio a seguito di formale lettera di invito a partecipare, tramite la quale RAI richiede ad almeno cinque fornitori di formulare un’offerta secondo le prescrizioni contenute nella lettera di invito. La scelta dei fornitori da invitare a ciascuna procedura avviene sulla base di un principio di rotazione.5 Nella ricostruzione operata dall’Autorità, l’intesa avrebbe avuto ad oggetto “uno scambio di informazioni e il coordinamento delle politiche di offerta in sede di partecipazione alle gare RAI con l’obiettivo di innalzare il livello dei prezzi praticati”.6 Tali condotte sarebbero state agevolate dallo schermo associativo di NIBA, che avrebbe agito quale collettore dei dati provenienti dalle imprese associate. In seguito, i dati raccolti sarebbero stati trasmessi sia alle stesse imprese associate, sia alla stazione appaltante, nel rispetto di un modus procedendi che storicamente e per richiesta del committente utilizzava il riferimento ad un listino. Sul piano delle evidenze, l’asserita condotta anti-competitiva risulterebbe provata: (i)dalla stessa costituzione dell’associazione di categoria, che risponderebbe all’esigenza di “contrastare l’esagerata corsa al ribasso nelle offerte per aggiudicarsi le gare [ed] individuare una stra4 Cfr. par. 51 del provvedimento. Sul punto si rileva come, a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs.50/2016 (c.d. nuovo codice degli appalti), la materia sia ora disciplinata dal relativo art. 17. Ad ogni buon conto, l’entrata in vigore del nuovo codice non ha prodotto alcuna modifica sostanziale rispetto al quadro legislativo richiamato nel provvedimento, posto che tali servizi continuano ad essere esclusi dall’applicazione delle disposizioni in materia di appalti pubblici. 5 L’applicazione di un principio di rotazione è dovuta al fatto che sebbene, come visto, il settore radiotelevisivo rientri tra i cc.dd. settori esclusi, “la RAI è in ogni caso tenuta al rispetto dei principi generali dell’[allora] articolo 27 del [codice degli appalti], in ciò differenziandosi dalle altre emittenti televisive” (cfr. par. 61 del provvedimento). Anche in tale ipotesi, si rileva come l’entrata in vigore del nuovo codice degli appalti non abbia sostanzialmente mutato il quadro normativo di riferimento, dato che le previsioni di cui all’articolo 27 citato nel provvedimento sono sostanzialmente confluite nell’attuale art. 4. 6 Cfr. par. 193. 47 Sezione Seconda DIRITTO PUBBLICO DELL’ECONOMIA tegia d’azione per ottenere la fissazione di un tetto dell’offerta più bassa”7, nonché (ii)da una serie di evidenze (prevalentemente email e dichiarazioni rese nell’ambito delle audizioni infra-procedimentali) comprovanti iniziative di monitoraggio delle aggiudicazioni, aventi ad oggetto le basi d’asta ed il prezzo di aggiudicazione delle gare cui le imprese associate avevano in precedenza partecipato e (iii) dall’aver commissionato ad una società di consulenza esterna uno studio economico – poi trasmesso alla stessa RAI – relativo alla determinazione del costo dei servizi di post-produzione, al fine di evidenziare come i prezzi a baste d’asta fossero superiori al costo unitario di fornitura del servizio. Per quanto di interesse ai fini del presente contributo si segnala che nel corso del procedimento le parti avevano eccepito la natura non sensibile e non strategica delle informazioni oggetto di scambio. Al contrario, esse avrebbero avuto natura storica, dovendosi dunque ritenere insuscettibili di determinare ex ante strategie di partecipazione a gare future. Del resto, ciascuna gara sarebbe caratterizzata da variabili sue proprie, del tutto imponderabili e comunque tali da non consentire alcuna comparazione dei prezzi tra una gara e l’altra. Nella ricostruzione operata dalle parti, scopo di tale attività sarebbe stato “disporre di informazioni che fossero di supporto alla trattativa da condurre nei confronti di RAI nell’ottica di bilanciare l’asimmetria informativa esistente a favore della stazione appaltante”.8 2.2. Le sentenze del TAR Lazio Il TAR Lazio fonda la propria pronuncia su due macro-considerazioni. In primo luogo, sulla inidoneità delle evidenze richiamate nel provvedimento a provare il raggiungimento di un accordo tra le parti, sia pure nella forma della pratica concordata.9In secondo luogo – e soprattutto, quanto ai fini del presenCfr. par. 72. Cfr. par. 135. 9 Da questo punto di vista, ad avviso del TAR, mancherebbe la prova, anche solo “indiziaria o presuntiva, che siano stati [in occasione delle riunioni] raggiunti accordi anticoncorrenziali riferiti alle […] gare prese in esame”. Sul tema, che come accennato esula dai limiti del presente contributo, sia consentito rinviare ex multis alla lucida analisi di F. Ghezzi, M. Maggiolino, F. Scotton, I confini tra parallelismo consapevole e pratica concordata, nonché di F. Ghezzi, Pratiche concordate: uno studio sulla giurisprudenza europea, reperibili online. 7 8 48 te contributo – il TAR rileva come l’AGCM abbia errato nel ritenere che le informazioni scambiate avessero natura sensibile. Tale considerazione poggia su tre pilastri concettuali. Ad avviso dei giudici amministrativi, le informazioni scambiate: (i)avevano sempre ad oggetto gare già svolte e non procedure di affidamento future; (ii)non erano idonee a rivelare le future intenzioni commerciali delle Parti, anche laddove recenti ed anche laddove aventi ad oggetto il prezzo a base d’asta ed il prezzo proposto da ciascuna impresa partecipante. Tale considerazione risulta rafforzata dalle caratteristiche del mercato rilevante, nel quale – come accennato – è il committente a determinare di volta in volta non solo il prezzo posto a base d’asta, ma anche gli operatori da invitare alla procedura di gara; (iii) avevano ad oggetto notizie ordinariamente accessibili in un nomale mercato concorrenziale, che in concreto rimanevano ignote solo per decisione della stazione appaltante, posta in sostanziale posizione di monopsonio.10 Sul punto, il TAR ha rilevato come “non si è in alcun modo tenuto conto della peculiare struttura del mercato sul quale è stata concentrata l’indagine, fonte di asimmetrie informative e comunque necessaria chiave di lettura, in concreto non praticata, di una spiegazione economica alternativa”. La somma dei fattori di cui sopra, ad avviso del TAR Lazio, indurrebbe a ritenere che le informazioni scambiate non possano considerarsi sensibili e dunque non fossero tali da influenzare il comportamento delle altre imprese nella partecipazione alle gare, proprio perché non correlate, né correlabili, a gare future. 10 Sul punto, valga riportare la accurata definizione fornita nel contributo Monopsony and Buyer Power, OECD Competition Committee, reperibile online all’indirizzo https://www.oecd.org/daf/competition/44445750.pdf, nel quale si legge “negotiation power depends in principle on the opportunities of the other market side to switch to alternatives. Monopsony power emerges when a buyer, or a co-ordinate group of buyers such as a buying alliance, purchases such a large share of an upstream suppliers’ outputs that the suppliers ability to switch to alternatives quickly are limited. As a result, the monopsony buyer can obtain lower input prices or favorable contract terms, typically by withholding (or threatening to withhold) purchases […] a monopsonist faces price-taking sellers, whose aggregate supply curve is upward sloping – i.e. they will only produce greater volumes if a higher price is offered as marginal costs increase with the quality they supply”. IL NUOVO DIRITTO AMMINISTRATIVO 6/2016 Lo scambio di informazioni nel diritto antitrust italiano 3. Lo scambio di informazioni tra concorrenti tra prassi e giurisprudenza nazionale ed europea 3.1. Cenni generali Lo scambio di informazioni tra concorrenti costituisce una fattispecie tradizionalmente controversa nel diritto antitrust.11 Ciò è dovuto sostanzialmente a due fattori: da un lato, le forme di manifestazione di scambi di informazioni sono assai varie;12 dall’altro, la relativa analisi pone l’interprete dinanzi alla necessità di operare delicati bilanciamenti di interessi contrapposti, come del resto accaduto nel caso di specie. Da questo punto di vista, infatti, se è certamente vero che uno scambio di informazioni è il sostituto perfetto di un cartello in senso stretto,13 non è meno vero che la circolazione di informazioni è una caratteristica comune a molti mercati concorrenziali, suscettibile di determinare vari tipi di incrementi di efficienza. Ma allora, quale alternativa preferire per tale fattispecie: condanna o esaltazione? Parafrasando 11 Pressoché la totalità dei contributi appositamente dedicati al tema contengono considerazioni relative alla complessità della valutazione in punto di diritto antitrust delle pratiche in commento. L. Käis, Regulating EU information exchange – no further restrictions by object but enough room for safe harbours, in European Competition Law Review (7), 2013, p.352ss. si riferisce ad una “complex subject that needs structured approach”; G.P. Kyprianides, Critically Evaluate Treatment of Information Exchange in TFEU Article 101 Cases, in European Competition Law Review (9), 2012, p.406ss. opportunamente pone l’accento sulla presenza di “grey regions which eliminate the confidence of the parties in the market”; V. Verouden, A. Boutin, Information Exchanges among Competitors, in Horizontal agreements and cartels in EU competition law, Oxford University Press, 2015, p.427 ss., esordiscono sottolineando come lo scambio di informazioni tra concorrenti “probably counts among the most complex subjects in modern competition law”; F. Wagner-von Papp, Information Exchange Agreements, in I. Lianos, D. Gerardin (a cura di), Handbook on European Competition Law: Substantive Aspects, Edward Elgar Publishing, 2013, p.130ss. si riferisce a “one of the most subtle (and some would add the most confused) branches of antitrust” e molti altri esempi simili potrebbero essere proposti. 12 Ad esempio, ai fini e nei limiti della disciplina sulle intese, ben potrebbero darsi casi di scambi di informazioni non solo in senso orizzontale, ma anche verticale, allo stesso modo in cui non è possibile tacere la potenziale rilevanza della fattispecie ai sensi della disciplina in materia di abuso di posizione dominante. Anche rimanendo focalizzati sui soli casi di intese orizzontali, cui è dedicato il presente contributo, la casistica è imponente, come più diffusamente infra. 