Numero 342 - 20 settembre 2010 - Newsletter Giuridica di Filodiritto

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Numero 342 - 20 settembre 2010 - Newsletter Giuridica di Filodiritto
Newsletter Giuridica di Filodiritto - Numero 342 - 20 settembre 2010
Tribunale di Bologna, Registro della stampa, 24 luglio 2007, n.7770
Direttore responsabile Antonio Zama
Numero 342 - 20 settembre 2010 - Newsletter Giuridica di Filodiritto
PER CONTATTARCI SCRIVI A: [email protected]
PUBBLICITA' SULLA NEWSLETTER - COLLABORA CON FILODIRITTO
LA NEWSLETTER IN SINTESI
APPROFONDIMENTI IN EVIDENZA SU FILODIRITTO
- Cesare Galli:
LA RIFORMA DEL CODICE DELLA PROPRIETA' INDUSTRIALE
- Annapaola Tonelli:
DUE INTERESSANTI CASI DI TRUST AUTODICHIARATI
- Leonardo Leo:
L’ACCERTAMENTO FISCALE PER IL PROFESSIONISTA CHE EMETTE POCHE
FATTURE
- Gianni Penzo Doria:
FINE DEL TELEFAX NELL’ÈRA DELLA PEC?
- Giuseppe Chiàntera:
AFFIDAMENTO IN HOUSE: REGOLAZIONE DEL RAPPORTO TRA
AMMINISTRAZIONE E SOCIETÀ, LO STRUMENTO CONTRATTUALE
- Argante Franza:
L'USO DELLA CARTA DI CREDITO IN UN ENTE DI DIRITTO PUBBLICO E IL REATO
DI PECULATO
- Oliviero Formenti:
CONDOMINIO: DISCIPLINA DELLE OBBLIGAZIONI CONCERNENTI LE SPESE
COMUNI E CONDOMINIO APPARENTE
Rodney Stark
VIFAGE
RASSEGNA DI NOTIZIE
- CASSAZIONE SU CIVILE:
LE TABELLE MILLESIMALI SI APPROVANO CON MAGGIORANZA QUALIFICATA
- CASSAZIONE CIVILE:
RISARCIMENTO DEL DANNO PATITO DALLA CASALINGA
- TRIBUNALE DI BOLOGNA:
IL TRUST SI FA STRADA
- GIUDICE DI PACE:
RICHIESTA ILLEGITTIMA DEI DATI DEL CONDUCENTE IN PENDENZA DI
RICORSO
- CAMERA:
PROPOSTA DI LEGGE MODIFICHE ALLA DISCIPLINA 231
- FONDAZIONE CONSULENTI DEL LAVORO:
CONTROLLO EFFETTUATO DA INVESTIGATORI PRIVATI
- GIUDICI TUTELARI:
AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO IN FAVORE DI PERSONE AFFETTE DA
ALZHEIMER
- GARANTE PRIVACY:
CONTROLLI DEI FILE PORNO SCARICATI DAL LAVORATORE SUL PC AZIENDALE
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- GARANTE PRIVACY:
NO ALLA WEBCAM IN NEGOZIO SENZA TUTELE PER I LAVORATORI
Gilbert Keith Chesterton
IL PUGNALE ALATO E ALTRI RACCONTI
FOCUS
- CASSAZIONE CIVILE:
FONDAMENTI E LIMITI DEL GIORNALISMO DI INCHIESTA
William Shakespeare
GIULIO CESARE
CONTRIBUTI DOTTRINARI DALL'ARCHIVIO DI FILODIRITTO
- LA COMPRESENZA NELLA MEDESIMA ORGANIZZAZIONE DI STRUTTURE IN
HOUSE SVOLGENTI COMPITI ANALOGHI
Giuseppe Chiàntera e daniela Pettinato
- BREVI NOTE IN TEMA DI FINANZIAMENTI DEI SOCI DI S.R.L. FALLITA - Franco
Spezia
- UN ESEMPIO DI ININTEROPERABILITÀ: NELL’ÈRA DELLA PEC BISOGNA
SEMPLIFICARE L’ISCRIZIONE ALL’INDICE PA - Andrea Lisi e Gianni Penzo Doria
- LA NUOVA DISCIPLINA CIVILE E AMMINISTRATIVA INTRODOTTA DALLA
LEGGE N. 99/2009, DAL D.L. N. 135/2009 E DALLA LEGGE REGUZZONIVERSACE. MADE IN ITALY, DESIGN E NOVITÀ PROCESSUALI - Cesare Galli
- DIRITTO DI ASILO - CENNI SULLA DISCIPLINA NORMATIVA IN ALCUNI STATI
EUROPEI - Armin Kapeller
Robert Nozick
ANARCHIA, STATO E UTOPIA
APPROFONDIMENTI IN EVIDENZA SU FILODIRITTO
- Diritto industriale:
LA RIFORMA DEL CODICE DELLA PROPRIETA' INDUSTRIALE
Prof. Avv. Cesare Galli
- Diritto immobiliare, della proprietà, dei diritti reali e del trust:
DUE INTERESSANTI CASI DI TRUST AUTODICHIARATI
Avv. Annapaola Tonelli
- Diritto tributario:
L’ACCERTAMENTO FISCALE PER IL PROFESSIONISTA CHE EMETTE POCHE
FATTURE
Avv. Leonardo Leo
- Diritto delle nuove tecnologie:
FINE DEL TELEFAX NELL’ÈRA DELLA PEC?
