Universo Argento PROMOZIONE it.
Transcript
Universo Argento PROMOZIONE it.
Solidarietà Intergenerazionale: Universo Argento Laura Dryjanska & Roberto Giua, EDITORS July, 2016 COST Action IS1311 - Intergenerational Family Solidarity across Europe (INTERFASOL) A John Germ Intergenerational Solidarity: Silver Universe Indice Prefazione Antonio E. Puente p. 9 Introduzione Roberto Giua, Laura Dryjanska p. 13 Invecchiamento attivo e turismo intergenerazionale Antonietta Albanese, Elena Bocci p. 21 Inizieremo a combattere l’Alzheimer solo quando cominceremo a fare prevenzione Giovanni Anzidei p. 43 Dalla solitudine alla condivisione: quando la comunità vuole “vivere” l’Alzheimer Amalia Cecilia Bruni, Francesca Frangipane p. 57 Gli anziani in farmacia: un luogo d’accoglienza e d’ascolto Maria Elisabetta Calabrese p. 69 Interventi riabilitativi mono strategici e multi strategici nella malattia di Alzheimer Gabriele Carbone p. 91 Malattie dementigene, fragilità e finitezza umana Fabio Cembrani p. 109 La famiglia e il malato di Alzheimer Carmela De Bonis p. 143 "Onora il volto del vecchio" (Levitico 19,32) Leonardo De Chirico p. 159 Lo stigma della vita d’argento Laura Dryjanska p. 169 Star bene: una conquista di ogni giorno Marzia Giua p. 185 Care for Elderly People in Malta George (Gino) Pavia p. 215 Gli immigrati e il sistema pensionistico italiano: Franco Pittau p. 231 Elementi di valutazione sulla protezione sociale delle persone anziane nel mondo Marco Ricceri p. 255 La complessità del mondo degli anziani e le possibili risposte di una società che li rispetta Marco Trabucchi p. 283 Postfazione Claudio A. Bosio, G. Graffigna p. 303 Abstract p. 309 Short Bio p.317 Ringraziamenti p. 331 Introduzione Introduzione Roberto Giua, Laura Dryjanska Questo volume parte da lontano, dal 2013, quando una sera d’inverno Laura Dryjanska e Roberto Giua, ebbero la fortuna e l’onore di conoscere il Prof. Vladimir Hachinski, Presidente della World Federation of Neurology; The Lancet lo definisce un pioniere dello studio dell’Ictus e della demenza vascolare. Si trattava di un interclub al Rotary a piazza Barberini, per la presentazione delle esperienze a livello mondiale del Prof. Hachinski sul tema della riabilitazione post ictus e abbiamo cominciato a parlare su come si potesse promuovere la sensibilizzazione su questi temi ed anche come, se possibile, si potesse predire il più possibile l’altra grande piaga dell’umanità: l’Alzheimer. Ci siamo scritti più volte, visti per Skype e infine Hachinski ci ha dato questo input, che noi stiamo cercando di portare avanti, con le nostre piccole forze, per poter dire che non abbiamo tralasciato nulla riguardo le possibilità di sensibilizzazione e prevenzione dell’Alzheimer Il Prof. Hachinski ci inviò questo spunto: “Progetto: Salute del cervello, una ricchezza suprema. Può essere possibile mantenere e migliorare la salute del cervello. A giudicare dai risultati di uno studio clinico dell'efficacia della formazione cognitiva ed esercizio fisico al fine di prevenire la demenza (Ngandu & al. 2015) Partecipanti: Rotariani provenienti da tutto il mondo (possibilmente iniziando con alcuni Paesi in cui la popolazione sta invecchiando molto rapidamente, come l'Italia e il Giappone) Per il successo della prevenzione della demenza le informazioni non sono mai abbastanza e abbiamo bisogno dei seguenti elementi fondamentali: - informazioni corrette - motivazione che dipende dalla personalità e dallo stadio del processo di decisione (di partecipare o meno allo screening (ndr.) - l’ambiente Introduzione I Rotary club possono fare la differenza con la creazione di diversi tipi di ambienti per allenare il cervello e per fornire l'esercizio fisico. In breve, i Rotary Club possono realizzare progetti che consistono nel creare ambienti per mantenere un cervello sano. La leadership deve essere nelle mani dei Rotariani che potranno individuare le soluzioni più appropriate nel loro contesto territoriale, con riguardo alla cultura e alle abitudini locali. I Club sarebbero scelti in modo randomizzato e divisi in due gruppi: attivo e passivo. Tutti i partecipanti sottoposti a controllo medico basale (pressione sanguigna, peso, ecc). Il gruppo attivo sarà sottoposto a formazione cognitiva e esercizio fisico (yoga, stretching, esercizi semplici). Il disegno modulare comprende le cose fondamentali che ognuno fa (esercizio fisico) e altre piccole cose che possono differire tra i club, come visitare mostre d'arte ogni mese, l'arte-terapia, basata su progetti del club già esistenti o nuove idee. È un modo per verificare se questi esercizi sono efficaci nel prevenire demenza tra il gruppo attivo e il passivo. Con un ampio campione, sarebbe possibile vedere come i diversi tipi di attività colpiscono il cervello in modo positivo o se non fanno invece alcuna differenza. …..omissis…… In generale, l'invecchiamento attivo è in sintonia con la visione della solidarietà tra le generazioni, dove un pilastro riguarda i bambini (attraverso campagne come End Polio Now, la lotta contro la schiavitù infantile, etc.) e l'altro pilastro dovrebbe guardare all'invecchiamento della popolazione, che è in aumento in tutto il mondo. Milioni di persone potrebbero essere uniti attraverso uno sforzo comune per promuovere la salute del cervello e del corpo.” Ecco perché di questo secondo volume sui temi della Solidarietà intergenerazionale (il primo è stato nel 2015 “Solidarietà intergenerazionale: Bambini nell’Ombra”) noi abbiamo accettato la sfida e la porteremo avanti, con tutte le risorse disponibili, con gli scienziati che ci sono già a fianco, con i volontari, con le associazioni che vorranno essere con noi, con i rotariani, se lo vorranno e i loro Club. L’Europa è sensibile ed esiste una ISCH COST Action IS1311, Intergenerational Family Solidarity across Europe (INTERFASOL). Quest’ azione di sincronizzare, integrare e migliorare la ricerca europea nel campo della solidarietà intergenerazionale in famiglia, ha i suoi benefici in settori chiave della vita e dei modi in cui essa può essere rafforzata attraverso le generazioni. L'azione ha già lanciato una serie di attività che include un sito web d'azione, gruppi di lavoro, incontri scientifici, visite di formazione e pubblicazioni. Introduzione Gli Editors, con questo secondo libro, sono sulla linea guida prevista ed auspicata da INTERFASOL. Perché tutto questo? Perché ci ha mosso una frase del Cancelliere tedesco Adnauer, “siamo tutti lo stesso cielo, ma non tutti abbiamo lo stesso orizzonte”. Sì, vogliamo dire che anche una persona anziana, pur colpita da un male come l’Alzheimer deve ancora poter avere un proprio orizzonte, in cui il rispetto, la comprensione delle diversità e, come più volte affermato da Fabio Cembrani, “la dignità umana” devono essere salvaguardate, nonostante “la maturità della società moderna sia messa oggi in tensione dalla crisi economica internazionale, dalla perdurante perdita di valori, dalla povertà, dal terrorismo, dalle disuguaglianze e dalle discriminazioni………..perché i diritti, pur dichiarati e proclamati a gran voce nelle Carte, nelle Convenzioni e nelle Costituzioni sono poi traditi nei fatti proprio da chi dovrebbe promuoverli e dare ad essi una protezione”. Come sottolinea Laura Dryjanska nel proprio saggio, ci si domanda, pensando ad