Universo Argento PROMOZIONE it.

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Universo Argento PROMOZIONE it.
Solidarietà Intergenerazionale: Universo Argento
Laura Dryjanska & Roberto Giua, EDITORS
July, 2016
COST Action IS1311 - Intergenerational Family Solidarity across Europe (INTERFASOL)
A John Germ
Intergenerational Solidarity: Silver Universe
Indice
Prefazione
Antonio E. Puente
p.
9
Introduzione
Roberto Giua, Laura Dryjanska
p. 13
Invecchiamento attivo e turismo intergenerazionale
Antonietta Albanese, Elena Bocci
p. 21
Inizieremo a combattere l’Alzheimer solo quando
cominceremo a fare prevenzione
Giovanni Anzidei
p. 43
Dalla solitudine alla condivisione: quando la comunità vuole
“vivere” l’Alzheimer
Amalia Cecilia Bruni, Francesca Frangipane
p. 57
Gli anziani in farmacia: un luogo d’accoglienza e d’ascolto
Maria Elisabetta Calabrese
p. 69
Interventi riabilitativi mono strategici e multi strategici
nella malattia di Alzheimer
Gabriele Carbone
p. 91
Malattie dementigene, fragilità e finitezza umana
Fabio Cembrani
p. 109
La famiglia e il malato di Alzheimer
Carmela De Bonis
p. 143
"Onora il volto del vecchio" (Levitico 19,32)
Leonardo De Chirico
p. 159
Lo stigma della vita d’argento
Laura Dryjanska
p. 169
Star bene: una conquista di ogni giorno
Marzia Giua
p. 185
Care for Elderly People in Malta
George (Gino) Pavia
p. 215
Gli immigrati e il sistema pensionistico italiano:
Franco Pittau
p. 231
Elementi di valutazione sulla protezione sociale delle persone
anziane nel mondo
Marco Ricceri
p. 255
La complessità del mondo degli anziani e le possibili risposte
di una società che li rispetta
Marco Trabucchi
p. 283
Postfazione
Claudio A. Bosio, G. Graffigna
p. 303
Abstract
p. 309
Short Bio
p.317
Ringraziamenti
p. 331
Introduzione
Introduzione
Roberto Giua, Laura Dryjanska
Questo volume parte da lontano, dal 2013, quando una sera d’inverno Laura
Dryjanska e Roberto Giua, ebbero la fortuna e l’onore di conoscere il Prof. Vladimir
Hachinski, Presidente della World Federation of Neurology; The Lancet lo definisce
un pioniere dello studio dell’Ictus e della demenza vascolare.
Si trattava di un interclub al Rotary a piazza Barberini, per la presentazione delle
esperienze a livello mondiale del Prof. Hachinski sul tema della riabilitazione post ictus
e abbiamo cominciato a parlare su come si potesse promuovere la sensibilizzazione su
questi temi ed anche come, se possibile, si potesse predire il più possibile l’altra grande
piaga dell’umanità: l’Alzheimer.
Ci siamo scritti più volte, visti per Skype e infine Hachinski ci ha dato questo input,
che noi stiamo cercando di portare avanti, con le nostre piccole forze, per poter dire
che non abbiamo tralasciato nulla riguardo le possibilità di sensibilizzazione e
prevenzione dell’Alzheimer
Il Prof. Hachinski ci inviò questo spunto:
“Progetto: Salute del cervello, una ricchezza suprema.
Può essere possibile mantenere e migliorare la salute del cervello. A giudicare dai
risultati di uno studio clinico dell'efficacia della formazione cognitiva ed esercizio
fisico al fine di prevenire la demenza (Ngandu & al. 2015)
Partecipanti: Rotariani provenienti da tutto il mondo (possibilmente iniziando con
alcuni Paesi in cui la popolazione sta invecchiando molto rapidamente, come l'Italia
e il Giappone)
Per il successo della prevenzione della demenza le informazioni non sono mai
abbastanza e abbiamo bisogno dei seguenti elementi fondamentali:
- informazioni corrette
- motivazione che dipende dalla personalità e dallo stadio del processo di decisione
(di partecipare o meno allo screening (ndr.)
- l’ambiente
Introduzione
I Rotary club possono fare la differenza con la creazione di diversi tipi di ambienti per
allenare il cervello e per fornire l'esercizio fisico. In breve, i Rotary Club possono
realizzare progetti che consistono nel creare ambienti per mantenere un cervello sano.
La leadership deve essere nelle mani dei Rotariani che potranno individuare le
soluzioni più appropriate nel loro contesto territoriale, con riguardo alla cultura e alle
abitudini locali.
I Club sarebbero scelti in modo randomizzato e divisi in due gruppi: attivo e passivo.
Tutti i partecipanti sottoposti a controllo medico basale (pressione sanguigna, peso,
ecc). Il gruppo attivo sarà sottoposto a formazione cognitiva e esercizio fisico (yoga,
stretching, esercizi semplici). Il disegno modulare comprende le cose fondamentali che
ognuno fa (esercizio fisico) e altre piccole cose che possono differire tra i club, come
visitare mostre d'arte ogni mese, l'arte-terapia, basata su progetti del club già esistenti
o nuove idee. È un modo per verificare se questi esercizi sono efficaci nel prevenire
demenza tra il gruppo attivo e il passivo. Con un ampio campione, sarebbe possibile
vedere come i diversi tipi di attività colpiscono il cervello in modo positivo o se non
fanno invece alcuna differenza.
…..omissis……
In generale, l'invecchiamento attivo è in sintonia con la visione della solidarietà tra le
generazioni, dove un pilastro riguarda i bambini (attraverso campagne come End
Polio Now, la lotta contro la schiavitù infantile, etc.) e l'altro pilastro dovrebbe
guardare all'invecchiamento della popolazione, che è in aumento in tutto il mondo.
Milioni di persone potrebbero essere uniti attraverso uno sforzo comune per
promuovere la salute del cervello e del corpo.”
Ecco perché di questo secondo volume sui temi della Solidarietà
intergenerazionale (il primo è stato nel 2015 “Solidarietà intergenerazionale: Bambini
nell’Ombra”) noi abbiamo accettato la sfida e la porteremo avanti, con tutte le risorse
disponibili, con gli scienziati che ci sono già a fianco, con i volontari, con le
associazioni che vorranno essere con noi, con i rotariani, se lo vorranno e i loro Club.
L’Europa è sensibile ed esiste una ISCH COST Action IS1311, Intergenerational
Family Solidarity across Europe (INTERFASOL). Quest’ azione di sincronizzare,
integrare e migliorare la ricerca europea nel campo della solidarietà intergenerazionale
in famiglia, ha i suoi benefici in settori chiave della vita e dei modi in cui essa può
essere rafforzata attraverso le generazioni. L'azione ha già lanciato una serie di attività
che include un sito web d'azione, gruppi di lavoro, incontri scientifici, visite di
formazione e pubblicazioni.
Introduzione
Gli Editors, con questo secondo libro, sono sulla linea guida prevista ed auspicata
da INTERFASOL.
Perché tutto questo? Perché ci ha mosso una frase del Cancelliere tedesco Adnauer,
“siamo tutti lo stesso cielo, ma non tutti abbiamo lo stesso orizzonte”.