Dott. Gianni Penzo Doria
- Diritto amministrativo:
AFFIDAMENTO IN HOUSE: REGOLAZIONE DEL RAPPORTO TRA
AMMINISTRAZIONE E SOCIETÀ, LO STRUMENTO CONTRATTUALE
Dott. Giuseppe Chiàntera
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Tribunale di Bologna, Registro della stampa, 24 luglio 2007, n.7770
Direttore responsabile Antonio Zama
- Diritto penale, diritto amministrativo, diritto pubblico:
L'USO DELLA CARTA DI CREDITO IN UN ENTE DI DIRITTO PUBBLICO E IL REATO
DI PECULATO
Sig. Argante Franza
- Diritto immobiliare, della proprietà, dei diritti reali e del trust:
CONDOMINIO: DISCIPLINA DELLE OBBLIGAZIONI CONCERNENTI LE SPESE
COMUNI E CONDOMINIO APPARENTE
Avv. Oliviero Formenti
Rodney Stark
VIFAGE
Oggi possiamo dare in pegno una proprietà, come una fattoria o una fabbrica, in cambio
di denaro contante e restituire il capitale con gli itneressi (dovuti come pagamento per
l’uso del capitale avuto in prestito). Nel frattempo il mutuatario conserva la proprietà del
bene ipotecato e fruisce di qualsiasi reddito prodotto da quest’ultimo. Nell’XI secolo,
invece, il proprietario di un bene poteva prendere in prestito denaro sotto forma
di vifage, cioè un particolare accordo per cui il controllo della proprietà e del
reddito da essa generato, in toto o in parte, passava al mutuante fino a quando
l’intero capitale non fosse stato restituito. Il reddito ottenuto dal mutuante
grazie alla proprietà non era che un interesse sul capitale prestato, ma dato che
la Chiesa non lo riteneva tale non veniva commesso nessun peccato di usura.
Così, per esempio, per partecipare alla prima crociata Guillame de Le Vast diede in pegno
le sue terre per tre marchi d’argento all’abbazia di Fécamp, che, a sua volta, avrebbe
goduto di tutte le rendite dei terreni fino alla completa restituzione del prestito, nella
quale non era conteggiato il reddito ricavato dall’uso della proprietà. Bernard Morel riuscì
a strappare condizioni migliori quando diede in pegno la sua fattoria alle monache di
Marcigny. Secondo il suo accordo di vifage, infatti, alle monache sarebbe andata soltanto
la metà di tutte le rendite della fattoria fino a quando lui o i suoi eredi avessero restituito
il prestito.
[Rodney Stark, Gli eserciti di Dio, Lindau, 2010, p.161]
RASSEGNA DI NOTIZIE
Diritto
immobiliare,
della
proprietà,
dei
diritti
reali
e
del
trust:
CASSAZIONE
SU
CIVILE:
LE TABELLE MILLESIMALI SI APPROVANO CON MAGGIORANZA QUALIFICATA
"Deve affermarsi che le tabelle millesimali non devono essere approvate con il
consenso unanime dei condomini, essendo sufficiente la maggioranza
qualificata di cui all'art. 1139, secondo comma, cod. civ., con conseguente
fondatezza del primo motivo ricorso principale ed assorbimento degli altri
motivi
dello
stesso
ricorso".
Nella motivazione delle Sezioni Unite si legge, tra l'altro, che: "Da un punto di vista
pratico la tesi della natura negoziale dell'atto di approvazione delle tabelle millesimali
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presenta, poi, degli inconvenienti. Non va, infatti, dimenticato che i contratti vincolano
solo le parti ed i loro successori a titolo universale. Il considerare una tabella millesimale
vincolante per i condomini solo in virtù del consenso dagli stessi, espressamente o
tacitamente manifestato, comporterebbe la inefficacia della tabella stessa nei confronti di
eventuali aventi causa a titolo particolare dai condomini, con la conseguenza che ad ogni
alienazione di una unità immobiliare dovrebbe far seguito un nuovo atto di approvazione
o un nuovo giudizio avente ad oggetto la formazione della tabella. Una volta chiarito che
a favore della tesi della natura negoziale dell'atto di approvazione delle tabelle millesimali
non viene addotto alcun argomento convincente, se si tiene presente che tali tabelle, in
base all'art. 68 disp. att. c.c., sono allegate al regolamento di condominio, il quale, in
base all'art. 1138 c.c., viene approvato dall'assemblea a maggioranza, e che esse non
accertano il diritto dei singoli condomini sulle unità immobiliari di proprietà esclusiva, ma
soltanto il valore di tali unità rispetto all'intero edificio, ai soli fini della gestione del
condominio, dovrebbe essere logico concludere che tali tabelle vanno approvate con la
stessa
maggioranza
richiesta
per
il
regolamento
di
condominio".
Ancora: "In senso contrario non sembra si possa sostenere che la allegazione
delle tabelle al regolamento è puramente formale, ma non significa anche
identità di disciplina in ordine alla approvazione. In linea di principio, infatti, un
atto allegato ad un altro, con il quale viene contestualmente formato, deve
ritenersi sottoposto alla stessa disciplina, a meno che il contrario risulti
espressamente. Va, infine, rilevato che la approvazione a maggioranza delle tabelle
millesimali non comporta inconvenienti di rilievo nei confronti dei condomini, in quanto
nel caso di errori nella valutazione delle unità immobiliari di proprietà esclusiva, coloro i
quali si sentono danneggiati possono chiedere, senza limiti di tempo, la revisione ex art.
69
disp.
att.
c.c.".
(Corte di Cassazione - Sezioni Unite Civili, Sentenza 9 agosto 2010, n.18477:
Tabelle millesimali - Approvazione all'unanimità - Esclusione)
- Diritto civile, diritto della responsabilità civile e del risarcimento dei danni:
CASSAZIONE CIVILE:
RISARCIMENTO DEL DANNO PATITO DALLA CASALINGA
Richiamando alcune precedenti pronunce, la Cassazione ha elaborato due principi in
materia di risarcimento del danno della casalinga:
1) "Il pregiudizio economico che subisce una casalinga menomata nell'espletamento della
sua attività in conseguenza di lesioni subite è pecuniariamente valutabile come danno
emergente, ex art.1223 cod civ. (richiamato "in parte qua" dal successivo art.2056) e
può essere liquidato, pur in via equitativa, anche nell'ipotesi in cui la stessa sia solita
avvalersi di collaboratori domestici, perché comunque i suoi compiti risultano di maggiore
ampiezza, intensità, responsabilità rispetto a quelli espletati da un prestatore d'opera
dipendente" (Cass. Sentenza n. 19387 del 28/09/2004);
2) "Nella liquidazione del danno alla persona, il criterio di determinazione della misura del
reddito previsto dall'art. 4 della legge 26 febbraio 1977, n. 39 (triplo della pensione
sociale), pur essendo applicabile esclusivamente nei confronti dell'assicuratore della
responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli e dei natanti può essere
utilizzato dal giudice, nell'esercizio del suo potere di liquitazione equitativa del danno
patrimoniale, conseguente all'invalidità, che è danno diverso da quello biologico, quale
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generico parametro di riferimento per la valutazione del reddito figurativo della casalinga
(Cass. Sentenza n. 15823 del 28/07/2005).
