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I PROFILI EXTRA-TRIBUTARI L’AVVIAMENTO: NATURA E RILEVANZA NEL DIRITTO SOCIETARIO di Daniele Umberto Santosuosso SOMMARIO: 1. Il tema dell’avviamento nel diritto societario. Evoluzione della fattispecie e della disciplina. Qualità dell’azienda ovvero espressione della persona e delle capacità dell’imprenditore. Avviamento oggettivo ed avviamento soggettivo. L’avviamento come valore in quanto elemento attivo dell’azienda. – 2. Emersione dell’avviamento a livello contabile. L’avviamento come valore negoziato sul mercato. L’avviamento “acquisito” e l’avviamento “autogenerato”. La possibilità di rappresentare gli immateriali in presenza di un costo. La rilevazione degli intangibles al fair value. Il principio contabile internazionale IAS 36. Le operazioni di business combination. – 3. Definizione. L’avviamento come bene intangibile. Emersione dell’avviamento a livello non contabile. Valore aggiunto dei beni aziendali. Rapporti negoziali societari. L’esempio dei patti di famiglia. 1. Il tema dell’avviamento nel diritto societario. Evoluzione della fattispecie e della disciplina. Qualità dell’azienda ovvero espressione della persona e delle capacità dell’imprenditore. Avviamento oggettivo ed avviamento soggettivo. L’avviamento come valore in quanto elemento attivo dell’azienda Il tema dell’avviamento nel diritto societario non risulta di facile inquadramento e di univoche soluzioni. A testimonianza delle ambiguità che possono riscontrarsi in materia appare significativa l’evoluzione del pensiero di uno dei più grandi giuristi del secolo scorso, Carnelutti, il quale, dopo aver in una prima fase dei suoi studi sostenuto che l’avviamento doveva considerarsi un mero attributo, ossia una qualità dell’azienda di per sé priva di individualità giuridica 1, successivamente, in un celebre libro sulla usucapione 1 CARNELUTTI, Valore giuridico della nozione di azienda commerciale, in Riv. dir. comm., 1924, I, p. 156 ss.; ID., Proprietà della clientela, in Riv. dir. comm., 1930, I, p. 330 ss. 4 PROFILI EXTRA-TRIBUTARI della proprietà industriale del 1938 2 sostenne – in minoranza rispetto agli orientamenti dell’epoca – che l’avviamento poteva considerarsi bene autonomo, opera dell’ingegno dell’imprenditore trasfuso nell’azienda cui imprime l’attitudine a trarre profitti. In questo cambiamento si anticipa a mio avviso l’evoluzione e correlativamente l’emersione normativa della fattispecie che, osservo subito, mi sembra significarsi nel riconoscimento e nella rilevanza giuridica dell’avviamento, a livello non soltanto contabile, come parte del valore dell’impresa, e quindi, nel quadro della sempre maggiore rilevanza attribuita al valore dell’azienda ancorché rappresentato da beni non materiali, intangibili ma comunque espressivi della realtà economico-finanziaria dell’impresa, come bene immateriale, da valutare secondo meccanismi di fair value tipici delle negoziazioni di mercato. Ricordo il dibattito antico – e ancora non risolto – sulla sua natura e sulle sue caratteristiche qualificanti, declinatosi tra coloro che hanno accentuato l’inerenza dell’avviamento all’azienda come componente qualitativa della stessa, per alcuni ad essa essenziale; e coloro che l’hanno inteso come espressione della persona e delle capacità dell’imprenditore, un (vero e proprio) bene immateriale o opera dell’ingegno, e comunque elemento dell’attivo da essa scorporabile. Questi orientamenti si sono riflessi sulle indagini relative al fattore qualificante dell’avviamento, così se debba rinvenirsi nella generale capacità di reddito dell’azienda, ovvero nella clientela come diretta espressione delle capacità dell’imprenditore. Appare prevalere il primo orientamento. Secondo tale opinione, presente in dottrina 3 e giurisprudenza 4, l’avviamento è una qualità della azienda e va definito come la capacità di reddito di un’attività economico-produttiva, nel senso di attitudine che consente ad un complesso aziendale di conseguire risultati economici ulteriori rispetto a quelli raggiungibili attraverso l’utilizzazione isolata dei singoli elementi che la compongono. L’idoneità del complesso a creare, attraverso la produzione o lo scambio di beni o servizi, nuova ricchezza fa sì che l’insieme abbia una valenza economica differenziale rispetto alla somma del valore dei singoli elementi che lo compon2 CARNELUTTI, La usucapione della proprietà industriale, Milano, 1938, passim. CASANOVA, Azienda, Diritto commerciale, II, Torino, 1987, p. 78; FERRI, Manuale di diritto commerciale, Torino, 1998, p. 220; SASSO, Avviamento Commerciale, Diritto commerciale, II, Torino, 1987, p. 59; DE SIATI-PUCCINELLI, sub art. 2555, in Codice civile commentato, a cura di Alpa e Mariconda, Milano, 2009. 4 Cass. 23 dicembre 2005, n. 28751, in Giur. comm., 2005, p. 12; Cass. 2 agosto 1995, n. 8470, in Giur. it., 1996, I, 1, c. 470. 3 Daniele Umberto Santosuosso 5 gono, misurabile in termini monetari e definita appunto valore di avviamento 5. Esso pertanto non sarebbe un fattore costitutivo della azienda, ma un elemento rivelatore della stessa 6. In definitiva l’avviamento costituirebbe un risultato della organizzazione impressa dall’imprenditore ai beni aziendali 7. Dalla qualificazione dell’avviamento in termini di qualità dell’azienda consegue la giuridica impossibilità di una sua cessione indipendente e separata rispetto a quella della azienda 8. Pienamente ammissibile sarebbe invece la cessione di un’azienda priva di avviamento 9. In questa prospettiva si è tradizionalmente distinto fra avviamento oggettivo ed avviamento soggettivo 10. Il primo sarebbe da ricollegare a fattori suscettibili di permanere anche se muta il titolare dell’azienda (quali un’organizzazione sperimentata ed efficiente, un apparato produttivo ottimale, un settore ricerca e sviluppo particolarmente valido, personale selezionato e qualificato, una buona localizzazione, alta qualità dei macchinari e così via), il secondo all’abilità operativa dell’imprenditore sul mercato 11. La dottrina ha osservato tuttavia, con riferimento all’avviamento soggettivo, che esso appare una qualità dell’imprenditore e non dell’azienda: l’entità dell’avviamento sarebbe invero strettamente collegata alla bontà delle scelte organizzative e, quindi, alla personalità dell’imprenditore (riferita alla persona fisica nell’impresa individuale o al management nell’impresa collet5 GRAZIANI-MINERVINI-BELVISO, Manuale di diritto commerciale, XIII, Padova, 2007, p. 72; GALGANO, Diritto civile e commerciale, III, 1, Padova, 2004, p. 108; BUONOCORE, Manuale di diritto commerciale, IX, Torino, 2009, p. 550. In giurisprudenza, Cass. 2 agosto 1995, n. 8470, in Giur. it., 1996, I, 1, c. 470. V. altresì AA.VV., sub art. 2426, in Codice civile ipertestuale. Commentario, a cura di Bonilini, Confortini e Granelli, Torino, 2009, per cui «perché l’avviamento assuma rilevanza economica il reddito prodotto deve essere superiore al reddito normale atteso dal capitale impiegato per l’acquisizione di quei beni o per l’ottenimento delle strutture». 6 Cass. 25 giugno 1981, n. 4142, in Giur. comm., 1981, fasc. 6; Cass. 8 novembre 1983, n. 6608. 7 CAMPOBASSO, Diritto commerciale, I, Torino, 1997, p. 136; COTTINO, Diritto commerciale, Padova, 1993, p. 220. 8 SASSO, supra, nt. 3, p. 59; TEDESCHI, Le disposizioni generali sull’azienda, in Trattato Rescigno, IV, Torino, 1983, p. 18; Cass. 26 gennaio 1971, n. 174, in Foro it., 1971, I, p. 342. 9 Così, ad esempio, si è ritenuto valido il trasferimento di un circo inattivo da dieci anni: Trib. Roma, 17 ottobre 1986, in Giur. ann. dir. ind., 1986, p. 701. 10 AULETTA, (voce) Azienda, in Enc. giur. Treccani, vol. IV, Roma, 1988, p. 1; F. MARTORANO, L’azienda, in Manuale di diritto commerciale, diretto da Buonocore, Torino, 2009, p. 550. 11 CAMPOBASSO, Diritto commerciale, cit., (supra, nt. 7), p. 136; GALGANO, Diritto commerciale – L’imprenditore, Bologna, 2008, p. 73. 