Fragola Nera - KULT Virtual Press
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Fragola Nera, di Christian Battiferro Collana: Narrativa Contemporanea Edizioni Kult Virtual Press - http://www.epaperback.org Responsabile editoriale Marco Giorgini, Via Malagoli, 23 - Modena Fragola Nera Christian Battiferro 1 Sommario Fragola Nera Eva L'isola degli artisti dannati Supermarket Christian Battiferro Narrativa Contemporanea 2 Fragola Nera Mentre dei ragazzini demotivati e blasfemi stavano bruciando le erbacce davanti al complesso residenziale, Cosco si stava masturbando con enorme ferocia dentro la vasca da bagno piena di latte che aveva riempito in assenza d'acqua calda. ”La situazione è chiara…”,pensò, quando stava per sopraggiungere l'orgasmo,”… e così paurosamente concentrata in un cumulo di merda che si potrebbe riassumere semplicemente dicendo: mi rendo conto che sto diventando irrecuperabile… ma non m'importa neanche di essere salvato: le cose vanno prese di petto e basta”. Sprofondò lentamente, teneva il collo piegato all'indietro. Immerse la testa fino alle orecchie quasi a formare un ovale, poi chiuse gli occhi. Il rumore rauco e nevrotico del lettore cd rotto che da circa mezzora era rimasto in stand by divenne un lamento cupo e sensuale, filtrato dal latte stretto attorno ai timpani. Tutto sembrava scomparso e semmai ci fosse stato, era così lontano che non valeva la pena di raggiungerlo. In quel momento si trovava in una sorta di stato comatoso: quel rumore così gracile e confuso era il suo cordone ombelicale mentre il sangue anemico, che gli garantiva un delicato pallore, scorreva, reale come la morte, filtrato e purificato tra le vene 3 Fragola Nera ancora dilatate dalla contrazione muscolare. Erano cinque i giorni senza di lei, cinque giorni in cui tutto sembrava trasparente ed iniquo per Cosco senza lei, senza Awa. Ancora pochi attimi di sublime vuoto nero e poi riaffiorarono i pensieri come ombre dal nulla… inevitabili e pesanti. Riflessioni superflue sgorgarono dal vuoto che lo circondava: “Il fatto è che anche un sogno può diventare routine; tutto prima o poi lo diventa, e ritorni solo, stanco e freddo! Con il tuo insensato sadismo cinico e filosofeggiante. Questo è tutto. Nonostante poco, difficile da reggere!” Cosco provò a convincersi di essere in preda ad un'altra crisi depressiva; temporeggiare, bere, rincoglionirsi pensando a trovare un senso per tutto quello che gli era capitato in quei trent'anni d'attività nel “pianeta terra”, era la cosa che gli riusciva meglio, per poter tirar fuori la vigliaccheria che anche questa volta gli avrebbe impedito di provare su se stesso la “buca ossa” nascosta sotto l'armadio. Poi queste riflessioni così… profonde sarebbero scomparse sgusciando timidamente fuori dalla finestra della sua camera da letto il mattino seguente, anche se forse qualche parola, rimasta intrappolata lì fuori tra i rami dell'albero induriti dal tempo, sarebbe di nuovo penetrata, filtrata dal sole, nella stanza e un terribile senso d'apatia lo avrebbe ripercorso. Non poteva crederci: l'unica ragazza che era riuscito ad amare era scomparsa. Da ormai cinque giorni non aveva più tracce di lei. Forse la questione era molto più complicata di quanto pensava. L'unica certezza era il bisogno remoto e morboso di rivederla. Aspettava qualche telefonata o una e-mail, perché uno dell'associazione si doveva fare vivo, uno che la conosceva bene. Per ben due giorni e tre notti Cosco aveva cercato di contattare i membri dell'associazione ma nessuno rispose. Nessuno dice di sapere dov'è finita Awa. Ma in quel covo ci sono diverse botole e scalette 4 Fragola Nera esterne dove ci si può nascondere: forse stava là… forse la stavano nascondendo nella sala, sotto i computer. Alcune settimane prima rincontrò Packij, un fornitore spagnolo d'origine indiana, e non fu un incontro gradevole. Cosco aveva la faccia scarna e sudata. Le mani impacciate penzolavano come due sardine morte. In testa portava sempre un vecchio cappello da pescatore che nascondeva i capelli così unti che sembravano imbevuti in un mega flacone di lubrificante per camion. Lo sguardo era atono, come quello di un clown che deve fare il suo lavoro in un circo senza pubblico. Packji era molto prudente: incontrò Cosco dietro il grande centro commerciale, tra la folla, per evitare di farsi tagliare la gola da qualche collega un po' invidioso e molto in credito. - Cos'hai da dirmi- chiese Cosco. -Un cubo a quattrocento- rispose lui. -Che cosa?!! Che cazzo di prezzi sono questi? Lo sai che non possiamo concludere in compra-vendita perché ti vai ad abbronzare il culo a Valentia! Quattrocento sono troppi non posso vendere a trenta euro una merdosa gomma. Cosco era convinto che Packji sarebbe sceso ad un compromesso, ma non andò così: i prezzi erano saliti, poteva e voleva esagerare, e poi aveva bisogno di soldi, così l'affare andò a puttane. Si fece vendere solo una gomma, lo salutò e si lasciarono entrambi un po' delusi, anche se era Cosco ad essere più incazzato per quel cubo. Ogni cubo contiene cinquanta gomme di DITARN (soluzione chimica composta d'anfetamine lisergiche, dimetilsolfossido legato ad un TCM di fenone ed altri due o tre composti degni del più nobile psicofarmaco). Il DITSO con il TCM influisce sull'ipotalamo, la zona del cervello addetta alle emozioni, mentre la maggior parte degli altri 5 Fragola Nera composti si dedica all'influsso allucinatorio ed alla stimolazione psicomotoria. L'effetto nel complesso è composto da più fasi in relazione ai tempi di assimilazione delle varie sostanze “psicoattive”. Inizialmente l'ilarità prende il sopravvento e l'effetto potrebbe assomigliare a quello della marijuana messicana, poi comincia l'anfetamina e così ti muovi senza saperne il perché, subito dopo è il momento delle allucinazioni che persistono per circa tre, quattro ore al massimo, lentamente i vari effetti si attenuano e così arrivi all'ultima fase, di certo la peggiore, paragonabile alla paranoia da over di coca. Awa aveva provato solo una volta la gomma, assieme a Cosco, ma quella le era bastata per capire. Lei doveva mantenersi attiva, lucida e in forma, altrimenti l'associazione non le avrebbe mai permesso di continuare la ricerca. Eppure lo amava, naturalmente a suo modo perché altrimenti non lo avrebbe mai accontentato. Cosco passava giornate intere a supplicarla di provare l'effetto chimico della gomma, quel filo conduttore che poteva mettere in contatto l'anima delle persone, come il centro di una grossa città completamente sommerso e venuto a galla all'improvviso. E così fece: le due anime si fusero in un completo torpore. Vite sconnesse, crescono da radici diverse per poi incontrarsi in un attimo di assoluta voluttà e raffinata empatia. Awa, di origini africane, proviene da Nda a nord del Senegal e lavora nell'associazione con lo scopo di integrare gli immigrati africani e analizzare i cardini del sistema capitalistico occidentale attraverso la ricerca di nuovi canali informativi multimediali. Lo spionaggio in rete non esiste solo tra capi espiatori di nazioni rivali, la guerra è attorno a noi, tra gruppi organizzati, all'interno dei gruppi tra circoscrizioni diverse, tra esponenti della stessa circoscrizione, tra la coscienza e l'istinto di un capo e anche tra queste righe! Si stavano avviando ad 6 Fragola Nera una rivolta senza precedenti che nessun scrittore di fantascienza, neanche russo, avrebbe potuto immaginare. Stavano raccogliendo tutto il materiale necessario, facendo leva su quella gran famiglia internazionale di letterati che negli anni novanta crearono i presupposti per introdurre una nuova astrazione culturale ovvero le basi della celebre controcultura post rivoluzionaria. La loro rivolta doveva essere tanto fine quanto tagliente, non si trattava solo di boicottaggio o micro-politica pragmatista: era l'informazione che volevano! Avere l'informazione è avere il controllo. Cosco vive in città e non è né migliore né peggiore di qualunque altro spacciatore di piccola taglia che sogna da una vita il colpaccio per sistemarsi e poter usufruire abbondantemente e incessantemente di quelle sostanze non proprio salutari e ringiovanenti chiamate stupefacenti. Aveva provato più volte ad uccidersi ma non è mai stato abbastanza leale con la propria depressione perché se non ci fosse stata, l'avrebbe inventata per trovare una scusa. Un codardo? Forse; ma quella ragazza… quella ragazza gli diede il colpo di grazia. Lui stava ancora lì a rodersi la scatola cranica pensando a lei: Awa. Awa che parlò di un legame viscerale, inspiegabile, cinque giorni fa gli disse che non poteva continuare a vederlo perché troppe cose erano andate avanti in direzioni opposte. - Non posso restare con te, io devo portare avanti la ricerca con l'associazione… dobbiamo trovare dell'altro materiale. Forse abbiamo tra le mani una multinazionale farmaceutica capisci?- Con quel tono malinconico, mentre Cosco la pregava di aspettare, di pensare a loro due, alle promesse fatte in momenti troppo belli per essere ignorate, ai lunghi attimi di silenzio in cui i loro corpi divenivano quasi porosi da scambiarsi le emozioni che affioravano alla pelle. Nessuno di noi rivivrà tutto questo le diceva. 7 Fragola Nera -Che importanza ha l'associazione? Quanto vale quello che stai facendo?- e lei non poteva rimanere indifferente a queste parole, un legame oscuro e magnetico la legava a lui, ma qualcos'altro le poneva freni invisibili. Cosco conobbe per caso un membro dell'associazione. Fu un pomeriggio, circa due settimane prima di conoscere lei. Nel periodo che va da aprile a giugno le giornate sono piuttosto imprevedibili e ti portano a continui cicli d'umore… infatti quel giorno il risveglio fu piuttosto schizofrenico ed irregolare: aprì gli occhi, poi li richiuse. Come per scalciare iniziò a battere il piede destro nel bordo del materasso. Riaprì gli occhi, allungò la mano verso il comodino e prese l'orologio: mezzogiorno. Si voltò supino nel letto, si accese la sigaretta più bastarda e catramosa che trovò, e la giornata ebbe inizio con uno spirito del tutto lunatico e scontroso. Quel giorno Cosco non aveva affatto voglia di incontrare persone né tanto meno di coltivare amicizie, ma quell'incontro lo colpì particolarmente. Aveva percorso un tratto piuttosto lungo con la metropolitana per arrivare ad un nuovo locale algerino nella parte sud della città. Forse con la speranza di trovare qualcuno ancora in credito con lui. Sceso dalla metro uno strano tizio si avvicinò e con tono servizievole, quasi infantile gli chiese - Sai dove si trova l'Algeri express? Dovrebbero aprirlo oggi… -No, ma so dove devi andare! -Sei simpatico, ma non sei il mio tipo. Io sono omosessuale e se questo ti spaventa… beh, salutiamoci subito! -Spaventarmi? E perché? I gay sono anche assassini? Era Ghan, un nigeriano alto e dai capelli lunghi ossigenati. Si presentò e fece conoscere per la prima volta l'associazione a Cosco e la sua 8 Fragola Nera etica. Forse per l'effetto del Whisky danese bevuto, ovviamente solo da Cosco, o per la voglia di lasciarsi andare, la stessa sera accettò l'invito di Ghan e si diresse a casa sua con la convinzione che l'altro ci avrebbe provato. -Posso mostrarti il mio nuovo programma d'animazione?!-, disse Ghan con un tono che sembrava più imperativo che interrogativo ed entusiasta inserì il mini cd nel computer.-Non bevi?-chiese Cosco- No, noi dell'associazione preferiamo rimanere sempre lucidiIl lavoro che aveva fatto non era niente male: un universo in fiamme cola lentamente sopra una stella-iceberg che a sua volta si scioglie creando un enorme geyser che si perde nell'universo. Sorridendo chiese -Cosa ne pensi del futuro? Cosco si voltò e guardandolo- A che futuro ti riferisci?- Al tuo ovviamente, cosa sarà il futuro di Cosco? -Non saprei… non ha molto senso parlarne, come del passato del resto, ma perché me lo chiedi?-, Ghan sorrise un'altra volta- Eh, penso che sia questione d'adattamento- esclamò. -Che cosa vuoi dire?-, chiese Cosco, - Devi adattarti, ti stanno controllando, non puoi essere lasciato in pace per troppo tempo, non puoi fare sempre il furbo… ci penseranno loro- rispose Ghan, poi lentamente gli mise una mano nelle palle e cominciò a palpeggiarle delicatamente. Cosco rimase un minuto a pensare e poi proseguì -Spiegati meglio Ghan!- mentre la mano andò a finire sulla chiusura lampo, Ghan ribadì- Stanno controllando tutto, in città ci sono più di duemila microcamere con tanto di sensori acustici e teleobiettivo, non puoi svignartela se ti beccano con quella roba, capisci?- Poi glielo tirò fuori, era già duro, e cominciò a succhiarlo. Cosco pensava: “Sicuramente sta scherzando, non può parlare sul serio altrimenti non mi avrebbe fatto un pompino immediatamente. E' strano vedere qualcuno che te lo tira fuori, se lo strofina un po' in faccia e poi ti fa 9 Fragola Nera un pompino; una testa si sta muovendo attaccata per la bocca al mio cazzo… ed io non posso rimanere indifferente a tutto questo. Dovrei fare qualcosa per sentirmi più a mio agio o basterebbe non pensarci?” Probabilmente Cosco optò per la seconda ipotesi perché l'attività intrapresa da Ghan continuò senza grandi difficoltà organizzative. La serata continuò anche grazie all'ausilio di una massiccia dose d'alcool che Ghan teneva appositamente per gli ospiti occasionali e mentre stava per prendere la metropolitana che lo avrebbe ricondotto al complesso residenziale, Cosco pensò che avrebbe potuto imitare William Holden continuando a bere per poi schiattare, ma sarebbe stato poco professionale per un tipo che spaccia gomme. La sua tesi era confermata: Ghan voleva provarci e Cosco era troppo andato per resistergli o pensare a quello che stava succedendo. In metropolitana non poteva far altro che pensare o allenarsi a pensare di non pensare: “è una cazzata che l'alcool ti fa dimenticare...non ti distoglie dalle tue crisi, solo che non te ne frega un cazzo!” Pensava che se sarebbe andato avanti così le cose sarebbero presto peggiorate. Doveva trovare quel che in gergo si definisce il pezzo da novanta per sistemarsi con le gomme una volta per tutte. Tra paranoie e speranze sorde arrivò lei. Il momento non era tra i migliori, ma poteva andare peggio. La conobbe una sera dopo essersi iniettato 3 millilitri di 4-bromo-2,5 dimetossianfetamina, meglio noto come DOB, ed essersi catapultato fuori da un fast food dove uno strano tizio gli aveva appena rivelato che per fare una Pepsi basta aggiungere, in proporzioni adatte Sprite e Coca. Si mise a camminare velocemente su e giù per vicoli e borghi poco illuminati, una strana sensazione gli rendeva le gambe molto leggere, quasi fossero fatte di burro, perché non sentiva affatto la stanchezza. Avrebbe potuto camminare per chilometri e chilometri senza mai fermarsi, senza mai chiedersi dove stesse andando, un po' come il personaggio di un video 10 Fragola Nera gioco, solo che a muovere il yoe stick non c'era nessuno o meglio nessuno che conoscesse quel gioco. Udì in lontananza una musica ricca di ritmi profondi, palpitanti, simili a quelli di una tribù. Seguendo quel magma intenso di suoni arrivò in fondo ad una strada che dava su una piazza circolare di dimensioni modeste ma affollatissima. Bagliori sfocati di fuochi d'artificio rossi comparvero all'improvviso. Erano grandi fumogeni che avvolgevano in una nube onirica la più bella parata di costumi africani che Cosco non avesse mai visto. Si accese una sigaretta. Quella zona gli sembrava conosciuta, probabilmente era vicina ad uno strano mercatino di quartiere dove tra fruttivendoli e ricettatori di bici trovi anche chi ti vende qualcosa di acre da fumare. I ricordi che Cosco aveva dell'ultima dose di DOB presa non erano molto chiari, miriadi di flussi cerebrali assecondarono la percezione che dal canale visivo a quello uditivo viaggiava ad una lunghezza d'onda decisamente stravolta rispetto a quella ordinaria. A livello scientifico si tratta di un anomalo funzionamento dei neuro trasmettitori con relativo indebolimento del sistema auto immunitario. Ovviamente tutto questo alla lunga può causare stress, agitazione e anche un leggero tremolio nervoso, ma si tratta anche di come è affrontata la cosa: non bisogna mai farsi prendere dal panico. Il motto di Cosco è: “Sei su una giostra, divertiti finché non termina il giro”. I danni cerebrali invece sono inevitabili anche se si possono ignorare con relativa facilità: apri il frigo per prenderti il latte ma nel momento in cui lo apri nessun stimolo arriva al tuo cervello, ti dimentichi cioè il motivo per cui hai compiuto quel gesto, qual era la cosa che volevi prenderti. A ciò si può reagire in due modi diversi: pensando “Oh, mio dio, sto diventando deficiente!”, e smettendo drasticamente di assumere droghe, oppure pensando “Cazzo! Cosa dovevo 11 Fragola Nera prendere?…”, e chiudendo delicatamente il frigo per tornare a drogarsi. Cosco è quel genere di persona che in caso simile avrebbe di sicuro imboccato la seconda strada. Gli stati psichici ed organici abnormi, dovuti all'abuso ed all'astinenza di droghe, sono una normale alterazione fisiologicamente assorbita nella quotidianità delle azioni espresse dall'inutilità delle gesta e delle parole. E' tutto normale… se sei convinto. La Gauloises gli cadde a terra scivolando tra le dita appena comparve Awa tra la folla con addosso una grossa maschera africana. -Chi sei?- Chiese stordito Cosco, credendo di avere avuto una allucinazione. -Io mi chiamo Awa e tu? -Co… come dici? Togliendosi la maschera: -Qual è il tuo nome? Sorridendo imbarazzato: -Ah, scusa… io non avevo capito… mi chiamo Cosco, piacere… -Non partecipi alla festa? -Veramente sono capitato qui per caso, ma a me piace molto questa atmosfera… mi ricorda un vecchio film dove un tizio vedeva una ragazza tra i fumi di una cerimonia cinese e poi la seguiva ovunque in città, finché… -Ok, non importa il resto, adesso so cosa succederà. -La tua maschera è bellissima da dove viene? -Dal paese dove sono nata: Nda, tienila pure se vuoi, mio padre le costruisce. -Grazie, sei gentile Cosco riuscì a contenere perfettamente l'effetto del DOB. Sentiva che quell'incontro possedeva un forte magnetismo e che entrambi lo percepivano. Niente è andato storto all'inizio. Era convinto di essere innamorato ed 12 Fragola Nera era la prima volta, anche se non poteva essere solo amore perché quel sentimento aveva una radice stranamente inconscia. Se ne accorse la prima volta che Awa si lasciò andare completamente. Quella sera la voglia di ingoiare la gomma presa da Packji qualche giorno prima stava crescendo in continuazione. Sentiva quasi un impulso a livello psicologico che lo portava a pensare a quella gomma, è una voglia quasi morbosa ma al contempo ingiustificata, non c'è niente che possa apparire come sensato o plausibile in questa voglia in quanto a livello mnemonico nulla viene assimilato, un'esperienza di questo tipo non lascia tracce, è vissuta molto intensamente ma senza ricordi concreti. La volontà dev'essere quindi legata a qualcosa di diverso, qualcosa che viene recepito in un momento di assoluta allucinazione sensoriale ma così intenso da non poter essere cancellato a livello inconscio. La mancanza di dipendenza fisica ne è la controprova. Il cielo era nuvoloso e la pioggia non avrebbe tardato a scendere. La stanza di Cosco risplendeva di un grigiore temporalesco, ma quel tono, nonostante fosse molto suggestivo, gli impediva di condurre la partita a scacchi con Awa, così decise di accendere la luce: quattro piccoli fari posti negli angoli in alto delle pareti. Questa curiosa illuminazione ha uno scopo ben preciso: Cosco aveva fatto scendere dal soffitto una serie di fili trasparenti molto sottili nei quali a diverse altezze si trova legata una conchiglia in plastica che riflette la luce in modo diverso a seconda dell'angolatura con cui viene colpita dal fascio luminoso. Tutte queste conchiglie, che ruotano su se stesse, possiedono colori differenti e quando i quattro fari si accendono dai diversi punti nella stanza, si crea un magnifico spettacolo di riverbero in cui la luce, diffranta tutt'intorno, forma bellissimi spiragli policromatici che ruotano e si scontrano sormontandosi o eludendosi in un'atmosfera da sogno. Aveva vinto la partita: il re inchiodato in G8 dalla regina in G6 e la 13 Fragola Nera torre in H4. -Adesso devi mantenere la promessa- le aveva detto e lei non poteva fare altrimenti: presero una gomma entrambi. Poi Cosco si accorse di avere sopra un tavolino ad angolo una matita per il trucco: era quella che usava una sua ex ragazza. La prese in mano e si rivolse a Awa -Posso provare a truccarti? -Solo se dopo lo faccio anch' io!- subito come una bambina. -Ok, però prima io- soddisfatto. Lentamente l'effetto della gomma si faceva sentire mentre Cosco disegnava strane elissi tra le guancia scure di Awa che seduta di fronte a lui lo fissava negl'occhi con quelle grandi pupille marroni che impercettibilmente si stavano dilatando e quelle lunghe trecce nere che le avvolgevano il collo e scendevano sino ai fianchi. La maschera che gli aveva regalato stava sopra un grosso scafale Ikea in metallo, proprio nel mezzo, di fianco a loro. Le luci trapassavano nelle fessure, trasformando la profondità, allungando i lineamenti che brillavano e sembravano prendere fuoco. -Parlami della tua terra- , le chiese -la mia terra… ero molto piccola, non ho ricordi precisi, solo immagini e vibrazioni.- All'improvviso un terribile senso di vuoto la percorse. Poi proseguì -Tocca a me! Voglio anch'io disegnare qualcosa sul tuo volto. Prese la matita e con un'affascinante determinazione percorse tutto il viso bianco di Cosco formando linee verticali che si sfioravano alle estremità e si allargavano al centro come il contorno di un seme. La sensualità che quei movimenti trascendeva lo incantò, avrebbe voluto restare per sempre fermo in quella posizione per farsi sfiorare il volto… quelle mani di fata emanavano una essenza a lui ignota ma talmente corposa ed intensa che gli sembrava quasi di sentirla penetrare tra i pori della sua pelle. Poi di colpo Awa si bloccò, rimase immobile a contemplare l'opera. Tremava quasi dall'emozione che stava provando, un sentimento 14 Fragola Nera irreale la teneva incollata a quegl'occhi come se in essi vedesse ben più di un fantasma… in essi riviveva una memoria sommersa. -Chi sei?- gli chiese, mentre inarcando le sopraciglia spalancò all'improvviso la bocca come per liberare un grido muto. -Io, sono sempre io- rispose Cosco. Awa lo fissò ancora un attimo poi chiuse gli occhi e scoppiò a piangere; subito Coscò cercò di calmarla, la abbracciò e la baciò per molte e molte volte. Poi fecero l'amore. Nel frattempo cominciò a scendere la pioggia, Cosco si avvicinò alla finestra, poi l'aprì, respirando a pieni polmoni una boccata d'aria “zolforea”, piegò la testa fuori ed il trucco scivolò via. Non seppe mai cosa fosse successo ad Awa in quel momento e quali arcaici sentimenti si risvegliarono in lei quella notte. Pensò: ”Siamo anime gemelle e ci siamo già incontrati in un'altra vita”. Adesso che lei non c'era più, avrebbe fatto di tutto per capire quali pensieri si muovevano in Awa. Quei cinque giorni di assenza gli erano bastati per soffrire molte cose, per svelare a se stesso segreti che nacquero in momenti sacri della devozione per Awa, per bruciare i suoi occhi e toccare le stelle del suo cielo. “Perché lei? Perché lei e solo lei?” non riusciva a pensare ad altro. Non poteva immaginare cosa sarebbe successo. Il primo giorno che non ebbe più notizie decise di contattare un amico di Pakij, visto che lui era partito, per prendere un cubo da vendere. Questo tizio non l'aveva mai visto. Si faceva chiamare Skeffo e non si sa se per affetto o abitudine. Stranamente avevano deciso di incontrarsi in metrò, sia perché in città ultimamente le cose non andavano molto bene: avevano beccato tre asiatici, di cui uno di loro, un certo Murat, aveva fatto molti nomi, e due marocchini con tremila cubi, e sia perché era comodo per entrambi. 15 Fragola Nera In città la metro è piuttosto recente, ormai il numero di bus era divenuto esorbitante e un altro mezzo di trasporto pubblico si rivelò necessario. Ma il progetto non si fermava a questo: avrebbero creato tre diverse categorie o classi in base all'età(massimo 20 anni, massimo 50, ed oltre i 50, naturalmente comitive e bambini erano eccezioni), per selezionare l'afflusso di persone che ogni giorno si accalcava nelle stazioni. La situazione era paragonabile a quella di una goccia di inchiostro che cade nella carta millimetrata: non può che mandare a fanculo i quadratini. La politica dell'estetismo ottuso e perbenista stava trasformando tutta la città in un immenso ospedale pieno di reparti: il centro in mano agli studenti e ai commercianti, alcune zone della periferia divise per pericolosità, mentre altre integre e benestanti preservano il posto alla futura classe dirigente, cercando di emarginare al proprio interno la cosiddetta terza età conservatrice. Skeffo portava una fascia di cuoio attorno al collo. Aveva i capelli scuri e gli occhi di un azzurro lunare che avrebbero potuto mentire anche a una fata. Le Nike verdi stonavano tremendamente con i pantaloni grigi in fibre sintetiche e poliestere… ma questo a lui forse non importava. Si sedette di fianco a Cosco, zitto per due minuti, poi inclinò la testa verso di lui guardando il finestrino. -Sei tu Cosco? -Si. -Quanti ne vuoi?- Veniva dal nord dall'accento, Veneto o forse Trentino, ma la carnagione scura faceva pensare più a un meridionale. -Come faccio a sapere che sono come quelle di Packji?- Chiese Cosco come d'impulso. Skeffo si voltò verso di lui con un accenno di sorriso subdolamente mascherato dal tono di voce quasi prepotente -Packji lavora per me-. Cosco rimase un attimo in silenzio lo guardò e poi fece un cenno d'approvazione con la mano. Prese un cubo e se ne 16 Fragola Nera tornò a casa. Nella vasca da bagno piena di latte aveva portato anche quel cubo, era dentro la navetta galleggiante di plastica con la quale giocava da piccolo e che conservava ancora intatta. Lo tirò fuori, si alzò lentamente, spense il lettore cd che ormai stava per fondersi in stand by, e si diresse verso la sua camera. Qualche minuto prima il “biip” di una nuova e-mail aveva suonato nella periferica al cellulare, ma durante l'orgasmo è difficile rimanere attenti a cosa sta succedendo “fuori”. L'e-mail la mandava qualcuno dell'associazione, forse Ghan o forse Awa, e l'oggetto era diverso da quello per il quale avrebbe dato la vita Cosco, ovvero Awa, l'e-mail parlava chiaro: “Una rete di aziende farmaceutiche trans-nazionale aveva messo in commercio sostanze isomere di un psicofarmaco molto potente, creando dei seri rischi di sovra dosaggio e intossicazione”. Gli isomeri sono costituiti da molecole che hanno gli stessi tipi di legami fra gli atomi, ma diversa disposizione nello spazio e quindi differenti proprietà. Per le industrie farmaceutiche è un emerito spreco scartare tutti gli isomeri di un prodotto che in alcuni casi raggiungono il 30-40% della sintesi: un modo facile e fruttuoso per utilizzare queste sostanze è quello di creare un mercato parallelo ovvero da psicofarmaci a droghe di strada… gli acquirenti non mancano. Cosco teneva il cubo in mano, spinse la porta del bagno con fatica, una porta vecchia e rumorosa, poi entrò nella sua camera e si sedette proprio dove si sedeva di solito con Awa. Tra le conchiglie che scendevano dal soffitto scorgeva la maschera che gli regalò Awa: bellissima e maestosa stava sempre la, sopra il mobile Ikea, ad osservare sovrana la strana vita di un uomo asfissiato dal proprio respiro. Aprì lentamente la mano dove teneva il cubo, il tappeto sul pavimento si stava inzuppando del latte che sgocciolava dal suo corpo. Spalancò la bocca spasmodica dal freddo e con un gesto deciso e 17 Fragola Nera serrato ingerì tre gomme in un boccone. Stava tremando, il suo corpo nudo e bagnato dal latte sembrava quello di una larva afflitta dal morbo di Alzheimer. Rimase seduto ad aspettare mentre il latte si asciugò piano piano. Rimase seduto e poi si alzò all'improvviso: la maschera era scomparsa! Tuoni e lampi all'improvviso, miriadi di flussi cerebrali, tempeste di sovraccarichi nervosi, stimoli e crampi dal profondo dell'intestino come fulmini infiniti, laceranti. E poi un collasso: calma, calma… non è successo niente… solo come il microchip del centro di smistamento nella città sommersa, solo come un impulso elettrico unidirezionale, solo come tutti quei stupidi insetti dentro le proprie tane, solo… come tutti ma in un satellite chiamato attimo. 18 Eva Quella notte eravamo tutti svegli. Sabi predicava ancora per quel postaccio dove ci eravamo piazzati, con il suo modo di fare scontroso, la cicatrice stretta sopra il sopracciglio sinistro e quella testa rasata con un grosso dread al centro rosso. Portava sempre una felpa nera lercia e i pantaloni di tre taglie in più fregati al tizio dell'autosoccorso stradale che incontrammo tornando da Berlino. E' da allora che Sabi si lamenta sempre, non gli va mai bene un cazzo! Il posto dove c'eravamo fermati con il camper non era male: una specie di giardino secco strinato. C'era la rete bucata che ci permetteva di fottere l'acqua tramite una canna piazzata proprio sulla bella fontanina del cazzo che sembrava abbandonata ma era tutta piena di decorazioni barocche tipo fiori da checca. Tutti erano a posto tranne Sabi che tirava fuori le scuse più assurde per menarla, allora io salto su e gli faccio -Smettila di stressare la minkia che non sai più quello che dici! Ormai ti sei fottuto il cervello con quelle cosine!- Lui si incazza da morire, quasi mi sta per ammazzare quando si scaglia su di me che stavo tutto bello polleggiato a fumarmi il ciloum ma Roli interviene e mi caccia dal camper. Allora mi alzo ed esco dal Volkswagen, un modello che ora non ricordo più ma era 19 Eva vecchio, cazzo, proprio vecchio, aveva tutte le tendine tirate e da fuori non si vedeva un cazzo, mentre sento ancora Sabi che urla a gl'altri Quel pezzo di merda! Gli spacco il culo appena torna così impara a fare il furbo! Siamo sotto un ponte di merda che se passa la pula ci vede subito e se ci trova la roba sono cazzi!Il giorno dopo i pentolini erano ancora sul fornello sporchi di keta e in giro un sudiciume che neanche la Betty avrebbe leccato. I cani non mi mollano e mi devo alzare per dargli qualcosa da mangiare ma non c'è proprio un cazzo, neanche per noi, neanche per noi cazzo! Bisogna pensare al Rave di Martedì ma quel coglione di Dani ha fatto saltare i twitter perché stava troppo di fuori e ha sbagliato i collegamenti così adesso siamo nella merda con l'impianto e martedì è vicino! Prendo i cavi grigi da riparare ed esco, mi avvicino alla strada, è giorno ma sembra ancora notte, per la strada neanche un cane tranne il mio Rashi, forse è domenica. Mi avvicino ad un bidone dove Rashi era andato a pisciare ed è li che incontro Eva, sdraiata a pancia in su dietro al bidone che sembrava morta stecchita da un pezzo. È li che le nostre strade si incrociano. Provo a muoverla e lei si alza di scatto tutta impaurita e mi fissa come per dire “Chi cazzo sei?” allora la guardo e le chiedo -Tutto bene?- lei non risponde, mi guarda e basta, ma si vedeva che quella era sconvolta, non riesco ad andarmene e lasciarla lì. La squadro un attimo da testa a piedi, ha le pupille dilatate, la bocca sporca di una specie di rossetto tutto maciullato e tirato, come una mascherina, e poi mi accorgo che da sotto la gonna esce una specie di liquido rossastro che sembra pipì mista a sangue e le cola lentamente nelle gambe. Penso: ”Non sta un cazzo bene cazzo, e ora che faccio?” Poi la prendo per mano e la porto verso il camper, lei mi segue muta e si guarda in giro come fa di solito Rashi. Appena arrivammo al furgone non c'era più il furgone. I ragazzi erano ripartiti senza di me, qualche testa di cazzo li aveva minacciati credo, 20 Eva Sabi di sicuro non aveva avuto problemi ad escludermi dal gruppo dopo quello che era successo. Mi ritrovai solo con lei, senza sapere per quale motivo, ma non potevo certo mollarla o portarla semplicemente dagli sbirri per mettermi la coscienza a posto, tanto non sarebbe servito a niente, anche perché temevo potessero scoprire tutti i miei affarucci illegali. Andammo così a casa sua. Sono passati tre giorni da quando la ritrovai ma la memoria non le è ancora tornata. Mi raccontò tutta la sua storia fino a quella notte, la notte prima che la trovassi, in cui doveva incontrare un certo Rivus, e in cui la memoria la abbandonò lasciando un vuoto, un buco che ora stavamo cercando di colmare. Una cosa è certa: fu violentata ripetutamente con ferocia da qualcuno che poi, probabilmente, la scaricò per strada. Non poteva ricordare forse per lo shock, forse perché era stata drogata o che altro, io non sapevo che fare. Mi disse che tutto iniziò quando qualcuno che lavorava con loro le inviò un messaggio personale nella chat room: Fammi scaricare qualcosa, scrisse, aveva decodificato lo script 3000 che usava in quel momento mettendosi in contatto con lei, Eva. Capelli biondo scuro, occhi verdi, indossava delle salopette marroni e non usava trucco per il viso. L'allergia glielo impediva. Portava un paio di grossi occhiali a forma di oblò, montatura rosso porpora con delle lenti affumicate violacee, e fumava dei sigari cubani sorseggiando the e gin, quando componeva. NICK: Eva Che script usi? NICK: bOXy!! 21 Eva un BcM 2000 e tu? NICK: Eva non importa, non ce la farai mai con quello. Ciao NICK: bOXy!! Aspetta. io posso venderti bene NICK: Eva Udi che stai parlando???????u NICK: bOXy!! lavoro per una MSsoft. stanno cercando campioni da masterizzare per nuovi programmi NICK: Eva cosa dovrei fare di preciso? NICK: bOXy!! comporre un pezzo NICK: Eva non mi interessa NICK: bOXy!! pensaci, avresti la possibilità di lavorare con programmi assolutamente migl NICK: Eva ti ho detto che non mi interessa, fottiti! 22 Eva Chiuse subito la room disconnettendosi. Aveva ricevuto altre proposte del genere in passato. Lavorare per una MSsoft.(music system software) non le piaceva. Tutti quei mercenari la rendevano nervosa. Si sentiva come violentata da una mano invisibile. Il suo ultimo prodotto si chiamava Station ed era uno dei più bei sistemi sonori che avesse mai composto, frutto di tre anni di lavoro. Ormai era diventata una professionista, sapeva trattare un file WAV talmente bene da inserirci dentro un virus utilizzando una lunghezza d'onda ridotta tra due unità. Gli ultrasuoni erano concentrati con frequenze diverse da una melodia ad un'altra: quella che sembrava una semplice polifonia era in realtà in grado di crakkare un intero programma per musica. Eva utilizzava i propri pezzi per entrare in una musicmachine, servirsi delle funzioni migliori per estrapolare e lavorare file audio e poi mandarla in tilt col virus ad ultrasuoni, destinati ad espandersi in rete tramite un collegamento MP3 all'e-mail. Ma questa era solo una parte di quello che era in grado di fare, sapeva benissimo come funziona anche il DXSS che è una specie di integrato ultrasonico in grado di danneggiare o modificare alcune funzioni a livello inconscio nella psiche umana, utilizzando frequenze assolutamente vietate dall'unione. La genialità di quella ragazza avrebbe fatto comodo a molte MSsoft. Ascoltava Station tre volte al giorno perché non si trattava solo di suoni, dentro a quelle frequenze c'era una vita, una vita in grado di distruggere altre vite o modificarle. Tre giorni dopo l'intercettazione di “Boxy” in chat, la MSsoft-Italy le mandò una mail, c'era il nome di un sito ed un cordiale invito ad entrarvi. Eva era tentata perché sapeva che se avesse accettato molte cose nella sua vita sarebbero cambiate. “Click”: la pagina era 23 Eva completamente nera, al centro un'icona a forma di chiave di violino blu. “Click”: sopra si aprì una pagina con più di venti programmi demo per musica. Avrebbe potuto scaricarseli tutti, ma non lo fece. Compose il numero di telefono in basso allo schermo. Una segreteria telefonica ripeteva un indirizzo con una musichetta da videogame anni'80 in sottofondo. Era tentata, era tentata ad andare fino in fondo e così fece. Prese un taxi e selezionò sulla mappa elettronica l'indirizzo annunciato dalla segreteria. Arrivò ad un vecchio edificio senza finestre. Si avvicinò all'unica entrata: un portone in metallo blindato e subito si accese una luce. Dopo circa due minuti una signora sulla quarantina, alta e robusta ma con una divisa elegante dove il simbolo della MSsoft spadroneggiava all'altezza del petto, le aprì. -Buonasera, prego mi segua.- Attraversarono un lungo corridoio pieno di vetrate affumicate color bluastro, presero un ascensore e arrivarono ad un altro corridoio, l'edificio era desolato. Aprì una porta a specchio circa a metà del corridoio e le fece segno di accomodarsi. Seduto in fondo a quella specie di ufficio che al posto di finestre aveva schermi PDV e sensori tattili, l'attendeva un giovane: alto, capelli biondi, occhi azzurri, molto affascinante. -Buonasera, lei è Eva giusto?Si- rispose freddamente, non voleva lasciar trasparire l'intimorito tono della voce. -Io mi chiamo Roman Rivus, mia madre è di origine polacca. -Ah si? Davvero interessante, la mia no! -Lo credo- aggiunse, sprigionando un sorriso malizioso. Poi proseguì -Arrivo subito al dunque: dovrei pagarla per usare i nostri programmi, niente di più-Lei crede signor Rivus? Pensa che il mio lavoro si limiti a questo? -Penso che lei abbia talento, e i talenti non vanno sprecati, altrimenti si rischia di perdere delle buone occasioni. 24 Eva -Non credo si tratti solo di questo... -Ok, possiamo uscire di qui, prendere un taxi e raggiungere un caffè, lì le spiegherò con calma in che cosa consiste il nostro lavoro. Fuori da questo posto le cose potranno sembrarle molto meno diciamo eh...formali. Poi lei mi dirà cosa ne pensa cioè se le sembra una buona idea fare dei soldi usando solo il suo talento o perché eventualmente rifiuterà la cosa. Se si fida di me le cose non cambieranno minimamente, in caso contrario posso darle la mia parola che farò il possibile per rispettare ogni patto.- Eva lo fissò negli occhi per un istante e si accorse che una strana luce si diffondeva dalle sue pupille. Aprì lentamente la bocca come per dire qualcosa ma dalla tenue fessura che si schiuse tra le labbra non uscì che un sibilo muto; annuì e andarono. Percorsero un quartiere intero e arrivarono dalla parte opposta della città, al Huang Shaosonx, un vecchio caffè gestito da cinesi. Eva Adora quel Jazz fine anni venti che un trio di trombettisti stava suonando quasi apposta per l'occasione. Sembrava che quel Rivus le avesse letto nel pensiero durante il lungo e silenzioso viaggio in auto e adesso pensasse: “A questa ragazza piacciono i posti pieni di fumo, dove dei tizi tutti ingessati e scorbutici se ne stanno al banco a bere Martini e fumare sigari puzzolenti tutta notte, fissando tutte le fiche che gli gironzolano in torno”. Appena una di loro si siede, allungano subito una mano sotto il tavolo per passarle una chiave che non apre nulla ma che significa tutto. Lei a quel punto può mandarli a farsi fottere oppure accettare e farsi fottere da loro. Questa ragazza non aspetta altro, me la sono portata nel posto giusto, adesso devo trovare le parole giuste e lei sarà in mio potere.” Eva mi confidò di non saper resistere alle proposte sessuali. Questa caratteristica della sua personalità è legata alla convinzione che la sua forza di volontà si smagnetizza di fronte ad un uomo. Anche nel caso 25 Eva in cui questo ipotetico e astuto avventuriero sia un emerito cesso, un rifiuto della natura, insomma un essere orribile alla vista e dal puzzo insopportabile, Eva non sarebbe in grado di respingerlo perché essenzialmente si sente una ninfomane e non può farci nulla. La convinzione nel viso di molte persone la ipnotizzava e la rendeva vittima del loro agire. -Lei sa quanti programmi esistono oggi solo per far musica?