(Corte di Cassazione - Terza Sezione Civile, Sentenza 20 luglio 2010, n.16896:
Risarcimento danni)
- Diritto immobiliare, della proprietà, dei diritti reali e del trust:
TRIBUNALE DI BOLOGNA:
IL TRUST SI FA STRADA
Due interessanti trust autodichiarati del 22 marzo 2010 e del 28 luglio 2010 sono stati
autorizzati dal Tribunale di Bologna (G.D. Maurizio Atzori della Sez. Fallimentare).
L’autorizzazione non significa certezza di stipula dell’atto in quanto, in base alla
Convenzione de L’Aja sulla legge applicabile ai trusts e al loro riconoscimento, sono
ammissibili i soli trust volontariamente istituiti. In sostanza, il G.D. autorizza il curatore a
proporre il trust alla parte ma la decisione spetta solo a quest’ultima, in difetto della
quale, l’unico rimedio per la curatela, in casi analoghi a quelli di specie, è il ricorso al
sequestro conservativo.
Per approfondimenti rinviamo all'articolo dell'Avv. Annapaola Tonelli .
GIUDICE
RICHIESTA
RICORSO
Diritto
ILLEGITTIMA
della
DEI
DATI
circolazione
DI
DEL
CONDUCENTE
IN
stradale:
PACE:
PENDENZA DI
Non può ritenersi legittima la richiesta fatta al ricorrente di fornire le generalità
e i dati di patente del conducente in pendenza del ricorso proposto davanti al
GdP avverso il verbale principale. E’ questo il principio con cui il GdP di Chieti ha
annullato il verbale elevato da agenti della PS per la mancata comunicazione dei dati del
conducente relativamente ad un precedente verbale già impugnato dal ricorrente innanzi
al
GdP.
Per il giudice adito, in particolare, il termine di sessanta giorni concesso al proprietario
per comunicare i dati del conducente deve essere coniugato con la tempistica globale
delle comunicazioni da effettuarsi all’anagrafe degli abilitati alla guida, e la richiesta
dell’organo di polizia può effettuarsi, se dal caso, solo una volta definiti i procedimenti
giurisdizionali
o
amministrativi.
Secondo il Giudice: "Tale profilo di nullità riguarda l’intimazione contenuta nel verbale
riguardante la sanzione principale e rivolta all‘odierno ricorrente, di fornire i dati del
conducente trasgressore nel termine di giorni sessanta di notificazione del provvedimento
di accertamento della violazione, in presenza del ricorso proposto nei termini avverso la
sanzione principale. E’ da ritenersi , infatti illegittima tale richiesta fatta contestualmente
alla contestazione della violazione perché proprio riportando quanto precisa la Corte
Costituzionale nella sentenza n. 27 del 24 gennaio 2005, “ in nessun caso il proprietario è
tenuto a rivelare i dati personali e della patente del conducente prima della definizione
dei procedimenti giurisdizionali o amministrativi per l’annullamento del verbale di
contestazione dell’infrazione, atteso che (come puntualizzato dall’art. 126 bis del CdS)
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occorre che vi sia definizione della contestazione effettuata (termine a quo), la quale
contestazione si intende definita (come prosegue la norma) quando siano conclusi i
procedimenti dei ricorsi amministrativi o giurisdizionali ammessi, sia avvenuto il
pagamento della sanzione pecuniaria, ovvero, - ed è proprio siffatta previsione ad essere
dirimente – siano decorsi i termini per la proposizione dei ricorsi. Ne consegue che il
termine di sessanta giorni concesso al proprietario per comunicare i dati del
conducente deve essere coniugato con la tempistica globale delle comunicazioni
da effettuarsi all’anagrafe degli abilitati alla guida, e la richiesta dell’organo di
polizia può effettuarsi, se dal caso, solo una volta definiti i procedimenti
giurisdizionali o amministrativi. E dunque, nella questione che ci occupa, non può
ritenersi legittima la richiesta fatta al ricorrente …….. di fornire le generalità e i dati di
patente del conducente in pendenza del ricorso proposto davanti l’A.G.O. di Padova
avverso
il
verbale
principale
(o
di
origine)."
(Giudice di Pace di Chieti - Dott. Renzo Renzi, Sentenza 8 marzo 2010)
[Avv. Alfredo Matranga ]
CAMERA:
PROPOSTA
Diritto
DI
penale
LEGGE
MODIFICHE
commerciale:
ALLA
DISCIPLINA
231
Grande fermendo in materia di 231: ricordiamo lo schema di disegno di legge di modifica
del Decreto 231 e le pronunce della Cassazione 27735/2010 e 28699/2010 .
L'onorevole Della Vedova il 19 luglio 2010 ha presentato una Proposta di Legge alla
Camera per la modifica della disciplina che reca la responsabilità da reato degli enti.
Leggiamo
le
motivazioni
che
hanno
spinto
la
presentazione
della
Proposta:
- "questa proposta non vuole consentire l'impunità degli enti responsabili di
aver commesso degli illeciti, bensì quello di dare stabilità e governabilità al
mercato economico, tarando meglio quel sistema di pesi e contrappesi previsti
dal D.Lgs. 231/2001, al fine della ricerca di un suo maggior equilibrio. Per questa
ragione, le sanzioni dell’interdizione dall’esercizio dell’attività, della sospensione/revoca
delle autorizzazioni e del commissariamento giudiziale dovrebbero applicarsi soltanto con
la sentenza di condanna e non anche in via cautelare (eccettuato il caso sopra descritto).
