Seminario "Parlare di cinema" 2013 - Centro Servizi Culturali UNLA
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Seminario "Parlare di cinema" 2013 - Centro Servizi Culturali UNLA
Seminario "Parlare di cinema" 2013 Aldiqua - Aldilà come il cinema ha pensato e rappresentato la fine e l'oltrevita a cura di Bruno Fornara dal 21 al 25 ottobre dalle 16,00 alle 20,00 Anche Clint Eastwood ha di recente sfidato quel punto cinematograficamente arduo, quel buco nero nel nostro immaginario: mostrare com'è l'aldilà. Che ci sia o che non ci sia un qualche aldilà, è questione ininfluente al cinema. Il fatto è che moltissimi racconti e film lo introducono nei loro percorsi: e quindi i film lo mettono anche in immagini. Per Eastwood, in Hereafter, l'aldilà sembra una specie di Ade con troppa luce. L'Ade di greci e romani era un luogo di oscurità e di sfuggenti e tristi ombre vaganti. Gli abitanti dell'Ade di Hereafter (che forse è solo l'anticamera dell'aldilà...) sono labili tracce postumane, in un luogo in cui non c'è nulla, una specie di vuota sala d'aspetto. Ugualmente difficile e problematico è, al cinema (come anche in letteratura, in musica, nelle arti visive), pensare e rappresentare il momento del passaggio tra l'aldiqua e l'aldilà. André Bazin, il più grande critico e teorico del cinema, diceva che due cose sono irrappresentabili al cinema: il godimento sessuale e la fine, la morte. Aldilà e fine sembrano al di fuori della nostra portata visiva e mentale. Eppure molti registi hanno voluto provarci. Pensate all'inizio di La vita è meravigliosa di Frank Capra, con quel luccicante e lontanissimo dialogo in cielo. O guardate quel meraviglioso film terreno e ultraterreno, drammatico e allegro (soprattutto allegro), che è Scala al paradiso di Michael Powell e Emeric Pressburger e che suona nel titolo originale A Matter of Life and Death, cioè per l'appunto “una questione di vita (l'aldiqua) e di morte (il passaggio)”, con l'aggiunta di un magnifico e burocratico paradiso (l'aldilà) in bianco e nero. E tanti altri grandi registi inventano magnifici film sul passaggio e sull'oltre: Mizoguchi, Dreyer (con un portentoso miracolo!), Ophuls, John Ford, Lubitsch, Kubrick, fino a Manoel de Oliveira, sicuramente il più abile di tutti i registi viventi (e vissuti) nel tenere a bada la fine visto che è nato nel 1908... Qualcuno ha detto che il cinema è la morte al lavoro. Bazin ha detto che il cinema è la mummia del movimento, l'imbalsamazione della durata e del tempo. In molti hanno raccolto la sfida e fatto della fine, del passaggio e dell'invenzione dell'aldilà uno spettacoloso, malinconico, umoristico, tragico, comico, pezzo di bravura cinematografica. Il corso è tenuto da Bruno Fornara, critico cinematografico di “Cineforum”, docente di cinema alla Scuola Holden di Torino, collaboratore del Torino Film Festival, membro del gruppo dei selezionatori per la Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia.