reinserimento lavorativo del tossicodipendente
Transcript
reinserimento lavorativo del tossicodipendente
REINSERIMENTO LAVORATIVO DEL TOSSICODIPENDENTE MAURIZIO SGRÒ Medico, coordinatore del Centro padovano di Accoglienza, membro della consulta nazionale degli esperti per le tossicodipendenze. Vent’anni fa, a Padova, nasceva e muoveva i suoi primi passi il Centro Padovano di Accoglienza (CPA). Si trattava di un piccolo gruppo di uomini e donne, accomunati dall’idea della solidarietà e del servizio. Fin dai primi momenti la scelta fu chiara: di fronte all’emarginazione e al disagio non servono proclami e ideologie, ma azioni concrete ed efficaci. Nell’epoca in cui molti annunciavano rivoluzioni “senza mettervi dentro neppure un dito” (Paolo Emilio Léger), il CPA intraprendeva un’altra strada: quella della solidarietà e della condivisione. Affiancare la persona in difficoltà; impegnarsi per la crescita della persona con spirito di servizio, sintesi di volontariato e professionalità; rispetto delle diversità e dell’autonomia di ciascuno: erano questi, già allora, i cardini della nostra proposta. Quando il fenomeno della droga si fece più preoccupante, il CPA accettò di misurarsi in questo campo difficile, ancora senza orientamenti sicuri. Sulla scia dei valori che costituivano già il suo patrimonio più profondo, lo fece mettendo al centro delle proprie preoccupazioni la dimensione della persona umana, non il sintomo-droga. Nacque così “Progetto Uomo”, una serie di programmi di prevenzione, di cura e di reinserimento sociale, che parte da una premessa di fondo: la fiducia nell’uomo, che si trasforma in speranza operativa. La filosofia dell’intervento sulla quale si basano i programmi terapeutico-educativi si propone di promuovere lo sviluppo e la crescita dell’individuo, affinché ciascuno raggiunga o recuperi la sua pienezza e trovi il suo posto nella realtà sociale, conscio dei propri diritti e dei propri doveri. Insomma un progetto generale che possa offrire ai giovani modelli di vita e percorsi di autorealizzazione individuale e socio-lavorativa. Se il lavoro è inteso nell’aspetto motivazionale, come creatività dell’uomo, allenamento alla messa in azione, scoperta delle proprie abilità, processo di adattabilità alla realtà sociali, capacità critica del proprio operato e riformulazione bisogni/risposta, non è difficile capire come questo porti alla necessità di individuare e sperimentare itinerari formativi che corrispondano ai bisogni della persona, superando da un lato i modelli tradizionali della formazione professionale e dall’altro trovando le modalità per una corretta integrazione con il percorso terapeutico. Ciò aiuterà l’utente nell’orientamento e nella scelta del lavoro più significativo tra quelli possibili. Si tratta di una filosofia che, per tappe successive, sviluppi un’educazione al lavoro e offra una formazione professionale adatta ai tempi. Mentre l’educazione al lavoro era ed è uno dei punti cardine su cui imperniare il programma terapeutico, non si era ancora fatta l’esperienza di una formazione professionale articolata su entrambi i moduli delle due nostre Comunità residenziali, “Villa Marani” e “Villa Arca del Santo”. Ora l’esperienza più che decennale maturata dall’associazione nel campo delle dipendenze, la consapevolezza da un lato che il tossicodipendente debba confrontarsi con il “non fatto” dell’esperienza lavorativa, e dall’altro che una società che non voglia essere punitiva debba provvedere all’inserimento e all’integrazione dei membri più “deboli” nell’organizzazione sociale, ci ha spinti con sempre maggiore determinazione verso questa esperienza che si è concretizzata nel progetto “Villa Ida: percorsi di formazione all’autoimprenditorialità” con la costituzione di due cooperative sociali “Il Sestante” e “Arca”. Il progetto interessa un’utenza nella fascia di età compresa tra i 20 e i 40 anni senza nessuna o poca formazione lavorativa, in genere con