Sì, vogliamo dire che anche una persona anziana, pur colpita da un male come
l’Alzheimer deve ancora poter avere un proprio orizzonte, in cui il rispetto, la
comprensione delle diversità e, come più volte affermato da Fabio Cembrani, “la
dignità umana” devono essere salvaguardate, nonostante “la maturità della società
moderna sia messa oggi in tensione dalla crisi economica internazionale, dalla
perdurante perdita di valori, dalla povertà, dal terrorismo, dalle disuguaglianze e dalle
discriminazioni………..perché i diritti, pur dichiarati e proclamati a gran voce nelle
Carte, nelle Convenzioni e nelle Costituzioni sono poi traditi nei fatti proprio da chi
dovrebbe promuoverli e dare ad essi una protezione”.
Come sottolinea Laura Dryjanska nel proprio saggio, ci si domanda, pensando ad
un orizzonte per gli anziani, “esistono varie fasi o tappe della vecchiaia?” “a volte le
risposte più attuali paradossalmente si trovano leggendo i pensatori nati centinaia di
anni fà. L’universo argento in questo caso corrisponderebbe ad una fase ben delineata
dall’Abate Gioacchino nella Tavola IV dei tre cechi trinitari
Ecco quindi che anche l’anziano non è una persona in fine vita, ma un sistema che
evolve di continuo, dalla vita alla morte, per ricominciare da un nuovo essere umano,
dove ognuno nella fase che sta vivendo dà un contributo alla fase precedente e a quella
seguente.
Quindi sì, anche l’anziano ha un suo orizzonte.
Nonostante questo però, parole come vecchiaia, anzianità, terza età, età
pensionabile, portano con sé uno stigma. Dryjanska si sofferma sul “fatto che lo stigma
di essere anziani esiste ed è comprovato dalle connotazioni negative che percepiamo
quando descriviamo qualcuno come vecchio. Nei paesi anglosassoni molti studiosi, in
particolare psicologi e sociologi, definiscono il fenomeno di “ageism”, come
l’influenza di pregiudizi legati all'età sull'uso del linguaggio.”
Per fortuna ci sono molti studi decisamente contro tendenza, come AlbaneseBocci, che sottolineano: “la psicologia studia i fattori psicosociali che incidono sul
processo d’invecchiamento; eventi come lutti o pensionamenti generano senso di
vuoto, inadeguatezza; così tra i Sé possibili può prevalere negli anziani l’immagine
“invecchiamento/malattia/morte”. Tuttavia, il “tempo liberato” può favorire
predisposizioni all’azione come il recupero dei rapporti familiari intergenerazionali o
lo svolgimento di attività” ludiche.
Introduzione
Altrettanto si può dire di studi che riguardano la prevenzione; sì, la prevenzione,
sembra strano parlarne applicata a persone di una certa età, secondo il senso comune,
invece è proprio di prevenzione che si ha fortemente bisogno anche nella terza età, se
si considera che talvolta per essere efficace, contro l’invecchiamento e il relativo
decadimento cognitivo, si dovrebbe partire a fare prevenzione non oltre i 50 anni.
Fà riflettere molto l’affermazione di Giovanni Anzidei sul fatto che “La medicina
negli ultimi decenni ha fatto formidabili progressi e ci ha resi più longevi. Oggi si
guarisce da malattie che 15-20 anni fa erano considerate incurabili. Purtroppo non sono
stati fatti altrettanti progressi nel campo degli studi sul cervello, così si rischia nei
prossimi decenni di andare verso una popolazione di longevi, molti dei quali affetti da
deficit cognitivi.”
Sul tema della prevenzione troviamo Marzia Giua, che afferma che dobbiamo
“sottolineare che le strutture territoriali deputate ad assistere, definire e risolvere i
malesseri dell’individuo sono troppo incentrate sul processo: malessere-medicinaguarigione, anche perché, nonostante ormai un decennio di prove a suo favore, non
esiste l’indispensabile affiancamento dello Psicologo di base o meglio lo Psicologo
delle Cure Primarie sul territorio, con indubbi e misurabili effetti di risparmio per le
casse del SSN”. (ISTAT 2015).
Sempre Giua ci fa riflettere su un tema, “Vi siete mai chiesti perché oggi parlare di
cancro, di radioterapie o chemio non è più un tabù e la società non emargina certo un
malato per questo suo stato, mentre forse possiamo dire che solo trent’ anni fa questo
non era poi così scontato e invece oggi ci si vergogna ad affermare che si va dallo
psicologo e psicoterapeuta o, peggio, che si teme uno stato di sofferenza
neurodegenerativa? Perché ci si vergogna di avere bisogno di sostegno Psicologico e
non di una chemioterapia?
Forse perché per il cancro esistono alcune soluzioni, si possono tentare molte strade
più o meno valide ma comunque esistenti, mentre per le demenze, per chiamarle con il
loro nome, oggi non si può fare molto?”
Ecco che quindi torniamo al concetto di orizzonte.
Non solo, come afferma Amalia C. Bruni, “la malattia di Alzheimer, demenza
progressiva e irreversibile, “ladra di identità” oltre che di memoria, scardina
profondamente la struttura dell’individuo rappresentando non solo un problema
medico ma anche un costrutto culturale con significative conseguenze sociali.”
Ecco perché “solo il coinvolgimento di diverse professionalità e una comunità
“dementia friendly” consentirà l’individuazione di percorsi di cura e assistenza in
grado di migliorare la qualità di vita degli ammalati e delle loro famiglie, nell’ottica di
poter “vivere insieme” la malattia.”
Introduzione
Dalla solitudine alla condivisione, come ci ricorda sempre la Bruni, perché “nel
continuum della demenza e nel percorso di cura la condizione di sofferenza accomuna
tutte le figure diversamente coinvolte, dalla persona ammalata, al familiare, all’equipe
curante.”
Per completezza sociologica, vogliamo ricordare le parole di Franco Pittau, che
spezza più di una lancia a favore di riconsiderare in modo equilibrato e non distorto da
pregiudizi, la situazione, certamente non favorevole, dei nuovi pensionati immigrati.
Si tratta di un tema spinoso, e il saggio di Pittau ha il grande pregio di essere uno dei
pochi in questo momento che tenta una sintesi intelligente del tema.
A questo proposito, Marco Trabucchi, segnala che “il processo d’invecchiamento
della popolazione non oscura le differenze e le specificità che caratterizzano la vita del
singolo individuo”.
“Il fenomeno dell’invecchiamento della popolazione non deve infatti essere vissuto
solo in termini problematici, spesso angoscianti, ma come un evento da leggere con
serenità, cercando di trovare gli spazi per rispondere alle grandi sfide, fondandosi sulla
realtà dei singoli individui e sulle motivazioni per costruire una convivenza
significativa per tutti, a tutte le età”.
“La vita è un sistema instabile; ogni cambiamento produce nuovo cambiamento,
creando le condizioni per una plasticità dell’essere uomo -come biologia e spiritoindispensabile per affrontare le difficoltà.” Noi forse ci permettiamo di definirlo un
sistema aperto e quindi relazionale, ma il senso non cambia, è un continuo divenire.
Ma sono queste le parole di Trabucchi che più ci hanno colpito, “la lunga esperienza
aumenta il carico d’informazioni che arrivano al cervello creando nuova vita,
emozioni, fatiche.”
Quindi attenzione perché “l’anziano -in particolare se povero economicamente,
culturalmente e di rapporti- è quindi drammaticamente esposto ad ogni ulteriore
cambiamento, diventa una “vita di scarto” al pari di altre minoranze.”
Trabucchi, con forza e passione sottolinea che “alla fine, la dialettica è tra anomia e
riconoscimento, cioè tra la perdita della differenziazione e il riconoscimento
dell’individualità, che ha il sopravvento anche sulle, talvolta, ineluttabili
manifestazioni patologiche. “Invecchiare non è malattia” perché la malattia non
cancella la vita dell’individuo.”