13 Espressione di F.Wagner-von Papp, Information Exchange Agreements, in I. Lianos, D. Gerardin (a cura di), Handbook on European Competition Law: Substantive Aspects, Edward Elgar Publishing, 2013, p.130. IL NUOVO DIRITTO AMMINISTRATIVO 6/2016 le parole di una parte dei commentatori, 14 “la risposta è agevole per un avvocato: dipende”. Ed il profilo di maggiore complessità risiede proprio in ciò, che i fattori dai quali discende un giudizio circa la liceità di tali pratiche sono assai eterogenei. Ne deriva, soprattutto, una non chiara percezione da parte degli operatori del mercato circa le condotte da poter tenere al fine di evitare di incorrere in violazioni del diritto antitrust. Proprio per fornire una risposta a tali interrogativi e perseguire istanze di maggiore certezza del diritto, la Commissione europea ha recentemente dedicato all’argomento un apposito capitolo delle Linee direttrici sull’applicabilità dell’articolo 101 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli accordi di cooperazione orizzontale, che da un lato opera un tentativo di sistematizzazione della materia e dall’altro si prefigge di fornire alle imprese elementi utili al fine di determinare quali condotte poter tenere sul mercato.15 Cfr. F.Wagner-von Papp, cit., p.131. 2011/C 11/01, parr. 55-110. Una ricostruzione dell’evoluzione della soft law europea che ha condotto all’adozione delle attuali Linee Direttrici esula dai limiti del presente contributo. A fini di chiarezza espositiva, valga rilevare quanto segue. La Commissione europea aveva affrontato la tematica dello scambio di informazioni tra concorrenti già nel 1968, quando nella propria Notice concerning agreements, decisions and concerted practices in the field of cooperation between undertakings (OJ C 84/14 [1968]) riconosceva che in linea di principio gli scambi informativi potessero rientrare nell’ambito di applicazione dell’allora articolo 81 TCE, ma notava altresì come la valutazione di tali fattispecie potesse variare a seconda della struttura e delle caratteristiche del mercato sul quale insistevano le condotte. In seguito, nel Settimo Report on Competition Policy, la Commissione avrebbe ulteriormente dettagliato i parametri della propria analisi, anche alla luce della (sia pur giovane) prassi decisionale sul punto. Più in dettaglio, la Commissione attribuiva espresso rilievo alla struttura del mercato, alla natura ed all’oggetto delle informazioni scambiate, nonché alla circostanza che le informazioni fossero private o pubbliche. Come si vedrà nel prosieguo, nella sostanza, tali parametri valutativi possono ancora ritenersi validi; ciononostante, fino all’adozione delle Linee Direttrici, ogni riferimento allo scambio di informazioni sarebbe scomparso nei successivi atti comunitari ed europei di soft law, contribuendo a generare il clima di incertezza di cui nel testo. Allo stato, la concreta utilità delle Linee Direttrici è assai dibattuta dai commentatori, divisi tra coloro i quali ne hanno criticato la formulazione – asseritamente sbilanciata a favore della valorizzazione degli effetti anticompetitivi e povera di elementi a sostegno della natura potenzialmente pro-concorrenziale dello scambio – e coloro i quali, all’opposto, hanno ritenuto che la previsione di un capitolo appositamente dedicato allo scambio di informazioni tra concorrenti ne rappresenti la novità principale. Sul punto, si ritiene di poter accedere ad una più mite interpretazione mediana. Se, da un lato, non si può che accogliere con favore l’intento di sistematizzazione che ha ispirato la Commissione (sempre apprezzabile per ragioni di certezza del diritto), 14 15 49 Sezione Seconda DIRITTO PUBBLICO DELL’ECONOMIA Prima di esaminare la theory of harm in materia di scambio di informazioni alla luce delle Linee Direttrici, si ritiene però opportuna una breve premessa. La preoccupazione concorrenziale tradizionalmente connessa agli scambi di informazioni è che essi possano favorire l’insorgere ed il consolidamento di scenari collusivi su mercati il cui livello di trasparenza non sarebbe altrimenti sufficiente a consentire alle imprese ivi operanti di raggiungere ciò che la letteratura economica definisce “equilibrio collusivo”. Parafrasando la giurisprudenza sul punto, in altri termini, la maggiore preoccupazione concorrenziale è che la circolazione di informazioni riduca l’incertezza strategica relativa al comportamento degli operatori di mercato. Al fine di raggiungere l’equilibrio collusivo, è principio ritenuto tradizionalmente valido che le imprese debbano superare sostanzialmente tre ostacoli. In primo luogo, sarà necessario identificare un equilibrio collusivo reciprocamente accettabile tra le molteplici possibilità che si parano davanti agli operatori di mercato (let’s get together, but where?). In secondo luogo, le imprese dovranno poter monitorare eventuali deviazioni da parte degli altri partecipanti rispetto a quanto pattuito. In terzo ed ultimo luogo, al fine di garantire stabilità allo scenario così raggiunto, le parti dovranno predisporre un meccanismo sanzionatorio atto a punire le deviazioni dall’equilibrio collusivo.16 Ebbene, è di palmare evidenza che uno scambio di informazioni aventi determinate caratteristiche, soprattutto se attuato in un mercato già di per sé prono a scenari collusivi, consente di superare tutti gli ostacoli appena rappresentati, conseguentemente consentendo di raggiungere equilibri collusivi con riferimento a fattori strategici dall’altro risulta necessario prendere pragmaticamente atto della impossibilità di pretendere che uno strumento di soft law quale una comunicazione possa fornire criteri sempre validi per effettuare valutazioni di liceità antitrust di una fattispecie che, per le sue proprie caratteristiche, necessita di essere valutata tenendo ben presenti le caratteristiche del caso concreto. È questa, a parere di chi scrive, la chiave di lettura per interpretare correttamente le Linee Direttrici sul punto. Esse non contengono petizioni di principio, né in un senso, né nell’altro: da un lato identificano mere comfort zone con riferimento a fattispecie che è “improbabile” vulnerino la concorrenza e dall’altro identificano alcune fattispecie che, per le loro caratteristiche, presentano un rischio elevato – ma non assoluto – di essere ritenute anti-competitive. 16 Tali considerazioni, sia pure nel parzialmente diverso contesto di una valutazione di dominanza collettiva, sono state fatte proprie anche dal Tribunale di Primo Grado, cfr. caso T-342/99, Airtours, par. 62. 50 quali investimenti,17 quote di mercato,18 acquisti e vendite,19 coordinamento sui prezzi20 o su altre condizioni di vendita.21 Ed è proprio per questo che le Linee Direttrici edificano la theory of harm in materia di scambio di informazioni sui due pilastri dell’esito collusivo e della preclusione anticoncorrenziale. Con l’espressione esito collusivo la Commissione ha inteso attribuire rilievo alla facilitazione del coordinamento delle imprese derivante dall’artificiale incremento della trasparenza del mercato in conseguenza dello scambio di informazioni sensibili.22 È proprio tale diluizione del grado di trasparenza del mercato a consentire di identificare, tra i tanti possibili, un equilibrio collusivo reciprocamente accettabile, nonché di rilevare rapidamente scostamenti rispetto a quanto pattuito. Quanto, invece, alla potenziale preclusione anticoncorrenziale (c.d. foreclosure effect) derivante da uno scambio di informazioni, essa rappresenta lo svantaggio concorrenziale subìto da terzi e consistente nel vedersi preclusa la possibilità di accedere al mercato in ragione dell’esclusione dal sistema informativo. Sul punto, si ritiene di accedere all’opinione di coloro i quali hanno sostenuto che il concetto di “accesso al mercato” di cui alle Linee Direttrici dovrebbe essere interpretato restrittivamente, cioè “only in contexts where the information is a key factor to successfully operate in the market concerned”, al fine di non pervenire al risultato di scoraggiare anche gli scambi di informazioni aventi carattere pro-competitivo.23 Nel caso in commento, l’Autorità avrebbe attribuito particolare rilievo all’elemento dell’esito collusivo, nella misura in cui ha ritenuto che il meccanismo di monitoraggio attuato dalle parti fosse prodromico, tramite l’aumento della traspa- 17 Cfr. ex multis decisione Welded Steel Mesh, 1989 OJ L 260/1. 18 Cfr. ex multis decisioni Sali di potassio, 1973 OJ L 217/3 e Vegetable Parchment, 1978 OJ L 70/54. 19 Cfr. ex multis decisione Cobelpa, 1977 OJ L 242/10. 20 Cfr. ex multis decisioni Plasterboard, IP/02/1744 e Food flavour enhancer, IP/02/1907. 21 Cfr. ex multis decisioni IFTRA Glass, 1974 OJ L 160/1, Vimpoltu, OJ L 200/44 e Wirtschaftsvereinigung Stahl, cit. 22 Come rilevato da V.Verouden, A. Boutin, op.cit., p. 430, la Commissione ha così fatto propri la teoria della c.d. coordinazione tacita, il cui sviluppo discende dal lavoro di G.J. Stigler, A Theory of Oligopoly, in Journal of Political Economy, 1964, 72(1), p. 44ss. 23 Cfr. F. Wijckmans, F. Tuytschaever, Horizontal agreements and cartels in EU competition law, Oxford University Press, 2015, p.433. IL NUOVO DIRITTO AMMINISTRATIVO 6/2016 Lo scambio di informazioni nel diritto antitrust italiano renza del mercato da esso indotto, al raggiungimento di un accordo collusivo in sede di gara. Tutto ciò premesso con riferimento ai potenziali effetti anti-competitivi di uno scambio informativo, deve però ribadirsi con forza che “competitors cannot compete in a statistical vacuum: the more information they have about market conditions, the volume of demand, the level of capacity that exists in an industry and the investment plans of rivals, the easier it is for them to make rational and effective decisions on their production and marketing strategies”.24 Quanto sopra è valido non solo su un piano teorico (è noto che uno dei pilastri della teoria economica della concorrenza perfetta è proprio la possibilità per le imprese di operare in condizioni di informazione completa e simmetrica), ma anche pratico, ove si consideri la frequenza sempre maggiore con cui le imprese sono solite fare ricorso a strumenti di market intelligence per acquisire informazioni di mercato, ad esempio ricorrendo a società specializzate o a strumenti informatici di comparazione. Del resto, in linea generale, la circolazione di informazioni fra imprese che operano in un determinato settore migliora la trasparenza sui prodotti disponibili e sui relativi prezzi, a potenziale vantaggio, in ultima istanza, dei consumatori. Allo stesso modo, la diffusione di informazioni su tecnologie e know-how può aumentare il numero di imprese idonee ad operare sul mercato, mentre l’adozione di tecniche di benchmarking,25 attraverso la raccolta di informazioni che consentano di confrontare dati rilevanti per l’attività di impresa, permette una più efficiente valutazione delle proprie performance.26 A ciò si aggiunga come la circolazione di informazioni agevoli il superamento di vari tipi di asimmetrie (in primis 24 Cfr. R. Whish, D. Bailey, Competition Law, Oxford University Press, 2015, p.575. 