una bassa scolarità e definiti dai servizi come utenti a “bassa soglia” e/o a “comorbilità psichiatrica”. Passare da una storia fatta di irresponsabilità, continua violazione delle regole, incapacità di relazionarsi con gli altri, fuga dalla realtà, a un concreto e vitale inserimento lavorativo e sociale non richiede solo una formazione professionale o un titolo di studio, ma soprattutto lo sviluppo di capacità tali da saper intraprendere percorsi innovativi che i rapidi cambiamenti sociali lasciano intravedere. Ed è proprio la lunga esperienza che ha permesso al CPA di metabolizzare i cambiamenti in atto nella società e rimodellarsi di fronte ai mutamenti della figura del tossicodipendente, elaborando progetti che siano in grado di dare risposte differenziate in base alle richieste. Il progetto dell’autoimprenditorialita’ “Villa Ida” nasce da una parte sulla spinta dei notevoli cambiamenti socioeconomici che si stanno verificando e dall’altra da esperienze dirette compiute nel campo dell’imprenditoria, da giovani ex tossicodipendenti usciti dal programma, che si sono trovati a concorrere in un mondo regolato da leggi numerose e a volte complesse, senza un’adeguata preparazione. Accanto al “saper fare” manuale, ad un’abilità artigianale e/o al possesso di un titolo di studio, occorre “sapersi muovere” nello spazio legislativo e nei suoi molteplici adempimenti ed obblighi, così come nelle diverse forme organizzative e strutture amministrative. Ed è proprio per favorire un ingresso consapevole e di “diritto” nel mercato del lavoro di questa utenza particolare che si è cercato di superare il deficit formativo attraverso un percorso di formazione all’autoimprenditorialità, che, oltre, a stimolare le capacità creative individuali, fornisca conoscenza e dimestichezza con i contenuti progettuali, amministrativi e contabili del proprio lavoro. In sintesi, una formazione allargata e competenze tali che permettano, dove il mercato lo richieda, la capacità di riconvertire il proprio prodotto o servizio. Per la nostra utenza si tratta di rispondere a due forme di emarginazione perché l’uscita dal sistema formativo contribuisce a produrre una marginalità culturale, che diventa poi marginalità sociale con conseguenze sul piano delle opportunità lavorative. Rispetto a questo senso di rifiuto e di autoemarginazione paiono necessarie azioni di recupero ad hoc, sia a puri fini culturali generali sia, soprattutto, a sostegno dell’inserimento professionale. La bassa qualità degli sbocchi professionali, attraverso un aumento nel numero dei “drop-out” fa si che questo segmento della popolazione alimenti l’offerta secondaria di lavoro (lavoro nero) e quindi le posizioni al “margine” del mercato del lavoro: lavoro sottopagato, senza possibilità di accedere ad un contratto né a termine e meno che mai a tempo indeterminato. La formazione appare in altri termini come lo strumento fondamentale per raccordare le caratteristiche dell’offerta al variare delle caratteristiche della domanda, per superare le funzionalità del mercato, per adattare le qualifiche professionali ai bisogni del mercato. In conclusione, la formazione diventa un elemento chiave per la flessibilità lavorativa. Investire in “capitale umano” è necessario per accrescere la competitività, facilitare l’assimilazione e la diffusione delle nuove tecnologie. E’ chiaro, quindi, che le attività di formazione professionale debbano allontanarsi decisamente dalle concezioni tradizionali di addestramento a un mestiere o a mansioni specifiche. La formazione dovrà essere sempre più intesa come processo di apprendimento, che conduca il soggetto a una presa di coscienza delle proprie risorse, delle proprie capacità, di percorsi migliorativi e dell’impiego di tali risorse per superare il momento puramente professionale e sfociare, tramite un processo di trasformazione, in una rielaborazione della propria esperienza di vita personale e sociale. Questo è