Maria Elisabetta Calabrese interviene per rafforzare l’idea della socializzazione e
della necessità di rompere il muro del silenzio, in un ambiente “familiare, accogliente,
di facile accessibilità” e il farmacista, tutti i farmacisti, sono al centro della quotidianità
degli anziani e non solo come punto di riferimento per esigenze di salute, ma anche, e
in alcuni casi soprattutto, come luogo dell’ascolto e dell’accettazione incondizionata
del sé.
Introduzione
“Capii da quell’esperienza, quanto, di fronte ai segnali d’allarme della salute, la
semplicità di alcuni clienti o la notorietà di altri, mascherasse comunque,
nascondendole, le più comuni fragilità, quelle stesse che per tutti, nel complesso
equilibrio tra psiche e soma, emergono inesorabilmente allo scandire del tempo che
avanza”.
Ma attenzione perché “le debolezze, le fragilità e il senso di smarrimento che spesso
caratterizzano il rapporto dell’anziano con la prescrizione medica, sembrano trovare
una prima, parziale spiegazione nell’eccessiva medicalizzazione della società.”
“Quello che forse oggi manca, è un nuovo modello di riferimento professionale sia nel
medico che nel farmacista, nell’assistenza della persona anziana.”
E Calabrese chiude dicendo “non possiamo restare indifferenti al tema della
solidarietà intergenerazionale, di fronte a simili cifre e in tal senso, il servizio svolto
nel luogo dove s’indossa per divisa di lavoro, un camice contraddistinto da un caduceo,
può significare molto in termini d’interconnessione sociale-sanitaria.”
Carmela De Bonis ci riporta, diremmo brutalmente, a delle considerazioni che
indicano come il paziente malato di Alzheimer non è solo, ma coinvolge tutta la sua
rete di relazioni, familiari e sociali e ne influenza pesantemente l’evoluzione.
“In questo ambito i caregiver sviluppano comportamenti diversi: si passa dalla
negazione della malattia, che comporta il rifiuto e la non accettazione della condizione
del malato, alla rabbia, all’ansia per il coinvolgimento continuo, alla depressione,
all’angoscia e alla frustrazione. Per i familiari si delinea quindi un percorso lungo e
complesso; i disturbi comportamentali e cognitivi del malato sono infatti difficilmente
accettati, come accade quando non vengono riconosciuti dal proprio caro.”
Marco Ricceri ci sostiene in un’analisi del problema del riconoscimento dei diritti e
delle tutele, non scontate, che debbono essere rivolte agli anziani, tutti, ma soprattutto
a quelli più fragili: “La solidarietà intergenerazionale proiettata sulla protezione e tutela
delle persone anziane trova un punto di riferimento fondamentale innanzitutto nelle
valutazioni, orientamenti e indicazioni di percorso elaborate dall’ Organizzazione
Internazionale del Lavoro – I.L.O.”
Eccoci quindi proiettati in un contesto europeo, dove “nel più recente Rapporto
2014/2015 sulla Protezione Sociale nel Mondo mettendo in luce le grandi criticità che
stanno emergendo con il progressivo e diffuso invecchiamento delle società
contemporanee,” emergono “le difficoltà crescenti a garantire alle persone anziane
delle condizioni adeguate soprattutto nella sicurezza dei redditi e nella tutela della
salute…..”.
Forte è la denuncia in queste parole “nell’illustrare la situazione mondiale del 2012,
l’I.L.O. constata nel Rapporto che mentre vi è stata una tendenza generale ad estendere
la protezione sociale in particolare nei paesi a reddito medio, l’efficacia dei sistemi di
Introduzione
sicurezza sociale è a rischio in un numero elevato di paesi a reddito elevato e ciò come
conseguenza dei provvedimenti di consolidamento fiscale, collegate alle diffuse misure
di austerità adottate dai governi per ridurre i deficit pubblici e l’accumulazione dei
debiti, soprattutto dopo la crisi economica e finanziaria mondiale esplosa nel 2008. Il
consolidamento fiscale avviato soprattutto nel 2010 e tuttora in corso ha portato ben
122 paesi, in particolare in numerosi paesi a reddito più elevato, a ridurre le spese
pubbliche rispetto al PIL, con conseguenze negative diffuse in termini di maggiore
povertà ed esclusione sociale, un fenomeno che si è aggiunto all’alta disoccupazione,
bassi salari, tasse elevate.”
E si prosegue “per l’I.L.O è essenziale che le persone possano disporre di una base
di redditi sufficienti ad affrontare in sicurezza i bisogni emergenti nel corso della loro
età anziana. Decisiva è anche la possibilità di accedere ai servizi pubblici, forniti
gratuitamente o a basso costo, tra i quali in primo luogo sono i servizi per la salute e le
cure continuative e di lungo periodo.”
Ecco che con queste parole si ritorna al concetto che l’innalzamento della vita deve
combinarsi con il concetto di star bene, non solo di invecchiare ma soprattutto con il
necessario cambiamento di mentalità e di politiche pubbliche che inesorabilmente, per
sopravvivere, dovranno passare dall’attenzione prioritaria delle emergenze e fasi acute
delle malattie ad una lunga stagione di malattie croniche e lentamente debilitanti.
Non dimentichiamo, anche se alcuni hanno questa sgradevole abitudine, che il
riferimento a questi temi ricorre nei documenti della Dichiarazione Universale dei
Diritti Umani (UDHR) del 1948 e la Convenzione Internazionale sui Diritti Economici,
Sociali e Culturali (ICESCR) del 1966!
Infine, ricorda Ricceri, “sicuramente le condizioni economiche delle nazioni
maggiormente soggette all’invecchiamento saranno sottoposte a verifiche dal
momento che i sistemi economici registreranno fenomeni di rallentamento mentre i
carichi finanziari per il sostegno della salute e delle pensioni di una popolazione che
invecchia saranno destinati ad aumentare”. Valutazioni e considerazioni analoghe si
ritrovano, ad esempio, in numerosi documenti della Banca Mondiale, delle Nazioni
Unite e dell’Unione Europea.
Quindi non suoni strano che “Investire nella prevenzione delle malattie, nella
promozione di un invecchiamento attivo e salutare e in cure sanitarie più efficaci
saranno aspetti centrali dello sforzo per conservare e sviluppare una manodopera
produttiva e in buona salute, capace di lavorare più a lungo.”
E’ di questi giorni di fine luglio 2016, la pubblicazione di uno “Special Issue” da
parte della prestigiosa rivista americana AMERICAN PSYCHOLOGISTS che vede un
articolo del Prof. Glenn E. Smith, della University of Florida, sul tema Healthy
Cognitive Aging and Dementia Prevention.
Introduzione
Smith afferma che le strategie ambientali e comportamentali di prevenzione
possono aiutare un più alto livello cognitivo e una maggior integrità funzionale e
possono ridurre il peso sociale, medico ed economico connesso all’invecchiamento
cognitivo e ai disturbi neurodegenerativi associati.
Interventi che coinvolgano l’esercizio fisico e l’allenamento cognitivo stanno
significativamente dimostrando effetti positivi sulle capacità intellettive degli adulti
anziani. Il “Brain fitness”, come viene pittorescamente definito l’esercizio cognitivo e
fisico, ora si sta dimostrando di avere notevoli effetti per 10 anni ed oltre.