25 La prassi del benchmarking, consistente nella raccolta di dati relativi ad una o più imprese concorrenti (cc.dd. imprese benchmarked) e nella loro comparazione con i dati dell’impresa c.d. benchmarking, è stata esaminata anche dalla Commissione europea nei propri Benchmarking the Competitiveness of European Industry COM (96) 463 del 9 ottobre 1996 e Benchmarking – Implementation of an Instrument Available to Economic Actors and Public Utilities COM (97) 153 final del 6 aprile 1997. 26 In questi termini P. Fattori, M. Todino, La disciplina della concorrenza in Italia, Il Mulino, 2010, p. 104. Del resto, già F. Hayek, The use of knowledge in society, in American Economic Review, 1945, 35 (4), p.519, aveva identificato una “symbiotic relationship between information exchange and the efficiency of competitive markets”. IL NUOVO DIRITTO AMMINISTRATIVO 6/2016 contrattuali ed informative), suscettibili di generare fallimenti del mercato. Da questo punto di vista, gli scambi informativi possono contribuire a ridurre le problematiche – tradizionalmente connesse proprio a situazioni di asimmetria informativa – della selezione avversa e dell’azzardo morale. Ad esempio, nel caso Asnex-Equifax, lo scambio informativo sottoposto allo scrutinio della Commissione, prima e della Corte di Giustizia dell’Unione europea, poi, concerneva dati inerenti la solvibilità di potenziali clienti. Sul punto, le parti avrebbero rilevato come esso fosse funzionale a ridurre il rischio legato all’attività di prestito, riducendo la disparità informativa sussistente tra istituti di credito e potenziali clienti. In quel caso, la Corte di Giustizia avrebbe osservato che lo scambio informativo, consentendo di ridurre il numero di clienti insolventi e dunque di migliorare il funzionamento del sistema creditizio globalmente considerato, avrebbe condotto ad una situazione di mercato più efficiente, tale da non consentire di giudicare tali condotte restrittive per oggetto. Un ragionamento simile, mutatis mutandis, a quello operato dal TAR nel caso di specie.27 In definitiva, nonostante uno scambio informativo possa potenzialmente favorire il raggiungimento di equilibri collusivi, esso è del pari suscettibile di produrre una maggiore conoscenza delle caratteristiche e dinamiche di un dato mercato, ben potendo incentivare, a vantaggio del benessere collettivo, condotte efficienti degli operatori di mercato. Ad avviso di chi scrive, risulta di fondamentale importanza tenere sempre a mente i potenziali effetti pro-competitivi connessi ad uno scambio informativo, soprattutto a fronte della percepibile tendenza delle autorità della concorrenza europee a non tenere in debita considerazione tale profilo. 28 A ben vedere, neanche nel provvedimento Anche M. Bennet, P. Collins, The law and economics of information sharing: the good, the bad and the ugly, in European Competition Journal, 2010, p.311ss., rilevano come “asymmetric information (that is, one party having more information than another) is one of the three ways in which markets can fail – the other ways being misuse of market power and externalities. In a competitive market, firms should strive to cater better to the information needs of consumers. However, in order that consumers can provide the driving force behind competition between firms they need to be able to access, assess and act on relevant information”. 28 Rilevata anche da L.D.S. Morais, L. Tomé Feteira, Concerted practices and exchange of information: Recent developments in EU and national case law, reperibile su www. concurrences.com. Nelle parole degli AA, “pro-competitive effects of information exchange tend to be overlooked by 27 51 Sezione Seconda DIRITTO PUBBLICO DELL’ECONOMIA che ha dato origine alle sentenze in commento vi è traccia di alcuna valutazione circa la natura pro-concorrenziale dello scambio, limitandosi l’AGCM a statuire genericamente come l’intesa presentasse un oggetto chiaramente anticoncorrenziale (conclusione di cui sembra possibile dubitare, come più diffusamente infra), pur avendo anche avuto “effetti sul mercato in termini di aumento del prezzo applicato”. Per converso – come si vedrà diffusamente nel paragrafo che segue – il profilo effettuale, con particolare riguardo agli effetti pro-competitivi dello scambio, è stato decisivamente valorizzato dal TAR Lazio. Ad ogni modo, proseguendo nell’analisi delle Linee Direttrici, come accennato esse forniscono un utile contributo in punto di sistematizzazione della variegata casistica sul tema in commento. Da questo punto di vista, la Commissione innanzitutto osserva come lo scambio possa avvenire in maniera diretta, indiretta (i.e. attraverso una agenzia comune, come una associazione di categoria) o attraverso l’interposizione di soggetti terzi (come una entità che compia ricerche di mercato). In secondo luogo, essa tratteggia la distinzione tra scambio di informazioni c.d. puro (o naked) e scambio c.d. strumentale (o ancillary).29 Ne deriva la possibilità che gli scambi di informazioni vengano valutati: (i)ex se, quale intesa restrittiva della concorrenza (cc.dd. scambi puri). In questa ipotesi, che ricorre ogniqualvolta al centro della condotta anticompetitiva vi sia proprio lo scambio informativo, la condotta “verrà di norma valutat[a] come un cartello e subirà eventualmente le medesime ammende”;30 ovvero (ii)quale elemento ancillare ad una più ampia condotta, della quale lo scambio di informazioni costituisce una specificazione o un elemento facilitante (c.d. scambio strumentale). In questa ipotesi, lo scambio “verrà valutato come parte del cartello”.31 Sebbene sia astrattamente condivisibile che “la scelta a favore di una delle descritte ipotesi [...] competition authorities. Although the vast majority of cases involve exchange of information on prices, it should not be assumed away that transparency created by the exchange of information is necessarily negative”. 29 Si noti come nessuno dei precedenti atti di soft law (su cui cfr. la nota precedente) menzionasse tale distinzione, che però è sempre emersa con una certa chiarezza della prassi decisionale della Commissione. 30 Cfr. par. 59 delle Linee Direttrici. Cfr. ad esempio il noto caso Wood Pulp, 1984, OJ L 85/1. 31 Cfr. par. 59 delle Linee Direttrici. 52 non è cruciale ai fini dell’applicazione del divieto di intese restrittive della concorrenza [poiché] quando uno scambio di informazioni (sensibili) ricade in uno dei menzionati scenari, tanto basta per istruire un caso”,32 a ben vedere la distinzione non è priva di ogni pregio. Invero, dalla prassi decisionale delle autorità della concorrenza emerge la tendenza a scrutinare in maniera maggiormente approfondita le caratteristiche dello scambio nelle ipotesi di scambi puri, mentre l’eventuale giudizio di illiceità di scambi ancillari sovente discende dal fatto che essi vengono posti a sostegno di un più ampio disegno collusivo giudicato illecito, quasi a predicare una forma di illiceità derivata della condotta di scambio. Tale considerazione trova conferma nella prassi decisionale della Commissione europea33 e dell’AGCM.34 Ad esempio, in alcuni casi aventi ad oggetto scambi ancillari, l’Autorità ha ritenuto come non sia necessario spingersi fino a valutare 32 Cfr. L.C. Ubertazzi, Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza, 2016, p. 3164. 33 Ciò è quanto accaduto, ad esempio, nel caso COMP/F/38.899 – Apparecchiature di comando con isolamento in gas. In tale ipotesi, la Commissione era chiamata a valutare una asserita intesa finalizzata alla spartizione del mercato sulla base delle quote di mercato storiche dei partecipanti. A tal fine, le imprese coinvolte avevano predisposto un vero e proprio accordo scritto, contenente anche norme volte a disciplinare lo scambio di informazioni necessario al funzionamento dell’intesa. Ebbene, nonostante la rilevanza che la fattispecie dello scambio informativo avesse al fine di sostenere il più ampio disegno criminoso, la Commissione non si sarebbe soffermata con elevato livello di dettaglio sulle caratteristiche dello scambio, limitandosi al contrario a predicarne l’illiceità in funzione di quella del cartello lato sensu considerato. Più di recente, nella pronuncia resa nel caso Dole, su cui cfr. infra, il Tribunale di Primo Grado avrebbe precisato come “l’argomento in base al quale uno scambio di informazioni può costituire una restrizione della concorrenza per oggetto solo se rientra in accordi collusivi più ampi, quali le intese relative alla fissazione dei prezzi reali o delle parti di mercato è destituito di qualunque fondamento di diritto”, par. 59. 34 Cfr. inter alia provvedimenti del 8 giugno 1994, I74 – Assicurazioni rischi di massa, del 20 marzo 1997, I210 – Mercato del calcestruzzo preconfezionato di Olbia e del 24 ottobre 1996, I207 – Associazione Vendomusica/Case discografiche multinazionali – Federazione Industria Musicale Italiana, in cui l’Autorità si è limitata a qualificare lo scambio di informazioni come “funzionale” alla realizzazione ed attuazione di accordi più ampi, senza scandagliarne a fondo la natura anti-competitiva. Il caso Vendomusica è particolarmente interessante ai fini del presente contributo, atteso che esso aveva ad oggetto uno scambio di informazioni tra le principali case discografiche circa i prezzi praticati ai propri distributori, gli aumenti dei costi applicabili e le modalità con cui tali aumenti erano riportati nei listini tramite lo schermo della associazione di categoria. IL NUOVO DIRITTO AMMINISTRATIVO 6/2016 Lo scambio di informazioni nel diritto antitrust italiano che “lo scambio di informazioni […] costituisca oggetto di specifica contestazione”.35 Per converso, nelle ipotesi di scambi di informazioni puri, lo scrutinio delle autorità della concorrenza è tipicamente più approfondito.36 Del resto, in ottica di antitrust enforcement, perseguire scambi di informazioni cc.dd. puri risulta di fondamentale importanza, atteso che “highly innovative and rapidly advancing information technology in the modern economy makes it increasingly difficult for antitrust authorities to find the so-called smoking guns indicating a cartel […] therefore, it has become increasingly important to prevent collusion, in particular where it is facilitated through information exchanges”.37 Il caso oggetto di commento rappresenta una interessante variante, nella misura in cui l’AGCM aveva ritenuto sussistente una intesa unica e complessa, composta anche da uno scambio di informazioni. Ebbene, se i giudici amministrativi – come accennato – hanno inteso attribuire un Cfr. inter alia provvedimento del 26 aprile 2006, I603 – Sapio produzione idrogeno ossigeno – Rivoira – Società Italiana Acetilene e Derivati – S.I.A.D. – Società Ossigeno Napoli – S.O.N. – Linde Gas Italia – Air Liquide Italia – SOL. 36 La Commissione europea ha scrutinato uno scambio di informazioni puro per la prima volta nel caso Acidi grassi, decisione 87/1/EEC [1987] OJ L 3/17. Come efficacemente sintetizzato da F. Russo, M.P. Schinkel, A. Gunster, M. Carree, European Commission Decisions on Competition, Cambridge University Press, 2011, p. 109, le condotte avevano avuto luogo tra “producers of oleochemicals representing 90 percent of the European fatty acid market”, che avevano raggiunto un vero e proprio accordo relativo ad uno scambio periodico di informazioni relative ai dati di vendita. La Commissione avrebbe osservato come “historical information may also facilitate collusive behavior between competitors, in particular enabling the parties to determine their respective traditional position on a given market and thus to spot any future deviation from past market behaviors”. 