Articolo biografico su Giuseppe Prezzolini

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Articolo biografico su Giuseppe Prezzolini
Mirko Riazzoli
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Giuseppe Prezzolini
Il giornalista e scrittore Giuseppe Prezzolini nacque il 27 gennaio 1882 a Perugia da genitori senesi.
Il padre si chiamava Luigi e aveva seguito la carriera prefettizia: fu amico dello scrittore Edmondo
De Amicis (1846-1908) e fu per suo tramite che Giuseppe Prezzolini poté conoscerlo da giovane.
La madre si chiamava Elena Pianigiani e morì dopo solo tre anni dalla nascita di Prezzolini.
Prezzolini crebbe studiando nella biblioteca del padre. Nel 1899, all'età di 17 anni, si trasferì a
Firenze, dove abbandonò gli studi liceali e conobbe in novembre Giovanni Papini (1881-1956), con
il quale nacque un'amicizia. L'anno seguente Prezzolini perse il padre.
Assieme a Papini, Ercole Luigi Morselli (1882-1921) e Alfredo Mori
firmò il Proclama degli Uomini Liberi, apparso il 12 aprile 1900,
esperienza poi conclusa nell’ottobre del 1901 per la deriva letteraria di
Mori e Morselli.
Tra il 1900 e il 1905 compì numerosi viaggi in Francia e migliorò così la
sua conoscenza della lingua francese. Durante la sua permanenza a
Grenoble iniziò a conoscere Henri Bergson (1859-1941), che lo influenzò
particolarmente, stimolando in lui la passione per la critica sociale su basi
filosofiche. Nel 1903 iniziò l'attività di giornalista ed editore, assieme a
Papini fondò a Firenze la rivista culturale “Il Leonardo” (in questa rivista
impiegò lo pseudonimo di Giuliano il Sofista), pubblicata fino al novembre del 1907 e che venne
utilizzata per la diffusione dei concetti della filosofia pragmatista, da contrapporre al positivismo e
allo scientismo ancora dominanti, vi magnificarono “la forza irrazionale e vitale dell’io” 1. La rivista
nacque con lo scopo di combattere l'accademismo e l'immobilismo della cultura ufficiale e fu una
delle riviste che in quel periodo contribuirono ad ampliare il dibattito intellettuale, come poi fecero
anche la rivista “Hermes” (fondata nel 1904) ed altre.
Prezzolini nella sua opera L’italiano inutile scrisse, indica un suo giudizio interessante che può
spiegare quali fossero le sue motivazioni per l’attività culturale e giornalistica portata avanti da
queste riviste, secondo lui “tutto era mediocre, e indegno del passato e inferiore a quello che si
faceva di là dalle Alpi e oltre Oceano”2.
Prezzolini ne “Il Leonardo” condusse l'attività di critico letterario, assieme a Papini, attività che
secondo Luti “non lasciò segni di novità e di mutamento se non nella direzione di una violenta
contestazione dell'erudizione positivistica considerata meramente accademica, frutto di una società
ormai logora, incapace di esprimere nuove identità”
La rivista “Il Leonardo”, inizialmente aperta all'idealismo e inizialmente appoggiata da Croce 3, poi
passata ad un'impostazione antidealista (identificando Gentile come principale esponente
dell’idealismo italiano) e progressivamente al pragmatismo, in seguito al mutare della composizione
della redazione e dei collaboratori, mutamento di linea rigettato con una certa asprezza da
Prezzolini ed anche da Papini che, nella lettera con la quale annunciarono la loro rottura con la
rivista, scrissero:
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Ferroni, Storia della letteratura italiana Volume 3, pag.530.
L’italiano inutile, pag.93.
In seguito si oppose anche all'interpretazione dell'idealismo data da Giovanni Gentile.
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Il “Leonardo” deve sopportare il destino di tutte le cose che hanno una certa fortuna. Finché
s'è in pochi e si combatte da solo contro tutti, non ci son pericoli di transazioni e di
degenerazioni. Appena si ricomincia a far del rumore la gente viene intorno e i curiosi, gli
snobs, gli interessati, gli arrivisti, gli adulatori, i paurosi, si mettono in un terribile circolo
vizioso […]. Per tre volte abbiamo accolto con noi uomini diversi e per tre volte abbiamo
dovuto riconoscere l'impossibilità delle mescolanze. Il primo connubio è stato quello coi
letterati e coi pittori che finì subito, grazie alla fondazione dell'effimero “Hermes” - il secondo
è stato coi logici, coi matematici e cogli analitici, i quali si sono resi intollerabili per la loro
mancanza di tolleranza e per la loro incapacità di comprendere il lato artistico e avventuroso
della nostra opera – il terzo cogli occultisti dai quali, fin dall'ultimo numero, si siamo
definitivamente staccati.4
Collaborò sin dal primo numero, sempre impiegando lo pseudonimo di Giuliano il Sofista, al
giornale nazionalista “Il Regno” (1903-1906), rivista fondata da Enrico Corradini (1865-1931) ove
associò la critica politica e filosofica e ove lavorò assieme ad altri intellettuali che formavano, come
lui stesso scrisse, “una minoranza di eretici che ha il coraggio di deridere le sacre credenze della
religione umanitaria”5, la cui denuncia poteva essere condotta solo da un'aristocrazia, che
denunciasse anche i pericoli dell’avanzata del socialismo. L’esistenza di questa aristocrazia trovava
giustificazione secondo Prezzolini nella “presente necessità politica” e non in una teoria scientifica
come teorizzava Pareto6, al quale fu Prezzolini stesso a far conoscere il giornale inviandogli una
copia. Su questo giornale pubblicò il 5 giugno 1904 l’articolo La menzogna parlamentare, nel quale
Prezzolini criticò vari aspetti del liberalismo, riteneva l’introduzione del sistema parlamentare
liberale come strumento per rappresentare la collettività della nazione, la causa del persistere di una
frattura tra il regime legale e la realtà del paese.
Collaborò anche al giornale “Idea liberale” ed alla rivista fiorentina di critica e letteratura –
estetizzante e dannunziana7 - “Hermes”, diretta da Giuseppe Antonio Borgese (1882-1954). Sempre
in questo periodo pubblicò i suoi primi scritti e stabilì rapporti epistolari con Vilfredo Pareto (18481923). Il 19 marzo 1905 si sposò a Milano con la milanese Dolores Faconti (1881-1962) e si trasferì
a Perugia. Questo stesso hanno Gentile e Croce lo invitarono a collaborare assieme a Papini alla
nuova collana “Classici della filosofia moderna” edita da Laterza.
Già sul “Leonardo” iniziò una sua analisi polemica della borghesia italiana e del suo ruolo
nazionale, nel 1903 vi pubblicò l’articolo firmato con Giuliano il Sofista Decadenza borghese, nella
quale criticò la sua inazione rispetto alle azioni dei socialisti, esaltando anche la funzione della
guerra, e scrisse “Mancanza di reazione, significa morte prossima […] noi crediamo con Eraclito la
guerra genitrice di tutte le cose; la borghesia invece affretta la propria distruzione, si compiace allo
spettacolo della propria decadenza, e col plauso e col denaro sostiene coloro che più valgono ad
abbatterla; son forse proletari – io mi domando – i centomila e più lettori di Ottavio Mirambeu, che
nei suoi romanzi da bordello cercano il ritratto delle proprie coscienze, e gli infiniti uditori dei
drammi di Ibsen che schiaffeggia la borghesia, e tutti coloro che si dichiarano ammiratori del
contadino semi-barbaro che da Jasnaia Polania invade l’Europa di corruzione evangelica? […] La
borghesia destinata a perire avrebbe davanti a sé aperta una nobile via; ma non la sceglierà. Di
fronte alla proclamazione dei suoi nemici della lotta di classe – che tale non è perché la borghesia
subisce e non combatte – condurre apertamente e disperatamente, con tutte le sue forze e con tutti i
mezzi, la guerra, assurgere a coscienza di aristocrazia e preferire la bella morte della battaglia al
lento imputridire della senilità. Ma la borghesia è incapace di questo, ed è anche incapace di una
Vandea futura; perciò sul suo cadavere il filosofo innalzerà un monumento di infamia, e scolpirà
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Luti, Introduzione alla letteratura italiana del Novecento, pag.119.
Lyttelton, La conquista del potere, pag.590.
Lyttelton, La conquista del potere, pag.30.
Luti, Introduzione alla letteratura italiana del Novecento, pag.118.
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parole di vergogna per quella che si è tolta la vita.”8.