un orizzonte per gli anziani, “esistono varie fasi o tappe della vecchiaia?” “a volte le risposte più attuali paradossalmente si trovano leggendo i pensatori nati centinaia di anni fà. L’universo argento in questo caso corrisponderebbe ad una fase ben delineata dall’Abate Gioacchino nella Tavola IV dei tre cechi trinitari Ecco quindi che anche l’anziano non è una persona in fine vita, ma un sistema che evolve di continuo, dalla vita alla morte, per ricominciare da un nuovo essere umano, dove ognuno nella fase che sta vivendo dà un contributo alla fase precedente e a quella seguente. Quindi sì, anche l’anziano ha un suo orizzonte. Nonostante questo però, parole come vecchiaia, anzianità, terza età, età pensionabile, portano con sé uno stigma. Dryjanska si sofferma sul “fatto che lo stigma di essere anziani esiste ed è comprovato dalle connotazioni negative che percepiamo quando descriviamo qualcuno come vecchio. Nei paesi anglosassoni molti studiosi, in particolare psicologi e sociologi, definiscono il fenomeno di “ageism”, come l’influenza di pregiudizi legati all'età sull'uso del linguaggio.” Per fortuna ci sono molti studi decisamente contro tendenza, come AlbaneseBocci, che sottolineano: “la psicologia studia i fattori psicosociali che incidono sul processo d’invecchiamento; eventi come lutti o pensionamenti generano senso di vuoto, inadeguatezza; così tra i Sé possibili può prevalere negli anziani l’immagine “invecchiamento/malattia/morte”. Tuttavia, il “tempo liberato” può favorire predisposizioni all’azione come il recupero dei rapporti familiari intergenerazionali o lo svolgimento di attività” ludiche. Introduzione Altrettanto si può dire di studi che riguardano la prevenzione; sì, la prevenzione, sembra strano parlarne applicata a persone di una certa età, secondo il senso comune, invece è proprio di prevenzione che si ha fortemente bisogno anche nella terza età, se si considera che talvolta per essere efficace, contro l’invecchiamento e il relativo decadimento cognitivo, si dovrebbe partire a fare prevenzione non oltre i 50 anni. Fà riflettere molto l’affermazione di Giovanni Anzidei sul fatto che “La medicina negli ultimi decenni ha fatto formidabili progressi e ci ha resi più longevi. Oggi si guarisce da malattie che 15-20 anni fa erano considerate incurabili. Purtroppo non sono stati fatti altrettanti progressi nel campo degli studi sul cervello, così si rischia nei prossimi decenni di andare verso una popolazione di longevi, molti dei quali affetti da deficit cognitivi.” Sul tema della prevenzione troviamo Marzia Giua, che afferma che dobbiamo “sottolineare che le strutture territoriali deputate ad assistere, definire e risolvere i malesseri dell’individuo sono troppo incentrate sul processo: malessere-medicinaguarigione, anche perché, nonostante ormai un decennio di prove a suo favore, non esiste l’indispensabile affiancamento dello Psicologo di base o meglio lo Psicologo delle Cure Primarie sul territorio, con indubbi e misurabili effetti di risparmio per le casse del SSN”. (ISTAT 2015). Sempre Giua ci fa riflettere su un tema, “Vi siete mai chiesti perché oggi parlare di cancro, di radioterapie o chemio non è più un tabù e la società non emargina certo un malato per questo suo stato, mentre forse possiamo dire che solo trent’ anni fa questo non era poi così scontato e invece oggi ci si vergogna ad affermare che si va dallo psicologo e psicoterapeuta o, peggio, che si teme uno stato di sofferenza neurodegenerativa? Perché ci si vergogna di avere bisogno di sostegno Psicologico e non di una chemioterapia? Forse perché per il cancro esistono alcune soluzioni, si possono tentare molte strade più o meno valide ma comunque esistenti, mentre per le demenze, per chiamarle con il loro nome, oggi non si può fare molto?” Ecco che quindi torniamo al concetto di orizzonte. Non solo, come afferma Amalia C. Bruni, “la malattia di Alzheimer, demenza progressiva e irreversibile, “ladra di identità” oltre che di memoria, scardina profondamente la struttura dell’individuo rappresentando non solo un problema medico ma anche un costrutto culturale con significative conseguenze sociali.” Ecco perché “solo il coinvolgimento di diverse professionalità e una comunità “dementia friendly” consentirà l’individuazione di percorsi di cura e assistenza in grado di migliorare la qualità di vita degli ammalati e delle loro famiglie, nell’ottica di poter “vivere insieme” la malattia.” Introduzione Dalla solitudine alla condivisione, come ci ricorda sempre la Bruni, perché “nel continuum della demenza e nel percorso di cura la condizione di sofferenza accomuna tutte le figure diversamente coinvolte, dalla persona ammalata, al familiare, all’equipe curante.” Per completezza sociologica, vogliamo ricordare le parole di Franco Pittau, che spezza più di una lancia a favore di riconsiderare in modo equilibrato e non distorto da pregiudizi, la situazione, certamente non favorevole, dei nuovi pensionati immigrati. Si tratta di un tema spinoso, e il saggio di Pittau ha il grande pregio di essere uno dei pochi in questo momento che tenta una sintesi intelligente del tema. A questo proposito, Marco Trabucchi, segnala che “il processo d’invecchiamento della popolazione non oscura le differenze e le specificità che caratterizzano la vita del singolo individuo”. “Il fenomeno dell’invecchiamento della popolazione non deve infatti essere vissuto solo in termini problematici, spesso angoscianti, ma come un evento da leggere con serenità, cercando di trovare gli spazi per rispondere alle grandi sfide, fondandosi sulla realtà dei singoli individui e sulle motivazioni per costruire una convivenza significativa per tutti, a tutte le età”. “La vita è un sistema instabile; ogni cambiamento produce nuovo cambiamento, creando le condizioni per una plasticità dell’essere uomo -come biologia e spiritoindispensabile per affrontare le difficoltà.” Noi forse ci permettiamo di definirlo un sistema aperto e quindi relazionale, ma il senso non cambia, è un continuo divenire. Ma sono queste le parole di Trabucchi che più ci hanno colpito, “la lunga esperienza aumenta il carico d’informazioni che arrivano al cervello creando nuova vita, emozioni, fatiche.” Quindi attenzione perché “l’anziano -in particolare se povero economicamente, culturalmente e di rapporti- è quindi drammaticamente esposto ad ogni ulteriore cambiamento, diventa una “vita di scarto” al pari di altre minoranze.” Trabucchi, con forza e passione sottolinea che “alla fine, la dialettica è tra anomia e riconoscimento, cioè tra la perdita della differenziazione e il riconoscimento dell’individualità, che ha il sopravvento anche sulle, talvolta, ineluttabili manifestazioni patologiche. “Invecchiare non è malattia” perché la malattia non cancella la vita dell’individuo.” Maria Elisabetta Calabrese interviene per rafforzare l’idea della socializzazione e della necessità di rompere il muro del silenzio, in un ambiente “familiare, accogliente, di facile accessibilità” e il farmacista, tutti i farmacisti, sono al centro della quotidianità degli anziani e non solo come punto di riferimento per esigenze di salute, ma anche, e in alcuni casi soprattutto, come luogo dell’ascolto e dell’accettazione incondizionata del sé. Introduzione “Capii da quell’esperienza, quanto, di fronte ai