Tutt'al più, le sanzioni interdittive potrebbero essere applicate in via cautelare solo dopo
la sentenza di primo grado, su richiesta del Pubblico Ministero (approvata dalla Corte
d'Appello competente) e qualora sia presente un grave pericolo di reiterazione del reato";
- "potrebbe essere presa in considerazione l'ipotesi di scindere il momento della creazione
dell'OdV e dell'introduzione delle principali norme per la sua organizzazione e attività, da
quello della concreta e materiale predisposizione del sistema di controllo. Investendo di
detto primo momento la competenza dei soci e delegando, invece, alla competenza
gestoria dell'organo amministrativo ovvero allo stesso OdV la predisposizione della
regolamentazione utile a disciplinare lo svolgimento concreto delle funzioni e della
corrispondente attività, quali ad esempio le regole procedimentali attraverso le quali
svolgere il controllo richiesto dalla legge. Con riferimento alla composizione di tale
Organismo, almeno negli enti di interesse pubblico, dovrebbe essere prevista
obbligatoriamente la forma collegiale per permettere maggior effettività
nell'attività
di
vigilanza
e
controllo
del
rispetto
del
Modello";
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- "secondo la vigente impostazione, l'illecito del soggetto apicale non trascina nella
responsabilità l'ente solo nell'ipotesi in cui l'ente stesso possa dimostrare che lo stesso
soggetto apicale abbia "pervertito e frustrato con l'inganno l'intero sistema decisionale e
di controllo della società" (Trib. Milano, 27.04.2004). Si tratta dell'ipotesi di scuola e
manualistica del cd. amministratore infedele che, come è facile immaginare, è
estremamente difficile da poter dimostrare in sede di giudizio. L'ente, infatti, dovrebbe
dimostrare che il soggetto apicale ha agito contro l'interesse che ha l'ente stesso al
proprio corretto funzionamento. È evidente che tale difficoltà probatoria aumenta in
maniera esponenziale la situazione di incertezza del diritto e che nuoce a quelle imprese
che hanno investito risorse anche nell'organizzazione di un sistema di controllo. Se lo
spirito che ci anima è quello di favorire la diffusione e il radicamento nelle imprese di una
rinnovata cultura del controllo, della legalità e della regolarità volta all’ottimizzazione
delle risorse, l'attuale formulazione della norma non può che scontrarsi con le nostre
aspettative".
Per ulteriori approfondimenti: www.libertiamo.it
(Proposta di Legge 3640: Proposta di modifiche al decreto legislativo 8 giugno
2001, n. 231, recante "Disciplina della responsabilità amministrativa delle
persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità
giuridica a norma dell’articolo 11 della legge 29 settembre 2000 n. 300" )
- Diritto del lavoro e della sicurezza, diritto della privacy:
FONDAZIONE CONSULENTI DEL LAVORO:
CONTROLLO EFFETTUATO DA INVESTIGATORI PRIVATI
La Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro ha emanato un interessante Parere in
risposta ad un quesito sulla legittimità del controllo dell'attività lavorativa mediante
investigatori privati.
In generale, sulla scorta di quanto previsto dagli articoli 3 e 4 dello Statuto dei lavoratori,
la Fondazione ha ricordato che il controllo sull’attività lavorativa può essere eseguito,
oltre che dal datore di lavoro e dai dirigenti e preposti, unicamente dal personale di
vigilanza noto ai lavoratori controllati e che è vietato l'uso di impianti audiovisivi e di altre
apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori.
Pertanto, "il datore di lavoro non può avvalersi di agenti investigativi per controllare la
normale operosità del dipendente, in quantotali soggetti sono sconosciuti ai lavoratori",
tuttavia "è ammesso il ricorso ad investigatori privati esterni per accertare l’eventuale
attività illecita commessa dal lavoratore a danno dell’impresa. In particolare, la
giurisprudenza ha ritenuto legittimo il controllo occulto operato da agenti investigativi
finalizzato ad accertare: l’appropriazione indebita di denaro da parte del dipendente, la
mancata registrazione del pagamento con conseguente omessa consegna dello scontrino
fiscale, la dichiarazione infedele del chilometraggio percorso, le false dichiarazioni sul
lavoro svolto al di fuori dell’azienda, l’effettivo stato di malattia del dipendente".
Infine "quanto alle modalità del controllo, si richiede che gli agenti investigativi si limitino
alla verifica delle irregolarità commesse dal lavoratore ed alla segnalazione dell’illecito al
datore di lavoro, il quale rimane l’unico preposto alla contestazione degli addebiti
disciplinari".
(Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, Parere 15 luglio 2010, n.20:
Legittimità del controllo dell’attività lavorativa mediante investigatori privati)
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- Diritto della famiglia e delle successioni, diritto processuale civile:
GIUDICI TUTELARI:
AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO IN FAVORE DI PERSONE AFFETTE DA
ALZHEIMER
Con tre recenti decreti tre giudici tutelari hanno ammesso la misura dell’Amministrazione
di sostegno in favore di soggetti colpiti da malattia di Alzheimer, sinanche in via
provvisoria.
Quanti ritengono che l’interpretazione adeguata della Legge 6/04 sia basata sull’esigenza
primaria di garantire alla persona, colpita da una malattia inguaribile, un progetto di vita
teso a sostenere i propri bisogni, hanno motivo di trovare conforto anche in questi
provvedimenti.
L’evoluzione culturale proclamata ed avviata dalla Legge 6/04 mira a salvaguardare i
diritti e la dignità del malato, nell’ottica di tutela del valore supremo ed indisponibile
rappresentato dalla vita umana, qualunque siano le circostanze concrete e lo stato in cui
essa versi.
Perciò, sotto tale profilo, le pronunce in oggetto meritano di essere apprezzate poiché
mostrano di aver contribuito a svolgere tale delicato compito interpretativo.
(Tribunale di Trani – Sezione Distaccata Ruvo di Puglia – Giudice Tutelare, Dott.
Andrea D’Angeli, Decreto 24 aprile 2010; Tribunale di Bari – Sezione Distaccata
Rutigliano – Giudice Tutelare, Avv. Angelo Pellegrini, Decreto 6 maggio 2010;
Tribunale di Foggia – Giudice Tutelare, Dott. Danilo Chieca, Decreto 22 luglio
2010 )
[Avv. Nicola Ulisse ]
- Diritto della privacy:
GARANTE PRIVACY:
CONTROLLI DEI FILE PORNO SCARICATI DAL LAVORATORE SUL PC AZIENDALE
Il Garante per la protezione dei dati personali si è pronunciato su un ricorso di un
lavoratore che lamentava l'illecito trattamento dei propri dati personali conservati un una
cartella del proprio pc aziendale. In particolare, il ricorrente dopo aver ricevuto una
contestazione disciplinare cui ha fatto seguito il licenziamento senza preavviso anche a
causa di una verifica effettuata sul disco fisso del computer datogli in dotazione
dall'azienda e dalla quale è emersa la presenza, nello stesso, di numerosi files contenenti
"materiale pornografico" ha ribadito la richiesta volta ad opporsi all'ulteriore trattamento
dei dati personali, anche sensibili, che lo riguardano e a chiederne la cancellazione.