tanto più vero quanto il soggetto inserito in un processo formativo è compromesso da deficit di ordine culturale e scolastico o da disorientamenti esistenziali; la formazione pertanto cessa di avere come obiettivo esclusivo l’acquisizione di dati tecnico-pratici riferiti a un determinato mestiere per dotarsi di scenari tecnologici e culturali più vasti. E’ quindi la personalità nel suo complesso a divenire, attraverso la formazione, campo cruciale di qualsivoglia intervento, soprattutto se tale personalità dovesse evidenziare lacune anche di ordine psico-sociale. Perché la formazione professionale di base diventi strumento per superare i limiti fin qui emersi, occorre valorizzare le valenze educative implicite in essa, facendone mezzo di reale emancipazione umana, senza trascurare tutto quello che un processo di questo tipo porta con sé anche a livello di cambiamento sociale. Al termine di un programma terapeutico per il recupero di persone che hanno fatto uso di sostanze stupefacenti, spesso si pone il problema delle modalità' e degli strumenti più’adeguati per un reinserimento nel tessuto sociale e nella vita quotidiana il più' dignitoso possibile. Sicuramente strumento primario e' il lavoro, sia per la sua valenza economica che socio-relazionale. L'inserimento nel mercato del lavoro può’avvenire attraverso molteplici vie. La persona interessata può' ritornare a svolgere la sua precedente attività', soprattutto se svolta in proprio o a livello di conduzione familiare sempre che sia comunque, dal punto di vista terapeutico, consigliabile. Oppure ritornare in azienda se lavoratore dipendente, qualora siano rispettate le normative vigenti in materia di tutela del posto di lavoro. Il più' delle volte pero', vista la scarsa scolarizzazione o capacita' professionale, il soggetto trova evidenti difficolta' di occupazione, oltre a quelle già' strutturali di mercato. Ecco allora una possibile risposta alternativa attraverso il recupero e la valorizzazione di uno strumento antico: la cooperazione. La cooperazione come momento di incontro, aggregazione e mutuo aiuto. Le società che tipicamente agiscono assolvendo a finalità mutualistiche sono appunto le Cooperative. Sono società che non perseguono fini di speculazione, ma che hanno prevalentemente lo scopo sociale di fornire a condizioni favorevoli, beni o servizi o occasioni di lavoro, a chi appartenga a una determinata categoria. Il fine mutualistico, e non uno scopo di lucro, costituisce perciò la causa del contratto sociale. In altre parole la cooperativa è "tecnicamente", nel senso giuridico-economico, un'impresa, ma si differenzia dalle altre società per il suo scopo sociale, in pratica opera nei diversi settori produttivi e merceologici attraverso l'apporto di un gruppo di persone (soci) che avendo interessi sociali ed economici omogenei, mettono assieme risorse umane ed economiche per soddisfare un bisogno comune tramite attività di produzione o servizi, nelle quali si assumono la totale responsabilità di gestione. Le disposizioni fondamentali sulle società cooperative sono contenute: • nel Codice Civile (artt. 2511 - 2545); • nel D.Lgs.C.P.S. 14 Dicembre 1947, n. 1577 (e successive modifiche); • nel D.P.R. 29 settembre 1973 n. 601 Titolo III, artt. da 10 a 14; • nella Legge 5 ottobre 1991 n. 317; • nella L. 8 Novembre 1991, n. 381 sulla disciplina delle cooperative sociali, • nella L. 31 Gennaio 1992, n. 59 concernente nuove norme in materia di cooperative, • nella Circolare Ministero del Lavoro n. 32 del 3 marzo 1992, • nel Decreto Ministero del lavoro del 11 giugno 1992, • nella Circolare Ministero del Lavoro n. 116 del 9 ottobre 1992, • nella Circolare INPS n. 296 del 29 dicembre 1992, • nella Circolare INPS n. 109 del 11 maggio 1993, • nella Circolare del Ministero Lavoro n. 98 del 4 novembre 1993, • nella Circolare INPS n. 188 del 17 giugno 1994, • nella L.R. Veneto 5 Luglio 1994, n. 24 norme in materia di cooperazione