segnali d’allarme della salute, la semplicità di alcuni clienti o la notorietà di altri, mascherasse comunque, nascondendole, le più comuni fragilità, quelle stesse che per tutti, nel complesso equilibrio tra psiche e soma, emergono inesorabilmente allo scandire del tempo che avanza”. Ma attenzione perché “le debolezze, le fragilità e il senso di smarrimento che spesso caratterizzano il rapporto dell’anziano con la prescrizione medica, sembrano trovare una prima, parziale spiegazione nell’eccessiva medicalizzazione della società.” “Quello che forse oggi manca, è un nuovo modello di riferimento professionale sia nel medico che nel farmacista, nell’assistenza della persona anziana.” E Calabrese chiude dicendo “non possiamo restare indifferenti al tema della solidarietà intergenerazionale, di fronte a simili cifre e in tal senso, il servizio svolto nel luogo dove s’indossa per divisa di lavoro, un camice contraddistinto da un caduceo, può significare molto in termini d’interconnessione sociale-sanitaria.” Carmela De Bonis ci riporta, diremmo brutalmente, a delle considerazioni che indicano come il paziente malato di Alzheimer non è solo, ma coinvolge tutta la sua rete di relazioni, familiari e sociali e ne influenza pesantemente l’evoluzione. “In questo ambito i caregiver sviluppano comportamenti diversi: si passa dalla negazione della malattia, che comporta il rifiuto e la non accettazione della condizione del malato, alla rabbia, all’ansia per il coinvolgimento continuo, alla depressione, all’angoscia e alla frustrazione. Per i familiari si delinea quindi un percorso lungo e complesso; i disturbi comportamentali e cognitivi del malato sono infatti difficilmente accettati, come accade quando non vengono riconosciuti dal proprio caro.” Marco Ricceri ci sostiene in un’analisi del problema del riconoscimento dei diritti e delle tutele, non scontate, che debbono essere rivolte agli anziani, tutti, ma soprattutto a quelli più fragili: “La solidarietà intergenerazionale proiettata sulla protezione e tutela delle persone anziane trova un punto di riferimento fondamentale innanzitutto nelle valutazioni, orientamenti e indicazioni di percorso elaborate dall’ Organizzazione Internazionale del Lavoro – I.L.O.” Eccoci quindi proiettati in un contesto europeo, dove “nel più recente Rapporto 2014/2015 sulla Protezione Sociale nel Mondo mettendo in luce le grandi criticità che stanno emergendo con il progressivo e diffuso invecchiamento delle società contemporanee,” emergono “le difficoltà crescenti a garantire alle persone anziane delle condizioni adeguate soprattutto nella sicurezza dei redditi e nella tutela della salute…..”. Forte è la denuncia in queste parole “nell’illustrare la situazione mondiale del 2012, l’I.L.O. constata nel Rapporto che mentre vi è stata una tendenza generale ad estendere la protezione sociale in particolare nei paesi a reddito medio, l’efficacia dei sistemi di Introduzione sicurezza sociale è a rischio in un numero elevato di paesi a reddito elevato e ciò come conseguenza dei provvedimenti di consolidamento fiscale, collegate alle diffuse misure di austerità adottate dai governi per ridurre i deficit pubblici e l’accumulazione dei debiti, soprattutto dopo la crisi economica e finanziaria mondiale esplosa nel 2008. Il consolidamento fiscale avviato soprattutto nel 2010 e tuttora in corso ha portato ben 122 paesi, in particolare in numerosi paesi a reddito più elevato, a ridurre le spese pubbliche rispetto al PIL, con conseguenze negative diffuse in termini di maggiore povertà ed esclusione sociale, un fenomeno che si è aggiunto all’alta disoccupazione, bassi salari, tasse elevate.” E si prosegue “per l’I.L.O è essenziale che le persone possano disporre di una base di redditi sufficienti ad affrontare in sicurezza i bisogni emergenti nel corso della loro età anziana. Decisiva è anche la possibilità di accedere ai servizi pubblici, forniti gratuitamente o a basso costo, tra i quali in primo luogo sono i servizi per la salute e le cure continuative e di lungo periodo.” Ecco che con queste parole si ritorna al concetto che l’innalzamento della vita deve combinarsi con il concetto di star bene, non solo di invecchiare ma soprattutto con il necessario cambiamento di mentalità e di politiche pubbliche che inesorabilmente, per sopravvivere, dovranno passare dall’attenzione prioritaria delle emergenze e fasi acute delle malattie ad una lunga stagione di malattie croniche e lentamente debilitanti. Non dimentichiamo, anche se alcuni hanno questa sgradevole abitudine, che il riferimento a questi temi ricorre nei documenti della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (UDHR) del 1948 e la Convenzione Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali (ICESCR) del 1966! Infine, ricorda Ricceri, “sicuramente le condizioni economiche delle nazioni maggiormente soggette all’invecchiamento saranno sottoposte a verifiche dal momento che i sistemi economici registreranno fenomeni di rallentamento mentre i carichi finanziari per il sostegno della salute e delle pensioni di una popolazione che invecchia saranno destinati ad aumentare”. Valutazioni e considerazioni analoghe si ritrovano, ad esempio, in numerosi documenti della Banca Mondiale, delle Nazioni Unite e dell’Unione Europea. Quindi non suoni strano che “Investire nella prevenzione delle malattie, nella promozione di un invecchiamento attivo e salutare e in cure sanitarie più efficaci saranno aspetti centrali dello sforzo per conservare e sviluppare una manodopera produttiva e in buona salute, capace di lavorare più a lungo.” E’ di questi giorni di fine luglio 2016, la pubblicazione di uno “Special Issue” da parte della prestigiosa rivista americana AMERICAN PSYCHOLOGISTS che vede un articolo del Prof. Glenn E. Smith, della University of Florida, sul tema Healthy Cognitive Aging and Dementia Prevention. Introduzione Smith afferma che le strategie ambientali e comportamentali di prevenzione possono aiutare un più alto livello cognitivo e una maggior integrità funzionale e possono ridurre il peso sociale, medico ed economico connesso all’invecchiamento cognitivo e ai disturbi neurodegenerativi associati. Interventi che coinvolgano l’esercizio fisico e l’allenamento cognitivo stanno significativamente dimostrando effetti positivi sulle capacità intellettive degli adulti anziani. Il “Brain fitness”, come viene pittorescamente definito l’esercizio cognitivo e fisico, ora si sta dimostrando di avere notevoli effetti per 10 anni ed oltre. Una meta-analisi ha suggerito che questi esercizi fisici e le stimolazioni con esercizi di allenamento del cervello danno quasi gli stessi risultati nelle misurazioni formali delle funzioni cognitive. L’Istituto Nazionale di Salute espanderà le proprie ricerche sulla salute intellettiva per sviluppare nuove vie di prevenzione e trattamento delle demenze. Ma tutto è basato sulla possibilità di avere dei grandi numeri su cui misurare gli effetti di questi trattamenti e tutte le istituzioni in USA sono mirate a questo. Vi domanderete il perché: semplice, in USA ci sono quasi 5 milioni di malati di Alzheimer, il 17% delle donne e il 9% degli uomini sopra i 65 anni. Gli americani di origine africana e i latino-americani hanno un più alto livello di Alzheimer che non gli americani bianchi. Si prevede che nel 2050 il numero si triplicherà, raggiungendo oltre 13 milioni di malati e questo avrà un impatto economico devastante. Questi segnali non vogliono essere degli atti di terrorismo psicologico, ma un doveroso segnale che la prevenzione su una dimensione di tale entità deve essere prioritaria a qualsiasi altra forma di malattia ed è supportata dal National Alzheimer’s Plan. Alcune ultime considerazioni Proprio qualche giorno fà abbiamo avuto l’occasione di parlare con un caregiver di un aspetto non abbastanza trattato in questo volume e ce ne scusiamo con i lettori, quello degli aspetti medico legali e del diritto della persona con demenza e dei messaggi che dovrebbero per tali canali arrivare al legislatore. Ci troviamo infatti troppo spesso davanti ad un malato che in qualche modo è ostaggio di di altri, familiari o estranei, con tutti i rischi che coinvolgono le responsabilità di chi si prende cura di una persona non del tutto in grado di essere autosufficiente e che sempre meno lo sarà, e coinvolge quello che oggi ci piace chiamare la cultura dell’Etica, perché è anche troppo evidente che se non vi è un substrato etico nel lavoro di cargiver, che sia affrontato da un parente o meno, poco importa, ma che impone un codice etico di comportamento che sappia salvaguardare totalmente il malato da abusi, da raggiri, da Introduzione indifferenza della società nei suoi confronti, in altri termini che renda ancora possibile, anche per un malato di Alzheimer, il diritto di avere un orizzonte. Introduzione Invecchiamento attivo e turismo intergenerazionale Antonietta Albanese (Università degli Studi di Milano), Elena Bocci (Sapienza Università di Roma) Abstract: La psicologia studia i fattori psicosociali che incidono sul processo d’invecchiamento; eventi come lutti o pensionamenti generano senso di vuoto, inadeguatezza; così tra i Sé possibili può prevalere negli anziani l’immagine “invecchiamento/malattia/morte”. Tuttavia, il “tempo liberato” può favorire predisposizioni all’azione come il recupero dei rapporti familiari intergenerazionali o lo svolgimento di attività turistiche. Sulla base degli studi condotti (cfr. inter-alia: Albanese, 2001; Albanese, & al. 2006) il Laboratorio Incontri Generazionali dell’Università degli Studi di Milano ha individuato il bisogno di attività turistiche che compensino la frattura generazionale e ha proposto ricerche/sperimentazioni avviate dapprima nel Nord Italia e poi estese al centro ed isole. Attraverso l’interazione fra gruppi di giovani e anziani -non legati da vincoli di parentela- in un contesto di vacanza, è stata migliorata la comunicazione e sono stati modificati gli stereotipi. Le ricerche/sperimentazioni svolte a Viterbo (2002-2015) hanno evidenziato un modello di evoluzione della comunicazione tra giovani e anziani secondo quattro fasi: “avvicinamento”, “conoscenza”, “empatia”, “creatività generativa”, orientando progetti innovativi per l’ambiente locale inerenti la sostenibilità socio-culturale e ambientale. Parole chiave: invecchiamento attivo, turismo, comunicazione intergenerazionale Inizieremo a combattere l’Alzheimer solo quando cominceremo a fare prevenzione, anticipando il momento dell’assistenza ai malati Giovanni Anzidei, Vice Presidente della Fondazione IGEA Abstract: La Fondazione IGEA Onlus sta sostenendo la diffusione e l’applicazione del protocollo Train the Brain (Allenare il cervello), realizzato al Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) contro l’invecchiamento della mente e per la prevenzione e il contrasto delle patologie cerebrali come Introduzione Demenze e Alzheimer. La prima applicazione del protocollo su persone a rischio, non ancora con la patologia conclamata, ha dato risultati positivi, clinicamente documentati, nell’80% dei casi trattati, rallentando la patologia e aiutando nella prevenzione. Il protocollo, ideato dal Neurofisiologo Prof. Lamberto Maffei, Vicepresidente dell’Accademia dei Lincei, che ha lavorato con la Prof.ssa Rita Levi Montalcini, è stato sperimentato presso gli Istituti di Fisiologia Clinica e di Neuroscienze del CNR, in collaborazione con l’Università di Pisa. I risultati della sperimentazione, sono stati presentati al Ministero della Salute. Parole chiave: Train the Brain, Fondazione Igea, screening, gruppo di intervento, gruppo di controllo, prevenzione Dalla solitudine alla condivisione: quando la comunità vuole “vivere” l’Alzheimer Amalia C. Bruni e Francesca Frangipane, Centro Regionale di Neurogenetica, Lamezia Terme ASP-CZ Abstract: La malattia di Alzheimer, demenza progressiva e irreversibile, “ladra di identità” oltre che di memoria, scardina profondamente la struttura dell’individuo rappresentando non solo un problema medico ma anche un costrutto culturale con significative conseguenze sociali. Le importanti ripercussioni sul familiare che frequentemente eroga assistenza in prima persona ha portato a definire la demenza come una “malattia della famiglia”, da intendersi naturalmente non nel senso genetico di possibile trasmissibilità ereditaria ma in termini di accessione psicosociale. Nel continuum della malattia e nel percorso di cura la condizione di sofferenza accomuna tutte le figure diversamente coinvolte, dall’ammalato che perde lentamente la propria identità, al familiare che porta il peso della solitaria sofferenza individuale e dello smarrimento di chi si ritrova, sconosciuto, accanto ad una persona cara. Sofferenza, tuttavia, è anche quella del medico che consegna una diagnosi dolorosa e accompagna il malato, oscillando tra limitate soddisfazioni terapeutiche ed il senso d’inadeguatezza che deriva dagli insuccessi legati all’inesorabile progressione della malattia. Solo il coinvolgimento di diverse professionalità e una comunità “dementia friendly” consentirà l’individuazione di percorsi di cura e assistenza in grado di migliorare la Introduzione qualità di vita degli ammalati e delle loro famiglie, nell’ottica di poter “vivere insieme” la malattia. Parole chiave: identità, malattia della famiglia, presa in carico, rete assistenziale, CCM Gli anziani in farmacia: un luogo d’accoglienza e d’ascolto Maria Elisabetta Calabrese Abstract: Familiare, accogliente, di facile accessibilità, la farmacia è al centro della quotidianità degli anziani e non solo come punto di riferimento per esigenze di salute, ma anche, e in alcuni casi soprattutto, come luogo dell’ascolto e dell’accettazione incondizionata. Spesso il desiderio di combattere la solitudine, anticamera di pericolose depressioni, è la prima leva che induce l’anziano a entrare nella farmacia di quartiere e a creare con il proprio farmacista di fiducia, quel rapporto interpersonale che può rivelarsi così efficace da rendere ogni impercettibile cambiamento della sfera affettiva, più incisivo di quello cognitivo. Emerge chiaro il valore della prossimità e della vicinanza capillare della Farmacia nei confronti del cittadino in generale, ma in particolare se anziano. Dal piccolo centro rurale o montano, alla grande città, lì non ci sono liste di attesa, lì si può entrare in qualsiasi momento, direttamente dalla strada, aprendo semplicemente una porta, anche solo per parlare o chiedere aiuto. Forse prima ancora dell’acquisto di un farmaco, o di un consiglio sul suo uso corretto, un anziano ha bisogno di sentirsi