Dire di no - Mosaic Consulting
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Dire di no - Mosaic Consulting
Dire di no di Marco Ghetti Il tempo del lavoro è scandito dalle richieste che noi riceviamo: richieste di attenzione, di aiuto, di informazione, di tempo, di collaborazione, e via dicendo. Alle richieste quotidiane ogni tanto se ne aggiungono altre più importanti: inviti a nuovi progetti, proposte di iniziativa. Regolarmente ci troviamo davanti ad un bivio: dire di sì o di no. Questa riflessione riguarda la fatica a dire di no. A tutti noi sarà capitato, ad alcuni più che ad altri, di sentire il disagio di rispondere con un no, pur avendo chiaro di non avere né tempo né interesse a dire si. Se il richiedente è il nostro capo abbiamo “l’alibi” del grado, ma perché proviamo malessere e diciamo di sì controvoglia se non c’è dipendenza gerarchica? Il malessere in alcuni si espande in una vera impossibilità, che li costringe spesso a dire dei sì non convinti, che creano poi problemi e inconvenienti. Può essere molto interessante esplorare le nostre insicurezze davanti ad una risposta no; si può farlo ponendo a noi stessi la domanda: che cosa mi fa paura nel dire di no a questa persona? Facendo coaching con tanti manager su questo punto ho imparato a riconoscere tre “personaggi archetipici” che esprimono questa resistenza al dire di no. Il primo è il Samaritano, ossia la persona che ha per carattere un bisogno accentuato di occuparsi degli altri e, più sottilmente, di sentirsi utile se non indispensabile. Per questa persona dire no è come tradire una missione e rischiare di non essere più riconosciuta come utile agli altri. L’altro personaggio lo chiamo il Politico; la sua è una paura diversa; lui teme che il no gli faccia perdere consenso e favore, e allora dice sì a tutti per non crearsi malumori e nemici. Per lui, o lei, non contano tanto i risultato pratici in azienda, quanto l’indice di popolarità. Infine il terzo soggetto è l’Onnipotente, il tipo di persona che ritiene di sapere e potere fare tutto, che trova piacere nello sfidare sé stessa. Per questo carattere lo spauracchio maggiore è incontrare il limite, riconoscerlo e accettarlo; rifugge dal dire di no per paura di dover ammettere debolezza. Le conseguenze del non saper dire no possono essere gravose; la più evidente è la crescente difficoltà di gestire il proprio tempo. Spesso queste persone appaiono oberate, accumulano ritardi sugli obiettivi, e si distinguono per orari quotidiani folli. Un sintomo tipico è che arrivano di frequente in ritardo agli appuntamenti. La fatica che fanno può evolvere in peggio e assumere la forma di stress acuto fino al burn out. Altre conseguenze possibili possono essere la perdita di focalizzazione sugli obiettivi e il progressivo calo della credibilità professionale. Che fare? Ho spesso osservato che riescono a cambiare questa abitudine coloro che fanno prima un cambio di setting mentale. Quando comprendono che ciò che impedisce loro di dire no è una forma di paura (di essere inutili, di essere impopolari, di essere deboli) possono scegliere di dare meno potere a questa paura e adottare un criterio diverso che è quello del vantaggio. Per ognuno di noi, ricordiamolo, che la domanda da farci è: quale risposta a questa richiesta dà maggiore vantaggio, a me, al team, al progetto, all’azienda? In questo modo il nostro sì o no sarà meno emotivo e più consapevole, più radicato nella realtà del momento che stiamo vivendo. Marco Ghetti Docente EMBA e coach