- Le chiese prepotentemente Roman Rivus avvicinandosi quasi minacciosamente. -No. Non è uno dei miei interessi principali il marketing- rispose Eva fissandolo negl'occhi. -Bene allora le risponderò dicendole che se le cose andranno avanti così fra qualche anno avremo più soft per far musica che modelli di chitarre elettriche. C'è chi lo ha già reputato come il mercato del futuro e devo dire che comunque questa scoperta è troppo facile perché non venga sfruttata da tutti. Tutti sono in grado di comporre utilizzando i nostri programmi, facili e sicuri, ma soprattutto: tutti vogliono creare musica per sentirsi mah, forse artisti, forse giovani o chi lo sa! La cosa è semplicemente un dato di fatto! E allora perché non dare alla gente quello che vuole? Perché non accontentare una popolazione di imbecilli? Loro devono credere di poter creare delle melodie, magari belle, delle canzoni, della musica! Tu Eva sarai la prima persona che saprà vendere la tua musica senza che nessuno lo sappia, ovvero i tuoi sistemi sonori penetreranno nei soft. tramite posta elettronica della ditta in modo graduale, integrandosi con le applicazioni del programma e con i file Wave di quei poveri falliti senza talento. Loro vogliono un programma facile, semplice: un programma in grado di prenderli per mano...ma non capisci: sei tu Eva! Sono i tuoi sistemi sonori che riescono ad infiltrarsi perché la tua capacità di utilizzare un circuito virale glielo permette. La tua musica 26 Eva sarà la loro musica ma loro non potranno rendersene conto perché gli ultrasuoni prodotti dai tuoi sistemi andranno ad interagire con la psiche debole e facilmente ipnotizzabile dei nostri clienti spingendoli a comporre ripetutamente quella che loro pensano essere musica, utilizzando i nostri programmi, utilizzando le versioni aggiornate e le banche sonore e i mille effetti applicabili ai loro pezzi. Ascolteranno le loro canzoni dove ci saranno i virus delle tue perfette melodie in grado di attrarli e soddisfarli, capisci? Sappiamo tutto di te, dei tuoi metodi di lavoro, delle tue ricerche, delle tue notti insonni a cercare la perfezione invisibile delle vibrazioni attraverso grafici e logaritmi degni di una mente scientifica come la tua, affamata di ricerca, sempre pronta a conoscere per poi mettersi in gioco. La tua sperimentazione non è un fallimento ma un lodevole lavoro, svolto nel corso degl'anni e delle stagioni della tua vita, tra delusioni e tentativi ma anche molti successi. Ti abbiamo seguita fin qui e ora è il momento giusto per valorizzare ogni tua singola mossa. Station ci ha lasciati senza parole, è un'opera assolutamente geniale, senza precedenti, finalmente hai trovato quello che cercavi. Ora lascia che noi ti prendiamo per mano Eva.Improvvisamente Eva abbassò il capo nascondendo un sorriso sarcastico. Rivus allora si interruppe, le alzò solennemente la testa con una mano per richiamare a sé l'attenzione, poi affettuosamente, come un padre con il proprio figlio, la ammonì con lo sguardo. Infine proseguì -Adesso forse stai pensando che così sarai costretta ad ingannare, a tradire la gente e te stessa, ma aspetta! Fammi spiegare ogni cosa e poi sarai libera di pensare quello che vuoi, non voglio nemmeno tu mi risponda subito: pensaci sopra un po' per non rovinare tutto così in fretta. Tutti i nostri clienti saranno convinti di produrre ottime canzoni ma questo non è forse quello che succede ogni giorno con la pop music? Gli stessi meccanismi, le stesse modalità: la 27 Eva bellezza non esiste! E' frutto di una continua sottomissione psicologica alla realtà, alla cosa ritenuta bella, al gusto di chi decide, al volere di chi offre e ci sommerge di questa merda! Ecco perché loro saranno soddisfatti di quello che potranno produrre, perché sarà il loro volere, sarà il loro gusto, sarà la loro merda. Decidi tu cos'è meglio, la nostra è solo una possibilità per scegliere una visione alternativa delle cose ma è forse la possibilità più diretta e più personale. Tanto non c'è scampo, amiamo solo quello che conosciamo e conosciamo solo quello che ci fanno conoscere, non credi? Non disprezzarmi, non sputare nel piatto in cui mangi, potresti sistemarti per tutta la vita con questo lavoro e avresti generazioni di “figli” sparsi in tutto il mondo, che ti conoscono, senza saperlo, per la cosa che a te sembra più vera e più sublime cioè la musica. Eva pensaci: saranno figli della tua anima! Ascoltandosi ti ascolteranno senza sentirti, nella perfezione e nella bellezza dei tuoi ultrasuoni che diventeranno il substrato invisibile delle loro canzoni. Pensaci, non si rifiuta un'offerta che potrebbe cambiare la tua vita per sempre!Eva non parlò, si sentiva confusa e terribilmente attratta da quell'uomo così brillante, così vivo, pieno di energia, che a guardarlo sembrava sprigionasse una fluido magnetico, un odore inebriante al quale non sapeva resistere. Avrebbe dato qualsiasi cosa per prenderglielo in bocca, succhiare quel suo membro reale che immaginava perfetto in ogni piega e ogni colore, statuario, dalla pelle morbida e gommosa. Sognava in quel momento di accarezzargli le palle, leccare ogni parte di lui, farlo venire infinitamente su di lei, si immaginava inondata dal uno sperma caldo e fluido, come una pioggia d'oro che colava in continuazione tra le tette, sulla faccia e che avrebbe bevuto e succhiato tutto come un calice di nettare divino. Non avrebbe resistito se solo per un secondo egli avesse provato a sfiorarla, si sarebbe concessa tutta e subito, la sua mente era confusa e non poteva nasconderlo. Lui 28 Eva questo lo aveva capito così prima di andare fece un passo, si avvicinò a lei, le prese la mano per baciarla ma non lo fece. Esitò un attimo. Poi lasciò la mano e si avvicinò ancora, le calò la cerniera lampo e infilò un dito dritto nella fica che era tutta bagnata e dilatata, poi lo mosse in su e in giù due volte. Eva venne. Chiuse gl'occhi, il suo respiro era fuori controllo. Poi lo tolse subito, di scatto, lo portò alla bocca e lo succhiò tutto dicendo -Non è prudente andare in giro senza mutandine- , e sparì tra la folla e la musica jazz lasciandola ancora ansimante e con la fica pulsante. Dopo due settimane, Eva prese la sua decisione: accettare per guadagnare un po' di soldi visto che era sempre più difficile tirare avanti. Anche se non era sicura di quella scelta, pensava che se non avesse agito così probabilmente si sarebbe ritrovata nel giro di poco tempo ad elemosinare ancora soldi al suo ex ragazzo che era ancora follemente innamorato di lei e che quindi non trovava difficoltà ad incontrarla per qualsiasi tipo di motivo, compreso dover pagare. Cosa era meglio per lei in quel momento, cosa voleva veramente? Anche se la cosa andava completamente contro i suoi principi era talmente invischiata nel suo desiderio per quel Rivus che pensava, anche se attratta, di odiarlo. Si sentiva in qualche modo deturpata da quello sconosciuto tanto da considerarlo un IRRESISTIBILEBASTARDOFIGLIODIPUTTANA, al punto che non sapeva opporsi alla tentazione di rivederlo. Doveva farlo e basta! Era debole? O stupida? O furba? O semplicemente puttana? O forse bastarda? Magari indifesa? O povera? Era lei e nient'altro, e quella era solo la sua vita e nient'altro. La conclusione è il principio, ora le era chiaro il non senso di tutto. Non si sentiva in grado di lottare contro se stessa perché comunque avrebbe perso una parte di lei. Fanculo cazzo! Si diresse alla sede della MSsoft. Italy, percorse il lungo corridoio ed aprì la porta a specchio, Roman era seduto di spalle, ruotò a 180 gradi 29 Eva la sua sedia in pelle nera e la accolse compiaciuto -Prego, si accomodi- Eva si sedette. Lo fissò un istante, poi disse -Voglio incontrarla questa notte, alle 23 in quel locale dell'altra volta.- Uscì velocemente dall'ufficio lasciando aperta la porta a specchio. Poi ci fu quell' incontro e l'amnesia. Sono passati altri due giorni. Eva si sta riprendendo ma è ancora presto, per adesso sto ancora da lei ma non credo che la cosa possa durare, tra l'altro Rashi è nervoso e non mi piace. Sono le tredici, la televisione è uno schifo, programmi che parlano di vegetazione alternativa con nuovi consorzi biologici, politici falliti in stato neurovegetativo, crisi di stato in india e soluzioni alternative per non pensare alla guerra ed aiutare i morti di fame, i bambini mutilati dalle mine antiuomo e altre forme di miserie che da quando sono nato vengono accostate a demenze e spettacoli demenziali. Sembra un immenso cartone animato dove i cattivi diventano pagliacci e i buoni lo sono già. Cosa si può dire a proposito? Niente! Ma non basta. Allora mi rullo una canna e la fumo con Eva che mi ha detto che di solito fuma dei sigari, che ragazza strana: capelli biondo scuro, occhi verdi, mette sempre delle salopette marroni e non usa trucco per il viso, porta un paio di grossi occhiali a forma di oblò, montatura rosso porpora con delle lenti affumicate violacee; mi guarda sempre e parla poco, io non so cosa dire ma di una cosa sono sicuro: se la memoria non le torna dovremo andare da quel Rivus che sicuramente era con lei quella notte. Quei pezzi di merda sono proprio scappati senza di me, penso mentre ascolto Station, il sistema sonoro di cui mi aveva parlato, il suo preferito, quello che fece sbavare l'allegra brigata della MSsoft e devo ammettere che è proprio bello. Sono le sedici; Eva si decide: andiamo a trovare Rivus. 30 Eva Arriviamo ad un vecchio edificio senza finestre. Eva dice -E' questo, è la MSsoft-, poi ci avviciniamo all'unica entrata: un portone in metallo blindato, subito si accende una luce. Dopo circa due minuti una signora sulla quarantina, alta e robusta ma con una divisa elegante, dove il simbolo della MSsoft spadroneggia all'altezza del petto, ci apre e noi entriamo. Subito Eva si pronuncia -Dovrei parlare con il signor Rivus.- e la tipa le fa -Come scusi? Il signor Rivus? Qui non c'è nessun signor Rivus.- allora Eva stupita chiede nuovamente -Roman Rivus, ho parlato con lui una settimana fa...- la tipa sorride, mi guarda come per dire: “Questi straccioni non sanno dove sono” e prosegue -Le ripeto signorina che qui non c'è nessun signor Rivus e che se ha intenzione di scherzare o prendere in giro qualcuno non si trova di certo nel posto giusto. Adesso vi prego di uscire e andarvene altrimenti sarò costretta a chiamare la sicurezza; ok?- Eva mi guarda, è stupita e non sa cosa dire. Io dico -Andiamocene da sto manicomio!- e lei annuisce, così usciamo e camminiamo un po', tanto per parlare mentre io penso: “Cosa può essere successo, mi ha raccontato delle balle lei o sono tutti matti li dentro?”. Camminiamo e passiamo in mezzo a strade, case e palazzi, con fare solenne e patetico. Arriviamo a casa e chiedo a Rashi consiglio ma mi dice che è nervoso e che secondo lui c'è poco da fare: o si prende, si fa fagotto e si lascia quella che secondo lui è una psicopatica in cerca di cazzo, o si rimane un altro po', si scrocca qualche pasto e poi la si convince ad ammazzarsi per poter occupare la casa. Rashi è sempre così impulsivo, sempre pronto ad abbaiare per un nonnulla e siccome io sono un tipo fondamentalmente tranquillo, specialmente quando mi faccio di keta, cerco di spiegargli che prima di prendere una decisione affrettata bisogna pensarci un attimino, valutare tutte le possibili soluzioni, i pro e i contro di ogni eventuale scelta e poi trarre le tanto ambite conclusioni, in pace con se stessi e gli altri. Io faccio parte 31 Eva della razza umana e certe cose le capisco per istinto, questo non per dire che lui non ne ha ma di certo il suo istinto è più grezzo mentre noi uomini abbiamo voglia anche di ragionarci un po' su sulle cose; giusto? Vedo Rashi spulciarsi un po', poi si addormenta, spero che abbia capito la lezione: sogni d'oro animale mio. Passano altri due giorni, non stiamo facendo un cazzo, anche se ci stiamo conoscendo quasi in silenzio, mi sento come un fantasma catapultato per caso all'improvviso all'interno della sua vita, non posso fare niente, osservo e penso, ma neanche tanto... Rashi è sempre più nervoso. Passano altri due giorni, non stiamo facendo un cazzo, anche se ci stiamo conoscendo quasi in silenzio, mi sento come un fantasma catapultato per caso all'improvviso all'interno della sua vita, non posso fare niente, osservo e penso, ma neanche tanto...Rashi è sempre più nervoso. Passano altri due giorni, non stiamo facendo un cazzo, anche se ci stiamo conoscendo quasi in silenzio, mi sento come un fantasma catapultato per caso all'improvviso all'interno della sua vita, non posso fare niente, osservo e penso, ma neanche tanto...Rashi è sempre più nervoso. Passano altri due giorni, non stiamo facendo un cazzo, anche se ci stiamo conoscendo quasi in silenzio, mi sento come un fantasma catapultato per caso all'improvviso all'interno della sua figa, non posso fare niente, osservo e penso, ma neanche tanto...Rashi è sempre più nervoso. Passano altri due giorni, non stiamo facendo un cazzo, anche se ci stiamo conoscendo quasi in silenzio, mi sento come un fantasma catapultato per caso all'improvviso all'interno della sua vita, non posso fare niente, osservo e penso, ma neanche tanto...Rashi è sempre più 32 Eva nervoso. Passano altri due giorni, non stiamo facendo un cazzo, anche se ci stiamo conoscendo quasi in silenzio, mi sento come un fantasma catapultato per caso all'improvviso all'interno della sua vita, non posso fare niente, osservo e penso, ma neanche tanto...Rashi è sempre più nervoso. Rashi è sempre più nervoso... Alcune gesta di Eva rapivano la mia attenzione: quel suo modo di muoversi a volte pacato da un neanche tanto celato imbarazzo, era quasi compiaciuta nel far emergere un lato fanciullesco, indifeso del suo carattere, come se stesse per cadere tra le braccia di qualcuno per confidare chissà quali segreti. Questa sua indole la potevo non solo osservare ma anche studiare, smembrare e analizzare a fondo. Dapprima i suoi capelli: sembrava volessero accarezzarla, similmente a fili elettrici percorsi da una leggera scossa, la sua chioma respirava, ondeggiava, volava... dopo la doccia era un'alga bellissima. Poi i piedi erano come due piccole lumache, lente e incerte ma vive! Si spostava e comunicava con quei piedini pieni di emozioni, pieni di autonomia tanto che se lei diceva una cosa che non pensava, i suoi piedi cambiavano direzione; una volta mi è sembrato di vederla camminare all'indietro come un gambero, forse i suoi piedi si sono rifiutati di assecondarla in qualche stupida scelta come quella di andare a letto o di privarsi di qualche altra ora con me. I suoi piedi scalzi erano sublimi perché le dita diventavano singoli elementi, indipendenti, capaci di rivendicare il proprio spazio ed il proprio volere. Il pollice sembrava essere il capo per via della sua stazza ma in realtà non lo era perché ad ogni pericolo era il primo a ritirarsi e lasciava sempre posto al medio il quale avrei voluto addentare più di qualche volta: era una patatina fritta! Anche il mignolo aveva un bel caratterino, sempre 33 Eva pronto a graffiare, quando sarebbe cresciuto non avrebbe certo esitato a farsi posto tra gl'altri, ma ora non poteva ancora. In fine c'erano le mani: simbolo supremo di Eva. Le sue mani mi stavano catturando completamente, lei toccava ogni cosa in un modo molto strano, sembrava quasi che gli oggetti potessero essere penetrati dalle sue mani le quali prima raggiungevano il contatto imbarazzato con la materia, poi si estendevano da essa come tentacoli d'avorio, infine il calore si sprigionava dal gesto come se la matita o la maglietta o il posacenere che toccava diventassero un tutt'uno con Eva. Un giorno in cui Rashi era tranquillo e sereno Eva avvertì un forte dolore proprio alla mano destra, come un crampo polarizzante improvviso. Non sapendo di cosa si potesse trattare lasciammo perdere e non prestammo molta attenzione a quella fitta. Pochi giorni dopo però la cosa si ripeté per ben tre volte nell'arco di un'ora, poi in seguito per altri quattro giorni finché Eva decise di rivolgersi ad un medico. Dopo numerose