Infatti, "ad avviso del ricorrente, gli stessi sarebbero stati illecitamente acquisiti dal
datore di lavoro accedendo indebitamente al computer datogli in uso, "in sua assenza e
alla presenza di un terzo esterno all'azienda"; ciò, in violazione dei principi di pertinenza e
non eccedenza, sottoponendo a verifica il pc aziendale e "portando via fisicamente l'hard
disk" al fine di effettuare "un esame tecnico specialistico approfondito
dell'apparecchiatura che consenta di individuare tutto il reale contenuto non ancora
verificato"; rilevato che, ad avviso del ricorrente, il trattamento dei predetti dati sarebbe
avvenuto in violazione dei principi di liceità e correttezza, tenuto anche conto che "la
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normativa per l'utilizzo dei servizi informatici aziendali è stata inviata per e-mail dal
direttore della società il giorno 13.1.2010, appena 24 ore solari prima del controllo
individuale (…)" e che, nella stessa, "si esplicitano solo controlli difensivi aziendali relativi
ad accessi, indirizzi/siti internet visitati, e-mail in entrata/uscita, non includendo tra essi,
quindi, i controlli su file giacenti nel disco fisso (…)"; rilevato che il ricorrente ha chiesto
la liquidazione in proprio favore delle spese del procedimento".
In linea generale, il Garante ha rilevato che "il datore di lavoro può riservarsi di
controllare (direttamente o attraverso la propria struttura) l'effettivo adempimento della
prestazione lavorativa e, se necessario, il corretto utilizzo degli strumenti di lavoro, ma
che lo stesso, anche nell'esercizio di tale prerogativa, deve rispettare la libertà e la
dignità dei lavoratori nonché, con specifico riferimento alla disciplina in materia di
protezione dei dati personali, i principi di correttezza (secondo cui le caratteristiche
essenziali dei trattamenti devono essere rese note ai lavoratori), di pertinenza e non
eccedenza di cui all'art. 11, comma 1, del Codice; ciò tenuto anche conto che tali
controlli, indipendentemente dalla loro liceità, possono determinare il trattamento di
informazioni personali, anche non pertinenti o idonee a rivelare convinzioni religiose,
filosofiche o di altro genere, opinioni politiche, lo stato di salute o la vita sessuale (cfr. §
5.2 e 6.1 del provv. del Garante del 1° marzo 2007 "Lavoro: le linee guida del Garante
per posta elettronica e internet" pubblicate in G. U. n. 58 del 10 marzo 2007, di seguito
"Linee guida per posta elettronica e Internet")".
Nel caso di specie, secondo il Garante "la società resistente ha affermato di avere
effettuato un controllo sull'hard disk del computer in uso al ricorrente allo scopo di
"accertare la presenza sull'host di materiale coperto da diritto d'autore", dichiarando
altresì che il predetto controllo è stato determinato da una segnalazione – non
documentata - proveniente da Telecom s.p.a. di "illegittime operazioni di scarico
effettuate dall'user id" dell'interessato; considerato che, dalla documentazione acquisita
al procedimento, risulta che la resistente ha esperito l'anzidetto controllo
informatico in assenza di una previa idonea informativa all'interessato relativa
al trattamento dei dati personali (art. 13 del Codice) e, più specificamente, al
trattamento di dati che il datore di lavoro potrebbe effettuare in attuazione di
eventuali controlli sugli strumenti informatici affidati ai lavoratori per esclusive
finalità professionali, ovvero alle modalità da seguire per gli stessi (ad es., circa
la presenza dell'interessato, di rappresentanti sindacali, di personale all'uopo
incaricato); rilevato infatti che, a tal fine, non possono ritenersi sufficienti le
indicazioni che la società ha dichiarato di avere impartito ai propri dipendenti,
contenute nella "Policy di gruppo relativa alle procedure di sicurezza
informatica" e nella "Normativa per l'uso dei servizi informatici in Telepost"
(quest'ultima, peraltro, diramata al personale solo il giorno precedente
all'ispezione)".
Il Garante ha dichiarato che "fermo restando il diritto della società di verificare la
violazione da parte del ricorrente degli obblighi a cui lo stesso era soggetto in
qualità di prestatore di lavoro (e ciò avendo conservato su uno strumento messo
a sua disposizione per l'attività lavorativa file ad essa non attinenti), la società
resistente ha effettuato un trattamento di dati eccedente rispetto alle finalità
perseguite. Nel caso di specie, stante il divieto, contenuto nella citata
"normativa per l'uso dei servizi informatici in Telepost" di "visitare siti e /o
memorizzare file che abbiano un contenuto contrario a norme di legge,
all'ordine pubblico o al buon costume", la resistente avrebbe potuto accertare la
non conformità del comportamento del ricorrente agli obblighi contrattuali in
tema di uso corretto degli strumenti affidati sul luogo di lavoro, limitandosi a
constatare l'esistenza, nel computer, di una cartella - "travaso_XY - che già
nella denominazione rimandava ad un contenuto di carattere personale, senza la
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necessità di prendere conoscenza degli specifici "contenuti" della cartella
medesima, rispetto ai quali è scaturito un trattamento di informazioni personali
eccedenti e non pertinenti (art. 11 del Codice)".
Il Garante ha pertanto disposto "il divieto per la società resistente di trattare
ulteriormente le informazioni relative agli specifici file conservati nella cartella
"travaso_XY" contenuti nell'hard disk del pc in uso al ricorrente e raccolte nei modi
contestati con il ricorso".
(Garante per la protezione dei dati personali, Provvedimento 10 giugno 2010:
Controlli dei file porno scaricati dal lavoratore sul pc aziendale )
- Diritto della privacy:
GARANTE PRIVACY:
NO ALLA WEBCAM IN NEGOZIO SENZA TUTELE PER I LAVORATORI
Il Garante Privacy ha disposto nei confronti di una ditta individuale "in attesa
dell'eventuale espletamento delle procedure previste dall'art. 4 della legge 20 maggio
1970, n. 300, il blocco del trattamento dei dati personali effettuato a mezzo
videosorveglianza presso il punto vendita".
