62^ SETTIMANA LITURGICA NAZIONALE

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62^ SETTIMANA LITURGICA NAZIONALE
62^ SETTIMANA LITURGICA NAZIONALE
Trieste, 22-26 agosto 2011
“DIO EDUCA IL SUO POPOLO”
La liturgia sorgente inesauribile di catechesi
25 agosto 2011 Gruppo di interesse
“LITURGIA, CATECHESI E ARTE”
arch. Micaela Soranzo
"Che significano le comiche mostruosità, le bellezze sorprendentemente orride e gli orrori
mirabilmente belli, che si presentano nel chiostro alla vista dei fratelli che leggono e osservano? A
che servono quelle scimmie immonde, quei leoni, quegli orribili centauri, quei guerrieri in lotta o
quelle tigri inferocite? Vedi una testa con molti corpi e un corpo con molte teste. Dappertutto si
mostra una tale varietà di forme disparate, che si legge con maggior diletto nelle pietre che nei
libri e tutto il giorno si ammirano quelle stranezze più volentieri di quanto di osservino i
comandamenti di Dio. Se non ci si vergogna di queste buffonate, perchè almeno non se ne valutano
le conseguenze?"
Con questa severità Bernardo di Chiaravalle giudicava la ricchezza delle figure simboliche e
allegoriche che decoravano le chiese del suo tempo. Egli le criticava perché, a suo parere, potevano
facilmente traviare la fantasia, a differenza delle antiche e più semplici immagini simboliche.
Ma a che servono queste immagini? Che cosa significano?
Se lo domanda anche l'uomo d'oggi davanti alle grandi cattedrali gotiche, se osserva statue o
bassorilievi sui portali delle chiese o se ammira affreschi e tele sugli altari e nei musei, e dappertutto
scopre una quantità di raffigurazioni particolari, che hanno riferimento con narrazioni bibliche o con
leggende di santi, un numero infinito di animali e di piante, non di rado spinti al limite del
grottesco. Tutto questo non può essere puramente casuale o avere solo funzione decorativa.
Vi è quindi un senso di incertezza, di disagio in chi vorrebbe comprendere il senso e il messaggio di
tali costruzioni e di tali immagini invece di limitarsi ad osservarle superficialmente. Pare, infatti,
che qui si tratti di immagini, concetti e simboli non solo universalmente riconoscibili, ma portatori
anche di un messaggio per l'uomo a cui sono rivolti.
1. LITURGIA, CATECHESI E ARTE
“Gli artisti di ogni tempo hanno offerto alla contemplazione e allo stupore dei fedeli i fatti salienti
del mistero della salvezza, presentandoli nello splendore del colore e nella perfezione della
bellezza. È un indizio questo, di come oggi più che mai, nella civiltà dell’immagine, l’immagine
sacra possa esprimere molto di più della stessa parola, dal momento che è oltremodo efficace il suo
dinamismo di comunicazione e di trasmissione del messaggio evangelico”. (Joseph Ratzinger
‘Introduzione al catechismo della Chiesa cattolica)
Immagine e parola si illuminano a vicenda. Le immagini, con la loro bellezza, sono annuncio
evangelico ed esprimono lo splendore della verità, mostrando l’ armonia tra buono e bello, tra ‘via
veritatis’ e ‘via pulchritudinis’. La via della bellezza, che si coniuga con la via del vero e del bene, è
particolarmente significativa per l’approccio al mistero.
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L’uso delle immagini sacre non è una novità. Molto tempo prima che esistessero i catechismi scritti,
la Chiesa si è sistematicamente servita dell’arte per comunicare i contenuti della fede e nel corso dei
secoli l’arte ha assunto un ruolo sempre più importante nella Chiesa.
Le immagini sono una catechesi per il popolo, poiché gli rendono chiaro ciò che altrimenti
rimarrebbe oscuro e spingono a imitare ciò che è bene e a respingere ciò che è male.
Dopo il Niceno II (787) fu dato vigore all’uso delle immagini come forma di catechesi popolare e
come mezzo per decorare gli spazi ecclesiali con affreschi e sculture. Fino al III sec. l’arte cristiana
non mostra rappresentazioni figurative, ma fa ricorso al grafismo simbolico. Il passaggio da questo
tipo di simbolismo alla rappresentazione di Dio in forme sensibili è dato dalla presa di coscienza
della centralità dell’Incarnazione. Prende avvio la grande stagione dell’arte, che non è fine a se
stessa, ma ha uno scopo formativo e didattico (deve far pregare, far crescere nella fede).