compreso, amato e protetto. Una persona ancora degna di essere ascoltata, rispettata e soprattutto accolta con un rapporto caldo ed efficace, indipendentemente dal proprio stato di salute. Al crescere dell’avanzamento della vita media della popolazione, il rapporto umano e professionale al banco della farmacia, rappresenta un tassello insostituibile nel mosaico di servizi che ruotano attorno alla persona anziana e alle sue fragilità. Gli anziani, d’altro canto hanno grandi attese nei confronti della "loro" farmacia, soprattutto di fronte alla difficoltà che incontrano nell’orientarsi all'interno di un Servizio sanitario nazionale articolato e complesso. Parole chiave: accoglienza, rapporto, empatia, fragilità, prossimità Introduzione Interventi riabilitativi mono strategici (diretti e indiretti) e multi strategici (indiretti) nella malattia di Alzheimer Gabriele Carbone, Neurologo, Responsabile Medico Centro Demenze – Unità Alzheimer Italian Hospital Group Guidonia – Roma Abstract: Data l'attuale mancanza di terapie che possano modificare la presunta patogenesi dell’AD, la comunità scientifica è stata stimolata a esplorare l’efficacia d’interventi riabilitativi per gestire le manifestazioni di questa sindrome demenziale con l’obiettivo di ritardare il declino cognitivo e funzionale, ridurre i disturbi psichici e comportamentali e così migliorare la qualità di vita del malato e della sua famiglia. Appare evidente che l’obiettivo degli interventi riabilitativi cognitivi e funzionali per un malato di Alzheimer non può essere quello della “restitutio ad integrum”, per la natura degenerativa progressiva della malattia, ma è sicuramente quello di massimizzare la capacità di mantenere le autonomie funzionali del paziente nel proprio ambiente con i limiti imposti dalla patologia, dal danno funzionale e dalle risorse disponibili. La base concettuale a sostegno degli interventi riabilitativi è sostenuta da due peculiarità del tessuto nervoso la neuroplasticità e la ridondanza cellulare (riserva funzionale). Gli interventi riabilitativi utilizzabili per i malati di Alzheimer possono essere suddivisi in diretti, quando sono effettuati sul malato, e indiretti, quando si agisce sulla famiglia e sull’ambiente in cui vive il malato. Gli interventi riabilitativi diretti possono essere poi distinti in monostrategici e multistrategici, le azioni riabilitative indirette comprendono gli interventi psicoeducazionali e ambientali. Parole chiave: Alzheimer, demenza, riabilitazione Malattie dementigene, fragilità e finitezza umana: il rispetto della dignità dell’anziano come termometro della maturità e della decenza sociale Fabio Cembrani, Direttore U.O. di Medicina Legale, Azienda provinciale per i Servizi sanitari di Trento Introduzione Abstract: L’Autore affronta la questione della demenza, della fragilità dell’anziano e della finitezza in relazione alla dignità umana. Che l’Autore non considera un optional ma un’idea complessa che qualifica la maturità della società moderna messa oggi in tensione dalla crisi economica internazionale, dalla perdurante perdita di valori, dalla povertà, dal terrorismo, dalle disuguaglianze e dalle discriminazioni. Egli discute, così, il diritto della persona demente ad essere rispettata, ad essere informata, a non essere discriminata e a decidere liberamente anche in maniera anticipata rispetto alle scelte di fine-vita. Parole Chiave: Demenza, dignità, non discriminazione, rispetto. La famiglia e il malato di Alzheimer: una difficile convivenza Dalla rabbia alla tenerezza Carmela De Bonis, Presidente Associazione Alzheimer Roma Onlus, affiliata alla Federazione Alzheimer Italia. Abstact: Chiunque abbia esperienza in questo ambito infatti, sa che la Demenza coinvolge non soltanto la persona malata, ma sancisce anche la transizione del familiare verso il ruolo di caregiver, un ruolo destinato a durare nel tempo e che alcuni Autori considerano una vera e propria carriera. Quasi sempre il caregiver è una persona inesperta di assistenza, che deve necessariamente occuparsi del proprio congiunto malato, una persona che non riesce più a gestirsi autonomamente. Si preoccupa quindi di rispondere ai suoi bisogni fisici, psichici e sociali, garantendo una cura continua e costante. Dall’altro lato il caregiver deve fare i conti anche con le proprie paure, dolore, disagio; deve quindi affrontare tutte le difficoltà legate al suo nuovo ruolo, quali cambiamenti, perdite economiche, riduzione del tempo libero, aumento dello stress quotidiano. i caregiver sviluppano comportamenti diversi: si passa dalla negazione della malattia, che comporta il rifiuto e la non accettazione della condizione del malato, alla rabbia, all’ansia per il coinvolgimento continuo, alla depressione, all’angoscia e alla frustrazione. Per i familiari si delinea quindi un percorso lungo e complesso; i disturbi comportamentali e cognitivi del malato sono infatti difficilmente accettati, come accade quando non vengono riconosciuti dal proprio caro. Parole chiave: caregiver, inclusione vs esclusione, volontari, rabbia, colpa Introduzione "Onora il volto del vecchio" (Levitico 19,32). Sapienza biblica per una solidarietà intergenerazionale responsabile. Prof. Leonardo De Chirico, pastore evangelico a Roma e direttore del Centro Studi di Etica e Bioetica. Abstract La famiglia nella Bibbia è una comunità di affetti e di reciproca appartenenza tra i componenti caratterizzata da un solido legame tra le generazioni. Da un lato i genitori sono coloro che trasmettono la vita ai figli. Ciò non ha un significato meramente biologico, ma riveste un ruolo prominente di “passatori di vita” (Lacroix, 2005). Crescendo, questi andranno a custodire i passaggi delicati della vita dei più anziani i quali, a loro volta, continueranno a rappresentare un’istanza di memoria di una narrazione vitale che prosegue. In questo modo, la vita è un dono che si condivide in un’ottica di circolarità generosa e di reciprocità generazionale. Parlare di famiglia e di relazioni di rispetto fa entrare in un campo minato. La relazione tra uomo e donna, tra marito e moglie è sempre tanto importante quanto critica e soggetta a tante distorsioni. Lo stesso dicasi delle relazioni tra genitori e figli, per non parlare più in generale di rapporti sociali tra generazioni diverse. Quello delle relazioni tra marito e mogli, genitori e figli, datori di lavoro e subordinati sono campi di vita così fondamentali, ma così distorti che hanno bisogno di essere trasformati dalla buona e bella notizia di Gesù Cristo. Parole chiave: famiglia, legame intergenerazionale, rispetto, saggezza, sottomissione, bellezza, onore Lo stigma della vita d’argento Laura Dryjanska Abstract: Nel nostro percorso di vita dovremmo talvolta fermarci e tentare di rispondere alla domande: cosa significa essere anziano? Esistono varie fasi o tappe della vecchiaia? Il dibattito, in inglese chiamato “nature versus nurture”, riguarda proprio questo: fino a quale punto siamo programmati nel nostro Introduzione DNA, che cosa possiamo cambiare o migliorare? Ma a volte le risposte più attuali paradossalmente si trovano leggendo i pensatori nati centinaia di anni fa e abbiamo scelto di andare sulla Sila, dove Gioacchino nel dodicesimo secolo fondò la Congregazione Florense (Bitonti, 1998). Il capolavoro