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Nomina sunt substantia… comica: pratiche onomastiche nelle prose umoristiche di Woody Allen* Emanuele Miola (LETiSS – Istituto Universitario Studi Superiori – Pavia) Abstract: This paper examines the proper names of the fictional characters of Woody Allen’s short stories from the literary onomastics as well as the humor theory viewpoint. Although sporadically using ‘speaking’ names, Allen is shown to prefer names with a classificatory function and ‘phonosymbolically funny’ names. The former define the social panorama in which the humorous stories take place and not unusually point out that the target of the joke is a schlemiel or a schlimazel from the American-Jewish middle class. The latter are chosen by following ‘unwritten laws’ of humor, or exploiting alliterative humorous patterns. Key words: linguistic theories of humor, literary onomastics, Woody Allen. 1. Umorismo e onomastica umoristica. “Comical names are an integral part of a comic story” (Lax 2000: 225). Nonostante questo monito di Woody Allen, contenuto in una delle interviste in seguito confluite nella poderosa biografia scritta da Eric Lax, l’onomastica alleniana – e in particolare l’onomastica delle raccolte di racconti come Getting Even, Without Feathers e Side Effects, cui si è recentemente aggiunta Mere Anarchy –21 è stato un ambito di ricerca per lo più negletto dagli studiosi, se si escludono le fugaci eccezioni di Dreyfus (1999) e, ma solo per quanto riguarda la produzione filmica, Siegrist (1995: 579).22 Come questo contributo cercherà di mostrare, la scelta dei nomi propri (d’ora in poi NP) dei personaggi dei racconti umoristici è orientata anch’essa verso l’obiettivo principe di un qualsiasi testo comico: “il far (sor)ridere” (Banfi 1995: 20). Purtuttavia, le tecniche attraverso le quali l’umorista – nel nostro caso un umorista del calibro di Allen – persegue quest’obiettivo sono molto più variegate della semplice risegmentazione del significante del NP per ottenere un significato ridicolo (nelle parole di Attardo 2001: 152-153, onomastic * Mi preme ringraziare Claudio Bracco e Filippo Rainero, con cui ho discusso una versione preliminare di questo lavoro. La responsabilità delle mende rimaste è ovviamente soltanto mia. 21 I testi delle prime tre raccolte di Woody Allen sono stati consultati nell’edizione The Complete Prose (Picador, 1998), da cui si cita, indicando comunque il titolo del racconto e la raccolta. Mere Anarchy è uscita presso Ebury Press nel 2007. L’album Standup Comic, ora disponibile su compact disc, raccoglie alcune routines degli anni ’60. 22 Sorprendentemente, sull’onomastica alleniana tace anche l’ampia panoramica sui Names in satire di Ashley (2002). puns: cf. il famoso centauro nipponico Tofuso Lamoto et similia) o dell’utilizzo (quasi esclusivo) dei redende Namen (grosso modo, quelli che Attardo 2001: 97 pare intendere come onomastic jokes). In questo contributo, trattiamo i NP come uno dei possibili casi di humorous instance del testo, e perciò di tanto in tanto si farà riferimento alle risorse conoscitive che il General Theory of Verbal Humor prende in considerazione per individuare il funniness che c’è in ogni joke: oltre allo script opposition, “the logical mechanism (LM), the target (TA), the narrative strategy (NS), the language (LA) and the situation (SI)” (Attardo 2001: 22), con l’accorgimento di notare che LA corrisponderà sovente alla sequenza prenome(-soprannome)cognome e che TA può anche risultare un parametro vuoto (giacché non vi è per forza un bersaglio, del NP umoristico).23 2. I nomi parlanti nella narrativa di Woody Allen. Delle due categorie accennate al paragrafo precedente, nelle prime prose di Woody Allen non si incontrano mai onomastic puns. Di rado, invece, si trovano nomi parlanti o con funzione caratterizzante,24 ma anche quando Allen vi indulge, tali nomi non sono del tutto scevri da altre funzioni, come quella classificatoria o quella fonosimbolica, di cui tratteremo oltre. È questo il caso di Kleinman, < klein man(n), ‘uomo di piccola statura, piccolo uomo’, un vero e proprio Zeno Cosini americano, di Death e del film Shadows and Fog. È curioso, però, che la prima antologia di racconti di Allen si apra con un NP, in questo caso quasi un marchionimo, parlante. (1. da