37 Cfr. V. Verouden, A. Boutin, Information Exchanges among Competitors, in Horizontal agreements and cartels in EU competition law, Oxford University Press, 2015, p.427. Sul punto l’analisi degli AA è particolarmente lucida, nella misura in cui essi sottolineano come “[preventing collusion facilitated through information exchanges] involves setting a clear policy line that can send strong enough signals to discourage harmful information exchanges, while leaving intact the incentives for firms to engage in information exchanges when they are efficiency-enhancing and pro-competitive”. Dello stesso avviso anche A. Capobianco, Information exchange under EC Competition Law, in Common Market Law Review (41), 2004, p.1247ss, il quale osserva come “one plausible reason for the constantly increasing attention given to exchanges of information as a self-standing infringement [...] can be the difficulty of detecting and proving tacit collusion in real cases. Antitrust authorities have therefore concentrated their efforts and resources on eliminating those facilitating factors to defeat collusion more effectively”. 35 IL NUOVO DIRITTO AMMINISTRATIVO 6/2016 ruolo rilevante alla valorizzazione delle caratteristiche delle informazioni oggetto di scambio (e dunque agli effetti delle condotte delle parti), così non è stato per l’AGCM, la cui analisi sul punto si limita ad alcune generiche considerazioni relativamente alla natura “puntuale” dello scambio di informazioni che “attengono a prezzi e condizioni economiche praticate dai concorrenti per singole gare”.38 3.2. Valutazione concorrenziale Una volta tratteggiato, sia pur per sommi capi, il quadro generale in materia di scambio di informazioni, è possibile spendere alcune considerazioni in materia di antitrust assessment di tali fattispecie, con particolare riguardo ai profili di maggiore interesse ai fini delle pronunce in commento. Similmente a quanto accade con riferimento alle altre fattispecie suscettibili di violare l’art. 101 TFUE o i propri omologhi nazionali, la valutazione in punto di diritto antitrust della liceità di uno scambio di informazioni tra concorrenti deve muovere innanzitutto dalla verifica della riconducibilità dello scambio ad una delle condotte tipizzate da tali disposizioni (i.e. accordo, pratica concordata o decisione di associazione di imprese).39 Nel provvedimento n. 25512, caso I776-Mercato della produzione di poliuretano espanso flessibile, l’AGCM avrebbe ravvisato l’esistenza di una intesa unica e complessa “volta alla condivisione delle politiche commerciali e alla ripartizione del mercato e della clientela realizzata tramite più strumenti di concerto (scambi di informazioni, accordo di cessione della clientela”. In quel caso, lo scrutinio dell’Autorità fu piuttosto approfondito, nella misura in cui quest’ultima avrebbe attribuito rilievo sia al fatto che le parti scambiassero dati sensibili relativi a quantità, prezzi e clienti, sia alle caratteristiche del mercato rilevante, “caratterizzato da una domanda relativamente frammentata e nel quale, negli ultimi anni, gli ingressi di nuovi operatori sono stati molto limitati e anzi si sono registrate uscite”. Tali considerazioni sarebbero poi state confermate dal Tar Lazio con sentenza 2668/2016. 39 Sul punto si rileva però che secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea la distinzione tra accordo, pratica concordata e decisione di associazione di imprese è dovuta, più che alla previsione di un cogente requisito definitorio, all’intenzione di comprendere fra i comportamenti vietati dalle disposizioni del Trattato forme diverse di coordinamento e collusione tra imprese. La Corte di Giustizia avrebbe esteso tale principio anche alla fattispecie dello scambio di informazioni tra concorrenti nella propria pronuncia del 23 novembre 2006, causa C-238/05, Asnex-Equifax, statuendo come “una precisa qualificazione della natura della cooperazione di cui alla causa principale non potrebbe modificare la valutazione giuridica che si impone ai sensi [dell’allora] art.81 CE”. Si segnala la interessante considerazione di A. Capobianco, cit., p. 1248, il quale nota 38 53 Sezione Seconda DIRITTO PUBBLICO DELL’ECONOMIA In secondo luogo, al solito, si renderà necessario valutare se tali condotte siano restrittive per oggetto o per effetto, con le note conseguenze.40 Sul punto, le Linee Direttrici postulano che scambi informativi tra concorrenti circa dati individualizzati relativi a prezzi o quantità previsti in futuro dovrebbero essere considerati una restrizione della concorrenza per oggetto, insieme agli scambi di natura privata tra concorrenti in merito alle rispettive intenzioni individualizzate relative ai prezzi o alle quantità previsti per il futuro.41 Tale approccio sembrerebbe essere stato ulteriormente rafforzato da una recente pronuncia della Corte di Giustizia, che ha avuto modo di precisare come “lo scambio di informazioni tra concorrenti può risultare contrario alle regole della concorrenza qualora riduca o annulli il grado di incertezza in ordine al funzionamento del mercato di cui trattasi [..] in particolare, si deve ritenere che abbia un oggetto anticoncorrenziale uno scambio di informazioni che sia idoneo ad eliminare talune incertezze nei soggetti coinvolti in relazione al momento, alla portata e alle modalità dell’adeguamento che l’impresa interessata deve effettuare”.42 come la categoria dello scambio di informazioni non rientri tra quelle tipizzate dall’art. 101 TFUE. Ciò contribuisce a complicare ulteriormente l’analisi della materia, atteso che la totalità dei profili ad essa connessi – da quelli definitori a quelli applicativi – sono frutto della prassi e della giurisprudenza europee e nazionali. Da questo punto di vista, sia sufficiente ricordare a noi stessi che è principio monolitico nel diritto antitrust che adeguarsi intelligentemente alle condotte tenute sul mercato dai propri concorrenti non costituisce un illecito, come sancito dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea, inter alia, nei casi Suiker Unie, Zuchner, John Deere, Thyssen Stahl e T-Mobile Netherlands. Cionondimeno, il requisito della indipendenza ed autonomia delle condotte sul mercato preclude ogni contatto, diretto o indiretto, tra operatori del mercato il cui effetto o oggetto sia creare condizioni competitive che non corrispondono alle normali condizioni del mercato in questione. 40 Per mero scrupolo, si ricorda a noi stessi come la differenza tra infrazioni per oggetto e infrazioni per effetto attiene alla circostanze che talune forme di collusione tra imprese possono essere considerate, per loro stessa natura, nocive al buon funzionamento del normale gioco della concorrenza, come monoliticamente sancito dalla giurisprudenza europea a decorrere dalle sentenze Beef Industry Development Society e T-Mobile Netherlands. 41 Per alcuni esempi nazionali relativi a scambi informativi di prezzo, cfr. le decisioni rese dall’OFT nei casi Independent Schools, Loans to large professional service firms, Replica Football Kits e Dairy retail price initiatives, nonché il caso francese Hotel Le Bristol v Minister of Economy, Finance and Industry ed il caso danese Dansk Transport og Logistik (‘DTL’). 42 Cfr. sentenza del 19 marzo 2015, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe c. Commissione, causa C-286/13, punto 121ss. Il caso in questione è particolarmente interessante 54 La Corte avrebbe dunque proseguito nel ritenere come uno scambio di informazioni possa ritenersi restrittivo per oggetto a prescindere dal fatto che esso riguardi i soli prezzi al dettaglio, ponendosi le norme in materia di concorrenza non solo a tutela degli interessi immediati di singoli concorrenti o consumatori, ma della “struttura del mercato”.43 Nel caso oggetto del presente commento, l’AGCM avrebbe rilevato come l’intesa in questione presentasse “un oggetto chiaramente anticoncorrenziale”, pur avendo anche avuto “effetti sul mercato in termini di aumento del prezzo applicato nell’ambito delle forniture di servizi di postproduzione a favore di RAI”.44 Come accennato, in altri termini, l’Autorità avrebbe ritenuto che le sotto il profilo della distinzione tra scambi informativi restrittivi per oggetto e per effetto. In tale ipotesi, la Commissione avrebbe rinvenuto una restrizione per oggetto, in quanto concernente la fissazione ed il monitoraggio del livello dei prezzi. Più in dettaglio, la Commissione avrebbe ritenuto come comunicazioni relative a fattori rilevanti al fine di determinare i prezzi (come le condizioni di vendita, fornitura e domanda in grado di influenzare i livelli di prezzo per le settimane successive) fossero in grado di eliminare o ridurre l’incertezza legata agli andamenti di prezzo dei beni oggetto delle condotte, rigettando l’argomento delle parti secondo le quali esse non potessero in concreto fissare alcun prezzo in ragione del regime regolatorio applicabile al mercato delle banane. Ad avviso della Commissione, in altri termini, nelle ipotesi di cartelli di prezzo né la struttura del mercato, né l’esistenza di buyer power, né l’esistenza di asseriti incrementi di efficienza sarebbero fattori sufficienti a far venire meno la restrittività per oggetto. 