Per Prezzolini, quindi, la politica giolittiana delle concessioni e della ricerca di un accordo con i
socialisti era da respingere, la sua strategia venne così delineata nel 1904 su “Il Regno”,
nell’articolo A chi giova la lotta di classe?: “Bisogna che essa [la borghesia] scompagini il piano di
questi valorosi socialisti che si sono voluti dare il lusso di una guerra col comodo però di un
avversario-bersaglio che sta sempre a pigliarle senza mai renderle. Bisogna che essa faccia
diventare realtà quella che finora è stata solo odiosa predicazione, cioè ‘la lotta di classe’, ma con
l’intento appunto di farla cessare. Quando un avversario provoca e dopo aver provocato viene
all’assalto, il miglior modo di ottenere la pace è di combatterlo e vincerlo”9.
Il 22 maggio del 1904 su “Il Regno”, tornò sulla sua polemica con la borghesia e pubblicò un
importante articolo nel quale indicava quelli sono secondo lui erano i mali che affliggevano l'Italia,
articolo intitolato Le due Italie:
C’è un’Italia di fatti e un’Italia di parole; una d’azione, l’altra di dormiveglia e di chiacchiera; una
dell’officina, l’altra del salotto; una che crea, l’altra che assorbe, una che cammina, l’altra che
ingombra. In Italia (abbiamo il coraggio di confessarlo) il parlamento è un’accademia lucrosa, i deputati
sono cinquecento retori, i discorsi politici vaniloqui, ideologie, fraseologie. Noi non andiamo già avanti
perché abbiamo ministri e impiegati, ma andiamo avanti malgrado i ministri e gl’impiegati. I nostri
uomini politici non sono vele, né timoni, ma zavorra; impicciano non spingono né dirigono.
Montecitorio è il più grave dei pesi italiani; e la borghesia è la più falsa aristocrazia che esista perché
aristocrazia inutile. Per fortuna c'è un'altra Italia; ma perché non sa parlare nessuno la conosce; ma
perché non sa girare periodi sonanti e altri scaltri ragionamenti nessuno se ne avvede. È la borghesia
che vince i premi alle esposizioni, che lotta ne' mercati stranieri, che osa incanalare acque, piantare
mulini, inalzare [sic] fabbriche, sfidare l'inerzia e gli ingombri del governo e la malevolenza e gli odi
delle plebi e dei demagoghi. Essa fa e va, forse senza saperlo, ma intanto unica ragione e sorgente della
nostra forza e grandezza.
Tutti siamo d’accordo nel riconoscere il miglioramento dell’Italia fatto nell’ultimo decennio. L’Italia
non è più il paese degli organetti e degli straccioni, degli alberghi a buon mercato, delle mance e dei
briganti, delle donne facili e dei manicaretti gustosi. […]
Oseremmo dire che dobbiamo ciò all’Italia di Montecitorio, trasformato in botteghino di impieghi, e
occupato da ladruncoletti come Nasi o da nullità ben vestite come Tittoni?[…]
Gli autori ci sono, ma non sanno e non sentono d’esserlo. Sono nel porto di Genova, nelle officine di
Milano, presso le cascate di Terni: sono dovunque ferve la vita pratica, economica, nazionale. E sono
anche in parte nelle migliaia di nostri conterranei, che parlano e pensano italianamente all’estero, e
potrebbero farlo infinitamente più se condotti, guidati, illuminati da qualche mente di non breve veduta
e di grande energia10
Secondo lui la borghesia sana non era riuscita a sviluppare il suo reale potenziale e questo, scrisse
sempre nel 1904 in risposta ad una lettera di Alfredo Pareto non perché “è la potenza che manca alla
borghesia; essa avrebbe per sé e la tradizione, e lo Stato, e la Chiesa; essa comprende le ricchezze
intellettuali... Ciò che è mancato finora alla borghesia italiana, è stato l'esempio e una voce di forza:
cioè un uomo”11.
Verso la fine del 1905 sul “Leonardo” venne anche annunciata la nascita della collana “Biblioteca
del Leonardo”, nella quale venne pubblicato il suo scritto Il Centivio.
Le tesi politiche presentate nel “Leonardo” vennero poi sviluppate, in parte modificata, attraverso il
giornale del “idealismo militante”, come recitava il sottotitolo, “La Voce”12 nato nel dicembre del
1908, nel quale Prezzolini definì Croce e Gentile amici e maestri “perché iniziarono in Italia quel
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De Felice, L’età giolittiana, pag.230.
Duggan, La forza del destino, pag.433.
De Felice, L’età giolittiana, pag.234-5.
De Felice, L’età giolittiana, pag.233.
Questa rivista raggiunse una tiratura massima di cinquemila copie.
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movimento di idee al quale noi pretendiamo riallacciarci”13 ed invitandoli anche a collaborarvi, ma
senza successo.
Questo giornale fu lo strumento per una campagna in favore della creazione di un “partito degli
intellettuali” e formare una “nuova coscienza nazionale”14. Per la sua formazione secondo
Prezzolini, come scrisse in una sua lettera diretta a Papini, questa rivista aveva il compito “di
radunare dei giovani, di formare un pubblico, di preparare dei materiali, di educare le menti: fra un
cinque anni si sarà già fatto un bel po'”15, questo questo per potersi opporre all'egemonia giolittiana,
sia politica che culturale, alla decadenza e corruzione del sistema parlamentare 16. Questo fu il primo
periodico italiano a mettere “in scena l'intellettuale novecentesco inteso come l'intellettuale la cui
dichiarata volontà d'intervento e di pressione nella vita pubblica passa attraverso le riviste culturali
e letterarie.”17
Sin dal 1909 su questo giornale si occupò della questione della scuola e al dibattito sulla sua
riforma, invitando a collaborare per questo argomento Lombardo Radice, Salvemini e Ungo Guido
Mondolfo, oltre a Gentile.
Qui continuò la sua campagna politica di critica verso le istituzioni e la politica contemporanea,
scrivendo, l’11 agosto 1910 nell’articolo I fatti di Romagna, Giovanni Borelli, la rettorica di Roma
e il nazionalismo, che “Roma è la sanguisuga centrale dell’Italia […] la causa fondamentale d’ogni
nostra deficienza economica, morale e intellettuale […] la Mecca di tutti gli spostati e di tutti i vinti
[...] I pesci cominciano a puzzar dalla testa, e l’Italia comincia a puzzare con Roma”, questa città
poteva per lui opporre solo aspetti deteriori della politica alla Napoli culla della filosofia e alla
Bologna sede degli insegnamenti di Carducci, all’industriosità di Milano e Genova. Poi attaccando
la società contemporanea ed elencandone i difetti, il 20 agosto 1910: “La mancanza di disciplina; lo
sbiadito senso del dovere; l’incuranza della precisione; l’indifferenza per gli impegni assunti; la
poca o punta iniziativa; il debole risentimento per la sporcizia”18.
Sempre nel 1910, in un articolo apparso il 1° dicembre intitolato Nel settimo anniversario della
nascita del “Regno”, analizzò una delle forze politiche che contrastavano con il regime politico
giolittiano ovvero il nazionalismo di Corradini. Qui scrisse: “Tutto quel che era ricordo di Roma
imperiale; fracasso e rullio di frasi sull’Italia; concezione vaga di forza della ‘stirpe’, di ‘destino’, di
‘latinità’, di ‘barbari da respingere’, di ‘leggi della vita nazionale’; imprecisione di cognizioni sui
fini e sui frutti della vita spirituale e materiale italiana; estetismo di periodo e di gesto e
immaginazione frondosa; era proprio, spontaneo, naturale prodotto del gruppo che faceva capo ed
aveva le abitudini e l’educazione tutta letteraria di Enrico Corradini”19.
Nel 1908 intervenne sul dibattito in corso all’interno della chiesa cattolica sulle tesi moderniste
pubblicando due libri, Il cattolicismo rosso e Cos’è il modernismo, nei quali assumeva posizione in
favore di questa corrente.
Trascorse poi alcuni periodi a Parigi, dove entrò in contatto con alcuni esponenti della cultura e
politica francese più che delle avanguardie artistiche, fra cui Georges Sorel (1847-1922), Charles
Péguy (1873-1914) e Romain Rolland (1866-1944).
Nel 1907 pubblicò il libro L'arte di persuadere, vi postula le nuove caratteristiche che avrebbe
dovuto assumere la professione di giornalista, inteso come persuasore e “interventista culturale,
cosciente dell'impatto che le nuove forme conoscitive ed espressive introdotte dalla pubblicità
stavano esercitando sulla tradizione letteraria”20. Questo stesso anno iniziò a dirigere, presso
l’editore napoletano Perrella, la collana “Poetae Philosophi et Philosophi Minores”.
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Citato in Contini, La letteratura italiana: Otto-Novecento, Milano, pag.240.
La Voce, 1908-1913, pag.254.
Asor Rosa, Letteratura italiana del Novecento, pag.168.
Asor Rosa, Storia europea della letteratura italiana, pag.178.
Asor Rosa, Letteratura italiana del Novecento, pag.169.
La Voce, 1908-1913, pag.758 e 761.
Goglia, Grassi, Il colonialismo italiano da Adua all’Impero, pag.15.
Liucci, L'Italia borghese di Longanesi, pag.197.
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Tornato in Italia, nel 1908 fondò il settimanale “La Voce” 21 - il 20 dicembre venne pubblicato il
primo numero - assieme a Papini e Soffici e ne assunse la direzione. Questa rivista, ove i tre
“rappresentarono l'ala dell'anarchia borghese e dell'avanguardismo in sé” 22, si occupò di letteratura,
politica e società, con un programma di totale rinnovamento della vita politica e culturale italiana,
che lui stesso diresse fino al dicembre 1913, e che costituì secondo Asor Rosa “l'evento politicoculturale più importante del quindicennio”23. Questo giornale doveva costituire “un convegno di
persone intelligenti e oneste, ma di idee differenti”, secondo quanto scritto dal direttore suo primo
numero, ed ebbe infatti come collaboratori assidui Gentile e Croce (nel 1911, il 26 gennaio,
Prezzolini pubblicò l’articolo Gentile e Croce, nel quale evidenziò le differenze tra i due filosofi),
Giovanni Amendola (1882-1926), Gaetano Salvemini, Luigi Einaudi, Giuseppe Lombardo-Radice,
Scipio Slataper, Giovanni Boine (nel 1914, tra aprile e luglio, ebbe un intenso scambio di opinione
con Boine sul tema del rapporto tra pensiero e azione su “La Voce”) ed altri. I collaboratori di
questo giornale avevano in comune lo “stesso clima di insofferenza per l’Italia, piccola per il
meschino politicantismo, per la viziata atmosfera della nazione”, come Prezzolini stesso scrisse nel
suo testo biografico su Giovanni Amendola.
Sempre nel 1908, durante un viaggio a Napoli, conobbe il filosofo idealista Benedetto Croce (18661952), e al quale nel 1909 dedicò uno studio monografico, che influenzò il suo pensiero e al quale si
avvicinò da un punto di vista filosofico verso il 191424.
Dalla sua esperienza con questo giornale nacque in seguito La voce (1908-1913): cronaca,
antologia e fortuna di una rivista, opera edita nel 1974. Sempre legato a questo giornale nacque, nel
1910, prima la collana “Questioni vive”, diretta da Prezzolini in collaborazione con l’editoretipografo Vincenzo Bonanni di Ortona (Chieti) e poi la collana “I Quaderni della Voce”, in
collaborazione con la Casa Editrice Italiana di Firenze. Qui nel maggio del 1911 pubblicò il testo di
Benito Mussolini, erano entrati in contatto dal 1909 quanto quest’ultimo aveva iniziato a scrivere
alcune corrispondenze dal Trentino (si adoperò anche nella zona per diffondere questa rivista e farle
ottenere degli abbonati), Il Trentino, veduto da un socialista; note e notizie, scritto dopo i suoi
contatti con Cesare Battisti e la sua esperienza come capo redattore del giornale socialista “Popolo”
di Trento.
Su “La Voce” vennero trattati anche argomenti alquanto controversi come la sessualità, lui stesso
redasse per il numero del 10 febbraio 1910, un numero monografico sull'argomento, un articolo
intitolato Un po' di bibliografia sull'argomento, trattando anche dei testi che trattavano della
omosessualità (in seguito collaborerà anche con la rivista specialistica “Rassegna di studi sessuali”,
fondata nel 1921 da Aldo Mieli25).
Nel 1° gennaio 1913 venne fondata da Papini, che svolge anche la funzione di direttore (le
mantenne fino al novembre del 1914 quando gli subentrò Giuseppe De Robertis), assieme a Soffici
la rivista letteraria fiorentina “Lacerba” a cui partecipò attivamente anche Prezzolini ed alla quale
collaborò Aldo Palazzeschi (1885-1974); questo giornale divenne un organo del movimento
futurista e fu caratterizzato da una “forte impronta irrazionalistica e avanguardistica” 26. Fu anche
tramite questo giornale che “Corradini, Papini, Prezzolini e altri esponenti del rinnovamento
culturale promosso dalle riviste fiorentine avanzarono la loro candidatura ad alfieri e interpreti ed
una 'rinascita borghese' in funzione nettamente antisocialista e di opposizione altrettanto categorica
21 Nel 2008, in via della Robbia presso il luogo dove Prezzolini fondò nel 1908 “La Voce” è stata posta una targa
commemorativa con il seguente testo: “QUI NEL DICEMBRE 1908 NASCEVA “LA VOCE” LA RIVISTA
FONDATA DA GIUSEPPE PREZZOLINI SULLE CUI PAGINE MATURÒ LA SPERANZA DI RINNOVARE
LA VITA MORALE E POLITICA DELL’ITALIA I COMUNI DI FIRENZE E FIESOLE E IL GABINETTO
VIEUSSEUX NEL CENTENARIO POSERO” (http://www.paroleincise.com/2010/10/giuseppe-prezzolini-viadella-robbia-fi/)
22 Asor Rosa, Storia europea della letteratura italiana, pag.183.
23 Asor Rosa, Storia europea della letteratura italiana, pag.178.
24 Battistini, Letteratura italiana, pag.408.
25 Benadusi, Il nemico dell'uomo nuovo, pag.66 e 71.
26 Asor Rosa, Storia europea della letteratura italiana, pag.179.
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al disegno giolittiano di allargamento delle basi dello Stato.”27
Prezzolini oltre a fare il giornalista continuò l'attività di editore e fondò nel 1909 (anche se iniziò ad
operare effettivamente solo l'anno successivo) la Libreria della Voce, casa editrice gestita dallo
stesso gruppo di intellettuali de “La Voce”, che il 19 novembre 1911 divenne ufficialmente una
Società Anonima Cooperativa e in seguito, il 21 maggio 1919, divenne una Società Anonima
Editrice con Pietro Jahier (1884-1966) come gerente. A questa casa editrice, nel 1921, Curzio
Malaparte28 propose il suo primo romanzo, Viva Caporetto, respinto e in seguito recensito molto
negativamente da Prezzolini. Presso questa casa editrice pubblicò alcune opere importanti che
cercavano di impostare una nuova storica della cultura italiana e il suo apprezzamento per
l'idealismo crociano: Italia 1912, Uomini 22 città 3 (1920), La cultura italiana (1923).
Sempre nel 1909 pubblicò il libro La Teoria Sindacalista in cui espresse la sua adesione alle tesi
sindacaliste pur criticando la mancanza di spirito patriottico nel proletariato (“Il proletariato
sindacalista è contro l'idea di patria, contro la 'patria di lor signori', per la quale dovrebbe dare il
proprio sangue, mentre la borghesia gli ha tolto tutto quello che poteva dargli un senso di patria”29),
per ottenere quindi la rigenerazione morale di cui il paese ritiene abbia bisogno, sostiene la
necessità di aggravare il conflitto tra borghesia e proletariato, e come strumento per ottenerla indica
la guerra, espressione del rinnovamento, “mescolanza di genio e audacia, di poesia e di passione,m
di suprema giustizia e di eroismo tragico”30.
Nel 1911 nacque il suo primo figlio, Alessandro. Lo stesso anno l'Italia entrò in guerra con la
Sublime Porta (Turchia) per il possesso della Libia, scelta che lui inizialmente contrastò scrivendo
il 18 maggio su “La Voce” l’articolo L’illusione di Tripoli nel quale dichiarava che la sua
opposizione non dipendeva “da pregiudiziali internazionaliste e pacifiste. Essa di distingue, perciò,
nettamente e radicalmente, da quella che può essere mossa a qualunque impresa coloniale dai
socialisti e dai sindacalisti”.
Per lui “C’è bisogno di ricordare che l’Italia è ancora un paese poverissimo di capitali, e che si deve
ricordare che se il capitale esistesse, si dovrebbe oggi spingerlo a colonizzare l’Italia […]. Anche
ammesso che la Cirenaica si offra all’impiego di capitali […] bisognerebbe dimostrare che noi
italiani abbiamo la capacità di organizzare amministrativamente il nuovo territorio […]. Anche
ammesso che noi italiani fossimo capaci di metter fuori di patria le attitudini organizzatrici e
amministratrici, di cui ci mostriamo privi a casa nostra, anche ammesso che siamo così ricchi di
capitali da doverli impiegare all’estero, anche ammesso che la Cirenaica si offre remunerativa agli
impieghi di questo capitale sovrabbondante e ad occupare i nostri emigrati – tutta roba insostenibile
– c’è da domandarsi: ‘le condizioni internazionali sono tali da consigliarsi una occupazione militare
politica?’”31.
Questa opposizione poi continuò a partire da agosto con la pubblicazione di una serie di articoli 32
apparsi sempre su “La Voce” e da lui firmati, intitolati Perché non si deve andare a Tripoli, nei quali
procedette alla confutazione delle falsificazioni propugnate dai nazionalisti.
In seguito abbandonò questa campagna giornalistica ritenendo eccessiva la “politicizzazione”
assunta dal giornale su questa questione, tesi sostenuta anche da Amendola, in contrapposizione a
Salvemini, rimasto netto oppositore dell'impresa coloniale e che progressivamente assunse anche
posizioni contrarie ad ogni tendenza imperialistica, non respinte invece a prescindere da Prezzolini.
Il contrasto si concluse con l’abbandono da parte di Salvemini del giornale e alla seguente
fondazione, il 16 dicembre 1911 a Firenze, del settimanale “l'Unità”.
Prezzolini aveva maturato l’idea che fosse un dovere accettare l’impegno bellico assunto dall’Italia,
27 Castronovo, Tranfaglia (a cura di), La stampa italiana nell'età liberale, pag.203.
28 Malaparte in seguito diverrà proprietario della casa editrice fino alla sua chiusura nella seconda metà degli anni
venti a causa dei problemi economici.
29 La Teoria Sindacalista, pag.123.
30 La Teoria Sindacalista, pag.117.
31 Goglia, Grassi, Il colonialismo italiano da Adua all’Impero, pag.15-16.
32 Pubblicati il 17 agosto, il 31 agosto e il 7 settembre 1911.
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come si evince dalla sua lettera del 29 settembre inviata a Salvemini, nella quale criticava i
socialisti, “Siamo impegnati come nazione bisogna francamente tacere. Il disgusto che le scenate
dei socialisti ha suscitato è dovuto in buona parte al senso di inopportunità di quelle dimostrazioni”.
La prima frase dimostra la sua adesione a posizioni fino nazionaliste”33.
In questo periodo entrò anche in contatto con la critica d’arte e giornalista Margherita Sarfatti (),
che collaborò con la rivista con alcuni articoli e con traduzioni di testi di autori stranieri pubblicati
dalla casa editrice La Voce.
La Grande Guerra
Nel 1914 pubblicò assieme a Papini il libro Vecchio e nuovo nazionalismo, qui i due autori
presentarono il loro concetto di nazionalismo così riassunto da Papini: “A un nazionalismo letterario
e ideologico fatto di parole e di memore, celebratore di vittorie o celebratori d'intelletti, è successo
un nazionalismo economico, fatto di cifre, costruito sul presente, celebratore di forze produttrici, di
espansione di uomini e di ricchezze.”34
Continuò ad interessarsi dell’attività di Mussolini, appoggiando la nascita del suo giornale
“Utopia”, fondato nel maggio del 1914, scrivendo “Diretta da Benito Mussolini, perciò di giovani.
Tenta un’impresa che ci sembra persino superiore alla forze di B.M. che pure sono tante: rigenerare
la coscienza teoretica del socialismo. quest’uomo è un uomo e risalta tanto più in un mondo di
mezze figure e di coscienze sfilacciate come elastici che ha troppo servito”35.
Questo stesso anno, in seguito allo scoppio della Grande Guerra, in Italia, scoppiarono dei gravi
moti, che iniziarono ad Ancona, tra il 7 e il 14 giugno (la “settimana rossa”), durante una grande
manifestazione antimilitariste che poi si diffusero in buona parte del paese, Prezzolini scrisse su “La
Voce” del 28 un articolo intitolato Sciopero giolittiano, nel quale analizzò l'accaduto in maniera
molto diversa rispetto ai socialisti riformisti:
Il malessere della massa non è malattia. Ma il disinteresse delle classi superiori è una malattia. Noi
abbiamo un popolo magnifico e una borghesia bassa (bisognerà dunque frustare le classi dominanti,
perché reagiscano a dovere. […] Non c'è in Italia nei partiti avanzati la sufficienza intellettuale, morale
e pratica per un nuovo governo. Non c'è la capacità delle classi proletarie. Non c'è l'autorità per rifare il
paese. Di queste cose i migliori dei partiti socialista e repubblicano sono convinti quanto me. 36
Un articolo quindi molto critico verso il complesso della società, in cui si attaccano per la palese
incapacità il governo e per l'impreparazione l'opposizione di sinistra, ma senza rinunciare alle
posizione interventiste, anzi, polemizzò contro i neutralisti socialisti pubblicando su “La Voce” del
23 ottobre un articolo intitolato I socialisti non sono neutrali, nel quale scrisse:
La neutralità dell'Italia significa in questo momento una sola cosa: il vantaggio della Germania e
dell'Austria. Siccome oggi non ci possiamo muovere che da una parte sola, il nostro stare fermi giova
soltanto a questa parte. Non giova all'altra, che ha tratto di già tutto il vantaggio che poteva dalla nostra
neutralità. I socialisti che appoggiano la neutralità del Governo appoggiano la Germania e l'Austria.
Togliete l'anello e i capi della catena ci riveleranno la cosa: i socialisti appoggiano la Germania e
l'Austria. […] Se i socialisti volessero davvero essere neutrali dovrebbero disinteressarsi della questione
[delle nazionalità].
[…] Mussolini ha detto che se chiamato alle armi non si rifiuterà. […] Ora Mussolini, coraggio.
Se siete neutrale dovete rifiutarvi […] Se andate, è perché sapete di dovere andare, che fate bene ad
andate, che la guerra contro l'Austria, in questo momento, per un uomo nato in Italia, è una causa giusta
e santa. Sono sicuro che in fondo la vedete con simpatia.
E allora abbiate il coraggio della sincerità, di tutta la sincerità. […]
Caro Mussolini, o cane o lepre. Ma siete ancora a tempo a scappare. Fuori, fuori da codesto equivoco.
33
34
35
36
7
Valeri, Giovanni Giolitti, pag.224.
Valeri, Giovanni Giolitti, pag.203.
Cannistraro, Sullivan, Margherita Sarfatti, pag.116.
Santarelli, Il socialismo anarchico in Italia, pag.168.
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Che la vostra anima di guerriero venga fuori, intera.
Continuò poi la sua campagna interventista con il “Lacerba”, assieme con Papini e Soffici,
facendone “l'organo di stampa più violentemente favorevole all'intervento” 37. Al riguardo della sua
propensione alla partecipazione al conflitto, si deve citare un significativo articolo del 2 marzo del
1911, nel quale sostenne la tesi che le guerre producevano un tipo di uomo “infinitamente superiore
a quello dell’accordo sibarita che trova nel culto della pace la migliore espressione della sua
concezione voluttuaria della vita”38.
Si trasferì verso la fine del 1914 a Roma, per lavorare come corrispondente dalla città de “Il Popolo
d'Italia”, giornale ancora socialista anche se interventista, fondato da Mussolini a Milano in
novembre e di cui Prezzolini aveva salutato con entusiasmo la nascita sul “Lacerba”, ritenendola
utile per il superamento della “crisi teorica” del socialismo che a suo modo di vedere era emersa
con i congressi di Reggio Emilia e di Ancona.
Prezzolini stesso assieme ad altri interventisti (il 28 agosto su “La Voce” pubblicò l’articolo
Facciamo la guerra) come Giuseppe Lombardo Radice (1879-1961) inviò infatti a Mussolini, il 29
novembre 1914, il telegramma con il testo “Partito socialista ti espelle, Italia ti accoglie” a seguito
della espulsione avvenuta per causa delle posizioni interventiste dallo stesso assunte.
Su “La Voce”, il 15 dicembre del 1914, pubblicò un articolo in cui lodava Mussolini ed il suo nuovo
giornale, spiegando anche perché fosse nato:
Politica, azione: ma si fanno meglio altrove. Ora c'è 'Il Popolo'. E io sono a Roma per aiutare Mussolini.
Sapete che è 'un uomo'? Ha fatto un quotidiano in una settimana. Tutti gli 'uomini tecnici' sono
meravigliati, perché non sanno cosa è 'un uomo'. Sanno solo che cosa è un 'uomo tecnico' […]
Dunque parola d'ordine, con Mussolini. Vorrei che tanti amici della “Voce”, dalle provincie, dai paesi,
lavorassero con lui. […] Hanno studiato i problemi politici economici morali artistici italiani. Si
mostrino nelle loro manifestazioni regionali e locali. […] Costringano l'animo dei loro cittadini a
turbarsi e a prendere contatto con la realtà.