6 PROFILI EXTRA-TRIBUTARI tiva) 12. Una volta che il procedimento organizzativo e le scelte strategiche si siano definiti esso diventa un valore obbiettivo 13 dell’azienda che permane nonostante il cambiamento della persona dell’imprenditore e come tale economicamente valutabile, sia pure al momento della cessione del complesso aziendale, e dotato di una specifica tutela giuridica – se oggettivo, naturalmente – in fase di circolazione, oltre a costituire il profilo essenziale delle trattative per la determinazione del prezzo di trasferimento 14. Nella stessa linea va ricordata una certa giurisprudenza di merito, secondo cui l’avviamento (in genere) non costituisce una qualità dell’azienda, ma un bene immateriale suscettibile di formare oggetto di pattuizioni autonome rispetto alla cessione d’azienda 15. In questo senso è stato enfatizzato il significato dell’avviamento come valore, e sono stati studiati i criteri usati per la sua valutazione, fra cui la felice ubicazione del punto vendita, il tipo di attività svolta, il prestigioso “nome” dell’azienda, i risultati economici della gestione passata e quelli che ci si attende di conseguire in futuro, secondo un’analisi che tenga conto dei probabili incrementi e delle probabili perdite 16; e soprattutto la clientela, in considerazione del fatto che un’azienda è bene avviata quando può contare su di una solida clientela come flusso costante, anche solo potenziale, di domanda dei servizi offerti dall’impresa 17: l’avviamento sarebbe dato dalla sola formazione del complesso organizzato indipendentemente dalla concreta esistenza della clientela, ma aumenta con l’incrementarsi di quest’ultima, potendosi parlare di avviamento per un’azienda non ancora in esercizio. La considerazione dell’avviamento come valore in quanto elemento attivo dell’azienda acquista poi ulteriore significato in caso di esercizio di im12 BUONOCORE, Manuale di diritto commerciale, cit., (supra, nt. 5), p. 550. Giurisprudenza risalente, Cass. n. 1728/1963, in Foro it., 1963, I, c. 2307) ha compiutamente descritto il passaggio da avviamento soggettivo ad oggettivo nei seguenti termini: «anche se l’avviamento sia prevalentemente ricollegabile alla particolare organizzazione impressa dall’imprenditore ai fattori produttivi dell’azienda, o comunque, alla sua attività o abilità industriale o commerciale, tuttavia, una volta che l’avviamento, riversandosi sull’azienda come una qualità inerente alla sua organizzazione oggettiva, “diviene” un elemento rilevatore o integratore della sua potenzialità economica, che non si disperde in dipendenza dei mutamenti soggettivi nella titolarità dell’azienda». 14 Valore che per alcuni finisce con il tradursi nel prezzo per l’astensione dalla concorrenza: GALGANO, Diritto civile e commerciale, cit., (supra, nt. 5), p. 101. 15 Trib. Bologna, 29 marzo 1986, in Giur. comm., 1987, I, p. 973, con nota di Piazza. 16 Cass. 20 settembre 1996, n. 8387, in Corr. trib., 1997, p. 1100. 17 TEDESCHI, Le disposizioni generali sull’azienda, cit., (supra, nt. 8), p. 21. 13 Daniele Umberto Santosuosso 7 presa in forma societaria, essendo l’avviamento un elemento attivo del patrimonio sociale. Sul piano dell’organizzazione è stato ricordato che rappresenta un valore patrimoniale suscettibile di essere iscritto in bilancio come voce autonoma dell’attivo, sia pure nei limiti di cui all’art. 2426, n. 6, c.c. (e di formare oggetto di indennizzo, ex art. 34 della legge sull’equo canone, a favore del conduttore di immobili adibiti ad attività commerciale in caso di cessazione del rapporto di locazione 18); mentre con riferimento ai diritti dei soci, salva l’espressa e dichiarata volontà contraria di tutti i soci, l’avviamento deve essere calcolato nella quota di liquidazione del socio uscente dalla società, al fine di evitare l’ingiusta locupletazione, che altrimenti ne conseguirebbe, di coloro che continuano ad avvalersi dell’organizzazione alla quale l’avviamento inerisce e giova 19. 