analisi la terribile notizia arrivò: Eva aveva contratto un nuovo virus del tutto sconosciuto ed era anche incinta! Non prestai attenzione alle stronzate che mi disse Rashi cioè che la notte prima Eva tentò di masturbarlo ripetutamente e che ora teme di essere infetto da quel virus, rompeva il cazzo per andare da un veterinario, ma te guarda se un cane deve essere così paranoico ed isterico. Per azzittirlo lo minacciai di portarlo in un fottuto canile senza cagne a marcire e in cambio avrei preso un criceto. La situazione era tragica cazzo! E' stato sicuramente quel Rivus a violentarla, metterla incinta e infettarla e poi è scappato come uno scoiattolo tra gl'alberi. Ma la cosa che mi faceva più incazzare era l'impossibilità di fare qualsiasi mossa. Non si poteva rintracciare perché probabilmente alla Mssoft. aveva dato precise istruzioni, non si poteva denunciare alla polizia perché sarebbe emersa tutta la verità, 34 Eva non si poteva comprarlo perché non avevamo soldi: niente di niente e poi ancora niente! Avevamo le mani legate. Lentamente i giorni passavano, Eva era sempre più triste e dolente. Il dolore la stava dilaniando gradualmente come una lama di metallo fredda ghiacciata (perché deve sempre essere calda?), passa attraverso i tessuti per raggiungere gli organi non vitali, quelli che ti fanno sputare sangue. La prima fase era questa: quella del dolore, l'inizio della caduta all'inferno. Sentiva le cellule morire sulla sua carne, divorate da altre cellule impazzite, una guerra microscopica interna: siamo noi stessi che ci uccidiamo e non abbiamo nemmeno il diritto di scegliere come. I suoi pensieri erano tutti proiettati sul come sopportare il dolore: se fosse morta soffocata? Se fosse morta per un ictus improvviso? Se fosse morta dopo una lunga agonia che paralizza gradualmente il corpo? Se fosse morta cieca, sorda, muta? Se fosse morta sputando sangue e tossendo con il sangue nello stomaco per qualche emorragia intestinale? Quante morti esistono? Qual è la più dolorosa? Come si può sopportare il dolore? Aveva una paura fottuta di soffrire, la vedevo piangere e gemere di dolore. Non ci sono modi per non soffrire perché non ci sono modi per non vivere, tranne la morte. Ma se vedessimo le cose al contrario potremmo anche dire che non ci sono modi per non vivere tranne l'assenza di vita e che quindi ogni cosa deve essere vissuta... certo però che una scopata è vissuta come cosa buona, ma una malattia non proprio. Ma cosa spaventa tanto nella sofferenza, il fatto di perdere il controllo? Il fatto di sentire il proprio corpo come qualcosa di nuovo? Perché è di questo che si tratta: sentire a tutti i livelli il proprio corpo che scalcia, si ribella, lotta: la micro guerra e la macro guerra ovvero cellule contro cellule e uomini contro uomini oppure cellule contro uomini e uomini contro cellule. No. Non è possibile mettersi contro le 35 Eva cellule, sono troppo piccole per noi, noi dobbiamo metterci contro gli uomini che sono della nostra stazza. Rashi non può spaccare i maroni a me perché altrimenti gli do un pugno in testa e lo stendo, si deve mettere contro i cani perché gli sono più affini. Ogni categoria può capirsi... ma si deve combattere per sopravvivere! E' come se una cellula dicesse alla sua rivale: “Guarda, io sono come te ma di un'altra specie cioè virale quindi devo ucciderti ma non perché ho qualcosa contro di te, siamo entrambe cellule, solo che tu devi morire”. Non c'è motivo per queste cose, non c'è un motivo valido per uccidere: si uccide solo perché si deve uccidere e si vive solo perché si deve morire. Oggi Eva piangeva ancora ma cominciando a capire che il dolore non può essere scelto, come anche la morte, né tanto meno distrutto perché fa parte di noi e se distruggi te stesso comunque muori. Tanto vale assecondarlo, lasciarlo fare, prima o poi finirà di fare la sua guerra, ogni cosa finisce se ti può consolare, ma ogni cosa poi ricomincia se ti può demoralizzare e col piacere vige la stessa regola: ecco siamo pari! Allora uno a uno, la partita è aperta, il gioco ricomincia, bisogna lasciare trascorrere un po' di tempo prima di fare le scommesse, un gioco può essere anche divertente. Perché godiamo solo di alcune cose? La penetrazione anale è dolore o piacere? Lavarsi i denti fino a far sanguinare le gengive ogni giorno è mania o igiene? Un chiodo sul muro o sulla lingua è male o bene? Chi siamo noi per decidere cosa è male o cosa è bene? Noi non siamo nulla, nothing, nada... non siamo nulla ma non siamo soli: dentro di noi c'è vita che respira! È questo l'errore: non considerare tutto il nostro corpo ma solo la nostra coscienza la quale non può che darci una visione parziale del nostro essere cioè quella più esteriore, più cerebrale che non considera il corpo, non gli da la giusta dignità. Dentro di noi c'è un patrimonio di 36 Eva vita muta ma attiva, senziente, che si muove e decide dove andare e cosa fare: sono i neurotrasmettitori, i tessuti che si riformano, i collegamenti ghiandolari del cervello, le cellule e le mucose, la flora intestinale, i globuli rossi ed i globuli bianchi, ed altre miriadi di “presenze vive” nel nostro organismo. Se ci potessimo conoscere dentro ci piaceremmo ugualmente? Ci piacerebbero le nostre mucose, l'intestino infiammato, Le pareti delle arterie, le tonsille, i tessuti grigi e pulsanti come molluschi del nostro cervello? Perché ci schifa tutto ciò? La risposta è semplice: non siamo abituati a vederlo. Viviamo nell'illusione della bellezza e muoriamo nell'ignoranza della forma. Ecco cosa spaventa: il conoscere se stessi. Eva piange, io parlo con lei, ma il dolore le sta offuscando la ragione. Non bisogna mai perdere la ragione... o meglio bisognerebbe. Superata la fase in cui il dolore è al centro dell'attenzione, prende il sopravvento la paura della morte. A questo punto ogni cosa diventa futile ed insignificante. Perché vivere? Perché dover esser presenti in ogni momento alle discussioni inutili tra amici o parenti, all'altalenare delle emozioni che serpeggia tra le stagioni e all'insignificanza della vita stessa? Tutto perde di senso, le persone si ammucchiano, si rincorrono, cercano di sfuggire a se stesse, si combattono, si cercano e poi sognano, sognano e sognano ancora una vita che non hanno. Questo marasma di infinite vite sconnesse è apparentemente quello che i spagnoli chiamerebbero un: “trabajo de mierda” ma che in realtà nasconde qualcosa. Il panico, l'agitazione ed il rumore di ogni giorno tende a portarci fuori strada ma basta un po' di calma per penetrare questo qualcosa... non è facile, non è facile. La prima cosa a cui si pensa, quando della vita pian piano ci si fa un'idea, è che comunque esiste un giusto (persona, essere, animale, mondo, artista, scuola, religione, stato, morale, comportamento, amico, colore, canzone, cibo, eroe, modo di essere, pensiero, stimolo 37 Eva sessuale,ecc.ecc.) che è anche buono ed uno sbagliato che guarda caso è anche cattivo. Ora il problema, o se vogliamo i problemi, derivano proprio da questa scissione e cioè dall'eterna indecisione circa il famoso centro di gravità permanente al quale noi attribuiamo istintivamente le qualità di giusto o di buono od entrambe. Eva era giunta a questa felice conclusione dopo millenni di indecisioni sul suo passato e soprattutto sul suo presente: ogni individuo ha un proprio modo di essere che deve sforzasi a non catalogare: chi classifica se stesso classifica inevitabilmente anche gli altri. Ora Eva non voleva classificazioni, era così ed era diventata quello che era perché la sua strada fu proprio quella che scelse, senza giusti ne sbagliati, senza giudici ne giurati! Si sentiva pienamente se stessa, libera anche se morente, ed io non seppi resistere: provai un senso di strana benevolenza nei suoi confronti misto a stima e tenerezza. Un giorno la osservai per ore mentre dormiva e una luce si accese nel mio cuore. La presi tra le mie braccia e la baciai. Poi ci spogliammo ferocemente, strappandoci le magliette, poi via i calzoni. Le baciai i seni e le succhiai i capezzoli, lei intanto mi succhiava sul collo. Le aprii le natiche come per spezzare una pagnotta in due e cominciai a ruotare un dito attorno al buco del culo che pian piano si bagnava per gli umori che colavano lentamente dalla vagina. A quel punto glielo infilai tutto dentro e poi cominciai a muovermi lentamente dando di tanto in tanto dei colpi secchi ed affondando tutto il mio pene dentro, di scatto come un castoro: lei strillava dal piacere ed ansimava di continuo. La tenevo per i capelli e le vedevo i piedi tanto bramati contorcersi dal piacere. Ma la cosa divenne seria quando finalmente portò le mani alla mia bocca. Le sue mani, le sue divine dita affusolate con le quali componeva i suoi magnifici sistemi sonori, ora le stavo leccando e baciando. Mi rendevo conto che sarei stato da lì a poco anch'io infetto da quell'orribile virus. Rashi fece capolino, abbassò la 38 Eva testa e se ne andò... certe cose i cani non le possono capire. 39 L'isola degli artisti dannati Non ricordo nulla, so solo di essermi svegliato in quell'isola. La vegetazione sembrava piuttosto smunta e a sovrastare il paesaggio s'imponevano dei grossi crostoni rocciosi. All'orizzonte solo mare, anche se l'isola sembrava prolungarsi al lato est perché la montagna proseguiva, ma l'ipotesi che finisse subito a strapiombo sul mare non era da esludere, d'altronde da quella posizione non si vedeva. Tutta la spiaggia sembrava essere costituita da una sorta di corazza vischiosa che assomiglia come durezza alla roccia ma come corposità ad una cozza enorme: un manto estremamente duro e dal colore verde scuro con chiazze marroni e zone completamente nere. La prima cosa che feci fu cercare qualche abitante per rendermi conto dove fossi finito, per capire cosa avrei potuto fare per tornare da dove venivo, Barcellona, ma non trovai nessuno. A Barcellona il mare non è così bello, Barcellona però lo è molto. E' l'arte che la rende così viva, l'arte che si respira tra le strade, sulle piazze, dappertutto. Anch'io sono uno di quei disoccupati saltuari da metropoli che chiamano artisti. Faccio graffiti in città ma utilizzando delle tecniche molto particolari, cioè dei colori che sono riuscito a sintetizzare partendo dal silicio e che hanno un grado di saturità molto elevato. 40 L'isola degli artisti dannati Lavoro a volte per piccoli locali notturni: creo sfondi e scenari; idealizzo strutture armoniche con combinazioni cromatiche per edifici, ville, pub; creo icone, simboli, loghi per agenzie in rete; lavoro anche con la computer grafica e mi piace scopare. Ricordo che un giorno, qualche anno fa, un mio amico di Londra mi chiamò a casa sua a Fish bury park e mi commissionò un lavoro per una ditta di scarpe: si trattava di una sorta di città virtuale dove tutte le persone erano piedoni giganti e le case dovevano diventare scarpe. Questo lavoro fu la mia fortuna, guadagnai più di 100.000 biglettoni ed il mio nome comparve in una serie di siti e riviste che mi lanciarono più come grafico che come graffeitaro. Le richieste da allora di collaborazione con diverse ditte ed anche multinazionali salirono fino alle stelle ma il problema è un altro: io della computer graphic o dell'animazione virtuale me ne fotto. Non ci trovo nulla di entusiasmante a stare giorni, mesi, anni di fronte ad un monitor smanettando con il topo di plastica come un celebroleso. Io voglio fare graffiti e spararmi gomme! Morirò di fame lo so. In quell'isola comunque di pesce ce n'era, eccome…il problema non era neanche l'acqua perché dalla montagna sgorgava un piccolo ruscello che si perdeva poi tra il fogliame per comparire di nuovo in prossimità del mare. Una zona, quella prima del fogliame, era costituita da una conca di dimensioni notevoli rispetto al letto del fiume e di larghezza quasi doppia alla profondità. In quella zona era possibile, oltre ad attingere comodamente la fresca bevanda naturale, anche farci il bagno con tanto di pennichella a ridosso del fiume che però stranamente non era avvolto dal canto degli uccelli e dal fruscio del vento tra le foglie. Bisogna ammetterlo però: la vegetazione era veramente rara, come le persone che anzi per adesso erano del tutto inesistenti. La ricerca di compagni o comunque di presenze animali non acquatiche si accompagnava ormai ogni giorno dopo la pesca. Imparai 41 L'isola degli artisti dannati ad uccidere dei strani pesciolini completamente bianchi utilizzando un richiamo antico: la luce riflessa da un medaglione d'argento che tenevo sempre al collo. M'ero costruito un arpione ed un legno appuntito utilizzando qualche pietra e qualche arbusto che trovai in giro. Il problema era muoversi sopra quella spiaggia crostosa che ti faceva scivolare in continuazione, così pensai che le pietre sarebbero potute servire anche come suole per ipotetiche scarpe e una cosa simile forse l'avevo vista fare in un film. La cosa più difficile fu costruirmi un lettino con alghe e foglie di fico che piazzai ad altezza della terra…tanto di animali o bestie strane neanche l'ombra. I giorni passavano velocemente e la tristezza si faceva lentamente posto perché la speranza di trovare qualcuno stava svanendo. Scoprii un giorno per caso che delle piante e delle pietre perdevano colore rosso e giallo solo toccandole. Questa scoperta mi aiutò ad ammazzare il tempo perché da allora mi misi subito a dipingere, colorare e disegnare tutto quello che trovavo, stavo personalizzando l'isola ma la cosa più sorprendente fu quando raggiunsi con i colori la spiaggia. La corazza vischiosa sembrava essere un'enorme tela la quale, solcandone la superficie con un oggetto contundente, faceva emergere in superficie un liquido molto denso di colore blu. A quel punto ottenni tutti i colori primari ed il massimo di libertà nel creare tutte le combinazioni possibili. Riuscii a sintetizzare i miei colori e mi misi al lavoro. Quella superficie vischiosa sembrava perfetta per il colore che veniva assorbito come china su un foglio di carta igienica. Dopo circa