A che cosa servono queste 'piccole riviste' se non a preparare lo 'stato maggiore' di movimenti più vasti?
Le invasioni d'Italia sono state fatte fin ora soltanto dai barbari. Quando avverrà l'invasione dei civili?
“Il Popolo” non è che una preparazione. Dopo la risoluzione guerresca, speriamo, bisognerà ritornare
all'Italia.39
Per Prezzolini “Mussolini è una forza ed un uomo politico: non è un apostolo o un riformatore
religioso […] le sue qualità intellettuali, tutt’altro che disprezzabili, passano in second’ordine. Egli
è più intelligente che profondo, più rapido ne capire che coerente nel creare, più sintetico che
analitico del giudizio. Egli afferra con rapidità straordinaria le questioni ideali e il valore degli
uomini, ma le une e gli altri prendono subito una posizione secondaria rispetto all’azione che egli ha
intrapreso: di qui le rapide valutazioni e svalutazioni di uomini e di sistemi ideali. Tutto in lui si
concentra nei fini che vuole raggiungere.”40
Nel 1915 ritornò a Firenze poco prima della nascita del secondo figlio Giuliano. Successivamente,
nella primavera del 1915, fondò a Roma la rivista interventista “La Voce politica”. All'entrata in
guerra dell'Italia nel maggio del 1915, Prezzolini si arruolò come volontario e raggiunse il grado di
capitano. Durante il conflitto cercò più volte di essere aggregato agli Arditi e rifiutò la nomina a
corrispondente avanzata dal “Resto del Carlino”. Dalla sua esperienza militare nacquero i
memoriali Dopo Caporetto (1919) e Vittorio Veneto (1920) e la sua teoria che la guerra venne
combattuta da soldati contadini e ufficiali borghesi, non dagli operai rimasti nelle fabbriche con una
paga maggiore del normale.
37
38
39
40
8
Asor Rosa, Storia europea della letteratura italiana, pag.246-7.
La Voce, 1908-1913, pag.701.
Gentile, Il mito dello Stato nuovo, pag.127.
Gatta, Mussolini, pag.177.
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A distanza di anni, dopo il secondo conflitto mondiale, lui rivide drasticamente il suo giudizio su
questo primo conflitto e la posizione da lui assunta, scrisse “mi pento sommamente di aver voluto
nel 1914 la guerra che fu fatta contro la volontà del popolo, che non la sentiva, che non se la sentiva
di combattere in condizioni disastrose, con generali che chiamare imbecilli è adoperare il dizionario
dei salotti. Questa fu l'origine di tutti i mali […] Di lì il fascismo, la sconfitta e il controfascismo, e
chi sa che cos'altro riserba l'avvenire.41
Nel 1918 partecipò anche al Congresso delle nazionalità oppresse dell'Austria Ungheria, svoltosi a
Roma tra l’8 e il 10 aprile.
Anche durante il periodo bellico continuò la sua attività culturale curando per Arnoldo Mondadori,
nel 1916, un'edizione di Guerra e pace di Lev Tolstoj.
Dopo la Grande Guerra
Nel 1919 fondò a Roma, assieme a Giuseppe Baldasseroni e Roberto Palmarocchi, l'Istituto
Bibliografico Italiano (IBI), struttura di consulenza biografica ed editoriale diretta da Renzo Rendi
(1891-1945), in questo periodo progettò anche la costituzione di una casa editrice per la quale
chiese un aiuto finanziario a Margherita Sarfatti, che non poté fornirglielo a causa della posizione di
Cesare, il marito, dirigente dell’Istituto Editoriale Italiano42.
Da un punto di vista politico, nonostante i suoi buoni rapporti con Mussolini, non lo appoggiò nelle
elezioni politiche del novembre del 1919, essendosi i fasci presentati da soli.
Durante il 1920 aderì al Fascio di educazione nazionale (Fen), fondato da Ernesto Codignola (18851965) e Giuseppe Lombardo Radice (1879-1938) in appoggio all'impostazione gentiliana
dell'educazione e alla riforma del sistema dell’istruzione in Italia, tesi respinta dalla Federazione
nazionale degli insegnanti della scuola media (Fnism).
Nel settembre 1922, Prezzolini scrisse una lettera pubblicata su “La Rivoluzione liberale” (n. 28, 28
settembre 1922), giornale diretto dal suo amico Pietro Gobetti (1901-1926), al quale nel 1923
dedicherà anche un profilo apparso sul giornale napoletano “Il Mezzogiorno” (Chi è Pietro Gobetti,
apparso nel numero del 10-11 giugno), con il titolo Per una società degli Apoti - ovvero coloro che
respingono il documento falso, la leggenda grossolana, la superstizione primitiva che vengono
spesso ricevute senza esame, a occhi chiusi, e proposte come rimedio materiale e spirituale quindi
una presa di distanza sia dal fascismo trionfante che dall'antifascismo ormai sconfitto - nel quale si
teorizza che gli intellettuali che vogliono tener fede alla “verità”, non possono mescolarsi con la
politica e si avanzava l'ipotesi di formare un raggruppamento di persone che non parteggiassero e
volessero differenziarsi dalla vita e dalla malavita pubblica contemporanea per valutare l'attualità
politica e la cronaca con chiarezza e imparzialità. In un passaggio della lettera Prezzolini scrisse:
“Ci vuole che una minoranza, adatta a ciò, si sacrifichi se occorre e rinunzi a molti successi esterni,
sacrifichi anche il desiderio di sacrifizio e di eroismo, non dirò per andare proprio contro corrente,
ma per fermarsi, in certo modo, contro corrente, stabilendo un punto solido, dal quale il movimento
in avanti riprenderà. […] La vita della politica attiva, alla quale il momento tragico ci chiamerebbe,
ci costringerebbe per forza all'abbandono di tutte quelle cautele dello spirito, di quelle abitudini di
puliziá e di elevazione, di quelle regole di onestà intellettuale, che la generale grossolanità, violenza
e mala fede rendono più che mai necessario mantenere.” Dalla pubblicazione di questo articolo
nacque un dibattito che coinvolse anche Gobetti (direttore della rivista) che contrastò le tesi
propugnate da Prezzolini e don Luigi Sturzo (1871-1959).
Sempre quest’anno, in dicembre, dopo la Marcia su Roma così commentò l’evento su “La
Rivoluzione liberale”, rinnovando il suo disprezzo per l’assetto politico precedente:
Il fascismo non ha, con la sua violenza, distrutto che quello che noi avevamo distrutto col pensiero in
venti anni di critica: la democrazia italiana. La quale non era esistita mai sul serio: democrazia di parole
massoniche; democrazia senza scuole; democrazia senza carriera aperta ai migliori: democrazia senza
41 Liucci, Spettatoci di un naufragio, pag.133.
42 Cannistraro, Sullivan, Margherita Sarfatti, pag.212.
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masse; democrazia patteggiate coi preti; che razza mai di democrazia era questa? 43
Politicamente, Prezzolini aveva assunto quindi posizioni di stampo fortemente conservatore e
simpatizzava verso la prima fase del periodo fascista, stimava Mussolini (gli dedicò nel 1924 uno
scritto intitolato Benito Mussolini) ma non i metodi impiegati dai fascisti. In una lettera inviata al
direttore del “Corriere della Sera” Alberto Albertini (1879-1954) scrisse:
Io sento insieme con voi tutto il dolore per il modo come si sono svolte queste giornate: sento l’offesa
che si è recata e si reca alla libertà, la quale non sarà così presto sanata. Ma mi domando se voi non vi
sentite abbastanza responsabili di tutto ciò per non avere a tempo levata la voce contro le illegalità, gli
abusi, le brutalità che si stavano commettendo. Troppo volte avete fatto l’apologia del bastone e dei
denti aguzzi dei fascisti, per potervi oggi lagnare di quello che non è, in somma, che la loro logica
conclusione, si noti bene,da molto tempo preannunzata dal fascismo. Se ciò è accaduto, si deve perché
in tutti gli italiani, e persino in voi, che siete tra i migliori per carattere, per indipendenza e per
intelligenza della libertà, l’amore per questa e per le istituzioni sue è purtroppo assai caduto. In certi
strati della popolazione, l’italiano è ancora schiavo, e segue il padrone che lo bastona con rispetto, e fra
ude che si bastonano va subito dietro a quello che bastona più forte […] Questa massa (compresi
soprattutto i dirigenti) ha bisogno di essere educata o meglio rieducata a sentire la dignità di cittadino o
di uomo. Siamo tutti un po' colpevoli di esserci illusi che le libertà erano acquistate, che non si potevano
più perdere; e le abbiamo trascurate, messe in disparte, lasciando che qualcuno cominciasse a pestarle; e
quel tale ha finito per buttarle dalla finestra. È colpa sua o nostra? Io credo più nostra che sua. 44
Nel 1923, ad esempio, appoggiò il progetto di riforma della scuola elaborato da Giovanni Gentile
per il regime.