2. Emersione dell’avviamento a livello contabile. L’avviamento come valore negoziato sul mercato. L’avviamento “acquisito” e l’avviamento “autogenerato”. La possibilità di rappresentare gli immateriali in presenza di un costo. La rilevazione degli intangibles al fair value. Il principio contabile internazionale IAS 36. Le operazioni di business combination L’emersione dell’avviamento a livello contabile e, giuridicamente, l’avviamento come valore negoziato sul mercato rappresentano l’esito di una lenta evoluzione. Nel codice di commercio del 1882 era recepita la regola consuetudinaria – conforme ai principi di contabilità – della illegittimità dell’iscrizione in bi18 La giurisprudenza, a tal proposito, non ha mancato di evidenziare le caratteristiche tipiche dell’avviamento oggettivo – l’unico tipo che può essere oggetto di indennità per ovvi motivi – quali la localizzazione, la fidelizzazione della clientela et similia, che sostanzialmente giustificano la previsione di cui al sopracitato art. 34 (si vedano, ex multis, Cass. 17 ottobre 1992, n. 11405, in Foro it., 1993, I, c. 2277; Cass. 30 aprile 2010, n. 10615, in Giust. civ., 2010, IV, p. 648; Cass. 19 maggio 2010, n. 12278, in Giust. civ., 2010, V, p. 784; Cass. 16 luglio 2010, n. 16627, in Giust. civ., 2010, IX, p. 1129. Viene cosi ulteriormente confermata la “quantificabilità” del valore dell’avviamento, in particolar modo – così come per la cessione d’impresa – al termine del rapporto a cui l’avviamento fa riferimento. Si segnala, peraltro, che al conduttore è dovuta un’ulteriore indennità nel caso in cui l’immobile venga adibito alla stessa attività da lui precedentemente esercitata. 19 Cass. 4 settembre 1999, n. 9392, in Giur. comm., 1999, p. 1906; Cass. 2 agosto 1995, n. 8470, in Giur. it., 1996, I, 1, c. 470; Trib. Verona, 25 ottobre 1995, in Società, 1996, p. 205, con nota di Di Chio; Trib. Milano, 24 gennaio 1991, in Società, 1991, p. 1081, con nota di Ambrosini. 8 PROFILI EXTRA-TRIBUTARI lancio dei beni immateriali se ottenuti senza il sostenimento di un costo. La regola sottendeva il principio fondamentale della protezione della buona fede, ossia degli affidamenti in questo caso dei creditori e in generale del mercato: l’imprenditore, e gli amministratori in caso di impresa societaria, non potevano rappresentare i beni aziendali immateriali in bilancio perché a causa della loro evanescenza e quindi della loro non recuperabilità si rischiava di rappresentare un reddito sostanzialmente non garantito. La possibilità per converso di rappresentare gli immateriali in presenza di un costo evidenziava il favor legislativo per la illustrazione di un valore passato al vaglio di una negoziazione, e quindi del mercato, da questo ed agli occhi di questo legittimato. Nel codice del ’42 la suddetta norma consuetudinaria si rifletteva, con particolare riferimento all’avviamento, nella regola per cui esso non può essere iscritto all’attivo se non con il consenso del collegio sindacale (a controllare un atto amministrativo) ed acquistato a titolo oneroso, nei limiti del costo sostenuto; e nella regola per cui il costo di acquisto di partecipazioni in altre imprese può in parte andare ad avviamento. Veniva così recepito il principio per cui rileva contabilmente l’avviamento “acquisito”, non l’avviamento immanente all’azienda esistente e cioè quello “autogenerato” 20. Tale norma è stata riprodotta nell’attuale sistema normativo tenendo conto di quanto sancito dai principi contabili internazionali. Fra i principali benefíci introdotti dai principi testé menzionati riveste particolare rilevanza l’abolizione dell’ammortamento sistematico del goodwill. In particolare, il principio contabile internazionale IAS 36 (“Riduzione di valore delle attività”) stabilisce i criteri che l’impresa adotta per assicurarsi che le proprie attività non abbiano subito una perdita per riduzione di valore, ovvero non siano iscritte ad un valore contabile superiore a quello recuperabile. Infatti, si può riscontrare una perdita di valore se, e soltanto se, il valore recuperabile, ossia il valore più elevato tra il fair value di un’attività al netto dei costi di vendita ed il suo valore d’uso, è inferiore al valore contabile, che, pertanto, dovrà essere ridotto al valore recuperabile. Il principio contabile internazionale in esame definisce le regole da seguire per effettuare il c.d. impairment test sulle immobilizzazioni immateriali. Il nuovo sistema di valutazione contabile IAS/IFRS presuppone che le atti20 P. BALZARINI, sub art. 2426, in Codice civile commentato, a cura di Alpa e Mariconda, Milano, 2009; BUSSOLETTI-DE BIASI, sub art. 2426, in Società di Capitali. Commentario, a cura di Niccolini e Stagno d’Alcontres, Napoli, 2004; SANTINI, sub art. 2426, in Codice civile. Commentario, a cura di Cian e Trabucchi, Padova, 2009 ed ancora Trib. Napoli, 12 gennaio 1995, in Società, 1995, p. 955, con nota di Fabrizio. Daniele Umberto Santosuosso 9 vità non siano più ammortizzate, ma dotate di “vita utile indefinita”. Ogni anno, in chiusura di esercizio, per ogni attività si dovrà determinare il valore corrente (fair value) con identificazione della perdita durevole e della conseguente valutazione. Indipendentemente dal fatto che vi siano eventuali indicazioni di riduzione di valore, l’impresa deve effettuare la verifica per riduzione di valore annualmente (o nel corso dell’esercizio se vi sono indicatori che fanno presumere l’esistenza di una perdita di valore) sia per le attività immateriali con una vita utile indefinita, le attività immateriali che non sono ancora disponibili all’uso, confrontando il loro valore contabile con il loro valore recuperabile; sia per l’avviamento acquisito in un’aggregazione aziendale. Indipendentemente dai particolari problemi che sorgono per quel che concerne l’allocazione dell’avviamento, considerato come attività immateriale, ed il calcolo del suo valore recuperabile (i principi contabili nazionali, infatti, non contemplano un concreto procedimento di calcolo della perdita di valore subito dall’avviamento, che del resto viene oggi richiesto a tutte le imprese che non sono obbligate a redigere il bilancio con gli IAS-IFRS, dal n. 3-bis dell’art. 2427 c.c.) 21, si può pertanto affermare che l’avviamento assume rilevanza dal punto di vista contabile in varie vicende dell’azienda in cui è ravvisabile una negoziazione e quindi un accordo, tra cui, principalmente, nelle operazioni di business combination (aggregazioni aziendali). Così, come già sostenuto dagli interpreti – per la verità soprattutto in caso di fusione per incorporazione – la legge ora prevede che in caso di fusione (e lo stesso vale per la scissione per espresso richiamo dell’art. 2506quater), laddove emerga un disavanzo essa sia imputato ove possibile agli elementi dell’attivo e del passivo e per la differenza ad avviamento (art. 2504-bis): l’operazione è considerata ad effetto traslativo, anche in caso di fusione propria, ma alla base è sostanzialmente rinvenibile un accordo da cui è possibile che risulti un valore da imputare ad avviamento 22. 21 Alla data dell’acquisizione attraverso una business combination l’avviamento, non potendo generare autonomamente flussi finanziari indipendenti, deve essere allocato ad una unità generatrice di flussi finanziari (cash generating unit), che beneficia delle sinergie dell’aggregazione che risponda a determinati requisiti. Se, invece, l’attribuzione ad una specifica cash generating unit non può essere effettuata, perché sarebbe arbitrario in quanto delle sinergie usufruiscano varie cash generating units, allora l’avviamento deve essere allocato ad un gruppo di tali unità generatrici di flussi. Per determinare il suo valore recuperabile occorre, dunque, determinare il valore recuperabile dell’intero gruppo di attività alle quali esso è stato allocato. 