una settimana la spiaggia divenne un'enorme quadro esposto alla luce del sole ed al moto circolare delle onde. Stavo ore ed ore seduto su questa sorta di battigia multicolore quando all'improvviso udii un rumore provenire dalla parte est dell'isola. A quel punto mi alzai di scatto e mi inoltrai sopra le rocce. La cosa più difficile però rimaneva la scalata che fino ad allora mi ebbe impedito 42 L'isola degli artisti dannati di attraversare quella zona che sembrava continuare. Mi cimentai portando con me solo un bastone appuntito, ero deciso ad attraversare quella parte che altrimenti mi avrebbe diviso per sempre da un possibile villaggio o anche persona o forse solo animale. Di una cosa ero però convinto: se non fossi andato non avrei mai capito il motivo per cui mi trovavo in quel posto da ormai troppi giorni. Mi avvicinai ad un crostone roccioso e guardando in basso fui colpito da una sorprendente coincidenza: il quadro gigante che avevo disegnato sulla spiaggia raffigurava proprio quel crostone, dietro di esso si trovava un passaggio, una grotta. Preso dall'eccitazione e dalla curiosità scavalcai il crostone che fino ad allora avevo ignorato e mi precipitai dall'altra parte. La meraviglia prese il sopravvento, la grotta esisteva davvero, non potevo crederci. Entrai e la percorsi velocemente, si trattava di un passaggio stretto e lungo che mi portò in un'altra parte dell'isola di forma e dimensioni perfettamente uguali a quella dalla quale ero venuto ma con un' allucinante differenza: a lavorare sulla spiaggia, questa volta in veste di scultore, c'era una donna, bellissima! Scesi velocemente e mi avvicinai a lei, ci guardammo entrambi con un enorme punto di domanda negl'occhi. Scoprimmo di essere capitati entrambi per caso in quell'isola calendoscopica, senza ricordarne il motivo, e di aver sviluppato la propria arte grazie a quella spiaggia o meglio a quella corazza che nel suo caso, come mi raccontò, fece emergere una poltiglia molto e densa facile da modellare ma una volta essiccata dura come il marmo. Lei è scultrice e architetto, il suo nome è Consuelo e viene da Città del Mexico. Ha una carnagione scura, non è molto alta e come tipico dei messicani gli occhi arrossati. A quel punto gli raccontai come raggiungere una nuova spiaggia: visto che le nostre due erano identiche, perché non ci dovrebbe essere stato lo stesso passaggio anche sopra il crostone della sua? 43 L'isola degli artisti dannati La mia teoria non venne smentita: percorremmo la caverna e scoprimmo una nuova spiaggia completamente uguale alle precedenti se non fosse per le tracce di una nuova attività artistica: la scrittura. L'artefice questa volta era uno strano tizio dai lunghi capelli grigi e dall'aria gretta; aveva trasformato la crosta in una sorta di grande book pieno di righe scritte a mano e quando arrivammo stava ancora scrivendo. Utilizzava il becco di un pesce come penna e da sotto la crosta solcata compariva un liquido oleoso simile ad inchiostro blu. Non so cosa avesse da dire ma è certo che si sentiva molto solo, altrimenti non avrebbe mai scritto tutta quella roba. Consuelo ed io non sapevamo cosa fare: presentarsi all'uomo e continuare la ricerca con lui? Rimanere in disparte per osservarlo? Decidemmo di sostare un istante per provare a trarre qualche conclusione o almeno stipulare qualche ipotesi, certo la mia testa non pullulava di idee ma qualcosa l'avevo pensato. Le ipotesi che formulammo ovviamente erano del tutto errate, non avremmo mai potuto immaginare una cosa simile. Comunque questa sosta dentro la grotta ci servì per riordinare le idee e conoscerci meglio. Lei sembrava una sirena, portava una gonna di alghe essiccate la quale emanava un odore selvaggio ma molto, molto attraente. Me la immaginavo da sola in quell'isola spogliarsi e fare il bagno nella conca del fiume, quella perfettamente uguale alla mia, camminare per la pseudo spiaggia con l'arpione in mano per pescare, scivolare presso le rocce e farsi male…avrei volentieri curato quella povera sirena senza dimora. Le sue magnifiche sculture nate da quella poltiglia verdastra raffiguravano personaggi della mitologia greca come Telepora, la figlia di Eolo, o il grande Achille. Se mi avesse chiesto di scopare al posto del naso come pinocchio mi sarebbe cresciuto l'uccello come Rocco perché non avrei resistito alla tentazione di dire: “Prima dobbiamo tirarci fuori da questo brutto guaio baby!” per poi invece 44 L'isola degli artisti dannati saltargli addosso mettendola veramente nei pasticci. La nostra era una strana attrazione tipo: “Vorrei fossimo in un'isola deserta per violentarti ma visto che siamo in un'isola deserta per salvarci la pelle il sesso può aspettare”. E' una sensazione strana quella che si prova: niente macchine ne moto, niente tabaccai ma neanche tabacco, niente fila al supermercato, niente tasse da pagare, insomma niente di niente…a parte se sessi. Molti filosofi e pensatori nell'arco di un paio di secoli a questa parte hanno provato ad immaginare l'uomo assolutamente “puro”, non dipendente da altri fattori esterni, privo di benessere e privo di beni, senza donna e senza famiglia, senza tecnologia o psicologie, senza tentazioni o vizi di ogni genere. Beh, io penso che prima o poi uno se li faccia venire o se li vada a cercare, la corrente elettrica non può essere considerata una comodità, neanche la fica è una comodità: o devi sgobbare per averla o devi sgobbare perché lei non abbia te. La fica è come un cavallo selvaggio, si può cavalcare quando lo prendi, ma prima o poi ti butta giù. Tanto vale divertirsi finché si è in tempo. Mio zio diceva sempre: “Ci sono tre cose che non devi mai dire ad una ragazza. La prima è hai voglia di scopare? La seconda: ho voglia di scopare! E la terza: non ho voglia di scopare!” Io credo che con Consuelo questa regola dello zio sia servita: scopammo dopo qualche ora di conversazione e che scopata! Mi innamorai subito di lei e non ci fu niente da fare. La nostra storia era ormai avviata e io mi immaginavo già una capanna con tanti figlioli da far crescere…in realtà mi sentivo un po' solo. Perché allora non continuare? Perché non provare a scoprire il resto dell'isola visto che il momento di riflessione fu solo un pretesto per accoppiarci? Scendemmo dall'uomo gretto che scriveva e scoprimmo che anch'egli non ricordava assolutamente nulla di come e in che circostanze era giunto nell'isola e gli raccontammo tutta la storia. Si chiama Josh e fa lo scrittore a Los Angeles da più di vent'anni, scrive romanzi e poesie, 45 L'isola degli artisti dannati niente racconti. La sua fortuna fu quella di conoscere lo spagnolo visto che né io né Consuelo parliamo l'inglese. Decidemmo di continuare tutti assieme verso la nuova spiaggia che ovviamente era uguale alle altre. In questa si trovava un altro artista di nome Filippe: il musicista. Filippe era francese ed io per fortuna il francese lo conosco. Occhi azzurri, capelli castano chiari e un grosso neo proprio in fronte. Non ho mai conosciuto una persona affascinante come lui, ma allo stesso tempo un po' ambigua, non lasciava trasparire dal tutto i suoi pensieri. Il suo volto sembrava piuttosto freddo, distaccato anche se in quel posto la diffidenza va a farsi fottere. Lui suonava quella crosta percotendola come se fosse un gran tamburo. La utilizzava anche come arco graffiandone la superficie. Era veramente in gamba. Le sue melodie assomigliavano agl'echi del vento ed al ritmo del mare. Tutti lo stesso destino folle, tutti la stessa storia NON STORIA. Ora, sempre più curiosi ci spostammo tutti assieme verso la caverna di Filippe nella convinzione di trovare una nuova parte dell'isola uguale alle precedenti, un nuovo artista, una nuova storia senza memoria, ma con gran sorpresa ed anche delusione ci ritrovammo nella mia spiaggia: l'isola era finita, avevamo percorso tutta la sua circonferenza ritornando al punto di partenza. Purtroppo non c'era più niente che potessimo fare, almeno così sembrava. Con il passare dei giorni si instaurò un certo clima di strana competitività fra noi, più ci si conosceva e più quello che nell'isola era il prodotto della nostra arte sembrava entrare in conflitto con il prodotto degl'altri. Ogn'uno di noi pensava a farsi notare con qualcosa di sempre più bizzarro e strabiliante. Aumentò così anche l'invidia ed una subdola lotta finì per degenerare in vera e propria guerra. Sentivo strani rumori di notte provenire dalla spiaggia di Filippe che mi inquietavano. Aveva costruito una zona fatta di pietre appese a fili che 46 L'isola degli artisti dannati penzolavano con il vento. Lui si nascondeva tra le pietre per emettere dei suoni con la bocca e con i denti, sono sicuro perché una volta l'ho visto muoversi. Una strana luce brillava nei suoi occhi: era rabbia, si stava trasformando in una belva. Emetteva suoni orribili, selvaggi, le corde vocali stridevano e rantoli spasmodici penetravano come lame dentro le nostre orecchie, su fino al cervello. Emetteva suoni di morte, terrificanti che non facevano dormire la notte. Un giorno Josh impazzì e lo uccise durante una lite. I due stavano litigando ormai da diverso tempo. Filippe lo provocava raschiando con una pietra le parole scritte da Josh sul manto della spiaggia. In un posto dove non ci sono leggi non si può condannare nessuno. Entrambi decisero di combattere tra loro come belve feroci, con astuzia ed intelletto: la tragedia fu inevitabile. Io credo che da li a poco saremmo impazziti tutti se non avessimo scoperto il sentiero, ma quello fu dopo, prima ci fu il delirio di Josh. Questo scrittore californiano non riuscendo a farsene una ragione del perché di tutto ciò, si auto convinse che la sua condizione era quella di un naufrago in attesa della nave della salvezza. Rimaneva ore ed ore davanti al mare, in piedi di giorno e seduto di notte. Ogni tanto gridava: “Hey! Hey! Qui! Qui! Non mi vedete? Venitemi a prendere maledetti figli di puttana! Non vorrete lasciarmi qui per sempre?” Ogni giorno che passava la sua ansia di essere caricato a bordo della nave, che però non c'era, aumentava esponenzialmente. Gridava, si dimenava, camminava avanti ed indietro ansiosamente, senza pace. Una sera Consuelo cercò di calmarlo ma purtroppo non ci fu niente da fare, le gettò contro una pietra dicendogli che se non se ne sarebbe andata avrebbe fatto compagnia a quella checca di francese. Era tutto inutile, ormai pensava che io e Consuelo complottassimo contro di lui. Era nella paranoia più assoluta, ci accusava di essere pazzi e di farlo diventare pazzo pure lui. Non dimenticherò mai quella volta che cercò di strozzarmi perché scherzando feci finta di avvistare 47 L'isola degli artisti dannati una nave. La situazione era pesante, insostenibile. Anche la sua voce ormai diventava un rumore insopportabile. Una notte lo sentimmo gridare a squarcia gola, poi si alzò all'improvviso e si gettò in mare: “Eccomi! Vi raggiungo! Sto per arrivare, guai a voi se vi muovete maledetti pescatori!” Era così convinto di avere visto quella nave che arrivò a nuoto fino a chissà dove. Dopo una settimana ritrovammo il suo cadavere sulla spiaggia. Io e Consuelo eravamo ormai gli ultimi superstiti e per fortuna eravamo anche qualcosa in più che superstiti. Con lei mi sembrava che il tempo non passasse, mi sembrava che nonostante tutto stare li fosse come stare da qualsiasi altra parte. Poi scoprimmo il sentiero. Si trattava di una sorta di ruscello ormai secco che portava verso la cima della montagna. Non c'erano altri sistemi per arrivare visto che il terreno e le rocce non lo permettevano. Quella scoperta fu decisiva per svelare il mistero, per scoprire quello che fino ad allora tutti si erano chiesti: “Come siamo giunti in questo posto e che razza di posto è questo?” La strada non era delle migliori, Consuelo cadde più volte ed io rischiai di rotolare giù fino alla spiaggia mettendo un piede nel posto sbagliato. Eravamo stremati quando arrivammo in cima. Avevamo comminato per non so quanto tempo. Tutto sembrava irreale: l'ambiente, la nostra condizione, l'aria e perfino il sole che rimaneva sempre alto sopra il promontorio roccioso. La vita stava quasi per svanire, un senso di sfinimento si faceva sempre più forte. Quando raggiungemmo la cima crollammo a terra senza più forze mentre il sole rimaneva sempre alto in cielo. Quel sole sembrava una sfera di mille colori ma dalla luce bianca, non voleva scendere, rimaneva sempre là ad ardere senza tregua. Credo che dormimmo per qualche ora o forse per molte ore e quando ci risvegliammo eravamo sempre li sotto il sole. La sete era svanita, il caldo pure, ma quel dannato sole no! Non potevo pensare di essere 48 L'isola degli artisti dannati impazzito ed inpreda a visioni perché anche Consuelo era coinvolta in quella circostanza come me e proprio come la mia mente, anche la sua, non riusciva a trovare una spiegazione sensata. Stavamo solo aspettando in questo luogo surreale, sopra il cucuzzolo di una montagna costituito solo da rocce e sassi, pensando che probabilmente da li a poco saremmo morti senza cibo, senza acqua e con troppo sole in testa. Passarono altre ore credo quando guardando il sole, che non volendoci abbandonare aveva occupato anche il centro della mia attenzione, mi accorsi che qualcosa in esso non andava bene…non era come doveva essere. Non so cosa mi colpì in quel momento ma ebbi come la sensazione di vedere qualcosa di non reale, qualcosa di troppo “vero” per essere vero. A quel punto chiamai Consuelo e la invitai a fissare il sole, subito ne fu accecata ma quando gl'occhi suoi si abituarono a quella strana luce, mi diede la conferma delle mie impressioni: qualcosa non quadrava. Cercai allora di avvicinarmi il più possibile al sole: misi assieme un po' di pietre, trovai dei legni e delle radici e costruii una scala, la piazzai nel punto più alto della roccia e poi con l'aiuto di Consuelo mi arrampicai fino all'ultimo gradino. Non mi sembrava vero perché a quel punto mi resi conto di essere talmente vicino da poterlo toccare. Tesi una mano, poi