Nell’arte dei primi secoli vi è uno stretto rapporto con la Liturgia della Parola e con la catechesi,
senza preoccupazioni estetiche e formali..
L’arte cristiana mette il credente a contatto con la Parola di Dio in maniera diretta.
“Se un pagano viene e ti dice: mostrami la tua fede; tu portalo in chiesa e fagli vedere la
decorazione di cui è ornato l'edificio e spiegagli la serie dei quadri” (S.Giovanni Damasceno).
E dal vedere nasce la fede: “Visto ciò che era accaduto, il centurione glorificava Dio” (Lc.23,47).
Scaturita dalle radici della Rivelazione, l’arte cristiana non è arte per l’arte, ma ha lo scopo di
rendere visibile l’invisibile: “Chi ha visto me ha visto il Padre” (Gv.14,6-9); “Chi vede me, vede
colui che mi ha mandato” (Gv.12,45) Cristo è icona dell’invisibile Padre.
Già i Padri della Chiesa, nelle loro catechesi mistagogiche, chiedevano ai neofiti che cosa avevano
visto in chiesa, non che cosa avevano ascoltato, e con ciò non si riferivano solo alla bellezza dei riti,
ma anche al luogo. Lo conferma il diario di un pellegrino nei luoghi santi, quando narra che "le
orazioni che dice il vescovo esprimono pensieri che sono adatti e appropriati sia alla festa che si
celebra, che al luogo in cui si celebra".
Nella nostra epoca dominata dal visuale si tratta di riscoprire, accanto al Libro ispirato, il valore
educativo e formativo del ‘libro visivo’, che è l’arte.
Il ricorso all’arte è quanto mai proficuo nella catechesi, poiché è capace, a volte meglio della parola
scritta, di rendere visibile, tangibile e ‘abitabile’ il mistero rivelato nella vita di Cristo e della
Chiesa. E’ capace di suscitare tanti perché, legati ai simboli che ormai sono troppo lontani dalla
nostra cultura, ma che spiegati aprono vasti orizzonti culturali.
L’opera d’arte, dunque, non è un sussidio, ma è un testo per una vera esperienza religiosa.
Nella catechesi l’accostamento all’opera d’arte non sarà certo fatto nell’ottica della storia dell’arte,
ma vanno considerati quegli atteggiamenti, quei colori, quei segni che per la loro valenza simbolica
sono portatori di un messaggio. Per questo l’opera d’arte va correttamente compresa attraverso
un’analisi iconografica e una successiva interpretazione iconologica.
L’iconografia cristiana si concentra soprattutto attorno ai testi relativi ai periodi forti dell’Anno
liturgico, Natale e Pasqua, e la liturgia, in modo particolare, ha determinato la scelta dei soggetti da
raffigurare. Anche quando il soggetto non è direttamente collegato alla Scrittura, come per
l’Assunzione di Maria o l’Immacolata, gli elementi iconografici spesso fanno riferimento ai testi
biblici adoperati nella liturgia, alle interpretazioni dei Padri della Chiesa, o agli Apocrifi.
2. IL LINGUAGGIO DELL’ARTE NELLA LITURGIA
"L'arte - diceva Paolo VI nel 1976 - ha la capacità di essere tramite di realtà invisibili". Queste
realtà invisibili, nell'azione liturgica l'uomo le manifesta attraverso segni sensibili che esprime con
volumi, linee, colori, parole, musica e gesti.
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2.1. ICONOGRAFIA E ICONOLOGIA
L'insieme della celebrazione liturgica è realtà che presenta ai nostri occhi un'immagine e alla
nostra mente un contenuto. Per indicare quello usiamo il termine 'iconografia', per indicare questo,
invece, il termine 'iconologia'. L'iconologia riguarda il contenuto dell'iconografia, ossia il suo
messaggio intrinseco, il significato del segno; non può esserci un'iconografia che sia in contrasto
con una vera iconologia.
Il termine ‘iconografia’ viene di solito usato in relazione alla pittura, la scultura o la grafica, ma in
realtà coinvolge anche le forme architettoniche per se stesse e nella loro articolazione (relazione tra
altare, ambone, sede, battistero) poiché hanno un profondo significato teologico-liturgico.