Una meta-analisi ha suggerito che questi esercizi fisici e le stimolazioni con esercizi
di allenamento del cervello danno quasi gli stessi risultati nelle misurazioni formali
delle funzioni cognitive. L’Istituto Nazionale di Salute espanderà le proprie ricerche
sulla salute intellettiva per sviluppare nuove vie di prevenzione e trattamento delle
demenze.
Ma tutto è basato sulla possibilità di avere dei grandi numeri su cui misurare gli
effetti di questi trattamenti e tutte le istituzioni in USA sono mirate a questo. Vi
domanderete il perché: semplice, in USA ci sono quasi 5 milioni di malati di
Alzheimer, il 17% delle donne e il 9% degli uomini sopra i 65 anni. Gli americani di
origine africana e i latino-americani hanno un più alto livello di Alzheimer che non gli
americani bianchi. Si prevede che nel 2050 il numero si triplicherà, raggiungendo oltre
13 milioni di malati e questo avrà un impatto economico devastante.
Questi segnali non vogliono essere degli atti di terrorismo psicologico, ma un
doveroso segnale che la prevenzione su una dimensione di tale entità deve essere
prioritaria a qualsiasi altra forma di malattia ed è supportata dal National Alzheimer’s
Plan.
Alcune ultime considerazioni
Proprio qualche giorno fà abbiamo avuto l’occasione di parlare con un caregiver di
un aspetto non abbastanza trattato in questo volume e ce ne scusiamo con i lettori,
quello degli aspetti medico legali e del diritto della persona con demenza e dei
messaggi che dovrebbero per tali canali arrivare al legislatore. Ci troviamo infatti
troppo spesso davanti ad un malato che in qualche modo è ostaggio di di altri, familiari
o estranei, con tutti i rischi che coinvolgono le responsabilità di chi si prende cura di
una persona non del tutto in grado di essere autosufficiente e che sempre meno lo sarà,
e coinvolge quello che oggi ci piace chiamare la cultura dell’Etica, perché è anche
troppo evidente che se non vi è un substrato etico nel lavoro di cargiver, che sia
affrontato da un parente o meno, poco importa, ma che impone un codice etico di
comportamento che sappia salvaguardare totalmente il malato da abusi, da raggiri, da
Introduzione
indifferenza della società nei suoi confronti, in altri termini che renda ancora possibile,
anche per un malato di Alzheimer, il diritto di avere un orizzonte.
Introduzione
Invecchiamento attivo e turismo intergenerazionale
Antonietta Albanese (Università degli Studi di Milano), Elena Bocci (Sapienza
Università di Roma)
Abstract: La psicologia studia i fattori psicosociali che incidono sul processo
d’invecchiamento; eventi come lutti o pensionamenti generano senso di vuoto,
inadeguatezza; così tra i Sé possibili può prevalere negli anziani l’immagine
“invecchiamento/malattia/morte”. Tuttavia, il “tempo liberato” può favorire
predisposizioni all’azione come il recupero dei rapporti familiari
intergenerazionali o lo svolgimento di attività turistiche. Sulla base degli studi
condotti (cfr. inter-alia: Albanese, 2001; Albanese, & al. 2006) il Laboratorio
Incontri Generazionali dell’Università degli Studi di Milano ha individuato il
bisogno di attività turistiche che compensino la frattura generazionale e ha
proposto ricerche/sperimentazioni avviate dapprima nel Nord Italia e poi estese
al centro ed isole. Attraverso l’interazione fra gruppi di giovani e anziani -non
legati da vincoli di parentela- in un contesto di vacanza, è stata migliorata la
comunicazione
e
sono
stati
modificati
gli
stereotipi.
Le
ricerche/sperimentazioni svolte a Viterbo (2002-2015) hanno evidenziato un
modello di evoluzione della comunicazione tra giovani e anziani secondo
quattro fasi: “avvicinamento”, “conoscenza”, “empatia”, “creatività
generativa”, orientando progetti innovativi per l’ambiente locale inerenti la
sostenibilità socio-culturale e ambientale.
Parole chiave: invecchiamento attivo, turismo, comunicazione
intergenerazionale
Inizieremo a combattere l’Alzheimer solo quando cominceremo
a fare prevenzione, anticipando il momento dell’assistenza ai
malati
Giovanni Anzidei, Vice Presidente della Fondazione IGEA
Abstract: La Fondazione IGEA Onlus sta sostenendo la diffusione e
l’applicazione del protocollo Train the Brain (Allenare il cervello), realizzato
al Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) contro l’invecchiamento della
mente e per la prevenzione e il contrasto delle patologie cerebrali come
Introduzione
Demenze e Alzheimer. La prima applicazione del protocollo su persone a
rischio, non ancora con la patologia conclamata, ha dato risultati positivi,
clinicamente documentati, nell’80% dei casi trattati, rallentando la patologia e
aiutando nella prevenzione. Il protocollo, ideato dal Neurofisiologo Prof.
Lamberto Maffei, Vicepresidente dell’Accademia dei Lincei, che ha lavorato
con la Prof.ssa Rita Levi Montalcini, è stato sperimentato presso gli Istituti di
Fisiologia Clinica e di Neuroscienze del CNR, in collaborazione con
l’Università di Pisa. I risultati della sperimentazione, sono stati presentati al
Ministero della Salute.
Parole chiave: Train the Brain, Fondazione Igea, screening, gruppo di intervento,
gruppo di controllo, prevenzione
Dalla solitudine alla condivisione: quando la comunità vuole
“vivere” l’Alzheimer
Amalia C. Bruni e Francesca Frangipane, Centro Regionale di Neurogenetica,
Lamezia Terme ASP-CZ
Abstract: La malattia di Alzheimer, demenza progressiva e irreversibile,
“ladra di identità” oltre che di memoria, scardina profondamente la struttura
dell’individuo rappresentando non solo un problema medico ma anche un
costrutto culturale con significative conseguenze sociali. Le importanti
ripercussioni sul familiare che frequentemente eroga assistenza in prima
persona ha portato a definire la demenza come una “malattia della famiglia”,
da intendersi naturalmente non nel senso genetico di possibile trasmissibilità
ereditaria ma in termini di accessione psicosociale. Nel continuum della
malattia e nel percorso di cura la condizione di sofferenza accomuna tutte le
figure diversamente coinvolte, dall’ammalato che perde lentamente la propria
identità, al familiare che porta il peso della solitaria sofferenza individuale e
dello smarrimento di chi si ritrova, sconosciuto, accanto ad una persona cara.
Sofferenza, tuttavia, è anche quella del medico che consegna una diagnosi
dolorosa e accompagna il malato, oscillando tra limitate soddisfazioni
terapeutiche ed il senso d’inadeguatezza che deriva dagli insuccessi legati
all’inesorabile progressione della malattia. Solo il coinvolgimento di diverse
professionalità e una comunità “dementia friendly” consentirà
l’individuazione di percorsi di cura e assistenza in grado di migliorare la
Introduzione
qualità di vita degli ammalati e delle loro famiglie, nell’ottica di poter “vivere
insieme” la malattia.