dell’iconografia gioachimita – ripreso anche da Dante Alighieri nell’immagine del Canto XXXIII del Paradiso – sono i cerchi trinitari (Bitoni, 1998) che rappresentano molteplici significati, tra cui il più contemplato paradigma trascendente della Trinità della Persona che rinchiude in se la storia umana, divisa in tre età. In linea con la visione di Gioacchino della storia del mondo, possiamo interpretare la famosa Tavola XI come la rappresentazione avvincente della solidarietà intergenerazionale. L’universo argento in questo caso corrisponderebbe all’ultimo cerchio, rileggendo il dinamismo trinitario non solo in chiave di evoluzione della storia umana, ma anche in chiave di rapporti tra le generazioni, dove la grazia è più abbondante nella terza età. Tale visione “rivoluzionaria” di essere anziani sfida lo stigma direttamente, rivelando la falsità e pochezza degli stereotipi negativi, ma dà anche la speranza e gioia piuttosto che paura, quando ogni essere umano affronta la prospettiva della propria vecchiaia. Un’interpretazione forse azzardata dei cerchi trinitari di Gioacchino, il medioevale abate di Fiore, ha puntato sul fatto che in tutto il mondo e attraverso i secoli, la solidarietà intergenerazionale ha persistito. La sua iconografia dimostra che nonostante alcune retoriche politiche la solidarietà intergenerazionale si adatta a far fronte alle realtà demografiche contemporanee. L’immagine dei tre cerchi, carica di significati teologici legati alla Trinità, ma anche alle tre età, può, a nostro avviso, portare verso una visione di solidarietà intergenerazionale che distrugge lo stigma, facendolo sembrare piccolo e ridicolo. Parole chiave: solidarietà intergenerazionale, invecchiamento attivo, stigma, Abate Gioacchino Star bene: una conquista di ogni giorno Marzia Giua, Psicoterapeuta, Consulente della Procura della Repubblica di Roma Abstract: Il verdetto del Social Progress Index, dell'Università di Harvard per misurare la qualità della vita in 133 paesi valutando - oltre il prodotto interno lordo - 58 parametri "sociali" tra cui la tutela dell'ecosistema, la sicurezza, la Introduzione sanità, la libertà politica e d'espressione ed l’accesso a educazione e risorse, sul nostro Paese, secondo l’edizione 2015 dello studio, non è certo confortante: siamo al 31esimo posto della graduatoria. La testa della classifica del Social Progress Index è appannaggio dei soliti noti: nell'ordine Norvegia, Svezia, Svizzera, Islanda e Nuova Zelanda. Vogliamo sottolineare che le strutture territoriali deputate ad assistere, definire e risolvere i malesseri dell’individuo sono troppo incentrate sul tema: malessere-medicina-guarigione, anche perché, nonostante ormai un decennio di prove a suo favore, non esiste l’indispensabile affiancamento dello Psicologo di base o meglio lo Psicologo delle Cure Primarie sul territorio, con indubbi e misurabili effetti di risparmio per le casse del SSN. (ISTAT 2015). Ma allora perché non promuovere la prevenzione, con la consapevolezza che, almeno, porti a pensare che se intercetto preventivamente dei disagi psicologici, forse prenderò meno farmaci e complessivamente starò comunque meglio almeno in una buona percentuale di casi? Ritardando gli esiti più nefasti di molte sindromi neurodegenerative, forse la medicina, quella con la M maiuscola, potrà nei prossimi anni trovare delle soluzioni. (Global Health Observatory (GHO, 2015). Parole chiave: Psicologo di base, Prevenzione, Alzheimer, Progetti, Rotary Care for Elderly People in Malta George (Gino) Pavia, Assistant Director, Department for the Elderly and Community Care within the Ministry for the Family and Social Solidarity, Malta Abstract: Malta non è un'eccezione per l'invecchiamento della popolazione. Malta è stato uno dei primi paesi, nel 1968, a sollevare la questione dell'invecchiamento della popolazione come argomento di interesse mondiale. La popolazione totale di Malta, alla fine del 2012, secondo il rapporto sul censimento della popolazione 2011, è pari a 421.364. Nel 2012, quasi un quarto di questa popolazione totale (102.026) ha 60 anni e oltre. L'obiettivo principale del Dipartimento per gli anziani e Community Care è quello di fornire una gamma di servizi di assistenza e altri tipi di servizi in base alle esigenze delle persone anziane che ancora vivono nella comunità, così come le persone anziane che vivono in residenze di cura a lungo termine. La recente pubblicazione National Strategic Policy for Active Ageing: Malta 2014-2020 si fonda su tre temi principali ossia la partecipazione attiva al mercato del lavoro, la partecipazione alla società, la solidarietà tra le generazioni e la vita Introduzione indipendente. L'autore analizza il problema dell'invecchiamento della popolazione a Malta, dei servizi per anziani, l’assistenza a lungo termine, e le iniziative derivanti dal National Strategic Policy for Active Ageing: Malta 2014-2020. Parole chiave: Community Care, assistenza a lungo termine, politiche strategiche nazionali, inclusione sociale. Gli immigrati e il sistema pensionistico italiano: situazione attuale e prospettive Franco Pittau, Presidente onorario del Centro Studi e Ricerche IDOS Abstract: In Italia non sono stati numerosi gli studi dedicati all’accesso degli immigrati al sistema pensionistico. Senz’altro, oltre alle circolari sulle disposizioni applicative della normativa e agli altri contributi dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale (INPS), non sono mancati i commenti agli orientamenti della giurisprudenza e le pubblicazioni degli istituti di patronato, mentre l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali si è occupato delle infrazioni al principio delle pari opportunità. Tuttavia, non è stata sufficiente l’attenzione prestata al futuro degli immigrati stranieri dopo il ritiro dall’attività lavorativa e alla condizione socio-giuridica su cui si basa. Eppure il sistema di sicurezza costituisce parte essenziale della politica migratoria, durante lo svolgimento della carriera lavorativa attraverso le prestazioni temporanee (in caso di malattia, infortunio, perdita del lavoro e a sostegno dei carichi familiari) e dopo il ritiro dall’attività attraverso le prestazioni pensionistiche, soggette a specifiche criticità in caso di rimpatrio in Paesi non legati all’Italia da convenzioni previdenziali. Parole Chiave: sistema pensionistico, immigrati, andamento demografico Elementi di valutazione sulla protezione sociale delle persone anziane nel mondo Marco Ricceri, Segretario Generale EURISPES Introduzione Abstract: La solidarietà intergenerazionale proiettata sulla protezione e tutela delle persone anziane trova un punto di riferimento fondamentale innanzitutto nelle valutazioni, orientamenti e indicazioni di percorso elaborate dall’ Organizzazione Internazionale del Lavoro – I.L.O., secondo il quale “mentre il bisogno di protezione sociale è ampiamente riconosciuto…il diritto umano fondamentale ad una sicurezza sociale resta inapplicato per la grande maggioranza della popolazione mondiale”. Partendo da questa constatazione, l’Autore illustra e commenta i risultati del più recente Rapporto 2014/2015 sulla Protezione Sociale nel Mondo mettendo in luce le grandi criticità che stanno emergendo con il progressivo e diffuso invecchiamento delle società contemporanee, le