Questo stesso anno su “Il Secolo” il 3 luglio un articolo intitolato Fascismo e futurismo, nel quale
rese le distanze dal movimento artistico e ne identificò alcuni elementi in comune con il fascismo,
si legge “Evidentemente nel Fascismo c’è stato del Futurismo e lo dico senza alcuna intenzione. Il
futurismo ha rispecchiato fedelmente certi bisogni contemporanei e certo ambiente milanese. Il
culto della velocità, l’amore per le soluzioni violente, il disprezzo per le masse e nello stesso tempo
l’appello fascinatore alle medesime, la tendenza al dominio ipnotico delle folle, l’esaltazione di un
sentimento nazionale esclusivista, l’antipatia per la burocrazia, sono tendenze sentimentali passate
senza tara nel fascismo dal futurismo” e poi, riguardo alla riforma della scuola, scrisse “Se il
Fascismo vuol segnare una traccia in Italia deve espellere ormai tutto ciò che vi rimane di futurista,
ossia di indisciplinato e anticlassico. Sarei troppo seccante se ai miei conoscenti del movimento
futurista chiedessi un franco giudizio sulle riforme classiciste del ministro Gentile?”45
Sempre nel 1923 Prezzolini compì il suo primo viaggio negli Stati Uniti, un viaggio che cambiò la
sua vita, chiamato a tenere un corso estivo alla Columbia University di New York. Nel 1925 il
presidente dell’Istituto fascista di cultura, con il quale si era fusa la Fondazione Leonardo, gli affidò
la direzione della rivista bibliografica “Leonardo”, divenuta organo di stampa della stessa, ruolo che
lasciò nel dicembre a L. Russo; lo stesso anno, il 30 luglio venne nominato rappresentante per
l'Italia presso l'Istituto Internazionale della Cooperazione Intellettuale 46 (ove ricoprì la funzione di
caposezione della divisione stampa), emanazione della Società delle Nazioni (SdN). Per questo ente
si occupò dell’organizzazione a Parigi, nel 1928, di un incontro internazionale fra studenti durante il
quale vennero proiettati anche dei video educativi provenienti da vari paesi.
Nel 1924 soggiornò a Parigi come agente letterario per alcune case editrici che stavano cercando dei
manoscritti italiani da pubblicare, venne contattato da un editore inglese che desiderava una
biografia di Mussolini e lui gli consigliò di commissionarla ad una scrittrice che lo conosceva, da
43
44
45
46
10
Brioschi, L'azione politico-culturale de Piero Gobetti, pag.171.
Gatta, Mussolini, pag.127.
Benzi, Arte in Italia tra le due guerre, pag.231 e nota.
Ente creato a Parigi nel 1924 ed inaugurato il 14 gennaio 1926 sotto la direzione di Julien Luchaire (1876-1962),
che Prezzolini conosceva avendo Luchaire fondato a Firenze nel 1907 l'Istituto francese, di cui era direttore, ed
essendo stato professore di letteratura italiana a Grenoble (1906).
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questa idea nacque l’opera Dux della Sarfatti, che lui contatto per presentargli l’idea, opera poi edita
nel 1925 in Inghilterra e in Italia dalla Mondadori nel 1926. Da quest’opera nacquero delle
controversie, poi appianate, tra Prezzolini e la Sarfatti, che si rifiutò di pagargli una percentuale
sulle edizioni dell’opera tranne che sulla prima inglese47.
L’anno successivo il 1925, i in novembre, si trasferì a vivere Parigi, fatto che lo portò a dover
lasciare la direzione della casa editrice della Voce che venne assunta da Curzio Malaparte (18981957), che poi la cedette nel 1928 a Leo Longanesi (1905-1957).
Nel 1926 pubblicò a Londra una riflessione sul regime fascista intitolata appunto Fascism nella
quale scrisse che “In quattro anni il fascismo non soltanto ha cambiato la sua concezione politica
[…] è andato più oltre ed ha cambiato la sua concezione intellettuale […] Il fascismo è tutto per la
gerarchia, la tradizione ed il rispetto della legge […] Decide di definire i suoi standard su Roma e
sull’età classica […] di sottomettersi alle antichissime istituzioni italiane, e tra esse include il
cattolicesimo”48, questo mutamento e orientamento verso il passato, la Roma tradizionale e la
chiesa, portò ad un allontanamento dalle posizioni artistiche delle avanguardie futuriste dei gusti del
regime, anche se secondo Prezzolini “Mussolini è il primo statista in Italia che abbia mai mostrato
un qualche intelligente apprezzamento per l’arte contemporanea. Chi altri avrebbe scritto una
prefazione alle poesie di Ungaretti? Chi avrebbe partecipato ai tentativi rinnovatori? Chi avrebbe
partecipato ai tentativi rinnovatori del Futurismo? Chi avrebbe dimostrato stima per Soffici? L'arte
non è certo il mestiere di Mussolini e le sue funzioni di Capo del del Governo e di capo di parte
possono averlo condotto e lo ricondurranno più di una volta in compagnie equivoche, accademiche
o banali. Ma lo condussero anche nelle sale di Medardo Rosso e non gli impedirono di pronunziare
un discorso ad una esposizione di arte d’avanguardia, dove dichiarò di sentirsi il contemporaneo
degli artisti che vi avevano esposto”49. Già nel 1924 aveva pubblicato un testo dedicato a Mussolini,
appunto intitolato Benito Mussolini, nel quale anticipava alcuni giudizi positivi sul capo del
fascismo e la forte carica innovativa che aveva portato tra i politici italiani, scrisse che “Mussolini è
l’uomo della velocità, del meccanismo, del capitalismo, che guida l’automobile, che vola in
aeroplano, che telegrafa a Spella per le sue vittorie, che pone lo sport nell’orario della sua giornata:
il primo uomo di Stato italiano, insomma, che non sia in arretrato di almeno trent’anni con i gusti
del proprio tempo.”50
Nell'estate del 1927 ritornò alla Columbia University per altri corsi. Nel settembre del 1929 ottenne
un incarico annuale presso l'università americana, divenne quindi Full Professor e si trasferì da
Parigi a New York. Assunse dal marzo del 1930 al 1940 la direzione della Casa Italiana alla
Columbia University51, creata nel 1927. Grazie alla sua frequentazione degli Stati Uniti, nel 1928,
funse da intermediario tra il trasvolatore oceanico Charles Lindbergh (1902-1974) e Arnoldo
Mondadori (1889-1971), per l'acquisto dei diritti per la pubblicazione in Italia del suo libro di
memorie, pubblicato in Italia con il titolo di New York-Parigi senza scalo.
In questo periodo continuò a seguire l'evolversi della vita intellettuale italiana e della politica
fascista nel campo, emettendo anche un giudizio alquanto critici quando scrisse nel Diario, 19001941 che erano stati gli stessi intellettuali italiani ad aver “spinto il fascismo sulla via dei sussidi e
dei premi letterari”; pubblicò articoli sulle riviste letterarie come “Prospettive” di Malaparte; nel
1938 pubblicò anche una nuova edizione del suo libro Cultura italiana, nel quale tornò analizzare lo
sviluppo culturale del paese anche alla luce della politica del regime, una politica mirante alla
nazionalizzazione degli italiani e allo sviluppo della capitale, e scrisse “Il regionalismo persistente
sotto l’uniformità burocratico dello Stato unitario, torna a farsi vivo nella coltura” in un paese ove
47
48
49
50
51
11
Cannistraro, Sullivan, Margherita Sarfatti, pag.333 e 340,
Lyttelton, La conquista del potere, pag.603.
Gatta, Mussolini, pag.178.
Lupo, Il fascismo, pag.339.
Venne accusato più volte di utilizzare questa sua posizione per fare propaganda filofascista. La prima volta l'accusa
venne mossa nel 1934 dalla rivista “Nation” (l'accusa venne presentata nei numeri editi il 7 e il 17 novembre 1934,
il 21 gennaio, il 16 febbraio e del 27 novembre 1935). Le accuse in parte vennero poi riprese in uno scritto di
Salvemini del 1941 intitolato Attività fascista negli Stati Uniti.