In particolare, a seguito di una segnalazione inviata di una ex dipendente "avente ad
oggetto l'installazione, presso due distinti punti vendita di una webcam in asserita
violazione della disciplina di protezione dei dati personali e della pertinente normativa di
settore in tema di controlli a distanza sull'attività dei lavoratori ", e degli accertamenti
ispettivi svolti dal "Nucleo speciale privacy" della Guardia di finanza, il Garante ha rilevato
che presso un punto di vendita "è già stata "messa in funzione da circa un anno" una
webcam, "in grado di riprendere l'intera sala destinata ad esposizione e vendita" e che
non risulta essere stata "fornita alcuna informativa agli interessati" e che la medesima
"informativa (minima o circostanziata) non è presente neanche all'esterno dei locali",
ragion per cui non risulta che "gli avventori interessati [siano] informati del fatto che
accedono in una zona videosorvegliata".
Inoltre, secondo il Garante "allo stato non risulta provato che l'installazione delle
webcam sia avvenuta nel rispetto della disciplina di settore prevista per i
controlli a distanza sull'attività dei lavoratori (art. 4, comma 2 della legge n.
300/1970); ciò, anche alla luce dell'orientamento giurisprudenziale secondo cui
il divieto di controllo a distanza dell'attività lavorativa non è escluso né dalla
circostanza che le apparecchiature installate non siano ancora funzionanti, né
dal fatto che il controllo sia destinato ad essere discontinuo (cfr. Cass. 6 marzo
1986, n. 1490)".
(Garante per la protezione dei dati personali, Provvedimento 10 giugno 2010,
n.1736167 )
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Gilbert Keith Chesterton
(1874-1936)
IL PUGNALE ALATO E ALTRI RACCONTI
La strana reclusione della vecchia signora
Ma infine giunse il momento che sapevo esser quello delle rivelazioni illuminanti, il
momento dei brindisi e dei discorsi. Tra un levarsi di canti e d'applausi, Basil Grant si alzò
in piedi.
«Signori» disse «è usanza di questa associazione che il presidente entrante apra i brindisi
non già con una frase generica d'augurio, ma invitando a turno i membri a rendere un
breve resoconto della loro professione. A quell'intervento si brinda e a tutti quelli che
seguono. E mio compito, quale membro più anziano, iniziare illustrando l'attività che mi
consente l'onore di appartenere a questo club. Anni fa, gentili signori, io ero un giudice e
in quell'ufficio cercavo di fare del mio meglio per rendere giustizia e amministrare la
legge. Ma a poco a poco cominciai a rendermi conto che nell'esercizio delle mie funzioni io
in realtà non rasentavo neppure l'orlo della giustizia. Sedevo sul trono dei potenti, vestivo
di porpora e di ermellino, pure se piccolo, modesto e vano era il posto che occupavo.
Dovevo seguire la norma tanto quanto un postino e con tutto il mio oro e il mio rosso
valevo quanto lui. Giorno dopo giorno sfilavano davanti a me casi la cui ferrea logica di
tensioni e passioni io dovevo fingere di mitigare con stupide pene detentive e stupidi
risarcimenti di danni, mentre sapevo benissimo alla luce del mio naturale buon senso che
sarebbero serviti molto meglio allo scopo un bacio o una frustata, qualche parola di
spiegazione o un duello o una vacanza in montagna. Così, a mano a mano che in me
cresceva questa convinzione, cresceva anche il senso di una colossale inutilità. Ogni
parola che veniva pronunciata in aula, fosse un bisbiglio o una bestemmia, mi pareva
avesse più rapporto con la vita di tutte quelle che io ero chiamato a dire. E venne il
momento in cui pubblicamente denunciai tutte queste finzioni, fui giudicato pazzo e mi
ritirai dalla vita pubblica.»
Qualcosa nell'atmosfera della sala mi diceva che Rupert e io non eravamo i soli ad
ascoltare affascinati questa dichiarazione.
«Insomma, scoprii che non potevo essere di alcuna utilità. Mi offrii allora
privatamente come giudice puramente morale per risolvere questioni
puramente morali. In breve tempo questo tribunale d'onore non ufficiale,
sempre mantenuto rigorosamente segreto, ebbe un successo strepitoso in tutta
la società. Davanti a me non si intentano processi per quelle inezie di tipo
pratico di cui nessuno si preoccupa. No, gli imputati vengono processati per quei
reati che veramente rendono impossibile la convivenza. Vengono processati per
egoismo e vanità smodata, per maldicenza e tirchieria nei confronti degli amici e
dei dipendenti. Naturalmente questo tribunale non ha nessun potere coercitivo.
L'adempimento delle pene dipende esclusivamente dall'onore delle signore e dei
gentiluomini coinvolti nel caso, compresi i colpevoli. Ma se sapeste con quale
precisione i nostri ordini sono sempre stati eseguiti, vi meravigliereste. Solo
recentemente ne ho avuto uno splendido esempio. Un'anziana signorina di South
Kensington, che avevo condannato alla reclusione in isolamento per aver con le sue
calunnie causato la rottura d'un fidanzamento, ha recisamente rifiutato di lasciare la
prigione, sebbene alcune persone, animate dalle migliori intenzioni, fossero
inopportunamente giunte a salvarla».
[Milano, Biblioteca Universale Rizzoli, 2003, pp.112-114]
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FOCUS
Diritto
CASSAZIONE
FONDAMENTI
Un
breve
delle
E
ed
nuove
LIMITI
esaustivo
DEL
trattato
tecnologie,
diritto
GIORNALISMO
sul
DI
giornalismo
di
penale:
CIVILE:
INCHIESTA
inchiesta.
Si potrebbe definire così la sentenza della Corte di Cassazione che ha confermato la
pronuncia con la quale la Corte d'appello aveva dichiarato di contenuto non diffamatorio
gli articoli pubblicati da un quotidiano a seguito di una inchiesta promossa e svolta da
alcuni giornalisti, che avevano presentato a laboratori della capitale campioni di tè per le
opportune analisi, dichiarando trattarsi di urina, uno dei quali aveva "confermato"
trattarsi
di
urina.
Vale
la
pena
di
seguire
la
parte
centrale
della
motivazione.
"Deve, innanzitutto, rilevarsi che nel caso di specie si verte in tema di c.d. giornalismo di
inchiesta, espressione più alta e nobile dell'attività di informazione; con tale tipologia di
giornalismo, infatti, maggiormente si realizza il fine di detta attività quale prestazione di
lavoro intellettuale volta alla raccolta, al commento e alla elaborazione di notizie
destinate a formare oggetto di comunicazione interpersonale (attraverso gli organi di
informazione, per sollecitare i cittadini ad acquisire conoscenza di tematiche meritevoli,
per il rilievo pubblico delle stesse. Con il giornalismo di inchiesta l'acquisizione della
notizia avviene "autonomamente", "direttamente" e "attivamente" da parte del
professionista e non mediata da "fonti" esterne mediante la ricezione "passiva"
di
informazioni.