l'altra, poi allungai la gamba e con un balzo ci entrai dentro! Dopo questo non ricordo più nulla, un altro buco nella memoria, mi risvegliai a casa mia non sapendo se si fosse trattato di un sogno, di un' allucinazione o di pura pazzia. I tasselli che compongono un mosaico devono essere selezionati con cura e pazienza per poter fare un po' di ordine e ricostruire il disegno generale. La prima cosa che mi venne in mente fu cercare di ricordare da quanto tempo mi trovassi dentro la mia casa e per quanto tempo avessi dormito. Chiamai il portiere, erano circa le 10, e gli chiesi quando mi vide rientrare e per 49 L'isola degli artisti dannati quanto tempo fossi rimasto fuori. Egli mi disse che non sapeva quando fossi rientrato ma che l'ultima volta che mi vide uscire fu martedì sera, circa una settimana prima. Scoprii in seguito che la mia vicina di casa che vede tutto, la sera prima del mio “risveglio dall'isola”, mi vi vide ritornare privo di sensi accompagnato da due uomini. La mia casa è nei pressi di Sant Antoni e quindi, vista la distanza, mi portarono a casa utilizzando probabilmente un taxi. Cercai di rintracciare tutti i taxi che lavorarono quella sera, poi quelli che partirono da Barcelloneta, poi quelli che andarono fuori servizio prima delle 23 che era circa l'ora del mio rientro. Parlai con circa una ventina di taxisti ma nessuno mi riconobbe. Stavo per perdere la speranza quando un vecchio taxista ubriacone si ricordò che un suo collega gli aveva parlato di due strani tizi che pagarono il doppio della corsa per arrivare in meno di mezzora a destinazione e che avevano sotto braccio un ragazzo che corrispondeva alla mia descrizione. Mi feci dare subito il numero e chiamai questo taxi. Quando arrivò il taxista stava litigando con la moglie al telefono ed il suo umore non era al massimo. Salii e chiesi all'uomo di portarmi al Park Guell. Aspettai qualche minuto per essere riconosciuto ma non funzionò, il taxista era troppo distratto dalla lite coniugare. Gli allungai 10 euro e gli chiesi se gli sembravo una faccia nuova. Esitò per qualche istante e poi cominciò a parlare -Hey, lo sai che adesso mi ricordo di te! Si, si sei quel ragazzo che presi su la scorsa settimana con quei tipi strani che mi pagarono il doppio, adesso si ricordo. E' mia moglie che mi fa andare fuori di senno! Lei continua a parlarmi come se fossi suo figlio: “Non fare tardi, non bere, stai attento per la strada, non guardare le puttane…” Sai che non ne posso più? Io quando avevo la tua età andavo sempre a giocare a carte, certe volte vincevo, spesso no. Ma adesso come faccio? Lei mi sta controllando! E' colpa di questi maledetti micro sensori ottici, è colpa di questa mania di dover 50 L'isola degli artisti dannati monitorare tutto! Io me la sento sempre addosso, sento il suo alito sul collo, è come se fosse qui con noi adesso con le sue larghe chiappe bianche, seduta accanto a me. Lo so che mi sta guardando e ride di me ma io sono più furbo di lei, io ho scoperto come fotterla, non a letto si intende, io so come far finta di essere sempre in taxi…però non te lo dico! No, no, no non chiedermelo.- Io rimasi zitto e attonito, non gli stavo chiedendo niente e lui continuava a parlare, parlare, parlare senza capire che quello che stava dicendo lo ripeteva solo per sé stesso. Quando si calmò un poco cercai di fargli capire che avevo cambiato idea riguardo la nostra prima destinazione e che ora la nuova meta era quella del posto dove mi fecero salire la scorsa volta. Lo convinsi, gli stavo simpatico, lui proseguì ancora - Ma vedi: sono sicuro che lei si scopa qualche suo amichetto della ditta di rappresentanti di cosmetici per cani. Dovessi poi vedere le sue amiche, vanno in giro con i cani dentro le borsette di plastica trasparente. Lo capisci cazzo! Sono delle esibizionisteputtaneborghesi del cazzo! Io non mi voglio però arrabbiare con te, non voglio fare il cattivo perché tu non centri niente, anzi se vuoi venirmi a trovare io sono sempre qua, in questo taxi, e quando non c'è il taxi vuol dire che sono in qualche bettola a giocare a poker. Che si fotta quella stronza, tanto so come fregarla…- Non me lo disse mai come fregava la moglie, era il suo segreto. Ad ogni modo mi fece arrivare a destinazione e mi aggiudicò pure uno sconto dicendomi: “Bravo ragazzo! Tu sei uno di quelli che sa scoltare! Ecco: il posto è questo.” Entrai, si trattava di una specie di baretto losco gestito da brasiliani strafatti di coca e subito ebbi come la sensazione di riconoscere uno di loro. Mi avvicinai al banco ed ordinai una clara. La barista era una tipa tutto tette e culo, capelli biondo ossigenato, sguardo da gattona servizievole e modi da vera star di lotta sul fango. Mi sbatté la birra sul dito come se fosse un chiodo da inchiodare al banco. Poi mi chiese 51 L'isola degli artisti dannati 3 biglettoni e se ne andò seguendo le lampadine verdi sparse sulla vetrinetta con i liquori come se fosse un albero di natale da addobbare, arrivò fino ad una porta semichiusa dietro lo scafale delle birre ed uscì velocemente. Mentre stava chiudendo la porta dietro di sé intravidi nello specchio posto di fronte, vicino all'entrata del locale, una lunga scala che probabilmente portava al piano di sopra, ma forse che collegava addirittura tutto il palazzo. Mi guardai intorno scoprendo che tutti i presenti mi stavano osservando. C'era un uomo di colore vestito da pescivendolo che si beveva una Estrella e fumava un mini Havana in compagnia di altri due tizi che ridevano e fumavano dell'erba aspra come un limone calabrese. Poi dall'altra parte, vicino allo schermo del juke box, un uomo e una donna, lui con la faccia sfregiata sorseggiava Wild Turkey senza ghiaccio e lei in calze a rete nere aveva tutta l'aria della puttana. Non era una cosa strana che tutti mi guardassero pensando che lo straniero in quel momento fossi io, ma non sarebbe stata una cosa strana neanche se questi individui si fossero fatti i fattacci loro. Non importava molto cosa facessero quelli ma cosa stesse facendo quella splendida puledra scomparsa dietro il bancone del bar. Non feci tempo a bere mezzo bicchiere, ed io devo ammettere d'essere abbastanza rapido in queste cose, ma purtroppo anche in altre, che si presentarono sulla porta due tizi vestiti di rosso che rapidamente estrassero una pistola. Gli buttai la birra addosso e scappai dentro la porticina dove era entrata la pupa. C'erano due rampe di scale: una verso il sotterraneo e l'altra che portava al piano di sopra, per un attimo ebbi come la sensazione di trovarmi in un dipinto di Hasher, scelsi la seconda. Arrivato al piano superiore capitai di fronte ad una porta blindata gigantesca, l'unica di tutto il piano. Improvvisamente si aprì, come se qualcuno mi stesse già aspettando. Entrai e vidi un immenso laboratorio con computer immensi e piattaforme popolate da gente dormiente. Non credevo ai miei occhi. 52 L'isola degli artisti dannati “Che razza di posto è questo?” Chiesi a voce alta, subito si avvicinò un uomo sulla cinquantina in giacca e cravatta e mi rispose: “Questo è il laboratorio dei sogni” Mi fece cenno di seguirlo. Arrivammo in una sorta di sala per le riunioni dove si trovavano altre cinque persone tutte in giacca e cravatta e dall'aria molto professionale. Si rivolse a me il più anziano facendomi segno di sedermi, io non opposi resistenza. Tutto in quella stanza faceva pensare ad un gran lusso e pulizia, tutto l'opposto della bettola di sotto: il tavolo di cristallo senza neanche un'impronta, la luce diffusa da lampade al neon attraverso una parete di stoffa bianca porosa nel soffitto, le sedie e le persone allineate e simmetriche, la vetrata alle spalle affumicata e splendente, i cestini ed i porta cenere vuoti, le facce composte e gli occhi sbarrati. La decorazione del pavimento era studiata con grande cura geometrica: ogni curva ed ogni linea retta era orientata in base alla posizione degli oggetti e delle persone nella stanza. Cinque schermi video erano posizionati in modo che tutti potessero vedere la stessa immagine contemporaneamente e cogliere l'espressione sul viso di tutti i presenti attraverso un gioco di specchi. L'illuminazione non era né troppo forte né troppo debole in modo che ogni persona potesse osservare ogni cosa allo stesso modo e senza sollecitazioni o disturbi percettivi dell'ambiente circostante. Appena mi sedetti uno di loro cominciò a parlare da solo, come quando accendi la televisione e questa ti spara subito le sue minchiate. Ma costui parlava di cose serie…mi disse -Sarò breve. Non so come abbia fatto a rintracciare questo posto ma probabilmente ha avuto degli informatori. In ogni caso lei adesso è qui e noi non possiamo farci più nulla. Se è riuscito a cavarsela in quello che probabilmente lei crede un sogno probabilmente un po' d'astuzia ce l' ha, spero solo che saprà usarla nel modo giusto. Quello che lei ha visto cioè l'isola e tutto il resto, si chiama M.I.C. cioè: “Metodo di interazione creativa”.53 L'isola degli artisti dannati Io che forse non sono astuto come credevano, non ne stavo capendo niente, ma non potevo interromperlo, altrimenti avrebbero subito capito che ero all'oscuro di tutto e così sarei rimasto con un pugno di mosche. Decisi allora di bleffare. Dissi con fare disinvolto -Di questo ne ero al corrente…ma è altro che mi interessa: voglio sapere come funziona!- Il tizio fece una breve pausa e poi proseguì -Vede la cosa è molto semplice: una società come la nostra ha bisogno di un apporto creativo molto elevato da poter offrire ai richiedenti nella realizzazione di progetti virtuali. Il problema è che molte persone come lei piene di talento non sono disposte ad accettare. Si ricorda quella proposta del governo inglese in seguito a quel suo lavoro per la città di scarpe? Lei follemente la rifiutò. Noi se abbiamo bisogno di qualcosa ce la prendiamo. Il nostro ultimo progetto fu quello di un'isola interattiva, completa di opere figurative, tracce di possibili civiltà indigene, dove i detenuti condannati alla pena di morte possono scegliere di trascorrere il resto della loro vita fino al momento in cui dovranno salire sul patibolo. Ovviamente il prezzo è molto caro, molti detenuti sono disposti a togliere la casa alla famiglia per pagare questo servizio e quindi è ovvio che la qualità del prodotto non può essere scadente. La realtà virtuale ha fatto passi da gigante e per questo persone in gamba come lei o come gl'altri suoi amici dell'isola non possono rifiutarsi di collaborare. E' un dovere per un cittadino che ha le sue capacità! - Non potevo credere alle mie orecchie, sembrava una cosa così pazzesca, mi balzò subito in bocca una domanda -Ma gli altri sono morti?- Sempre con molta calma continuò a parlare, ormai non sarebbe cambiato nulla -Vede nessuno poteva prevedere gli effetti nel caso di morte di un soggetto interno perché finora non c'è mai stato un caso simile di interazione. L'isola era fatta in modo che nessuno interagisse anche se tutti stavano lavorando nella stessa zona virtuale, lei ha scoperto un passaggio che il nostro sistema non poteva 54 L'isola degli artisti dannati nascondere e si è messo in contatto con gli altri creando il caos. E' riuscito a scoprire la falda più grossa dal programma che avevamo installato nella sua mente: il sole, così siamo stati costretti a risvegliarlo e riportarlo a casa sotto l'effetto di qualche tranquillante. Ogni cosa che ha vissuto in quei giorni nell'isola è stata la semplice interazione tra le menti degli artisti, compresa la sua, e quella del nostro computer. Come lei anche gli altri suoi colleghi non hanno voluto collaborare, hanno voluto fare i ribelli, e così i governi degl'altri paesi hanno dovuto ricorrere alla nostra società che, come avrà capito, è presente su tutto il globo. Mettere in M.I.C. diverse persone contemporaneamente non è un problema per noi, non serve spostare i corpi, basta spostare le menti. Scappare coscientemente da noi è inutile, ma scappare inconsciamente è proprio inammissibile. Beh, mi dispiace ma temo che la risposta alla sua domanda sia affermativa: si, gli altri sono morti. Ecco lei ha avuto una grande fortuna perché è entrato nel nostro sole, nessuno l'aveva mai scoperto prima. Esiste sempre un modo per sfuggire ma esiste sempre un modo anche per incastrare un persona. - Ero paralizzato dalla paura e dal sconcerto. Tremando chiesi -E adesso che ne sarà di me?