difficoltà crescenti a garantire alle persone anziane delle condizioni adeguate soprattutto nella sicurezza dei redditi e nella tutela della salute, gli effetti di un progressivo allargamento delle situazioni di precarietà. Ulteriori elementi di approfondimento riguardano le strategie dell’Unione Europea che sono orientate sull’asse strategico del sostegno all’invecchiamento attivo e del governo italiano che privilegia un lettura positiva della fase di invecchiamento, cercando di promuovere un adattamento dell’intera società per far fronte nel miglior modo possibile a questa inedita situazione. Secondo le esperienze estere più aperte ed avanzate, si conferma che la solidarietà intergenerazionale può trovare le condizioni per esprimersi concretamente ed al meglio solo nell’applicazione di un approccio al problema che ne affronti con coraggio e lungimiranza la sua natura realmente complessa. Parole chiave: Anziani e protezione sociale – redditi di sicurezza - Invecchiamento attivo – ITC per anziani – famiglia e servizi pubblici di assistenza La complessità del mondo degli anziani e le possibili risposte di una società che li rispetta Marco Trabucchi, Dipartimento di Medicina dei Sistemi, Università di Roma Tor Vergata- Gruppo di Ricerca Geriatrica, Brescia. Abstract: Il processo di invecchiamento della popolazione non oscura le differenze e le specificità che caratterizzano la vita del singolo individuo. Il tempo non induce solo perdite sul piano biologico ed umano, ma incide sulla vita in modo assolutamente unico. In questa luce la comunità non deve pensare agli anziani come ad una popolazione indistinta, ma considerare le loro Introduzione esigenze come assolutamente individuali. Ciò non è facile, perché richiede raffinati strumenti di lettura sia della condizione oggettiva che soggettiva, nonché modelli interpretativi adeguati. Un approccio nuovo rispetto a quelli del recente passato è però necessario per evitare che il “peso dei vecchi” divenga insopportabile per le società contemporanee. Parole chiave: complessità, personalizzazione, risposte sociali Postfazione: Puntare sull’engagement dei pazienti anziani e dei loro caregevers per la promozione della salute e l’innovazione sanitaria Albino Claudio Bosio e Guendalina Graffigna (Facoltà di Psicologia, Università Cattolica del Sacro Cuore- Milano) Abstract: Il progressivo invecchiamento della popolazione e il conseguente aumento delle patologie croniche porta il sistema sanitario a rivedere profondamente i suoi modelli organizzativi per garantire non solo efficacia clinica ma anche sostenibilità economica delle cure. In questo scenario, l’opzione per una medicina partecipativa, ovvero in cui l’attivazione e il coinvolgimento del paziente e dei suoi network sociali è favorita come partner del sistema esperto di cura, si configura come una risorsa preziosa per il mantenimento di un rapporto bilanciato fra domanda e offerta di salute. In particolare, possiamo considerare oggi la prospettiva del patient & caregiver engagement come un’ipotesi progettuale che sta mettendo alla prova le sue possibilità di generare buona ricerca e buone pratiche in ambito sanitario. Quali condizioni possono sostenere uno sviluppo virtuoso del progetto? Gli esperti a vario titolo del mondo sanitario sono chiamati a interrogarsi sul punto e ad intrecciare linee di collaborazione per tratteggiare convincenti risposte. Parole chiave: sostenibilità del sistema, patient engagement, patient centered care, coinvolgimento attivo Ringraziamenti Per il ruolo che ha avuto il Prof. Vladimir Hachinski nel promuovere la pubblicazione di questo volume e nel pensare a come il Rotary potesse avere un ruolo propositivo e determinante nella diffusione del concetto di prevenzione, per ora unica arma con l’Alzheimer, così come per il sostegno di amicizia e condivisione di quanto qui preparato in molti mesi di duro lavoro, da parte del Prof. Antonio E. Puente, gli Editors, Laura Dryjanska e Roberto Giua, vogliono qui segnalare i loro eccezionali profili scientifici così come quello dell’amico Claudio A. Bosio, Preside della Facoltà di Psicologia dell’Università Cattolica di Milano, che chiude questo volume. Vladimir Hachinski Prof. Vladimir Hachinski received his MD from the University of Toronto. After completing his residency training at the same university, he undertook a Cerebrovascular Laboratory fellowship at the National Hospital for Nervous Diseases at Queen Square in London, England with Professor John Marshall and a research fellowship at the Department of Clinical Physiology with Professor Niels Lassen, Bispebjerg Hospital in Copenhagen, Denmark. Hachinski is Professor of Neurology and Distinguished University Professor at Western University, He founded, with John W. Norris the first successful acute stroke unit which has become the standard of care and with David Cechetto discovered the key role of the insula of the brain in mediating cardiac arrhythmias and sudden death. He introduced the concepts and terms multiinfarct dementia, leukoaraiosism, brain and risk stage and vascular cognitive impairment and devised the Hachinski ischemic score, the standard for identifying a vascular (treatable) component of cognitive impairment. (over 2300 citations) Hachinski was Editor-in-Chief of the journal Stroke, the leading publication in the field for an unprecedented 10 year term from 2000-2010. He introduced 9 international editions and a unique author mentorship program. He has contributed over 800 scientific papers, book chapters, editorials and other scholarly publications, with over 31,000 citations and an H-Index of 83. He is the author, co-author or editor or co-editor of 17 books including Stroke: A Comprehensive Guide to Brain Attack, co-authored with his daughter Larissa Hachinski, written to increase public awareness of brain attack, a term coined by Dr. Hachinski to help drive home the urgency of strokes. He has received 4 honorary doctorates, the Mihara International Award, World Stroke Organization Leadership in Stroke Medicine Award, the Premier's Discovery Award in the Life Sciences and Medicine for "ground breaking research on relationship between stroke and Alzheimer disease". Dr. Hachinski was the founding Chair of the International Society for Vascular Behavioural and Cognitive Disorders, past Vice President of the World Stroke Organization, President of the World Federation of Neurology, 2010-2013 and Founding Chair World Brain Alliance (comprising the major world brain organizations). He is Vice President of the World Stroke Organization. He was awarded the 2011 International BIAL Merit Award in Medical Sciences for a monograph on "The Long Fuse: Silent Strokes and Insidious Alzheimer Disease" and in 2012 a Doctor honoris causa from the Russian Academy of Medical Sciences. In 2008 he received the Order of Canada and in 2013 the Order of Ontario and the Queen Elizabeth II Diamond Jubilee Medal. He was the 2013 Paddison Lecturer and was awarded the Chancellor's Award Lecture in Neuroscience and Neurology for his "contributions to neurological sciences and for outstanding academic leadership" at the University of Louisiana. Dr. Hachinski was the Allan & Maria Myers International Visiting Fellow for 2014 at the Florey Institute in Melbourne, Australia and was the 