43 Di nuovo, la questione della restrittività per oggetto o per effetto di uno scambio di informazioni non interessa che incidentalmente ai fini del presente contributo. Ciononostante, si ritiene utile riportare le considerazioni di K. Hugmark, M. Becher, Dole v Commission: exchange of information, between competitors, on price-related parameters, in Journal of European Competition Law&Practice, 2015, Vol.6, N.9, p.652, i quali rilevano come “The Court’s initial case law description may at first glance indicate that any reduction in uncertainty is an infringement by object, but that is likely to read too much into the judgment. What may reasonably be concluded […] and in line with the Commission horizontal guidelines, is that an exchange of parameters relevant for future pricing, between people involved in price-setting, is presumed to restrict competition by object, and in those cases, the presumption will apparently be difficult to rebut […] the judgment does, however, not provide much further guidance on what the correct definition of a restriction by object is”. 44 In ciò conformandosi all’orientamento europeo rilevato da F. Wagner Von Papp., op.cit., ad avviso del quale “the effects analysis does not, however, require a case-by-case enquiry into the actual effects on the market; instead, it suffices to show that the agreement has potential effects on competition in the actual context in which it occurs”, come rilevato nei casi C-7/95, John Deere, parr.72-78 e T-238/05, Asnef Equifax, parr.49-50. IL NUOVO DIRITTO AMMINISTRATIVO 6/2016 Lo scambio di informazioni nel diritto antitrust italiano condotte delle parti fossero restrittive per oggetto; cionondimeno, a scopo cautelativo, essa ha precisato che il giudizio circa la liceità di tali condotte non sarebbe mutato quand’anche l’analisi fosse stata compiuta sotto il profilo degli effetti. Quanto al giudizio di restrittività per oggetto, sembra lecito dubitare – come del resto fatto dal TAR – delle conclusioni dell’AGCM, laddove non sembrerebbe di immediata percezione come i dati circolati potrebbero essere idonei a rivelare strategie future delle parti. Ed in effetti la peculiare posizione detenuta da RAI sul mercato, unita ad una certa, intrinseca imponderabilità delle variabili di gara, rende difficile per l’osservatore comprendere come inferire previsioni circa condotte future dalle informazioni scambiate. Quanto, invece, alla eventuale restrittività per effetto, alla luce delle Linee Direttrici il fatto che uno scambio di informazioni abbia o meno effetti restrittivi sulla concorrenza dipende sia dalle condizioni economiche sui mercati rilevanti che dalle caratteristiche delle informazioni scambiate. Da questo punto di vista, il giudizio di liceità di uno scambio di informazioni dipende da numerosi fattori, la cui natura eterogenea ne rende particolarmente difficile la sistematizzazione. Alla luce della casistica europea ed italiana, confermata dall’approccio adottato nel caso in commento, si ritiene però di poter proporre la seguente schematizzazione. (i) Caratteristiche del mercato sul quale insistono le condotte: – trasparenza? – grado di concentrazione? – particolari complessità? – significative fluttuazioni di domanda e/o offerta (o, all’opposto, sostanziale stabilità)? – caratteristiche delle imprese ivi operanti (e.g. i players sono simili in termini di strutture di costo, capacità produttiva)? (ii)Caratteristiche delle informazioni scambiate: – hanno natura strategica? – sono idonee a rivelare futuri comportamenti sul di mercato? – sono disaggregate o agevolmente disaggregabili? – hanno natura confidenziale (e dunque non pubblica)? – sono storiche?45 45 Sebbene, come accennato supra nel testo, l’età dei dati oggetto di trasmissione (concernenti gare passate e dunque inidonei a determinare le future strategie delle parti) sia uno IL NUOVO DIRITTO AMMINISTRATIVO 6/2016 (iii) Caratteristiche dello scambio, lato sensu considerato: – copertura del mercato? – Frequenza?46 Sul punto, si ritiene di dover precisare come tutti gli elementi di cui sopra concorrano su un piano di parità alla determinazione del carattere eventualmente illecito della condotta.47 Coerentemente con tale approccio, come accennato al §2.2., nel caso di specie il TAR Lazio avrebbe valorizzato tanto le caratteristiche del mercato sul quale si sono verificate le condotte asseritamente anticompetitive, quanto le caratteristiche delle informazioni oggetto di scambio (ritenute non sensibili perché storiche ed ordinariamente accessibili in un mercato concorrenziale). 3.2.1. Caratteristiche del mercato rilevante Il mercato sul quale insistono le condotte delle parti è la lente attraverso la quale valutare le caratteristiche delle informazioni oggetto di scambio, anche tramite una comparazione delle relative dinamiche di funzionamento ante e post scambio informativo. Invero, uno scambio di informazioni degli elementi presi in considerazione dai giudici amministrativi nella propria pronuncia di annullamento, una analisi approfondita di tale aspetto esula dai limiti del presente contributo. Del resto, la natura storica delle informazioni rappresenta, forse più di ogni altro, il tratto distintivo la cui analisi è maggiormente dipendente dalle caratteristiche del caso concreto. Sul punto, nelle Linee Direttrici ci si limita ad affermare come sia “improbabile” che lo scambio di dati storici possa condurre ad esiti collusivi, posto che è improbabile che tali dati possano essere indicativi del futuro comportamento dei concorrenti sul mercato. Peraltro, rispetto a quanto ricordato supra nel testo con riferimento al raggiungimento di equilibri collusivi, la Commissione correttamente sottolinea come sia improbabile che lo scambio di dati storici possa consentire il monitoraggio delle deviazioni da quanto illecitamente pattuito. Ciò posto, però, non esiste una soglia predeterminata superata la quale i dati diventano storici. Essa andrà valutata su base casistica, anche sulla base del tipo e livello di aggregazione dei dati, della frequenza degli scambi e delle caratteristiche del mercato rilevante. 46 A voler essere rigorosi, alla luce della giurisprudenza europea e nazionale, si deve ricordare come la frequenza con la quale le imprese scambiano informazioni sensibili non assurga ad elemento costitutivo dell’illecito, riverberando i propri effetti esclusivamente in punto di quantificazione della sanzione. Tale impostazione ha consentito in numerose occasioni, sia alla Corte di Giustizia che alla Commissione europea, di ritenere che anche un episodio isolato potesse costituire un illecito. 47 Sul punto, L.C. Ubertazzi, op.cit., p. p. 3164, con riferimento al trend decisionale dell’AGCM, osserva come non si possa più ritenere “che la struttura concorrenziale di un mercato basti di per sé ad escludere l’illiceità di uno scambio”. 55 Sezione Seconda DIRITTO PUBBLICO DELL’ECONOMIA avente determinate caratteristiche posto in essere nell’ambito di un mercato –, oligopolistico ed assai trasparente e stabile, andrà valutato diversamente rispetto ad un altro avente le medesime caratteristiche, ma occorso nell’ambito del mercato –, diametralmente opposto al mercato –. Ne deriva che operatori attivi in un mercato avente caratteristiche ritenute potenzialmente problematiche dalla Commissione saranno sottoposti ad uno scrutinio maggiormente approfondito da parte delle autorità della concorrenza.48 La rilevanza del mercato sul quale insistono le condotte delle imprese in punto di valutazione della portata anticompetitiva di uno scambio di informazioni è stata riconosciuta in maniera piuttosto esplicita dalla Corte di Giustizia nel caso Asnef-Equifax, in cui i giudici di Lussemburgo hanno statuito come “la compatibilità con le norme comunitarie in materia di concorrenza di un sistema di scambio di informazioni […] non può essere valutata in modo astratto. Essa varia in base alle condizioni economiche dei mercati interessati e alle caratteristiche proprie del sistema in questione [...]”.49 In concreto, il primo approdo della prassi decisionale e della giurisprudenza europee è stato attribuire rilievo alla natura oligopolistica del mercato. Nel caso John Deere, ad esempio, il Tribunale di Primo Grado – con considerazioni confermate dalla Corte di Giustizia50 – ha osservato come “in un mercato effettivamente concorrenziale la trasparenza fra gli operatori economici è tale da contribuire a intensificare la concorrenza fra i fornitori, dato che [...] il fatto che un operatore economico tenga conto delle informazioni sul funzionamento del mercato di cui dispone grazie al sistema di scambio di informazioni per adeguare il suo comportamento sul mercato, considerato il carattere atomizzato dell’offerta, non è tale da ridurre o annullare, per gli altri operatori economici, qualsiasi incertezza sul carattere prevedibile del comportamenti dei propri concorrenti”. In un secondo momento, la Corte avrebbe rafCfr. M. Jephcott, Law of Cartels, Jordans, 2011. Corte di Giustizia dell’Unione europea, caso AsnexEquifax, cit. 50 E reiterando il medesimo approccio della Commissione, che pure aveva attribuito espressamente rilevanza al fatto che i paciscenti detenessero una quota di mercato aggregata pari a circa l’80%, cfr. decisione UK Agricultural Tractor Registration Exchange. Per la pronuncia del Tribunale di Primo Grado, Cfr. decisione del 27 ottobre 1994, John Deere Ltd v Commission of the European Communities, causa T-35/92; per la pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione europea, Cfr. decisione del 28 maggio 1998, causa C-7/95. 48 49 56 finato ulteriormente la propria analisi, sancendo il carattere potenzialmente illecito di uno scambio di informazioni anche in mercati non oligopolistici. Il punto di svolta sul tema è costituito dalla sentenza resa nel caso Thyssen Stahl AG,51 nella quale si legge che “contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, un sistema di scambio di informazioni può costituire una violazione delle regole di concorrenza anche nel caso in cui il mercato in questione non sia un mercato oligopolistico fortemente concentrato. Senza dubbio la citata sentenza del Tribunale Deere/Commissione […] ha concluso che il mercato [rilevante] presentava tale natura. Tuttavia, le dette sentenze prendono in considerazione a questo proposito un insieme di criteri, laddove il solo principio generale accolto in materia di struttura del mercato è quello che l’offerta non deve avere un carattere frammentato”.52 Ne deriva come, sebbene non possa in principio escludersi la rilevanza a fini antitrust di scambi di informazioni in mercati non oligopolistici, ciò quantomeno ponga in capo alle autorità della concorrenza un onere probatorio assai rafforzato. Si segnala inoltre la decisione resa dalla Commissione nel caso EUDIM,53 nel quale essa ha inteso esentare uno scambio di informazioni notificato dall’associazione EUDIM in quanto avente natura pro-concorrenziale, atteso che esso avrebbe consentito ai membri dell’associazione di incrementare il proprio potere contrattuale nei confronti dei suppliers, riuscendo dunque a competere più efficacemente con concorrenti aventi costi inferiori. In altri termini, sebbene i dati scambiati avessero natura individuale e sensibile, la Commissione avrebbe ritenuto prevalente il dato per cui la natura frammentata del mercato avrebbe impedito un utilizzo distorto dei dati scambiati.54 Più di recente,55 le Linee Direttrici da un lato Cfr. decisione del 2 ottobre 2003, Krupp Hoesch Stahl AG contro Commissione delle Comunità europee, causa C-195/99 P. 52 Par. 86. 