Parole chiave: identità, malattia della famiglia, presa in carico, rete
assistenziale, CCM
Gli anziani in farmacia: un luogo d’accoglienza e d’ascolto
Maria Elisabetta Calabrese
Abstract: Familiare, accogliente, di facile accessibilità, la farmacia è al centro
della quotidianità degli anziani e non solo come punto di riferimento per
esigenze di salute, ma anche, e in alcuni casi soprattutto, come luogo
dell’ascolto e dell’accettazione incondizionata. Spesso il desiderio di
combattere la solitudine, anticamera di pericolose depressioni, è la prima leva
che induce l’anziano a entrare nella farmacia di quartiere e a creare con il
proprio farmacista di fiducia, quel rapporto interpersonale che può rivelarsi
così efficace da rendere ogni impercettibile cambiamento della sfera affettiva,
più incisivo di quello cognitivo. Emerge chiaro il valore della prossimità e della
vicinanza capillare della Farmacia nei confronti del cittadino in generale, ma
in particolare se anziano. Dal piccolo centro rurale o montano, alla grande città,
lì non ci sono liste di attesa, lì si può entrare in qualsiasi momento, direttamente
dalla strada, aprendo semplicemente una porta, anche solo per parlare o
chiedere aiuto. Forse prima ancora dell’acquisto di un farmaco, o di un
consiglio sul suo uso corretto, un anziano ha bisogno di sentirsi compreso,
amato e protetto. Una persona ancora degna di essere ascoltata, rispettata e
soprattutto accolta con un rapporto caldo ed efficace, indipendentemente dal
proprio stato di salute. Al crescere dell’avanzamento della vita media della
popolazione, il rapporto umano e professionale al banco della farmacia,
rappresenta un tassello insostituibile nel mosaico di servizi che ruotano attorno
alla persona anziana e alle sue fragilità. Gli anziani, d’altro canto hanno grandi
attese nei confronti della "loro" farmacia, soprattutto di fronte alla difficoltà
che incontrano nell’orientarsi all'interno di un Servizio sanitario nazionale
articolato e complesso.
Parole chiave: accoglienza, rapporto, empatia, fragilità, prossimità
Introduzione
Interventi riabilitativi mono strategici (diretti e indiretti) e
multi strategici (indiretti) nella malattia di Alzheimer
Gabriele Carbone, Neurologo, Responsabile Medico Centro Demenze – Unità
Alzheimer Italian Hospital Group Guidonia – Roma
Abstract: Data l'attuale mancanza di terapie che possano modificare la
presunta patogenesi dell’AD, la comunità scientifica è stata stimolata a
esplorare l’efficacia d’interventi riabilitativi per gestire le manifestazioni di
questa sindrome demenziale con l’obiettivo di ritardare il declino cognitivo e
funzionale, ridurre i disturbi psichici e comportamentali e così migliorare la
qualità di vita del malato e della sua famiglia. Appare evidente che l’obiettivo
degli interventi riabilitativi cognitivi e funzionali per un malato di Alzheimer
non può essere quello della “restitutio ad integrum”, per la natura degenerativa
progressiva della malattia, ma è sicuramente quello di massimizzare la capacità
di mantenere le autonomie funzionali del paziente nel proprio ambiente con i
limiti imposti dalla patologia, dal danno funzionale e dalle risorse disponibili.
La base concettuale a sostegno degli interventi riabilitativi è sostenuta da due
peculiarità del tessuto nervoso la neuroplasticità e la ridondanza cellulare
(riserva funzionale). Gli interventi riabilitativi utilizzabili per i malati di
Alzheimer possono essere suddivisi in diretti, quando sono effettuati sul
malato, e indiretti, quando si agisce sulla famiglia e sull’ambiente in cui vive
il malato. Gli interventi riabilitativi diretti possono essere poi distinti in
monostrategici e multistrategici, le azioni riabilitative indirette comprendono
gli interventi psicoeducazionali e ambientali.
Parole chiave: Alzheimer, demenza, riabilitazione
Malattie dementigene, fragilità e finitezza umana: il rispetto
della dignità dell’anziano come termometro della maturità e
della decenza sociale
Fabio Cembrani, Direttore U.O. di Medicina Legale, Azienda provinciale per i
Servizi sanitari di Trento
Introduzione
Abstract: L’Autore affronta la questione della demenza, della fragilità
dell’anziano e della finitezza in relazione alla dignità umana. Che l’Autore non
considera un optional ma un’idea complessa che qualifica la maturità della
società moderna messa oggi in tensione dalla crisi economica internazionale,
dalla perdurante perdita di valori, dalla povertà, dal terrorismo, dalle
disuguaglianze e dalle discriminazioni. Egli discute, così, il diritto della
persona demente ad essere rispettata, ad essere informata, a non essere
discriminata e a decidere liberamente anche in maniera anticipata rispetto alle
scelte di fine-vita.
Parole Chiave: Demenza, dignità, non discriminazione, rispetto.
La famiglia e il malato di Alzheimer: una difficile convivenza
Dalla rabbia alla tenerezza
Carmela De Bonis, Presidente Associazione Alzheimer Roma Onlus, affiliata alla
Federazione Alzheimer Italia.
Abstact: Chiunque abbia esperienza in questo ambito infatti, sa che la
Demenza coinvolge non soltanto la persona malata, ma sancisce anche la
transizione del familiare verso il ruolo di caregiver, un ruolo destinato a durare
nel tempo e che alcuni Autori considerano una vera e propria carriera. Quasi
sempre il caregiver è una persona inesperta di assistenza, che deve
necessariamente occuparsi del proprio congiunto malato, una persona che non
riesce più a gestirsi autonomamente. Si preoccupa quindi di rispondere ai suoi
bisogni fisici, psichici e sociali, garantendo una cura continua e costante.
Dall’altro lato il caregiver deve fare i conti anche con le proprie paure, dolore,
disagio; deve quindi affrontare tutte le difficoltà legate al suo nuovo ruolo,
quali cambiamenti, perdite economiche, riduzione del tempo libero, aumento
dello stress quotidiano. i caregiver sviluppano comportamenti diversi: si passa
dalla negazione della malattia, che comporta il rifiuto e la non accettazione
della condizione del malato, alla rabbia, all’ansia per il coinvolgimento
continuo, alla depressione, all’angoscia e alla frustrazione. Per i familiari si
delinea quindi un percorso lungo e complesso; i disturbi comportamentali e
cognitivi del malato sono infatti difficilmente accettati, come accade quando
non vengono riconosciuti dal proprio caro.
Parole chiave: caregiver, inclusione vs esclusione, volontari, rabbia, colpa
Introduzione
"Onora il volto del vecchio" (Levitico 19,32).
Sapienza biblica per una solidarietà intergenerazionale
responsabile.
Prof. Leonardo De Chirico, pastore evangelico a Roma e direttore del Centro Studi
di Etica e Bioetica.
Abstract
La famiglia nella Bibbia è una comunità di affetti e di reciproca appartenenza
tra i componenti caratterizzata da un solido legame tra le generazioni. Da un
lato i genitori sono coloro che trasmettono la vita ai figli. Ciò non ha un
significato meramente biologico, ma riveste un ruolo prominente di “passatori
di vita” (Lacroix, 2005). Crescendo, questi andranno a custodire i passaggi
delicati della vita dei più anziani i quali, a loro volta, continueranno a
rappresentare un’istanza di memoria di una narrazione vitale che prosegue. In
questo modo, la vita è un dono che si condivide in un’ottica di circolarità
generosa e di reciprocità generazionale. Parlare di famiglia e di relazioni di
rispetto fa entrare in un campo minato. La relazione tra uomo e donna, tra
marito e moglie è sempre tanto importante quanto critica e soggetta a tante
distorsioni. Lo stesso dicasi delle relazioni tra genitori e figli, per non parlare
più in generale di rapporti sociali tra generazioni diverse. Quello delle relazioni
tra marito e mogli, genitori e figli, datori di lavoro e subordinati sono campi di
vita così fondamentali, ma così distorti che hanno bisogno di essere trasformati
dalla buona e bella notizia di Gesù Cristo.