Architettura e iconografia nella liturgia sono strettamente legate tra loro: l'una contiene
materialmente la celebrazione, l'altra ne è l'espressione. Luoghi, strutture, arredi e suppellettili, in
quanto segni della celebrazione e del mistero, sono 'segni e simboli' delle realtà soprannaturali.
2.2. LA CHIESA COME SPAZIO SIMBOLICO
“Il luogo nel quale si riunisce la comunità cristiana per ascoltare la Parola di Dio, per
innalzare a lui preghiere di intercessione e di lode e soprattutto per celebrare i santi misteri, è
immagine speciale della chiesa, tempio di Dio, edificato con pietre vive”. (PNC 1)1
La chiesa-edificio corrisponde alla comprensione che la Chiesa-popolo di Dio ha di se stessa nel
tempo e la sua forma è immagine di questa autocomprensione. Ogni chiesa conserva, dunque,
l'impronta di generazioni che si sono riunite a pregare ed è fedele alla memoria storica di quella
comunità nel tempo. La chiesa-edificio si configura come icona spaziale della chiesa escatologica:
"In quanto costruzione visibile, la chiesa-edificio è segno della chiesa pellegrina sulla terra e
immagine della chiesa beata nel cielo" (BODCA n.2).2
Anche l’edificio, nel suo insieme e nelle sue parti, possiede un suo significato simbolico al pari dei
mosaici, degli affreschi o delle sculture presenti al suo interno. E’ necessario, quindi, cercare di
comprendere il significato degli elementi che lo compongono per recuperare le motivazioni
teologico-liturgiche della loro presenza , alla luce del testo biblico e della Tradizione cristiana.
Lo stesso rituale della consacrazione delle chiese si richiama ai fondamenti teologici del loro
simbolismo. E’ importante, poi, valorizzare l’edificio-chiesa soprattutto nella catechesi di
iniziazione cristiana (ma anche nella catechesi dei giovani e degli adulti) per crescere nella fede con
una più consapevole partecipazione alla liturgia mediante una maggiore comprensione di tutti i
segni liturgici. Si può pensare a una visita guidata della chiesa per esaminare il significato di ogni
elemento: percorrendo la chiesa dall’esterno all’interno si incontrano tutti i temi significativi della
vita cristiana.
PORTALE
"All'aula si accede attraverso un atrio e una porta d'ingresso. Mentre l'atrio è spazio significativo
dell'accoglienza materna della Chiesa, la porta è l'elemento significativo del Cristo, 'porta' del
gregge" (PNC 21).
Ogni celebrazione prevede un passaggio dall'esterno all'interno e un successivo ritorno alla
quotidianità. E' necessario, quindi, creare un raccordo tra 'il fuori' e 'il dentro', tra il 'feriale' e il
'festivo' perchè, secondo Romano Guardini, già prima della soglia "l'invisibile parla agli uomini e si
intrattiene con loro per invitarli e ammetterli alla comunione con sé". Il primo elemento che ci
introduce nella chiesa, che ci invita alla festa, è dunque il portale d'ingresso: entrare attraverso
quella porta è riconoscere che è Cristo la nostra meta. Tutta la storia della salvezza è collocata tra
due porte: la Porta del Paradiso, da cui i progenitori vengono scacciati dopo il peccato originale e la
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PNC : “La progettazione di nuove chiese” Nota pastorale CEI 1993
BODCA: “Benedizione degli Oli e Dedicazione della chiesa e dell’altare” CEI 1980
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Porta della Gerusalemme Celeste attraverso la quale si entrerà nella salvezza eterna. Sono tante le
porte ricordate nella Bibbia, ma tutte svaniscono davanti all'affermazione di Gesù: “Io sono la
porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato” (Gv.10,9).
La tradizione artistica della Chiesa ha sempre considerato con particolare riguardo il portale:
l'ornamento, la decorazione, la bellezza della porta era già un primo incontro con la bellezza della
chiesa e della festa che vi si celebrava e non a caso l’antico Cerimoniale dei Vescovi invitava a
decorarlo con fiori e frutti nelle grandi festività. "Il portale - afferma Guardini - non ha solo la
funzione di porta da cui uno entra ed esce dalla chiesa, ma anche di richiamo e simbolo di ciò che
l'attende". E anche se le nostre chiese non possiedono portali riccamente decorati non dovremmo
varcare frettolosamente, quasi di corsa, quella soglia! Il nostro non sia solo un 'passare' per entrare,
ma un avanzare in quell'ambiente che è già anticipazione della Gerusalemme Celeste.