22 Sui profili problematici relativi all’imputazione a bilancio dell’avviamento, in partico- 10 PROFILI EXTRA-TRIBUTARI Un ulteriore riconoscimento dell’avviamento per fini contabili era previsto dal D.P.R. n. 460/1996, che dettava criteri omogenei per la qualificazione dell’avviamento, in relazione alla base imponibile in caso di cessione d’azienda. Tale decreto è stato abrogato nel ’97 (D.P.R. n. 218/1997), senza, però, la previsione di nuovi criteri per l’avviamento. L’Agenzia delle Entrate con la Comunicazione n. 52 del 5 marzo 2003 ha precisato che il metodo dettato dal D.P.R. n. 460/1996 può ancora essere utilizzato per determinare l’avviamento 23. Nel 2008 tale impostazione è stata confermata anche dalla giurisprudenza 24. Dai principi contabili internazionali emerge poi ancora che è operazione di business combination non solo l’acquisto, ma anche il conferimento di azienda o di ramo di azienda 25. Ed in quest’ottica un altro passo in avanti verso il riconoscimento contabile dell’avviamento è rappresentato dalla trasformazione progressiva di società, possibile se con capitale determinato a valori correnti ed attraverso il sistema della perizia (art. 2500-ter): sistema che ci riporta alla cessione ed al conferimento, ad un soggetto terzo dall’imprenditore che non guarda alla determinazione del reddito ma al capitale economico valutando, secondo i valori correnti, e correlativamente equi, gli elementi dell’attivo, sino a tener conto dell’avviamento come parte del capitale di funzionamento 26. Oltre alle citate possibilità appare difficile rinvenire nel sistema operazioni che presentano fondati presupposti per evidenziare il goodwill dal punto di vista contabile 27. In quest’ottica la norma volta a limitare gli abusi degli amministratori è espressa nel principio per cui le valutazioni che richiedono una discrezionalità in funzione della redditività dell’impresa nella combinalare per ciò che riguarda eventuali usi “poco ortodossi” v. SANTAGATA, Le fusioni, in Trattato delle società per azioni, diretto da Colombo e Portale, Torino, 2004, passim. 23 BASILAVECCHIA-NASTRI-PAPPA MONTEFORTE, I trasferimenti aziendali: questioni aperte, in Studi e materiali, CNN, Milano, 2010, II, p. 519. 24 Cass., sez. trib., 23 luglio 2008, n. 20280, in Il Sole 24 Ore, 2008, pp. 214, 215. 25 Cfr. il principio contabile IFRS 3 (“Aggregazioni aziendali”), adottato con Reg. CE, 3 giugno 2009, n. 495. 26 Sia consentito il rinvio al mio sub art. 2500-ter in NICCOLINI-STAGNO D’ALCONTRES (a cura di), Società di Capitali. Commentario, Napoli, 2004, p. 1917. 27 In particolare, relativamente all’accertamento del goodwill, in dottrina si è sottolineato come sia effettivamente complesso determinarne il valore in un determinato momento e tenerne conto nell’Attivo, non così in caso di cessione, ove è possibile valutare i beni, materiali e non, nel lungo periodo. Sul punto v. NUTI, Un aspetto latente, incorporeo e mutevole del patrimonio aziendale: l’avviamento (o Goodwill), in Riv. it. di ragioneria e di economia aziendale, 1982, I, p. 85. Daniele Umberto Santosuosso 11 zione dei vari elementi aziendali può semmai portare ad abbassare i valori (evidenziando un badwill), ma mai ad aumentarli (a meno di non rintracciare un caso, probabilmente solo teorico, di valore d’uso maggiore del costo). 3. Definizione. L’avviamento come bene intangibile. Emersione dell’avviamento a livello non contabile. Valore aggiunto dei beni aziendali. Rapporti negoziali societari. L’esempio dei patti di famiglia Se l’avviamento dunque può definirsi come quella parte del valore economico dell’azienda che non può essere attribuito a nessun altro cespite né materiale né immateriale, in questa ultima categoria mi pare rientrare. Esso trova il suo fattore genetico nelle idee e nel genio dell’imprenditore che diano luogo a favorevoli prospettive economiche, nel suo modo di mettere insieme e far lavorare l’azienda. Come fattore caratterizzante, attraverso di esso si conferisce qualità reddituale all’azienda, e come tale ne è strettamente legato nel suo ampio significato economico di funzionamento dell’impresa, nel senso di collegamento funzionale tra i vari elementi aziendali. Del resto tutta la normativa generale sull’azienda è tutela di questo avviamento, dalla concorrenza