- Gli altri che furono rimasti in silenzio fino a quel momento fecero una risata sarcastica e commentarono a bassa voce la mia reazione. L'uomo più anziano disse -Se l'avessimo fermato prima probabilmente sarebbe già morto, ma ora non lo possiamo fare, vede noi abbiamo qualche problemino con le armi…non si preoccupi- Entrarono i due uomini vestiti di rosso, mi presero e mi portarono fuori puntandomi una pistola sul fianco destro. Passammo di nuovo dal locale mentre tutti questa volta si stavano facendo i fattacci propri. Poi salimmo in una Ford ed arrivammo fino ad un porto. Non potevo vedere perché mi tenevano basso, schiacciato contro il sedile. Uscimmo dall'auto e uno dei due, quello più basso, mi 55 L'isola degli artisti dannati sferzò un gancio sullo stomaco, l'altro mi prese per i capelli e mi diede un calcio sulle gambe buttandomi nuovamente faccia a terra. Stavano per tirar fuori la pistola lo sentivo. Mi volevano freddare li con un colpo alla nuca…altroché problemino con le armi! Quei stronzi mi stavano per uccidere ed io mi stavo lagnando come un bambino stupido. Mi girai di scatto e vidi che al di là della macchina il porto finiva. In un attimo mi buttai sotto e scivolai fino in acqua. Quelli iniziarono a sparare ma per fortuna non mi presero, nuotai sul fondo, non so con che fiato, fino ad una barca ancorata a qualche metro dalla riva. Saltai su da dietro mentre loro stavano ancora sparando, tagliai le corde dell'ormeggio e me la filai. Era una barca a motore: 200 cavalli, niente male, potevo beccare un gommone di soli 40 cavalli e allora sarebbe stato un casino. Buttai a mare un po' di cose per alleggerire il peso ma non credo che mi stessero inseguendo. Arrivai fino a Cadacash, sulla costa brava, facendo benzina una sola volta. Prima di lasciare la barca mi resi conto che il timone era tutto d'oro o almeno speravo bagnato d'oro. Lo smontai e lo portai da un vecchio orefice che mi propose 500 biglettoni. Accettai al volo anche perché non so contrattare. Mi misi alla ricerca di Consuelo, ero sicuro che mi avesse detto dove abitava mentre eravamo nell'isola ma in quel momento non riuscivo a ricordare. Allora presi subito l'autobus per l'aeroporto e appena arrivato presi il primo aereo per Città del Messico. Non sapevo neanche se fosse ancora viva, se anche lei fosse entrata nel sole virtuale, ma la speranza di rivederla, la voglia di scappare dalla Spagna e di non morire mi spinse ad agire in questo modo. Arrivai verso il tramonto, ero stremato ed affamato. Trovai un ostello dove spesi i miei ultimi soldi con una cena a base di tortillas, cerveza e boccadillos con queso. Il giorno seguente riposato e in forza, continuai la ricerca di Consuelo. Mi ricordai il nome della sua via passando 56 L'isola degli artisti dannati davanti ad un negozio di fiori: Florida blanca, e così arrivai fino a casa sua. Una casa bassa ma molto estesa che lei mi aveva descritto, la riconobbi subito, c'è un tetto a due punte ed un recinto esterno in legno verniciato di giallo. La sua casa è bellissima ed ebbi come l'impressione che quel posto corrispondesse esattamente alla sua personalità: tutto di lei si rispecchiava chiaramente nelle forme e nei colori, perfino la natura sembrava creata da Consuelo in quel posto. Mi sopraggiunse subito un dubbio però: forse si trattava del contrario, forse cioè era proprio lei, il suo animo, la sua arte ad essere il frutto di quelle forme, di quei colori e di quella natura. I tratti somatici di un volto a volte sono questione di razza ma perché una razza è così com'è? La soluzione è nella natura credo, nell'ambiente in cui cresciamo. Le popolazioni mongole, ad esempio, hanno gli occhi così caratteristici probabilmente per il vento che scolpisce i loro lineamenti da secoli, millenni o chi s'à quant'altro tempo. Come in un sogno Consuelo comparve sull'uscio della porta appena suonai. Era bellissima. Scoppiò a piangere. Non credeva ai suoi occhi. Appena gli raccontai la mia storia non riusciva a crederci. Lei pensò che si trattasse di un sogno. Credeva di avere sognato ogni cosa, ecco perché la mia visita la sbalordì e la riempì di gioia. Non riusciva proprio a crederci. Gli raccontai tuuta la storia, io ero più commosso di lei. -Ora è tutto apposto, non ci sono più problemi, va tutto bene.Continuavo a ripeterle. Lei mi disse di essere entrata nel sole dopo di me e di essersi svegliata sul ciglio di una strada in piena notte. Chiamò una sua amica e si fece accompagnare a casa. Tutti pensarono che avesse perso la memoria e che avesse così vagato per una settimana nella grande città. Lei non ne fu mai convinta pienamente di questa ipotesi e la mia visita ne fu la conferma definitiva. Non si trattava di un sogno, ne tanto meno di una perdita di memoria: fu purtroppo un rapimento bello e buono. 57 L'isola degli artisti dannati Decidemmo di tacere per non farci rintracciare, decidemmo di incominciare una nuova vita, fuori da tutto e da tutti. Cambiammo identità e partimmo, partimmo per un'isola deserta. Una di quelle vere questa volta. 58 Supermarket Oggetto: l'ultimo acquisto al supermarket Scusami Anna se ti lascio con questa e-mail ma credimi è la cosa migliore. Leggi tutto e cerca di non giudicarmi. Leggi e basta. Tutto iniziò con l'acquisto di quel carcinoma all'intestino. Da circa tre settimane ero intenzionato a farlo ma non avendo mai provato una cosa simile mi presi parecchi giorni per rifletterci. Lo stavano pubblicizzando da circa un mese: NUOVO CARCINOMA ALL'INTESTINO ANNI 90 A SOLE 25 EURO! (RIPRISTINO GENETICO INCLUSO). E' come andare sulle montagne russe: sali, fai un bel giro in giostra e poi te ne torni a casa felice e contento, come tutti gli altri giorni, ma sempre con la voglia di ritornarci. Credo che tu ne abbia sentito parlare. Io sono un architetto, lo sai, e alla mia età non si dovrebbero cercare emozioni così forti, ma il prodotto è stato messo in commercio per un pubblico compreso tra i 20 e i 60 anni e quindi ho pensato che per un pelo io sarei rientrato in questa categoria e non ci sarebbero stati problemi. Non ci tenevo ad avvertirti, sei la mia ex moglie, so che 59 Supermarket non faccio più parte della tua vita ma visto che mio padre è morto l'anno scorso sono praticamente solo. Tra noi non è mai finita lo sai. Ci continuiamo a vedere anche se tu stai con quel finocchio francese di nome Dominique che non ha mai capito la differenza tra vino bianco frizzante e lo spumante (scusa ma non lo ho mai sopportato). Lo so che è stata colpa mia alla fin fine se è successo tutto questo, ma non pensavo che portasse a queste conseguenze: sembrava tutto sotto controllo. Ora comunque me ne assumo tutte le responsabilità: è stato un gesto cosciente e deciso…fino alla fine. Circa due settimane fa decisi di provarlo: andai al supermarket sotto casa e in particolare al reparto MALATTIE STORICHE E VIRUS ESOTICI. C'era di tutto dalla malaria al famoso HIV anni 80, dalla peste bubbonica alla febbre tropicale e perfino gli effetti provocati dal morso di un serpente amazzonico o da uno scorpione, tutti belli confezionati nelle apposite confezioni con tanto di foto con modella in fase terminale sotto allo sponsor. L'industria farmaceutica ha ormai consolidato un business da milioni di euro. Vendono il virus o il principio attivo in grado di alterare il DNA fino a uno stadio molto avanzato ma in ogni confezione viene allegato anche l'apposito ricostituente genetico in grado di far regredire la malattia completamente, ripristinando tutte le funzioni fisiologiche e psichiche del cliente. Era come una sorta di doccia di piscio e merda seguita da una di acqua e sapone, scusami il paragone ma non ho resistito a farlo. L'unica avvertenza sta nei tempi limite: MAI SUPERARE DIECI GIORNI SENZA ASSUMERE L'APPOSITO RICOSTITUENTE. La faccenda ormai l'avrai capita da sola: io superai quei dieci giorni! Non so dire esattamente il perché o il perché di tutto. Il male esercita un fascino così viscerale nelle persone che quando non c'è si è disposti a pagarlo. C'è chi inizia con le sigarette per poi passare alle droghe, c'è chi inizia dalle droghe per poi passare alle sigarette, c'è chi inizia col 60 Supermarket pattinaggio per sbucciarsi le ginocchia e poi passa alle moto da corsa per rompersi l'osso del collo, c'è chi fa sport estremo ma anche chi fa sesso estremo, c'è chi si fa frustare, seviziare, insultare, violentare e c'è chi frusta, sevizia, insulta o violenta ma poi è autolesionista e si spreme l'uccello con cinghie di cuoio o si mette madonnine borchiate in culo. Perché? Cosa spinge le persone a fare questo? Io non so cosa mi spinse a fare quello che ho fatto, ma lo feci e basta. Questo è tutto. All'inizio la malattia non mi diede grandi disturbi, mi lasciava il tempo di svolgere tutte le attività quotidiane normalmente: mangiare, dormire, lavorare ad un progetto, e lo ammetto anche pensare a te. Ti ho sempre amata e non mi vergogno a dirlo, lo so che tu non lo ammetterai mai, non abbiamo figli perché non hai mai ammesso di volerne e ci siamo lasciati perché non hai mai ammesso di amarmi. Il lavoro non mi manca lo sai, anzi, ho lavorato per l'Australia, il Giappone e l'Olanda progettando un ponte, qualche acquedotto e perfino uno tra i più grandi parcheggi sotterranei a Tokio. Sono stato sempre attento al cibo. Ho sempre preferito la cucina italiana in assoluto, anche se devo dire che la carne argentina è squisita, ho sempre amato mangiare e gustare Cabernet e Chianti, ovviamente i risultati si vedono: ho una pancia ingombrante ma credo che sprigioni, assieme al capello brizzolato, un certo sex-appeal ben consono alla mia veneranda età. La mia vita credo non abbia niente di straordinario, a parte qualche successo qua e la, e niente di estremamente tragico, a parte qualche lutto in famiglia. Con il passare di qualche giorno iniziarono i dolori allo stomaco e ad essi si univa di frequente la dissenteria. Non che fosse niente di insopportabile ma il fastidio c'era. Una sera per esempio avevo organizzato una cena di lavoro ma fui costretto a rimandarla per la debolezza: avevo passato tutto il giorno al cesso! A quel punto capii che le cose avrebbero dovuto essere organizzate al contrario cioè dalla 61 Supermarket malattia agli appuntamenti e non viceversa, tutto quello che potevo fare era dire -Si credo che per domani non ci siano problemi- oppure -Non saprei, devo vedere gl'impegni…forse è meglio che per la settimana prossima ci sentiamo lunedì- o anche -Non posso proprio sostenere una conferenza così lunga adesso, ho un incontro importante tra mezzora…La vita continuava, ma era la malattia ora a dettarne i ritmi, non più io o il mio agente o la mia segretaria Kitty. La condizione ebbe un netto peggioramento poi, all'improvviso mi ritrovai a dover sospendere completamente il lavoro. Era il quinto giorno e i dolori erano aumentati: appena mangiavo qualcosa di caldo mi bruciava lo stomaco e dovevo rigurgitare al più presto possibile. Anche quando dovevo andare al bagno mi bruciava tantissimo e le forze iniziavano a venir meno sempre più spesso. Dimenticavo le cose perché la malattia voleva tutte le attenzioni per sé, era il mio corpo che si faceva sentire prepotentemente. Mi venne allora la tentazione di dire basta, di prendere il ricostituente e rimettermi in carreggiata, ma qualcosa mi diceva che l'antidoto non era fuori ma dentro di me. Avevo uno strano presentimento, come di incompiutezza, dovevo terminare qualcosa ma non riuscivo a capire cosa. Quando i crampi venivano io cercavo di distrarmi e di non pensarci, ma ciò non bastava, allora provavo a combatterli, prendevo degli anti doloriferi. La malattia verso l'ottavo giorno iniziò a degenerare e ad arrivare allo stadio terminale. Ero dimagrito dieci chili, non mi reggevo più in piedi e a volte crollavo sul tappeto dopo aver fatto le scale. Non ero più in grado di uscire di casa, arrivavo a mala pena al bagno. Non potevo più mangiare, qualsiasi cosa provassi ad inghiottire mi provocava fitte continue alla pancia. Le medicine contro il dolore non servivano più a nulla, l'assuefazione era forte e le metastasi si stavano espandendo. Fu allora che provai a non combattere quel cancro dentro allo stomaco, a 62 Supermarket non tamponare il male, fu allora che forse persi l'ultima occasione per prendere il ricostituente. Una notte in preda al delirio lo buttai nel cesso poi scoppiai a ridere e a piangere contemporaneamente come un povero pazzo. Ormai era fatta, mi stavo preparando alla morte, non volevo altro, eppure non mi ero mai sentito così vivo, così me stesso! Accesi la televisione, davano un vecchio film di Peter Grenaway: “Nel ventre dell'architetto” ma mi addormentai prima. Mi risvegliai di scatto, il cuscino era inzuppato di sangue, la tosse emorragica me lo fece espellere ma i crampi allo stomaco mi fecero perdere in parte di nuovo coscienza. Ebbi allora una epifania: vidi un fascio di luce volare sopra la mia testa e provai sollievo. Pensai: “Ora sono io dio, ora ho raggiunto l'onnipresente e non ho più paura”. Tu probabilmente credi sia uscito di senno…ti assicuro: non è così, non si tratta di allucinazioni o pazzia. Non ti ho chiamata, è vero, ma sinceramente non sentivo il bisogno di nessuno, ora non sento più neanche il bisogno di me stesso. In questo momento sto scrivendo le ultime righe di questa pagina e della mia vita. Ho dolori atroci in tutto il corpo, non riesco più ad andare al bagno ma tanto non mangio e non bevo…anche l'acqua mi brucia come acido. La mia casa è vuota ma io nonostante tutto sono felice, sono felice di aver scelto tutto questo e di essermi finalmente purificato. Ora capisco il vero senso della vita: la sofferenza. La tua foto è qui sulla scrivania e la tua immagine mi penetra il cuore lentamente. Non ho più nulla da dire. Forse questo nuovo business salverà l'umanità, forse i supermarket un giorno saranno l'anticamera del paradiso…per adesso io mi sento libero. Addio Anna. 63 Christian Battiferro Dice di sè l'autore: "Sono nato a Legnago (VR), il 05-09-1978. Ho frequentato l’Istituto Tecnico Statale Industriale I.T.I.S. “G.Silva” nella stessa città, diplomandomi come perito chimico nel 1998. Tuttora mi sto laureando al DAMS di Bologna. Ho iniziato a scrivere poesie quando ero adolescente anche se non è mai stata una vera e propria passione, infatti, non ho mai avuto molta costanza. Per me mettere nero su bianco è come immaginare e non ha molto senso farlo come esercizio. M'interessa parecchio il potere evocativo delle parole, quindi a volte mi piacerebbe abbandonarmi ad esse, svincolandomi da ogni dogma grammaticale o sintattico. Quando ho iniziato a scrivere il mio primo racconto non pensavo che sarebbe stato seguito da altri ma per un certo periodo le idee si accumulavano nella mia testa, vedevo nascere e vivere dei personaggi, mi emozionavano molto certe situazioni, e così ho deciso di continuare a scrivere. Assicuro che la scelta è molto sofferta perché non mi sento uno scrittore anche se ho qualcosa da dire ed il mezzo più economico per farlo è la penna." 64 Narrativa Contemporanea Questa è la lista di e-paperback pubblicati fino ad ora in questa collana: Benaresyama (Federico Mori) Blu notte (Marco Giorgini) Dieci Racconti (Raffaele Gambigliani Zoccoli) Fragola Nera (Christian Battiferro) Francesco (Enrico Miglino) Identità Perdute (Claudio Chillemi) 65 Narrativa Contemporanea Inevitabile Vendetta (Fabrizio Cerfogli) La Sibilla di Deban (Claudio Caridi) La vigna (Silvia Ceriati) Lo Scafo (Marco Giorgini) Onde Notturne (Karmel) Passato Imperfetto (Enrico Miglino) Sangue Tropicale (Gordiano Lupi) Sette Chiese (Christian Del Monte) Sogni (Massimo Borri) Steady-Cam (Christian Del Monte) 66