sociale, • nel Decreto legislativo 17 marzo 1995 n. 157 (attuazione direttiva 92/50/CEE), • nella Legge 24 gennaio 1996 n. 52 art. 20 (Comunitaria 94), • nella Circolare Ministero del Lavoro e Previdenza Sociale n. 153/96 del 8 novembre 1996, • nella Legge 7 agosto 1997 n. 266 artt. 21 e 25, • nel Decreto legislativo 4 dicembre 1997 n. 460 (ONLUS), • nella Circolare Ministero delle Finanze n. 124/E del 12 maggio 1998, • nella Circolare Ministero delle Finanze n. 127/E del 19 maggio 1998, • nella Circolare Ministero delle Finanze n.168/E del 26 giugno 1998. Le norme del decreto del 1947, quelle delle leggi e dei decreti modificativi e integrativi non si applicano alle cooperative di credito e alle cooperative di assicurazione. Tutte le Società Cooperative come già' menzionato, secondo la tipologia cui appartengono, hanno un preciso scopo sociale esplicitamente espresso nello statuto. C'è comunque un elemento comune a tutte le Cooperative: conseguire, attraverso la partecipazione e la collaborazione di tutti i soci, un vantaggio patrimoniale che consiste nel risparmio dovuto all’eliminazione dell’intermediario nel processo economico. Questo vantaggio patrimoniale si concretizza in prezzi di mercato più bassi, con un conseguente miglioramento del livello qualitativo della vita, principalmente dei soci, ma in generale di tutti i consumatori. Le Cooperative Sociali, invece, possiedono una forte diversità rispetto alle altre, poiché il loro scopo principale sta nel perseguire l’interesse della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini. Quindi l’interesse generale è preminente rispetto a quello privatistico, nel senso che i soci mireranno comunque ed ovviamente a perseguire dei vantaggi patrimoniali attraverso l’associarsi in cooperativa, ma tali interessi sono subordinati a quelli di carattere generale della comunità. La Cooperativa Sociale è dunque una particolare tipologia di impresa privata, di natura sociale e mutualistica, che persegue interessi preminentemente pubblici, nel senso che è priva di scopi di lucro ed estranea per definizione ad obiettivi di carattere speculativo. In definitiva, la Cooperativa Sociale realizza i suoi fini nel rispetto dei principi della mutualità (partecipazione dei soci, democrazia interna, porta aperta) e, senza fini di speculazione privata (noprofit). Per perseguire questi due scopi ci sono varie strade, infatti, le Cooperative Sociali, secondo la legge 381/91, si dividono in due particolari tipologie: 1) quelle che svolgono attività di gestione di servizi socio-sanitari ed educativi dette anche di tipo A; 2) quelle volte all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate dette di tipo B. Le Cooperative appartenenti alla prima tipologia operano con soci-lavoratori e, a volte, anche con lavoratori dipendenti non soci, esperti per acquisita professionalità, in lavori di carattere sociosanitario od educativo, tipo l’assistenza agli handicappati, anziani, malati, inabili, oppure in professioni più educative, che possono andare dalle scuole professionali ai corsi di formazione e lavoro, all’addestramento professionale. Le Cooperative Sociali appartenenti alla seconda tipologia hanno come scopo principale, appunto, l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate, e possono svolgere attività diverse nei settori agricolo, industriale, commerciale e dei servizi, ma sempre intese a favorire l’inserimento di tali soggetti. La caratteristica peculiare di questa seconda tipologia di Cooperative Sociali è che i soci lavoratori sono sia normodotati che svantaggiati, e questi ultimi devono costituire almeno il 30% dei lavoratori della Cooperativa, altrimenti questa non può essere definita "sociale". Secondo la legge 381/91, si considerano persone svantaggiate: gli invalidi fisici, psichici e sensoriali, gli ex degenti di istituti psichiatrici, i soggetti in trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti, i minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà familiare, i condannati ammessi alle misure alternative alla detenzione. Le Cooperative Sociali e il volano degli inserimenti socio-lavorativi, possono avere potenzialmente enormi riflessi sull'economia del Paese; infatti, l'attuale struttura dello Stato non può permettersi di sostenere costi crescenti, per garantire direttamente alla collettività tutta una serie di servizi sociali, correndo cosi' il rischio che a rimetterci siano le categorie più deboli e bisognose. Lo Stato sta quindi cambiando strategia, non assistendo più in maniera diretta i soggetti più deboli, ma, piuttosto attraverso la stipula di convenzioni con imprese private senza scopo di lucro, nel rispetto di una logica di sussidiarietà. La Cooperazione Sociale, da parte sua, può gestire il servizio affidatole con i criteri propri di un’impresa privata, destinata quindi anche a fallire in caso di cattiva gestione. In tal modo si possono perseguire due importanti scopi: i costi per la collettività diminuiscono grazie ai criteri gestionali adottati e l'assistenza ai soggetti più deboli viene garantita in modo continuativo. Si cerca quindi di individuare settori di intervento nei quali allo strumento degli inserimenti socio-lavorativi viene riconosciuto un ruolo prioritario in forza delle caratteristiche di finalizzazione della promozione umana e all'integrazione sociale dei cittadini, che sono loro proprie e nelle Cooperative Sociali un soggetto privilegiato per l'attuazione di politiche attive del lavoro, finalizzate a sviluppare nuova occupazione a favore delle fasce deboli del mercato del lavoro. Fondamentale è, non solo recuperare le risorse umane svantaggiate, ma anche e soprattutto svilupparne la preparazione professionale tramite la formazione e riqualificazione, in modo da offrire loro un futuro lavorativo più ampio e sicuro. È importante cercare sempre più, di realizzare uno stretto raccordo tra le strutture formative e le Cooperative Sociali, in merito alla formazione di base e all'aggiornamento degli operatori, attraverso l'individuazione la definizione ed il sostegno di nuovi profili professionali nell'attività di inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati anche facendo ricorso al Fondo Sociale Europeo e ad altre provvidenze comunitarie, nella convinzione che un lavoro dignitoso è fondamentale per un recupero sociale integrato di un soggetto emarginato. Infatti la condizione di socio svantaggiato deve essere considerata come un punto di partenza, di svolta, quanto più obiettivamente e oggettivamente possibile e non una fase terminale della vita di una persona e neppure come una figura parassitaria che vive di solo assistenzialismo, ma come nuova fonte di risorse umane e lavorative. Funzionale sarà la promozione e la conoscenza tra le varie cooperative sociali, sia di tipo A che di tipo B, per monitorare e quantificare le risorse disponibili e quelle potenziali, in modo da coordinare l'operato ed offrire al cliente sia pubblico che privato un servizio più adeguato sotto il profilo qualitativo e attraverso una diversificazione delle attività lavorative, una maggiore scelta di prodotti e opportunità. Di pari passo è fondamentale anche provvedere alla formazione di un nuovo management che sappia conciliare le esigenze e i dettami della gestione aziendale comunque necessari per condurre una cooperativa che è pur sempre un'azienda, con le peculiarità dello scopo statutario delle Cooperative sociali previsto dalla legge 381 e che sappia mediare ed adattare il concetto del profitto dell’imprenditore ad una realtà no-profit, con una base allargata e particolare. Il dettato della Costituzione italiana valorizza il lavoro, assumendolo come fondamento della Repubblica e strumento indispensabile, espressione di diritti e doveri, che rende ogni cittadino partecipe del progresso del suo paese. Qualsiasi sia il tipo d’intervento (psicoterapeutico,specialistico o