53 Caso No. IV/33.815, 35842 – EUDIM. 54 Il TAR Lazio in commento ha adottato un reasoning per alcuni versi simile, come confermato infra nel testo. 55 Per una ulteriore ipotesi nella quale la Commissione avrebbe attribuito rilevanza alle caratteristiche del mercato, cfr. la decisione Wirtschaftsvereinigung Stahl, O.J. 1998, L1/10. Peraltro, la decisione in oggetto sarebbe stata riformata dal tribunale di primo grado (cfr. caso T-16/98), che avrebbe rilevato come, al contrario di quanto accaduto nel caso UK Agricultural Tractor Registration Exchange, in cui i dati scambiati erano talmente precisi da consentire l’individuazione di ciascuna vendita effettua dalle parti, nel caso 51 IL NUOVO DIRITTO AMMINISTRATIVO 6/2016 Lo scambio di informazioni nel diritto antitrust italiano hanno recepito i dettami della giurisprudenza appena menzionata, dall’altro l’hanno superata in punto di valorizzazione di alcune caratteristiche del mercato potenzialmente suscettibili di favorire un esito collusivo. Nelle parole della Commissione, ciò è infatti “più probabile […] su mercati che sono sufficientemente trasparenti, concentrati, semplici, stabili e simmetrici”. Mentre sul grado di concentrazione del mercato si è già detto,56 quanto alla rilevanza attribuita al grado di trasparenza, la maggiore facilità di raggiungere un equilibrio collusivo su tale tipo di mercati deriva dal fatto che le imprese ivi operanti non solo avranno maggiore facilità nella individuazione dei termini del coordinamento, ma anche nel conferire all’equilibrio collusivo raggiunto maggiore stabilità. Quanto al carattere della semplicità, esso ha varie potenziali declinazioni, ma il nucleo duro sembra essere il fatto che la Commissione ritiene più agevole raggiungere un equilibrio collusivo relativamente a prodotti omogenei piuttosto a prodotti eterogenei, tendenzialmente aventi anche caratteristiche di prezzo differenti. Similmente, quando il mercato è poco stabile (i.e. domanda ed offerta sono sottoposte ad oscillazioni consistenti e frequenti) sarà proporzionalmente più difficile sostenere l’equilibrio collusivo raggiunto, anche perché le eventuali segnalazioni tra concorrenti circa le relative preferenze collusive dovranno essere più frequenti e precise. Da questo punto di vista, la volatilità della domanda, la frequenza dell’ingresso di nuove imprese sul mercato, ovvero ancora una sostanziale crescita interna delle imprese ivi operanti potrebbero indicare che la situazione di mercato non è sufficientemente stabile da supportare adeguatamente un equilibrio collusivo.57 Proprio le caratteristiche del mercato rilevante hanno assunto un peso determinante nel giudizio del TAR Lazio nel caso in commento, nella misura in cui – come accennato supra – i giudici amministrativi hanno censurato la mancanza di approfondimento del provvedimento sanzionatooggetto di scrutinio i dati scambiati avrebbero consentito esclusivamente di operare una stima indicativa delle quote di mercato delle parti. 56 In aggiunta a quanto osservato, valga rilevare quanto statuito dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea, causa C-8/95, New Holland Ford, par.67, laddove si legge che “the fact that a trader takes into account information made available to him in order to adjust his conduct on the market is not likely, having regard to the atomized nature of the supply, to reduce or remove for the other trader any uncertainty about the foreseeable nature of its competitors”. 57 Sul punto, cfr. caso John Deere, cit., par. 78. IL NUOVO DIRITTO AMMINISTRATIVO 6/2016 rio dell’Autorità delle caratteristiche di tale mercato, con particolare riguardo alla rilevata posizione di monopsonio detenuta da RAI. È proprio in ragione di tale peculiare caratteristica del mercato rilevante, infatti, che il TAR Lazio ha inteso non attribuire alle informazioni scambiate “un vero e proprio carattere di segretezza”, leggendo il requisito della natura pubblica o meno delle informazioni oggetto di scambio tramite la “lente” delle caratteristiche del mercato rilevante, attribuendo rilievo alla mitigazione dell’asimmetria informativa conseguente allo scambio. 3.2.2. Le caratteristiche delle informazioni scambiate. In particolare, le informazioni pubbliche Come è agevole intuire, non tutte le informazioni – e conseguentemente non tutti gli scambi di informazioni – hanno la medesima rilevanza in ottica antitrust. Da questo punto di vista, le Linee Direttrici attribuiscono carattere di potenziale illiceità allo scambio di informazioni “sensibili”. È solo lo scambio di questo tipo di informazioni, infatti, a poter generare quell’aumento della trasparenza del mercato suscettibile di facilitare il coordinamento delle imprese. Tutto sta, dunque, a comprendere quali siano le informazioni che la Commissione considera sensibili. Ad esempio, sono certamente sensibili le informazioni cc.dd. strategiche, ovvero quelle che riducono l’incertezza strategica del mercato.58 Le Linee Direttrici ricordano come le informazioni relative a prezzi e quantità, seguite da quelle sui costi e sulla domanda, siano quelle maggiormente strategiche. Ciò posto, tra le varie caratteristiche cui le autorità della concorrenza hanno attribuito rilevanza al fine di qualificare un certo tipo di informazione come sensibile rientra anche la natura pubblica della stessa. Da questo punto di vista, infatti, le Linee Direttrici giudicano “poco probabile” che 58 Da questo punto di vista, si ritiene utile segnalare il provvedimento dell’AGCM del 4 giugno 2015, n. 25508, caso I770 – Arca/Novartis-Italfarmaco. Sebbene il procedimento avesse ad oggetto una fattispecie piuttosto specifica (c.d. accordo di co-marketing nel settore farmaceutico, i cui profili di intersezione con gli scambi di informazioni sarebbero meritevoli di un apposito contributo), vale rilevare come, al fine di considerare adeguatamente risolte le proprie preoccupazioni concorrenziali, l’AGCM avrebbe accolto inter alia l’impegno delle parti a trasmettere informazioni caratterizzate da un minore livello di attualità, proprio al fine di evitare “la conoscenza […] del potenziale competitivo di Italfarmaco nell’ambito di partecipazione alle gare”, conseguentemente riducendo i margini di incertezza sul mercato. 57 Sezione Seconda DIRITTO PUBBLICO DELL’ECONOMIA scambi di informazioni effettivamente pubbliche costituiscano una violazione dell’articolo 101 TFUE. Sul punto, si ritiene di non accedere all’opinione di chi ha criticato l’approccio della Commissione, ritenendo eccessivo considerare punibile anche solo in via astratta uno scambio di informazioni pubbliche. Sembra infatti a chi scrive che anche la circolazione di un dato già nella disponibilità di tutti gli operatori del mercato potrebbe essere dotata di valore patogeno per la concorrenza, in quanto la circolazione di quel dato (e proprio di quel dato) potrebbe facilitare il raggiungimento di un equilibrio collusivo, per esempio attirando l’attenzione dei concorrenti sulla modifica delle caratteristiche (magari di prezzo) di uno dei fattori della produzione. Di conseguenza, il focus dell’interprete dovrebbe spostarsi su quali informazioni ritenere pubbliche. In presenza di tali informazioni sarà posto sul capo dell’autorità della concorrenza un onere probatorio rinforzato, dovendo dimostrare l’effetto anticompetitivo delle stesse sulla base di altri parametri, e.g. le caratteristiche del mercato, la frequenza dello scambio, il livello di aggregazione dei dati, ecc. Ciò che non sarebbe accaduto nel caso di specie, nel quale non solo le informazioni non sono state considerate pubbliche in ragione della peculiare posizione di RAI, ma neanche le caratteristiche del mercato e dei dati scambiati sono state ritenute dal TAR tali da corroborare un giudizio di illiceità delle condotte. Tornando alla disciplina di soft law europea in materia di informazioni pubbliche, le Linee Direttrici introducono la distinzione tra informazioni “effettivamente pubbliche” ed informazioni “di pubblico dominio”, la differenza consistendo in ciò, che queste ultime sono informazioni in genere facilmente accessibili per tutti i concorrenti ed i consumatori in termini di costi di accesso. Affinché una informazione possa essere ritenuta effettivamente pubblica, invece, è necessario che i costi che i clienti e le imprese non partecipanti allo scambio dovrebbero sopportare per raccogliere le informazioni scambiate non siano tali da “scoraggia[re] le altre imprese ed altri clienti dall’agire in tal senso”. In ogni caso si anticipa che, a parere di chi scrive, il vero portato innovativo delle Linee Direttrici in materia di informazioni pubbliche non è costituito da tali nozioni generali – con riferimento alle quali il tono della Commissione sembra descrittivo, limitandosi a porre problemi più che a fornire soluzioni – quanto piuttosto dal fatto che, 58 secondo le Linee Direttrici, “anche se i dati sono disponibili al pubblico […] l’esistenza di un ulteriore scambio di informazioni da parte dei concorrenti può avere effetti restrittivi sulla concorrenza, se contribuisce ulteriormente a ridurre l’incertezza strategica sul mercato. In questo caso, le informazioni incrementali potrebbero essere determinanti per sbilanciare la situazione del mercato verso un esito collusivo”. La portata di tali considerazioni sarà resa più chiara infra. Quanto agli arresti giurisprudenziali sul punto, un celebre caso posto all’attenzione della Corte di Giustizia dell’Unione europea59 riguardava una serie di riunioni durante le quali sarebbe avvenuta la circolazione di informazioni relative a prezzi futuri tra operatori nel settore dello zucchero.60 Ebbene, le parti del procedimento avrebbero sostenuto, tra l’altro, che le informazioni diffuse erano già note al mercato. Conseguentemente, per quanto fosse innegabile che i concorrenti sarebbero venuti a conoscenza di tali informazioni di prezzo prima della diffusione ufficiale sul mercato, comunque ciò sarebbe accaduto dopo che esse fossero condivise con consumatori e fornitori. Di contro, la Commissione rilevava che i concorrenti avevano ricevuto tali informazioni in modo più rapido ed affidabile rispetto al caso in cui essi stessi avessero dovuto procacciarsele autonomamente. Anche il Tribunale di primo grado, chiamato a pronunciarsi sul punto, avrebbe concordato sul fatto che l’avvenuta comunicazione ai clienti non rendeva il dato comunicato immediatamente reperibile sul mercato.61 Peraltro, lo scambio generava un clima di mutua sicurezza relativamente alle future politiche di prezzo di concorrenti diretti. In un altro caso,62 il Tribunale di Primo Gra59 Cfr. decisione del Tribunale di Primo Grado del 12 luglio 2001, Tate&Lyle, causa T-202/98, poi appellata dinanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione europea, decisione del 29 aprile 2004, causa C-359/01. 