A proposito di Bandiere nere

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A proposito di Bandiere nere
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BG
Cronache
La storia
Giovedì 31 Luglio 2014 Corriere della Sera
Ugo Pegurri, di Sovere, da un mese è nell’isola delle Eolie. Mentre d’inverno lavora sulle torri dei pozzi petroliferi, nelle centrali nucleari e sulle dighe
Dai ghiacciai all’inferno del vulcano
Le guide in trasferta sullo Stromboli
La scheda
Una squadra bergamasca ingaggiata per la sicurezza dei turisti
di FRANCO BREVINI
Sulle pendici dello Stromboli si parla
bergamasco e lo si parla da una decina
d’anni. Dal 2005 infatti le guide che accompagnano gli escursionisti sul più famoso vulcano attivo d’Europa vengono
dalle nostre valli. Il più assiduo di tutti è
Ugo Pegurri di Sovere, classe 1963, guida
alpina, che ogni anno trascorre alcuni
mesi in questo remoto angolo delle isole
Eolie. «Fino dal 2005 — spiega Pegurri,
che si è trasferito a Stromboli ormai da
un mese —, come scuola delle guide di
Bergamo abbiamo aderito a una richiesta del Collegio nazionale delle guide alpine. In seguito alla gravissima emergenza vulcanica del 2002-03 la Protezione civile aveva infatti stabilito che
chiunque si avventurasse sul vulcano
dovesse essere accompagnato da una
guida alpina. È una questione di sicurezza. Anche quando le eruzioni non apparivano allarmanti, ogni anno c’erano
sempre persone che si
perdevano, si ferivano o
si avvicinavano troppo
ai crateri e venivano
investite da un’improvvisa esplosione
di lapilli». Oltre che
da Pegurri, che insieme a Franco Sonzogni è stato il più
assiduo, la pattuglia
dei bergamaschi di
Stromboli era formata da Mattia Cavagna,
Gianluigi Carrara e
Marco Tiraboschi. «Siamo stati noi a inaugurare
l’abitudine delle guide dal
Nord. All’inizio i rapporti con
le guide vulcanologhe locali
non erano facili, ma ora ci aiutiamo a vicenda. Anzi direi che qui si è
formata una piccola comunità di guide
del Nord, provenienti dalla Val d’Aosta,
dal Trentino e dal Veneto, che, nel tempo
libero, si ritrova per fare un po’ di mare o
mangiare un boccone. È una vita strana,
ma, per chi come me sia appassionato di
mare, bellissima». Mentre saliamo verso
i crateri nell’atmosfera ancora soffocante del tardo pomeriggio Pegurri ci mostra i rilevatori installati dal vulcanologi.
«Qui ci sono diverse università che
collaborano per monitorare la situazione. Dispongono di più di 80 stazioni, che
rilevano le vibrazioni, i fumi, la pressione nella camera magmatica. Sono state
poste anche delle boe a mare per il rischio tsunami. Non mancano dei dispositivi per tenere sotto controllo frane e
slittamenti del terreno, mentre un
network di telecamere termiche e normali trasmette immagini delle bocche
eruttive 24 ore su 24». Il panorama si
spalanca verso la costa calabra e il cono
fumante dell’Etna. Arriviamo sulla cre-
sta, da cui appaiono i crateri attivi. Il sole sta tuffandosi in mare in un
trionfo di nubi arancioni.
La prima esplosione avviene dopo meno di un minuto. Un colpo secco, poi un
lungo soffio. Una fontana di
frammenti infuocati si proietta
nel cielo: è un apocalittico fuoco
d’artificio con un’anima gialla, da
cui zampilla una rosa di scintille incandescenti. Nuovi getti rossastri sprizzano dalle altre bocche, mentre in cielo
si addensano nubi nerastre, accese a
ogni istante da nuovi scoppi. «L’emozione è sempre fortissima — commenta
Ugo Pegurri bevendo dalla borraccia —
c’è gente che si mette a piangere, ma ci
sono ragazzini che estraggono il telefonino e si mettono a giocare mentre il
vulcano erutta».
La salita ai crateri non è per tutti. Solo
un’esigua minoranza fra le 4-5 mila persone sbarcate ogni giorno a Stromboli
dai barconi e dagli aliscafi la intraprende. Molti ne ignorano perfino l’esisten-
Vertical
Franco Sonzogni, oggi sullo Stromboli, ieri
sulla cascata ghiacciata di Valleve, detta
Spada di Damocle (foto Valbrembanaweb)
Ugo Pegurri, 49
anni, di Sovere, ha
aderito, anche come
esponente della
Scuola delle guide
alpine di Bergamo,
alla richiesta del
Collegio nazionale
delle guide alpine di
lavorare nei mesi
estivi sullo
Stromboli, per la
sicurezza dei turisti
che desiderano
salire ai crateri.
Pegurri è anche
specializzato
nell’ambito della
sicurezza per il
lavoro su fune nei
cantieri «estremi» e
sui monumenti.
Nella foto è
impegnato sulla
«cornice» di una
diga in India
za. «Ci vogliono almeno due ore e mezza
di cammino per superare i 900 metri di
dislivello del vulcano. Noi di Stromboli
Adventures partiamo verso le 16 o le 17 e
torniamo di notte, scendendo con le pile. Ogni guida conduce un gruppo di
una ventina di persone. Per chi sia abituato a camminare, l’escursione è una
passeggiata, ma per
gli altri può risultare molto penosa». A
Stromboli esistono
tre agenzie autorizzate, che propongono la salita con l’accompagnamento di
guide professioniste. Ma basta un aumento dell’attività
eruttiva perché tutto si blocchi. «Quest’estate siamo stati
fermi per quasi tutto il mese di luglio.
La gente veniva qui
per salire ai crateri
ed era rimandata indietro. Non è facile
fare previsioni attendibili, ma credo
che si debba tenere
conto anche del turismo, magari assumendosi qualche
responsabilità. Ora
l’attività vulcanica è
importante e questo
rende la salita particolarmente suggestiva. Speriamo che
non aumenti, imponendo una nuova
chiusura». Dalla vetta lo sguardo corre
sulle bocche, che lampeggiano pulsando nella notte. «Nella Bergamasca come
guida non c’è molto lavoro. Per questo
mi sono specializzato nell’ambito della
sicurezza per il lavoro su fune all’interno
dei cantieri in esposizione. Ho lavorato
sui pozzi petroliferi nel deserto, ma anche in una centrale nucleare in Slovacchia e sulle dighe in India. In Italia sono
stato spesso sui monumenti: ad esempio sulla Torre di Pisa e in Santa Maria
Maggiore a Bergamo, dove abbiamo fissato una linea di sicurezza in alto all’interno della chiesa».
Sibilando nella notte i crateri continuano a eruttare le loro fontane di fuoco. Il cielo è punteggiato da una quantità
incredibile di stelle e la Via Lattea esala il
suo chiarore nell’oscurità. Sotto la cresta
della vetta, Iddu, cioè «lui», come viene
localmente chiamato lo Stromboli, ansima senza fine, con le sue fioriture di lapilli roventi. Sembra il respiro rantolante della Terra, che da millenni racconti la
sua segreta fatica.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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SCHILPARIO E LE STRANE BANDIERE NERE DI LEGAMBIENTE
di DAVIDE SAPIENZA
L
egambiente ha assegnato le
bandiere 2014. Buoni e
cattivi secondo l’associazione
c h e h a s o s t i t u i to i Ve r d i
nell’immaginario collettivo.