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“non c’è una città che possa vantare una supremazia sulle altre. Ogni centro storico conserva la sua
autonomia e tiene ad essere un po’ capitale, come lo fu un tempo […] In Italia il benestare di Roma
non è necessario; Roma non ha la prima Università, né la più grande casa editrice, né i giornali più
diffusi. Sotto molti aspetti Roma comincia appena ad essere una vera capitale, e vive di forze che le
vengon da fuori”. Secondo il suo giudizio “Roma ha dato poco alla vita intellettuale” ed anche i
“letterati che risiedono o han risieduto […] sono immigrati […] è difficile che qualche cosa di
nuovo nasca proprio da Roma, ma è altrettanto difficile che in Italia viva qualche cosa che voglia
essere italiano e non cerchi la sua consacrazione in Roma”, tutto questo implica un “accentramento
napoleonico”, opera del regime, che sottomette la cultura alla politica.
Mantenne contatti con la Sarfatti, durante le sue visite nel paese, ma si oppose quando Nicholas
Murray Butler, il rettore della Columbia, gli richiese di trovarle un posto preso la Casa Italiana della
Columbia University, nel 1939, dichiarando che era “meglio salvare un israelita che abbia un vero
valore, e sia povero”52.
Tornò annualmente in Europa durante il periodo estivo fino al 1939 e nel 1936 trascorse un anno
sabbatico in Italia. Continuò la sua opera di studio e ricerca che gli consentì di produrre il
Repertorio bibliografico della storia e della critica della letteratura italiana dal 1903 al 1942 (4
voll., 1937-48).
La Seconda Guerra Mondiale
In seguito allo scoppio del nuovo conflitto dovette progressivamente sospendere i suoi rapporti con
l'Italia e nel gennaio del 1940 diventò cittadino americano e diede le dimissioni da direttore della
Casa Italiana. Lo scoppio del conflitto e la posizione assunta dall'Italia non erano da lui condivise,
al riguardo in una lettera del 23 dicembre 1939 inviata a don Giuseppe De Luca scrisse “Nell'altra
guerra ero nel gregge dei credenti, e guardavo verso la vittoria come una giustizia se non come un
avvenire […] Ma in questa non riesco a formulare un'ipotesi sensata che non sia triste.” 53 Già prima
aveva appuntato nel suo diario “Se si vince, si diventa una provincia tedesca; se si perde, una russa
[…] l'Italia del Risorgimento è finita” poi nel settembre dello stesso anno, che la guerra avrebbe
significato soltanto “disastri, morti, sfaceli”54. La tesi critica venne rinnovata nelle sue memorie
nelle quali scrisse “Fu la disgrazia dell'Europa, nella quale ero radicato intellettualmente, e
dell'America, alla quale ero legato come lavoratore. Sentivo che stavan distruggendo qualche cosa
[…] Distruggevano il predominio della razza bianca nel mondo, e segnavan la fine della civiltà
classica, in cui, ribelle discepolo, ero stato educato.”55
Durante il conflitto continuò a mantenere una posizione critica, dopo l'attacco giapponese a Pearl
Harbour del dicembre 1941 espresse la seguente valutazione sul conflitto “È una lotta fra due
gruppi imperialistici, fra due classi dominanti per il dominio del mondo. Anglosassoni e Tedeschi
[…] Non si lotta per la democrazia […], ma per il predominio di uno Stato sul mondo”. Da un
punto di vista personale osservò che “Se vincon gli Americani non torno in Italia perché considerato
fascista; se vince la Germania non ci torno perché diventato cittadino americano”. Questa suo
timore però non si dimostrò veritiero, la sua sostanziale inazione non portò al suo coinvolgimento
nelle epurazioni, in una sua lettera lui scrisse “Non feci nulla per il fascismo, non feci nulla contro il
fascismo. Non ho fatto nulla per la repubblica, non farò nulla contro”56.
Il suo giudizio fu critico anche dopo la firma dell'armistizio dell'8 settembre 1943, l'Italia per lui era
ormai un “corpo dissanguato” cui la guerra dava il colpo di grazia, una “Italia sconfitta, disonorata,
disgraziata, sputacchiata dove però in mezzo alla merda gl'Italiani continuano a dilaniarsi, mi fa
52
53
54
55
56
12
Cannistraro, Sullivan, Margherita Sarfatti, pag.590.
Liucci, Spettatoci di un naufragio, pag.130.
Ibid., pag.131.
Prezzolini, L'Italiano inutile, pag.367.
Liucci, Spettatoci di un naufragio, pag.133.
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quasi terrore e certamente orrore”57.
Dopo il conflitto
Continuò però, nonostante la guerra, ad insegnare alla Columbia University, anche se le sue classi
subirono un progressivo spopolamento anche a causa della mobilitazione dei giovani per la leva.
L'università nel 1948 lo nominò “professore emerito” di italianistica, poi nel 1950 lasciò
l'insegnamento. Durante la sua permanenza statunitense scrisse America in pantofole (1950) e
L'italiano inutile (un'opera autobiografica del 1954, scritta su proposta di Longanesi e che l'autore
pensava di intitolare Il morto che parla58). In questi anni iniziò a collaborare con alcuni giornali
italiani, ma si rifiutò di tornane nel paese. Dal dicembre 1945 scrisse sul quotidiano romano “Il
Tempo”, diretto da Renato Angiolillo, come collaboratore dagli Stati Uniti. Nel 1950 iniziò a
collaborare con il periodico “Il Borghese” di Leo Longanesi, con il quale collaborò fino al 1960.
Nel 1955, il 25 aprile, per la prima volta apparì alla televisione statunitense (“Canale 4”, come
afferma Prezzolini stesso in una Bruschetta del 15 settembre 1979), per presentare la sua opera
Spaghetti Dinner (edita in Italia con il titolo di Maccheroni e C.). Dopo questa prima esperienza
assunse per un diverso canale la direzione di un programma durante il quale conduceva delle
interviste settimanali a personaggi di interesse per la comunità italo-americana: questa seconda
esperienza durò per tre mesi, poi l'imprenditore che gestiva l'emittente fallì. Prezzolini ricevette in
seguito anche una proposta per una collaborazione ad un programma televisivo da parte di Igor
Cassini (1915-2002) e i suoi interventi televisivi vennero apprezzati dall'industriale Marco
Buitoni59, lo sponsor dello spettacolo.
Prezzolini in questi anni di guerra fredda, pur non amando l'America consumista, apprezzò
l'America conservatrice del senatore repubblicano Joseph McCarthy (1908-1957), nemico del
comunismo e al riguardo scrisse: “Quando fu necessario salvare il paese, molti dogmi della
democrazia [americana] furono messi in disparte”60.
Nel 1955 tornò in Italia e cominciò a scrivere per i quotidiani “La Nazione” e “il Resto del
Carlino”, cercò anche di collaborare con il “Corriere della Sera”, diretto da Missiroli, grazie alla
mediazione di Montanelli, ma il tentativo fallì a causa della contrarietà dell'amministrazione
derivante dalla sua collaborazione al “Borghese”61 (sul “Corriere” apparve solo un suo articolo il 29
aprile 1973, nel quale elencava Le ragioni della Destra secondo Prezzolini). Nel 1962 morì la sua
prima moglie, dalla quale si era separato nel 1939 all'inizio della seconda guerra mondiale; questo
anno andò a vivere a Salerno, prima a Revello (Cuneo) poi a Vietri sul Mare (Salerno). Si risposò il
5 maggio con Gioconda ("Jackie") Savini (1903-1981, ex segretaria della Casa Italiana) e lasciò gli
Stati Uniti per tornare in via definitiva in Italia, dove andò a vivere a Vietri sul Mare (Salerno) sulla
costiera amalfitana.
Si trasferì nel febbraio del 1968 a Lugano, in Svizzera. Anche qui continuò la sua attività
giornalistica collaborando con “La Gazzetta ticinese”, ove pubblicò una sua finestra chiamata La
Bruschetta dall'11 febbraio 1978 al 26 giugno 1982. Nel 1970 venne reintegrato d'ufficio nell'Albo
dei giornalisti, al quale si era già iscritto nel 1928 ma da cui era stato cancellato in seguito al suo
allontanamento dal paese. Nel 1971, il 14 giugno, gli venne conferita l'onorificenza di Cavaliere di
Gran Croce Ordine al Merito della Repubblica Italiana62. L'anno dopo, il 14 gennaio del 1982
57 Ibid., pag.132.
58 Liucci, L'Italia borghese di Longanesi, pag.75.
59 Per i 130 anni dalla fondazione della sua impresa venne stampata presso la casa editrice Longanesi, in onore del
Cav. del Lavoro Marco Buitoni, una edizione a tiratura limitata di 1000 copie numerate dell'opera Maccheroni &
C., titolo italiano dell'opera Spaghetti Dinner.