Il rilievo del giornalismo di inchiesta, anch'esso ovviamente espressione del diritto
insopprimibile e fondamentale della libertà di informazione e di critica, corollario dell'art.
21 Cost. (secondo cui "tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero
con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione") nonché dell'art. 2 della legge
professionale n. 69/1963 (dedicato alla deontologia del giornalista nell'ambito
dell'Ordinamento della professione di giornalista), è stato, tra l'altro, riconosciuto dalla
Corte di Strasburgo (che, in particolare, con sentenza 27.3.1996 ha riconosciuto il diritto
di liberamente ricercare le notizie sia l'esigenza di protezione delle fonti giornalistiche) e
dalla Carta dei doveri del giornalista (firmata a Roma 18 luglio 1993 dalla Fnsi e
dall'Ordine nazionale dei giornalisti) che, tra i principi ispiratori, prevede testualmente
che "il giornalista deve rispettare, coltivare e difendere il diritto all'informazione di tutti i
cittadini; per questo ricerca e diffonde ogni notizia o informazione che ritenga di pubblico
interesse, nel rispetto della verità e con la maggiore accuratezza possibile. Il giornalista
ricerca e diffonde le notizie di pubblico interesse nonostante gli ostacoli che possono
essere frapposti al suo lavoro e compie ogni sforzo per garantire al cittadino la
conoscenza ed il controllo degli atti pubblici. La responsabilità del giornalista verso i
cittadini prevale sempre nei confronti di qualsiasi altra. Il giornalista non può mai
subordinarla ad interessi di altri e particolarmente a quelli dell'editore, del governo o di
altri
organismi
dello
Stato".
In tale contesto, al giornalismo di inchiesta, quale species, deve essere
riconosciuta ampia tutela ordinamentale, tale da comportare in relazione ai
limiti regolatori, dell'attività di informazione, quale genus, già individuati dalla
giurisprudenza di legittimità, una meno rigorosa e comunque diversa
applicazione dell'attendibilità della fonte (su cui, tra le altre, Cass. n.1205/2007),
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fermi restando i limiti dell'interesse pubblico alla notizia (tra le altre, Cass. n.
7261/2008), e del linguaggio continente, ispirato ad una correttezza formale
dell'esposizione (sul punto, tra le altre, Cass. n.2271/2005); è, infatti, evidente che nel
giornalismo di inchiesta, viene meno l'esigenza di valutare l'attendibilità e la veridicità
della provenienza della notizia, dovendosi ispirare il giornalista, nell' "attingere"
direttamente l'informazione, principalmente ai criteri etici e deontologici della sua attività
professionale, quali tra l'altro menzionati nell'ordinamento ex lege n.69/63 e nella sopra
richiamata Carta dei doveri (con particolare riferimento alla Premessa). Ne consegue che
detta modalità di fare informazione non comporta violazione all'onore e del prestigio di
soggetti giuridici, con relativo discredito sociale, qualora ricorra l'oggettivo interesse a
rendere consapevole l'opinione pubblica di fatti ed avvenimenti socialmente rilevanti;
l'uso di un linguaggio non offensivo e la non violazione di correttezza professionale.
Inoltre, il giornalismo di inchiesta è da ritenersi legittimamente esercitato ove,
oltre a rispettare la persona e la sua dignità, non ne leda la riservatezza per
quanto in generale statuito dalle regole deontologiche in tema di trattamento
dei
dati
personali
nell’esercizio
dell’attività
giornalistica.
Viene dunque in evidenza un complessivo quadro disciplinare che rende
l'attività di informazione chiaramente prevalente rispetto ai diritti personali
della reputazione e della riservatezza, nel senso che questi ultimi, solo ove
sussistano
determinati
presupposti,
ne
configurano
un
limite.
In particolare, è da considerare in proposito che, pur in presenza della rilevanza
costituzionale della tutela della persona e della sua riservatezza, con specifico
riferimento all'art. 15 Cost., detta prevalenza del fondamentale e insopprimibile
diritto all'informazione si evince da un duplice ordine di considerazioni:
a) innanzitutto l'art. 1, 2° comma, Cost., nell'affermare che "la sovranità appartiene al
popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione", presuppone quale
imprescindibile condizione per un pieno, legittimo e corretto esercizio di detta sovranità
che la stessa si realizzi mediante tutti gli strumenti democratici (art. 1, 1° comma, Cost.),
a tal fine predisposti dall'ordinamento, tra cui un posto e una funzione preminenti
spettano all'attività di informazione in questione (e quindi a maggior ragione, per quanto
esposto); vale a dire che intanto il popolo può ritenersi costituzionalmente
"sovrano" (nel senso rigorosamente tecnico-giuridico di tale termine) in quanto
venga, al fine di un compiuto e incondizionato formarsi dell'opinione pubblica,
senza limitazioni e restrizioni di alcun genere, pienamente informato di tutti i
fatti,
eventi
e
accadimenti
valutabili
come
di
interesse
pubblico.
b) Inoltre non può non sottovalutarsi che lo stesso legislatore ordinario, sulla base
dell'ampia normativa sopra richiamata, ha ricondotto reputazione e "privacy" nell'alveo
delle "eccezioni" rispetto al generale principio della tutela dell'informazione tant'è vero
che in proposito, nello stesso Codice deontologico dei giornalisti (relativo al trattamento
dei dati personali) all'art. 6 si legge testualmente che "la divulgazione di notizie di
rilevante in eresse pubblico o sociale non contrasta con il rispetto della sfera privata
quando l'informazione, anche dettagliata, sia indispensabile in ragione dell'originalità del
fatto o della relativa descrizione dei modi particolari in cui è avvenuto, nonché della
qualificazione dei protagonisti. La sfera privata delle persone note o che esercitano
funzioni pubbliche deve essere rispettata se le notizie o i dati non hanno alcun rilievo sul
loro ruolo o sulla loro vita pubblica. Commenti o opinioni del giornalista appartengono alla
libertà di informazione nonché alla libertà di parola e di pensiero costituzionalmente
garantita a tutti"; come anche deve ricordarsi che con Risoluzione dell'assemblea n.1003
del là luglio 1993, relativa all'etica del giornalismo, il Consiglio d’Europa ha tra l’altro
affermato che “i mezzi di comunicazione sociale assumono, rei confronti dei cittadini e
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della società, una responsabilità morale che deve essere sottolineata, segnatamente in un
momento in cui l'informazione e la comunicazione rivestono una grande importanza sia
per lo sviluppo della personalità dei cittadini, sia per l'evoluzione della società e della vita
democratica".