P ro d u r re i n f l u e n z a s u l l e
opinioni della popolazione
urbana, occupandosi di territori
e popolazioni di territori
montuosi dove quasi mai gli
iscritti a queste associazioni
vivono e lavorano, è
un’espressione della natura
partitica di associazioni
perfettamente congrue ai giochi
della politica. Nel 2014 tre
bandiere nere su 8 del nord
Italia le abbiamo conquistate
noi lombardi e una di queste è
per Schilpario: anche poche tre
bandiere nere, visto il ritmo con
cui continuiamo a stuprare il
territorio. Ma osservando con
calma il Risiko ambientalista, il
retrogusto è sempre più strano
e non pare produrre un vero
c a m b i a m e n to d e l s a p o r e
culturale, profondamente
ecologico, là dove sarebbe
necessario. La Lombardia è una
delle regioni più inquinate del
mondo; la sua classe dirigente è
leader nella promulgazione di
machiavelliche leggi patacca
inapplicate che nella sintassi si
dichiarano a favore della
montagna, ma nella prassi sono
l’assoluzione dello stupro:
norma gli abusi che «non
costituiscono reato».
La prima bandiera nera del 2014
va allo smembramento del
Parco nazionale dello Stelvio
iniziato tre anni fa, nel dicembre
2010. Regione Lombardia, il
giorno dopo avere emesso una
comunicazione di contrarietà,
lasciò che fossero due
esponenti del SVP di Bolzano a
fare il resto: si astennero da una
certa votazione in Parlamento,
tennero in piedi il comatoso
governo Berlusconi e ottennero
l’inizio della prassi di
smembramento in tre parchi
provinciali. Così viene usato il
territorio montuoso: merce di
scambio politico, sistemazione
di dirigenti politicizzati e
incompetenti. Peccato che le
risorse fondamentali come
l’acqua, l’aria pulita, lo spazio
vitale, dalla montagna arrivano
e sono la vita stessa del
territorio. Schilpario, che tutto
questo rappresenta, ha preso la
seconda bandiera nera per l’uso
delle motoslitte. E la cosa non
ha il senso della proporzione.
Ho partecipato a iniziative
pubbliche contro questa
pratica, parlandone anche con
chi le utilizza. Le ritengo inutili,
invasive, inquinanti. Ma il
dialogo è meglio della guerra
con il Risiko. A Schilpario l’uso
delle motoslitte è
regolamentato. Hanno un
percorso (che non elimina il
disturbo), anche se troppo
spesso qualcuno ne approfitta
per fare cose assurde (come
risalire il canalone del Cimon
della Bagozza). Ma Schilpario è,
soprattutto, un magnifico paese
inserito in un contesto naturale
di straordinaria unicità. Nella
co n f i n a n te Va l ca m o n i ca ,
Legambiente pare dimenticare
che si trova la Valgrigna, la più
importante foresta regionale:
un comprensorio di 400 kmq
che non ha eguali in Lombardia.
Val di Scalve
Natura La bellezza dei Campelli ai piedi del Cimon della
Bagozza. A Schilpario l’uso delle motoslitte è regolamentato
Motori L’aver imposto precise regole alle motoslitte è
costato a Schilpario la bandiera nera di Legambiente
Solo di recente si è creato un
tracciato per motoslitte a
Montecampione, dopo almeno
10 anni di «corse» illegali e
prepotenti. Le autorità sanno,
da sempre, tutto questo, ma da
sempre si trincerano dietro il
classico «non abbiamo i mezzi
per applicare la legge». Chi fa le
leggi per la montagna, infatti,
per legge le rende inapplicabili.
Promuovere Schilpario come
luogo di bellezza è più
importante che dargli una
b a n d i e r a n e r a . P rova re a
fermare la pratica delle
motoslitte, fa parte di questo
cammino, ma non ne è
l’espressione principale. Il
cammino sarà lungo e per
raccontare diversamente le
nostre terre alte, dovremo
esprimere un’altra classe
politica. Perché un comune di
montagna si giudica anche da
come dimostra di essere
cosciente di questa ricchezza
silenziosa.
Madre Natura ci vede partecipi
di una comunità di creature vive
che interagiscono. Basta entrare
in un bosco e osservare, per
capire che le bandiere non
servono.
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