sleale ai segni distintivi alla cessione di azienda. In quest’ordine di idee l’avviamento rileva da un lato come bene immateriale, ancorché non opera dell’ingegno dell’imprenditore, e da costui disponibile separatamente dall’azienda: la sua caratteristica, la ricchezza che apporta è data dalla capacità di donare qualità all’azienda, di questa ne è attributo essenziale (almeno per l’azienda funzionante) e da questa ne è, per sua natura, inscindibile. Dall’altro l’avviamento emerge a prescindere dalla sua rappresentazione contabile, trattandosi appunto di un bene che qualifica l’azienda, e tende, in una situazione positiva, ad accrescersi con il tempo permeando – ed aggiungendo valore a – tutti i beni aziendali. Di qui la sua rilevanza in varie vicende relative a rapporti societari, laddove entrino in gioco gli interessi dei terzi (come l’acquisto di partecipazioni della società da parte di terzi in occasione di un aumento di capitale, dove il sopraprezzo rappresenta l’avviamento); ovvero gli interessi dei soci medesimi, come il recesso dalla società, laddove le prospettive di reddito – di cui occorre tener conto nella liquidazione della partecipazione al socio recedente – rappresentano l’avviamento, o ancora il trasferimento delle partecipazioni sociali come i patti di famiglia. 12 PROFILI EXTRA-TRIBUTARI I patti di famiglia in particolare si rivelano esemplari della rilevanza dell’avviamento nei rapporti negoziali societari. Le finalità della normativa al riguardo sono infatti da ricondurre – alla luce delle posizioni della Commissione UE e dei lavori preparatori – all’esigenza di favorire un più semplice, sicuro, programmato e definitivo passaggio generazionale dell’azienda o delle partecipazioni che la rappresentano affinché l’azienda prosegua, senza disgregarsi, nel suo stabile funzionamento. Un passaggio generazionale ponderato dalla scelta, da parte del titolare disponente, dei soggetti più idonei, capaci di raccogliere e gestire le caratteristiche e le potenzialità reddituali dell’azienda o di una sua parte, al fine di mantenerne e accrescerne il valore economico. In una prospettiva sistematica generale ci troviamo di fronte all’ulteriore passo avanti verso il riconoscimento dell’autonomia privata nel senso della libertà negoziale in relazione e a servizio dell’impresa (in armonia con la stessa riforma del diritto societario del 2003): la meritevolezza giuridica negoziale deriva altresì dalla protezione degli interessi legati alla dinamicità dei trasferimenti aziendali ed al contempo alla stabilità aziendale, e quindi anche degli interessi degli stakeholders e del mercato in genere. Con norme imperative tuttavia il legislatore compone tali interessi con quelli della famiglia tipicamente riconosciuti dal diritto successorio 28. Il sistema generale vede quindi sminuita la tutela delle posizioni di rendita familiare, connesse all’affidamento su una porzione dei beni del de cuius a prescindere dalla volontà di quest’ultimo, e vede avanzare la tutela degli interessi negoziali (alla scelta del discendente, eventualmente accompagnata da forme di mantenimento a favore del disponente o dall’usufrutto sull’azienda) e di quelli legati alla produttività, cioè al rischio di impresa ed all’iniziativa economica, e quindi agli organismi aziendali ed agli affidamenti ad esso legati 29. Ne consegue che, nella prospettiva del diritto dell’impresa, 28 Per il raggiungimento di queste finalità la novella deroga ad alcuni principi generali del diritto successorio che ostacolano i trasferimenti (in particolare le donazioni), nel senso di rendere “aleatorio” il passaggio generazionale, principi legati alla tutela dei legittimari, sostanzialmente – il principio di unicità della successione, di invalidità della rinuncia alla legittima, di parità dei legittimari al momento della apertura della successione, che portano a collazione e riduzione –; pur nel riconoscimento a questi soggetti di misure compensative. 