The Metterling Lists, in Getting Even: 143) Venal & Sons has at last published the long-awaited first volume of Metterling’s laundry lists (The Collected Laundry Lists of Hans Metterling, Vol. I, 437 pp., plus XXXII-page introduction; indexed; $18.75), with an erudite commentary by the noted Metterling scholar Gunther Eisenbud. Nel testo alleniano, parodia dell’establishment della critica letteraria, la casa editrice che sta cercando di capitalizzare persino sulle liste della lavanderia dello squinternato pensatore e letterato Metterling, messe in vendita come scritti inediti, porta il nome parlante Venal & 23 Diametralmente opposto è il caso dei ‘nomi parlanti’, soprattutto quando poco lusinghieri, dove il TA è di norma il nominato stesso. 24 Cioè volta a richiamare “tratti fisici o psichici, ma anche […] abitudini, semplici attività o persino passioni indissolubilmente legate al carattere del personaggio” (Berardi 1998: 24). Sons. Un simile discorso si può fare per gli altri due nomi di case editrici citati nelle raccolte: Viscous & Sons e Remainder & Sons. Il primo, stavolta con probabile riferimento alla colla della rilegatura dei libri, è quasi un caso di cognome di professione. Il secondo, presente in Without Feathers, indica come omen del nomen dell’editrice le giacenze di magazzino, riproposte da librerie specializzate a prezzo bassissimo. L’aggiunta del solito “& Sons” ad un termine fuori dal patrimonio cognominale americano completa lo straniamento del NP. Nei nomi parlanti usati con intento umoristico è possibile identificare un’opposizione di script, se pensiamo che, almeno nell’odierna cultura occidentale, il NP è divenuto semanticamente opaco ed immotivato, mentre nel suo uso parlante e umoristico esso viene reintrodotto nella lingua ‘viva’ da cui era stato sottratto dalla cristallizzazione onomastica. Il NP recupera così la trasparenza che doveva avere ancora almeno nel Medioevo:25 la trasparenza semantica del NP, in questi casi, si oppone all’opacità acquisita. 3. I nomi con funzione classificatoria: target o indicatori di situation del testo umoristico. Benché, come visto, “integral part of a comic story”, la maggior parte dei NP alleniani non può essere annoverata tra i jokes o i puns onomastici. Frequentemente essi servono, invece, da substantia comica per costruire il panorama sociale in cui si svolge l’azione: fungono, cioè, da indicatori della SI del racconto. Una delle cifre dell’onomastica di Allen risiede nella capacità di delineare con poche, nette pennellate l’ambiente sociale entro cui sono inserite o si svolgono le vicende comicoumoristiche da lui raccontate, ma non solo: Allen è capace, con il semplice NP, di assegnare i suoi personaggi ai determinati gruppi sociali che caratterizzano il melting pot americano. Si tratta di quella funzione del NP definita classificatoria (cf. Birus 1987: 45 e Berardi 1998: 2324). Qualche esempio: il mondo della malavita organizzata e quello della haute cuisine descritti in A Look at Organized Crime e Fabrizio’s: Criticism and Response sono costellati da NP d’origine italiana; d’ascendenza francese, invece, risultano i NP dei pesci più piccoli del mondo criminale: Virgil, Vic e Charlie Ives (in Confessions of a Burglar). I ribelli sudamericani si chiamano Arturo, Miguel, Julio, Luis José, e non di rado portano il cognome Vargas (in Viva Vargas!, ma anche nel film Bananas). 25 Cf. Cardona (1976: 133-ss.). Talvolta l’uso dei NP serve semplicemente per indicare un genere o un tipo di testo letterario: dal racconto poliziesco alla recensione al saggio breve. In questo modo Woody Allen definisce il prototesto di riferimento, pronto per essere sottoposto alla parodia. Ecco quindi gli altisonanti cognomi teutonici che designano altolocati personaggi del mondo accademico (Helmoltz, Metterling,…), retaggio, per Allen, della passione (attiva) per la filosofia e (passiva) per la psicologia. Di ritmo trocaico tipico dei NP nei racconti hardboiled sono i nomi generalmente anglosassoni di Match Witz with Inspector Ford!: Clifford Wheel, Henry Walker, Cynthia Freem, Quincy Freem, Kermit Kroll. Il ricorso ai lessici onomastici altri – questa volta scandinavi – evoca anche le atmosfere ibseniane e dell’amato Bergman nel racconto Lovborg’s Women Considered: oltre al nome del protagonista (Jorgen Lovborg, su cui torneremo più avanti), di suo padre Nils e di sua moglie Hilda, abbiamo Jenny Angstorm, Netta Holmquist, Greger Norstad, Hedvig Moldau etc. Altrove l’esotismo dei prenomi greco-antichi, utili a identificare il genere tragico o del dialogo platonico, viene irriso sovrapponendovi parodicamente i tecnicismi medici di ascendenza classica: così i protagonisti di God sono Diabetes, Hepatitis, Trichinosis, Bursitis; mentre, accanto ai credibili Agathon e Simmias, il terzo allievo del condannato a morte di My Apology si chiama Isosceles. Un posto d’onore, tra i NP alleniani, è naturalmente riservato ai cognomi di origine ebraica, dal cui microcosmo Allen trae non soltanto le sue origini, ma anche il suo personaggio, di conseguenza la sua maschera comica, nonché l’humus e lo spunto per le sue storie (da portare sul grande schermo) o i suoi racconti. Questi NP fungono da TA di molti episodi comici ideati da Allen: il bersaglio dei suoi racconti è lo schlemiel, lo schlimazel o – più in generale – la borghesia ebraico-americana. Ecco quindi spiegati i già citati Kleinman, con la variante Klineman (metapersonaggio di The Metterling Lists), Kugelmass, Lupowitz (protagonista di ben due racconti di Getting Even e Without Feathers e comparsa in Side Effects, nel racconto The Shallowest Man), l’Harold Cohen protagonista della storia d’amore con una goyim matura raccontata in Retribution, i tre Rifkin, i Weinstein, i Needleman, i nomi rabbinici delle Hassidic Tales etc. L’intento della satira sociale, ma questa volta con il TA, inverso, degli atteggiamenti discriminatori cui erano soggette le persone di origine ebraica ancora negli anni ‘60, è evidente fin dai primi monologhi di stand-up: basti il cenno al famosissimo The Moose, dove l’io narrante e i Berkowitz (protagonisti insieme all’alce del party per la Jewish middle class dato dai Solomon) sono gli schlimazels messi in scena dalla routine, ma servono da trampolino (e quindi da SI) per la punch line, che ha come bersaglio il discriminante New York Athletic Club: “and the joke is on them, because it’s restricted!” 4. Il NP come “innesco” dello script opposition. Woody Allen usa spesso i NP per innescare frame che la sua vena umoristica penserà immediatamente a far deragliare, con effetti eclatanti anche nei one liners: (2. da Selections from the Allen Notebooks, in Without Feathers: 8) Should I marry W.? Not if she won’t tell me the other letters in her name. L’utilizzo del nome accorciato è allusione in primis all’opera di Kafka e poi al cinema e alla letteratura neorealista (basti pensare all’Umberto D di De Sica). Un frame che il fruitore riconosce e che subito “mette in gioco” nella ricezione del testo, un frame che viene immediatamente negato dalla punch line spiazzante. Talvolta l’allusione alle pratiche onomastiche kafkiane è spunto per suscitare il riso tramite un anticlimax degradante rispetto all’attesa: (3. da Yes, But Can the Steam Engine Do This?, in Getting Even: 177) I was leafing through a magazine while waiting for Joseph K., my beagle, to emerge from his regular Tuesday fifty-minute hour with a Park Avenue therapist[…] Il riso scaturisce dal détournement imprevisto da antroponimo a teronimo, un tipico esempio di vituperatio che si ritrova anche in Conversation with Helmoltz (in Getting Even: 257): (4) Helmholtz resides on a country estate in Lausanne, Switzerland, with his manservant, Hrolf, and his Great Dane, Hrolf.26 In (3) e (4) la confusione di antroponimo e teronimo, con l’evidente richiamo all’alta letteratura, crea l’effetto sorprendente ed evoca il (sor)riso. In (2) si osserva invece la 26 A un lettore “di secondo grado” non sfugge che non solo v’è straniamento in quanto un NP umano viene dopo poco riferito a un animale; ma v’è anche una sorta di straniamento nel momento in cui si considera che Hrolf è il NP del re protagonista dell’omonima epica islandese Hrólfs saga kraka ok kappa hans, piuttosto famosa in ambito anglosassone. Si tratta di uno degli esempi di hyperdetermined humor (Attardo 2001: 100) di Allen. violazione di un canone di nominazione diffuso in certa letteratura e in certo cinema, pur sempre un’opposizione di script che rasenta, in questo caso, la parodia di un genere narrativo. Neppure la pseudonimia27 e la soprannominazione possono evitare di essere