2014 Brain Scholar, Cambridge, Oxford and London UK Universities. In 2014 he was elected member of the Royal Society of Canada. Clinical Trials: he is co-principal investigator of a Canada wide CIHR funded multi-center study led by Richard Chan, using trained volunteers to work with high-risk patients for better control of blood pressure and other vascular risk factors to prevent stroke and cognitive decline. Preventing dementia: by preventing stroke Hachinski Ischemic Score as an identifier of pure Alzheimer disease. Neuroscience: Handedness and brain patterns of cardiovascular control Antonio E. Puente Antonio Puente, Ph.D., Professor of Psychology at the University of North Carolina Wilmington, was elected 2017 president of the 125,000-member American Psychological Association (founded in 1892). The American Psychological Association (APA) is the leading and largest scientific and professional organization that represents psychologists in the United States. APA’s mission is to advance the creation, communication and application of psychological knowledge to benefit society and improve people’s lives. Born in La Habana, Cuba, Puente received his undergraduate degree in psychology from the University of Florida and his master’s degree and Ph.D. from the University of Georgia. He has lectured in more than a dozen foreign countries and holds appointments as a visiting professor at the Universidad de Granada (Spain) and UCLA. He has taught at UNCW since 1981 and prior to that at St. George’s University School of Medicine (neuroanatomy). His primary teaching activities include Brain and Behavior, Clinical Neuropsychology and History of Psychology. Puente is founding director of UNCW’s Centro Hispano. He has taught over 8,000 undergraduates and supervised 33 theses and 9 post-doctoral fellows. His research focuses on the interface between culture and neuropsychology and he collaborates regularly with colleagues in Russia, Spain and Latin America. Puente founded and edited the journals Neuropsychology Review and Journal of Interprofessional Education & Practice as well as a book series (33 books) in neuropsychology. He is the author of 8 books, 78 book chapters and 102 journal articles (in English, Spanish and Russian). In addition to activities at UNCW, Puente maintains a private practice in clinical neuropsychology, ranging from clinical to forensic assessments. He also is the founder and co-director of mental health services at the Cape Fear Clinic, a bilingual health center serving the poor and uninsured. A longtime member and recent past president of the clinic’s board of directors, he holds the title of president emeritus. Puente is completing his second term on the Editorial Panel of the American Medical Association’s Current Procedural Terminology. He served as APA’s advisor to the panel from 1992-2007. Puente was a Fulbright Scholar in 1983 in Argentina and received the APA’s Distinguished Professional Contributions to Independent Practice in 2011. A member of the APA since 1979 and fellow of nine divisions, he also has served as president of the N.C. Psychological Association, the N.C. Psychological Foundation, the Hispanic Neuropsychological Association, the National Academy of Neuropsychology, and the Society for Clinical Neuropsychology. In his new leadership role, Puente’s focus will be to erase the divide between physical and mental health care as well as help fortify the APA’s role as the preeminent leader in behavioral science, pedagogy, practice and service. He have received several awards, including: Fulbright Scholar Award (1983, Argentina); University of North Carolina Wilmington's Distinguished Faculty Scholarship Award (2009); North Carolina Psychological Association's Lifetime Achievement Award (2008); APA's Karl Heiser Award (1996); Presidential Award (2006); State Leadership Award (2009); and Distinguished Professional Contributions to Independent Practice award (2011). “I believe in the ability to change systems and a dream of placing psychology in its rightful place — a leader. In this time of significant health-care change, psychology is in the best position to lead. Interprofessional integration and increased effectiveness in health care can be best achieved by emphasizing behavior, vigorous advocacy and visionary leadership. In this manner, all of psychology can be integrated and unified to show the world our true value and potential. It's time for psychology. Let us make this dream come true, together.” Claudio A. Bosio E’ professore ordinario di “Psicologia dei Consumi e del Marketing” e di “Ricerca e Intervento Psico-sociale per le Organizzazioni: Metodologia di Processo” presso la Facoltà di Psicologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Dal 2011 è anche Preside della Facoltà. Nella stessa Università è stato coordinatore della Scuola di Dottorato in Psicologia (2008-2013) e Direttore Scientifico del Master in “Metodi Qualitativi per la Ricerca Applicata all'indagine Sociale e di Marketing” (2006-2013). È autore di più di 200 pubblicazioni scientifiche prevalentemente nell’ambito della ricerca psicosociale applicata (aree principali di ricerca: psicologia dei consumi, ricerca di marketing, comunicazione sociale, pratica medica, salute, patient engagement, active and healthy aging, professionalizzazione della psicologia). Dal 1975 al 2010 è stato ricercatore in Eurisko (poi GfK Eurisko), istituto di ricerca sociale e di mercato, ricoprendo i ruoli di vice-presidente (1998-2010) e di direttore dei dipartimenti di ricerca “Salute” (1985-2005) e “Società e Politica” (2005-2010). Negli anni recenti ha inoltre ricoperto i seguenti incarichi: Direttore del Centro Studi e Formazione Assirm (Ricerche di Mercato, Sociali, di Opinione) dal 2006 al 2011; Membro del Consiglio Superiore per i beni culturali e paesaggistici - Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Roma dal 2013 al 2014; Presidente della Conferenza della Psicologia Accademica italiana (CPA) dal 2014 al 2015; Direttore scientifico della rivista Micro&Macro Marketing dal 2011 al 2015; Co-direttore della rivista Psicologia della Salute dal 2015. Ringraziamenti Gli Editors, Laura Dryjanska e Roberto Giua, vogliono infine ringraziare: Il Prof. Giuseppe Riccardo Succurro del Centro Internazionale di Studi Gioachimiti di San Giovanni in Fiore, per la gentile concessione dell’uso della Tavola dei Tre Cerchi Trinitari. Il Governatore del Distretto 2080 del Rotary International per l’anno 20182019, Patrizia Cardone, con l’augurio di un fattivo interesse al tema della prevenzione dell’Alzheimer. Il Dott. Luciano Lucanìa, Presidente della Società Italiana di Medicina e Sanità Penitenziaria 2016/2018, che ha dimostrato un grande interesse e disponibilità a indagare meglio gli aspetti di prevenzione dell’Alzheimer, sin dal Convegno di San Giovanni in Fiore, “Raccontare l’Alzheimer: la realtà, le speranze” voluto ed organizzato dalla Presidente del Rotary Club Florense, Patrizia Carbone. ***** This book would not be possible without the COST Action IS1311, Intergenerational Family Solidarity Across Europe chaired by Prof. Anne Marie Fontaine from the University of Porto. The authors wish to thank her for the guidance, suggestions and encouragement throughout the process of editing the volume.