60 Durante una di tali riunioni, una delle imprese avrebbe altresì distribuito agli altri partecipanti una tabella dei suoi prezzi per lo zucchero industriale in rapporto ai quantitativi di acquisto. 61 Ciò è sostanzialmente confluito nelle Linee Direttrici, il cui paragrafo 109 fornisce l’esempio di imprese cui appartengono tutti i distributori di benzina di un dato Paese, che si scambiano per telefono i prezzi concorrenti della benzina. Ebbene, i dati sui prezzi scambiati per telefono non sono, ad avviso della Commissione, effettivamente pubblici, perché per ottenere le stesse informazioni in altro modo sarebbe necessario un considerevole dispendio di tempo e notevoli costi di trasporto. 62 Cfr. decisione del Tribunale di Primo Grado del 30 settembre 2003, causa T-191/98 e da T212/98 a T-214/98, Atlantic Container Line AB e altre c.Commissione, punti 1153-1154. IL NUOVO DIRITTO AMMINISTRATIVO 6/2016 Lo scambio di informazioni nel diritto antitrust italiano do avrebbe invece rilevato come la pubblicazione dovuta ad un obbligo di legge di informazioni poi oggetto di scambio avrebbe comportato l’impossibilità di “vedersi contestare dalla Commissione [...] il fatto di aver convenuto di comunicarsi reciprocamente tali dati. Infatti, considerata la pubblicazione del contenuto delle clausole essenziali, la comunicazione tra le parti […] rappresenta uno scambio di informazioni pubbliche. Ora, secondo la giurisprudenza, un tale sistema di scambio di informazioni non è idoneo a violare le regole di concorrenza del Trattato”. Più di recente, la Corte ha affrontato il tema della natura pubblica dei dati nel già citato caso Dole.63 In tale ipotesi, a fronte di uno scambio restrittivo per oggetto, la Commissione avrebbe rilevato come la circolazione di informazioni tra concorrenti potrebbe avere natura anticompetitiva anche se tali informazioni fossero già note a clienti o concorrenti. Da questo punto di vista, vale però rilevare come sia il Tribunale di Primo Grado, sia la Corte di Giustizia dell’Unione europea, pur confermando la decisione della Commissione, non abbiano assunto una posizione tanto netta sul punto, limitandosi a negare che, in concreto, le informazioni scambiate potessero ritenersi pubbliche e statuendo – piuttosto condivisibilmente – come quand’anche una data informazione sia di pubblico dominio, l’opinione di un dato operatore del mercato su quella informazione circa l’impatto che essa potrebbe avere sul proprio business ben potrebbe essere sensibile in ottica antitrust.64 Quanto agli orientamenti nazionali, è d’obbligo un accenno al caso IAMA.65 Il procedimento Cfr. sentenza del 19 marzo 2015, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe c. Commissione, causa C-286/13, punto 279. 64 B.Batchelor, M. Mudrony, Information exchange: top EU court affirms zero-tolerance standard, reperibile online. 65 Dilungarsi sulla prassi decisionale dell’AGCM sul punto è, infatti, operazione che esula dalle finalità del presente contributo. Ciononostante, sembra rilevante anche menzionare sia pur brevemente il caso I777 – Tassi sui mutui nelle Province di Bolzano e Trento, provvedimento n.25882. in tale ipotesi, infatti, l’AGCM avrebbe accertato come, contrariamente a quanto sostenuto dalle parti, “lo scambio di informazioni […] ha avuto ad oggetto informazioni non disponibili pubblicamente (in quanto rese disponibili tramite il sistema informativo RIS, che ha accesso a tutti i dati riservati delle singole Casse, ovvero direttamente dai rappresentanti delle Casse) […] pertanto, appare priva di pregio la contestazione avanzata in sede di memorie finali per cui il carattere riservato di un dato (in quanto non disponibile al “pubblico” non ne comporterebbe automaticamente la natura di dati sensibile, in quanto nel caso in esame emerge che alla non conoscibilità pubblica del dato si associa la natura sensibile dello stesso”. 63 IL NUOVO DIRITTO AMMINISTRATIVO 6/2016 dinanzi all’AGCM aveva preso le mosse da due comunicazioni volontarie di intesa effettuate da altrettante compagnie assicurative ed aventi ad oggetto l’acquisto di una banca dati fornita da una società di consulenza e concernente prodotti assicurativi vita e previdenziali. La banca dati consentiva di accedere alle caratteristiche specifiche di una serie di prodotti assicurativi.66 Nella ricostruzione operata dalle compagnie assicurative, l’acquisto del prodotto avrebbe comportato una mera esternalizzazione, ad esclusivi fini di benchmarking, di dati pubblici autonomamente raccolti da fonti pubbliche da parte del gestore della banca dati. L’AGCM, di contro, avrebbe ritenuto che le informazioni contenute nella banca dati – in ragione della loro natura sensibile ed apparente complessità – potessero facilitare forme di coordinamento orizzontale tra gruppi assicurativi.67 Il provvedimento appena descritto sarebbe stato oggetto di impugnazione prima dinanzi al TAR, che lo avrebbe annullato e poi dinanzi al Consiglio di Stato, che avrebbe invece – piuttosto sorprendentemente – riformato in appello la sentenza dei giudici di prime cure. Il TAR, con espressione oramai tralatizia, avrebbe affermato che “laddove dei dati siano pubblici, non è ravvisabile, in corrispondenza di essi, alcuna particolare “incertezza”, “opacità” o “zona d’ombra” che possa favorire la concorrenza, e che per tale ragione debba essere salvaguardata”. Inoltre, i giudici di primo grado, pur ritenendo ragionevole E.g. nominativo dell’impresa di assicurazione, canale distributivo, condizioni di adesione, modalità di versamento dei premi, costi per il cliente. 67 L’AGCM sarebbe giunta a tali conclusioni per il tramite della distinzione tra “dati pubblici” e “dati di pubblico dominio”, che curiosamente ricorda quella che, qualche anno dopo, la Commissione avrebbe inserito nelle proprie Linee Direttrici. Più in dettaglio, ad avviso dell’Autorità, nei rapporti di mercato le informazioni relative a prezzi e condizioni contrattuali inevitabilmente costituiscono oggetto di comunicazione alla clientela e dunque hanno, per definizione, natura pubblica. Pertanto, nella valutazione concorrenziale di scambi di informazioni tali variabili non rileverebbe la natura pubblica dei dati in questione, bensì il fatto che esse siano di pubblico dominio, laddove le informazioni “di pubblico dominio” sarebbero quelle immediatamente accessibili senza oneri e realmente utilizzabili da chiunque interessato ad acquistarle. Il criterio adottato dall’Autorità al fine di determinare la liceità di uno scambio di dati di pubblico dominio viene rinvenuto nei costi di reperimento individuale delle informazioni oggetto di scambio. Ove tali costi non fossero apprezzabili, i tempi di acquisizione non fossero lunghi e le informazioni risultassero sufficientemente attendibili, il contributo di un siffatto scambio di informazioni ad un accordo collusivo sarebbe irrilevante. 66 59 Sezione Seconda DIRITTO PUBBLICO DELL’ECONOMIA l’esistenza di “un differenziale di costo tra le diverse modalità a disposizione di ciascun operatore del settore onde procacciarsi materialmente le informazioni pubbliche in questione”, avrebbero considerato che tale differenziale non potrebbe essere elevato a discrimine tra liceità ed illiceità antitrust, chiamando esso in causa unicamente scelte di razionalità economica orientate al contenimento dei costi. La sentenza del TAR avrebbe altresì accolto i rilievi dei ricorrenti con riferimento all’inesistenza, in concreto, di informazioni “immediatamente accessibili senza oneri da chiunque”, posto che qualsiasi attività di raccolta di dati comporta costi e richiede tempi tecnici. Come accennato, la pronuncia in commento sarebbe poi stata riformata dal Consiglio di Stato, sulla base dell’assunto per cui “la natura “pubblica” dei dati scambiati non è idonea a rendere irrilevante una intesa”. Secondo i giudici di Palazzo Spada, “contrariamente a quanto considerato nella sentenza impugnata, [i dati oggetto di scambio] non erano facilmente rinvenibili sul mercato nelle stesse forme e con le stesse modalità consentite dalla condivisione del data-base in questione e cioè in modo completo, aggregato, periodico e comparato”. Sennonché, a parere di chi scrive, il fatto che il data-base consentisse di disporre di un certo quantitativo di informazioni in maniera più rapida ed efficiente non sembrerebbe poter ragionevolmente assurgere ad indice di illiceità della condotta, ma al più di utilità dello strumento informatico. E nemmeno pienamente condivisibile sembra l’opinione di chi68 ha rilevato come “un punto nodale del caso […] è che IAMA sarebbe stata ben felice di vendere il suo prodotto a chiunque, ed anzi era in trattativa per la vendita di Aequos ad una associazione di consumatori al tempo dell’istruttoria. È vero che Aequos veniva elaborato grazie alla preziosa collaborazione delle compagnie e consentiva un raffronto di prezzi e condizioni commerciali, ma è altresì vero che era disponibile a chiunque volesse acquistarlo. Il club non era chiuso”. A ben vedere, per quanto sia assolutamente condivisibile la perplessità relativa all’opportunità 68 Cfr. S.Gambuto, Lo scambio di informazioni nella giurisprudenza antitrust e nella prassi decisionale delle autorità nazionali della concorrenza europee e della Commissione: per una critica del caso IAMA in ottica comparata, in Dir. comm.internaz. (3), 2012, p. 519ss. A considerazioni sostanzialmente simili perviene M. Frigessi di Rattalma, Lo scambio di informazioni nel settore assicurativo, in La disciplina della concorrenza in ambito assicurativo, Giappichelli, 2014. 