Purtroppo nella fretta con cui si svolgono certe celebrazioni eucaristiche, sono proprio i riti di
accoglienza ad essere sacrificati. Inoltre, dopo averne compreso il significato simbolico, va fatta una
riflessione sull’uso frequentissimo di questa ‘icona di Cristo’ come supporto per volantini,
locandine di spettacoli, conferenze, gite parrocchiali e avvisi più o meno sacri, per i quali andrebbe
invece previsto uno spazio apposito con bacheche anche per la vendita di libri, giornali, cartoline o
souvenir, posto al di fuori dell’aula della celebrazione.
AULA
Dalla porta si apre, dunque, un cammino che comincia già fuori dell’edificio e si dipana attraverso
l’aula per giungere al presbiterio e all’altare. Lungo i secoli la decorazione dell’edificio avveniva
mediante raffigurazioni sul pavimento e sulle pareti, la cui iconografia è particolarmente ricca.
Il pavimento di una chiesa è stato sempre oggetto di particolare studio da parte degli artisti. In età
costantiniana l’edificio di culto cristiano, con le sue strutture architettoniche e particolarmente con
la sua ornamentazione doveva insegnare, come nel pavimento della basilica di Aquileia, dove le
raffigurazioni sono state scelte in base alla funzione liturgica dell’aula in cui si trovano.
La comprensione del mosaico pavimentale si svolge man mano che ci si inoltra nella chiesa; ogni
immagine è concepita per essere in rapporto con la parte dell’edificio in cui si trova. A terra non
trovano spazio le immagini che sarebbe irrispettoso calpestare, come quelle di Cristo e della
Vergine, e in genere gli episodi del Nuovo Testamento, mentre sono frequenti le immagini
dell’Antico Testamento, e in particolare le figure di Adamo ed Eva, Noè, Giona, Sansone e David.
L’immagine più diffusa resta comunque l’Albero della Vita le cui radici si fondano sulla porta per
dispiegarsi lungo la navata, come nella cattedrale di Otranto.
Per quanto riguarda la ricchezza delle decorazioni parietali gli esempi famosi sono moltissimi,
soprattutto quelli legati ai grandi cicli iconografici: dai mosaici di Ravenna a quelli di Monreale,
dagli affreschi di Giotto nella Cappella degli Scrovegni a quelli di Ghirlandaio a S.Maria Novella.
Sulle pareti, però, si aprono anche le vetrate, strutture di luce definite in età gotica come ‘muri
colorati’, muri-gioiello. Anche le vetrate vogliono illustrare il cammino che l’uomo deve percorrere
per giungere alla Città celeste.
Chi entra in una chiesa, dopo aver dato uno sguardo all’abside, alle pareti laterali e al pavimento,
alza istintivamente lo sguardo per vedere come è fatta la copertura. Anche questo elemento
architettonico è sempre stato oggetto di particolare studio: se la chiesa-edificio è preludio della
Gerusalemme celeste, ciò che la ricopre altro non è che il ‘cielo di Dio’. “I tetti in alto splendono
luminosi dagli aurei lacunari…diresti che il soffitto è sparso di stelle per l’ornamento delle
costellazioni” (Prudenzio IX Inno del ‘Peristephanon’).
Il soffitto più famoso è sicuramente quello della Cappella Sistina, ma il soffitto ligneo più antico e
meglio conservato al mondo è quello della chiesa di San Martino di Zillis, in Svizzera, dove sono
illustrate le scene più significative della vita di Cristo, dalla nascita al tradimento e alla cattura.
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Tanti altri elementi significativi trovano posto nell’aula, come la croce, le immagini dipinte o
scolpite della Madonna e dei santi: anch’esse devono trovare nel celebrare la loro espressività
rituale, poiché sono molto più che un ornamento.