Parole chiave: famiglia, legame intergenerazionale, rispetto, saggezza,
sottomissione, bellezza, onore
Lo stigma della vita d’argento
Laura Dryjanska
Abstract: Nel nostro percorso di vita dovremmo talvolta fermarci e tentare di
rispondere alla domande: cosa significa essere anziano? Esistono varie fasi o
tappe della vecchiaia? Il dibattito, in inglese chiamato “nature versus nurture”,
riguarda proprio questo: fino a quale punto siamo programmati nel nostro
Introduzione
DNA, che cosa possiamo cambiare o migliorare? Ma a volte le risposte più
attuali paradossalmente si trovano leggendo i pensatori nati centinaia di anni
fa e abbiamo scelto di andare sulla Sila, dove Gioacchino nel dodicesimo
secolo fondò la Congregazione Florense (Bitonti, 1998). Il capolavoro
dell’iconografia gioachimita – ripreso anche da Dante Alighieri nell’immagine
del Canto XXXIII del Paradiso – sono i cerchi trinitari (Bitoni, 1998) che
rappresentano molteplici significati, tra cui il più contemplato paradigma
trascendente della Trinità della Persona che rinchiude in se la storia umana,
divisa in tre età. In linea con la visione di Gioacchino della storia del mondo,
possiamo interpretare la famosa Tavola XI come la rappresentazione
avvincente della solidarietà intergenerazionale. L’universo argento in questo
caso corrisponderebbe all’ultimo cerchio, rileggendo il dinamismo trinitario
non solo in chiave di evoluzione della storia umana, ma anche in chiave di
rapporti tra le generazioni, dove la grazia è più abbondante nella terza età. Tale
visione “rivoluzionaria” di essere anziani sfida lo stigma direttamente,
rivelando la falsità e pochezza degli stereotipi negativi, ma dà anche la
speranza e gioia piuttosto che paura, quando ogni essere umano affronta la
prospettiva della propria vecchiaia. Un’interpretazione forse azzardata dei
cerchi trinitari di Gioacchino, il medioevale abate di Fiore, ha puntato sul fatto
che in tutto il mondo e attraverso i secoli, la solidarietà intergenerazionale ha
persistito. La sua iconografia dimostra che nonostante alcune retoriche
politiche la solidarietà intergenerazionale si adatta a far fronte alle realtà
demografiche contemporanee. L’immagine dei tre cerchi, carica di significati
teologici legati alla Trinità, ma anche alle tre età, può, a nostro avviso, portare
verso una visione di solidarietà intergenerazionale che distrugge lo stigma,
facendolo sembrare piccolo e ridicolo.
Parole chiave: solidarietà intergenerazionale, invecchiamento attivo, stigma,
Abate Gioacchino
Star bene: una conquista di ogni giorno
Marzia Giua, Psicoterapeuta, Consulente della Procura della Repubblica di Roma
Abstract: Il verdetto del Social Progress Index, dell'Università di Harvard per
misurare la qualità della vita in 133 paesi valutando - oltre il prodotto interno
lordo - 58 parametri "sociali" tra cui la tutela dell'ecosistema, la sicurezza, la
Introduzione
sanità, la libertà politica e d'espressione ed l’accesso a educazione e risorse, sul
nostro Paese, secondo l’edizione 2015 dello studio, non è certo confortante:
siamo al 31esimo posto della graduatoria. La testa della classifica del Social
Progress Index è appannaggio dei soliti noti: nell'ordine Norvegia, Svezia,
Svizzera, Islanda e Nuova Zelanda. Vogliamo sottolineare che le strutture
territoriali deputate ad assistere, definire e risolvere i malesseri dell’individuo
sono troppo incentrate sul tema: malessere-medicina-guarigione, anche
perché, nonostante ormai un decennio di prove a suo favore, non esiste
l’indispensabile affiancamento dello Psicologo di base o meglio lo Psicologo
delle Cure Primarie sul territorio, con indubbi e misurabili effetti di risparmio
per le casse del SSN. (ISTAT 2015). Ma allora perché non promuovere la
prevenzione, con la consapevolezza che, almeno, porti a pensare che se
intercetto preventivamente dei disagi psicologici, forse prenderò meno farmaci
e complessivamente starò comunque meglio almeno in una buona percentuale
di casi? Ritardando gli esiti più nefasti di molte sindromi neurodegenerative,
forse la medicina, quella con la M maiuscola, potrà nei prossimi anni trovare
delle soluzioni. (Global Health Observatory (GHO, 2015).
Parole chiave: Psicologo di base, Prevenzione, Alzheimer, Progetti, Rotary
Care for Elderly People in Malta
George (Gino) Pavia, Assistant Director, Department for the Elderly and Community
Care within the Ministry for the Family and Social Solidarity, Malta
Abstract: Malta non è un'eccezione per l'invecchiamento della popolazione.
Malta è stato uno dei primi paesi, nel 1968, a sollevare la questione
dell'invecchiamento della popolazione come argomento di interesse mondiale.
La popolazione totale di Malta, alla fine del 2012, secondo il rapporto sul
censimento della popolazione 2011, è pari a 421.364. Nel 2012, quasi un
quarto di questa popolazione totale (102.026) ha 60 anni e oltre. L'obiettivo
principale del Dipartimento per gli anziani e Community Care è quello di
fornire una gamma di servizi di assistenza e altri tipi di servizi in base alle
esigenze delle persone anziane che ancora vivono nella comunità, così come
le persone anziane che vivono in residenze di cura a lungo termine. La recente
pubblicazione National Strategic Policy for Active Ageing: Malta 2014-2020
si fonda su tre temi principali ossia la partecipazione attiva al mercato del
lavoro, la partecipazione alla società, la solidarietà tra le generazioni e la vita
Introduzione
indipendente. L'autore analizza il problema dell'invecchiamento della
popolazione a Malta, dei servizi per anziani, l’assistenza a lungo termine, e le
iniziative derivanti dal National Strategic Policy for Active Ageing: Malta
2014-2020.
Parole chiave: Community Care, assistenza a lungo termine, politiche
strategiche nazionali, inclusione sociale.
Gli immigrati e il sistema pensionistico italiano: situazione
attuale e prospettive
Franco Pittau, Presidente onorario del Centro Studi e Ricerche IDOS
Abstract: In Italia non sono stati numerosi gli studi dedicati all’accesso degli
immigrati al sistema pensionistico. Senz’altro, oltre alle circolari sulle
disposizioni applicative della normativa e agli altri contributi dell’Istituto
Nazionale di Previdenza Sociale (INPS), non sono mancati i commenti agli
orientamenti della giurisprudenza e le pubblicazioni degli istituti di
patronato, mentre l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali si è
occupato delle infrazioni al principio delle pari opportunità. Tuttavia, non è
stata sufficiente l’attenzione prestata al futuro degli immigrati stranieri dopo
il ritiro dall’attività lavorativa e alla condizione socio-giuridica su cui si basa.
Eppure il sistema di sicurezza costituisce parte essenziale della politica
migratoria, durante lo svolgimento della carriera lavorativa attraverso le
prestazioni temporanee (in caso di malattia, infortunio, perdita del lavoro e
a sostegno dei carichi familiari) e dopo il ritiro dall’attività attraverso le
prestazioni pensionistiche, soggette a specifiche criticità in caso di rimpatrio
in Paesi non legati all’Italia da convenzioni previdenziali.