60 di negare che uno scambio di informazioni i cui esiti vengano addirittura commercializzati possa essere ritenuto pubblico,69 un po’ meno condivisibile è ritenere che la successiva apertura a terzi di uno scambio di informazioni sia ex se sufficiente a rendere pubblico il dato scambiato (e dunque lo scambio potenzialmente privo di effetti anticompetitivi). D’altra parte, come accennato, le Linee Direttrici sul punto pongono problemi più che fornire soluzioni (e si è anche già detto che non potrebbero fare altrimenti), dunque si comprende la necessità di cercare un criterio generale per stabilire quali informazioni considerare pubbliche. A parere di chi scrive, il criterio deve essere rinvenuto risalendo ai principi generali in materia di scambio di informazioni così come ricostruiti dalle stesse Linee Direttrici: se è vero come è vero che in tanto uno scambio informativo è illecito in quanto esso sia idoneo a ridurre il grado di incertezza strategica del mercato, è su tale parametro che dovrà fondarsi il giudizio anche in materia di dati pubblici. Del resto, ciò è confermato anche dal già citato passaggio delle Linee Direttrici nel quale si legge che “anche se i dati sono disponibili al pubblico […] l’esistenza di un ulteriore scambio di informazioni da parte dei concorrenti può avere effetti restrittivi sulla concorrenza, se contribuisce ulteriormente a ridurre l’incertezza strategica sul mercato […]”. In altri termini, a prescindere dalla distinzione tra informazioni effettivamente pubbliche e di pubblico dominio – un sofisma che rischia di generare confusione e la cui portata sembra prevalentemente descrittiva – il criterio ultimo identificato dalla Linee Direttrici al fine di determinare la natura pubblica o meno delle informazioni scambiate è quello della suscettibilità a ridurre l’incertezza strategica sul mercato, i.e. a qualificarle come strategiche, i.e. a qualificarle come sensibili. Del resto, attribuire eccessiva enfasi alla distinzione tra informazioni effettivamente pubbliche e di pubblico dominio rischia di porre l’interprete di fronte ad un blocco logico, tale per cui uno scambio di informazioni di pubblico dominio non avrebbe, di fatto, ragione di esistere, mentre ogni altro scambio finirebbe per essere vietato, posto che la raccolta di qualsiasi tipo di informazioni comporta dei costi e posto che per Del resto, già il Tribunale di Primo grado nel citato leading case John Deere aveva attribuito rilevanza alla esclusione di soggetti terzi rispetto ai paciscenti, valorizzando “la diffusione generalizzata [di informazioni] fra i principali fornitori e, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, ad esclusivo vantaggio di questi ultimi e, quindi, ad esclusione degli altri fornitori e dei consumatori”. 69 IL NUOVO DIRITTO AMMINISTRATIVO 6/2016 Lo scambio di informazioni nel diritto antitrust italiano le imprese all’interno di un qualsiasi circuito informativo i dati saranno sempre accessibili con maggiore facilità. Ciò che, a ben vedere, non è nulla di diverso rispetto a quanto aveva già adombrato il TAR nel caso IAMA, laddove i giudici amministrativi – più che al criterio dei costi da parte delle imprese escluse dal circuito amministrativo – avevano attribuito rilievo alla presenza di “zone d’ombra” da salvaguardare al fine di favorire al concorrenza. A parere di chi scrive, tale chiave di lettura risulta pienamente compatibile anche con la sentenza in commento. Ed infatti, i giudici amministrativi avrebbero ritenuto pubbliche le informazioni scambiate non perché le imprese non partecipanti allo scambio avrebbero dovuto sopportare costi limitati o nulli per accedervi (e del resto, come sottolineato supra, quale informazione non ha un costo di acquisizione?), ma perché in ragione della posizione detenuta da RAI, del fatto che lo scambio era reso manifesto alla stazione appaltante e delle precipue caratteristiche delle gare quei dati non erano sufficienti a ridurre il grado di incertezza strategica del mercato. Alla luce di tutto quanto precede, sembra possibile trarre le seguenti conclusioni. La sentenza del TAR Lazio si pone in (apprezzabile) discontinuità con una parte della precedente giurisprudenza nazionale ed europea e con una certa interpretazione delle Linee Direttrici, adottando un approccio pragmatico che ben si attaglia alle specificità della fattispecie dello scambio informativo. Da questo punto di vista, è opinione di chi scrive che un percorso logico-argomentativo più coerente con la casistica e la soft law in materia sarebbe stato, per l’AGCM (come in parte apprezzabilmente fatto dal TAR Lazio), scrutinare la fattispecie quale potenziale restrizione per effetto e dunque esaminare in tale ottica le caratteristiche dello scambio e del mercato nel quale esso ha avuto luogo.70 Del resto, le stesse Linee Direttrici ricordano come, nella valutazione circa la restrittività per oggetto o per effetto di una data condotta, sia necessario prestare “particolare attenzione al contesto giuridico ed economico in cui avviene lo scambio di informazioni”. Ebbene, proprio in ragione di quanto ricordato in sede introduttiva con riferimento alle caratteristiche del mercato rilevante, sembrerebbe ragionevole ritenere come i dati scambiati non fossero suscettibili di eliminare incertezze nei soggetti coinvolti con riferimento a variabili strategiche. Ciò avrebbe condotto a ritenere che, in ragione (i) degli effetti pro-competitivi connessi alla possibilità di riequilibrare asimmetrie nel mercato rilevante, le cui specificità sarebbero dovute essere prese in maggiore considerazione; (ii) del carattere non strategico delle informazioni oggetto di scambio, in quanto dati relativi a gare già scadute ed aventi dinamiche difformi l’una dall’altra non può sostanzialmente ridurre l’incertezza relativa al comportamento delle imprese sul mercato rilevante e (iii) della natura pubblica delle informazioni oggetto di scambio derivante dalla assenza di zone d’ombra da tutelare, lo scambio non fosse suscettibile di produrre alcun effetto anti-competitivo (anzi, semmai pro-competitivo, in quanto in grado di appianare l’asimmetria informativa che caratterizzava il mercato). Tutto ciò, si noti, sembra a chi scrive coerente con la ratio della disciplina e della casistica in materia. Ad esempio, valorizzando le specificità della posizione della stazione appaltante nel mercato rilevante, il TAR Lazio ha opportunamente confermato la relazione sinergica sussistente tra caratteristiche del mercato rilevante e delle informazioni scambiate ai fini della valutazione della liceità di questo tipo di condotte: in questo caso, effettivamente vi è stato un paritario concorso di tali elementi al fine di ricostruire la natura pubblica dei dati scambiati secondo la lente delle caratteristiche del mercato rilevante. È stato alla luce delle caratteristiche del mercato – e dunque della valorizzazione della posizione di RAI – che si è determinata la natura non pubblica e non strategica delle informazioni scambiate. 70 Con riferimento al caso IAMA, la cui conclusione è stata precedente alle Linee Direttrici, S.Lembo, The Italian Last Instance Administrative Court confirms the legitimacy of the Competition Authority’s decision, quashed by the Court of First Instance, according to which the exchange of commercial information which are not “genuinely public” are, per se, anticompetitive (IAMA), reperibile su www.concurrences. com, ha condivisibilmente sostenuto come “it could therefore be argued that if the Consiglio di Stato ruling had been rendered after the publication of the New Commission GL, the reasoning in the IAMA case would most likely have been different. The Consiglio di Stato would have pointed out that the exchange of information on insurance products through the Aequos data base did not amount to a restriction of competition by object and that, even though it was likely to have anti-competitive effects, the ICA did not analyse the adverse impact of the alleged exchange of information on the market”. 4. Conclusioni IL NUOVO DIRITTO AMMINISTRATIVO 6/2016 61 Sezione Seconda DIRITTO PUBBLICO DELL’ECONOMIA In ogni caso, a prescindere dalla valutazione più o meno adesiva rispetto alle conclusioni cui è pervenuto il TAR Lazio, non si può non osservare come le autorità della concorrenza stiano adottando – per le motivazioni di cui nel testo, relative alla difficoltà nel reperire la famosa smoking gun – un approccio piuttosto severo nella valutazione delle fattispecie di scambi informativi71 e come la materia si presti per le proprie caratteristiche all’ambiguità descritta nei paragrafi precedenti. A ciò si aggiunga la particolare attenzione con la quale le autorità della concorrenza hanno dimostrato e dimostrano di guardare l’operato delle associazioni di categoria, che rappresentano un foro privilegiato per la circolazione di informazioni. 71 Sul punto, sia sufficiente rilevare come nel momento in cui viene realizzato il presente contributo risultano pendenti dinanzi alla sola AGCM ben sette procedimenti per intesa coinvolgenti profili di scambio di informazioni. È possibile osservare il medesimo trend anche in ambito europeo: da questo punto di vista, si segnala la sentenza recentemente resa dalla Corte di Giustizia nel caso E-turas, in quanto coinvolge attuali profili relativi allo scambio di informazioni veicolato da una piattaforma online. Per un primo commento sul caso, sia consentito per brevità rinviare a L. Villani, The E-Turas case: when concerted practices meet technology, reperibile online su www.eurojus.it. 62 Da questo punto di vista, si ritiene tra l’altro auspicabile che imprese operanti in mercati aventi caratteri identificati come potenzialmente problematici dalle Linee Direttrici – nonché le relative associazioni di categoria – affrontino specificamente il tema dello scambio di informazioni nell’ambito, ad esempio, della predisposizione ed implementazione di efficaci programmi di antitrust compliance. Le cautele che potrebbero adottarsi sono molte: si pensi alla possibilità di prevedere che i membri degli organi apicali delle associazioni di categoria siano soggetti distinti dalle omologhe figure delle imprese associate, nonché di definire apposite regole di condotta per i rappresentanti degli associati in seno all’associazione di categoria,72 ovvero ancora di effettuare training specifici alle funzioni aziendali di imprese operanti in mercati potenzialmente problematici, che siano tailor-made sulle specifiche caratteristiche del mercato concreto, che tanta rilevanza assumono a questo fine. Sul tema dei rapporti tra diritto antitrust ed associazioni di categoria, si segnala l’utile contributo di Confindustria, Le associazioni di imprese e il diritto antitrust, 24 maggio 2010, reperibile online. 72 IL NUOVO DIRITTO AMMINISTRATIVO 6/2016