La
sentenza
è
integralmente
consultabile
sul
sito
della
Cassazione
.
(Corte di Cassazione - Sezione Terza Civile, Sentenza 9 luglio 2010, n. 16236:
Giornalismo di inchiesta - Diffamazione a mezzo stampa)
William Shakespeare
(1564-1616)
GIULIO CESARE Atto III - Scena II
ANTONIO - Ma, amici,
andate a far non sapete che cosa.
Sapete perché Cesare
ha tanto meritato il vostro affetto?…
Ahimè, m’accorgo che non lo sapete.
Dunque bisognerà che ve lo dica.
Il testamento di cui v’ho parlato
l’avete già dimenticato…
CITTADINI - È vero!
Sentiamo quel che dice il testamento.
ANTONIO - Eccolo qua: col sigillo di Cesare:
lascia pro capite a ciascun Romano,
settantacinque dramme.
2° CITTADINO - Cesare nobilissimo! Vendetta!
Della sua morte faremo vendetta!
3° CITTADINO - Oh, Cesare regale!
ANTONIO - Ascoltatemi ancora con pazienza.
CITTADINI - Silenzio, olà!
Silenzio!
ANTONIO - Inoltre vi ha lasciati tutti quanti
eredi dei giardini, delle vigne
e degli orti da lui fatti piantare
di là dal Tevere recentemente:
li lascia tutti a voi e ai vostri eredi,
in perpetuo possesso, perché siano
pubblici luoghi di divertimento
per passeggiate e per ricreazione.
Questo era, cittadini, il vero Cesare.
Quando ne verrà uno come lui?
[Traduzione di Goffredo Raponi, tratto da Liber Liber: http://www.liberliber.it]
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CONTRIBUTI DOTTRINARI DALL'ARCHIVIO DI FILODIRITTO
- Diritto degli appalti, diritto dei servizi pubblici, diritto amministrativo, diritto regionale e
degli enti locali:
LA COMPRESENZA NELLA MEDESIMA ORGANIZZAZIONE DI STRUTTURE IN
HOUSE SVOLGENTI COMPITI ANALOGHI
Requisiti essenziali per l’esercizio del controllo analogo
Dott. Giuseppe Chiàntera e Dott.ssa Daniela Pettinato
- Diritto societario, diritto tributario, diritto fallimentare e delle procedure concorsuali:
BREVI NOTE IN TEMA DI FINANZIAMENTI DEI SOCI DI S.R.L. FALLITA
Dott. Franco Spezia
- Diritto delle nuove tecnologie:
UN ESEMPIO DI ININTEROPERABILITÀ:
NELL’ÈRA DELLA PEC BISOGNA SEMPLIFICARE L’ISCRIZIONE ALL’INDICE PA
Avv. Andrea Lisi e Dott. Gianni Penzo Doria
- Diritto industriale, diritto processuale civile:
LA NUOVA DISCIPLINA CIVILE E AMMINISTRATIVA INTRODOTTA DALLA LEGGE
N. 99/2009, DAL D.L. N. 135/2009 E DALLA LEGGE REGUZZONI-VERSACE. MADE
IN ITALY, DESIGN E NOVITÀ PROCESSUALI
Sintesi della relazione tenuta al convegno "Made in Italy, denominazioni d’origine, marchi
e brevetti: la proprietà industriale che cambia", Università di Parma, 27 maggio 2010
Prof. Avv. Cesare Galli
- Diritto costituzionale, diritti della persona, diritto degli immigrati:
DIRITTO DI ASILO - CENNI SULLA DISCIPLINA NORMATIVA IN ALCUNI STATI
EUROPEI
Dott. Armin Kapeller
Robert Nozick
(1938-2002)
ANARCHIA, STATO E UTOPIA
Lo stato minimo è lo stato più esteso che possa essere giustificato. Qualsiasi stato più
esteso viola i diritti delle persone. Eppure, molte persone hanno avanzato ragioni con cui
pretendono giustificare uno stato più esteso. È impossibile, nell'ambito di questo libro,
esaminare tutte le ragioni che sono state proposte. Mi concentrerò quindi su quelle
generalmente riconosciute come più importanti e influenti, per vedere precisamente dov'è
che non reggono. In questo capitolo consideriamo la tesi che uno stato più esteso è
giustificato perché necessario (o migliore strumento) per conseguire la giustizia
distributiva; nel capitolo successivo esamineremo diverse altre tesi.
"Giustizia distributiva" non è un'espressione neutra. Quando sente il termine
"distribuzione", la maggior parte delle persone presume che qualche cosa o
meccanismo usi un certo principio o criterio per distribuire una determinata
quantità di cose. In questo processo di ripartizione può essersi insinuato
qualche errore. Resta quindi una questione aperta se debba aver luogo una
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ridistribuzione, se dobbiamo fare di nuovo quello che è stato fatto una volta, sia
pure sbagliando. Tuttavia, la nostra non è la posizione di bambini che hanno ricevuto
alcune fette di torta da una persona, che ora, all'ultimo momento, prova a rettificare una
spartizione imprecisa. Non esiste una distribuzione centrale, una persona o gruppo
autorizzati a controllare tutte le risore a decidere congiuntamente come devono
essere ripartite. Quel che ciascuna persona riceve, lo riceve da altri che glielo
danno in cambio di qualcosa, oppure in dono. In una società libera, persone diverse
controllano risorse differenti, e nuovi possessi sorgono dagli scambi dalle azioni volontari
delle persone. Non c'è un'attività distributiva o una distribuzione di quote più di quanto ci
sia una distribuzione di partner in una società in cui sono le persone a scegliere chi
sposare. Il risultato totale è il prodotto di molte decisioni individuali che i differenti
individui coinvolti sono autorizzati a prendere.
[Il Saggiatore, Milano 2000, 163-164]
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