rivisitate dalla comicità di Allen: (5. da Lovborg’s Women Considered, in Without Feathers: 41) …the great Scandinavian playwright Jorgen Lovborg, known to his contemporaries as Jorgen Lovborg […], Lovborg (originally Lövborg until, in later years, he removed the two dots from above the o and placed them over his eyebrows) Lo scarto tra il Lövborg nome anagrafico e il nome d’arte Lovborg è così insignificante, ridotto alla caduta della sola, fastidiosa dieresi, che il lettore si rende conto immediatamente che il nome d’arte Lovborg non assolve il suo compito di celare il nome vero; che la trasparenza del secondo rispetto al primo è troppo evidente. Insomma, uno pseud-onimo per nulla falso e ‘coprente’: la violazione dell’orizzonte di attesa del lettore rende la scelta del nome d’arte Lovborg comica e risibile. Trascegliamo infine alcuni tra i moltissimi soprannomi ed alias di A Look at Organized Crime (in Getting Even: 151-ss.), racconto in cui è soprattutto l’eteronimo ad essere sfruttato come trampolino per alcune evoluzioni comiche. Alcuni nicknames sono organizzati nel classico ritmo triadico tipico delle gag umoristiche: posizione–conferma–sorpresa. Anche in questo caso il (sor)riso deriva dalla rottura del frame instanziato nei primi due momenti del ritmo attraverso il terzo soprannome. Talvolta, il terzo membro della successiva serie di identità fasulle suscita il riso perché scopertamente finto (per la mancata appartenenza, a differenza dei due membri precedenti, al lessico onomastico disponibile e per una forte trasparenza semantica) e a causa della ripetizione: “Lipsky’s brother Mendy (alias Mendy Lewis, alias Mendy Larsen, alias Mendy Alias)”. Di un particolare interesse etnolinguistico è un altro soprannome, sempre tratto da A Look at Organised Crime: Little Petey (Big Petey) Ross. In questo caso, la diretta giustapposizione di due sintagmi antifrastici funge da meccanismo logico che dà luogo al (sor)riso: ma la logica che permette la risata è esattamente quella logica che Attardo (2001: 25) chiama ‘locale’, cioè una “distorted, playful logic, that does not necessarily hold outside of the world of the joke”, 27 Usiamo in questa sezione l’iperonimo ‘pseudonimia’ per indicare tutti i possibili casi di cambiamento di nome, che pure presentano alcune diversità, discusse accuratamente in Caffarelli (1996). giacché nella vita di tutti i giorni non è impossibile imbattersi in soprannominazioni come quella appena citata: il biondo per una persona dai capelli corvini, Einstein per qualcuno non troppo lesto di comprendonio etc. (v. anche Putzu 2000: 147-ss.). È apprezzabile come nel racconto umoristico il contesto umoristico contribuisca (forse da solo) a trarre il (sor)riso da una situazione, il soprannome ironico-antifrastico, che è invece prototipica nella vita reale. In questa sezione, si sarà notato, sono stati presentati NP la cui comicità risulta, nuovamente, dalla sostituzione di un frame atteso (o convenzione stabilita) con un altro frame. Si potrebbe concludere che tali NP funzionano come jokes propriamente detti. 5. Comico del significante e onomastica umoristica. Come insegna Altieri Biagi (1980), a fianco della comicità del significato esiste, nell’umorismo verbale, anche la comicità del significante. Ben lungi da osservare, nella nostra panoramica, la presenza di compartimenti stagni tra l’una e l’altra categoria applicate all’onomastica letteraria umoristica, con nomi comici del significante intendiamo quei NP che, oltre ad assolvere eventualmente uno dei ‘compiti’ che siamo andati ad elencare sopra (§§ 2-4), suscitano il (sor)riso anche per motivazioni inconsce legate a una componente fonosimbolica,28 che le letteratura medico-scientifica sull’argomento ha provato a spiegare. Una tradizione onomastica nella commedia hollywoodiana è dettata dalla massima che in The Sunshine Boys Neil Simon, mentore col fratello Danny del giovane Allen, mette in bocca al vecchio attore di varietà Willy: sono divertenti i nomi “with a ‘k’ in [them]”. I nomi comici usati da Allen, anche sul grande schermo, presentano una singolare consonanza con quanto espresso in The Sunshine Boys: basti pensare ai già nominati Berkowitz, o all’amico Egg Benedict dell’omonima routine di Standup Comic, al pluriutilizzato Kaiser (anche nome del Lupowitz protagonista dei due ‘gialli umoristici’ Mr. Big e The Whore of Mensa), a Kugelmass, Persky etc.29 Non mancano, poi, quei nomi che imitano la ripetitiva lallazione e la balbuzie dei bambini: un procedimento che porta i nomi e i suoni a “produrre una sorta di piacere derivante dal riemergere di usi linguistici unicamente basati sull’iconicità. Un piacere ancora maggiore è ottenuto mediante l’immissione, in questo schema, di elementi inattesi. […] [L]a 28 Sono i klangsymbolische Namen di Birus (1987: 45, e v. anche Berardi 1998, che parla di funzione onomatopeico-simbolica). 