sociorieducativo), l’attività manuale e lavorativa è componente fondamentale e irrinunciabile di qualsiasi programma di recupero, compreso il trattamento di soggetti tossicodipendenti. Naturalmente il lavoro va commisurato alle diverse fasi ed ai livelli di autonomia e di responsabilizzazione del soggetto. Risulta pertanto improponibile disgiungere il processo di educazione al lavoro dal progetto complessivo di recupero della persona. Altrettanto improponibile, per le valenze che il lavoro assume in sé, risulta separare e scandire in tempi ed ambiti diversi il “percorso educativo-terapeutico” da una parte e “l’avvio al lavoro” dall’altra. Il processo di inserimento lavorativo è propedeutico al rientro in società e presuppone il confronto e la gestione di situazioni reali e verosimili, in tutta la loro complessità. Come nella vita normale di ogni persona, accanto al lavoro vi è la socialità, così, accanto all’inserimento lavorativo della persona ex tossicodipendente, assume pregnanza e pari valore il processo di inserimento sociale. I problemi, le difficoltà, gli ostacoli, il perseguimento degli obiettivi propri del processo di risocializzazione, richiedono impegno ed energie sicuramente maggiori che non nelle fasi “residenziali” e protette. Ci si incontra e scontra, infatti, con tutto il mondo delle relazioni sociali, amicali, affettive, da reimpostare, rinsaldare, costruire. Particolare impegno è richiesto dalla gestione del tempo libero, dall’utilizzo corretto del denaro, dal superamento delle difficoltà collegate all’attività lavorativa strutturata, dalla gestione delle situazioni a rischio e delle ricadute, quando si fa più stretto e continuo il contatto con le sostanze (alcool in primis). Indipendentemente dal fatto che il lavoratore faccia uso di sostanze psicotrope, esso ha due doveri definiti dallo Statuto dei lavoratori: il dovere di rispettare le direttive impartite dal datore di lavoro o chi per esso e la fedeltà, vale a dire il divieto di favorire la concorrenza. Il lavoratore gode però di molti diritti sociali che valgono per tutte le categorie di lavoro: il diritto e la tutela del lavoro, il diritto di sciopero e di organizzazione sindacale, il diritto di una paga dignitosa e rispettosa, il diritto al riposo ed alle ferie, il diritto alla maternità ed alla paternità. Lo statuto dei lavoratori tutela inoltre i minori, le pari opportunità tra l’uomo e la donna, la sicurezza sociale ed ambientale. Le categorie di lavoro vengono tutelate da contratti collettivi che valgono per le parti che li sottoscrivono. A tutela del lavoratore, ma anche del datore di lavoro, esistono leggi come: La legge sulla Privacy 735/90 che garantisce la tutela dei dati sensibili raccolti dal datore di lavoro per obblighi di legge oppure per la tutela dell’igiene e della sicurezza del lavoro. Il datore di lavoro deve richiedere consenso scritto al dipendente a trattare i suoi dati, per qualsiasi caso di presunta violazione della legge sulla privacy si può chiedere per iscritto parere al Garante. La legge 626/94 sulla sicurezza che ha cambiato l’organizzazione della sicurezza negli ambienti di lavoro tutelando il lavoratore, ma rendendolo anche in parte responsabile. Il datore di lavoro o chi per esso è responsabile della sicurezza e salute dei lavoratori. La legge tutela lavoratori dipendenti in azienda e a domicilio, soci di cooperativa, gli apprendisti, gli allievi di corsi professionali, lavoratori autonomi e tutti coloro che collaborano. Il datore di lavoro ha l’obbligo di formare ed informare. La legge 300 art. 8 (Statuto dei diritti dei lavoratori) vieta gli accertamenti che ledano la dignità del lavoratore; pertanto è illegittimo qualsiasi tipo di accertamento di tossicodipendenza richiesta dal datore di lavoro. Tutela del lavoro durante il periodo di recupero per il lavoratore tossicodipendente che assunto a tempo indeterminato intenda accedere a programmi terapeutici e di riabilitazione