Parole Chiave: sistema pensionistico, immigrati, andamento demografico
Elementi di valutazione sulla protezione sociale delle persone
anziane nel mondo
Marco Ricceri, Segretario Generale EURISPES
Introduzione
Abstract: La solidarietà intergenerazionale proiettata sulla protezione e tutela
delle persone anziane trova un punto di riferimento fondamentale innanzitutto
nelle valutazioni, orientamenti e indicazioni di percorso elaborate dall’
Organizzazione Internazionale del Lavoro – I.L.O., secondo il quale “mentre il
bisogno di protezione sociale è ampiamente riconosciuto…il diritto umano
fondamentale ad una sicurezza sociale resta inapplicato per la grande
maggioranza della popolazione mondiale”. Partendo da questa constatazione,
l’Autore illustra e commenta i risultati del più recente Rapporto 2014/2015 sulla
Protezione Sociale nel Mondo mettendo in luce le grandi criticità che stanno
emergendo con il progressivo e diffuso invecchiamento delle società
contemporanee, le difficoltà crescenti a garantire alle persone anziane delle
condizioni adeguate soprattutto nella sicurezza dei redditi e nella tutela della
salute, gli effetti di un progressivo allargamento delle situazioni di precarietà.
Ulteriori elementi di approfondimento riguardano le strategie dell’Unione
Europea che sono orientate sull’asse strategico del sostegno all’invecchiamento
attivo e del governo italiano che privilegia un lettura positiva della fase di
invecchiamento, cercando di promuovere un adattamento dell’intera società per
far fronte nel miglior modo possibile a questa inedita situazione. Secondo le
esperienze estere più aperte ed avanzate, si conferma che la solidarietà
intergenerazionale può trovare le condizioni per esprimersi concretamente ed al
meglio solo nell’applicazione di un approccio al problema che ne affronti con
coraggio e lungimiranza la sua natura realmente complessa.
Parole chiave: Anziani e protezione sociale – redditi di sicurezza - Invecchiamento
attivo – ITC per anziani – famiglia e servizi pubblici di assistenza
La complessità del mondo degli anziani e le possibili risposte di
una società che li rispetta
Marco Trabucchi, Dipartimento di Medicina dei Sistemi, Università di Roma Tor
Vergata- Gruppo di Ricerca Geriatrica, Brescia.
Abstract: Il processo di invecchiamento della popolazione non oscura le
differenze e le specificità che caratterizzano la vita del singolo individuo. Il
tempo non induce solo perdite sul piano biologico ed umano, ma incide sulla
vita in modo assolutamente unico. In questa luce la comunità non deve pensare
agli anziani come ad una popolazione indistinta, ma considerare le loro
Introduzione
esigenze come assolutamente individuali. Ciò non è facile, perché richiede
raffinati strumenti di lettura sia della condizione oggettiva che soggettiva,
nonché modelli interpretativi adeguati. Un approccio nuovo rispetto a quelli
del recente passato è però necessario per evitare che il “peso dei vecchi”
divenga insopportabile per le società contemporanee.
Parole chiave: complessità, personalizzazione, risposte sociali
Postfazione: Puntare sull’engagement dei pazienti anziani e
dei loro caregevers per la promozione della salute e
l’innovazione sanitaria
Albino Claudio Bosio e Guendalina Graffigna (Facoltà di Psicologia, Università
Cattolica del Sacro Cuore- Milano)
Abstract: Il progressivo invecchiamento della popolazione e il conseguente
aumento delle patologie croniche porta il sistema sanitario a rivedere
profondamente i suoi modelli organizzativi per garantire non solo efficacia
clinica ma anche sostenibilità economica delle cure. In questo scenario,
l’opzione per una medicina partecipativa, ovvero in cui l’attivazione e il
coinvolgimento del paziente e dei suoi network sociali è favorita come partner
del sistema esperto di cura, si configura come una risorsa preziosa per il
mantenimento di un rapporto bilanciato fra domanda e offerta di salute. In
particolare, possiamo considerare oggi la prospettiva del patient & caregiver
engagement come un’ipotesi progettuale che sta mettendo alla prova le sue
possibilità di generare buona ricerca e buone pratiche in ambito sanitario.
Quali condizioni possono sostenere uno sviluppo virtuoso del progetto? Gli
esperti a vario titolo del mondo sanitario sono chiamati a interrogarsi sul punto
e ad intrecciare linee di collaborazione per tratteggiare convincenti risposte.
Parole chiave: sostenibilità del sistema, patient engagement, patient centered
care, coinvolgimento attivo
Ringraziamenti
Per il ruolo che ha avuto il Prof. Vladimir Hachinski nel promuovere la pubblicazione
di questo volume e nel pensare a come il Rotary potesse avere un ruolo propositivo e
determinante nella diffusione del concetto di prevenzione, per ora unica arma con
l’Alzheimer, così come per il sostegno di amicizia e condivisione di quanto qui
preparato in molti mesi di duro lavoro, da parte del Prof. Antonio E. Puente, gli Editors,
Laura Dryjanska e Roberto Giua, vogliono qui segnalare i loro eccezionali profili
scientifici così come quello dell’amico Claudio A. Bosio, Preside della Facoltà di
Psicologia dell’Università Cattolica di Milano, che chiude questo volume.
Vladimir Hachinski
Prof. Vladimir Hachinski received his MD from the University of Toronto. After
completing his residency training at the same university, he undertook a
Cerebrovascular Laboratory fellowship at the National Hospital for Nervous Diseases
at Queen Square in London, England with Professor John Marshall and a research
fellowship at the Department of Clinical Physiology with Professor Niels Lassen,
Bispebjerg Hospital in Copenhagen, Denmark. Hachinski is Professor of Neurology
and Distinguished University Professor at Western University, He founded, with John
W. Norris the first successful acute stroke unit which has become the standard of care
and with David Cechetto discovered the key role of the insula of the brain in mediating
cardiac arrhythmias and sudden death. He introduced the concepts and terms multiinfarct dementia, leukoaraiosism, brain and risk stage and vascular cognitive
impairment and devised the Hachinski ischemic score, the standard for identifying a
vascular (treatable) component of cognitive impairment. (over 2300 citations)
Hachinski was Editor-in-Chief of the journal Stroke, the leading publication in the field
for an unprecedented 10 year term from 2000-2010. He introduced 9 international
editions and a unique author mentorship program. He has contributed over 800
scientific papers, book chapters, editorials and other scholarly publications, with over
31,000 citations and an H-Index of 83. He is the author, co-author or editor or co-editor
of 17 books including Stroke: A Comprehensive Guide to Brain Attack, co-authored
with his daughter Larissa Hachinski, written to increase public awareness of brain
attack, a term coined by Dr. Hachinski to help drive home the urgency of strokes. He
has received 4 honorary doctorates, the Mihara International Award, World Stroke
Organization Leadership in Stroke Medicine Award, the Premier's Discovery Award
in the Life Sciences and Medicine for "ground breaking research on relationship
between stroke and Alzheimer disease". Dr. Hachinski was the founding Chair of the
International Society for Vascular Behavioural and Cognitive Disorders, past Vice
President of the World Stroke Organization, President of the World Federation of
Neurology, 2010-2013 and Founding Chair World Brain Alliance (comprising the
major world brain organizations).