3. ICONOGRAFIA E ICONOLOGIA DEI LUOGHI DELLA CELEBRAZIONE
Darò convegno agli Israeliti in questo luogo, che sarà consacrato alla mia gloria. Consacrerò la
tenda del convegno e l'altare" (Es.29,42-43)
E' il Signore che ci chiama a radunarci in un luogo, che ci dà convegno attorno al suo altare; per
questo, "lungo il corso dell'anno liturgico, l'assemblea locale si raduna nell'edificio di culto, in
comunione con tutta la Chiesa, per fare memoria del mistero pasquale di Cristo, nell'ascolto delle
Scritture, nella celebrazione dell'Eucarestia, degli altri sacramenti e sacramentali e del sacrificio
di lode" (ACRL 11)3
Il Vaticano II ha riproposto la liturgia cristiana come un complesso di segni sensibili, significanti, in
modo tale che essa torni ad essere, nell'esperienza del popolo cristiano, un universo di segni che
introduce al mistero di Cristo. E allora anche gli spazi sacri, secondo il Concilio, sono segni
liturgici. Ogni celebrazione coinvolge altare, ambone e sede che, articolandosi tra loro, creano uno
spazio ideale attorno al quale tutto ruota, da cui parte e in cui converge ogni dinamica della
celebrazione liturgica.
3.1. ALTARE
"Senza altare non c'è tempio, ma solo casa di preghiera" (Simeone di Tessalonica).
"L'altare è il punto centrale per tutti i fedeli, è il polo della comunità che celebra" (PNC 8) e il
presbiterio viene a configurarsi quasi come uno spazio di dilatazione dell'altare Non può essere
quindi un semplice arredo, un oggetto utile alla celebrazione, ma è segno permanente della presenza
di Cristo sacerdote e vittima, mensa del sacrificio e del convito pasquale.
L'altare è prima di tutto la mensa del Signore. La sua funzione richiama quella della mensa nel
Cenacolo, dove il Signore celebrò ritualmente la sua Pasqua o quella della tavola nella casa di
Emmaus, dove i discepoli riconobbero il Signore nello spezzare il pane (Lc. 24,27-31).
Radunarsi attorno alla mensa vuol dire radunarsi attorno a Cristo e attingere alla sorgente della vita.
L'altare è una mensa attorno alla quale la famiglia di Dio si raccoglie per prendere il cibo, pane
della vita e calice della salvezza e della mensa deve conservare l'aspetto e la suppellettile.
L'altare è punto di unità e fonte di grazia, perchè l'altare è Cristo, come affermano molti Padri della
Chiesa. Per questo nel Rito della Dedicazione l’altare viene unto ed è oggetto di molti segni di
venerazione, come l'inchino, il bacio, l'incensazione, l'omaggio floreale.
L'iconografia antica presenta un altare piccolo, di pietra, coperto da tovaglie che scendono fino a
terra, esaltandone la forma cubica, come nei mosaici di Ravenna. La motivazione si ritrova in
Simeone di Tessalonica, che afferma: "La mensa è quadrangolare, perchè da essa si sono nutrite e
sempre si nutrono le quattro parti del mondo", e nel Pontificale Germanico dove si legge: "L'altare
è immagine della Chiesa: ha quattro lati, perchè essa si estende verso le quattro parti del mondo”.
Nella comprensione del simbolismo dell'altare ritorna la duplice dimensione dell'aspetto sacrificale
e di quello conviviale della celebrazione eucaristica. Tutti i documenti della Chiesa, infatti,
qualificano sempre l’altare sia come tavola del convito che come pietra del sacrificio, come si legge
nelle Premesse del Rito della Dedicazione e nella preghiera di consacrazione dell’altare:
Questo altare / sia per noi il segno di Cristo / dal cui fianco squarciato / scaturirono l'acqua e il
sangue / fonte dei sacramenti della Chiesa.
Sia la mensa del convito festivo / a cui accorrono lieti i commensali di Cristo / e sollevati dal peso
degli affanni quotidiani / attingano rinnovato vigore per il loro cammino.
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ACRL: “L’adeguamento delle chiese secondo la riforma liturgica” Nota pastorale CEI 1996
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3.2. AMBONE
“La Messa consta di due parti: la liturgia della parola e la liturgia eucaristica tra loro
strettamente congiunte da farne un solo atto di culto" (SC 56)4
Con la Riforma liturgica si è ritornati all'uso dell'ambone mettendo in evidenza l'importanza della
Parola di Dio in stretta connessione con l'Eucarestia e permettendo così ai fedeli di cogliere il
significato della duplice mensa alla quale il Signore ci fa partecipare, poiché soltanto chi riconosce
il Signore nella sua Parola potrà riconoscerlo " nella frazione del pane" (Lc.24,35). La celebrazione
della Parola, infatti, può aver luogo anche da sola, senza celebrazione eucaristica, mentre non può
avvenire il contrario, in quanto è la Parola di Dio che dà significato al rito sacramentale.
L'ambone è il luogo teologico della Parola: è dunque un luogo e uno spazio, non un oggetto.
L'importanza della Parola di Dio e la sua recezione da parte dell'assemblea richiedono la
valorizzazione del luogo da cui si annuncia tale Parola.
Non è quindi indifferente o facoltativo proclamare le letture dall'altare o dall'ambone, con il
foglietto invece del Lezionario. Dall'ambone, perciò, come mensa della Parola “si proclamano
unicamente le letture, il salmo responsoriale e il preconio pasquale; inoltre vi si possono proferire
l'omelia e le intenzioni della preghiera universale o preghiera dei fedeli. (OGMR 309).5
Teologicamente l'ambone viene definito dai Padri della Chiesa come "icona spaziale della
resurrezione", cioè come immagine visibile del Cristo risorto che emerge dal sepolcro e proclama la
resurrezione a tutti gli uomini, cioè la vita eterna per tutti mediante il Vangelo. Ecco perchè al luogo
dell'ambone è collegata l'immagine del giardino, in relazione anche con l'altare.
"Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro vuoto, nel
quale nessuno era stato deposto. Là, dunque, deposero Gesù" (Gv. 19,41-42a). E' in questo giardino
che la mattina della Resurrezione le donne sentono l'annuncio che Cristo è risorto (Gv. 20,11-18).
Va ornato di fiori e frutti nei tempi e nei modi consentiti.
Il cero pasquale: è la luce del Cristo risorto che ha detto: “Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane
in me e io in lui fa molto frutto” (Gv.15,5) e sin dalle origini ci fu la consuetudine di decorare il cero
con fiori foglie e frutti. Le miniature dei rotoli dell’Exultet ci offrono un’ampia documentazione
della ricchezza e della varietà di tali decorazioni e gli artisti dal XII sec. in poi non ebbero che
l’imbarazzo della scelta nello scolpire i candelabri con decorazioni floreali e tralci.
L’ornamentazione floreale del cero e del candelabro sono, dunque, simboli dell’albero della vita, di
quello citato anche nell’Apocalisse: “In mezzo alla piazza e alla città e da una parte e dall’altra del
fiume si trova un albero di vita che dà dodici raccolti e produce frutti ogni mese; le foglie
dell’albero servono a guarire le nazioni” (Ap.22,2).
3.3. AREA E FONTE BATTESIMALE
Lo spazio destinato all'area battesimale, e quindi non solo il fonte, è uno spazio sacramentale
specifico, che pur avendo una celebrazione propria anche al di fuori di quella eucaristica, non deve
perdere il proprio rapporto ‘visivo’ con lo spazio centrale della celebrazione, cioè l'altare.
Il Battesimo è il primo sacramento dell'iniziazione cristiana e il battistero è il luogo dove si chiede
di essere accolti in seno alla Chiesa: è un luogo vivo e di gioia, è un luogo di accoglienza che porta
all'eucarestia, perciò al fonte va dato particolare rilievo non solo durante la celebrazione del rito, ma
anche prima e dopo, quando la chiesa tace.
Fin dall'antichità si è spesso accostata la vasca battesimale al sepolcro di Cristo, con la conseguente
forma ottagonale sia per il fonte che per il battistero. Le altre forme più comuni sono: esagonale,
quadrata, circolare, a croce greca; ognuna di esse ha un diverso significato simbolico.
L'iconografia legata al battesimo è vastissima; inoltre alla catechesi battesimale si collega anche il
tema della piantagione per designare la Chiesa, che è il Paradiso di Dio, formato da alberi che sono i
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SC: “Sacrosanctum Conciliun” Costituzione conciliare sulla sacra liturgia 1963
OGMR: “Ordinamento Generale del Messale Romano” 2004
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cristiani, piantati dal Battesimo (1Tm.3,6). Molti Padri della Chiesa, da Cipriano a Ippolito a
Origene, parlano della Chiesa, Paradiso di Dio, dove vi è un bel giardino con alberi carichi di frutti.