presso strutture pubbliche o private, questa tutela è riservata anche ai familiari che lo intendano assistere. La conservazione del lavoro è prevista per un periodo non superiore ai tre anni, con un’aspettativa non retribuita salvo per alcuni contratti ove esiste una parziale retribuzione. L’accertamento dello stato di tossicodipendenza è di competenza dei SER.T delle Az. Ulss di competenza. Tutela della malattia anche in caso di assenza per disturbi legati alla tossicodipendenza. Con delibera n. 16/84 l’INPS ha riconosciuto l’indennità di malattia per incapacità lavorativa dovuta all’assunzione di stupefacenti e dall’abuso di alcol. Legge 108/90 ove è enunciato che nessun lavoratore può essere licenziato se non per giusta causa o giustificato motivo. - Giusta causa: quando si commettono fatti gravi (risse, furti ecc) Giustificato motivo: quando si commettono gravi mancanze rispetto agli obblighi del contratto o quando lo richiedono esigenze organizzative o produttive dell’azienda. In caso di licenziamento il lavoratore che ha almeno due anni di anzianità ha diritto all’indennità di disoccupazione, per averla deve compilare un modulo INPS che si trova presso la Sezione circoscrizionale per l’impiego di residenza entro 68 giorni dal licenziamento. Tutela della donna nel lavoro: - legge 903/77 per la parità uomo-donna in materia di lavoro + legge 125/91 con la finalità di favorire l’occupazione femminile nel mondo del lavoro + legge 215/92 che promuove l’imprenditoria femminile attraverso finanziamenti. Progetto “Villa Ida: percorsi di formazione all’autoimprenditorialità PROGRAMMA DI ORIENTAMENTO E FORMAZIONE PROFESSIONALE Il lavoro costituisce un momento fondamentale nella fase di reinserimento. La scarsa qualifica professionale degli ospiti della comunità e il loro livello culturale sovente si trasforma in uno svantaggio sociale che si risolve nell’esclusione dal mercato del lavoro. Il progetto di Reinserimento Lavorativo rappresenta un importante impegno delle cooperative sociali “Arca” e “Il Sestante”, per offrire ai giovani che bussano alle porte conoscenze e strumenti, che permettono loro di entrare nel mondo del lavoro, oggi sempre più competitivo e difficile. Da tempo la collaborazione con il Centro Padovano di Accoglienza assicura a molti utenti la possibilità di misurarsi con mondo del lavoro, di acquisire una mentalità lavorativa. GLI OBIETTIVI I progetti di reinserimento lavorativo, necessitano, per potersi realizzare, di finanziamenti nazionali. Ed è grazie ad una sensibilizzazione crescente verso tutte le categorie svantaggiate da parte del Dipartimento Affari Sociali ha trovato applicazione su tutto il territorio nazionale una reti di progetti di cui anche il nostro Reinserimento lavorativo è una delle esperienze, grazie al contributo ricevuto dal Centro Padovano di Accoglienza , che con apposita convenzione con la nostra cooperativa sociale permette la formazione e il reinserimento lavorativo di giovani. Questo progetto di Reinserimento Lavorativo persegue l’obiettivo principale di fare i conti con problemi che ostacolano o rendono difficile una progressiva identificazione con il lavoro: sono gli stessi problemi di adattamento al contesto lavorativo che incontrano i giovani in uscita dalla scuola e privi di esperienza di lavoro, con l’aggiunta di quelle difficoltà soggettive ed obiettive che vivono coloro che escono dall’esperienza di tossicodipendenza o di carcere. Di qui il valore della Formazione Teorica e dei periodi di Stages, inteso non solo come momento di affiancamento ad un lavoro e quindi di sperimentazione di abilità professionali, ma anche come occasione,opportunità di ulteriore orientamento allo sviluppo delle conoscenze e capacità di impegno individuale all’integrazione in un gruppo di lavoro. Insomma un progetto generale che possa offrire ai giovani modelli di vita e percorsi praticabili individuali e sociali, tenendo conto della carenza di lavoro