Fattori-Segnali di fumo e partess premma

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Fattori-Segnali di fumo e partess premma
domenica 24 gennaio 2016
SEGNALI IN FUMO
Cosa mi colpisce ancora del mondo della corsa? Quasi tutto. Quasi più nulla. Come uno
sciamano poco lucido, fatto di qualche erba allucinogena che cresce solo dalle mie parti,
leggo le tracce della fine, cerco di interpretare i segnali. Naturalmente quella che io da
persona cattiva interpreto come deriva, le persone sane la accettano in quanto naturale
trasformazione di un fenomeno. Accettazione della realtà e conseguente adattamento ai
mutamenti, le regole della sopravvivenza. Occorre solo rassegnarsi, il nostro che da sport
agonistico sta traslando verso altro, siamo ormai tutti amatori più o meno evoluti e qualche
sparuto atleta militare in offerta last minute. Là davanti solo il gruppetto degli atleti africani
di vario livello per gli organizzatori più esigenti, quelli che ancora non si arrendono a far
vincere la propria maratona con tempi poco sotto le due ore e quaranta, quelli per cui non
esiste solo il numero degli iscritti.
Pochi sono i professionisti veri, pochi quelli che fanno atletica a tempo pieno. È
questo uno dei problemi? Al di là che in questo caso è difficile scindere causa ed
effetto, io non lo credo davvero.
Nei prossimi mesi scriverò di Michele Belluschi, ma ora non anticipo nulla, mi concentro
sul padre Elio, un nome che avevo da qualche parte nel mio cervello visto che seguo fin
dagli anni Settanta questo sport. Elio Belluschi è sconosciuto ai più, non farà la Storia
dell'atletica italiana, ma era sempre un ragioniere da 29'28 nei diecimila e 1 ora e tre
minuti di mezza, allenamenti nel dopo ufficio, una vita da mediano su e giù per la fascia
immagino a vincere gare regionali e a fare punti ai societari.
Il nostro paese era pieno di queste figure, figure che sto mitizzando perché il presente non
mi piace. Di Alessandro Bortoluzzi, atleta toscano talentuoso e disordinato, ho già scritto in
questa rubrica, ma la sua pagina Facebook è un vulcano inesauribile di ricordi di quegli
anni incredibili, decine e decine di atleti il cui nome oggi nessuno ricorda, pubblica a
ripetizione foto sbiadite scannerizzate, canotte scavatissime, molto tamarre, zero tessuti
tecnici, tute con le spalline dai colori improbabili, zazzere di capelli anni ottanta, i trofei in
peltro, i primi stranieri venuti a cercar fortuna con la corsa nel nostro paese, non solo
africani, ma ex jugoslavi, brasiliani...
Nel 1981 se si fosse svolta una gara dove contemporaneamente tutti i migliori
italiani fossero stati presenti gareggiando al loro meglio, con 30'50 si sarebbe
arrivati appena sotto al 150 esimo posto. Quanti di questi erano davvero
professionisti?
Ma torniamo ai segnali sul presente. Quelli ad esempio relativi all'ultimo campionato
europeo di cross: avevo aspettato le 19:40 per seguire la differita su Rai sport, finalmente
qualche traccia positiva da Borovets, Bulgaria, belle cose in ottica futura, da Facebook
avevo seguito i successi della squadra juniores, Crippa campione
individuale, Ettaqy terzo, quinto Chiappinelli, nono Giacobazzi per una vittoria di
squadra travolgente. Immaginavo questi ragazzini ad aspettarsi sul traguardo sfiniti e felici,
elettrizzati, finalmente Monetti e un altro telecronista che si ostina a pronunciare "giugnor"
per "junior", e che per questo mi fa tanta simpatia, avrebbero potuto quasi urlare anche
per la rimonta di Ettaqy, ma nulla, proprio nulla di tutto questo si è visto, anche se
presumo sia successo davvero. La sintesi di Rai sport si è limitata alla gara Senior,
ignorando anche quella femminile, nessuna immagine relativa a queste gare. Sfiga. In un
paese che di sfighe ne ha sicuramente di più grandi, la mancata copertura di un evento
sportivo non va letto come segno assoluto di inciviltà, però il destino è come se si
accanisse contro la poca atletica vera che rimane.
Per quanto riguarda Borovets, trattasi di una ridente località turistica estiva e invernale,
non di una città dell'est Europa di media taglia, di quelle tutte grigie, dove non distingui i
caseggiati popolari dalle fabbriche siderurgiche dismesse, quelle dove si fabbricava il
colore grigio canna di fucile e i tumori ai polmoni. No davvero, Borovets è tutt'altro, mentre
scrivo questo pezzo mi è venuta una gran voglia di passare le vacanze natalizie nel
comprensorio sciistico di quella zona della Bulgaria. Così, tanto per stupire gli amici, che
vadano anche loro a cercarla in Google Maps.
Dalle mie parti invece, Bologna, si parla di quelli che I partess prema, ovvero Partono
prima. Si tratta di camminatori che partono con largo anticipo sull'orario ufficiale della gara,
fuori da ogni copertura assicurativa, dannazione di ogni organizzatore, ma anche gioia,
l'iscrizione la pagano. È un vecchio vizio del movimento podistico bolognese, anche se
non solo, presumo. Quando l'anticipo è clamoroso arrivano sul traguardo addirittura prima
della stessa partenza ufficiale della gara. Pare sia inarrestabile questa emorragia di
camminatori che trovi già spalmati sul percorso al primo albeggiare, se i capi gruppi si
azzardano a cercare di impedirgli la partenza anticipata, loro minacciano di cambiare
società, e anche gli organizzatori non insistono più di tanto. Sono pacifici, parlano tra loro
amabilmente, non attaccano il podista competitivo che partito in orario giusto a caccia di
sportine li sorpassa, gli cedono il passo un po' distratti, fanno qualche metro in scia in
velocità tra le battute dei compagni. Stai mo' dri sti bon, Stagli dietro se riesci. Per lo più
sono anziani ma ci sono anche giovani, belle ragazze che il biondo tartarugo
corazzato troppo competitivo non conoscerà mai. Hanno fretta, fretta di parcheggiare,
di prendere il pettorale, fretta di fermarsi ai ristori e di ritirare il pacco gara, fretta di ripartire
e di mangiare i tortellini. A me i camminatori bolognesi che fanno così in fondo non
riescono a starmi antipatici, anzi, vorrei che perpetuassero questo rito di iscriversi a una
manifestazione per poi gestirla in modo completamente anarchico e surreale. Alla fine
rimarranno solo loro, tutto è partito da loro all'inizio degli anni Settanta e tutto finirà con
loro. Dai "camminatori".
A Mezzolara, minuscolo paesino del bolognese a novembre ho corso una non competitiva
affollatissima, io tiravo senza ragione, cercavo buone sensazioni di corsa ormai smarrite,
cercavo conferme cronometriche irrealizzabili, con la sola staffetta in bici a darmi coraggio.
Al quarantesimo minuto di quella inutile fatica, ormai cotto e senza più glicogeno, mi sono
trovato Gianni Morandi sulla mia strada che stava facendo il percorso giusto ma in senso
contrario. Credo che mi abbia detto Beh ciao ma tu cosa fai qui? Sto ancora pensando a
quella frase che non ho capito e che forse era rivolta ad altri camminatori alle mie spalle.
Però la domanda mi sembra giusta Zanni, forse è un altro segno, rivolto a me
direttamente.
Che ci faccio ancora qui?
articolo già uscito sulla rivista Correre