60 Liucci, L'Italia borghese di Longanesi, pag.174.
61 Ibid., pag.118.
62 http://www.quirinale.it/elementi/Onorificenze.aspx?
pag=120&qIdOnorificenza=11&cognome=&nome=&daAnno=1951&aAnno=2012&luogoNascita=&testo=&ordin
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ricevette al Quirinale dal presidente della Repubblica Sandro Pertini la Penna d’Oro. Il 14 luglio,
dopo aver compiuto cento anni, Prezzolini morì presso l'Ospedale Civico di Lugano (nel 1981 era
morta anche la sua seconda moglie). Verrà poi sepolto, il 16 luglio, nel cimitero cittadino.
Post mortem
Il suo archivio ed epistolario è stato donato alla Biblioteca cantonale di Lugano, dove è conservato.
Gli sono state dedicate alcune vie in varie città italiane oltre, nel 2011, la “Sala stampa Giuseppe
Prezzolini”, aperta a Perugia in Palazzo Donini, sede della Corte d'Appello.
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Mirko Riazzoli
[email protected]
Opere a stampa
A history of spaghetti eating and cooking for: Spaghetti
dinner, New York, Abelard-Schuman, 1955 (edito in Italia
come Maccheroni & C., Milano, Longanesi & C., 1957)
America con gli stivali, Firenze, Vallecchi, stampa 1954
America in pantofole: un impero senza imperialisti:
ragguagli intorno alla trasformazione degli Stati Uniti
dopo le guerre mondiali, Firenze, Vallecchi, stampa 1950
Amici, Firenze, Vallecchi, 1922 *
Benedetto Croce: con bibliografia, ritratto e autografo,
Napoli, Ricciardi, 1909 *
Benito Mussolini, Roma, A. F. Formiggini [Spoleto,
Panetto e Petrelli], 1924
Codice della vita italiana, Palermo, Rotary club Palermo
Est, 1999
Come gli americani scoprirono l'Italia, 1750-1850,
Milano, F.lli Treves, 1933
Cos'è il modernismo, Milano, F.lli Treves, 1908
Diario 1968-1982, (edizione curata da Giuliano
Prezzolini), Milano, Rusconi, 1999
Diario, 1900-1941, Milano, Rusconi, 1978
Diario, 1942-1968, Milano, Rusconi, 1980
Dio e un rischio, Milano, Longanesi, 1969
Discorso su Giovanni Papini, Firenze, Libreria della Voce,
1915 *
Dopo Caporetto, Roma, La Voce, 1919 *
Giovanni Amendola, Roma, A. F. Formiggini, 1925
Giovanni Papini, Roma, Edizioni di storia e letteratura,
2006
I trapiantati, Milano, Longanesi, 1963
Il cattolicesimo rosso, Milano, Longanesi, 1963 *
Il Centivo, Milano, Libreria Editrice Lombarda, 1906
Il linguaggio come causa d'errore, Firenze, Spinelli, 1904
Il meglio, Milano, Longanesi, 1971
Il sarto spirituale: mode e figurini per le anime della
stagione corrente, Torino, Biblioteca It. Di E. Persico,,
1928
Il tempo della Voce, Milano, Longanesi, 1960
Incontriamo Prezzolini (A cura di Giuliano Prezzolini e
Margherita Marchione), Brescia, La Scuola, 1985
Intervista sulla Destra, Milano, Mondadori, 1994
Io credo, Torino, Pittavino, 1923
Italia 1912. Dieci anni di vita intellettuale (1903 – 1912),
Italia fragile, Milano, Pan, 1974
L'arte di persuadere, Firenze, F. Lumachi, 1907 *
L'enfant terrible de la reforme: (Sebastien Frank,
Antiscripturarius), Rome, "Revue du Nord", [s.d.]
L'ideario, Milano, Edizioni del Borghese, 1967
L'Italia finisce: ecco quel che resta, Firenze, Vallecchi,
1959 (edizione originale: The legacy of Italy, New York,
S.F. Vanni, 1948)
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La Voce, 1908-1913. Cronaca, antologia e fortuna di una
rivista, Milano, Rusconi, 1974
L'italiano inutile, Milano, Rusconi, 1983
L’Italia finisce, ecco quel che resta, Milano, Rusconi, 1994
L’italiano inutile, Milano, Rusconi, 1994
La cooperazione intellettuale, Roma, ARE, 1928
La cultura italiana, Firenze, Soc. Ed. La Voce, 1923
La Dalmazia, Firenze, Libreria della Voce, 1915 *
La Francia e i francesi nel secolo XX: osservati da un
italiano, Milano, Treves, 1913
La produzione libraria italiana durante la guerra, Firenze,
R. Deputazione Toscana di Storia Patria, 1918
La teoria e l'arte di Beuron, Siena, tip. L. Lazzeri, 1908
La teoria sindacalista, Napoli, Francesco Perrella Editore,
1909 *
La Voce, 1908-1913, Milano, Rusconi, 1974 (con la
collaborazione di Emilio Gentile e di Vanni Scheiwiller)
Le fascisme, Paris, Ed. Bossard, 1925
Machiavelli anticristo, Romam G. Casini, 1954
Manifesto dei conservatori, Rusconi, Milano, 1972
Mi pare, Fiume, Edizioni Delta, 1925
Paradossi educativi, Roma, A. Armando, 1964 *
Primavera a New York, Milano, Beyle, 2010
Repertorio bibliografico della storia e della critica della
letteratura italiana dal 1903 al 1942, Edizioni Roma,
1937 (New York, Vanni, 1946-1948)
Saper leggere, Milano, Garzanti, 1956
Storia di un'amicizia: 1900-1924, (con G. Papini) Firenze,
Vallecchi, 1966
Storia di un'amicizia: 1925-1956, (con G. Papini) Firenze,
Vallecchi, 1968
Storia tascabile della letteratura italiana, Milano, Pan,
1976
Studi e capricci sui mistici tedeschi, Firenze, Soc. Ed. La
Voce, 1922
Sul fascismo: (1915-1975), Pan, 1976
Tutta l'America, Firenze, Vallecchi, 1958
Tutta la guerra : antologia del popolo italiano sul fronte e
nel paese, Firenze, Bemporad, 1918
Uomini 22 e città 3, Firenze, Vallecchi, 1920
Vecchio e nuovo nazionalismo, (con G. Papini), Milano,
Studio editoriale lombardo, 1914 (vi sono pubblicate le
lettere scambiate da Pareto e Prezzolini)
Vita di Nicolò Machiavelli fiorentino, Milano, Rusconi,
1982 *
Vita intima, Firenze, Stampato coi tipi di Giovanni Spinelli
e C., 1903 *
Vittorio Veneto, Roma, La Voce, 1920 *
* Queste opere sono disponibili al seguente indirizzo:
https://archive.org/search.php?query=creator%3A
%22Prezzolini%2C+Giuseppe%2C+1882-%22
Mirko Riazzoli
[email protected]
Per approfondimenti
http://www.sbt.ti.ch/quotidiani-public/searchresult.php?query=bruschetta&fromdate=&todate=&cbgt=on Articoli di
Prezzolini pubblicati sulla "La Gazzetta ticinese"
http://www.sbt.ti.ch/bclu/archivio/pdf/InvCorrAnticheFondoPrezzolini.pdf Archivio Prezzolini
http://www.loccidentale.it/node/117680 Elogio di Giuseppe Prezzolini, anima e testimone della parte migliore del '900
http://circe.lett.unitn.it/le_riviste/riviste/bibliografia_spe/biblio/locurzo.pdf Prezzolini grande maestro
http://emeroteca.braidense.it/ricerche/ricerca_articoli.php Disponibili online articoli scritti da Prezzolini
http://www.erasmo.it/liberale/ricerca.asp Disponibili online articoli scritti da Prezzolini su "La Rivoluzione Liberale" tra
cui Per una società degli Apoti
http://www.sbt.ti.ch/bclu/archivio/pdf/InvCorrAnticheFondoPrezzolini.pdf Bibliografia aggiornata delle opere in
volume (1903-2007) di Giuseppe Prezzolini
http://www.sbt.ti.ch/bclu/archivio/pdf/BibliografiaPrezzolini.pdf
http://www.fondazionebenedettocroce.it/lacritica.fbbc/index.php/critica/article/view/1492/1491 Leggenda e psicologia
dello scienziato
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Mirko Riazzoli
[email protected]
Bibliografia
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http://www.treccani.it/enciclopedia/giuseppe-prezzolini_%28Dizionario-di-Storia%29/
http://www.treccani.it/enciclopedia/giuseppe-prezzolini/
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