e dell’incertezza del futuro. Il problema del lavoro deve essere affrontato con un intervento a livello formativo sulla persona, perché una volta ultimato il programma terapeutico, questultimo riesca anche ad introdurlo nuovamente nel mondo del lavoro come mentalità, come capacità, come cultura, come ripresa. L’obiettivo del percorso di orientamento del progetto di reinserimento è quello di far acquisire ai giovani una maggiore consapevolezza delle proprie risorse e delle dinamiche del mercato del lavoro con particolare attenzione alle figure nei settori : magazziniere, corniceria, restauro del legno, settore floricoltura, settore pulizie. DESTINATARI Si tratta di giovani di età compresa dai 20 ai 40 anni che stanno ultimando un programma terapeutico di recupero dalla tossicodipendenza e che hanno un titolo di licenza di scuola media inferiore o che hanno una o due anni di scuola superiore interrotta. La maggior parte di loro hanno già avuto esperienze di lavoro non qualificate. Ci sono alcuni aspetti che dobbiamo considerare in quanto fondamentali: 1. I giovani che stanno ultimando il percorso terapeutico devono e desiderano trovare un lavoro nel più breve tempo possibile per poter riconquistare un’autonomia economica che permetta loro di sentirsi utili e produttivi, questo li porta a percorrere principalmente un’unica strada alla ricerca del lavoro : scegliere il primo, che molto spesso corrisponde a lavoro dequalificante, e può essere facile terreno di ricaduta per la mancanza di gratificazione. 2. Il tessuto economico aziendale del territorio non si dimostra ancora accogliente con chi ha avuto problemi di droga. La formazione tecnico professionale è seguita dal tutor educativo che garantisce il raccordo tra il programma terapeutico e la realtà lavorativa esterna. La realizzazione del percorso formativo è stata affidata a personale caratterizzato da: • competenza generale coerente al progetto reinserimento lavorativo • esperienza in attività di formazione a giovani e adulti • buone capacità relazionali adeguate alla particolare utenza. REALIZZAZIONE SETTORI LAVORATIVI Di seguito illustriamo le attività lavorative che sono state realizzate durante questi anni per l’inserimento lavorativo e stages, dagli utenti che frequentano il programma terapeutico. CORNICERIA: attualmente si occupano di questo settore un responsabile e due dipendenti assunti come lavoratori svantaggiati (ragazzi che hanno terminato il programma terapeutico). FLORICOLTURA: l’attività lavorativa è svolta presso la sede della C.T. di Villa Arca del Santo. RESTAURO: e’ seguita da un maestro restauratore. Per questo settore viene dedicato sia una parte teorica: caratteristiche del legno, diversi stili ecc, sia di parte pratica. CARTOTECNICA: vengono eseguiti piccoli lavori con il cartoncino, la tempera ecc. SETTORE EDILE: con l’assistenza di un giovane imprenditore edile alcuni residente con brevi esperienze nel settore hanno acquisito nozioni per i lavori di edilizia. SETTORE PULIZIA: in funzione dell’evoluzione sociale e considerando che oggi, sempre più nasce l’esigenza di affidare a terzi i lavori di pulizia, risulta conveniente la costituzione in cooperativa di un settore che possa offrire un servizio di pulizia, a prezzi contenuti, orientato inizialmente soprattutto ai condomini, agli uffici ecc. Elemento innovativo della nostra impresa è quello di puntare ad un servizio completo che non comporti al cliente di doversi rivolgere ad altri fornitori per servizi particolare nell’ambito delle pulizie (tendaggi, arredamenti, piccola manutenzione ecc). Con la Cooperativa ARCA si è attivata una realtà che vede interessate soprattutto le ragazze che frequentano il programma terapeutico. PROGRAMMATORE: con l’assistenza di un consulente programmatore si realizzano “Corsi per operatore nel settore informatico software in tutte le strutture del P.T., gestione sito Internet www Volontariato it, creazione pagine Web.