E’ importante, dunque, che l’area battesimale sia sempre presente il segno sacramentale dell'acqua,
il cero pasquale, luce di Cristo, e una composizione di fiori, frutta e piante verdi come richiamo
edenico e della nostra futura vita di battezzati; nell’antica liturgia ambrosiana così si pregava nella
benedizione dell'acqua battesimale:"Si apra la porta del giardino ai fiori che ritornano” e
Tertulliano chiamava i neofiti 'Christi florentes', fioritura di Cristo.
3.4. ALTRI ELEMENTI DELLA CELEBRAZIONE
SEDE DEL CELEBRANTE
Il presbitero, come il vescovo, quando è alla sede, deve essere segno sacramentale di Cristo capo,
sacerdote e maestro e quindi la sede deve essere posta in modo tale da indicare questa interazione
tra il Capo e il Corpo, tra Cristo e la Chiesa, tra il presidente dell'assemblea e l'assemblea.
L'accenno al presiedere si trova già nella descrizione della liturgia domenicale fatta da S.Giustino:
"colui che presiede è anche colui che insegna e offre il sacrificio" (Apologia 1,67).
"La sede esprime la distinzione del ministero di colui che guida e presiede la celebrazione nella
persona di Cristo, capo e pastore della chiesa" ( OGMR 310; PNC 10; ACRL 19).
La collocazione della sede in alto e verso il popolo, indica allora questa interazione che si compie
tra il Capo e il Corpo, tra Cristo e la Chiesa, tra il presidente dell'assemblea e l'assemblea.
E' l'interazione tra il sacerdozio ordinato e il sacerdozio comune battesimale (segno sacramentale
della partecipazione di tutti i fedeli alla dignità profetica, sacerdotale e regale di Cristo).
CUSTODIA EUCARISTICA
Per ‘custodia eucaristica’ si intende non solo il tabernacolo, ma anche allo spazio che esso occupa
all’interno della chiesa e la sua collocazione in relazione ai luoghi della celebrazione, con
particolare riferimento all’altare. La custodia eucaristica è oggetto di culto come sacramento
permanente: è il principale ‘segno reale’ che riempie le nostre chiese in assenza di celebrazione.
Il tabernacolo è “il segno e il senso della presenza del Signore in mezzo al suo popolo” in cammino
e pertanto “sia collocato in una parte della chiesa assai dignitosa, insigne, ben visibile, ornata
decorosamente e adatta alla preghiera c” (OGMR 314)
Criterio di fondo è quello di dare adeguato valore di polo nettamente differenziato al luogo della
custodia e dell'adorazione rispetto a quello della celebrazione. I documenti postconciliari di
applicazione della riforma liturgica affermano innanzitutto un fondamentale principio pastorale: la
devozione e il culto eucaristico vanno favoriti e alimentati nei fedeli con un'opportuna catechesi
sull'eucarestia, facendo soprattutto cogliere la relazione esistente tra celebrazione, culto della
presenza reale e comunione eucaristica.
AREA PENITENZIALE
"La celebrazione del sacramento della penitenza richiede un luogo specifico o una sede che metta
in evidenza il valore del sacramento per la sua dimensione comunitaria e per la connessione con
l'aula della celebrazione eucaristica." (PNC 12)
La collocazione nella chiesa ha un evidente valore simbolico, soprattutto se posto in relazione con il
fonte o l’area battesimale. Una breve riflessione sulla celebrazione comunitaria della penitenza, che
esprime la dimensione ecclesiale del sacramento meglio di quella individuale ed esalta l'importanza
della chiesa come luogo proprio della celebrazione di questo sacramento. In queste occasioni tutta
l’aula deve essere preparato per la celebrazione con molta cura, facendo attenzione
all'illuminazione, alla decorazione floreale, a segni e immagini da proporre per la meditazione.