29 È significativa la corrispondenza di scelte di questo tipo con le nominazioni presenti nei drammi comici classici, a cominciare dall’utopica Nephelokokkygia aristofanea, al Curculio plautino, fino a Cric e Croc, nomi con i quali erano arrivati in Italia Stanlio e Ollio. consapevolezza dell’autore è altissima”, quando queste tecniche sono usate in ambito comico” (Rossi 2002: 37).30 Allen sembra praticare spesso questa via della nominazione, tanto che in questa categoria ricadono alcuni dei cognomi, filmici o letterari, che egli riusa in più racconti o film, come Shakapopoulis, che unisce la presenza della velare occlusiva, la ripetizione finale di [p] e l’allusione alla provenienza etnica greca; Memling, Miles Monroe (il protagonista di Sleeper); Nick the Greek, Jake the Greek (per il quali il procedimento ha a che fare questa volta con la rima), presenti in Fine Times: An Oral Memoir; Sybil Seretsky (in Examining Physic Phenomena), con ripetizione della sibilante, etc.31 6. Conclusioni. L’onomastica alleniana sfrutta a fini umoristici la rottura delle convenzioni onomastiche a noi usuali (opacità semantica, importanza e assenza di componenti spregiative o vituperanti nei nomi di persona). In questo senso, potremmo dire, anche la comicità dei NP poggia sesso su uno script opposition. Il limitato sample delle prime tre raccolte di racconti ha mostrato poi che i NP più utilizzati da Woody Allen sono quelli con funzione classificatoria e quelli con funzione onomatopeicosimbolica. I primi individuano il paesaggio sociale della storia e sono quindi asserviti alla comicità come satira sociale. Essi debbono essere realistici nella misura in cui il racconto diventa reportage (ad es. A Look at Organized Crime) o narrazione (pur sempre comica) del e nel quotidiano. Questi nomi possono anche aiutare a definire il genere letterario o il tipo di testo entro il quale i personaggi si muovono, laddove la penna alleniana s’inserisce per trarre dal lettore il (sor)riso tramite parodia. Con i secondi, Allen piega a un umorismo più liberato, quasi fanciullesco, anche il fonosimbolismo dei NP, attraverso regole non scritte che sembrano tuttavia correre sottotraccia per tutta la letteratura comica a partire da Aristofane. Resta, su questi ultimi, una domanda, cui non abbiamo ancora risposto. L’uso di queste figure di suono (non solo nei testi qui in esame ma anche in Totò – a partire dal suo stesso nome d’arte – e in altri maestri e 30 Per gettare un ponte verso le scienze mediche, le produzioni, estemporanee ma ripetitive, degli affetti da sindrome di Tourette saranno in fondo realizzazioni di pazienti che hanno, nei confronti della lingua, “un atteggiamento ‘sciolto da regole’, proprio come i bambini piccolissimi”. Sono realizzazioni perciò assimilabili a forme di comicità quasi surreale, attraverso “un uso ‘liberato’ della fantasia” (Banfi 1995: 52), quasi infantile, caratterizzato dalla abilità nel “trattare le parole in quanto puri oggetti sonori e di creare con esse combinazioni spiritose senza […] merito o consapevolezza” (Paradisi 1987: 231). 31 L’uso di NP allitteranti è prassi anche nella nominazione dei personaggi dei fumetti: “[a]lliterative names, obviously contrived and ridicolous, are frequent in comics” (Burelbach 1995: 582-3, corsivo nostro). Sull’allitterazione come fonte di e strumento per lo humor cf. Attardo (1994: 139) e Ashley (2002: 159). capolavori dell’umorismo), che attingono a un patrimonio che può venire alla luce solo attraverso l’approfondita conoscenza e la confluenza di studi letterari e psicologici, è intenzionale da parte di Woody Allen, è voluto? Forse no, ma c’è lo stesso. Bibliografia Altieri Biagi, M. L. (1980). 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