29 Nell’ottica più strettamente privatistica il legislatore ha così introdotto nel codice, nel libro II ma significativamente nel titolo sulla divisione, un nuovo contratto plurilaterale, con causa di liberalità (più che donazione modale, visto che la riduzione è comunque preclusa anche per i legittimari sopravvenuti) ed eventualmente divisoria (o se non altro con l’effetto di far cessare la comunione dei beni ereditari), con effetti traslativi e rinunciativi: con esso si realizza una sorta di successione anticipata (con atto che ricorda la divisio Daniele Umberto Santosuosso 13 la nuova normativa contiene, in una concezione oggettiva dell’impresa, anche il principio di riconoscimento e di salvaguardia dell’avviamento. In questa chiave mi appare più agevole l’impostarsi di alcuni problemi. Così, quello strutturale attinente all’oggetto del patto: oltre alla chiara lettera della legge, che non distingue tra le partecipazioni (art. 768-bis c.c.), ed alla considerazione che il controllo non è fisso né immutabile, appare giustificabile che oggetto del patto siano anche le partecipazioni che non diano un controllo sulla società o comunque non diano facoltà gestionali (si pensi all’unico accomandatario); ciò in quanto l’avviamento, e gli interessi legati al valore e al funzionamento concreto dell’impresa ineriscono a tutte le partecipazioni (con le quali si può comunque influire sulla vita societaria e quindi sull’azienda). E ciò indipendentemente dal fatto che altrimenti ragionando si collegherebbe la validità del patto al concetto di controllo, a verifiche del livello di contribuzione al processo decisionale in modo determinante, a scapito della certezza dei rapporti giuridici almeno con riferimento al controllo di fatto 30. liberos romana), a sé stante rispetto a quella che si aprirà alla morte del disponente, e quindi da ascrivere agli atti inter vivos (il che sgombra dal campo le implicazioni derivanti dai patti successori, cui il nuovo patto, è ormai riconosciuto, non deroga, se non forse per la parte in cui forse l’assegnatario anticipa agli esclusi e questi rinunciano). 30 Sempre per la certezza dei rapporti giuridici, per converso, con riferimento ai soggetti partecipanti, la composizione tra gli interessi familiari-successori e quelli aziendali dovrebbe portare alla soluzione più restrittiva, nel senso di ritenere che tutti i legittimari – ai quali è preclusa l’azione di riduzione – devono partecipare ed aderire al patto, a pena di nullità dello stesso. Se è vero che con ciò si restringe l’ambito di operatività del patto alle famiglie dove è assente la conflittualità, e con disponibilità economiche da tacitare i non beneficiari dell’azienda o delle partecipazioni, la soluzione sembra rendere il patto più inattaccabile e meno foriero di conflittualità e incertezze rispetto a quella di ritenere valido comunque il patto anche se gli altri legittimari non aderiscono, e ad essi opponibile se comunque partecipano con un diniego. Rimarrebbe aperta la possibilità di sindacare i comportamenti abusivi e arbitrari facendo ricorso alle clausole generali ed ai criteri di comportamento della buon fede e della correttezza, da valutare nella equa proporzione dei vari interessi negoziali ed aziendali. La conclusione si giustifica anche di fronte alla considerazione, vagamente di analisi economica, per cui se l’assegnatario dispone di solide sostanze potrà più proficuamente portare avanti l’azienda eventualmente finanziandola. Lo stesso, se la stessa azienda è ricca e quindi sarà più facile ottenere finanziamenti dalla stessa garantiti, le prospettive di futura continuazione saranno più reali; mentre l’assegnatario potrebbe a distanza di tempo, giova ricordarlo, essere chiamato a pagare somme ai legittimari sopravvenuti. V. sul punto, per tutti, M. CIAN, La nozione di “partecipazioni societarie” nella disciplina dei patti di famiglia, in Riv. dir. soc., 2008, I, p. 767; F. TASSINARI, Problemi di attualità. Il patto di famiglia per l’impresa e la tutela dei legittimari, in Giur. comm., 2006, V, p. 808.