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4. LITURGIA, CATECHESI E ARTE NELLE VESTI E NELLE SUPPELLETTILI
Benedetto XVI, nella ‘Sacramentum caritatis’, sostiene la necessità “che in tutto quello che
riguarda l’Eucarestia vi sia gusto per la bellezza. Rispetto e cura dovranno aversi anche per i
paramenti, gli arredi e i vasi sacri”. Pertanto, come i luoghi, anche gli oggetti e le vesti che
servono al culto sono chiamate a conferire ‘decoro’ alla celebrazione, la cui dimensione estetica non
è da trascurare. Le vesti, infatti, fanno parte di quell’universo complesso e articolato dei ‘segni
liturgici’, senza i quali la liturgia non può concretamente esprimersi.
Riferendosi ai sacerdoti, nella Messa crismale del 2007, sempre il Papa, ha affermato che “il
‘rivestirsi di Cristo’ viene rappresentato sempre di nuovo in ogni santa messa mediante il rivestirci
dei paramenti liturgici. […] Il fatto che stiamo all’altare, vestiti con i paramenti liturgici, deve
rendere chiaramente visibile ai presenti e a noi stessi che stiamo lì ‘in persona di un Altro’ ”.
Ecco perchè i ministri devono indossare vesti particolari e diversificate: perché nella Chiesa non
tutti svolgono lo stesso compito e questo, nella celebrazione eucaristica, si manifesta esteriormente
con la diversità delle vesti sacre: vi è il camice, la dalmatica, la casula e così via. La differenza dei
colori nelle vesti ha, poi, “lo scopo di esprimere, anche con mezzi esterni, la caratteristica
particolare dei misteri della fede che vengono celebrati e il senso della vita cristiana in cammino
lungo tutto l’anno liturgico”. (OGMR 345)
La liturgia richiede, inoltre, l’uso di oggetti appropriati: motivazioni liturgiche, estetiche e
simboliche convivono infatti nella suppellettile ecclesiastica molto più strettamente che in altri
prodotti d’arte. Esistono, però, oggetti dal significato propriamente simbolico, come i vasi sacri,
accanto ad altri la cui ‘ecclesialità’ risulta esclusivamente dal loro utilizzo all’interno del luogo di
culto o della celebrazione, come brocche o candelabri, che potrebbero essere usati anche altrove.
Bisogna tener presente che anche i ‘vasi sacri’ non sono accessori, ma essi stessi strumenti della
celebrazione e trasmettono un messaggio. Proprio per questo non sono indipendenti dalle persone
che li possiedono o li usano, non sono pensabili senza un riferimento permanente al gesto che li ha
concepiti, che li accompagna e dal quale ricevono il loro senso.
La tradizione ha portato alla sacralizzazione dell’oggetto, che nei Vangeli, invece, era di uso
comune e Gelinau si chiede “quale diversità sia necessaria per gli altari rispetto agli oggetti della
tavola ordinaria” . Che cos’è che fa sì che un calice eucaristico non sia solo un ‘vaso’ per contenere
un liquido da bere? All’origine del calice, ad esempio, c’era un bicchiere, una coppa che col tempo,
però, si riveste di un nuovo significato: non esprime solo il bere, ma il bere ‘questa’ bevanda in
‘questo’ contesto rituale. Il contesto è offerto dal rito, gesti e parole, dal luogo nel quale si svolge,
da chi lo celebra, dagli oggetti che gli fanno contorno.
Tutti i documenti già citati richiamano anche alla verità dei segni, all’autenticità, all’uso di elementi
naturali. Le candele di cera, che si consumano lentamente nel dare la luce, hanno un valore
simbolico che le finte candele a fiamma o a lampadina non potranno mai avere,
C'è oggi, purtroppo, una sempre più diffusa carenza nella conoscenza e nella capacità di interpretare
e interiorizzare i segni della vita ecclesiale e proprio per la perdita della memoria storica dei segni
che ci vengono dalla Tradizione della Chiesa, c'è il grosso rischio del proliferare di allegorie sempre
più complicare o strambe.
Ecco, allora, l'importanza di reimparare a 'leggere' l'edificio-chiesa , i suoi luoghi, i suoi arredi, i
suoi oggetti, le sue opere d’arte, che oggi sono forse, per tanti, l'unico contatto con la realtà
ecclesiale: occorre imparare a vivere nella bellezza per poter celebrare con la bellezza.
La Chiesa, maestra di vita, non può non assumersi anche il ministero di aiutare l’uomo
contemporaneo a ritrovare lo stupore religioso davanti al fascino della bellezza e della sapienza
che si sprigiona da quanto ci ha consegnato la storia. (Giovanni Paolo II)
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