He is Vice President of the World Stroke Organization. He was awarded the 2011
International BIAL Merit Award in Medical Sciences for a monograph on "The Long
Fuse: Silent Strokes and Insidious Alzheimer Disease" and in 2012 a Doctor honoris
causa from the Russian Academy of Medical Sciences. In 2008 he received the Order
of Canada and in 2013 the Order of Ontario and the Queen Elizabeth II Diamond
Jubilee Medal. He was the 2013 Paddison Lecturer and was awarded the Chancellor's
Award Lecture in Neuroscience and Neurology for his "contributions to neurological
sciences and for outstanding academic leadership" at the University of Louisiana. Dr.
Hachinski was the Allan & Maria Myers International Visiting Fellow for 2014 at the
Florey Institute in Melbourne, Australia and was the 2014 Brain Scholar, Cambridge,
Oxford and London UK Universities. In 2014 he was elected member of the Royal
Society of Canada. Clinical Trials: he is co-principal investigator of a Canada wide
CIHR funded multi-center study led by Richard Chan, using trained volunteers to work
with high-risk patients for better control of blood pressure and other vascular risk
factors to prevent stroke and cognitive decline. Preventing dementia: by preventing
stroke Hachinski Ischemic Score as an identifier of pure Alzheimer disease.
Neuroscience: Handedness and brain patterns of cardiovascular control
Antonio E. Puente
Antonio Puente, Ph.D., Professor of Psychology at the University of North Carolina
Wilmington, was elected 2017 president of the 125,000-member American
Psychological Association (founded in 1892). The American Psychological
Association (APA) is the leading and largest scientific and professional organization
that represents psychologists in the United States. APA’s mission is to advance the
creation, communication and application of psychological knowledge to benefit
society and improve people’s lives. Born in La Habana, Cuba, Puente received his
undergraduate degree in psychology from the University of Florida and his master’s
degree and Ph.D. from the University of Georgia. He has lectured in more than a dozen
foreign countries and holds appointments as a visiting professor at the Universidad de
Granada (Spain) and UCLA. He has taught at UNCW since 1981 and prior to that at
St. George’s University School of Medicine (neuroanatomy). His primary teaching
activities include Brain and Behavior, Clinical Neuropsychology and History of
Psychology. Puente is founding director of UNCW’s Centro Hispano. He has taught
over 8,000 undergraduates and supervised 33 theses and 9 post-doctoral fellows. His
research focuses on the interface between culture and neuropsychology and he
collaborates regularly with colleagues in Russia, Spain and Latin America. Puente
founded and edited the journals Neuropsychology Review and Journal of
Interprofessional Education & Practice as well as a book series (33 books) in
neuropsychology. He is the author of 8 books, 78 book chapters and 102 journal articles
(in English, Spanish and Russian). In addition to activities at UNCW, Puente maintains
a private practice in clinical neuropsychology, ranging from clinical to forensic
assessments. He also is the founder and co-director of mental health services at the
Cape Fear Clinic, a bilingual health center serving the poor and uninsured. A longtime
member and recent past president of the clinic’s board of directors, he holds the title of
president emeritus. Puente is completing his second term on the Editorial Panel of the
American Medical Association’s Current Procedural Terminology. He served as
APA’s advisor to the panel from 1992-2007. Puente was a Fulbright Scholar in 1983
in Argentina and received the APA’s Distinguished Professional Contributions to
Independent Practice in 2011. A member of the APA since 1979 and fellow of nine
divisions, he also has served as president of the N.C. Psychological Association, the
N.C. Psychological Foundation, the Hispanic Neuropsychological Association, the
National Academy of Neuropsychology, and the Society for Clinical
Neuropsychology. In his new leadership role, Puente’s focus will be to erase the divide
between physical and mental health care as well as help fortify the APA’s role as the
preeminent leader in behavioral science, pedagogy, practice and service. He have
received several awards, including: Fulbright Scholar Award (1983, Argentina);
University of North Carolina Wilmington's Distinguished Faculty Scholarship Award
(2009); North Carolina Psychological Association's Lifetime Achievement Award
(2008); APA's Karl Heiser Award (1996); Presidential Award (2006); State Leadership
Award (2009); and Distinguished Professional Contributions to Independent Practice
award (2011). “I believe in the ability to change systems and a dream of placing
psychology in its rightful place — a leader. In this time of significant health-care
change, psychology is in the best position to lead. Interprofessional integration and
increased effectiveness in health care can be best achieved by emphasizing behavior,
vigorous advocacy and visionary leadership. In this manner, all of psychology can be
integrated and unified to show the world our true value and potential. It's time for
psychology. Let us make this dream come true, together.”
Claudio A. Bosio
E’ professore ordinario di “Psicologia dei Consumi e del Marketing” e di “Ricerca e
Intervento Psico-sociale per le Organizzazioni: Metodologia di Processo” presso la
Facoltà di Psicologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Dal 2011 è
anche Preside della Facoltà. Nella stessa Università è stato coordinatore della Scuola
di Dottorato in Psicologia (2008-2013) e Direttore Scientifico del Master in “Metodi
Qualitativi per la Ricerca Applicata all'indagine Sociale e di Marketing” (2006-2013).
È autore di più di 200 pubblicazioni scientifiche prevalentemente nell’ambito della
ricerca psicosociale applicata (aree principali di ricerca: psicologia dei consumi, ricerca
di marketing, comunicazione sociale, pratica medica, salute, patient engagement,
active and healthy aging, professionalizzazione della psicologia). Dal 1975 al 2010 è
stato ricercatore in Eurisko (poi GfK Eurisko), istituto di ricerca sociale e di mercato,
ricoprendo i ruoli di vice-presidente (1998-2010) e di direttore dei dipartimenti di
ricerca “Salute” (1985-2005) e “Società e Politica” (2005-2010). Negli anni recenti ha
inoltre ricoperto i seguenti incarichi:
 Direttore del Centro Studi e Formazione Assirm (Ricerche di Mercato, Sociali,
di Opinione) dal 2006 al 2011;
 Membro del Consiglio Superiore per i beni culturali e paesaggistici - Ministero
per i Beni e le Attività Culturali, Roma dal 2013 al 2014;
 Presidente della Conferenza della Psicologia Accademica italiana (CPA) dal
2014 al 2015;
 Direttore scientifico della rivista Micro&Macro Marketing dal 2011 al 2015;
 Co-direttore della rivista Psicologia della Salute dal 2015.
Ringraziamenti
Gli Editors, Laura Dryjanska e Roberto Giua, vogliono infine ringraziare:
 Il Prof. Giuseppe Riccardo Succurro del Centro Internazionale di Studi
Gioachimiti di San Giovanni in Fiore, per la gentile concessione dell’uso
della Tavola dei Tre Cerchi Trinitari.
 Il Governatore del Distretto 2080 del Rotary International per l’anno 20182019, Patrizia Cardone, con l’augurio di un fattivo interesse al tema della
prevenzione dell’Alzheimer.
 Il Dott. Luciano Lucanìa, Presidente della Società Italiana di Medicina e
Sanità Penitenziaria 2016/2018, che ha dimostrato un grande interesse e
disponibilità a indagare meglio gli aspetti di prevenzione dell’Alzheimer, sin
dal Convegno di San Giovanni in Fiore, “Raccontare l’Alzheimer: la realtà,
le speranze” voluto ed organizzato dalla Presidente del Rotary Club Florense,
Patrizia Carbone.
*****
This book would not be possible without the COST Action IS1311, Intergenerational
Family Solidarity Across Europe chaired by Prof. Anne Marie Fontaine from the
University of Porto. The authors wish to thank her for the guidance, suggestions and
encouragement throughout the process of editing the volume.